In lettura sul mare (Vittorio Corcos, 1910)
Una nuova, sorprendente icona del femminismo
di Giorgio Masiero
A duecento anni dalla morte di Jane Austen, l’attualità del suo messaggio è stata riconosciuta in forme inattese.
È stata chiamata “la divina Jane” e non le toglierò io, che sono un suo fan, il titolo. Ogni volta che rileggo il gotico “L’abbazia di Northanger” o il sentimentale “Persuasione” – dove, s’intende, gli aggettivi vanno interpretati nella parodia che Jane Austen (16 dicembre 1775 – 18 luglio 1817) fece dei due generi di moda nella letteratura europea d’inizio ‘800 – mi convinco a turno che questo sia il suo romanzo che prediligo, piuttosto che il più popolare “Orgoglio e pregiudizio” o il più intrigante “Emma”…, ma poi mi dico, semplicemente, che ella è la scrittrice per antonomasia. Jane incanta le tredicenni come le trentenni, i sedicenni come i sessantenni, le diciottenni come gli ottantenni. Chi può dire se sia maggiore la gioia che si prova la prima volta che la si incontra o quando la si ritrova all’ennesima rilettura? Detto semplicemente, il suo fascino perdura ad ogni età in tutte le epoche.
Quali sono le ragioni di questo successo? Il punto è, io penso, che le norme sociali del XIX secolo sono sì i principi organizzativi del mondo letterario di questa autrice, ma, anche se i personaggi devono vivere in una società organizzata per gerarchie, la loro umanità non è determinata dal ceto, dal denaro o dall’istruzione. Le qualità individuali ed i sentimenti personali stanno al di sopra delle costrizioni artificiali e sociali. Le persone hanno menti e cuori propri e sono agenti morali liberi e responsabili. In “Orgoglio e pregiudizio” il signor Darcy s’innamora di Elizabeth Bennett, nonostante lo status di lei sia molto più umile del suo e a dispetto dei dubbi che gli provoca il comportamento della madre e delle sorelle dell’amata; e si comporta di conseguenza senza provare le preoccupazioni proprie d’un gentleman dell’Inghilterra Regency. Allo stesso modo, le sorelle Dashwood di “Ragione e sentimento”, improvvisamente diseredate e precipitate nella povertà, troveranno la sicurezza non attraverso gli opportunismi, ma in virtù del loro carattere e dell’amore. La natura umana è potente, c’insegna Jane con un messaggio imperituro, ed anche se deve abitare in date configurazioni sociali non è da esse ultimamente decisa. La scrittrice ci ricorda che le persone non sono i prodotti di forze sociali e storiche impersonali.
La Austen non idealizza i caratteri, nemmeno dipinge un vasto panorama della specie umana dove tutti siano uguali. I personaggi, di ogni classe di provenienza, possono allontanarsi dagli standard di decenza, umiltà e gentilezza – doti che l’autrice inglese sostiene chiaramente –, ma devono essere disposti a subirne le conseguenze. I frivoli non ottengono ciò che vogliono in virtù della loro presunzione: il signor Collins di “Orgoglio e pregiudizio” non conquista la donna su cui aveva puntato gli occhi, la quale esercita la propria volontà rifiutandoglisi. Gli opportunisti non trovano la felicità: John Willoughby di “Ragione e sentimento” sposa per denaro e senza amore, e infine patirà per la sua scelta. Gli orgogliosi, anche quelli intelligenti e indipendenti, soffrono per la loro follia: Elizabeth Bennett arriva quasi a perdere il signor Darcy. Meno gravemente, agli sciocchi è dato il tempo di maturare, come nel caso di Emma. I troppo pragmatici devono cedere alle ragioni del cuore: la signora Bennett non riesce a costringere la figlia Elizabeth a sposarsi per la sicurezza della famiglia. I superficiali possono acquisire persino intuizione e profondità: Marianne Dashwood acquista finalmente ragione e sentimento così da rendersi conto delle doti del colonnello Brandon e del suo genuino amore.
Il mondo letterario di Jane è in curiosa antitesi ai positivismi filosofici e scientifici del suo secolo, veicola un messaggio opposto alla darwiniana evoluzione dell’umanità e nega la spenceriana traiettoria verso il progresso, preferendo invece il vagheggiare della natura umana, il vagabondare dell’esperienza, l’esercitarsi libero della volontà e l’esprimersi spontaneo dell’emozione. Eppure, o forse proprio per questa aderenza al reale osservato con gli occhi caldi dell’empatia attuale, piuttosto che con quelli freddi della speculazione verso il lontano passato e il remoto futuro, la nostra scrittrice è tutto l’opposto di un’ideologa, nonostante le lezioni morali che non rinuncia a trasmetterci in ogni pagina. Ella mostra conoscenza e rispetto, infine amore, per la natura umana e per l’indipendenza ostinata di questa dalle strutture politiche e sociali, nonché profonda comprensione della sua universalità nel tempo e nello spazio.
18 luglio 2017. A sinistra, il governatore della Banca d’Inghilterra presenta a Winchester la nuova banconota da 10 sterline, con l’effigie di Jane Austen. A destra, la tomba della scrittrice nella cattedrale della città
Dal 18 luglio scorso – nel bicentenario della sua scomparsa – l’immagine di Jane Austen ha sostituito quella di Charles Darwin nel biglietto da 10 sterline (il tenner, nel gergo cockney).
Con understatement, la Banca d’Inghilterra ha spiegato che il cambio fa parte dello sforzo per accrescere la presenza femminile, in risposta alle lamentele riguardanti il rapporto sproporzionato tra i due sessi nel mondo delle valute. Un lamento più che giustificato questo delle femministe inglesi, se si considera che la presenza fissa, per legge, della regina su una faccia delle banconote non conta e che un’unica donna, Elizabeth Fry, risultava presente nel biglietto da 5 sterline, il più piccolo di tutti come si deve quando si onora una quacchera che ha sacrificato la sua vita ai poveri e ai derelitti. Da un anno poi, incomprensibilmente, anche quest’unica rappresentante monetaria della femminilità inglese era scomparsa per far posto a Winston Churchill.
Ebbene, la sparizione di Darwin dalle varie specie di sterlina per rispetto all’uguaglianza di genere, per giunta in favore d’una scrittrice che nei suoi romanzi ha immortalato sentimenti eterni, rappresentativi di un’umanità priva di ogni pretesa evoluzione, non è certo un esito della selezione naturale, tuttavia ha in sé un’eleganza ironica che Jane avrebbe apprezzato. In nome del femminismo, sono stati restaurati – al momento, solo nella moneta britannica – la galanteria, il bon ton e la stabilità sociale, col risultato che l’icona del nuovo femminismo (scambiata quotidianamente dai sudditi britannici) è divenuta la donna che ci ricorda Mr. Darcy. Sappiamo che le elaborate regole di etichetta o di corteggiamento sono nel mondo della Austen indicatori di un codice più sostanziale e senza tempo della morale umana e dell’etica sociale: forse la sua effigie è un monito per le femministe insofferenti ad ogni regola, oggi chetate dalla presenza di una loro consorella nel tenner, a ricordare che le sagge eroine austeniane si appoggiavano a regole ancorché inadeguate, tuttavia tutrici della dignità della donna e preservatrici delle distinzioni di sesso che generano la vita e la allietano.
Nella trasformazione del tenner da Darwin a Austen, la selezione artificiale ha apportato notevoli miglioramenti, come succede per definizione quando l’intelligenza si sostituisce al caso: la nuova banconota non è cartacea, è stampata utilizzando un polimero speciale, così da rendere più difficile la vita ai falsari. E per giunta include una nuovissima caratteristica tattile per agevolarne l’uso agli ipovedenti. Discutibile invece, forse, è la scelta del motto “Dichiaro che non c’è gioia pari alla lettura” accanto al ritratto di Jane: una frase estratta da “Orgoglio e pregiudizio”, è vero, ma pronunciata con profonda insincerità dall’antipaticissima Mrs. Caroline Bingley!
Va infine ricordata un’altra, forse più importante, evoluzione che la banconota ha subito dai tempi di Jane ad oggi, questa sotto l’azione dell’inflazione. Il tenner vale oggi 11 euro, con i quali non fai molta strada: ti compri un tascabile della Austen, o vai a vedere al cinema l’ultimo adattamento di un suo romanzo, pagandoti insieme al biglietto d’entrata anche un sacchetto di popcorn. Duecento anni fa, nel 1817, valeva 80 volte di più, secondo i calcoli di un mio amico che lavora alla City. L’inflazione è un effetto della selezione naturale o di quella artificiale?
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10 commenti
Quindi mi stai dicendo che le femministe che si battono per la “parità di genere” pure sulle banconote sono d’accordo col famoso incipit di Orgoglio e pregiudizio? “È una verità universalmente riconosciuta, che uno scapolo in possesso di un’ampia fortuna debba avere bisogno di una moglie.” 😀
Per il resto, a me la Austen piace ma non ho mai avuto una vera passione per lei. forse perché non sono femminista? 😉
L’incipit di Orgoglio e pregiudizio mi sembra, Emanuela, un frase così anti-maschilista che le femministe più intelligenti dei nostri tempi mai avrebbero potuto pensare!
Allora evidentemente o c’è qualcosa che mi sfugge o la interpreto male io 🙂 Perché secondo te è anti-maschilista?
Perché 1) parla di un “bisogno universalmente riconosciuto” che avrebbero gli uomini ricchi e 2) afferma che solo le donne, sposandoli, sarebbero in grado di soddisfarlo. Come dire che la felicità degli uomini dipende dalle donne (ma non viceversa): non ti sembra una poderosa affermazione femminista?
Ma lì non si parla di felicità, si parla di bisogno. Potrebbe essere un bisogno di qualunque tipo, anche il semplice fatto che all’epoca ci si aspettasse che ogni uomo si sposasse, soprattutto i ricchi. Mi sembra più un bisogno sociale, insomma. Oltretutto non capisco come facciano le femministe ad approvare la vita delle donne dell’800. Una delle cognate della Austen (la moglie di Edward, quello che divenne nobile) morì dopo aver dato alla luce l’undicesimo figlio.
A me, invece, sembra un incipit colmo di ironia. Il centro di tutto è il patrimonio dell’ uomo ricco che “necessita” di essere gestito da donna. Il fascino inevitabille che la ricchezza esercita sulla donna!
Io invece penso che l’uomo ricco e nobile abbia semplicemente bisogno di figli a cui lasciare titoli e ricchezze (anche perché non mi pare che all’epoca le donne gestissero i grandi patrimoni di famiglia, o al massimo lo potevano fare se si trattava di famiglie mediamente agiate). Inoltre se sei ricco vuol dire che i soldi per mantenere una famiglia li hai, e quindi se non ti sposi la cosa è sospetta. 😉
In attesa di capire se la frase fosse da leggere in chiave anti maschilista o no, mi sorprendo che abbiano scelto Darwin come figura da sacrificare.
Bè Darwin ricordava che le specie come la nostra si riproducono per via sessuata dall’unione del maschio con la femmina, troppo realista e anti gender, molto meglio il politicamente corretto femminista!
Ah e comunque, se proprio gli inglesi erano alla ricerca di donne “emancipate” da mettere sulle banconote, ci sarebbe Florence Nightingale. Cito da Wiki:
“Profondamente cristiana, e ispirata da quella che lei considerava una chiamata divina, sperimentata più volte a partire dal 7 febbraio 1837, nel 1845
annunciò alla famiglia di volersi dedicare alla cura di persone malate
ed indigenti. L’opposizione della famiglia e soprattutto della madre
mette in luce il suo carattere molto forte e determinato e la sua
ribellione contro i ruoli di moglie e madre attribuiti dalla società
alle donne della sua condizione. Per il timore che il matrimonio interferisse con la sua vocazione di infermiera, nel 1851 rifiutò la pluriennale corte di Richard Monckton Milnes, politico e poeta (poi primo Lord Houghton e suo grande sostenitore), sempre contro la volontà materna.”
Ma forse il fatto che fosse cristiana e che passò la vita ad aiutare i malati non fa molto donna moderna. 😉