Si chiede che il Parlamento italiano si doti di un “Comitato per la scienza e la tecnologia” che supporti le scelte politiche ma di fatto le condizionerebbe.
Le intenzioni sono buone, ma lo erano anche quelle del famoso lastricato, e come scritto su Le Scienze la prima è spiegata così:
…una quantità crescente del tempo e delle attività dei parlamentari ha a che fare con temi correlati alla scienza e alla tecnologia. Non è una sorpresa. È, semplicemente, il segno dei tempi. Viviamo nella società e nell’economia della conoscenza. Viviamo nell’era della domanda crescente di nuovi diritti di cittadinanza: i diritti di cittadinanza scientifica.
Di conseguenza, le massime agorà della democrazia – i parlamenti, appunto – non possono non occuparsi di conoscenza: sia della produzione di nuova conoscenza (la scienza) sia delle applicazioni delle nuove conoscenze (l’innovazione tecnologica fondata sulla scienza).
Spiegare cosa siano i “diritti di cittadinanza scientifica” lo lasciamo ai teologi del clero accademico, di seguito riportiamo il secondo motivo:
…essere in grado di prendere decisioni ponderate su «problemi di politica pubblica che hanno a che fare con la scienza e la tecnologia», devono poter contare su «analisi indipendenti, bilanciate e accessibili» realizzate da consulenti scientifici.
Che strano, pensavo che finora quando un politico avesse voluto consultare degli esperti gli sarebbe bastato prendere contatto con docenti universitari o altri esperti e invece no, per farlo c’è bisogno di istituire un comitato parlamentare e si badi bene che …
I comitati di esperti non sostituiscono il Parlamento.
Le scelte restano responsabilità e prerogativa degli eletti dal popolo. Ma i comitati di esperti assolvono al ruolo di facilitare scelte documentate e ben fondate. Sono, in definitiva, una necessità e insieme un’espressione di una democrazia matura.
E ci mancherebbe che sostituissero il Parlamento… ma quella frase suona come un’excusatio non petita, una volta che un comitato parlamentare esprimesse un parere come potrebbe la politica fare diversamente?
Segue poi un’altra considerazione un po’ fumosa:
Nel nostro Parlamento molto – troppo – spesso i dibattiti e le decisioni tipiche della società e dell’economia della conoscenza sono poco informati, poco ponderati. Ideologici. Il paese stesso ne risente.
Infatti l’Italia stenta a entrare nella società e nell’economia della conoscenza.
I dibattiti sono ‘ideologici’ dicono per sostenere la proposta, come se ideologia e tecnica dovessero essere alternativi, ricordiamo che il capitalismo USA e il comunismo dell’URSS condividevano la stessa scienza quando c’era la corsa allo spazio e che l’unico campo in cui l’ideologia trovò luogo nella scienza fu l’evoluzione, a riprova che si tratta di un argomento ideologizzabile per eccellenza e infatti l’unico caso di contrasto alla scienza nell’URSS fu quello di Lysenko.
Insomma siamo di fronte ad una delle caratteristiche proposte del politicamente corretto davanti alle quali nessuno può dirsi contrario, chi vorrebbe mai passare per nemico della scienza?
Di fatto è un’idea che somiglia tanto all’istituzione di una “Casa di Salomone”, la struttura scientifica che all’inizio del Seicento Francis Bacon immaginava come guida della società nel suo racconto distopico “La nuova Atlantide” nel quale leggiamo:
Potrai certo capire facilmente come noi, che possediamo tante cose che, pur essendo perfettamente naturali, generano stupore, potremmo in molti casi particolari ingannare i sensi, se volessimo mascherare queste cose e farle apparire miracolose.
Ma noi odiamo ogni impostura e menzogna, tanto che è severamente proibito sotto pena di ignominia e di ammenda, a tutti noi confratelli, di alterare ed ampliare le opere che per via naturale abbiamo ottenuto, ma ci è fatto obbligo di farle conoscere nella loro realtà e senza nessuna affettazione di mistero.
“Queste sono, figlio mio, le ricchezze della Casa di Salomone”.
Al riguardo in “Inchiesta sul darwinismo scrivevo nel 2011:
…vi è un’opera nella quale si fa riferimento a qualcosa di ben più ampio di un metodo scientifico, un’opera in cui veniva prefigurata la costituzione di una intera società basata sull’autorità della scienza: è la Nova Atalantis, dello stesso Francis Bacon, pubblicata postuma da William Rawley nel 1627.
Chi potrebbe mai dubitare degli scienziati posti alla guida della società?
23 commenti
“Chi potrebbe mai dubitare degli scienziati posti alla guida della società”?
Cribbio, che sincronicità!
Ne ho appena scritto nel penultimo post della precedente discussione.
Il nulla vestito di tutto avanza implacabile, inarrestabile, predica da tutti i pulpiti, ed ogni parola passa dal setaccio della PNL. E’ carezzevole, rassicurante, esattamente come si dice del diavolo, che quando accarezza vuole l’anima.
Il libro di Ende chiude col lieto fine, dopo angosce e magoni. Ma qui non si vedono principesse, e gli Atreju, se ci sono, sono impegnati col telefonino.
Quanto al resto dell’articolo, del tutto condivisibili taglio e contenuto.
Scienziati assoldati dalla politica non sarebbero liberi… Parafrasando un detto famoso mi vien da sostenere solo una “libera scienza in libero Stato”, l’unica possibile a garanzia di tutti noi. La consultazione degli esperti, come afferma Enzo, è già una via sufficiente, soprattutto se sarà portata alla perfezione con la consultazione non solo di esperti asserviti… Profonda onestà intellettuale, e morale, da parte di tutte le componenti della società civile ci vorrebbero… Ci arriveremo mai?
Non credo sorprenderà più di tanto, spero, ma la mia posizione è per esempio molto favorevole a questo tipo di proposta (del comitato scientifico), anzi, rappresenterebbe sostanzialmente quello che io sostengo da sempre, insieme alla prospettiva di mirare, in qualche modo, ad una maggiore alfabetizzazione scientifica per tutti. Ora, in proposito pongo anche una domanda. Come mai praticamente tutti gli scienziati, me compreso (anche se non sono un ricercatore) sentono questo tipo di esigenza? E come mai, dall’altra parte, schiere di sedicenti intellettuali (si badi bene che da noi i cosiddetti intellettuali sono soltanto gli umanisti), probabilmente si opporranno, oppure, ancora peggio non ci avranno nemmeno mai pensato, non sentendone affatto la necessità? Io una prima bozza di risposta ho tentato più di una volta di darmela e alla fine sono sempre arrivato a riflettere su una ancora purtroppo evidente dissonanza cognitiva tra due mondi, due modi di ragionare e di interpretare il mondo, due stili concettuali, due dizionari, due semantiche, ancora purtroppo, di fatto, tanto, troppo lontane. Il tutto mi è stato peraltro confermato ancora una volta, anche dall’esito dell’interessantissimo dibattito di ieri a cui purtroppo, per motivi di lavoro, non ho potuto intervenire.
Un grosso problema, a mio avviso, sarebbe riuscire a evitare che lo scienziato al soldo della politica abbia in un certo senso le mani legate… Un comitato scientifico di tal guisa, inoltre, presenterebbe sempre un nervo scoperto: chi sceglie i componenti? Su che basi? Solo competenze? Competenze e appartenenza? Solo appartenenza? Chiedo: non si correrebbe il rischio di veder dilatati i problemi afferenti alle ideologie che già ci sono? Questo dubbio mi attanaglia…
Quale epistemologia avranno gli scienziati scelti? E quale epistemologia avranno i politici che ascolteranno gli scienziati? C’è l’uno per mille che l’epistemologia di chi ascolterà gli scienziati sia di quelle che afferma che la scienza conosce ciò che è ‘bene’?
paura.
Preg.mo Dr. Vomiero,
purtroppo, non mi riesce di definire “interessantissima” la discussione scorsa, proprio per l’ineluttabile mancanza di esito. Me ne attribuisco la piena responsabilità, e non già perché non sia riuscito ad esporre i miei argomenti (mi sono riletto, e tranne un paio di punti non sufficientemente approfonditi, li ritengo sorretti da una logica inoppugnabile), quanto perché so bene che nessun dispiegamento di razionalità può scalfire il partito preso. Ho avuto la prova ennesima che il darwinismo, che è la frangia più fanatica dello scientismo, procede dalla medesima mentalità dell’integralismo religioso, e lo traspone, nelle mutate condizioni storiche, con altri mezzi.
Ad un certo punto, il mio interlocutore non si è neppure accorto di aver conclamatamente sottoscritto la mia tesi (e la conseguente falsità della sua), e precisamente (post del 05.04, h 9,25), quando afferma: “Non spiegano come si passa dallo 0 all’1, ma spiegano come si può andare dall’1 al 100”. Su questo non mi dilungherò, la discussione sta lì, chi ha voglia di capire capisca, e viceversa.
Veniamo al presente articolo. Il Prof. Pennetta evidenzia in modo chiarissimo, quanto sintetico un aspetto della questione. Ne rimane in ombra (anche se qui, sul blog, trattato in altre occasioni) un altro, non meno rilevante. Parlo della differenza tra Scienza e scientismo.
Vediamo di dare della prima una definizione generalissima, da cui discenderà la seconda: si può definire Scienza (tralasciando, perché qui ininfluenti, gli aspetti metodologici) quel particolare studio dei fenomeni di natura operato secondo il criterio della misurazione e della matematizzazione. Ovviamente, ci sono precisi protocolli metodologici cui attenersi, per avere la garanzia che il processo conoscitivo abbia buon esito. Ma qui si lascia il piano della Scienza vera e propria (o perlomeno, lo si estende di molto) e si entra in quello epistemologico. Non è di questo, tuttavia, che qui voglio parlare.
Scienza è, dunque, un esame razionale e sperimentale di quell’ambito dell’ordine fenomenico, una volta che questo sia stato reso misurabile (e quindi, quantificato), e quanto più possibile matematizzato. Ma non tutto il fenomenico può essere misurabile, anzi, la maggior parte della specificità umana rimane inaccessibile alla misurazione. C’è misura per buon gusto? C’è misura per la sensazione di un alito di vento, in una notte di sole stelle, avendo appena ricordato la carezza della madre? C’è misura per la “saudade” che ti agguanta il cuore davanti ad un buio mare d’inverno? C’è misura per la sensazione di essere vivi e basta? C’è misura per l’attenzione posta nel chiedersi quale sia la realtà ontologica della radice quadrata di -1? Ecc…
Ma più di tutto e oltre tutto: c’è misura per la coscienza? La risposta è ovvia, definitiva (per chi capisce la domanda): non può esservene una, per l’elementare ragione che la coscienza non è un fenomeno; e ciò, non per romanticismo “umanista”, ma per imperio di logica, giacché ciò che misura non può essere misurato, l’oggetto non può misurare il soggetto. Il fuoco non può bruciare se stesso.
Su tutto questo, e miriadi di questi, che sono la polpa e il sangue della vita. la SCIENZA NON POTRA’ MAI DIRE NULLA.
Riesaminiamo quanto abbiamo appena detto. Della totalità del reale – come su esemplificato – la Scienza filtra solo ciò che può essere soggetto a misura e matematizzato. Bene, finché fa questo, consapevole dei limiti del suo ambito di legittimità, nulla da eccepire. Seppure striminzitissima, come già le scrissi, Dr. Vomiero, questa è ancora una modalità di conoscenza. E’ quando la Scienza arroga a sé la pretesa di essere la SOLA modalità di conoscenza, la sola finestra sul mondo garante di veridicità, è quando relega ogni altra modalità nell’ambito dei residuali e nebulosi retaggi dell’oscurissimo Medioevo, che diventa scientismo (e si fa setta). Che è pericoloso, almeno quanto ridicolo.
Io sono e mi sento umano, Dr. Vomiero, integralmente, e non tanto al metro. Umano, con tutto il mistero (sottolineo, MISTERO) dei miei abissi fangosi e purulenti, e le vette illuminate ed immacolate, oltre la logica, la misura, le parole. Con domande che io per primo non trovo modo per formulare, con la desolazione e l’estasi che solo la piena umanità può convocare a nozze. E a fronte di ciò, lei vagheggia di comitati, turbe, di esperti che, d’ufficio, aiutino me ed altri ancora “scientificamente non alfabetizzati” (sublime!!!) a misurare l’i.n.c.o.m.m.e.n.s.u.r.a.b.i.l.i.t.à di tale condizione umana?
Infatti, scrive:
“…in qualche modo, ad una maggiore alfabetizzazione scientifica per tutti. Ora, in proposito pongo anche una domanda. Come mai praticamente tutti gli scienziati, me compreso (anche se non sono un ricercatore) sentono questo tipo di esigenza? E come mai, dall’altra parte, schiere di sedicenti intellettuali (si badi bene che da noi i cosiddetti intellettuali sono soltanto gli umanisti), probabilmente si opporranno, oppure, ancora peggio non ci avranno nemmeno mai pensato, non sentendone affatto la necessità”?
Le rispondo: per prima cosa, Dio mi ha risparmiato il flagello di essere un intellettuale. Pur non essendolo, ed anzi, proprio perché non lo sono, mi oppongo a questa proposta, considerandola un’autentica turpitudine, oltre che un’ingerenza totalitaria nella vita del singolo cittadino. Ovviamente, lo scientista vedrà in questa posizione la solita reazione dell’”umanista” tutto chiacchiere e aria bollita; è inevitabile che pensi questo, esattamente come qualsiasi membro di una setta non può non dare dell’eretico a chiunque non ne faccia parte. Mi dica, amichevolmente, Dr. Vomiero, perché si dovrebbe trovare cosa ovvia e naturale (come la gravità o l’umidità) un “Comitato per la scienza e la tecnologia”, in Parlamento, mentre sarebbe, ovviamente, assurdo se non ripugnante, un “Comitato per lo studio de “La summa teologica”? (Immaginiamo le marce di protesta!)
E’ una domanda retorica, ovviamente, infatti, io so bene perché: perché lei dà per scontato, come dato acquisito ed irrevocabile, che la Scienza sia la sola modalità di conoscenza (precisamente la posizione scientista), ed infatti, ha avuto la sincerità di dichiarare: “… schiere di sedicenti intellettuali (si badi bene che da noi i cosiddetti intellettuali sono soltanto gli umanisti…”.
Beh, con pari sincerità, per me (non mi aggrego a nessun “noi”, e testimonio solo per me stesso) i cosiddetti scientisti, nella loro irrisione dell’umanesimo (di cui nulla comprendono), si auto condannano a rimanere umani quasi per caso.
Dai nostri vecchi “abissi fangosi e purulenti” misteriosi ci ha tratto fuori anche la scienza, che ci ha aiutato a decifrare qualche bel mistero. E oso sperare che, in sintonia con le vette non misurabili e sublimi del nostro essere, sempre la scienza (di tutte le risme) sappia trarci fuori dai nuovi e incompresi abissi… Non per spezzare una lancia a favore di chi dà alla scienza (applicata) forse troppe responsabilità, ma per legittimarla nell’ambito che le compete, promotrice necessaria anch’essa della nostra capacità di essere attori (sempre più) consapevoli dell’esistenza.
FrancescoM Mi permetto di dirle di mantenere vivo il suo cuore e di alimentare il suo spirito come trapela tra le righe delle sue parole: è più che importante in questi tempi senza visione né contatto con il mistero esistenziale che riguarda la vita – tempi nei quali si parla di “scienza” trascurando l’esistenza più sincera e veritiera de “le scienze”. E le scienze, le quali rappresentano la cosa attualmente esistente, sono le più differenti per metodo e per approccio, e sovente risultano contrastanti tra di esse anche all’interno del medesimo ambito di espressione.
La domanda da farsi, nel caso del dibattito trattato dal caro Pennetta, il quale trova il mio personale sostegno nel portare avanti la propria critica, è: a quali scienze vorrebbe riferirsi il comitato?
In quanto a lei, le domando: pubblica su un sito? Nel caso la sua risposta fosse “sì”, sappia che desidero leggerla.
Gentile Dada Dedi (mi perdoni, devo rivolgermi a lei al femminile, come presumo, o al maschile?),
grazie della sua esortazione e delle sue delicate parole.
Comincio dalla fine:
“In quanto a lei, le domando: pubblica su un sito? Nel caso la sua risposta fosse “sì”, sappia che desidero leggerla”.
Non più. Ho scritto per circa due anni su un sito gestito da un induista, pur con un’impronta interconfessionale, pubblicando, credo, un paio di centinaia di post. Per ragioni che qui non ha pregio discutere, ad un certo punto ho interrotto la frequentazione, chiedendo al contempo al gestore la cancellazione dei miei post. Dati i buoni rapporti, ha acconsentito.
Adesso, da non molto, scrivo su questo blog, giacché credo che lo sforzo del Prof. Pennetta vada sostenuto in ogni modo possibile, ed io questo poco posso.
Se le interessa, mesi addietro, nella sezione “Antropologia” (di questo blog), ho pubblicato un resoconto di alcuni miei viaggi, titolato: ”La malattia, il cancro (la sofferenza), nelle considerazioni di due uomini di Dottrina e preghiera, di cultura e religioni diverse”. Ivi, vengono approfonditi taluni temi di carattere spirituale.
Mi scrive ancora:
“FrancescoM Mi permetto di dirle di mantenere vivo il suo cuore e di alimentare il suo spirito come trapela tra le righe delle sue parole: è più che importante in questi tempi senza visione né contatto con il mistero esistenziale che riguarda la vita”.
Grazie dello sprone, debbo, tuttavia, dichiarare la mia completa incapacità a mantenere vivo alcunché. Questa è una delle mie poche certezze. Chi pensa di essere il proprietario (o anche solo il gestore) della “propria” fede, della “propria” intelligenza, della “propria” sensibilità, della “propria” … ecc… si è smarrito in una delle più invincibili illusioni. Precisamente questa: che esista qualcosa di “proprio” (questa la ragione dell’uso del virgolettato), che i talenti, le attitudini, le facoltà (a partire dalla ragione), siano possedimenti facenti capo a un proprietario che, da una specie di cabina di regia, li manovra. Mi spiego con un esempio: una definizione di uomo è “animale razionale”, ove l’attributo denota una qualità del (ossia appartenente = di proprietà di) soggetto. Bene, chiedo a chiunque mi legge: (tralasciando la questione della proprietà) cosa garantisce a chi ha formulato quella definizione – l’uomo è un animale razionale – che la razionalità che gli è servita per formulare sia tale? Per ragionare sulla questione, egli avrebbe bisogno proprio di quello strumento la cui affidabilità sta cercando di dimostrare? E’ un circolo vizioso senza uscita, che può essere spezzato – a mo’ di nodo gordiano – solo con atto di fede, ossia, meta-logico. Ne parlo, pensando al Dr. Vomiero, per mostrare i paradossi ed i limiti della razionalità, ed il fatto che le città che su di essa si edificano, poggiano sulle fondamenta della fede. Di questioni del genere ve ne sono tantissime, una molto interessante riguarda il celebre problema della Teoria dei Giochi, “Il dilemma del prigioniero”. Semmai se ne riparla.
Tornado a noi, mi sono sempre chiesto come la proposizione socratica “so di non sapere”, non sia mai completata dall’unica dipendente possibile. Infatti, “So di non sapere” lascia, ineluttabilmente, un che di incompiuto, dato che c’è certezza assoluta che almeno una cosa la so (quella di non sapere). Ed è questo, in effetti, il fondamento della certezza assoluta (necessariamente espressa in modo apofatico), da cui derivano le innumerevoli certezze relative. Ma, anche in questo, caso, e sempre pensando all’amico Vomiero, tale certezza è extra-logica, non potendo sapere in alcun modo come faccio a sapere di non sapere, poiché, se lo sapessi avrei dichiarato, contraddicendomi, di sapere qualcosa.
Ma allora, per concludere: come faccio a sapere di non sapere, senza cadere in contraddizione? Qual è la proposizione che completa quella socratica? Ce la fornisce Paolo di Tarso, in Galati 2, 20 (… non … io ma Cristo … in me). Il linguaggio è ovviamente teologico, ma la verità espressa è metafisica (come sempre in Paolo). E questo ci riporta a bomba alla questione 0 1 della precedente discussione. 1 è innato, consustanziale, non sorge da 0 a seguito di una sua evoluzione.
Grazie.
Buongiorno FrancescoM, è comunque sempre un piacere per me leggerla, mi creda, e se anche le nostre visioni del mondo appaiono sostanzialmente differenti, ciò non significa che i suoi scritti non lascino in me una qualche inevitabile conseguenza, traducibile magari anche in uno spunto di riflessione che altrimenti non avrei mai avuto motivo di fare. Detto questo, mi piacerebbe però anche sapere che effetto abbiano eventualmente sortito su di lei le competenti e per quanto mi riguarda estremamente condivisibili riflessioni di Graylines, fermo restando che ancora oggi io, comunque sia, sarei ancora pronto a ripetere quello che ho già detto sui miei brevi e modesti interventi, per esempio sulla dissonanza cognitiva, più che reale, tra due modi di conoscere e intendere il mondo. Ma vorrei chiederle, senza nessuna vocazione polemica, sia chiaro: è così sicuro di conoscere veramente che cosa sia e rappresenti il fare scientifico? Quali sono le sue fonti di conoscenza in merito? E’ sicuro che esista una logica soltanto applicabile a tutti i contesti? E cosa intende lei per logica? E perchè mai la filosofia, qualsiasi cosa lei intenda, dovrebbe avere una sorta di “imprimatur” rispetto alla scienza? Ha mai frequentato un laboratorio di ricerca? Ha mai cercato di capire fino in fondo quale sia di solito lo spirito e la motivazione che spinge un giovane a intraprendere una carriera di scienziato complicata e che molto poco spesso lo porterà a fama e denaro? Per esempio lei definisce scienza “solo tutto ciò che può essere misurato e matematizzato”. Le vorrei chiedere, ma chi l’ha detto? Dove sta scritto? Magari l’ha detto qualcuno vissuto quattrocento o duemila anni fa e quindi completamente ignorante, nel senso buono del termine? E non potrebbero una definizione o uno status essere cambiati appunto quattrocento o duemila anni dopo? E la biologia e le sua applicazioni per esempio in medicina? E i sistemi complessi? Anche una previsione astrologica allora se vogliamo può essere in fondo matematizzata, magari appurando che funziona nel 30% dei casi. Attenzione poi, perchè scientismo, positivismo, falsificazionismo, sono soltanto etichette dr. Francesco, magari rappresentano in parte anche qualche deriva concettuale umana come tante, per carità, ma sono pur sempre etichette, che non rendono affatto conto e giustizia del reale status del fare scientifico. Guardi che l’essere scienziato, a parte che per chi conosce lo spirito che lo sostiene, ripeto, rappresenta anche una soddisfazione emotiva, oltre che intellettuale, non esclude affatto la possibilità di conoscere e anche di apprezzare tutto quello che l'”umanesimo” ha da offrire, anzi, casomai direi che è vero il contrario, è proprio l'”umanista” che purtroppo per lui (e per la società), rimane spesso pericolosamente fuori da tutta una prospettiva di conoscenza affidabile, utile e anche appagante sotto il profilo estetico, stilistico e sentimentale. E poi guardi, piaccia o non piaccia ci sono problemi ecologici, e anche sociali e politici immensi a questo mondo, da studiare e cercare di risolvere, molti di questi ultimi peraltro che derivano o deriveranno direttamente o indirettamente da quelli ecologici. Bene, chi se ne dovrebbe occupare? Il prete? Il filosofo? Il poeta? E’ per questo che una consulenza di un comitato scientifico per il governo non può che essere un’irrinunciabile risorsa. Per carità, poi qualcuno potrà sempre scegliere di continuare a evadere leggendosi un bel romanzetto, o imbambolarsi con i pensieri sublimi di filosofi di mille o duemila anni fa, per non parlare dei contemporanei, o sentirsi protetto pregando il proprio Dio (a ognuno il suo o i suoi), oppure continuando a perdere il tempo a discutere di opinioni personali su qualsivoglia problema, o ancora a continuare a perpetuare i propri miti, pregiudizi, luoghi comuni, ideologie che peraltro molto spesso portano a scontri (e anche guerre) e a nessuna soluzione concreta. Io no, è per questo che ho scelto la scienza e tengo a precisare che non sono ateo e non mi sento scientista.
P.S. Riguardo il fatto che la scienza non abbia ancora spiegato e/o dimostrato/mostrato in modo soddisfacente come si è passati da 0 a 1 e che invece spieghi e/o dimostri/mostri molto meglio, ma non ancora sufficientemente bene, come si passi da 1 a 100 è una cosa del tutto normale e quasi banale nell’ambito della scienza naturale, non vedo dove stia il problema. Tuttavia la ricerca continua e non è per niente infeconda, ne ho parlato anch’io soltanto poco tempo fa: http://www.enzopennetta.it/2018/09/origine-della-vita-introduzione-al-problema-scientifico/
Dr. Vomiero,
lei è troppo gentile, oltre che davvero paziente, per non meritare una risposta una adeguata.
Questione è che, da una parte, data la quantità del temi, la risposta sarebbe troppo lunga, ed inoltre si andrebbe fuori tema. Vedrò che posso fare, ma non adesso.
Sono contento che non è ateo, devo dire che mi sorprende, date talune osservazioni da lei avanzate, in margine ai miei due articoli dello scorso anno, e segnatamente riguardanti il contempaltivo shivaita. Ottima notizia anche l’altra, il suo non sentirsi scientista. Vuol, dire che ammette (parafrasando Shakespeare) che lo “spazio” tra Cielo e terra è affollatissimo (e purtroppo anche quello “sotto terra”, oggi particolarmente attivo e turbolento).
Il Dr. Vomiero mi scrive:
“Detto questo, mi piacerebbe però anche sapere che effetto abbiano eventualmente sortito su di lei le competenti e per quanto mi riguarda estremamente condivisibili riflessioni di Graylines, fermo restando che ancora oggi io, comunque sia, sarei ancora pronto a ripetere quello che ho già detto sui miei brevi e modesti interventi, per esempio sulla dissonanza cognitiva, più che reale, tra due modi di conoscere e intendere il mondo”
Non posseggo la precognizione (faccio già fatica con la cognizione), le risposte del Sig. Greylines, di cui mi preme sottolineare il tratto signorile, tuttavia, le avevo previste, quasi parola per parola, avendo, nella mia riflessione, ma anche nel confronto con esperti d’eccellenza di discipline diverse dalla mia (se avrò tempo ne parlo appresso, o in altro post) analizzato con molta accuratezza la questione.
Vedo che urge una precisazione, spero netta e definitivamente chiarificatrice. Se presa di per sé, ossia isolata dal contesto sociale da cui sorge e su cui ricade, non potrei muovere alcuna critica alla Scienza, ed anzi, essa sarebbe per me ulteriore occasione per ravvisarvi (in una precisa forma e struttura, ma certamente non l’unica), le inesauribili, meravigliose, stupefacenti, possibilità del Logos creato (quello increato pertiene alla metafisica, non alla cosmologia). Penso alle riflessioni extra scientifiche di un Heisemberg (Fisica e filosofia, Lo sfondo filosofico della fisica moderna, Oltre le frontiere della scienza); penso a Schrödinger (Cos’è la vita, La mia visione del mondo); penso ad Eddington, che, se la memoria non mi tradisce, ne “La natura del mondo fisico” scrive questa sentenza memorabile (che riporta a quanto da me scritto del concetto di “materia” nei precedenti post):
“Qualcosa di sconosciuto sta facendo non sappiamo cosa”.
Se sono riuscito in precedenza a spiegarmi, quest’enunciato di Eddington, altrimenti eccessivamente criptico ed ellittico, trova chiarificazione, diversamente sembra una curiosa metafora poetizzante. Ma non lo è, Eddington sa con esattezza di cosa parla. Con “Qualcosa di sconosciuto” lo scienziato inglese non si riferisce alla materia fisica, ma al flusso fenomenologico (alla Husserl, per capirci, sulla cui filosofia, comunque, ho sul blog avanzato delle fortissime riserve) di cui lo stesso scienziato, in quanto osservatore, fa parte. Situazione davvero curiosa, tuttavia, giacché l’osservatore si trova a far parte dello stesso mondo che sta osservando. Pare, pare. Ed infatti, si tratta solo di apparenza; infatti, chi o cosa decide, in modo certo e definitivo, “quanto”, in che misura, l’osservatore sia parte? Inoltre, e più importante,come può la coscienza, che per natura è extra fenomenica, essere parte di qualcosa? L’errore che si fa, spessissimo, è di confondere psiche e coscienza. La psiche, che è fenomenologica, può essere parcellizzata, ma non la coscienza, essendo essa un quid di primario ed irriducibile, essendo essa il “campo” nel quale i fenomeni si manifestano. Lascio a lei la riflessione e le conclusioni.
Riprendo da: ”Se presa di per sé, ossia isolata dal contesto sociale da cui sorge e su cui ricade, non potrei muovere alcuna critica alla Scienza”. Ma non è così, soprattutto per le ricadute. La Scienza, non appena fuori dal laboratorio, si fa tecnologia. Mi vengono in mente l’energia atomica, le biotecnologie, e la PNL, pilastri portanti del Potere. Prima che lei mi dica che un conto è la Scienza e altro l’uso è che se ne fa, le scrivo che mi viene anche in mente, soverchiante, la smisurata avidità umana, compagna dell’altrettanto smisurata stupidità e aggressività.
Oppenheimer non è stato un passante della Storia; in una famosa conferenza al MIT di Boston, nell’immediato dopoguerra, pronunciò una sentenza che molto poco ha fatto riflettere i cultori della Scienza, disse: “In un senso crudo che non potrebbe essere cancellato da nessuna accezione volgare o umoristica, i fisici hanno conosciuto il peccato”. Si riferisce chiaramente ai fisici, non ai gangster che lanciarono le bombe. In altra occasione disse di sé: “Sono diventato Morte, il distruttore dei mondi”. Lo scienziato evoca un passo della BaghavadGita, uno dei testi più sacri dell’Induismo, che pare ben conoscesse. Einstein descrive Oppenheimer come un’anima semplice e pura. Non immagino l’abisso di disperazione nel quale cadde, sentendo su di sé la responsabilità di migliaia di esseri umani (perché non si parla mai di chissà quante altre creature senzienti?) che si spensero nella fornace nucleare!
Attenti a cosa si gioca! V’è la certezza di rompere il vaso.
P.s.
Il resto, se posso, a dopo.
Rileggevo i suoi contributi, FrancescoM, ai quali riservo sempre, come le dicevo, una particolare attenzione. Mi chiedo sempre infatti come sia possibile che alcune persone, oltretutto spesso anche particolarmente intelligenti e colte, non riescano, di fatto, a cogliere e a riconoscere pienamente tutta la bellezza e il valore della scienza vera, che non va confusa con la sua caricatura mediatica. Mi viene facile pensare che ciò possa dipendere da una scarsa conoscenza di che cosa sia veramente e come funzioni il fare scientifico, è per questo infatti che ho fatto a lei, ma con estensione, a tutta la categoria di quelli che la pensano come lei, tutte quelle domande sul suo background. Anch’io infatti, come lei per Graylines, mi sarei aspettato da lei esattamente le risposte che ha dato in merito agli argomenti scientifici (vedi teoria dell’evoluzione), e ciò dimostra ancora una volta la mia tesi sull’effettivo dualismo che esiste (secondo me inutilmente) tra due modi di pensare. Ma non ne sono molto sicuro, e allora passo a considerare la forza e il totalitarismo cognitivo (mi perdoni il termine che non so se corretto, ma cerchi di capirmi) che possono indurre, consapevolmente o inconsapevolmente, tutte le mitologie e le ideologie associate al proprio credo, religioso, filosofico, politico. Ma se fosse così, non riuscirei comunque a capire come sia possibile cristallizzare con tanta impermeabilità cognitiva il proprio pensiero, peraltro su aspetti chiaramente indimostrabili del mondo, e rinunciare invece, di conseguenza, a una conoscenza dinamica e affidabile, che possa seguire costantemente i cambiamenti dei sistemi complessi e del mondo stesso. Tutti sappiamo dei limiti della scienza e tutti sappiamo delle possibili contaminazioni e delle conseguenze collaterali dell’uso inappropriato che se ne fa. Ma vede, senza la scienza saremmo ancora al medioevo, la Terra sarebbe ancora al centro dell’Universo, si morirebbe ancora di peste e di influenza, la vita media sarebbe di 50 anni (e io e forse anche, lei saremmo già al termine della nostra vita), discenderemmo ancora da Adamo ed Eva creati dal nulla, e probabilmente si metterebbero ancora le streghe al rogo. E’ per questo che la conoscenza scientifica, come dico sempre, ci rende anche intellettualmente liberi e riduce parallelamente la nostra vulnerabilità. Oppure tutti questi meriti (e naturalmente tutto il resto) dipendono da qualcos’altro e da Qualcun altro? Non lo so, se ha tempo e voglia di provare a spiegarmi, FrancescoM, le sarei molto grato.
“E oso sperare che, in sintonia…”
E’ un osare a basso costo, in perfetta linea coi tempi e la moda, e per giunta esentasse, almeno finora. In attesa che i cerchi diventino quadrati, ci si può passare il tempo.
Mi consenta di scherzarci su, alla buona, nella certezza che stiamo parlando evidentemente di cose del tutto diverse. Cosa curiosa, tuttavia, dato che, teoricamente, ci riferiamo allo stesso dizionario.
Ho consapevolmente forzato sapendo di prestare il fianco alla sua giusta reprimenda… Gli abissi a cui lei si riferiva, evocazione suggestiva delle debolezze di ciascuno, li ho presi a spunto per rappresentare gli abissi di ignoranza che la scienza ha contribuito a colmare… Mi perdoni se le ho fatto perdere tempo prezioso.
Sig. Cipriani, non mi faccia il torto di chiedermi perdono, non mi ha recato alcuna offesa; ciascuno si fa carico della propria indigenza, per come può. Io non ho ancora finito di sondare la mia, giacché troppo profondo è quell’abisso. Per quel poco di luce che la mia ignoranza lascia trasparire, tuttavia, non intravvedo nulla, di ciò che ha a che fare con le questioni fondamentali dell’esistenza, che la Scienza abbia contribuito a chiarire. Nulla, uno zero perfetto. Nè vedo come potrebbe essere altrimenti, dato che la Scienza si occupa di ciò che del mondo fenomenico è riducibile a misura e quantità, e quindi matematizzabile.
Ma se lei può aiutarmi a capire meglio, gliene sarò sempre grato.
Le questioni fondamentali dell’esistenza… Gentile Francescom, ognuno ci si arrovella su come meglio può, spesso rimanendo nel limbo dell’incomprensione senza darsi pace, oppure trovandola, pur sempre fragilissima pace, su opposti fronti… Certamente non è in questi ambiti che la scienza che intendiamo qui può dir la sua. Ingenuo chi affermasse ciò e mi spiace di aver generato un equivoco, forse là dove mi riferivo a scienza “di tutte le risme”, comprendendovi anche la metafisica…
Più sommessamente mi riferivo agli abissi di ignoranza legati alla conoscenza proprio delle questioni del mondo fenomenico. Spero ora di non averla delusa se ho affermato un’ovvietà e non posso darle l’aiuto che, forse retoricamente, mi sollecitava.
Apprezzo molto il suo stile e la grande sensibilità che vi traspare.
Propio su questo blog proposi di affrontare l’ipotisi di una Autorità delle Scienze.Ci fu qualche graditissimo e qualificato consenso.Oggi se posso esprimere la mia modestissima opinione il timore maggiore potrebbe essere la trasformazione,eventuale,del Comitato-Autorità, in un Tribunale della Scienza,piuttosto di un indispensabile guida per una corretta gestione del progresso e sviluppo delle Scienze(Tecnologia).
Per tornare nei binari del tema, mi pare che qui sia emersa poco la contrapposizione tra le due possibilità: 1) che sia la scienza a condizionare la politica, 2) che sia la politica a condizionare la scienza. Ritengo la seconda molto più plausibile, soprattutto se penso alla scienza asservita al potere (per le più diverse ragioni, non ultimo il dio denaro) e non libera. Cosa se ne pensa?
Si figuri il piacere che mi fa rivolgendomi la parola.Comunque un tempo passato abbiamo avuto modo di dibattere su tante “cose”.Lei mantenendo la sua cultura ,Maurizzio-stò co frati e zappo l’orto confermando il bisogno di avvicinarsi anche alle opinioni altrui.Non so darle risposta ma è facile intuire che la politica,se non al servizio della Gente,riesce a inquinare qualsiasi iniziativa che sgorghi dalla mente e dal cuore.
Ciao caro amico Stó… Perché hai abbandonato quel tuo meraviglioso nickname? Hai centrato un nervo scoperto: la politica che fatica a essere davvero al servizio della gente.
Non ho abbandonato il mio “nome”.Trattasi di prassi perchè il mio nickname su facebook è maurizzio ed era necessario per il passaggio di CS a questo sistema.MA continuo a chiamarmi Maurizzio-Stò cò frati e zappo l’orto.Un grazie per il tuo intervento.Concordo in pieno per quello che dici e mi auguro la nascità di una equilibrata(equilibratissima)
Autorità-Comitato(o altra denominazione) delle Scienze-Tecnologia.
@Dr. Vomiero
Il Dr. Vomiero mi scrive:
“Mi chiedo sempre infatti come sia possibile che alcune persone, oltretutto spesso anche particolarmente intelligenti e colte, non riescano, di fatto, a cogliere e a riconoscere pienamente tutta la bellezza e il valore della scienza vera, che non va confusa con la sua caricatura mediatica”.
Ahia! Ma come può affermare una cosa simile, se è esattamente il contrario di ciò che le ho scritto? Mi cito:
“…ed anzi, essa (la Scienza”) sarebbe per me ulteriore occasione per ravvisarvi (in una precisa forma e struttura, ma certamente non l’unica), le inesauribili, meravigliose, stupefacenti, possibilità del Logos creato (quello increato pertiene alla metafisica, non alla cosmologia.
Cos’è che ho scritto? Occorre una traduzione? In essa, la Scienza è possibile cogliere un aspetto – certamente non l’unico – del Logos manifestato, ossia dell’Intelligenza Divina. Questo ho scritto. Perché afferma il contrario? La matematica, senza cui la Scienza non sarebbe possibile, per me, che condivido la teoria platonica del numero, può essere descritta come il sistema nervoso del Logos immanente. Cosa potrei dire di più? La differenza, tra le due posizioni, sta nel fatto che mentre io nella Scienza vedo un aspetto dell’Intelletto creato, fatto di senso e bellezza, il darwinista vi ravvisa le mirabilie del caso e della mancanza di senso. Chi ha scritto queste parole, davvero profonda epitome del darwinismo?
«Noi siamo macchine da sopravvivenza, robot semoventi programmati ciecamente per preservare quelle molecole egoiste note sotto il nome di geni. Questa è una verità che non cessa mai di stupirmi e, anche se la conosco da anni, non riesco mai ad abituarmici del tutto»
Figli del caso cieco e d’un prodigioso colpo di fortuna; macchine biologiche, mosse da programmi auto programmati (a partire da uno zero iniziale di intelligenza!!!) ed auto generanti (come in Matrix); golem mollicci in balia delle conseguenze di una demiurgica casualità, la quale, mescolando e rimescolando l’assenza di intelligenza, alla fine produce degli intelligentissimi figli della cecità noetica più assoluta, che ricostruiscono il proprio albero genealogico, riconoscendosi, orgogliosamente, eredi dell’idiotismo congenito nell’universo.
C’è chi sa di essere figlio di questo (ossia, della mancanza di senso della materia bruta, che però, dai e ridai, a furia di mescolarsi con altra materia bruta, alla fine produce esseri intelligenti, capaci riconoscere le proprie origini totalmente inintelligenti. E trarre un sospiro di sollievo per la botta di … diciamo fortuna che hanno avuto.
C’è, invece, chi sa di essere figlio di Dio.
I primi, naturalmente, si spremono per provare come si sono ritrovati così intelligenti, se figli di un “padre” totalmente idiota.
I secondi non hanno nulla da provare a se stessi, perché il Padre lo incontrano, come cosa più reale del proprio stesso respiro, nella Fede; altri, più fortunati lo vedono proprio faccia a faccia (metaforicamente parlando) nella preghiera profonda di contemplazione, o nella meditazione con o senza supporto.*
I primi diranno che i secondi sono degli illusi, proprio dei fuori di testa.
I secondi diranno che i primi non sanno di che parlano; un po’ come ciechi che si mettono a parlare di colori.
Per i primi, la realtà si esaurisce nel sensibile, nel misurabile, nel quantificabile, nel fenomenico.
Per i secondi, sensibile, misurabile, quantificabile, fenomenico, sono il “soprappiù” che si avrà in dono, una volta trovata la Sola Cosa Necessaria (parafrasando Matteo 6 30,32).
Così è la vita, e così ce la teniamo.
*P.s.
Mi vengono in mente esempi di scienziati e/o matematici presso i quali la Scienza ha senza contrasto convissuto con la filosofia e, ad un livello più alto, con la pratica spirituale, pur rimanendo questi nella precisa consapevolezza della gerarchia che le tre prospettive rappresentano. Luitzen E. J. Brouwer, uno dei fondatori della topologia, fu matematico insigne, filosofo, profondo conoscitore della mistica occidentale ed orientale. Pascal, che certo non debbo presentare, si legga quanto scrive della sera del 23 Novembre del 1654.quando ricevette ciò che, nella mistica cristiana, si chiama “Lumen Gloriae”. Newton, che scrisse molto più di alchimia e teologia, che di matematica e fisica. Per tacere di Klepero, Leibnitz, Godel, Cantor, Goswamy . La mente degli eminentissimi scienziati citati nello scorso post, inoltre, seppure con un’accentuazione deista, era legata inestricabilmente alla visione spirituale del mondo. Ed infatti, erano scienziati veri, e non scientisti che non riconoscono alcuna modalità di conoscenza diversa dalla a loro.
Chi, dunque, ha un atteggiamento totalitario e dispotico. Se ci fa caso, Dr, Vomiero, non ha risposto alla mia domanda, perché un comitato di “esperti” di Scienza in Parlamento, e non uno di Scolastica?
Rispondo ora ad una sua ricorrente domanda, circa il valore della filosofia. A me la Scienza (persino la migliore possibile) interessa scarsamente, perché non è in grado di rispondere ai bisogni ultimi della mia natura. Tale natura, per nulla eccezionale, ma solo normale e umana, non può trovare soddisfazione nel finito, nell’impermanente, nel relativo, bensì solo nell’Assoluto, nell’Eterno, nell’Infinito (tre attributi Divini). Per tale ragione, come le scrissi, persino nei confronti della filosofia – che pur credo di maneggiare con una certa perizia – ho un certo distacco, che cool rtempo si va accentuando. E’ un mezzo, uno strumento preliminare (come sostenevano Platone e i platonici di ogni tempo), una specie di propedeutica alla conoscenza del Divino. Staccata da questa radice, come quasi tutta la filosofia moderna, nella mia opinione, è un passatempo per bambini mai diventati adolescenti, figuriamoci adulti.
Per lo scientista, chi scrive cose simili, è in preda al delirio, ed io, mettendomi nella sua ottica, lo capisco benissimo, non può pensare diversamente. A differenza sua (dello scientista), tuttavia, io non lo considero pazzo, ma soltanto mutilato, cieco, in ciò che nell’uomo è più specificatamente umano. A differenza sua 8lo scientista), che non ha la più pallida idea di che parla, riferendosi a questioni spirituali, io so perfettamente di che parlo, in riferimento alla Scienza. Conosco a menadito le epistemologie, e questo mi basta, perché per comprendere cosa fa la Scienza (ossia i “come”) e i sui presupposti non occorre essere scienziati. Hempel, Popper, Nagel, Adorno, Kuhn, Feyerabend, Lakatos, lo stesso Dennett, che è un filosofo analitico, ecc…, non sono scienziati, eppure sono titolatissimi a parlare di Scienza. E quando parlano di religioni o cose spirituali, nella maggior parte dei casi mostrano, di queste cose, una mancanza di comprensione davvero stupefacente.
Ergo: alla Scienza che fa la Scienza, senza invadere territori ad essa preclusi dalle sue stesse premesse, nessuno potrebbe muovere obiezioni. Ognuno ha il diritto di investire il poco tempo nella vita nella scala di valori che distinguono la propria natura. Ma quando la Scienza deborda da tali limiti, e pretende di “alfabetizzare” l’universomondo alla sola verità possibile, Dr. Vomiero, se tale impudenza lasciasse spazio per il riso, ci riderei.