“Fare lo struzzo” è un modo per sentirsi al sicuro semplicemente nascondendosi i problemi e nel caso degli evoluzionisti neodarwiniani è esattamente quello che sta accadendo.
La storia va a finire che alla fine lo struzzo si rende conto di aver perso quando ormai è travolto da quello che voleva evitare.
Ci abbiamo provato a discutere con gli esponenti del darwinismo di cosa sia stata storicamente la teoria dell’evoluzione di Darwin e di cosa essa significhi oggi sia in termini di scienza che in quelli di sociologia, sarebbe stato un discorso che avrebbe arricchito molte persone interessate.
Non è stato possibile per il rifiuto degli interpellati, ma in fondo chi ha appreso la vicenda con spirito critico ha capito tante cose anche così, ha capito che dietro una asserita “inaccettabilità” dell’interlocutore si dichiara una mentalità di marca prescientifica dove i dogmi non si possono discutere se non tra teologi che al massimo possono trattare le sfumature tipo quanti angeli possono stare sulla punta di uno spillo.
Sono i teologi della “scienza”, il clero universitario di cui parlava il filosofo Costanzo Preve con grande efficacia quando in occasione del bicentenario della nascita di Darwin coniava anche l’espressione “Tarantolati di Darwin”. Ma come dicevo va bene anche così, quello sguardo distaccato è comunque un messaggio tra i più chiari e per me a questo punto non c’è bisogno di aggiungere altro, se non che arriverà il momento in cui saranno loro a cercare un incontro quando ormai l’interesse per le loro ragioni sarà minimo e il dibattito non interesserà più molto.
Il racconto di quello che è accaduto negli ultimi mesi e di quanto sta ancora accadendo è nel video che riporto qui di seguito girato per Byoblu, la più grande fonte di informazione libera oggi ne nostro Paese.
Intento restiamo in attesa dei prossimi sviluppi, ma con grande calma, quella di chi sa che il tempo è dalla propria parte.
60 commenti
Ho ascoltato con grande attenzione quel che hai detto, Enzo. E devo dire che, anche se hai delle ragioni, quel che chiedi è davvero improponibile, almeno a livello della profondità che chiederesti… E poi c’è a mio avviso anche un altra serie di limiti: quelli di focus e di wired non sarebbero in grado di dibattere nulla, loro sono megafoni di posizioni, non conoscitori della materia… E la Sibe e Pikaia ormai avresti dovuto capire come la pensano… Nessun dibattito da salotto, ma solo in ambito altissimo tra scienziati di livello mondiale. La tua è dunque una battaglia persa in partenza e l’unica speranza, remota a mio avviso, è che sia davvero il tempo a dare un senso al tutto. Una mia proposta: in assenza del dibattito che cerchi, perché non provi a ribattere con studiosi e scienziati di valore che soccorrono le vostre tesi? Sarebbe un inizio, e quelli potrebbero richiamare, forse, una maggiore attenzione mediatica e smuovere le acque… Non dimentico infine che il dibattito a livello di darwinismo appartiene al mondo e per quanto in Italia riuscissi a far discutere gli italiani, rimarrebbe pur sempre un dibattito provinciale, probabilmente marginale. Purtroppo non ho adesso tempo di rileggermi quel che posto, mi scuso per eventuali errori.
Nessun dubbio Cipriani che l’Italia in campo darwinistico sia una provincia di un impero.
Provincia e niente più.Tutte le decisioni(compresi eventuali “dibattiti” partono o dagli Usa o dalla Gb e poche altre “provincie ” importanti).Ma la Critica di Pennetta è sulla scia di una montante contestazione che nessuno riuscirà a fermare.E mentre un tempo “L’Impero” per fermare anche la minima insurrezione inviava le sue truppe,oggi quando TUTTO è a suo favore(Media e altro infinito elenco) basta soltanto far finta che la “zanzara” non esista e prima o poi SI STANCHI.Simile potenza indistruttibile di una religione !!! Vero anche che la “democrazia” non può influenzare il percorso della Scienza(con la esse maiuscola) ma come sempre dico:SONO GLI “IGNORANTI “CHE LE PERMETTETONO D VIVERE E SVILUPPARSI.Dunque capire se Enzo sta dicendo qualcosa di non corretto TUTTI lo devono poter confrontare in un(tutto eventualmente da stabilire) FACCIA A FACCIA(2+2+moderatore del tutto imparziale ,”possibilmente”).
Maurizzio, la verifica di un’ipotesi scientifica non si effettua con un confronto faccia a faccia con un moderatore imparziale, ma presentando dati e fornendo interpretazioni solide. In un confronto come quello che auspica lei, a vincere sarebbe la persona con una miglior dialettica, non necessariamente quella con le basi scientifiche più solide. Gli scienziati si confrontano sulle riviste specialistiche e nei congressi, chi vuole cimentarsi può partecipare in quest’ambito.
Nessun dubbio.La mia è la consueta bonaria “provocazione”.
Gli scienziati si confrontano sulle riviste specialistiche e nei congressi(e chiaramente convegni).Niente di meglio:I luoghi classici d’incontro(o “scontro”) tra Esseri Intelligenti.
Lei comunque tocca un punto importante quando afferma che la scienza (che io invece preferisco scrivere con la “s” minuscola) deve rapportarsi anche con gli “ignoranti”, intesi non in senso dispregiativo ma come persone che non sanno. Per questo esiste la comunicazione della scienza. Che deve fare il possibile per rendere conto del confronto scientifico, cercando di separarlo dalle questioni che con la scienza c’entrano poco. E deve anche evitare di distorcere questo confronto – che esiste ed è molto intenso, come ho sottolineato più volte – rappresentandolo in maniera banale o riducendolo a una discussione da talk show. Questo non significa, come sostiene qualcuno, sottrarsi al dibattito. Significa evitare le banalizzazioni e la retorica.
Ciao Giuseppe, posso dire che Wired e Focus fanno i megafoni con delle firme e allora avrebbero potuto mandarle visto che ad emettere giudizi sulla rivista sono capaci.
La scusa del dibattito tra scienziati a livello mondiale ovviamente la conosco da tempo ma francamente di scienziati a livello mondiale dalle parti di Pikaia e dintorni ne vedo pochini (scoperte e lavori importanti ne abbiamo?).
Di persone di scienza che “soccorrono” le nostre tesi ne ho segnalati un migliaio qualche giorno fa e onestamente non mi interessa molto avere altri che dicano quello che diciamo noi, sono ancora convinto che sia la forza degli argomenti a dover contare e sarà quella a fare la differenza.
Come puoi leggere in questo articolo in realtà a me a questo punto del confronto con loro non importa più molto, facciano come credono, mi dichiaro disponibile ad incontrarli solo per chi ci segue, perché sappia che possiamo difendere con molta tranquillità i nostri argomenti.
Concludo dicendo che mi sto convincendo sempre più che quello che succede in Italia dal punto di vista culturale si ripercuote nel mondo, non siamo una provincia ma un centro nevralgico del pensiero e della cultura.
Certo che far parlare chi ha opposte vedute su lo stesso argomento è virtù solo dei Grandi.Della TV di ogni tempo(Rai in questo caso) mi ricordo solo un Grande:Sergio Zavoli(vicino anche alle mie “vedute”politiche) quando riuscì a riunire sotto lo stesso tetto storici nemici.Tema:parlare attorno all’esistenza di Dio.Argomento banale ? Materia riservata a pochi ? Semmai dubito potrà esistere un nuovo Sergio Zavoli.
Difficile trovare uno scienziato serio che oggigiorno sostenga una teoria strampalata come il creazionismo…. come cercare un fisico serio che neghi la legge di gravitazione universale.
WHAT ?
Sopra al suo commento ci sono io !
Se è rivolto a me sono l’ultimo dei “creazionisti”.Ho ripetuto fino allo sfinimento che seguo le linee di Wallace.Credente si ma con grandissima apertura mentale.Solo gli stupidi si fossilizzano senza ascoltare la voce degli altri ! Se non conosce Wallace si informi su il suo caro internet.ps.Se il commento è rivolto a me e concludo:ma sempre in ritardo arriva !
Poi su la gravitazione universale non sarei cosi sicuro che nessuno si sia messo ad analizzarla in maniera critica.Non mi soccorrono vecchie letture(non sono un Fisico,ma seguendo sia Newton sia Einstein e altri cerco di capire,tempo permettendo) e la mia memoria falla ; ma se vuole mi informo(tempo permettendo).
Credo proprio che non si rivolga a me, dovrebbero sapere tutti che sostengo che il creazionismo non c’entra niente con la scienza.
In sintesi, il darwinismo è una teoria sbagliata, il creazionismo non è neanche una teoria.
Oggi basta nominare “il nome di Dio” e subito si viene tacciati di “creazionismo”.Ieri non si poteva “nominare il nome di Dio invano”….L’umanità dovrebbe cercare di far pace con se stessa……e leggere bene i miei modestissimi commenti di mesi o anni passati.
All’ultimo anno di liceo, nell’ambito di un esperimento didattico, il professore di fisica, d’accordo col preside, decise di spiegarci la Teoria della Relatività (Ristretta e Generale). Si mise alla lavagna, con la massima buona volontà, ad illustrarne i principi, cercando di limitare al massimo il formulario matematico (molto oltre le nostre possibilità). Ad un certo punto dovette desistere; ci avevamo capito poco, e quel poco, male. L’esperimento fallì. Giorni dopo, vedemmo entrare in aula il professore di fisica accompagnato da quello di filosofia. Costui era un mago, riusciva persino a tenere 29 capre soprassature di ormoni incollate al pallosissimo verbo kantiano. Così per dire. In breve, fu l’insegnate di filosofia, e non quello di fisica, a farci capire, e intendo capire veramente, i principi generali della Teoria della Relatività.
Chiunque abbia una idea adeguata di cosa sia la filosofia, non farà fatica a capire perché ciò accadde. E qui vengo alla presente discussione sul darwinismo. Quell’indimenticato insegnate di filosofia ci introdusse, passo passo, alla fisica attraverso la via regia della logica. Per prima cosa, ci costrinse a comprendere che se qualcosa è logicamente possibile, allora, secondo modi e tempi, essa ha la possibilità di diventare reale. Fondamentale l’inverso: SE QUALCOSA E’ LOGICAMENTE IMPOSSIBILE, quali che siano i tempi e quale l’armamentario congetturale, resterà impossibile per l’eternità.
Ebbene, le ragioni per cui ritengo l’evoluzione darwiniana, ancor più che una impossibilità di fatto (di questo lascio i biologi ad occuparsene), una impossibilità logica, le ho esposte, sia pure succintamente, in un post recente, indirizzato a Greylines. Non ho avuto alcuna risposta. I punti erano esposti in modo chiaro, ciò che argomentavo lo potrebbe capire chiunque.
Salvo che la risposta fosse contenuta – molto, ma davvero molto ellitticamente ed ermeticamente – in un successivo post di Greylines (“il darwinismo fugge il confronto con le critiche…”), sotto forma di un molto generico “parabola significat”, nel quale lo stesso gentile utente sosteneva che solo gli iper specialisti possono parlare di darwinismo, e le eventuali obiezioni provenienti da altri ambiti disciplinari, seguiva un elenco, sono già state trattate e liquidate. Ipse dixit. Bel modo, bella scienza!
Eppure, fu quell’eccellente professore di filosofia, e non quello di fisica, che fece comprendere a 29 capre l’ubi consistam della Relatività! Prima ci mostrò perché in certi principi non vi fosse nulla di illogico, poi perché, inoltre, essi fossero perfettamente logici, e da qui ci aprì gli occhi. Il darwinismo è più complicato della Relatività, ne possono trattare solo gli iniziati al Verbo?
Zero moltiplicato tutti gli zeri dell’universo dà sempre zero, da zero informazione non v’è modo trarre neppure un’infinitesima frazione di unità. Ex nihilo nihil fit, salvo miracoli.
Buongiorno FrancescoM, però le chiedo, come fa a essere così sicuro che quel prof. di filosofia ve l’abbia raccontata giusta? Vi ha spiegato veramente la teoria della relatività e tutto il suo reale contesto-significato scientifico, o piuttosto soltanto l’interpretazione personale di tale teoria tanto per fare presa su menti immacolate? Perchè io non credo che per giungere a tale risposta sia sufficiente il fuorviante criterio della soddisfazione intellettuale di quelle “29 capre”. Vede, io temo sempre che da parte delle critiche alla scienza o verso un certo tipo di scienza fatte da parte di alcune sfere di prevalente o pressochè totale formazione umanistica, ci sia spesso una sorta di incompleta comprensione di che cosa sia veramente la scienza e del come o del perchè funzioni. E a supporto di questa mia conclusione “filosofica” le potrei riportare, volendo, decine di esempi, e ciò è perfettamente normale, visto che la scienza è anche difficile da capire e deve essere studiata a fondo per acquisire una certa competenza. Ecco perchè a me non piace molto, e lei oramai lo sa benissimo, certa filosofia della scienza fatta da certi filosofi e non da scienziati-filosofi e ciò non significa che io sia contrario alla potenza conoscitiva dell’interdisciplinarità, anzi. Solo che francamente io non credo si possa fare un processo alla scienza o a certi suoi aspetti, soltanto con un semplice riferimento ad una presunta logica astratta o ad un ideale, più che reale, sillogismo aristotelico, anzi trovo che questa sorta di invasione inappropriata di campo sia alquanto presuntuosa. Inoltre credo che il suo riferimento-critica alla creazione dell’informazione eventualmente possa essere semmai più idoneo ad un contesto di origine-inizio dell’universo e della creazione della materia-energia più che all’evoluzione cosmica stessa e successivamente a quella biologica, per le quali invece le varie tappe evolutive fanno oramai parte di uno scenario teorico plausibile e condiviso supportato continuamente da numerosissime osservazioni e prove sperimentali. Proprio di ciò che distingue principalmente la scienza dalla pura filosofia. Mi perdoni la franchezza, ma lei oramai sa benissimo come la penso…
“Buongiorno FrancescoM, però le chiedo, come fa a essere così sicuro che quel prof. di filosofia ve l’abbia raccontata giusta? Vi ha spiegato veramente la teoria della relatività e tutto il suo reale contesto-significato scientifico, o piuttosto soltanto l’interpretazione personale di tale teoria tanto per fare presa su menti immacolate?”
Dr. Vomiero, qui risponderò soltanto a questa sua domanda, avendo, in parte, già risposto al resto nel lungo post indirizzato al Sig. Greylines.
Ebbene, colgo l’occasione, per mostrarle, senza nessuna pretesa di insegnarle, a cosa serve la filosofia, cosa di cui i chiede spesso. Nel nostro caso, serve a comprendere che a domande come la sua è impossibile rispondere, e ciò accade perché sono prive di significato. Si crede che ne abbiano uno, ma in realtà ci si sbaglia. E glielo mostro. La forma generale della sua domanda è questa: come facciamo ad essere certi di aver capito il vero significato di X (qualunque cosa X sia)? Potremmo credere, ingannandoci, di aver capito, così come, chi ci ha spiegato X potrebbe, in buona o in male fede non importa, ingannarsi circa la propria reale comprensione di X, e quindi avere a sua volta ingannato noi.
Ebbene, non esiste un modo oggettivo per sapere se veramente si è compreso qualcosa; cosa potrebbe misurare, valutare, ponderare, “oggettivamente” un costrutto mentale soggettivo? Un dispositivo fantatecnologico, una specie di verificometro neuronale? E chi ci garantisce che davvero funzioni?
Esiste un modo sufficientemente affidabile di verifica, ma che non può portare alla certezza assoluta, ed è quello, noto, dell’accertamento intersoggettivo, tra maestro ed allievo. Il maestro, che si presume essere detentore della vera conoscenza/interpretazione di X, sottopone l’allievo ad un esame, se l’allievo lo supera, si conviene affermare che questi ha compreso. Ma chi garantisce l’allievo, che per definizione ne sa meno del maestro, che questi sia titolare della vera e corretta conoscenza di X? In realtà nessuno, per la ragione esposta in apertura: non c’è modo di valutare oggettivamente uno stato soggettivo. Nel nostro caso, ancora e tuttavia, si potrebbero approntare valutazioni e verifiche anche per maestro, ed in effetti è quello che si fa. Ma ad un certo punto, questo risalire la catena dell’autorità (della conoscenza) deve per forza arrestarsi; salvo una regressione infinita.
Per la cronaca: quella volta, ovviamente, fummo sottoposti ad esame, con una tesina monografica, esaminata dal prof. di fisica, da quello di filosofia, e dal preside, che aveva insegnato matematica. Tranne che in un caso, prendemmo tutti dalla sufficienza al nove.
Da altro punto di vista, salvo una propensione all’autoinganno, non è poi così difficile sapere se si è capita o non capita una cosa.
Per cui, Dr. Vomiero, le giro la domanda: come fa a sapere di sapere veramente le cose che sa?
P.s.
Non si avviti in una regressione infinita, resti con noi ()
Come ha bene evidenziato il prof. Pennetta nell’intervista su Darwin rilasciata a BioBlu, viene praticato un ostracismo ferreo verso i ricercatori “dissidenti”. Per quanto riguarda Einstein e la sua teoria, esiste un esercito di persone competenti le cui fila hanno iniziato a formarsi già poco tempo dopo la pubblicazione. E non certo perché la teoria “è difficile da capire” come vorrebbero farci credere certi personaggi à-la Feynman… In realtà le critiche alla teoria sono così fondate, dal punto di vista matematico e logico, e le circostanze intorno allo “scienziato” e alle sue “scoperte” così sospette e imbarazzanti, che il sig. Einstein andrebbe derubricato dai libri di scienza e di storia. Per non citare le motivazioni addotte dallo stesso E. sul fatto che la t.d.r doveva essere una risposta all’elefante nella stanza costituito dall’esperimento di Michelson & Morley che la diceva lunga sul c.d. moto della Terra…
Da Herbert Dingle al più recente Roberto Monti, giusto per farle due nomi, le evidenze scientifiche che “piallano” letteralmente la t.d.r. sono un imbarazzo intollerabile per il fisico serio. E fisici, ricercatori, scienziati seri ne esistono eccome ma se non possono parlare è come se non ci fossero.
Gentile Webrasta, mi potrebbe fare qualche esempio di ostracismo verso ricercatori “dissidenti” (tenendo conto che se uno ha detto cavolate dal punto di vista biologico non credo proprio che si possa parlare di ostracismo ma di buon senso).
Gentile Greylines,
la sua domanda mi sembra capziosa oppure ingenua.
Senza contare che la sua parentesi contiene una tesi insostenibile: chi decide se uno dice cavolate? e soprattutto, in quale sede, se il dibattito non è consentito?
Ma supponiamo di trovarci tra persone mature e sensate. Vede, qui non si tratta di volere un congresso scientifico per discutere se chi sostiene che gli asini volano e sono gialli a pois ha ragione oppure no. E non si tratta in fondo nemmeno di congressi perchè non è questione di dare un premio a “chi ha ragione” in stile Sanremo. Non basta dire che il prof. Pennetta ha libertà di parola perchè rilascia un’intervista o ha un sito in cui esprime il suo punto di vista scientifico: l’impatto sullo stato dell’arte è pari a zero ma chi avversa le sue tesi può dire che egli non viene “ostracizzato” perchè gli è consentito esprimersi.
Ovviamente (almeno per me e mi sembra anche per il prof. Pennetta), ciò che deve cambiare è l’approccio della comunità scientifica, della scuola e dei media verso la ricerca della Verità, e non solo in ambito scientifico. Quindi, in ultima analisi, l’approccio ad essa da parte di ognuno di noi.
Fatta questa premessa, le fornisco comunque alcuni esempi: il disciplinare dell’Ordine dei Medici che prevede la radiazione per il medico che dissente dal dogma sui vaccini le sembra una norma in stile “galileiano”, aperta alla discussione?
Mentre nel nostro Paese, ma non solo, i medici da alcuni mesi a questa parte si scagliano contro l’omeopatia, a luglio dello scorso anno a Londra la Royal Society of Medicine organizzava un simposio con due premi Nobel sul tema New Horizons in Water Science in cui i ricercatori hanno esposto i risultati dei loro studi sull’acqua ultra-diluita e su come tali studi dimostrerebbero il fondamento dei rimedi omeopatici. La invito a leggersi il discorso inaugurale di Aaron Kenneth Ward-Atherton che potrà illuminarla molto meglio di me sull’ostracismo in ambito medico. Oppure consulti tale prof. Vittorio Elia dell’Università di Napoli che potrà fornirle un’ampia casistica di “porte chiuse” per le proprie ricerche.
Gli esempi potrebbero continuare all’infinito (Ignaz Semmelweis e la pulizia delle mani prima delle operazioni chirurgiche, Mendeleev e la sua tavola degli elementi, …)
Sulla teoria della relatività, in particolare, le consiglio un link: https://digilander.libero.it/VNereo/r-monti-il-grande-bluff-di-albert-einstein.htm. Lei ha mai visto citato il nome di Roberto Monti nei testi di Fisica?
Ecco, io alla sua domanda rispondo con un’altra domanda: perchè nei testi scolastici non si affrontano gli argomenti teorici presentando anche i punti di vista “dissidenti”?
La teoria evoluzionistica o la teoria di gravitazione universale (sulla quale persino il vecchio alchimista Newton ha espresso il suo dissenso…), per non citarne che due, sono appunto “teorie”, speculazioni, tentativi di scoprire la Verità. Il ricercatore serio accoglie di buon grado il confronto; non mette alla porta chi la pensa in modo diverso con un banale “ma non dica cavolate!”
La mia domanda non era capziosa, ho in mente diversi nomi di scienziati seri che hanno sfidato quello che viene considerato il paradigma dominante (non dogma, attenzione, paradigma) nello studio dell’evoluzione, al punto da venir considerati eretici (alcuni). E nessuno di loro è stato ostracizzato. Anzi: Stephen Jay Gould è diventato uno dei principali divulgatori in questo ambito, Lynn Margulis ha visto riconosciute alcune sue importanti osservazioni e la sua visione simbiotica dell’evoluzione è, secondo me, estremamente affascinanti. Questi critici continuano a lavorare in università prestigiose, a pubblicare studi su riviste specializzate di alto livello e a scrivere libri, senza che nessuna forma di ostracismo o censura li colpisca.
Alla luce di questi dati di fatto, come vede, la mia domanda è tutt’altro che capziosa.
Posso capire che lo sembri a chi è convinto che tutti gli scienziati e ricercatori siano compatti nel difendere a prescindere una teoria e solo pochissimi, eroici dissidenti abbiano il coraggio di criticarla. Ma questa è una narrazione che non corrisponde alla realtà.
E qui si arriva al punto centrale della questione: se una persona ha un impatto sullo stato dell’arte di una disciplina pari a zero, ci sono due possibili spiegazioni:
1- quella persona ha ragione ma gli esperti di quella disciplina lo zittiscono per mantenere i loro privilegi;
2- le ipotesi di quella persona sono inconsistenti e, di conseguenza, gli esperti hanno i loro motivi per non dar loro peso.
Mi par di capire che lei dà per scontata l’opzione 1 e immagino lo faccia sulla base della fiducia che ripone nella persona in questione, non sulle prove scientifiche. Ma le posso assicurare che diverse obiezioni, presentate come scientifiche, alla teoria dell’evoluzione, sono state smontate da decenni, dopo attente analisi e riflessioni. Questa non è censura. E il fatto che ogni tanto un dissidente porti importanti contributi a un campo di studi non significa che tutti i dissidenti abbiano ragione.
Gentile Francesco,
Se non ho risposto a tutte le sue osservazioni è perché avevo in parte affrontato alcuni aspetti nelle risposte ad altri commenti, e perché non ho avuto tempo per continuare, visto che i commenti vengono chiusi piuttosto rapidamente (lei non è l’unico a cui non sono riuscito a rispondere).
Non mi pare di esser mai ricorso all’ipse dixit per chiudere la discussione. Certo è che si sta parlando dell’evoluzione BIOLOGICA (mi perdoni il maiuscolo ma è per evidenziare il termine) mi pare più che normale che a discuterne siano, in primis, i biologi, e in particolare quei biologi che passano le loro giornate a studiare l’evoluzione nei loro laboratori, testanto ipotesi, facendo osservazioni e conducendo esperimenti. Io, che sono biologo, potrei sicuramente provare a sostenere una conversazione sulla fisica quantistica ma i miei commenti, per quanto approfonditi, finirebbero inevitabilmente per per banalizzare molti concetti e per trascurare molti aspetti importanti che invece sono ben noti a chi, sulla fisica quantistica, fa ricerca tutti i giorni.
Questo per dire che se vogliamo parlare dei meccanismi BIOLOGICI dell’evoluzione, mi sembra ovvio rivolgermi a chi quei meccanismi li studia. Il che non significa che nessun altro possa parlarne ma che chi non ha studiato il problema non ha le basi per affrontarlo in maniera seria e finisce, quindi, con il fare obiezioni che, dal punto di vista biologico (e matematico), non hanno senso. Tipo quella dell’impossibilità matematica che una molecola complessa come l’emoglobina si sia evoluta per mutazioni casuali e selezione in così poco tempo.
Se invece vogliamo discutere di alcuni aspetti filosofici che sono stati fatti derivare dalla teoria dell’evoluzione, o da certe dubbie interpretazioni che alcuni ne hanno dato, allora sì che il campo di discussione si può espandere. L’importante è che non si usino argomentazioni esclusivamente retoriche per sostenere cose scientificamente infondate.
Essendo al lavoro ora devo fermarmi qui, spero di riuscire a riprendere più tardi.
Sfruttando un momento di calma lavorativa, faccio alcune aggiunte al mio commento precedente:
– quello che lei ha inteso, da parte mia, come un ipse dixit in realtà è una posizione che anche lei esprime quando scrive “lascio i biologi ad occuparsene”. Più avanti però lei scrive, parlando del darwinismo, “ne possono trattare solo gli iniziati al Verbo?”. Al che vorrei capire cosa intende lei con “trattare”. Che tipo di trattazione e di discussione ha in mente?
– la teoria dell’evoluzione non dice che il più procede dal meno, né che l’accumulo di zeri dà come risultato un qualcosa di diverso da zero. Ha ragione quando scrive che “si evolve qualcosa che già c’è”, il che è esattamente quello che sostiene la teoria dell’evoluzione, sin dai tempi di Darwin;
– la teoria dell’evoluzione non dice che “un miliardo di sassi, sfregandosi l’uno contro l’altro, fra fulmini e saette, al solo scorrere del calendario, ad un certo punto possano aver prodotto la Messa di Requiem”;
– non ho mai detto che “il darwinismo fugge il confronto con le critiche…”, come sembra dal suo commento.
Anche il mio prof di filosofia, al Liveo Volta di Torino, era un genio. Un anticlericale convinto che chiamava clero universitario i teologi della scienza x esprimere tutto il suo biasimo. Era Costanzo Preve.
Ma nelle sue ore tutti potevano esprimere obiezioni e rilievi. E a tutti rispondeva. Non come si comporta il clero universitario di ieri e di oggi…
Chi si nasconde dietro un “è troppo difficile per spiegarlo a chiunque” o non sa spiegare o non vuole che si capisca che ha torto.
Scegliete voi in quale caso siamo.
Perché gli argomenti di Pennetta vengono snobbati dalla scienza ufficiale ?
Non ho una risposta precisa perché mi sono accostato solo saltuariamente ai quesiti posti dall’evoluzionismo e perché non sono un biologo perciò non sono sicuro di aver ben capito tutti gli argomenti proposti. Però un’idea me la sono fatta e provo ad esporla.
Per prima cosa occorre credo comprendere che la teoria di Darwin è un oggetto molto ampio ed estremamente complesso che non include solo la biologia ma si estende alla paleontologia, alla paleogeografia, alla zoologia, alla sociologia delle popolazioni viventi – per dire le prime cose che mi vengono in mente. Allora è chiaro che ciascuna di queste branchie fa un uso proprio del darwinismo ricavandone un disegno coerente tutto interno alla sua disciplina di riferimento e questa coerenza interna multidisciplinare rafforza la teoria in un certo modo indipendentemente dalla biologia. Posso sbagliare evidentemente ma io credo (prima ragione) che Pennetta quando esce dall’ambito strettamente biologico per farsi divulgatore a tutto campo sottovaluti questo aspetto.
Nel merito poi, un evoluzionista non Darwiniano come si definisce non può esimersi dal confronto con la realtà dell’evoluzione. Infatti nel video riconosce la Teoria delle Risonanze Evolutive (TRE) come una chiave decisiva. Per quanto mi è dato di capire – davvero poco- sul versante biologico i punti deboli della teoria sarebbero:
– ammettere che mutazioni genetiche casuali abbiano per effetto un’evoluzione non casuale;
– ammettere che la somma di piccole variazioni intraspecifiche produca un salto, un’evento di speciazione.
Dal canto loro anche i dati paleontologici sull’evoluzione mostrano una sequenza di eventi tutt’altro che lineare.
A questo punto la TRE suggerisce che per produrre il salto da una specie all’altra non basta la variazione casuale e continua dei catatteri specifici ma occorre che questa risuoni con la variabilità intrinseca dei caratteri ambientali. A me sembra una bella idea ma se aiuta a rendere più plausibile la speciazione non sostituisce il ruolo della variabilità intraspecifica ed in questo a me sembra che resti darwiniana.
Ho fatto questa lunga premessa proprio perché non sono affatto sicuro di aver capito bene.
Se così fosse tuttavia suggerirei a Pennetta che forse, in un futuro che vedesse la TRE ben affermata, non è mica detto che gli attuali polemisti darwiniani vengano a Canossa. Potrebbe essere che un po’ alla volta il darwinismo includa e fagociti la TRE ? La seconda ragione è allora che la TRE quando avesse ottenuto il meritato consenso potrebbe essere inadeguata allo scopo che si prefigge.
La terza ragione a mio avviso sta nel fatto che nei suoi interventi pubblici Pennetta troppo spesso si allarga dall’evoluzionismo al darwinismo sociale al malthusianismo al marxismo. Finisce perciò per compiere l’identico errore dei suoi avversari, colorando di ideologia anche gli argomenti scientifici.
Questa è la mia opinione che accompagno ad un ringraziamento per le occasioni di riflessione e confronto che questo blog rappresenta.
Buonasera Luca, per comprendere appieno il fenomeno darwinismo non si può prescindere dalle sue implicazioni socio economiche, non si tratta di “allargare” è parte fondamentale del fenomeno, quella che ha impedito ad una teoria tramontata 10 anni dopo la nascita di fare la fine di quella di Lamarck.
Non sono assolutamente daccordo sul fatto che il darwinismo sia nato morto e non sono assolutamente daccordo sul fatto che il giudizio sul darwinismo debba essere confuso con il giudizio politico sull’uso ideologico che ne é stato fatto. Questa se mi permette é una bella ignoranza nei confronti delle scienze naturali.
Buonasera professore.
Non sono assolutamente daccordo.
Non so se sul piano biologico la teoria fosse tramontata 10 anni dopo la sua comparsa ma conosco bene i frutti che ha prodotto e continua a produrre in tutti gli altri ambiti delle scienze naturali. Se poi vogliamo sottoporre a giudizio una tesi scientifica con argomenti scientifici non possiamo confonderla con il giudizio politico sull’uso ideologico che di quella tesi è stato fatto perché in questo caso gli argomenti, di logica così diversa, non si corroborano a vicenda come in un’indagine pluridisciplinare ma al contrario si squalificano.
Aggiungo per chiarezza, poiché spesso leggho su queste pagine che Darwin non ha saputo prevedere niente.
Ovviamente non ha pre-visto niente giacché la sua teoria si propone all’opposto di retro-vedere, di interpretare cioé il passato. E tuttavia ha anticipato nientepopòdimenoche la Tettonica a placche, giacché il ragionamento di Wegener senza Darwin non avrebbe mai avuto luogo.
Retrovedere è l’unico frutto, una innovazione nella scienza galileiana pari ai commenti del lunedì delle partite di campionato di calcio.
I frutti che ha prodotto?
Zero.
Aspettiamo di vedere un solo caso in cui manipolando i geni come farebbe un meccanismo neodarwiniano si ottenga un un nuovo organo. (anche organello, chessò un flagello, una membrana nucleare in E. coli…)
Mi dispiace professore ma ribadisco che secondo me le nuoce molto questo atteggiamento negazionista di sapore ideologico. Perché su un argomento di questa portata non ci si può permettere di scherzare su un così ampio spettro di discipline scientifiche senza aver la pazienza di entrare nel merito. Occorre piuttosto rendersi conto di cosa ha prodotto Darwin nella scienza in generale, non solo in biologia. Altrimenti lei semplicemente entra a gamba tesa su di un campo che non le compete squalificando inconsapevolmente un sacco di successi scientifici. La prima (causa che le proponevo qui sopra). Per restare sul piano macroscopico e divulgativo, quel pazzo di Wegener ha potuto proporre la sua teoria della deriva dei continenti solo attraverso una lettura darwiniana delle filogenesi dei viventi. La cosa era a questo punto palesemente infondata, quasi solo provocatoria … salvo essere confermatra qualche decennio più tardi datta tettonica a placche. Questo appunto é solo un esempio delle contaminazioni interdisciplinari che rendono particolarmente forte la teoria darwiniana. Quindi se vogliamo Darwin ha previsto la tettonica a placche. (…)
Perciò credo che se lei vuole criticare Darwin occorre che di questa ampiezza di argomenti non biologici provi almeno a farsene carico, anche perché la TRE non sembra proprio un’ipotesi alternativa, semmai un’utile complemento. Quanto poi ad irridere le discipline scientifiche che retro-vedono bé … non le fa proprio onore e corrobora la mia opinione. E’ il vecchio argomento di Zichichi, assai grossolano ed ignorante sul valore di una parte rilevante delle discipline scientifiche. Che sono ovviamente tutte intimamente galileiane se si ha la pazienza e la correttezza di voler entrare nel merito dei metodi specifici o dei cosiddetti “criteri di eccellenza”.
Luca, la parola “negazionismo” è bandita su queste pagine si tratta di una tecnica di delegittimazione vuota d contenuti che non consento verso nessuno.
Secondo, l’evoluzione è una cosa il darwinismo è un’altra, Wegener avrebbe potuto trarre le sue conclusioni tranquillamente con quello che sapeva Lamarck.
Terzo, sull’inutilità e sui falsi successi del darwinismo abbiamo parlato in centinaia di pagine qui e non ho voglia di ripetermi se qualcuno non fa la fatica di andarsele a vedere prima di criticare.
In ogni modo Lamarck non é in grado di giustificare come due popolazioni della stessa specie geograficamente separate e a parità di condizioni ambientali evolvano in modo indipendente. Non può spiegare ad esempio perché il coccodrillo americano e quello africano siano specie indipendenti entrambe con lo stesso progenitore (prima del breakup della pangea. Perciò no, la sua osservazione non funziona.
—
Semplicemente quello che afferma Luca non è vero.
Per quale motivo il fatto il coccodrillo americano e quello africano siano specie indipendenti entrambe con lo stesso progenitore (prima del breakup della pangea) non sarebbe spiegabile con Lamarck?
Mistero fitto…
EP
Per evitare malintesi vorrei sottolineare che quando scrivo a Pennetta che (secondo me) sproloquia su discipline che non conosce non mi riferisco certo all’evoluzionismo o tantomeno alla biologia che ovviamente conosce benissimo e certamente entrambi molto ma molto meglio di me. Mi riferisco alla lunga discussione partita dal suo post sulle scienze che retrovedono dove incontrovertibilmente dimostra quel che ho provato a sostenere sin dal primo post da me scritto: secondo me tra le difficoltà che Pennetta potrebbe avere nel discutere di questi argomenti con la scienza “ufficiale” c’é la sua difficoltà nel riconoscere come la teoria di Darwin sia un oggetto scentifico estremamente complesso da capire nel suo contesto che non é solo quello della biologia (e non serve proprio allargarsi alle scienze sociali e politiche, anzi …). Certo é più comodo e facile rinchiudersi nel complottismo. Peccato però
—-
Luca, gli unici sproloqui qui sono i suoi che porta insistentemente argomenti inconcludenti finendo poi inevitabilmente e molto garbatamente, per insultarmi.
Mi sono stufato.
EP
Biologia, paleontologia, e poi zoologia, sociologia delle popolazioni viventi, per tacere geologia, chimica… Ah, scordavo i sistemi dinamici non lineari e il caos deterministico. E chissà cos’altro! Tutto in una sola mente! Francamente, non mi sono mai imbattuto in una branca del sapere, per avere accesso alla quale occorre essere un semidio, oppure un iniziato a misteri che solo i veri adepti del neodarwinismo hanno intravisto. Figurarsi i comuni povericristi!
Una volta c’erano Agharta, il Regno del Prete Gianni, Shan Grillà, e Atlantide; oggi c’è l’esoterismo darwinista, che non si dà ai comuni nati di donna, se non per fede nei semidei che hanno “visto” e “compreso”.
Eppure, nessun semidio sa rispondere ad una semplicissima domanda: come si fa a trarre dallo zero (di informazione), al solo scorrere delle lancette dell’orologio, una frazione (infinitesima per quanto si vuole) di unità (di informazione)! Evidentemente, è una domanda troppo rozza perché la crema dell’umanità la consideri degna di risposta. Magari la ripropongo sotto altra veste: come si fa a far spuntare una presenza dall’assenza? Non si può rispondere, ovviamente, SE NON ammettendo che un seme, o virtualità, o potenzialità di informazione è consustanziale al reale*, ed uso di proposito tale termine generalissimo. Allora sì, che il lavoro dell’orologio avrebbe senso, in modo esattamente analogo a come un seme si fa pianta e poi frutto, e una potenza diventa atto, nella dimensione cronologica; mentre i due momenti (potenza e atto) rimangono aspetti diversi dello stesso processo, nella dimensione logica, che è atemporale.
*(Ma ammettere ciò è smentire l’essenza del darwinismo, paleo, post, meta, ultra, che sia).
Capisco che da zero di informazione non deriva un fico secco, chiaro! Ma a quale informazione pre-esistente si riferirebbe per dare un senso davvero pratico alle sue parole?
@GIUSEPPE CIPRIANI
Pre-esistente a cosa, di preciso? Non ha parlato di un’informazione che precede o segue un ente, o un processo, avrei detto una cosa senza senso. L’informazione è sempre intrinseca, immamente al mondo, diversamente esso sarebbe del tutto inintellegibile. Richiamo ancora la sottotitolazione del blog: “Adequatio rei et intellectus”. Cosa adeguerebbe l’Intelletto, se la res stessa non fosse informazione?
“…per dare un senso pratico alle sue parole…”
Mi chiede l’impossibile; le parole attengono all’universo linguistico, che è teorico nella sua essenza. il discorso, fatto di parole, può essere ben formato e sensato, o sgangherato e insensato. Ma sempre in ambito teorico, come, d’altro canto, tutto quello di cui qui si tratta. Comprese le sue gradite osservazioni.
Correggo.
era “…Non HO parlato di…”, e non “non ha parlato di…”.
Chiedo scusa.
Domanda ingenua di uomo della strada: ipotizziamo che Darwin non sua mai esistito, e che ogni riferimento al darwinismo in tutti i campi della ricerca evoluzionistica odierna scompaia… Ebbene, cosa rimarrebbe? Qualcosa di buono ci sarà di certo… C’è qualcuno qui in grado di individuare qualche punto fermo della ricerca in questo ambito che sia condivisibile?
Senza Darwin
Troviamo descritto com estremo dettaglio come:
– Le forme di vita del passato che possiamo ricostruire grazie alla paleontologia descrivono una lenta evoluzione dei fenotipi;
– le stesse forme di vita geograficamente separate evolvono in modi distinti
– le forme di vita e le specie successive sono ben diescriutte dalle filogenesi che legano tra di loro
– In tempi protostorici e storici la distribuzione geografica delle sottospecie é legata essenzialmente ai cambiamenti climatici e al formarsi di “isole” ecologiche.
– in tempi geologici le filogenesi dei diversi frammenti della pangea divergono progressivamente da progenitori comuni in specie totalmente esclusive e caratteristiche.
Questi sono i dati, con o senza Darwin.
Darwin non fa che applicare a questo dato di fatto il principio dell’attualismo. La TRE mi sembra corrobori Darwin nell’aiutarlo a spiegare il meccanismo che rende discontinua l’evoluzione.
“La TRE mi sembra corrobori Darwin nell’aiutarlo a spiegare il meccanismo che rende discontinua l’evoluzione.”
Non ha capito Darwin o la TRE o entrambi.
Probabilmente, forse lei stesso dovrebbe sentirne la responsabilità in quanto divulgatore.
Qualche argomento mi pare di averlo comunque proposto, basterebbe mostrarmi dove fallisco.
Gentile Luca,
in estrema sintesi sui punti da lei elencati:
«Le forme di vita del passato che possiamo ricostruire grazie alla paleontologia descrivono una lenta evoluzione dei fenotipi;»
Dalla paleontologia emergono discontinuità, lacune, permanenze, stabilità. Insomma un sacco di informazioni differenti, che possono essere interpretate in molti modi. Una delle possibili interpretazioni è la “lenta evoluzione dei fenotipi”.
«le stesse forme di vita geograficamente separate evolvono in modi distinti»
Se restiamo nel campo della cosiddetta microevoluzione, si tratta di un fenomeno certamente osservabile.
L’estensione di questo fenomeno alla “macroevoluzione” è una congettura.
«le forme di vita e le specie successive sono ben descritte dalle filogenesi che legano tra di loro»
Gli alberi filogenetici sono soggetti a continue incessanti revisioni e sono tanto più aleatori quanto più ci si allontana nel tempo. Quindi sarebbe da capire a quale “buona” descrizione fa riferimento.
«In tempi protostorici e storici la distribuzione geografica delle sottospecie è legata essenzialmente ai cambiamenti climatici e al formarsi di “isole” ecologiche.»
Un fenomeno osservabile che rientra esclusivamente nel perimetro della microevoluzione.
«In tempi geologici le filogenesi dei diversi frammenti della pangea divergono progressivamente da progenitori comuni in specie totalmente esclusive e caratteristiche.»
Si tratta di un’ipotesi non di un fatto.
Ipotesi o fatto?
Nel senso che dice lei tutta la scienza é un ipotesi e non un fatto. Detto questo, dietro questa ipotesi si éaccumulati quasi un secolo di ricerche geologiche tutte convergenti. Darwin non le poteva conoscere evidentemente ma costituiscono un successo quotidiano della sua teoria.
Gentile Greylines, grazie per le sue risposte.
Lei mi scrive:
“Non mi pare di esser mai ricorso all’ipse dixit per chiudere la discussione. Certo è che si sta parlando dell’evoluzione BIOLOGICA (mi perdoni il maiuscolo ma è per evidenziare il termine) mi pare più che normale che a discuterne siano, in primis, i biologi, e in particolare quei biologi che passano le loro giornate a studiare l’evoluzione nei loro laboratori, testanto ipotesi, facendo osservazioni e conducendo esperimenti”.
A, quanto all’ipse dixit” non mi riferivo a lei (ho scritto solo che non mi ha risposto), cui, anzi, ho più volte riconosciuto toni garbati e fine galateo interlocutorio. In questo, lei, come anche il garbatissimo Dr. Vomiero, purtroppo, risultate essere delle eccezioni. Mi riferivo, un esempio tra mille, all’ostracismo di cui è oggetto il Prof. Pennetta, e la censura, attiva o passiva, da questi subita sui media, o riviste dedicate, che hanno cassa di risonanza. Pennetta Enzo (come sotto le armi) è, nei fatti e nelle parole, descritto come un povero infelice, scientificamente balbuziente, complottista, e quasi certamente manovrato da forze oscure. Se non riconosce questo quadro, Sig. Greylines, vuol dire che non condividiamo lo stesso mondo. Di mio, posso dire che, più di una volta, al mio dichiararmi non darwinista, mi sono sentito rispondere, con sincero e sprezzante stupore, più o meno: ”Ma come, eppure sembravi (tempo imperfetto) intelligente!”. Da lì in avanti, per costoro, ho smesso di essere intelligente, e pure frequentabile. Sig. Greylines, questa è la regola, soprattutto nelle università (non parliamo di quelle americane!), ed in ogni luogo in cui le risorse per fare cultura sono erogate dai padroni del mondo, che il darwinismo lo usano a scopo politico.
B, ovviamente, il tema di questa discussione è la BIOLOGIA, e la biologia, confermo l’ovvio, è materia per biologi.
Sarò franco: quando il Prof. Pennetta o altri ribattono le tesi darwiniste, le contestano, ne mostrano vere o presunte incoerenze, io non so, sul piano dei fatti crudi, se hanno ragione. Lo presumo, ma il presumere ha rilevanza zero in un discorso filosofico rigoroso. Infatti, non è sulle obiezioni del Prof., né su quelle di altri (sempre più numerosi, e qualificatissimi nella materia specifica) che fondo i miei argomenti. Forse mi ha letto di fretta, ma ho esposto chiaramente la ragione principe, la prima di tutte, per la quale ritengo che la congettura darwiniana per la spiegazione dello sviluppo delle specie viventi, non può che essere falsa, questa: se qualcosa è impossibile in linea di principio, lo sarà sempre ed in qualunque modo ci si possa ingegnare a testarne la possibilità.
Per cui, la domanda n.o.n. concerne lo stabilire chi è maggiormente abilitato a parlare (o trattare) di quel settore della biologia che si occupa dello sviluppo delle specie viventi, giacché questa è una pseudo domanda, puramente retorica; è ovvio davvero che debbano occuparsene i biologi. La domanda vera, e questa è titolato a porla chiunque disponga di raziocinio è: la spiegazione (o meglio, le spiegazioni darwiniane, dato che molte ne sono succedute in un secolo e mezzo) darwiniana dei meccanismi che dettero origine alla vita, e poi alla varietà delle specie, è logicamente coerente?
Se si, effettivamente, con ogni probabilità, si tratterà solo di tempo per trovare prima la prova regina (che per quanto ne so, ma qui passo la tastiera al Prof., ed altri, manca) che suffraghi la congettura e ne faccia vera teoria conclamata; e poi, ma non importa in quanto tempo, una spiegazione definitiva, o comunque del tutto soddisfacente, della varietà delle specie.
Se no, allora il darwinismo, essendo logicamente impossibile, lo è anche di fatto; del tutto a prescindere dalla quantità di biologi occupati, indefessi, nei laboratori, a produrre un miracolo.
E quindi, finalmente, veniamo al punto. Mi scrive che il darwinismo (che lei senz’altro appella “LA teoria dell’evoluzione”, “la” articolo determinativo!) non dice che il più procede dal meno. Sig. Greylines, qui non ci capiamo proprio; io uso le parole seguendo il significato standard dei dizionari, secondo i quali, ad esempio, la presenza della coscienza è indiscutibilmente p.i.ù. della sua assenza (totale o parziale); la presenza di raziocinio è senz’altro un p.i.ù. rispetto alla sua assenza (totale o parziale); la presenza dell’accoppiamento strutturale percezione umana/Messa di Requiem è sicuramente p.i.ù, del non-gorgoglio delle paludi primordiali (dico non-gorgoglio, perché per esservene uno occorre un percettore cosciente, all’epoca assente). Per essere più preciso, intendo dire che coscienza, raziocinio, accoppiamento strutturale percezione umana/Messa di Requiem, sono sicurissimamente un p.i.ù., rispetto alla loro radicale assenza, come postulata dal fisicalismo darwinista, che vede l’universo, il reale, come qualcosa di assolutamente cieco, ottuso, definalizzato, salvo e se non fosse per il biglietto che avremmo vinto alla lotteria cosmica, e che ha fatto di noi, intelligenti come siamo, figli casuali e non programmati di un universo assolutamente idiota. Tanto intelligenti, appunto, da aver capito di essere il prodotto della cecità totale. Quanto siamo modesti!
Lei, però, mi dice che sbaglio, che non è vero che l’universo darwiniano è definalizzato, che il raziocinio non è un più rispetto alla sua assenza o minor presenza; che la non coscienza (che il fisicalismo postula prima della comparsa dell’uomo) non sia meno della coscienza. Riguardo a quest’ultima, lei mi dice – o se non lo dice proprio lei, l’ho sempre sentito dire a tutti i darwinisti – che la coscienza è un epifenomeno della materia bruta, una specie di bitorzolo, venuto fuori ad un certo punto, col “tempo”, secondo i noti meccanismi di mutazioni casuali, predazione/competizione, selezione, ecc…
Scusi, ma allora com’è? La coscienza non c’era, però è sorta, nel tempo, per accumulo (o mutazioni, o quello che si vuole) di non coscienza? La non coscienza muta, si trasforma, si seleziona, fin quando diventa coscienza? Lei sostiene che c’è un modo in cui questo possa accadere? Veda, quando parlo di sassi da cui, col passare delle albe e dei tramonti viene fuori Mozart, è chiaro che semplifico, ed ho il diritto di farlo, perché non vìolo le regole del gioco, in nessun punto. Prima c’erano sassi e brodaglia, vero o no? (a proposito, da dove saltano fuori? La “singolarità”? Bel coniglio spuntato dal cappello del mago a corto di parole, ma questo è altro tema); poi, scorriamo un bel po’ di calendari, ed ecco la Messa di Requiem. E’ vero o è falso che c’è stato uno stato del mondo (t1) in cui tutto era sassi e brodaglia (e altro) e poi ne è venuto uno con la Messa di Requiem (t2)? Questo è certissimamente vero, non si può discutere. Tutto ciò che è accaduto è che tra t1 e t2 è passato del tempo, e che, con ogni evidenza (non teorizzo, descrivo l’evidente) sassi e brodaglia, ASSIEME ALLA TOTALALITA’ DELL’UNIVERSO, SENZA CUI NON AVREBBERO POTUTO ESISTERE, ed a cui sono legati da un rapporto di continuità, si sono trasformati, ossia, sono andati oltre la propria forma (che è il significato di ”trasformare”). Ma cosa, esattamente si è trasformato? Di qualunque cosa si tratti, non può essere altro che una potenzialità insita in quella forma che ha subito la trasformazione. E da qui, allo stesso modo, era dopo era, ci ritroviamo con la Messa. Che era, la messa, una possibilità, una potenzialità, una virtualità d’esistenza, di quei sassi e di quella brodaglia, che, come scritto nel maiuscolato poche righe su, non sono altro che un aspetto locale dell’INTERO universo. Per cui, la Messa non è una appendice casuale ed estrinseca del mondo totale, ma una sua virtualità intrinseca, anche se non strettamente necessaria, salvo postulare un determinismo meccanicistico, un universo macchina.
Ergo, l’universo nasce cosciente, intelligente, percipiente, musicale, esattamente come ci partecipa Dante in chiusura del suo capolavoro. Lo diventa, si sviluppa, secondo l’ottica relativa alla misura del tempo e del mutamento, ossia secondo una delle categorie limitative/formative della condizione umana; categoria che non è intrinseca, di per sé, al reale, ma solo alla mente umana (che può concepire il reale solo nella modalità della successione, non della simultaneità).
Lei mi scrive:
“Ha ragione quando scrive che “si evolve qualcosa che già c’è”, il che è esattamente quello che sostiene la teoria dell’evoluzione, sin dai tempi di Darwin”
Bene, allora, nei termini su appena esposti, delle due una: o io sono darwiniano senza saperlo, oppure non lo è lei.
P.s.
Ho tralasciato del tutto molti aspetti della questione, se ci sarà modo e tempo cercherò di approfondirli. Credo, comunque, di aver comunicato l’essenziale, a chi ha avuto la pazienza di leggere con pazienza e senza partito preso. Spero di trovare il tempo di rispondere al Dr. Vomiero ed altri, prima della chiusura della discussione.
Sulla questione della censura e dell’ostracismo mi sono già soffermato in una risposta a Webrasta dove sottolineavo come da queste parti non si prenda mai in considerazione la possibilità che le ipotesi di Pennetta siano scientificamente deboli e che quindi non venga ascoltato per questo. Lei stesso afferma di non sapere chi ha ragione e quindi, di fatto, sta scegliendo di fidarsi di una persona sulla base di elementi che con la scienza hanno poco a che fare.
Lo fa per vari motivi, uno dei quali l’ha enunciato: per lei la spiegazione darwiniana è logicamente incoerente.
Ora, la teoria dell’evoluzione non è la teoria del tutto biologica (sono sempre molto diffidente delle “teorie del tutto” in ambito scientifico). È una teoria che spiega la diversità dei viventi, i loro rapporti e il loro trasformarsi nel corso del tempo. L’origine della vita è un’altra questione, legata senza dubbio all’evoluzione ma non ha senso dire che la teoria dell’evoluzione è sbagliata o incoerente perché non sappiamo come si è originata la vita. Sarebbe come dire che tutta la fisica è sbagliata perché non sappiamo ancora come è nato l’universo.
Darwin ha individuato un processo storico-biologico basato su decenni di osservazioni e studi, e ha sviluppato un’ipotesi per spiegarlo. Ipotesi che è stata confermata da studi successivi, da discipline che neanche esistevano quando la teoria è stata formulata. Su alcune cose si sbagliava — la sua ipotesi sull’ereditarietà dei caratteri, la sua idea di gradualismo — ma il cuore centrale del meccanismo di cambiamento e discendenza da un antenato comune rimane, a tutt’oggi, la miglior spiegazione che abbiamo di questi fenomeni (questo vale per qualsiasi teoria scientifica, che non è una Verità Assoluta ma la miglior spiegazione disponibile al momento).
Per quanto riguarda la coscienza, lo studio dei sistemi complessi ci ha portato a intuire l’esistenza delle proprietà emergenti, cioè quelle caratteristiche dei sistemi nel loro insieme che non derivano dalla semplice somma delle proprietà dei singoli costituenti del sistema. Queste proprietà emergenti sono quelle che, come spiega Pietro Greco in un articolo*, “rendono strutturalmente infondato ogni progetto di riduzionismo teoretico, ovvero ogni tentativo di spiegare il comportamento dei sistemi complessi con le leggi generali che governano il comportamento dei loro costituenti elementari”. Sono quelle di cui si occupa, fra gli altri, quel Stuart Kauffman che qui spesso viene citato (e che non è assolutamente antidarwinista).
Non spiegano come si passa dallo 0 all’1, ma spiegano come si può andare dall’1 al 100. La complessità non è un lineare accumulo, una semplice somma di pezzi più piccoli. L’emergenza è una proprietà collettiva della materia che nessun componente del collettivo possiede singolarmente.
E, come affermano diversi scienziati, la complessità e le sue proprietà potrebbero spiegare l’emergere della coscienza. Per lei una cosa del genere è riduttiva, dispregiativa (“un bitorzolo”); io invece trovo estremamente affascinante che qualcosa di così meravigliosamente complesso come la nostra coscienza possa essere emerso in questa maniera. La risposta finale non ce l’ho (e non credo che l’avremo mai), ma questa possibile spiegazione è tutt’altro che incoerente o impossibile logicamente.
Tutto questo per dire che la sua mi sembra più una critica a un riduzionismo estremo e molto semplificato, più che una critica al darwinismo che – non me ne voglia, ma lei stesso è il primo ad ammetterlo – non conosce bene dal punto di vista non solo biologico ma anche fisico, chimico e matematico.
* https://www.scienzainrete.it/contenuto/articolo/pietro-greco/ricerca-della-complessita-proprieta-emergenti/aprile-2013
Grey scrive:”non ha senso dire che la teoria dell’evoluzione è sbagliata o incoerente perché non sappiamo come si è originata la vita.”
Veramente non sappiamo come si è originato nemmeno un pelo del gatto di casa mia, o del suo cuore o come si è originata la lingua del picchio, potrei continuare. La teoria darwiniana ad oggi è la teoria del tutto perchè su quasi tutto non sa spiegare COME si è originato. Ma andiamo avanti
In realtà conosciamo molti dei processi biologici alla base dell’evoluzione di tratti e organi. Il fatto che a lei non piacciano certe spiegazioni o non si fidi degli scienziati che studiano questi temi non significa che ciò che sappiamo sia sbagliato.
prosopopea darwinista. Grey dice che conosce “molti dei processi biologici alla base dell’evoluzione di tratti e organi”. Per dirlo servirebbe conoscere il numero di processi biologici alla base dell’evoluzione di tratti e organi e capire cosa lui intenda per ‘conoscere’ e vedere quanti dice di conoscerne. Poi calcolare una percentuale ci direbbe la cifra della prosopopea.
Il resto della risposta è piena di termini scientifici come “non piacciano” e “non si fidi”. Ma andiamo avanti.
https://evolution-outreach.biomedcentral.com/articles/10.1007/s12052-008-0076-1
Qui ci sono termini un pochino più scientifici sia di “non piacciano” e “non si fidi”, sia di “prosopopea”.
È la prima review che si trova cercando “evolution of organs” su Google, è del 2008 ma la ritengo comunque più che sufficiente in questo contesto. Nella terza riga compare una frase molto bella, “Science thrives on what is not yet known”.
Interessante anche una delle conclusioni, “The precise details of how, when, and how many times a particular biological organ has evolved may never be known with absolute certainty, but the great conceptual and empirical advances made over the past 150 years have provided a solid understanding of the processes involved.”
Buona lettura.
Gentile Greylines,
nel ringraziarla per gli ulteriori spunti di riflessione, trovo nella sua esposizione e nell’interessantissimo articolo che ha condiviso, un presupposto di fondo che viene eluso:
Non è possibile, in nessun modo e su nessun piano, trarre l’inferiore dal superiore.
Mi rendo conto che la definizione risulterà perentoria e apodittica. So anche che c’è chi disconosce l’esistenza di una gerarchia nelle cose, attribuendo al termine un senso puramente relativo e convenzionale.
Tuttavia invito lei a riflettere su questo principio che non può che mettere sotto una luce totalmente differente le questioni affrontate in questo spazio.
Mi scuso per l’imperdonabile errore. Ho invertito i termini:
Ovviamente intendevo non è possibile trarre il superiore dall’inferiore.
Cosa intende con “inferiore” e “superiore”? Può sembrare una domanda sciocca o ingenua, ma le assicuro che non lo è 😉
L’articolo non è tecnico-specialistico e vuol solo dare un’idea del concetto di emergenza, che spiega come sia possibile, unendo diversi elementi in un sistema, ottenere un qualcosa di molto più complesso della semplice somma di questi elementi. Ci sono letture molto più dettagliate e difficili sulla teoria della complessità.
È una domanda tutt’altro che ingenua. Non credo sia lecito scivolare nell’approssimazione, pertanto mi perdonerà se mi riservo il tempo necessario per formulare, nei limiti delle mie capacità, una risposta all’altezza.
Gentile Greylines, lei mi scrive:
Sulla questione della censura e dell’ostracismo mi sono già soffermato in una risposta a Webrasta dove sottolineavo come da queste parti non si prenda mai in considerazione la possibilità che le ipotesi di Pennetta siano scientificamente deboli e che quindi non venga ascoltato per questo”
Mi spiace, Sig. Greylines, lei glissa: forza o debolezza non c’entrano, e, per soprammercato, quale sarebbe la fonte ultima di legittimazione per attribuire tali caratteri a questi o quegli? Le riviste accreditate? I congressi? I titoli universitari, o i Nobel? Mi spiace non s’avvede, ma così si entra in un circuito vizioso ed autoreferenziale; oppure ignora del tutto i mezzi che il Potere (e la Scienza, da una parte E’ Potere, dall’altra da esso dipende) ha per accreditare se stesso. Chi finanzia quelle riviste? Chi ne permette la pubblicazione? Chi finanzia quei congressi? Chi dispone dell’imperio di distribuire Nobel? O crede che questi siano i dolci frutti offertici dal “mondo libero”?
La censura e l’ostracismo – nelle strutture controllate dal Potere, ossia ovunque, escluse forse le bocciofile – sono una costante nei confronti di coloro che si scostano, a qualsiasi titolo e per qualsiasi tematica, da ciò che il Potere ha stabilito si possa e si debba pensare. Faccia un semplice esperimento: nel mezzo di un qualsiasi congresso di scienziati, ma anche di filosofi, dichiari di non essere darwinista. Se poi volesse indulgere al masochismo, provi a fare lo stesso in una qualsiasi università americana. Mi creda sulla parola, tempo 24 ore, da docente riverito, si troverebbe alla fermata dell’autobus a mangiare noccioline. Cosa c’entra questo con la forza o la debolezza (di un argomento)? Quanto sopra c’entra, invece, e c’entra tutto e fino in fondo, con la funzionalità che il darwinismo ha con l’ideologia imperante, soprattutto politicamente orientata. O lei davvero crede che ci sia un solo fiato, un solo stormir di foglia che abbia un significativo impatto sociale, che sfugga al controllo del Potere?
Segue:
“Lei stesso afferma di non sapere chi ha ragione e quindi, di fatto, sta scegliendo di fidarsi di una persona sulla base di elementi che con la scienza hanno poco a che fare”.
Vero, confermo. Ma non mi fido degli argomenti del Prof. Pennetta perché mi piace la sua frangetta; ma per due ragioni:
a, per quello che posso capire, mi sembrano più convincenti dei suoi o di altri darwinisti, pur riconoscendo l’incompletezza e la lacunosità della mia preparazione specifica, e della mia capacità di giudicare fino in fondo nel merito.
B, nessuna Scienza può arrogare a se stessa, gentile Greylines, un diritto di extraterritorialità rispetto alla filosofia (philos sophia, ossia amore per la c.o.n.o.s.c.e.n.za) e della sua spina dorsale che è la logica. La logica domina, a monte, su tutto ciò è predicabile, e ricade sotto il dominio della forma. E, come ho già mostrato, e ci torno appresso, la congettura darwiniana è un’impossibilità logica, ergo, dopo, sul piano della biologia, deve necessariamente risultare falsa.
Scrive ancora:
“Ora, la teoria dell’evoluzione non è la teoria del tutto biologica (sono sempre molto diffidente delle “teorie del tutto” in ambito scientifico)”.
Più che diffidare, deve partire dalla certezza che, anche in questo caso, una “teoria del tutto”, esattamente come il darwinismo, è un’impossibilità logica. Perché una fantasmatica cosa del genere potesse darsi, si dovrebbe postulare l’esistenza di un punto di vista esterno al Tutto, da cui formulare la teoria. Ma un tale punto di vista non può esistere, posto che il Tutto nulla può avere fuori di sé.
Posto ciò, io, finora, mi son limitato a considerare i presupposti teorici di base del darwinismo, giacché la loro analisi è sufficiente per suffragare la mia conclusione.
Scrive ancora:
“L’origine della vita è un’altra questione, legata senza dubbio all’evoluzione ma non ha senso dire che la teoria dell’evoluzione è sbagliata o incoerente perché non sappiamo come si è originata la vita. Sarebbe come dire che tutta la fisica è sbagliata perché non sappiamo ancora come è nato l’universo”.
Mi spiace, l’accostamento è improprio, e la conclusione che ne fa derivare è fallace. Chiariamo bene i termini e rimettiamo in ordine la catena causale. Per intanto, l’oggetto della fisica e quello della biologia non solo è del tutto diverso, ma, mentre si sa qual è quello della prima, non si sa con esattezza quale sia quello della seconda. Basicamente, la fisica studia talune proprietà della natura, una volta che essa è stata sottoposta ad una operazione di misurazione; il risultato di tale operazione (puramente astratta, si ricordi) crea, letteralmente, ciò noi si chiama materia. Senza tale operazione, pertanto, la materia come oggi intesa – per quanto possa sembrare una specie di bestemmia – non esisterebbe. Esiste “a seguito di”, come convenzione, rivelatasi di straordinaria utilità per fini pratici, il cui altissimo grado di affidabilità è garantito dalla possibilità di completa matematizzazione. E’ per tale ragione che le dispute tra fisici non hanno mai raggiunto l’asprezza di quelle tra biologi. Un metro è un metro, e due più due fa quattro.
Per converso, qual è esattamente l’oggetto della biologia? La vita? Uhm… Me ne saprebbe dare una definizione che, anche lontanamente, si avvicina alla precisione di quella della fisica? Naturalmente non può, e non solo. Non può neppure fornire una definizione convenzionale e sufficientemente condivisa.
Quando sento “definizioni” come queste, mi vien da chiedermi come persone, per altri versi intelligenti, manchino di comprendere cosa sia una tautologia:
1, “La vita è l’insieme di caratteristiche che distinguono i sistemi viventi, che esibiscono processi biologici” (tre tautologie in una sola frase).
2, “La biologia è la scienza che studia la vita e gli organismi viventi” (Idem come sopra, tre tautologie).
Purtroppo, sono stato costretto ad andare un po’ fuori tema; ma è stato necessario per mostrare che quella dell’origine della vita “non è un’altra questione”, e che l’accostamento fra biologia e fisica, nello specifico, è del tutto inconsistente.
Rientro nel tema: l’emergentismo.
Non è il luogo, non ne ho il tempo, e non è necessario scriverci la monografia necessaria per confutarlo pezzo per pezzo. Allego un link, che lo confuta rimanendo quasi del tutto all’interno della prospettiva monistico-fisicalista.
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/critica-all%27emergentismo/
vorrei evidenziare, in particolare, il post 1526 dell’utente paul11.
Aggiungo solo questo. Non si vuole, o non si può, o ci si rifiuta di capire, che è sufficiente ricorrere allo strumento filosofico di potenza ed atto per rendere intellegibili questioni del genere; e di prenderne, se c’è, quanto di buono. Quali che siano le proprietà di un sistema a un dato livello di descrizione (e non mi riferisco ad un sistema particolare), tali proprietà, per quanto il legame causale possa non apparire evidente, debbono necessariamente correlarsi, a quelle dello stesso sistema considerato (e descritto secondo le modalità ad esso più appropriate) ad un livello più basso. In altre parole, se qualcosa, x, emerge, ossia passa in atto, al livello N, è perché x è già presente come potenza, al livello N – 1 e seguenti. La differenza, con l’emergentismo forte, tuttavia, sta nel fatto che per esso x appare in N come qualcosa di del tutto nuovo, come epifania, mentre non è altro che l’esplicitazione di quanto implicito in N -1. E non è una differenza da poco, anzi, è abissale! Se non lo fosse, si dovrebbe arrivare ad una conclusione che il fisicalismo (su cui l’emergentismo fonda) non può accettare, questa:
atteso che, come abbiamo visto, ciò che sta in basso è come ciò che sta in alto, sotto altra specie e modalità (*),
e atteso che vi sarà necessariamente un livello insuperabile di riduzione,
ci si dovrà arrendere al fatto che, ciò che ai livelli alti emerge, ossia si rende percepibile e/o conoscibile, è già presente come proprietà connaturata all’intero sistema, dall’infimo al supremo. Ma, se ammettesse questo, il fisicalismo si suiciderebbe. Perché? L’ho già spiegato, ma se necessario ci torno.
Greylines scrive ancora:
“Non spiegano come si passa dallo 0 all’1, ma spiegano come si può andare dall’1 al 100. La complessità non è un lineare accumulo, una semplice somma di pezzi più piccoli. L’emergenza è una proprietà collettiva della materia che nessun componente del collettivo possiede singolarmente”.
Ma scusi, come!!! Non spiegano come si passa dallo 0 all’1, e la finiamo così!? Questa cosa, appena letta, mi ha ricordato la storia di quella tizia che era “solo un po’” incinta, Sig. Greylines tra lo 0 ma anche lo 0 seguito da virgola e poi miliardi di fantastiliardi di altri zeri, ed alla fine 1, passa la medesima differenza che corre tra l’Essere e il Nulla. E’ ancor più incommensurabile di un incolmabile abisso (perché, per quanto incommensurabile esso sia, si rimane ancora nell’ambito del quantificabile), mentre qui siamo in presenza di una radicale discontinuità o.n.t.o.l.o.g.i.c.a. Siamo su un piano che eccede, in una radicalità assoluta, l’ordine di tutto ciò che può essere predicato, logicamente ordinato, e scientificamente studiato.
Quanto all’emergenza e alla “materia”, ho già detto.
Se vedremo nuove albe, magari continueremo.
P.s.* (per i curiosi, questo è precisamente uno dei significati espressi dal il “Sigillo di Salomone”. Gli antichi avevano già capito tutto quello che serviva capire.
“quale sarebbe la fonte ultima di legittimazione per attribuire tali caratteri a questi o quegli?”
Il processo di revisione fra pari, con tutti i suoi difetti, rimane il modo più efficace per verificare la solidità delle ricerche, unito al controllo successivo alla pubblicazione (sebbene anch’esso non sia privo di difetti). Sulle riviste specializzate dipende, alcune sono effettivamente di buona qualità, altre meno, altre ancora puntano soltanto a pubblicare a prescindere dalla qualità*.
Se anche questo per lei fa parte di un circuito vizioso e autoreferenziale, allora mi dica lei cosa legittima una persona a sostenere posizioni scientifiche. Non parlo di interpretazioni filosofiche, influenze culturali e politiche o applicazioni economiche, ma di dati scientifici, della loro comprensione, della loro analisi. Chi è legittimato? Chiunque abbia letto un paio di voci di Wikipedia? O chi quegli argomenti li ha studiati per anni, testandoli e sviscerandoli con gli strumenti del metodo scientifico? Perché se neanche questo va bene allora chiunque può avere la propria scienza personale, fatta su misura. Possiamo ancora chiamarla scienza?
Non è un problema facile, ne sono pienamente consapevole, ma delegittimare chiunque abbia delle competenze accusandolo di essere al soldo del sistema non mi pare una soluzione efficace. Anche perché spesso molti dei cosiddetti dissidenti hanno tornaconti personali non meno significativi (vedi la storia di Wakefield e i vaccini).
“Chi finanzia quelle riviste? Chi ne permette la pubblicazione? Chi finanzia quei congressi? Chi dispone dell’imperio di distribuire Nobel?”
Immagino lei sappia che la maggior parte delle critiche (di natura ideologica) al neodarwinismo sono foraggiate da istituzioni e think tank economicamente e politicamente molto potenti, vero? Questo per dire che anche i cosiddetti “eretici” spesso e volentieri non la raccontano giusta. Molte delle loro argomentazioni pseudoscientifiche sono state smontate da decenni eppure puntualmente riaffiorano. Alcune le ho viste riproposte spesso anche qui su CS. I critici seri del neodarwinismo quelle robe lì non le toccano neanche con un bastone, e non perché rischiano la censura ma perché sono fallacie retoriche.
“Faccia un semplice esperimento: nel mezzo di un qualsiasi congresso di scienziati, ma anche di filosofi, dichiari di non essere darwinista. Se poi volesse indulgere al masochismo, provi a fare lo stesso in una qualsiasi università americana. Mi creda sulla parola, tempo 24 ore, da docente riverito, si troverebbe alla fermata dell’autobus a mangiare noccioline.”
Come la mettiamo con i vari critici (seri) del neodarwinismo che tutt’ora insegnano in prestigiose università, scrivono libri e continuano a fare ricerca senza che nessuno li mandi a mangiare noccioline all’autobus? E ci sono parecchi antidarwinisti pseudoscientifici (Zichichi, per dirne uno) che di certo non hanno avuto la carriera rovinata pur facendo affermazioni scientificamente inconsistenti sull’evoluzione. Né mi risulta che uno come Piattelli Palmarini faccia la fame.
Ora faccia lei un esperimento: vada a un congresso di fisica e sostenga che la relatività è completamente sbagliata e imposta dalla classe dirigente, e quando le chiedono se ha una teoria alternativa per spiegare gli stessi fenomeni faccia il vago e cambi discorso. Cosa dovrebbero fare i presenti? Incoraggiarla a proseguire a prescindere della fondatezza delle sue argomentazioni?
“Cosa c’entra questo con la forza o la debolezza (di un argomento)?”
C’entra eccome. Posizioni anche molto antitetiche (scientificamente e politicamente) come quelle di Gould e Lewontin da una parte, e quelle di Dawkins e Wilson dall’altra si sono scontrate duramente ma, essendo comunque basate su argomentazioni scientifiche solide, hanno contribuito ad arricchire il dibattito, anche quando sbagliavano.
“E, come ho già mostrato, e ci torno appresso, la congettura darwiniana è un’impossibilità logica, ergo, dopo, sul piano della biologia, deve necessariamente risultare falsa.”
Lei non ha dimostrato che la congettura darwiniana è logicamente impossibile, lei lo sostiene ma senza tenere conto di molti elementi scientifici – tipo quelli che ho citato sulle proprietà emergenti o quelli che si possono leggere nell’articolo che ho linkato qui sopra sull’evoluzione degli organi. Voglio dire, c’è anche chi sostiene di aver dimostrato l’impossibilità matematica dell’evoluzione darwiniana, poi se si va a guardare i conti si scopre che il calcolo è anche giusto ma le premesse sono pesantemente sbagliate.
Sull’accostamento fra origine della vita e origine dell’universo mi spiace ma la pensiamo diversamente, perché per me ha molto senso e sono anche piuttosto diffidente di questo riduzionismo epistemologico per cui la fisica è precisa e le altre scienze no (ho semplificato brutalmente ma ho poco tempo a disposizione). Per me la biologia è una scienza con uno status pari a quello di altre discipline, per lei, mi par di capire, no. Aggiungo anche che il metro è una convenzione e un matematico potrebbe trovare da ridire sull’affermazione “due più due fa quattro”, ma non voglio dilungarmi oltre.
Per quanto riguarda la discussione sull’emergentismo, lei scrive che “se qualcosa, x, emerge, ossia passa in atto, al livello N, è perché x è già presente come potenza, al livello N – 1 e seguenti” ma, di nuovo, non tiene conto di ciò che gli studiosi della complessità (che spesso peraltro sono fisici) hanno visto nei loro esperimenti e nelle loro osservazioni. Lei dà il primato su tutto alla filosofia, ma se da dati e osservazioni dovesse emergere qualcosa che una certa filosofia, trincerata dietro le sue posizioni, non sa spiegare, come la mettiamo? E lo dico da persona che introdurrebbe un corso obbligatorio di storia e filosofia della scienza in tutti i corsi universitari a carattere scientifico.
* Il Nobel… mah, ci sono premi Nobel che hanno sostenuto ipotesi assurde e scientificamente infondate, quindi non lo ritengo un indicatore particolarmente utile.
“Lei non ha dimostrato che la congettura darwiniana è logicamente impossibile, lei lo sostiene ma senza tenere conto di molti elementi scientifici – tipo quelli che ho citato sulle proprietà emergenti o quelli che si possono leggere nell’articolo che ho linkato qui sopra sull’evoluzione degli organi. Voglio dire, c’è anche chi sostiene di aver dimostrato l’impossibilità matematica dell’evoluzione darwiniana, poi se si va a guardare i conti si scopre che il calcolo è anche giusto ma le premesse sono pesantemente sbagliate”.
Grazie, gentile Greylines.
Io l’ho mostrato e dimostrato, salvo che lei non ritenga darwinianamente ortodosso considerare la discontinuità ontologica tra 0 e qualsiasi infinitesima frazione di 1 (ossia la base di tutto il discorso sulla vita, qualunque cosa essa sia, e sui suoi sviluppi) di rilevanza metafisica. Se la considera di rilevanza metafisica, come già le scrissi, forse sono darwiniano senza saperlo, oppure non lo è lei. Da questo punto non si scappa; giacché, i casi possibili sono solo questi:
A, 0 all’inizio, ed allora nulla e nessuno potrà trarne alcunché diverso dallo zero. Eserciti di scienziati, senza sosta possono cercare di provare in laboratorio, per eoni, il contrario. Sarà sempre impossibile, come un quadrato circolare nello spazio euclideo.
B, ma A è impossibile, di fatto, altrimenti non saremmo neppure qui a parlare. Ciò è talmente evidente da poter essere assunto come assioma. E quindi, non potendo essere comparso 1 a seguito di nessuna – per quanto inimmaginabilmente complessa combinazione di zeri – escluso questo, resta solo una possibilità: 1 è una proprietà i.n.t.r.i.n.s.e.c.a di tutto ciò che esiste, dall’inizio (secondo le modalità accennate nel precedente post); e non una qualsiasi proprietà accidentale; ma quella sostanzialissima che permette a lei e a me di scriverci sul blog del Prof. Pennetta.
Gentile Greylines, nel caso dovesse dissentire, glielo chiedo sommessamente, non mi ricordi nuovamente delle turbe di scienziati darwinisti curvi sotto il proprio lavoro, mi fa sentire in colpa. Mi muova piuttosto, sempre per favore, l’obiezione nel merito dello zoccolo duro della questione. Che qui ho appena sintetizzato nuovamente.
P.s.
Aggiungo: io non credo che per accreditare i propri argomenti sia necessario parlare in difficilese spinto, questo lo lascio a coloro che in mancanza di solidità si rifugiano nella fumosità. Ho cercato di proposito di tener lontano il gergale, il filosofese. Platone ci ha donato uno dei più rari tesori di ogni tempo, facendo semplicemente dialogare un filosofo con uno schiavo incolto. Per quanto mi concerne, la nostra questione può essere efficacemente affrontata, dirimendo la questione 0 1.
P.S.2
Dimenticavo, mi scrive:
“Lei dà il primato su tutto alla filosofia, ma se da dati e osservazioni dovesse emergere qualcosa che una certa filosofia, trincerata dietro le sue posizioni, non sa spiegare, come la mettiamo”?
Vedo, con rammarico, di non essere riuscito a spiegarmi. Eppure, non ricordo di aver mai detto quanto lei mi attribuisce. Ho scritto che nessun ambito del conoscibile può affrancarsi dalla spina dorsale della filosofia, ossia dalla logica. Nessun filosofo, infatti può arrogarsi il diritto di sindacare, nel merito, l’impianto dei calcoli di un ingegnere strutturale o la ricetta di un pasticcere; ma ha il diritto e il dovere di chiamare la neuro e allertare la protezione civile se sa di un ingegnere che pensa di costruire ponti con pilastri di panna montata. E lo spesso fare col pasticcere se nella panna montata mette il sale.
Voglio dire che dati ed osservazioni, e le derivanti formulazioni, se riguardano il mondo e nella misura in cui lo riguardano, non possono violare le stesse leggi che hanno portato a quelle formulazioni, e le hanno rese possibili. Sarebbe un’antinomia abbagliante. Le leggi cui mi riferisco sono, primariamente, quelle del linguaggio, della logica, della grammatica; in subordine e per settori specialissimi, i linguaggi formali.
Inoltre, come scrissi di recente al Dr. Vomiero, contrariamente a quanto mi attribuisce, non sopravvaluto la portata della filosofia. E’ uno strumento, utile se ben usato, ma solo strumento. Un po’ come la famosa scala di Wittgenstein:
«Le mie proposizioni illuminano così: Colui che mi comprende, infine le riconosce insensate, se è asceso per esse – su esse – oltre esse. (Egli deve, per così dire, gettare la scala, dopo esservi salito). Egli deve trascendere queste proposizioni; è allora che egli vede rettamente il mondo». (Tractatus 6.54)
Ogni diverso atteggiamento (dal buttar via la scala) è idolatria. Idolatria per la scienza, per la politica, per l’arte, persino, e più grave di tutto, per la religione. E l’idolatria serve la menzogna.
@Francescom
Purtroppo per limiti miei faccio fatica a seguirla, ma una cosa semplice mi sento di condividere, almeno parzialmente: molte volte ci si trova ad aver fiducia nelle argomentazioni di persone che ci mettono la faccia, intesa come sguardo profondamente onesto ed evidente propensione a cercare la verità… Credo però che questa sintonia, pur necessaria, non sia sufficiente a certificare l’esattezza (o, meglio, la completa esattezza) di posizioni che argomentano su questioni scientifiche tanto complesse, come nel caso degli studi sull’evoluzione, che oggigiorno sono così vasti e variegati da sfuggire all’analisi perentoria anche dei più fini specialisti.
@Giuseppe Cipriani
Su questo lei ha completamente ragione, impossibile contraddirla. Da questo suo aver ragione deriva una conseguenza. L’ottimo Greylines parla di “processo di revisione tra pari”, cosa che mi ha fatto immediatamente saltar fuori dalla memoria il criterio platonico di selezione alle cariche di Governo, per il miglior Governo possibile. In entrambi i casi si parla di “pari”, ma pari in cosa? Seppure nella completa differenza di prospettive, tale parità si riferisce alla conoscenza. Ovviamente, Platone, da eccellentissimo filosofo, sapeva bene di essersi cacciato in un ginepraio logico. Tant’è, infatti, chi potrebbe obiettare al fatto che a determinare ciò che è vero, o la massima approssimazione al vero (non importa relativamente a quale campo) debbano essere coloro che in quel campo eccellono? E allora, qual è il punto che fa di questo argomento un paralogismo, ossia di un argomento la cui verità, pur apparendo evidente, in realtà è o contraddittorio o inconsistente. Non voglio privare nessuno del piacere di arrivarci da solo.
P.s.
Mi rammarico davvero che lei faccia fatica a seguirmi; è troppo buono ad attribuire ciò a suoi presunti limiti, credo, invece, molto più probabili difetti nella mia esposizione. Cosa possibile ed anzi probabile, essendo costretto a condensare in poche righe argomenti, molto spesso non del tutto intuitivi, ciascuno dei quali richiederebbe almeno un preambolo introduttivo.
Eppure… Basterebbe dimenticarsi che viene definito “darwinismo”. Se con un lavaggio del cervello tutti dimenticassero il povero vituperato (o troppo esaltato/strumentalizzato) Darwin, si risolverebbero tutti i problemi. Allora la ricerca di tutti gli scienziati, in tutti i laboratori del mondo, giorno dopo giorno, condurrebbe senza i traumi ideologici a risultati che confermerebbero che, com’è nella sua natura, la scienza procede e non recede… Pura utopia di uomo della strada che vorrebbe sempre vedere ciò che unisce, bandendo come una peste ciò che divide.