L’esito di un confronto ideologico è in realtà già implicito nelle premesse, quelle basate sull’antropologia riduzionista socialdarwiniana sono fatte per far vincere il neoliberismo.
Se non si affronterà subito la questione antropologica la reazione “populista” si esaurirà lasciando nuovamente il campo al neoliberismo.
Su Voci dall’estero è comparso un articolo intitolato “Perché una società neoliberista non può sopravvivere“, si tratta di un’analisi impietosa che mostra come il neoliberismo sia l’ideologia più criminale che sia apparsa nella storia dell’umanità, il numero di vittime delle politiche di austerità imposte con il pretesto dei “conti” e del “debito” è elevatissimo e probabilmente supera quello di qualsiasi guerra tradizionale o di qualsiasi repressione di regime. Ma il tutto passa inavvertitamente perché le vittime non identificano i colpevoli in chi ha costituito questa realtà socioeconomica, si colpevolizzano da sé avendo assimilato la mentalità darwinista della sopravvivenza del più adatto.
Le conseguenze sociali del neoliberismo sono ancora più gravi. La classe media americana si è ristretta dagli anni ’70, poiché i singoli individui sono diventati o molto poveri o molto ricchi. Uno studio del Harvard Business Review ha rilevato che all’inizio degli anni ’80 almeno il 49% degli americani pensava che la qualità dei loro prodotti e servizi fosse diminuita negli ultimi anni. I tassi di suicidio maschile e femminile hanno continuato a salire a partire dalla metà degli anni ’90. Uno studio recente suggerisce che l’aspettativa di vita è scesa ovunque tra i paesi ad alto reddito.
Nel Regno Unito, l’austerità guidata dai Tory ha causato oltre centomila morti in un decennio, secondo il BMJ. Le popolazioni dei paesi più fragili ne hanno risentito ancora di più. Tra il 1990 e il 2005, i paesi sub-sahariani i cui governi hanno chiesto prestiti di adeguamento strutturale al Fondo monetario internazionale e alla Banca di sviluppo africana hanno visto un incremento da 231 a 360 casi di decessi da parto per 100.000 nati vivi, rispettivamente. Secondo un altro rapporto del BMJ, nei paesi dell’America latina un incremento di solo l’1% della disoccupazione tra il 1981 e il 2010 si è tradotto in “significativi peggioramenti nei risultati di salute“, tra cui un incremento di 1,14 decessi infantili su 1.000 nascite. Tutto questo equivale a un bollettino di guerra di milioni di morti.
L’articolo termina con la considerazione che il neoliberismo può essere sconfitto solo se questo movimento di protesta continuerà:
Solo se il mutamento culturale contro il neoliberismo cui si assiste oggi, che viene espresso un po’ dappertutto dai movimenti sociali progressisti agli scioperi dei lavoratori, riuscirà a sopravvivere ed espandersi, allora si potrà immaginare un futuro più equo.
Va detto nel modo più chiaro e deciso che le cose non stanno così. Il movimento non potrà sopravvivere ed espandersi se non passerà della protesta alla proposta di un modello alternativo.
Quello che sfugge in tutte le analisi è il fatto che se non si cambiano le premesse antropologiche, se cioè non si fornisce una nuova visione di cosa sia l’Uomo la battaglia sarà comunque persa. In questo errore cadde lo stesso Karl Marx quando leggendo L’origine delle specie di Darwin accettò l’idea che la società fosse quella descritta dal capitalismo inglese.
E’ importante notare come una delle cose che resero Engels più entusiasta fosse la negazione del finalismo:
…il Darwin che sto appunto leggendo, è proprio stupendo. Per un certo aspetto la teleologia non era ancora stata sgominata, e lo si è fatto ora.
Al riguardo non possiamo che riandare alla lotta contro il finalismo portata avanti da ambienti scientisti di cui si è parlato recentemente su CS.
Soltanto l’anno successivo Marx legge il libro e risponde a Engels sull’argomento in questione:
…ho letto […] il libro di Darwin sulla natural selection. Per quanto svolto grossolanamente all’inglese, ecco qui il libro che contiene i fondamenti storico naturali del nostro modo di vedere (19 dicem-bre 1860).
In questo momento, quando Marx accetta come fondamenti storico naturali quelli della visione darwinista, che poi era proprio quella del capitalismo/imperialismo inglese, renderà la lotta contro esso perdente: se la realtà è descritta dal modello darwinista inevitabilmente quel modello si affermerà contro ogni tentativo di abbatterlo.
Questa battaglia antropologica può oggi essere combattuta con armi adeguate e il modello antropologico capitalista/darwinista può essere contrastato con argomenti efficaci che verranno qui esposti ampiamente e ripetutamente. Si tratta di una battaglia di avanguardia ma fondamentale. Il primo passo è nel rendersene consapevoli.
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25 commenti
Concordo, il nocciolo del problema è nel definire cosa sia l’uomo, quanto valga, se ha un fine e quale sia questo fine. E’ lampante che se l’uomo altro non è che un animale (addirittura il peggiore degli animali, il cancro della terra) non ha alcun fine se non quello dell’equilibrio dinamico con le altre specie, ne segue che non ha valore in sé ma trova valore solo nella relazione con “il resto” della natura (addirittura si può tranquillamente ipotizzare che non serva a nulla perché sia i rapporti interspecie che quelli intraspecie fra i non umani, non necessitano dell’uomo per esplicitarsi nel cosiddetto “equilibrio naturale”, anzi, probabilmente l’uomo turba questo equilibrio) , ne consegue che l’uomo non solo non ha valore ma forse ha addirittura un valore negativo; difficile poter assegnare un qualsiasi fine a questo essere così basso, che lungi dall’essere il vertice della natura probabilmente esiste solo per un malaugurato incidente. Se l’uomo non vale nulla, anzi è un essere negativo, ovviamente anche i suoi prodotti sono viziati da questa negatività, comprese i concetti di comunità, stato, comprese le leggi, l’unica legge valida per tutti è quella della selezione, quella del più forte, ogni costrutto sociale diventa sovrastruttura e orpello contro natura, sopratutto se tende ad aiutare la sopravvivenza dei più deboli che invece notoriamente è bene che muoiano il più presto possibile.
Mi sembra evidente che se non c’è un cambiamento nella visione e nella definizione dell’uomo prima che del cittadino, la battaglia sia persa fin dall’inizio.
L’uomo deve riappropriarsi della propria umanità innanzitutto e deve smettere di odiarsi e re-iniziare ad apprezzarsi ed amarsi.
Purtroppo non so quanto la maggioranza dei leaders politici si renda conto di questo, ho l’impressione che si accontentino di grattare la superficie con operazioni di maquillage e aggiustamenti puramente tecnici a livello “operativo” cioè a livello tattico (non so dire quanto coscientemente), muovendosi sempre all’interno del medesimo “frame” senza una visione strategica, senza essere capace di proporre un modello diverso da cui discendono le fasi operative, un nuovo frame, e pazienza se questo nuovo frame risulterà essere il vecchio frame all’interno del quale si è mossa la storia dell’uomo.
Quando ci si accorge di aver preso una strada sbagliata bisogna avere il coraggio di tornare indietro per rimettersi su quella giusta.
La politica, ma prima della politica la filosofia, devono essere propositive, dichiarative e coerenti, solo così la cosidetta “rivoluzione populista e sovranista” può avere qualche possibilità di successo.
Bisogna guardarsi indietro e di molto, circa 600 anni, quando l’uomo occidentale è stato “privato” del libero arbitrio e circa 300 anni dopo è stato “privato” della sua spiritualità per subito dopo essere riclassificato come animale fra gli animali.
“L’uomo deve riappropriarsi della propria umanità innanzitutto e deve smettere di odiarsi e re-iniziare ad appr ezzarsi ed amarsi ” scrivi. Mi pare difficile non essere daccordo.
Se tuttavia la premessa é la necessità di un “cambiamento nella visione e nella definizione dell’uomo prima che del cittadino” allora comincio a dubitare. Perché delle due l’una: o abbiamo una visione di umanità da imporre a tutti indistintamente – e allora ricadiamo precisamente negli errori del comunismo – oppure ci arrendiamo all’eterogeneità della nostra natura o della percezione che gli individui ne hanno e allora ci tocca accontentarci del liberismo come del male minore. In questo caso a me, che al contrario di te detesto la “rivoluzione sovranista e populista” sembra che non si neghi affatto la possibilità di riappropiarci della nostra umanità (…) né la speranza che le eterogenee visioni si possano un giorno ricomporre naturalmente e liberamente. In tutti i casi il darwinismo come descrizione delle dinamiche sociali e della lotta per la sopravvivenza non c’entra assolutamente niente. Ovvero c’entra solo per chi lo vuole assolutizzare e rendere ideologico – compiendo anche qui lo stesso errore di Marx – quando é solo uno strumento interpretativo tra gli altri.
Se ho capito bene, secondo l’articolo è la visione dell’uomo materialista/nichilista, oggi dominante, a compromettere il nostro futuro. E su questo sono assolutamente d’accordo. Per tornare ad avere un futuro, l’uomo dovrebbe tornare alla fede dei padri, che hanno costruito la nostra civiltà. Con la sola ragione, senza la fede, si diventa ingegnosi nel male, ci si riempe la bocca di principi (onestà, responsabilità, ecc.) di cui poi nella vita pratica si fa strame, in nome di una malintesa libertà di coscienza. Senza Dio, l’etica stessa diventa una tragica barzelletta, basti pensare ai bioeticisti Minerva e Giubilini. Se non c’è un Dio buono a cui rendere conto, il più forte e il più furbo impone la sua legge, e ha pure ragione.
Ok Paolo, poniamo per ipotesi che le ragioni per essere preoccupati del futuro siano anche quelle che dici. Ora però la domanda diventa: trovi sensato (efficace, giusto, in linea con la nostra fede … ) imporre la visione teista per decreto?
Non si tratta affatto di imporre una visione teista per decreto. Si tratta di riconoscere che la visione teista ha per lo meno pari dignità di quella ateista e che con varie sfumature è la visione della maggioranza delle persone nel mondo sia attuale che storico.
Se si esclude la visione teista a priori si finisce appunto nel cadere nella negazione della componente spirituale dell’uomo privandolo del suo particolare plus e riducendolo appunto ad un animale come un altro, macellabile a piacimento come i bovini o sterminandolo come le zanzare.
Non imporre la visione teista ma smettere di ridicolizzarla e di considerarla superstiziosa sarebbe già un bel passo.
spiacente, temo che continueranno (gli altri,i laicisti del complotto social-abortistic-omosessualistic-darwiniani-cleptocratisti ecc ecc) a considerare le tue idee ributtanti, ridicole, aberranti, pericolose e inaccettabili. Ah,se non ti aggrada puoi sempre prendere la bicicletta e filare in Pakistan dove si chiede la testa di una ragazza per reati assurdi come “blasemia”. scommetto che torni qui presto, furbacchione.
Il fango mi è sempre piaciuto, da bambino amavo entrare nelle pozzanghere a piedi nudi ed estrudere la fanghiglia tra le dita. Mia madre lo trovava ributtante, quindi ci sono abituato e non mi scompongo più di tanto; mi interessa poco come gli altri giudichino le mie idee, se le inquadrano nelle possibilità di un confronto, bene, altrimenti se le rigettano bene lo stesso, non vado più in giro a piedi nudi, è da molto che porto i sandali che all’occorrenza mi tolgo per sbatterne la polvere.
ma che razza di confronto propone uno che sostiene che per “gli altri” (tutti ? tutti quelli che la pensano diversamente ? mah ) “la vita umana non ha valore” o cazzate del genere ? tu puoi anche sbattere la polvere dei sandali, ma se non capisci che dipendi anche tu dagli altri (atei, laici, liberali ecc ecc) ,e che li devi rispettare, tu della vita non hai ancora capito un cazzo. Altro che Dio, gli Angeli e la Madonna….
non allargarti troppo, io non avrò capito nulla della vita ma tu non hai capito nulla di quello che ho detto
Leggi e decreti non sono funghi, bensì nascono quando diventa potente/maggioritaria una certa visione filosofica/antropologica, di cui sono effetti e non cause. Poi è anche vero che leggi e decreti rafforzano la mentalità da cui nascono, ma per logica seguono e non precedono una certa visione. L’attuale visione materialista/nichilista dell’occidente (che culturalmente domina nel mondo) viene da lontano, è cresciuta lentamente per secoli, oggi è dominante e se ne vedono gli effetti da noi, con leggi inconcepibili fino a pochi decenni fa. E se ne vedono purtroppo gli effetti, in una società sempre più disgregata e individualista, dove sta sparendo persino la responsabilità verso il coniuge e i figli, figuriamoci verso lo Stato. E oltre al danno la beffa, mai come oggi si è parlato tanto di onestà e responsabilità. Ma che senso ha parlarne, quando non ci si sposa nemmeno più, per paura di fregature, e quando si può persino rifiutare la responsabilità di base, la maternità/paternità, abortendo il figlio? Cioè, io POSSO abortire mio figlio, sangue del mio sangue, e poi DEVO pagare le tasse allo Stato? Per logica, se non ho responsabilità verso mio figlio, sangue del mio sangue, tanto meno ne ho verso lo Stato. Questa è l’amara ma ovvia conseguenza della mentalità materialista/nichilista.
Valentino e Paolo, intanto grazie per le risposte.
Onestamente io non vedo una visione ateista con intenti prevaricatori. Semmai vedo una indifferenza verso la (le) fedi, che é molto molto peggio. Quello che volevo sottolineare é appunto – come voi stessi riconoscete – che la visione teista é minoritaria. Allora la mia provocazione mirava appunto a far emergere la difficoltà e le contraddizioni insite nel far convivere diverse visioni del mondodifficilmente coniliabili. Credo sappiate bene anche voi che se ponessimo ad un ateo la questione aborto nei termini che propone Paolo, anche il nostro interlocutore se gli proponessimo il divieto di abortire parlerebbe (forse con qualche ragione, se pur distorta) di prevaricazione nei suoi confronti. Perciò, e questo é il tema rispetto all’articolo, si pone il problema della convivenza di istanze diverse e a me pare, diversamente da Pennetta, che la sintesi delle democrazie liberali resti di gran lunga il male minore. Io POSSO (diverso da DEVO) abortire perché in questa società disgregata imporre l’una o l’altra visione diventa inevitabilmente una prevaricazione (lo diventa per davvero). NON abortire e lottare contro qiesta prospettiva (così come battersi contro le discriminazioni di ogni genere) nel quadro del sistema esistentea me pare un punto di testimonianza assai più rilevante e soprattutto più fecondo rispetto alla possibilità (remota) di imporre le nostre certezze. Perché per fortuna non sta a noi salvare il mondo ma solo rendere testimonianza della nostra speranza.
PS (provoco apertamente per tornare al tema dell’articolo)
Quando parlo di democrazie liberali intendo ANCHE le istanze del neoliberismo economico, persino della globalizzazione come orizzonte ideale.
Sì, bella discussione, merito anche del bell’articolo.
Il discorso della “prevaricazione” è vero solo in un mondo relativista, che non riconosce una verità oggettiva, un ordine di natura. Questa verità, questo ordine (che poi rendono buona e ordinata la società) sono difficili da spiegare in termini filosofici, ma sono invece semplici e naturali in una società (come la nostra fino a pochi decenni fa) che coniuga felicemente fede e ragione (non solo la fede, come i musulmani, né solo la ragione, come la nostra società oggi). In poche parole, a mio avviso, se la nostra civiltà non torna a essere cristiana, saremo destinati a vivere da imbecilli (senza resposabilità, pensando solo al piacere) e a morire da animali (senza capire, senza speranza). E questo credo sia anche l’opinione del prof. Pennetta, perché è ovvio che nessuna rivoluzione antropologica può essere neutra, bensì deve avere un contenuto, una visione dell’uomo, e l’unica coerente e valida a nostra disposizione è quella cristiana (che poi era la nostra fino a pochi decenni fa).
Giusto Paolo, fede e ragione contribuiscono assieme a rendere la nostra vita bella e piena di senso. Possono egualmente informare la società? Purtroppo viviamo oggi sulla terra e dobbiamo confrontarci con il fatto che le leggi di natura cui ti richiami a quanto pare non sono condivisr da tutti. Forse non sono tutte solo leggi di natura, forse il diavolo ci mette la zampa forse la nostra testimonianza è debole forse tutte queste ragioni assieme. Perciò a questo punto si pone il tema della libertà personale. Da molti potrebbe essere fraintesa e confusa con il relativismo eppure ftancamente
… Eppure francamente non vedo alternative semmai un mare di opportunità
Quanto a vivere da animali imbecilli senza responsabilità senza capire e senza speranza questo è principalmente un problema nostro, della persona, della sua cultura e sensibilità. Perciò la questione antropologica di cui parla Pennetta io la conepisco essenzialmente come un problema di educazione più e prima che un problema di sistema. Penso che se cominciamo a concepirlo in contrapposizione al neoliberismo piuttosto che al marxismo o a qualsiasi altro ismo non andiamo lontano
Sì, il problema è della singola persona, ma la società è l’insieme delle singole persone. Il neoliberismo degrada l’uomo da persona a produttore/consumatore, ma esso è solo l’aspetto economico di una visione più generale dell’uomo, materialista/nichilista. Proprio per questo ci vorrebbe una rivoluzione antropologica. Facile a dirsi, difficile a farsi.
Proprio vero : i non cattolici (o non cristiani) sono tutti degli imbecilli che vivono come bestie. anzi bisognerebbe ammazzarne qualcuno,ogni tanto. O forse l’imbecille che vive come una bestia sei tu ? chissa’….
Sì, io sono un imbecille e vivo come una bestia, ma almeno lo so. Tanti altri fanno come me e peggio e si credono moderni e intelligenti…
Ciao Paolo, la mia idea vuole essere di tipo filosofico non religioso, un approccio che può andare bene per il credente e per il non credente, se non si riesce a fare questo non sarà mai un vero cambiamento ma un perpetuarsi dello status quo con visioni contrapposte e tra esse quella economicista vincente.
Buongiorno Pennetta e grazie per gli stimoli. Lei dunque invoca una nuova visione, per quanto possibile ecumenica, di cosa sia l’uomo, progranna invero piuttosto ambizioso. Cosa ne pensa della “dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” ?
anche per te vale come sopra : ma chi vi costringe a restare qua ? prendete il vostro guru, filate nella giungla della Guyana e create il vostro comunitarismo. che problema c’e’ ? almeno la smettete di pagare le tasse e finanziare un societa’ che produce diritti civili, aborto, ricerca libera sulle staminali, ecc ecc…
del resto in Iran, in Pakistan, in Malesia, in corea del Nord …com’e’ noto stanno benissimo la’.
Mario, ma è possibile che tutte le critiche che arrivano debbano essere aggressive?
Fossero almeno su quello che si è effettivamente detto già sarebbe qualcosa, invece sono contro argomenti presenti solo nei preconcetto di chi scrive.
Concordo su tutto, ero certo che avresti potuto contribuire con la tua grande esperienza. Grazie Valentino.
credo che la proposta potrebbe prendere in considerazione la strada, un pò trasversale, indicata da Ivan Illich: una forma di comunitarsimo.