La dottrina dei miracoli
di Giorgio Masiero
A 20 anni dalla sua scomparsa, ricordiamo il matematico Marcel-Paul Schützenberger, rivisitando una sua celebre lezione sul darwinismo
Si è svolta nel marzo scorso a Bordeaux una conferenza dedicata al lascito scientifico di Marcel-Paul Schützenberger (1920-1996), nella quale matematici e information scientist ne hanno ricordato la poliedrica figura. Nella teoria combinatoria, Schützenberger fu forse il matematico più creativo ed influente del XX secolo, per le applicazioni dei suoi studi in campi diversi, dalla linguistica alla cibernetica all’economia. Fuori delle accademie divenne celebre quando a Filadelfia, ad un meeting di matematici e biologi convocato dal premio Nobel Peter Medawar per superare “il diffuso senso d’insoddisfazione riguardo alla teoria dell’evoluzione così come accettata dai più [vale a dire nella versione darwiniana, N.d.R.]”, mostrò che oggi i computer sono in grado di dimostrare la fallacia di quella teoria, potendo realizzare virtualmente in secondi ciò che fisicamente viene da essa postulato essere accaduto in miliardi di anni, e così dimostrando che il neo-darwinismo è una fiction “che si sostiene su dozzine e dozzine di migliaia di miracoli”.
Nel seguito farò una libera sintesi della lezione di Schützenberger a Filadelfia (“Algorithms and the Neo-Darwinian Theory of Evolution”, Wistar Institute Symposium, 1966), attingendo anche a suoi interventi successivi sullo stesso tema. Prescinderò da calcoli e tecnicismi, alcuni dei quali il lettore interessato potrà trovare in un mio passato articolo.
Nella versione moderna, la più chiara definizione di darwinismo è quella di Richard Dawkins: l’evoluzione degli esseri viventi vi è spiegata con il binomio: mutazioni genetiche casuali e selezione naturale. All’interno di questa dottrina convivono 2 scuole reciprocamente contraddittorie: i gradualisti, tra i quali lo stesso Dawkins, e i saltazionisti, come Stephen J. Gould. Per i gradualisti, l’evoluzione procede solo per micro-mutazioni del genoma; per i saltazionisti invece, l’evoluzione procede essenzialmente per macro-mutazioni.
Il mio mestiere è la matematica, la logica e la teoria dell’informazione, non la biologia, ma l’intervento dei matematici è qui legittimato dall’uso frequente che i biologi fanno di argomenti matematici ed informatici. Noi matematici poi, siamo abituati a discutere anche i fondamenti della nostra disciplina: è normale che volgiamo uno sguardo critico analogo ai fondamenti delle altre. Infine, ci sono tutta una serie di ricercatori – fisici, chimici, medici, ecc. – che applicano correntemente la matematica nelle loro ricerche riguardanti un problema fondamentale dell’evoluzione, quello della complessità funzionale. E qui, su questo tema, io mi trovo coinvolto direttamente in una mia area di lavoro.
Che cosa s’intende per complessità funzionale? Funzionale vuol dire semplicemente volto ad uno scopo, anche se la parola “scopo” è tabu in scienza. Quando un biologo nel suo laboratorio pensa tra sé e sé in termini di funzioni (la funzione d’un gene, d’un enzima, del ribosoma, delle antenne della drosofila), pensa come la gente comune, ed ha ragione di farlo perché è un concetto adatto alla situazione. A capirlo meglio di tutti sono i fisiologi, per i quali tutto è funzionalità. Così essi descrivono il sistema circolatorio, digestivo, nervoso, ecc. Anche la complessità è un concetto chiaro a ognuno. Già negli organismi unicellulari, i meccanismi di separazione e di fusione dei cromosomi sono processi incredibilmente complessi.
Ora, i viventi si presentano come strutture complesse d’interrelazioni funzionali e se vogliamo spiegare l’evoluzione dobbiamo spiegare questa funzionalità e questa complessità. Ebbene, la comparsa di complessità funzionale, crescente nel tempo al dipanarsi dell’evoluzione, non risulta spiegabile con nessuna delle nostre conoscenze fisico-chimiche attuali, né la logica formale vi trova al momento alcun appiglio.
Con la scoperta del codice genetico, abbiamo imparato che un gene è una stringa in un alfabeto di 4 lettere, le 4 basi A, T, C e G del DNA, il cui testo totale è il genoma. Una parola così comanda alla cellula di costruire la tal proteina, che sia una proteina di struttura o, in combinazione con altri segnali, d’un altro tipo. Tutti i risultati sperimentali ricadono in questo schema. Ma come funzionano i geni? Schematicamente un gene è assimilabile ad un’unità d’informazione. Quando è attivato, parte un ordine elementare del tipo sì-no. Per fabbricare l’occhio, si attivano dai 1.000 ai 2.000 geni. Ma se la spiegazione è tutta qua, è risibile! Supponiamo che un’azienda europea decentri ad una fabbrica in Asia la costruzione d’un componente elettromeccanico completamente nuovo, senza dir nulla né su come funzioni, né a cosa debba servire. Con 2.000 bit d’istruzioni il costruttore asiatico non andrebbe da nessuna parte! Il congegno, pur estremamente più semplice d’un occhio, potrà essere costruito solo quando il costruttore avrà capito il significato delle operazioni di cui gli si chiede la meccanizzazione, cioè se ha già l’idea dell’oggetto prima di fabbricarlo. E tutto ciò rappresenta una massa enorme di pre-conoscenze, che devono essere condivise tra l’ordinante e il fabbricante.
In base alla teoria dell’informazione e alla nostra conoscenza del genoma, questo non contiene abbastanza istruzioni per spiegare il vivente. Non è perché sappiamo che un gene è necessario per la sintesi di questa o quella proteina che capiamo come qualche migliaio di geni bastino a dirigere il corso dello sviluppo d’un organo: come accade che con così poche istruzioni elementari la materia vivente, apparentemente priva come il costruttore asiatico di ogni pre-conoscenza, sia capace di fabbricare oggetti tanto efficaci e complessi? qual è la natura di questa caratteristica della materia vivente? Nulla nelle nostre conoscenze scientifiche – fisiche, chimiche e cibernetiche – ci permette d’immaginarlo. Se ci mettiamo dal punto di vista dell’evoluzione, dovremmo dedurre che i pesci dell’era primaria già contenevano in potenza i germi di organi che essi non avevano, ma che avrebbero avuto i loro successori nel lasciare gli oceani per la terra ferma e l’aria, con i cablaggi neuronici appropriati. Il binomio darwiniano ha un qualche valore descrittivo, molto limitato peraltro, ma non ha alcun valore esplicativo. Si ferma a considerazioni ecologiche sull’abbondanza relativa di specie e biotipi. Per giunta, nella sua forma classica, gradualista, è falsificato dalla paleontologia.
La selezione naturale ha un qualche valore esplicativo, ma è della più patente banalità, perché coincide col principio che nulla può esistere se non è abbastanza solido da esistere. In una zona che si desertifica, le specie che spariscono per prime sono quelle che hanno più bisogno d’acqua: verissimo, ma ciò non spiega l’apparizione presso i viventi di nuove strutture complesse con la funzione di resistere meglio all’aridità! Salvo che in pochi casi artificiali, la selezione naturale non ci permette di predire se questa o quell’altra specie, questa o quell’altra varietà, saranno favorite o sfavorite dall’evoluzione dell’ambiente. Ciò che possiamo fare è ipotizzare, dopo accaduto, l’effetto della selezione naturale: per esempio, constatiamo che la tal specie di lumache è meno mangiata da certi uccelli forse perché ha una conchiglia meno visibile. Il darwinismo è ecologia, anche molto bella, tutto qua. Insomma, la selezione naturale è uno strumento deboluccio, perché i fenomeni di selezione naturale sono ovvi, ma in nessun modo essa li anticipa teoricamente.
Secondo il racconto neo-darwiniano un gene subisce una mutazione e, nell’ambiente dato, la mutazione può facilitare la riproduzione dei suoi portatori, cosicché i mutanti arrivano progressivamente a sostituire i non mutanti. L’evoluzione non sarebbe altro che un’accumulazione di modifiche tipografiche qualificanti per l’adattamento. I genetisti poi, studiano matematicamente la velocità con la quale una mutazione favorevole si propaga in date condizioni. Essi fanno ciò con molta abilità, ma producono meri esercizi scolastici perché nessuno dei parametri che usano può essere determinato empiricamente. In più ritroviamo l’ostacolo già detto: sappiamo quanti geni ci sono in un essere vivente, circa 100.000 nei vertebrati superiori, ma è un numero risibilmente insufficiente a spiegare la massa d’informazione necessaria alla complessità funzionale.
I darwinisti raccontano così che i cavalli, un tempo mammiferi grandi come conigli, crebbero di taglia per sfuggire più velocemente ai predatori. Nella chiesa gradualista, s’isola questo tratto – la taglia – e se ne considera l’aumento come il risultato d’una serie cumulativa di mutazioni tipografiche casuali, con spostamenti, sostituzioni, ecc. dei 4 nucleotidi, favorita dall’assunzione che per la velocità di fuga davanti a un predatore il criterio determinante in un ruminante sia il possesso d’una grossa taglia… Ma questa è pura retorica, perché nulla vieta di pensare che l’aumento di taglia possa avere piuttosto un effetto negativo sulla velocità di fuga, quando scorrelato da altri tratti! Quella darwiniana è la visione meccanica di un’evoluzione scandita da una successione lineare di cause ed effetti. L’idea che le cause possano interagire le une con le altre sembra estranea alla dottrina, eppure è un’evidenza sperimentale che nei fenomeni biologici le modifiche locali interagiscono in modo drammatico. L’informatica è proprio un’altra area scientifica che bene esibisce questo fenomeno, alla base della definizione teorica di complessità: una minima modifica tipografica del software non ha come risultato di evolverlo solo un pochino, ma di annullarlo tout court. Come con un numero telefonico: se devo chiamare qualcuno conta poco se sbaglio una o due o tre o tutte le cifre del suo numero.
È vero che una mutazione biologica si basa infine su una mutazione tipografica (del genotipo), dove un aminoacido è sostituito da un altro, un codone da un altro, ma al livello dell’attività biochimica risultante (del fenotipo) non si può parlare di tipografia! Non abbiamo nessuna regola fisico-chimica che ci permetta di collegare in maniera intellegibile le modifiche tipografiche ad una struttura biologicamente efficace. Tornando all’occhio, se si considerano le migliaia di geni necessari alla sua fabbricazione, ciascuno di essi preso isolatamente non significa nulla. Ciò che ha significato è la macro-struttura reticolare delle loro interazioni, che sono a cascata con cicli retroattivi di una complessità oggi impossibile da analizzare e che, se sarà mai analizzabile in futuro, tutto rivelerà fuorché un coacervo spontaneo.
Dawkins crede di spiegare le macro-strutture funzionali con quella che chiama “selezione cumulativa di mutazioni casuali”. Usa la metafora della scimmia che batte a caso le dita su una tastiera, ottenendo infine un testo letterario significante. La scimmia di Dawkins è un programma del suo pc che scrive una stringa di 28 caratteri (come il numero di lettere di un verso di Shakespeare), simulando il meccanismo neo-darwiniano di mutazioni tipografiche casuali più selezione naturale. La scimmia fittizia batte e ribatte sui tasti (il caso), salvo che il software sceglie (la selezione cumulativa) ogni volta come nuova base di partenza la frase che si distanzia meno dal verso di Shakespeare. Con questa procedura la scimmia arriva a scrivere il testo letterario in una quarantina di generazioni. Ma Dawkins trucca le carte, perché per calcolare ad ogni generazione la distanza della frase attuale da quella finale il programma deve conoscere fin dall’inizio il verso di Shakespeare! È triste che professori universitari e premi Nobel abbiano applaudito un tale sproposito. [Non CS, che in un vecchio articolo del 2011, smascherò l’errore di Dawkins (NdR)]. Un semplice ragionamento matematico dimostra l’esatto opposto: a meno di non scegliere intelligentemente i parametri in vista del risultato, ogni progressione tipografica è orribilmente lenta, con le mutazioni nella direzione sbagliata che tanto più allontanano il bersaglio quanto più la frase attuale vi era arrivata vicino. Di fatto, il gradualismo neanche tocca il triplice problema della complessità, della funzionalità e della loro interazione. Nella realtà biologica, lo spazio topologico [l’interattoma, N.d.R.] nel quale ci si dovrebbe immergere per descrivere la più semplice delle funzionalità complesse è così complesso da sfidare oggi ogni comprensione.
I saltazionisti sono più umili, ma anche più sorprendenti. La tesi saltazionista è nata con Richard Goldschmidt negli anni ’40 ed è stata ripresa più di recente da Gould, Niles Eldredge e altri: si produrrebbero grandi mutazioni, implicanti centinaia di geni alla volta in tempi stretti, in meno di 1.000 generazioni così da cadere sotto la soglia di risoluzione della paleontologia. Curiosamente questi pensatori, dopo essersi sbarazzati delle mutazioni casuali e anche della selezione naturale, non provano alcun imbarazzo a dirsi darwinisti.
Il saltazionismo si espone a due tipi di critiche: intanto, non ha alcuna spiegazione per le supposte macro-mutazioni simultanee di molti geni, un fenomeno miracoloso nel quadro della biologia chimica attuale, invocato ad hoc per salvare la paleontologia del Cambriano. Uso il termine miracolo nel senso di evento estremamente improbabile anche al livello ultra-cosmologico di multiverso finito. Parliamo di macro-mutazioni: per diventare un elefante non basta trovarsi all’improvviso con una grande proboscide, bisogna che allo stesso tempo un organo completamente differente, il cervelletto, sia modificato per realizzare l’insieme dei cablaggi necessari perché l’elefante possa servirsi della nuova proboscide. Le macro-mutazioni devono essere coordinate da un sistema plurimo di geni fin dall’embriogenesi. Ora, se si guarda alla storia dell’evoluzione simulando i calcoli al computer, ciò che ne risulta sono dozzine e dozzine di migliaia di miracoli che i saltazionisti non sanno spiegare meglio dei gradualisti.
C’è poi una seconda classe di miracoli e riguarda il fatto che le macro-mutazioni, ammesso che siano avvenute, si sono sommate tutte in una direzione ben definita a costituire le grandi tendenze dell’evoluzione: complessificazione del sistema nervoso, interiorizzazione del processo riproduttivo, apparizione delle ossa, dell’orecchio, arricchimento delle funzioni relazionali, ecc. Per questo trend i saltazionisti si appellano alla contingenza, e cosi credono di chiudere la questione. Di fatto, per spiegare l’aumento della complessità e della funzionalità, ricorrono ad una parolina.
La seconda serie dei miracoli saltazionisti è culminata nell’apparizione dell’uomo, si sa. Qui ormai sono in molti, anche tra i biologi, a mettere in dubbio la semplicioneria darwiniana, muta davanti alla comparsa quasi simultanea nell’uomo di numerosi sotto-sistemi che lo distinguono dalle scimmie superiori: il bipedismo con le modifiche concomitanti del bacino e del cervelletto, una mano abile con impronte digitali a conferirle un tatto molto più delicato, le modifiche alla faringe necessarie per la fonazione, la modifica del sistema nervoso centrale al livello dei lobi temporali per un riconoscimento fine della parola, ecc., ecc. Dal punto di vista dell’embriogenesi, questi organi sono completamente differenti l’uno dall’altro, cosicché ciascuna di queste modifiche si può spiegare solo come il dono che una famiglia di scimmie con molta ambizione verso i propri discendenti ottenne da una buona fata per regalo di nascita. È singolare che questi doni siano stati accordati tutti insieme, a beneficio di quei discendenti che noi siamo! Certi darwinisti invocano una predisposizione del genoma. Ma dove sta materialmente, cioè chimicamente, questa predisposizione? era già presente nei pesci del Precambriano? La realtà è non tanto che non sappiamo niente, ma che non sappiamo nemmeno da che base concettuale ripartire per sperare di capire qualcosa.
In questo vuoto c’è chi, come alla scuola di Santa Fe, fa emergere l’ordine dal caos, più precisamente dal “bordo del caos” (Stuart Kauffman). È gente, peraltro molto competente in medicina o in fisica o in chimica, che sull’evoluzione ha saputo trovare espressioni poetiche…, che non spiegano nulla. Come, prima ancora, nelle strutture dissipative di Prigogine o nel sistemismo di Varela, si mischia la complessità in tutte le salse per produrre magicamente la funzionalità. Queste scuole richiamano a loro supporto certe reazioni chimiche, o il profilo di una costa marittima frastagliata, o le turbolenze atmosferiche o la struttura d’una catena montuosa…, tutti fenomeni la cui complessità è certamente grande, se intesa come impredicibilità, ma che rispetto al mondo vivente giace su una struttura non funzionale. Nessun algoritmo ci permette di catturare la complessità del vivente che, contrariamente agli esempi presi dal regno minerale, è di natura funzionale.
Per concludere, sulla comparsa della vita e sull’evoluzione delle specie, se vogliamo rimanere in ambito scientifico, al momento non ci resta che cercare nuove idee e intanto tacere.
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90 commenti
Articolo perfetto. Se c’è una cosa da cui di darwinisti scappano come i topi dai gatti, è la matematica; addirittura evitano il probelma, con una forma di rimozione freudiana. La probabilità che strutture complesse si siano formate con meccanismi darwiniani è talmente bassa da non essere nemmeno immaginabile, e inova un vero miracolo. Attendo ancora un darwinista che mi tiri fuori i numeeri, e credo che non arriverà mai.
Grazie, Magris.
Già all’epoca di Darwin l’entomologo Fabre, sulla “selezione cumulativa di mutazioni casuali”, obiettò che mancava qualunque spiegazione di come si cumulassero mutazioni casuali che non erano positive ed anzi erano negative finché tutte le mutazioni non si fossero cumulate, portando l’esempio della vespa che paralizza un ragno per nutrire la prole. Non mi risulta che nessuno gli abbia mai risposto.
Per quanto riguardo l’informatica, molti anni fa, ho scritto un programma che utilizzava la “selezione cumulativa di mutazioni casuali” e ciò non per studiare Darwin ma per cercare di risolvere il cosiddetto “problema del commesso viaggiatore” con un numero di nodi superiore a quello dei programmi allora disponibili. I risultati sono stati nulli.
Buon giorno professor Masiero, ho scoperto da pochissimi giorni questo interessante spazio di libera discussione, ed essendo un neo frequentatore vorrei porre una domanda da profano, sulla quale immagino si sarà già discusso in passato.
Esiste una teoria scientifica alternativa al darwinismo che possa dare un barlume di speranza per la comprensione del fenomeno della varietà di specie?
Grazie, Aleksej.
Non abbiamo al momento una teoria scientifica esplicativa dell’origine delle specie, e nemmeno una teoria che spieghi soltanto l’origine della vita, almeno se concordiamo con Feynman che possiamo dire di conoscere qualcosa solo quando lo sappiamo replicare artificialmente.
Qualcosa che “possa dare un barlume di speranza” per una comprensione futura? Per me, può venire forse dalla fisica quantistica, come ho spiegato in vari articoli (per es., nei 3 articoli “La vita è fisica”, che Lei può trovare nella rubrica Tavola Alta).
Non possiamo nemmeno escludere, comunque, che il problema sia scientificamente insolubile (come pensava ad es. Bohr).
La ringrazio della segnalazione, professore. Mi sto cimentando col primo capitolo… che per me, laureato (oltretutto da decenni) in scienze politiche, e quindi tuttologo per vocazione, è già impresa impegnativa 🙂
Sempre ottimi gli articoli del prof. Masiero che come sempre propongono interessanti spunti su cui riflettere. La questione in effetti è sempre molto interessante e personalmente credo che un certo tipo di critica sia perfettamente logica e sia in fondo condivisa anche dai sostenitori stessi della teoria evoluzionistico-darwiniana. Cerco di evitare i termini di darwinisti, antidarwinisti, evoluzionisti ecc., perché penso che le “etichette” vadano sempre a semplificare troppo e rischino di introdurre pericolose posizioni di tipo ideologico, più che scientifico. Tuttavia noto come anche dal versante opposto, quello critico, in questo caso rappresentato dalla tesi sostenuta dal matematico Shutzenberger, si tenda spesso a voler esser supercritici o necessariamente critici, commettendo quindi anche qualche presumibile controerrore concettuale, che non ho qui il tempo di sviluppare, ma che potrei identificare per esempio nell’azzardato paragone tra biologia e informatica, concetto che penso possa fare rabbrividire i colleghi che si occupano della questione e di sistemi complessi. Guardate che attaccare la teoria evoluzionistico-darwiniana è cosa semplicissima e banale, perché nessuno in verità sostiene si tratti di una teoria perfetta ed esaustiva. Il problema a mio avviso però non sono i dettagli, a volte anche i macrodettagli, ma è l’impalcatura strutturale di massima su cui poter lavorare e su cui inquadrare tutta una serie di dati biologici. E allora la domanda che mi pongo è, qualcuno, tolto l’intelligent design, che non ci fa fare nessun passo in avanti, è in grado di immaginare uno scenario, una narrazione, una teoria diversa, scientificamente sensata, che non abbia a che fare con i concetti fondamentali di mutazione, selezione, speciazione ecc.? Lo stesso tipo di problema concettuale a mio avviso lo si ritrova anche parlando di origine dell’Universo e di teoria del Big Bang. D’altra parte i tre grandi interrogativi o misteri ancora irrisolti della scienza, origine dell’Universo, origine della vita, origine della coscienza, mi pare che nonostante tutto rimangono ancora tali. Personalmente, in merito, ritengo sia più corretto esprimersi con un “sembrano miracoli” piuttosto che con un “sono miracoli”.
Grazie, Vomiero.
Sono d’accordo con Lei: la vita, in tutte le sue forme, “sembra” un miracolo per la sua complessità, ma “non è” un miracolo, a ragione della sua naturalezza e ripetitività. Concordo tuttavia con Schützenberger che i “darwinisti” (intesi come coloro, per es. Dawkins, che considerano esaustivi i due meccanismi di micromutazioni casuali e selezione naturale; o come i saltazionisti alla Gould, che postulano macromutazioni funzionali improvvise) sono costretti a ricorrere a decine di migliaia di miracoli per far combaciare le loro teorie ai fatti della paleontologia…
“la domanda che mi pongo è, qualcuno, tolto l’intelligent design, che non ci fa fare nessun passo in avanti, è in grado di immaginare uno scenario, una narrazione, una teoria diversa, scientificamente sensata, che non abbia a che fare con i concetti fondamentali di mutazione, selezione, speciazione ecc.?”
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Da quello che posso capire, uno di questi è Antonio Lima de Faria la cui idea è che al “cuore” dell’evoluzione non stia il meccanismo mutazione-selezione, ma la “auto-evoluzione”, (=”autoassemblaggio” come forza direttrice del processo evolutivo guidato esclusivamente dalle proprietà fisiche degli atomi.)
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Un altro è Turner, il quale -mi pare- non esclude il ruolo della selezione, ma pone a motore dell’evoluzione – contra ID e ultradarwinismo – l’omeostasi come principio responsabile del “design” degli organismi viventi.
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Non ho idea di come vengano giudicate dai fautori del paradigma vigente in materia evolutiva le idee di questi scienziati (anche se non è difficile immaginarlo), tuttavia Lei, Vomiero, chiedeva di “narrazioni alternative” scientificamente sensate e mi pare che queste possano soddisfare la Sua richiesta.
Grazie Vianegativa per le informazioni, ho visto che Lima de Faria sembra possedere un curriculum di tutto rispetto e ha scritto questo libro: “Evoluzione senza selezione”. Di Turner ( a meno che non sia quello da cui deriva l’omonima sindrome) per il momento non sono riuscito a trovare traccia. Mi astengo da ogni pre (giudizio) in merito perchè di loro e delle loro tesi non ne ho mai sentito parlare prima.
Prego. Il Turner a cui facevo riferimento è questo: https://en.wikipedia.org/wiki/J._Scott_Turner
La ringrazio molto, ViaNegativa; non avevo mai sentito nominare nessuno dei due!
Per contrasto, il darwinismo vecchio stile delle mutazioni casuali e della selezione naturale è l’unica cosa che mi hanno insegnato al liceo. È ancora così oggi? Lo chiedo ai lettori più giovani…
Non c’è di che. Io sinceramente Lima de Faria e Turner li ho conosciuti occupandomi non di biologia ma di tutt’altro!
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Vorrei approfittare poi dell’occasione, per segnalare un saggio di S.Serafini (psicologo ed epistemologo italiano interessato alla questione dell’evoluzione ed in particolare al lavoro di Lima de Faria: l’edizione e la traduzione italiana del testo indicato da Vomiero l’ha curata lui). Saggio che lessi tempo fa su una rivista, ma che mi accorgo solo adesso esser stato pubblicato anche online (essendo abbastanza lungo è diviso in 6 parti):
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Parte I: http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=33024
Parte II: http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=33025
Parte III: http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=33026
Parte IV: http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=33027
Parte V: http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=33028
Parte VI: http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=33029
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Sono certo che lo troverete estremamente interessante (forse potrebbe esser ripubblicato qui su CS?)
Sì, ViaNegativa, davvero molto interessante. Per quel poco che ho cominciato a capire di Lima de Faria, trovo il suo pensiero molto consonante con le mie speculazioni “strutturalistiche” – cioè basate sulla fisica, in particolare quantistica, e del tutto opposte alla selezione naturale – che ho sviluppato nei 3 articoli La vita è fisica.
Lima de Faria merita di essere studiato da chi, come noi di CS, cerca una terza via tra ID e darwinismo, che rigetti del tutto la selezione naturale (ispirata a Darwin da Malthus e tuttora avente riflessi nefasti, si voglia o no, la vita sociale e politica).
Credo che farò presto, per i lettori di CS, una sintesi del pensiero di Lima de Faria, approfittando anche di un periodo di otium che mi vado a prendere! Grazie, ancora.
Grazie Dott. Masiero per aver soddisfatto la mia curiosità riguardo al matematico. Lei nell’articolo sostiene la mancanza di una base concettuale da cui partire per sperare di capirci qualcosa. Per superare questo problema non si potrebbe, tanto per cominciare, resettare 150 anni di storia evolutiva improduttiva? Ripartire da zero, mettere sul tavolo ciò che effettivamente si è scoperto nel campo della fisica, chimica, sul DNA, nella paleontologia, la matematica. Capisco che sia brutale ma io ancora mi chiedo cosa servano le considerazioni di un uomo vissuto nell’800 che sul DNA, e non solo, non sapeva nulla. Posso capire ch’è funzionale a certa mentalità ma questo cozza col bisogno di razionalità e certezza scientifica presente (in teoria) nell’uomo, soprattutto, moderno. È così difficile, in scienza, abbandonare convinzioni che di scientifico non hanno nulla? E mi riferisco a tutte. Sgombrare il campo da Genesi, Dio, caso, afinalismo-finalismo, selezione naturale creativa(!), narrativa ecologico-fiabesca ecc. e ripartire con quello che realmente in mano si ha. Insomma sbarazzarsi della lotta Dio-Darwin e di coloro che la propugnano. E se alcuni signori si indignano e screditano (v. caso Nagel) si faccia una pernacchia e si vada avanti.
Grazie, PaoloS.
Questo “resettaggio” – come Lei lo chiama – della biologia evolutiva, per sgombrare il campo dal pseudoconflitto tra scienza e fede ma soprattutto per cercare una spiegazione scientifica dell’origine delle specie, richiede di andare oltre la padella di Darwin senza però cadere nella brace dell’ID e si chiama http://www.thethirdwayofevolution.com/
Masiero, io capisco che lei sia affascinato da questa Terza Via, ma considerarla un “resettaggio” di 150 anni di storia evolutiva improduttiva vuol proprio dire non aver capito cosa propongono gli scienziati che sono citati in quel sito. E siccome un paio di quegli scienziati li ho conosciuti di persona, so di cosa sto parlando.
Si chiamano “terza via”, Greylines, tra l’ID e il neo-darwinismo e proclamano nel loro manifesto:
“The vast majority of people believe that there are only two alternative ways to explain the origins of biological diversity. One way is Creationism that depends upon intervention by a divine Creator. That is clearly unscientific because it brings an arbitrary supernatural force into the evolution process. The commonly accepted alternative is Neo-Darwinism, which is clearly naturalistic science but ignores much contemporary molecular evidence and invokes a set of unsupported assumptions about the accidental nature of hereditary variation. Neo-Darwinism ignores important rapid evolutionary processes such as symbiogenesis, horizontal DNA transfer, action of mobile DNA and epigenetic modifications. Moreover, some Neo-Darwinists have elevated Natural Selection into a unique creative force that solves all the difficult evolutionary problems without a real empirical basis. Many scientists today see the need for a deeper and more complete exploration of all aspects of the evolutionary process.”
Io, anzi CS, ci ritroviamo in questo manifesto al 90%.
Tra l’altro, noterà, distinguono il neo-darwinismo dall’evoluzionismo, come qui facciamo noi.
Cmq, può essermi sfuggito qualcosa, che sarei lieto di imparare da Lei, che è un esperto – infinitamente più di me – del campo.
Davvero CS si ritrova al 90% in questo manifesto? Anche quando definisce il neodarwinismo “clearly naturalistic science”? Anche quando dà grande importanza alle scoperte nel campo dell’evo-devo e dell’epigenetica, che il biologo Pennetta aveva definito di scarsa rilevanza? Anche quando include sostenitori della Sintesi Estesa (Jablonka, Odling-Smee, Müller), con cui peraltro ha molto in comune?
Nessuno di loro oserebbe parlare di “resettare 150 anni di storia evolutiva improduttiva”, nessuno di loro considera nonscientifico il neodarwinismo, nessuno di loro rigetta Darwin. Dicono che l’evoluzione non è spiegabile SOLO e UNICAMENTE con mutazioni casuali e selezione, cosa che io ripeto alla nausea da quando commento qui su CS. Cosa che anche molto neodarwinisti affermano.
” l’evoluzione non è spiegabile SOLO e UNICAMENTE con mutazioni casuali e selezione”, già su questo siamo tutti d’accordo.
Quello su cui non siamo d’accordo è quanto incidano le mutazioni casuali e la selezione nella macroevoluzione, per me meno dell’1%.
Siamo ancora d’accordo?
“Quello su cui non siamo d’accordo è quanto incidano le mutazioni casuali e la selezione nella macroevoluzione, per me meno dell’1%.
Siamo ancora d’accordo?”
No. E non lo sarebbero neanche gli scienziati della Terza Via.
Ha colto, Greylines, proprio il punto (“clearly naturalistic science”), l’unico, in cui mi dissocio dal manifesto della Terza Via, un manifesto in cui ho dichiarato di riconoscermi per il 90%, non totalmente. Il naturalismo è una condizione necessaria, ma non sufficiente, per darsi scienza naturale.
Al di là di percentuali, che non so calcolare, e con tutto il rispetto per il lavoro di tutti i ricercatori e di tutte le sigle (la cui stessa numerosità lo rivela), navighiamo nel buio sull’origine della vita e delle specie né più né meno che 1000 anni fa.
Un umile consiglio all’utente Aleksej.
Quando conobbi il sito mi lessi tutti gli articoli o quasi sull’evoluzione fino ad allora pubblicati selezionando l’apposita sezione. Son tanti ma della maggior(issima) parte ne vale la pena.
Un saluto
A dir la verità, nel poco tempo ahimè disponibile, sto cercando di leggere quanto più possibile, e non solo sull’evoluzione. Trovo questo spazio che ho avuto la fortuna di incontrare, un soffio d’aria fresca.
Mi sono sempre chiesto quale possibile teoria scientifica possa sostituire questa, imperniata su caso (le mutazioni) e su una “forza agente” come la selezione naturale.
Ad ogni modo, grazie 🙂
Questo articolo dimostra che per Schützenberger è grave che un biologo non conosca la matematica (il che ci sta), mentre un matematico può permettersi di provare a “smontare” una teoria biologica pur possedendo una scarsa conoscenza di molti principi della biologia (epigenetica, evo-devo, biofisica, biologia strutturale, ecologia e via dicendo).
Dimostra anche che, secondo Schützenberger, il darwinismo è falsificabile.
E infine dimostra (anzi, conferma) che è sempre molto facile criticare un’evoluzione che avviene SOLO e UNICAMENTE per mutazione e selezione. Cioè una caricatura della teoria dell’evoluzione, peraltro mostruosamente genecentrica. Talmente genecentrica che lo stesso Dawkins avrebbe da ridire.
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Come ha notato anche Fabio Vomiero, i paragoni fra biologia e informatica, o fra il processo evolutivo e il costruttore asiatico, sono terribilmente fuorvianti. Per non parlare dell’esempio del numero telefonico, al quale basta modificare un numero per renderlo inservibile, che è talmente sciocco e ingenuo che mi stupisco di vederlo riportato in un contesto che vorrebbe essere scientifico. Basta questo a far capire che Schützenberger, le cui competenze matematiche non mi sognerei mai di contestare, non ha idea di come sia fatto e di come funzioni il genoma.
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Dire che la selezione naturale è debole perché non ci consente di predire quali specie saranno sfavorite dall’evoluzione e come dire che la teoria della tettonica a placche è debole perché non ci consente di predire terremoti.
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C’è questa frase, “Il darwinismo è ecologia, anche molto bella, tutto qua”, il cui senso non capisco. Forse che Schützenberger sta dicendo che l’ecologia non è molto scientifica?
—
“un meeting di matematici e biologi convocato dal premio Nobel Peter Medawar per superare “il diffuso senso d’insoddisfazione riguardo alla teoria dell’evoluzione così come accettata dai più [vale a dire nella versione darwiniana, N.d.R.]””
Questa frase non è chiara. Sembra infatti che Peter Medawar fosse il primo a essere insoddisfatto della teoria dell’evoluzione, cosa che non mi risulta. Da dove viene quella citazione fra virgolette?
—
Trovo molto divertente che, secondo Schützenberger, i vari Gould, Eldredge e compagnia si siano sbarazzati delle mutazioni casuali e della selezione naturale.
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In conclusione, ciò che emerge da questo articolo è che non serve conoscere a fondo la teoria dell’evoluzione per criticarla. Il che farà molto piacere a coloro che la contestano a prescindere e per questioni ideologiche, poiché conferma i loro (pre)giudizi.
Ma di scienza qui ne vedo poca.
Dei vari punti toccati, c’è uno che mi interessa particolarmente: il matematico disse che venne falsificato il darwinismo “classico”, cioè quello strettamente graduale.
Il darwinismo ATTUALE, invece, cosa lo falsificherebbe?
Non bisogna confondere, HT, confutazione con falsificazione.
La confutazione si fa con gli strumenti della logica e della matematica, e riguarda la coerenza interna di una teoria. La falsificazione si fa con la sperimentazione, quando si trova un risultato sperimentale in contraddizione con una predizione della teoria.
Il darwinismo non è falsificabile, perché non fa predizioni sperimentalmente controllabili!
Schützenberger invece lo confuta sul piano matematico, quando mostra che la serie di mutazioni favorevoli necessarie per passare da una specie all’altra richiederebbe tempi ultra-cosmologici…, a meno di non invocare migliaia di miracoli.
Nell’articolo si parla chiaramente di falsificazione del darwinismo grazie alla paleontologia.
Ne deduco quindi che lei non è d’accordo con Schützenberger sulla falsificabilità del darwinismo, né tantomeno con Popper (che di falsificabilità se ne intendeva più di lei e me messi insieme) che aveva riconosciuto lo status scientifico del neodarwinismo.
Aggiungo inoltre che nell’articolo Schützenberger non ha dimostrato nulla, se mai ha argomentato (con argomenti deboli). Che le mutazioni favorevoli necessarie per passare da una specie all’altra richiedano tempi ultra-cosmologici non è vero, per una serie di motivi:
– il darwinismo non spiega l’evoluzione SOLO e UNICAMENTE con mutazioni e selezione naturale;
– le mutazioni non sono equiprobabili poiché avvengono su entità fisiche immerse in una rete di costanti interazioni biofisiche. Una mutazione potrebbe sbloccarne altre e impedirne altre ancora. Non tenere conto di queste interazioni vuol dire fare conti estremamente superficiali;
– ci sono articoli che hanno dimostrato il contrario.
Lei identifica, Greylines, il darwinismo con l’evoluzionismo, mentre io li diversifico. Per questo sono d’accordo con alcune cose che Lei afferma, mentre non lo sono con altre.
Per es., il Cambriano. Questo falsifica il darwinismo (come anche Darwin pensava, qualora non fossero emerse nuove risultanze)? Fa molto di peggio: falsifica l’evoluzionismo. Tant’è che Gould ed Eldredge si sono inventati il “saltazionismo” che, se le parole hanno un senso, è un concetto opposto all’evoluzionismo. (Che poi si dichiarassero darwinisti è solo prova delle contraddizioni umane, come il matematico Schützenberger non mancò di rilevare…)
Nell’articolo si parla di falsificazione del gradualismo e quindi del primissimo darwinismo.
Può farmi invece un esempio, Greylines, di osservazione o di un risultato sperimentale che falsificherebbe l’ATTUALE versione del Neodarwinismo?
“il darwinismo non spiega l’evoluzione SOLO e UNICAMENTE con mutazioni e selezione naturale;
– le mutazioni non sono equiprobabili poiché avvengono su entità fisiche immerse in una rete di costanti interazioni biofisiche. Una mutazione potrebbe sbloccarne altre e impedirne altre ancora. Non tenere conto di queste interazioni vuol dire fare conti estremamente superficiali;
– ci sono articoli che hanno dimostrato il contrario.”
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Ok, Greylines, questo mantra del “non sono solo mutazioni e selezione” vedo che è la nuova parola d’ordine, benissimo.
Allora se davvero avete capito come funziona l’evoluzione, salvo qualche dettaglio, potrete facilmente far evolvere qualche organismo in condizioni controllate in laboratorio.
O no?
“questo mantra del “non sono solo mutazioni e selezione” vedo che è la nuova parola d’ordine, benissimo.”
Ne parla come se fosse una mia recente fissazione, quando in realtà è una consapevolezza ampiamente diffusa nella biologia evolutiva da parecchio tempo. Tanto che già Darwin parlava della selezione come del “mezzo principale, ma non esclusivo, della modificazione”. C’è un intenso dibattito scientifico sull’effettivo peso della selezione nell’evoluzione, all’interno del quale molti criticano il neodarwinismo (e io sono d’accordo con loro) ma lo fanno con argomentazioni scientifici e senza negarne lo status di teoria scientifica.
Siete voi che restate aggrappati a una visione dell’evoluzione basata solo su quei due pilastri. Capisco che sia molto più facile da criticare, ma se volete fare una vera critica scientifica forse dovreste aggiornarvi.
—
“Allora se davvero avete capito come funziona l’evoluzione, salvo qualche dettaglio, potrete facilmente far evolvere qualche organismo in condizioni controllate in laboratorio.
O no?”
Se lei leggesse qualche testo sull’argomento, scoprirebbe che gli studiosi non si arrogano il diritto di aver capito tutto dell’evoluzione “salvo qualche dettaglio”. Anzi.
Per quanto riguarda l’evoluzione di organismi in condizioni controllate, è già stato fatto, dai batteri agli spinarelli.
I problemi sono due:
– lei nega a prescindere le evidenze che invece soddisfano la comunità scientifica;
– lei vorrebbe vedere ricostruito in laboratorio un processo “macro” evolutivo che porti, che so, all’evoluzione di un rettile da un anfibio. Un po’ come se uno scettico della deriva dei continenti chiedesse che venga riprodotta in laboratorio o continuerà a non crederle. Assurdo.
Qualsiasi risposta le verrà data non le andrà bene, non perché la teoria sia sbagliata, ma perché lei si mette nella condizione pregiudiziale di chi non accetta nessuna risposta che non vada bene a lui. Questo perché lei le risposte le ha già, a prescindere dalla scienza.
È divertente la sua posizione Greylines. Detto con il massimo rispetto ma l’impressione, seguendo il dibattito in corso, e’ che Lei voglia giocare tutti i ruoli disponibili: Darwinista, Neo-Darwinista, ma anche critico del Neo-Darwinismo e anche sostenitore della terza via (Lei, non noi). Inoltre lettore assiduo di CS ma anche critico assoluto di CS. Direi che incarna esattamente il paradigma che vuole difendere: Il Tutto!
Francesco, mi fa piacere averla divertita, ma temo che la sua voglia di fare una battuta o, più semplicemente, di criticarmi, l’abbia condotta fuori strada.
In realtà la mia posizione è molto chiara: io credo che la teoria dell’evoluzione sia la miglior spiegazione possibile del processo evolutivo e che il neodarwinismo sia una teoria scientifica a tutti gli effetti (come lo stesso Popper ha confermato). Penso anche, però, che il paradigma neodarwinista necessiti di una revisione che includa le scoperte fatte negli ultimi vent’anni (evo-devo, epigenetica, niche construction e via dicendo).
Non mi reputo un sostenitore della Terza Via perché ancora devo studiare a fondo il loro programma di ricerca e capire se e come si discosta da quello della Sintesi Estesa, che invece mi piace molto. Se mai è Masiero che si dichiara un sostenitore “al 90%” della Terza Via.
Critico CS perché non riporta in maniera adeguata il vero dibattito scientifico che è attualmente in corso nella biologia evolutiva, dibattito che dimostra come non ci siano dogmi scientifici ma teorie e ipotesi che vengono discusse e testate. Si può criticare il neodarwinismo senza per questo definirlo un’ideologia non-scientifica e dogmatica, ed è proprio quello che fanno gli scienziati che studiano per davvero l’evoluzione.
@ Greylines:
Forse è per colpa mia, ma mi sono rimasti ancora dei dubbi sulla sua posizione. Lei scrive “Penso anche, però, che il paradigma neodarwinista necessiti di una revisione che includa le scoperte fatte negli ultimi vent’anni (evo-devo, epigenetica, niche construction e via dicendo)”, MA ALLORA sembra che non siamo noi di CS a presentare un Neodarwinismo poco aggiornato, è proprio il ND ad esserlo di suo.
Quando dopo aggiunge: “dibattito che dimostra come non ci siano dogmi scientifici ma teorie e ipotesi che vengono discusse e testate.” fa intendere che non abbiamo UNA teoria dell’evoluzione ma solo linee di ricerca.
Unendo queste due considerazione quello che almeno io ho capito è che (come in realtà diciamo su CS da sempre) NON esiste una teoria dell’evoluzione, ma “ufficialmente” esiste solo una teoria incompleta (ND) più varie linee di ricerca (inclusa la Sintesi Estesa, salvo smentita da operare indicando i nuovi postulati che definiscono tale teoria, se è una teoria).
Una cosa mi pare chiara: in molti libri di testo scolastici e molti musei insegnano una teoria che praticamente, tu mi insegni, non è mai esistita visto che parlano di evoluzione nei termini cretidioti di Dawkins & co con due colonne fisse a spiegare tutto il reale (mutazioni e selezione naturale). Sbaglio greylines?
Htagliato, tutte le teorie scientifiche sono incomplete. Tutte, nessuna esclusa.
Per quanto riguarda il neodarwinismo, diversi scienziati ritengono che vada aggiornato perché è troppo concentrato sui geni e le loro frequenze, ma tende a considerare poco tutta una serie di agenti importanti dell’evoluzione che non possono essere ridotti ai geni e che devono quindi essere incorporati nella struttura profonda della teoria evoluzionistica darwiniana. I difensori del neodarwinismo, invece, sostengono che le scoperte più recenti e i nuovi campi di studio non stravolgono le fondamenta della Sintesi Moderna ma ne rappresentano uno sviluppo.
Il neodarwinismo è attualmente LA teoria dell’evoluzione più accreditata. Non è perfetta (come tutte le teorie scientifiche) e il progredire delle conoscenze ne ha rivelato alcune debolezze (come accade per tutte le teorie scientifiche), per questo motivo c’è chi cerca di rinnovarla. Il problema è che, a tutt’oggi, la Sintesi Estesa non ha ancora la solidità per diventare una teoria alternativa che possa prendere il posto del neodarwinismo.
Un buon riassunto della situazione lo trova in questo articolo: http://pikaia.eu/due-fazioni-luna-contro-laltra-armate/
Il problema è che voi di CS non dite che il neodarwinismo è poco aggiornato. Voi dite che è interamente da buttare via, che non è scienza, che è il prodotto di un’ideologia, che è un dogma che blocca la ricerca. E poi supportate la Terza Via, senza conoscere il pensiero dei suoi sostenitori e che con le vostre posizioni c’entra pochissimo, molto meno del 90% di cui parla Masiero.
Quindi, riassumendo, esiste UNA teoria scientifica che spiega l’evoluzione, imperfetta come tutte le teorie scientifiche e al centro di un vivace dibattito (scientifico) che non ne nega la scientificità ma ne chiede un aggiornamento. CS si colloca al di fuori di questo dibattito scientifico poiché nega evidenze e conclusioni condivise dagli altri scienziati.
Il che ci sta eh, quando dite che non si dovrebbe usare la teoria dell’evoluzione come “martello” contro le diverse religioni io sono d’accordo con voi. È quando definite “scientifiche” le vostre critiche che casca l’asino.
Ci sono grandi scienziati, Greylines, tuttora al lavoro nei loro laboratori, che considerano il darwinismo
in tutte le sue forme, vecchio e nuovo in tutte le sigle, una teoria non scientifica; che considerano la selezione naturale un fattore di peso zero nell’evoluzione; che cercano una terza via, naturalistica ovviamente. Se ne faccia una ragione.
Ci tornerò presto. Chissà che possa anch’io, nel mio piccolo, insegnarLe qualcosa.
Chi sono questi scienziati? Di cosa si occupano? Che esperienza hanno in questo ambito?
Ci sono anche grandi scienziati che credono nella telepatia, nella necessità di sterilizzare gli esseri umani con QI inferiore a 100, nella superiorità della razza ariana (e non sono biologi) , nelle cure miracolose e via dicendo. Diversi scienziati hanno preso grandi cantonate quando hanno cominciato a sproloquiare su campi nei quali non avevano competenze. Quindi non mi stupisco di nulla.
Per quanto riguarda l’evoluzione, so che ci sono già parecchi ricercatori — molti dei quali ritengo seri e affidabili — che stanno lavorando per trovare una spiegazione più efficace di quella neodarwiniana e seguo con interesse i loro studi.
Poi per carità, se mi verranno presentate delle solide prove scientifiche e delle valide teorie alternative, sono pronto a cambiare idea. Perché il bello della scienza è anche questo, studiare e informarsi accettando la possibilità di cambiare idea.
Però voglio prove e argomentazioni scientifiche, non certe osservazioni che spesso vengono fatte qui su CS, che con la biologia evolutiva hanno poco da spartire.
“Per quanto riguarda l’evoluzione di organismi in condizioni controllate, è già stato fatto, dai batteri agli spinarelli.”
.
Ok, vedo che le chiedo esempi di evoluzione e mi porta solo microevoluzione sulla quale ol discorso è chiuso.
E mi conferma che non siete in grado di riprodurre il laboratorio la macroevoluzione, quindi non sapete come avviene.
Grazie, è quello che pensavo.
PS il paragone con la deriva dei continenti è sbagliato in quanto in scala si può replicare benissimo.
@Minstrel
Ci sono scienziati che credono che quelle due colonne siano sufficienti a spiegare se non tutto, quasi. E a volte ci sono spiegazioni che esagerano nel semplificare certi concetti. Non ho problemi ad ammetterlo.
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@Pennetta
La teoria della deriva dei continenti è stata formulata per la prima volta alla fine del ‘500, rifinita all’inizio del ‘900 e confermata verso la fine degli anni ’70. Le evidenze scientifiche sono quasi tutte basate su rilevamenti fossili, studi di paleomagnetismo e osservazioni biogeografiche. Sono state fatte simulazioni al computer, non mi risulta che ci siano state anche “mini” ricostruzioni in laboratorio ma potrei sbagliare.
Detto questo, mi faccia capire una cosa: per la deriva dei continenti le andrebbe bene una riproduzione in scala, per l’evoluzione no. Vuole l’anfibio che diventa rettile.
In effetti non capisco come sia possibile che nessuno scienziato sia ancora riuscito a ricreare in laboratorio un processo che può richiedere migliaia di generazioni (e non stiamo parlando di generazioni batteriche).
Ci sono tante cose che non sono riproducibili in laboratorio per motivi terribilmente ovvi, ma ciò non ci impedisce di formulare teorie su come siano avvenute e di supportare tali teorie con altri tipi di dati. Proprio come è successo con la teoria della deriva dei continenti.
Ne deduco quindi che lei non crede a nulla che non sia stato ricreato in laboratorio. Quindi non crede alle ipotesi sulla formazione dei pianeti (le simulazioni fatte in laboratorio riguardano piccoli campioni di rocce sottoposte a grandi pressioni), non crede alle onde gravitazionali (misurate ma non ancora riprodotte in laboratorio), non crede all’esplosione del Cambriano, non crede alla deriva dei continenti.
Secondo questa logica, lei non dovrebbe credere neanche all’evoluzione in generale, però dice di essere evoluzionista.
“In effetti non capisco come sia possibile che nessuno scienziato sia ancora riuscito a ricreare in laboratorio un processo che può richiedere migliaia di generazioni (e non stiamo parlando di generazioni batteriche).”
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E perché no?
Mi sta dicendo che i batteri sono al di fuori della teoria dell’evoluzione? 😯
La teoria della deriva dei continenti è provata da misurazioni di piccoli spostamenti delle placche, questi al contrario della microevoluzione che non porta alla macroevoluzione, se estesi nel tempo portano proprio alla deriva dei continenti.
Il paragone continua a non essere adatto.
“Mi sta dicendo che i batteri sono al di fuori della teoria dell’evoluzione?”
Ma quando mai? Ho anche scritto che la loro evoluzione è stata ricreata in laboratorio. Sto dicendo che l’evoluzione che lei vorrebbe vedere (dall’anfibio al rettile) avviene su tempi molto più lunghi.
Ne approfitto della sempre cortese disponibilità del prof.Masiero per esprimere una perplessità. Non sono molto convinto di questa definizione mutualmente esclusiva di confutazione e falsificazione, concetti che a mio modo di vedere nella pratica rimangono invece molto più indefiniti e a volte sovrapponibili. Credo infatti che anche una confutazione possa essere portata con i dati sperimentali (e cioè con i fatti), anzi, come del resto una falsificazione portata soltanto sul piano logico-concettuale per esempio concependo almeno una sperimentazione teorica che possa potenzialmente falsificare una congettura. Diverso ancora il discorso della fallibilità, nei riguardi per esempio di un’affermazione che può sempre essere smentita da nuovi esperimenti. Mi sembra che in sostanza il principio di falsificabilità di Popper affermi che una teoria è scientifica quando è in grado di suggerire quali esperimenti e osservazioni potrebbero dimostrarla falsa, oltre il dato sperimentale già acquisito. Di conseguenza non lo è (scientifica) e appartiene al campo della metafisica, se non è immaginabile nessun esperimento, anche virtuale, che possa smentirne le affermazioni. Cito Popper, ma con questo non voglio assolutamente sostenere che quanto postulato dal filosofo austriaco oltre mezzo secolo fa sia ancora il massimo che abbiamo e nemmeno che sia di indiscutibile o imprescindibile utilità pratica per il progredire della scienza moderna. O sbaglio in queste mie considerazioni?
Converrà con me, Vomiero, che in ogni dialogo è importante intendersi sui termini, altrimenti non ci si capisce. Ed io tengo a capirmi con Lei, perché La stimo.
Allora, una cosa è criticare una teoria solo con mezzi logici e matematici per dimostrarne l’incoerenza o l’incompletezza (e questo fanno i matematici, i logici, i metafisici, ecc.); altra cosa è criticare una teoria per mezzo di fatti, dimostrando la falsità di qualche sua predizione.
Nel primo caso io parlo di “confutazione”, nel secondo di “falsificazione”. Possiamo invertire i termini, inventare nuove parole, ma i due concetti restano distinti. E quindi è opportuno nel dialogo concordare termini distinti per i due concetti.
Poi Lei solleva un’altra questione, su cui invece Le do ragione: la scienza moderna rientra solo nello schema di Popper? La mia risposta è no, come ho spiegato in un articolo dedicato a Duhem (http://www.enzopennetta.it/2015/04/21771/ ) e come ancor meglio mi riprometto di spiegare in un prossimo articolo.
La frase “… per superare il diffuso senso d’insoddisfazione riguardo alla teoria dell’evoluzione così come accettata dai più” appartiene al discorso con cui Medawar ha aperto la conferenza al Winstar Institute.
Alle Sue obiezioni, Greylines, io penso che Schützenberger abbia risposto nella sintesi della sua critica (al darwinismo, non alla teoria dell’evoluzione) che ne ho fatto.
Ho sollevato quelle obiezioni proprio perché l’argomentazione di Schützenberger ha parecchie lacune. A partire dalle sue conoscenze della biologia evolutiva (ma direi della biologia in generale), che definire scarse è forse un eufemismo. Ma, a quanto pare, conoscere la disciplina scientifica di cui si sta parlando non è un prerequisito fondamentale.
—
Purtroppo non riesco a trovare informazioni sul Winstar Institute symposium che non provengano da siti creazionisti (quindi vagamente di parte). Se lei ha informazioni che non siano così biased sarebbe così gentile da condividerle?
Pare comunque che fra i partecipanti ci fosse anche gente come Richard Lewontin, critico nei confronti del neodarwinismo (come me, del resto) ma non certo antidarwinista.
Traggo dagli atti di quella conferenza che durante e dopo la sua lezione Schützenberger approfondì i temi in dettaglio con Lewontin, Ulam, Weißkopf, Waddington (che faceva da chairman), Barricelli, Shan, Bossert, Wald, Lerner, Fraser e Levins. Ho accesso agli atti (cartacei) del Wistar direttamente dalla biblioteca del mio istituto, ma non saprei darLe un riferimento in internet, se non facendo domanda allo stesso Wistar.
Notato che tutti quelli che criticano il neodarwinismo non capiscono la biologia?
Mi sembra tanto la stessa cosa che si dice quando si critica certa arte contemporanea: non l’approvi? E’ perché sei ignorante…
Stesso meccanismo.
“Notato che tutti quelli che criticano il neodarwinismo non capiscono la biologia?”
Come spesso accade, quando resta senza argomenti comincia a usare questi trucchetti retorici. Tipo attribuirmi cose che non ho mai scritto. Io ho affermato che Schützenberger dimostra svariate lacune in ambito biologico, non che chiunque critichi il neodarwinismo sia ignorante in biologia.
Lewontin e Waddington, tanto per citarne un paio di quelli appena nominati da Masiero, conoscono benissimo la biologia. Gli scienziati della Terza Via conoscono benissimo la biologia. Gould, Eldredge, Pievani, Tattersal, Pigliucci conoscono benissimo la biologia.
Infatti la loro critica al neodarwinismo è seria e approfondita. È una critica fatta da gente che ha studiato a fondo l’argomento e sa di cosa sta parlando. È una critica che cerca di migliorare il programma di ricerca della biologia evolutiva, e non di resettarlo per poi ripartire da zero. Questa è una vera critica scientifica.
La ringrazio prof.Masiero per la cortese ed esaustiva risposta. Naturalmente la stima è reciproca, vado subito a leggermi l’articolo da lai segnalatomi.
@Greylines:
“Questo articolo dimostra che per Schützenberger è grave che un biologo non conosca la matematica (il che ci sta), mentre un matematico può permettersi di provare a “smontare” una teoria biologica pur possedendo una scarsa conoscenza di molti principi della biologia (epigenetica, evo-devo, biofisica, biologia strutturale, ecologia e via dicendo).”
.Vabbè, una serie di cose che non inficiano quanto detto da Schützenberger, però impressionano il pubblico.
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“Dimostra anche che, secondo Schützenberger, il darwinismo è falsificabile.”
Qui siamo al sublime, pur di poter dire che la teoria darwiniana è scientifica (quindi falsificabile) si gioisce della sua eventuale falsificazione!
.
“E infine dimostra (anzi, conferma) che è sempre molto facile criticare un’evoluzione che avviene SOLO e UNICAMENTE per mutazione e selezione. Cioè una caricatura della teoria dell’evoluzione, peraltro mostruosamente genecentrica. Talmente genecentrica che lo stesso Dawkins avrebbe da ridire.”
Dimentica di dire Greylines, che se anche la teoria è fatta di altre parti, se cade il cuore costituito da mutazione e selezione cade tutto. Quindi riponiamo in soffitta questo nuovo mantra che ripete “non è solo mutazione e selezione, non è solo mutazione e selezione, non è solo mutazione e selezione….. “.
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“Come ha notato anche Fabio Vomiero, i paragoni fra biologia e informatica, o fra il processo evolutivo e il costruttore asiatico, sono terribilmente fuorvianti. “
Concordo, ma nel senso che il paragone è ancora più svantaggioso di quello sembra, infatti i sistemi biologici sono molto più complessi del funzionamento di un software, e quindi ancora più difficili da spiegare.
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“Per non parlare dell’esempio del numero telefonico, al quale basta modificare un numero per renderlo inservibile, che è talmente sciocco e ingenuo che mi stupisco di vederlo riportato in un contesto che vorrebbe essere scientifico. Basta questo a far capire che Schützenberger, le cui competenze matematiche non mi sognerei mai di contestare, non ha idea di come sia fatto e di come funzioni il genoma.”
Il paragone è invece sensato, un numero telefonico è composto di circa 10 cifre, sbagliarne una è sbagliare il 10% di una sequenza di DNA: sfido a trovare una proteina che funzionerebbe ugualmente.
Inoltre in molti caso l’errore di una sola base nucleotidica su centinaia è disastroso, può domandarlo ad un malato di anemia falciforme. L’obiezione non è così banale come vorrebbe far sembrare.
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“Dire che la selezione naturale è debole perché non ci consente di predire quali specie saranno sfavorite dall’evoluzione e come dire che la teoria della tettonica a placche è debole perché non ci consente di predire terremoti.”
Paragone errato. La tettonica a placche ci permette di predire dove andranno a posizionarsi le varie realtà geografiche, ad esempio il Corno d’Africa e la California, ma anche l’intera penisola italiana, il neo-darwinismo no. Il paragone con la impredicibilità del terremoto è fuorviante, è come se in biologia, ammettendo per vera la teoria neodarwinina, si volesse prevedere il giorno esatto in cui comparirà un determinato carattere. Smettiamo quindi di usare questo improprio paragone.
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“C’è questa frase, “Il darwinismo è ecologia, anche molto bella, tutto qua”, il cui senso non capisco. Forse che Schützenberger sta dicendo che l’ecologia non è molto scientifica?”
Davvero Greylines nella frase di Schützenberger ci legge che l’ecologia non è scientifica? Il neodarwinismo è ecologia perché spiega i rapporti di sopravvivenza in un ecosistema, non l’evoluzione. Adesso è chiaro?
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“Trovo molto divertente che, secondo Schützenberger, i vari Gould, Eldredge e compagnia si siano sbarazzati delle mutazioni casuali e della selezione naturale.
La prego Greylines, non vorrei interrompere questo suo momento di divertimento, ma mi dica per favore dove questo è stato affermato così rido anch’io!
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“In conclusione, ciò che emerge da questo articolo è che non serve conoscere a fondo la teoria dell’evoluzione per criticarla. Il che farà molto piacere a coloro che la contestano a prescindere e per questioni ideologiche, poiché conferma i loro (pre)giudizi.
Ma di scienza qui ne vedo poca.”
In conclusione ciò che emerge è che per criticare efficacemente la teoria neo-darwiniana (per favore non confondiamola con la teoria dell’evolzione!) non serve conoscerla tutta perché il nucleo è il meccanismo mutazione casuale-selezione, e se non funziona quello tutto il resto cade.
La stessa critica l’avete fatta a Nagel, ma è poco più che un trucco retorico.
L’unico posto in cui di scienza se ne vede poca è negli argomenti dei darwinisti di ogni tempo.
“Vabbè, una serie di cose che non inficiano quanto detto da Schützenberger, però impressionano il pubblico.”
Quindi mi conferma che è legittimo non conoscere le basi di una teoria per criticarla. Stando così le cose, potrei scrivere un articolo per criticare la teoria della relatività, o quella delle stringhe, dopo averne lette le basi su Wikipedia.
Mi piace la sua idea di scienza, Pennetta, davvero alla portata di tutti. Molto grillina.
—
“Qui siamo al sublime, pur di poter dire che la teoria darwiniana è scientifica (quindi falsificabile) si gioisce della sua eventuale falsificazione!”
Io ho solo fatto notare che voi, pur di criticare il darwinismo, avete citato una persona che lo considera falsificabile. Non ho gioito di nulla, ho solo evidenziato una contraddizione non da poco nelle vostre argomentazioni.
—
“Dimentica di dire Greylines, che se anche la teoria è fatta di altre parti, se cade il cuore costituito da mutazione e selezione cade tutto.”
Lei continua a ragionare in bianco e nero. Chi critica (scientificamente) il neodarwinismo non vuole cancellare l’idea di mutazione e selezione. Quindi il suo discorso del “cade tutto” non ha davvero senso.
—
“Quindi riponiamo in soffitta questo nuovo mantra che ripete “non è solo mutazione e selezione, non è solo mutazione e selezione, non è solo mutazione e selezione….. “.”
Non è un mio mantra, lo ripeto da sempre e lo ripetono da sempre tantissimi scienziati che studiano l’argomento. Perché dovrei riporlo in soffitta? È la realtà.
—
“Il paragone è invece sensato, un numero telefonico è composto di circa 10 cifre, sbagliarne una è sbagliare il 10% di una sequenza di DNA: sfido a trovare una proteina che funzionerebbe ugualmente.
Inoltre in molti caso l’errore di una sola base nucleotidica su centinaia è disastroso, può domandarlo ad un malato di anemia falciforme. L’obiezione non è così banale come vorrebbe far sembrare.”
A quanto pare non si ricorda che non tutto il DNA è codificante e che è molto più probabile che una mutazione colpisca una porzione non codificante. Come se non bastasse, è vero che a volte può bastare una singola mutazione per rendere inattivo un enzima, ma ci sono tantissimi casi in cui più di una mutazione, anche in parti codificanti del genoma, non sortiscono nessun effetto. Nel caso del numero telefonico, invece, ogni mutazione è sempre e irrimediabilmente efficace e negativa. E poi, per modificare il 10% di una sequenza di DNA ci vogliono parecchie mutazioni, non ne basta una sola.
Ecco perché è un esempio fuorviante.
—
“La prego Greylines, non vorrei interrompere questo suo momento di divertimento, ma mi dica per favore dove questo è stato affermato così rido anch’io!”
Basta andare a cercare nel testo dell’articolo di Masiero: “Curiosamente questi pensatori [riferito ai saltazionisti], dopo essersi sbarazzati delle mutazioni casuali e anche della selezione naturale…”
Buona risata.
“Quindi mi conferma che è legittimo non conoscere le basi di una teoria per criticarla…. mi piace la sua idea di scienza, Pennetta, davvero alla portata di tutti. Molto grillina.”
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Ho detto questo, davvero?
Il riferimento ai grillini è un ottimo escamotage, funziona sempre come “reductio ad grillinum”.
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“Dimentica di dire Greylines, che se anche la teoria è fatta di altre parti, se cade il cuore costituito da mutazione e selezione cade tutto.”
Lei continua a ragionare in bianco e nero. Chi critica (scientificamente) il neodarwinismo non vuole cancellare l’idea di mutazione e selezione. Quindi il suo discorso del “cade tutto” non ha davvero senso.”
E invece ha senso, se tolgo il pilastro centrale di una basilica ai voglia tu a rifinire finestre vetrate e archi: crolla tutto.
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“Quindi riponiamo in soffitta questo nuovo mantra che ripete “non è solo mutazione e selezione, non è solo mutazione e selezione, non è solo mutazione e selezione….. “.”
Non è un mio mantra, lo ripeto da sempre e lo ripetono da sempre tantissimi scienziati che studiano l’argomento. Perché dovrei riporlo in soffitta? È la realtà.”
Ho già risposto sopra.
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“Il paragone è invece sensato, un numero telefonico è composto di circa 10 cifre, sbagliarne una è sbagliare il 10% di una sequenza di DNA: sfido a trovare una proteina che funzionerebbe ugualmente.
Inoltre in molti caso l’errore di una sola base nucleotidica su centinaia è disastroso, può domandarlo ad un malato di anemia falciforme. L’obiezione non è così banale come vorrebbe far sembrare.”
A quanto pare non si ricorda che non tutto il DNA è codificante e che è molto più probabile che una mutazione colpisca una porzione non codificante. Come se non bastasse, è vero che a volte può bastare una singola mutazione per rendere inattivo un enzima, ma ci sono tantissimi casi in cui più di una mutazione, anche in parti codificanti del genoma, non sortiscono nessun effetto. Nel caso del numero telefonico, invece, ogni mutazione è sempre e irrimediabilmente efficace e negativa. E poi, per modificare il 10% di una sequenza di DNA ci vogliono parecchie mutazioni, non ne basta una sola.
Ecco perché è un esempio fuorviante.”
Al massimo si può dire che è un paragone che va spiegato più dettagliatamente ma la sostanza della critica resta valida. Con una proteina che fa “quasi” il suo dovere si è malati e spesso in modo mortale.
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“La prego Greylines, non vorrei interrompere questo suo momento di divertimento, ma mi dica per favore dove questo è stato affermato così rido anch’io!”
Basta andare a cercare nel testo dell’articolo di Masiero: “Curiosamente questi pensatori [riferito ai saltazionisti], dopo essersi sbarazzati delle mutazioni casuali e anche della selezione naturale…”
Buona risata.”
Andando oltre leggerà che il problema è che ipotizzando non una ma migliaia di mutazioni per avere la macroevoluzione questa non può proprio basarsi si mutazioni casuali.
E di fatto, stando così le cose, va a farsi benedire anche l’importanza della selezione naturale.
Pensando a chi sostiene che gli equilibri punteggiati siano compatibili con la sintesi modern (fosse anche Gould) un sorriso viene davvero.
“Con una proteina che fa “quasi” il suo dovere si è malati e spesso in modo mortale.”
Questo non è vero. Una mutazione può non modificare la struttura di una proteina, e anche una proteina modificata (da una o più mutazioni) può continuare a svolgere la sua funzione senza avere conseguenze mortali.
Non c’è che dire, sono stato proprio fortunato a pescare questo blog; grazie prof. Pennetta, ce la faremo ..!
Io credo che nell’uomo sussistano due meccanismi di conoscenza: la conoscenza analitica, b) la conoscenza sintetica. la schizzofrenia di oggi è che prevale un modello culturale parziale, improntato esclusivamente al primo momento, con l’effetto che, in ogni campo, ciò a cui si attribuisce esclusivo valore è il tassello in sé, senza curare minimamente l’ordito, la figura nella quale il tassello va inserito e si inserisce (il male, in fondo, è ignoranza, diceva Socrate). Ne viene fuori una visione senza sistematica, corta, miope, come, appunto, quella che impera oggi, grigia e triste oltretutto, perché ci priva, così, del godimento estetico del cogliere la straordianaria bellezza dell’insieme. Fortunato chi, come l’articolista, ha insieme la padronanza degli strumenti dell’analisi e il dono della sintesi.
Grazie, Nino.
Grazie! 🙂
Dopo avere seguito con molto interesse il dibattito tra Greylines, Masiero e Pennetta mi sembra che nonostante tutto ci sia anche almeno un punto in comune, che peraltro ho condiviso anche con il mio commento, e che riguarda la sentita necessità di studiare e indagare altri possibili meccanismi in gioco per spiegare meglio soprattutto il fenomeno della macroevoluzione. Non essendo mai entrati però nei dettagli, io per il momento fatico ancora ad immaginarmi un processo evolutivo biologico che non sia generato anche da meccanismi darwiniani di mutazione, selezione, speciazione, derive genetiche e quant’altro. E’ vero anche, come ammetteva lo stesso Masiero, che attualmente non esiste una vera e propria teoria scientifica alternativa, di conseguenza mi sembrerebbe anche abbastanza normale che in mancanza di nuove teorie alternative controllate, quella neodarwiniana, nonostante tutti i difetti, rimanga di fatto ancora il paradigma di riferimento così come succede ed è successo per tutte le altre teorie scientifiche, perché comunque secondo me è di questo che si tratta (teoria scientifica) e su questo punto mi trovo in disaccordo con il prof.Pennetta. Ma visto che personalmente sono molto interessato a questo tipo di dibattito e vorrei conoscere più in dettaglio le motivazioni anche tecniche che stanno alla base di questa dicotomia di vedute, chiedo per esempio al prof.Pennetta e a Greylines, potreste indicarmi qualche testo recente, anche abbastanza tecnico, su cui potrei ampliare e aggiornare le mie conoscenze in merito? Oramai la mia laurea in biologia risale a oltre un ventennio, come dire preistoria se paragonata alla velocità con cui progredisce attualmente la ricerca. Ringrazio anticipatamente.
Lascio naturalmente a Pennetta e a Greylines, che sono biologi, di proporLe i testi più aggiornati di biologia evolutiva. Io intervengo solo dal punto di vista logico-matematico per aggiungere, sommessamente, che esistono a questo mondo anche
a) altri problemi, infinitamente meno complessi dell’origine della vita e delle specie, tuttora irrisolti. Per es., la congettura di Goldbach; e perfino
b) esistono problemi che si sa essere irresolubili (per es., il problema di Cantor). Nulla esclude che il problema dell’origine della vita e delle specie rientri in questa categoria.
La prima scienza è quella di non sapere.
Sono perfettamente d’accordo con lei prof.Masiero. Grazie.
@Fabio
Un testo che a me sta piacendo molto è “Evoluzione. Modelli e processi”, a cura di Marco Ferraguti e Carla Castellacci (edizioni Pearson), molto accurato e dettagliato, oltre che abbastanza recente (2011).
Un altro libro che ho apprezzato molto, purtroppo solo disponibile in inglese, è “Ecological Developmental Biology: The Environmental Regulation of Development, Health, and Evolution”, di Scott Gilbert (che compare anche fra gli scienziati della Terza Via) e David Epel.
Per una bella panoramica sull’evo-devo (disciplina ormai imprescindibile per chiunque si occupi di evoluzione) le consiglio “Forme del divenire” di Alessandro Minelli (Einaudi). Ha quasi dieci anni, quindi su alcune cose non sarà aggiornato, ma riesce a raccontare l’evo-devo e il cambio di prospettive che ha ispirato in maniera molto coinvolgente e rigorosa.
Un altro testo che ho sfruttato molto, anche se ora è un po’ datato (2005), è “Introduzione alla filosofia della biologia” di Telmo Pievani (Laterza), dove si approfondiscono molti concetti importanti (exaptation, teoria dei sistemi di sviluppi, funzionalismo, strutturalismo, contingenza).
Non sono un grande fan di autori “ultradarwinisti” come Richard Dawkins e Jerry Coyne, preferisco studiosi come Stephen Jay Gould, di cui dovrebbe senz’altro leggere qualcosa, se è interessato all’argomento.
La ringrazio greylines per i preziosi consigli.
Si figuri, è stato un piacere.
@ Greylines
Più volte in questa occasione, ma anche nell’occasione di altri articoli, Lei ci ha ricordato che Popper considerò il darwinismo una teoria scientifica, ovviamente secondo la sua accezione di teoria scientifica (cioè dotata di un esperimento cruciale suscettibile di falsificarla).
Ora, è vero che Popper in età matura cambiò idea sulla scientificità del darwinismo, rispetto alla sua prima convinzione che esso fosse privo di predicibilità e quindi “metafisica“, che vale per spazzatura nella sua concezione neopositivistica. Le chiedo, Greylines: che cosa ha fatto cambiare idea a Popper, che Lei sappia? Come spiegò il rovesciamento di convinzioni? Grazie.
Cosa abbia spinto Popper a cambiare idea non lo so, so solo che dopo aver studiato più a fondo l’argomento ha rivisto le sue posizioni. Il che mi sembra un normale modo di procedere nell’ambito scientifico (e non solo). Perché, lei che spiegazione ne dà?
Non ne ho nessuna. Sospetto che abbia cambiato idea perché non trovava – sbagliando, ma questo accade purtroppo nel mondo anglosassone – un’alternativa al darwinismo diversa dal creazionismo. Speravo fosse Lei, che è molto più addentro nella questione, a sapere quale esatto ragionamento gli abbia fatto cambiare idea.
Da quel che ho letto non è stata quella la motivazione del suo cambio di opinione.
Non sa cosa motivò Popper ma sa cosa NON lo motivò?
Mah.
Intervengo per dire che mi pare che Popper non si espresse sulla teoria darwiniana ma solo sulla selezione naturale.
Ne abbiamo già discusso proprio con Greylines.
Appena possibile controllo.
Popper ha esplicitamente dichiarato di riferirsi al darwinismo inteso come teoria dell’evoluzione per selezione naturale supportata dalla teoria mendeliana dell’eredità e dalla genetica. Cioé il neodarwinismo.
Popper di selezione naturale e leggi di Mendel si è “dimenticato” di affrontare la falsificabilità delle mutazioni casuali, quindi si è occupato solo di selezione naturale.
Proprio come detto sopra.
“When speaking here of Darwinism, I shall speak always of today’s theory — that is Darwin’s own theory of natural selection supported by the Mendelian theory of heredity, by the theory of the mutation and recombination of genes in a gene pool, and by the decoded genetic code. ”
A quanto pare non si era dimenticato delle mutazioni.
Posso chiederle, Greylines, cosa ne pensa di questa faccenda dell’infalsificabilità delle mutazioni casuali?
Tanto per cominciare, anche lei le ritiene infalsificabili?
@Vianegativa
Lei cosa intende per falsificabilità delle mutazioni casuali? Cosa dovrebbe essere falsificabile? Chiedo per cercare di risponderle meglio.
Intendo la falsificazione dell’asserto secondo cui la mutazione genetica è indipendente dall’effetto adattativo che viene prodotto, giacché è questo che la biologia evolutiva oggi intende per variazione casuale.
“Non sa cosa motivò Popper ma sa cosa NON lo motivò?”
Caro Htagliato, ho come l’impressione che lei stia rigirando la mia risposta, cercando di farmi apparire in contraddizione. Eppure mi sembrava di essermi espresso chiaramente.
Masiero mi ha chiesto se avevo un’idea in generale, io ho ammesso di non saperlo, Masiero ha rivelato il suo sospetto e io ho ribattuto che “da quel che ho letto” la motivazione non è stata quella. Che non è in contraddizione con il “non lo so” precedente. Non avendo certezze, baso la mia risposta su quello che so, che non comprende tutto quello che Popper ha scritto. Nei suoi testi (che ho letto) in cui parla della questione neodarwinista non fa alcun riferimento al fatto di averlo accettato come scientifico solo perché credeva non esistesse un’alternativa scientifica al creazionismo. Né avevo mai sentito questa ipotesi formulata da altri.
Detto questo, se Masiero sospetta che questa fu la vera motivazione, potrebbe portare delle prove a sostegno della sua tesi — dire che “questo accade purtroppo nel mondo anglosassone” non è una prova — ma siccome lui stesso dice che non ha nessuna spiegazione, immagino che il suo sospetto sia basato su impressioni non dimostrabili.
Il che è legittimo, per carità, ma in mancanza di prove tendo a non credere a questa possibilità.
I casi sono due, Greylines:
1) Popper ha spiegato le motivazioni del suo cambio di opinione oppure
2) non l’ha fatto.
Nel caso 1) bisogna trovare una fonte, nel caso 2) tutte le ipotesi e le “impressioni” sono equivalenti per cui quella di Masiero non è da escludere (l’assenza di prove non è prova di assenza).
Non è vero che tutte le ipotesi e le impressioni sono equivalenti. Alcune sono più credibili di altre e voi state abbracciando quella che sminuisce l’importanza del cambio di idee popperiano. È vero che il sospetto di Masiero non può essere escluso a priori, ma voi state usando questo sospetto come argomentazione nel dibattito, quindi dovreste dimostrare perché dovrebbe essere più credibile di altre ipotesi.
In mancanza di prove, bisognerebbe considerare solo il dato di fatto, e cioè che Popper ha cambiato idea sul neodarwinismo, riconoscendone lo status di teoria scientifica.
Senza contare che anche quando lo considerava una teoria metafisica, era comunque convinto che fosse di straordinaria importanza scientifica e che avesse un grande impatto pratico sulla ricerca, concludendo che “I do not see how, without it, our knowledge could have grown as it has done since Darwin”.
Non sono d’accordo con Lei, Greylines, che “bisognerebbe solo considerare il fatto” che Popper ha cambiato idea. Questo varrà dal punto di vista della storia, ma non certo della scienza.
E per non andare fuori dal contesto, scegliendo le ciliege più succose, completo la Sua chiusura ricordandoLe che quando (da giovane) Popper scrisse “I do not see…”, si riferiva all’evoluzionismo di Darwin arricchito dalle scoperte genetiche di Mendel, mentre considerava “l’apporto specifico di Darwin della selezione naturale” una tautologia, ed in quanto tale intestabile. È qui la vera questione del contendere del giovane Popper (e di noi di CS): la selezione naturale.
Qui nessuno nega che poi da vecchio Popper ha cambiato idea sulla testabilità della selezione naturale. LO SAPPIAMO. E tutti possono cambiare idea, solo i cretini non lo fanno mai. Poiché in scienza però non vale l’ipse dixit, ci piacerebbe sapere perché ha cambiato idea. In assenza, ognuno si sceglie il Popper che più considera coerente con la sua epistemologia, chi il giovane chi il vecchio.
“E per non andare fuori dal contesto, scegliendo le ciliege più succose, completo la Sua chiusura ricordandoLe che quando (da giovane) Popper scrisse “I do not see…”, si riferiva all’evoluzionismo di Darwin arricchito dalle scoperte genetiche di Mendel”
In realtà, subito dopo la frase del “I do not see…” fa esplicitamente riferimento alla “theory of natural selection”. Quindi anche da giovane si riferiva alla selezione naturale che secondo lui, pur essendo una tautologia, aveva una grande efficacia esplicativa. Che piaccia o no la pensava così. Poi ognuno scelga il Popper che preferisce in base alla sua visione del mondo e alle sue idee (più che alla sua epistemologia).
Detto ciò, Popper non è un dio quindi possiamo anche smetterla di avvitarci su quel che ha detto. Se lo cito è giusto perché troppo spesso l’ho visto tirato in ballo a sproposito (non da lei) con efficaci metodi di cherry picking per sostenere che la teoria dell’evoluzione non è scientifica. Un destino comune a tanti altri scienziati, le cui osservazioni e critiche sul neodarwinismo sono state erroneamente trasformate in “prove” che il neodarwinismo è tutto da buttare via, che è un dogma, che ha bloccato la ricerca e via dicendo.
Sono il primo a criticare le sue debolezze, ma il neodarwinismo NON è tutto da buttare via, NON è un dogma, NON ha bloccato la ricerca. Queste accuse sono spesso innescate da un forte bias di fondo: l’insofferenza verso chi usa il neodarwinismo (e la scienza in generale) come martello contro le religioni. Tutte, non solo il cristianesimo. E su questo lei sa bene che io vi ho sempre dato ragione. Ma attaccare una teoria perché se ne disprezza l’uso discutibile che alcuni (molto visibili, come spesso accade con chi sostiene posizioni radicali) ne fanno, è un errore. A me piacerebbe mettere da parte certi radicalismi e fanatismi, e limitarsi a discutere di scienza. Come fa Ferraguti in questo articolo (http://pikaia.eu/due-fazioni-luna-contro-laltra-armate/), che continuo a citare perché ben rappresenta il vero dibattito scientifico sulla teoria dell’evoluzione, senza pregiudizi e senza dogmi.
Popper non è un Dio, è vero, infatti, almeno a me, interessa il suo criterio, non tutto il suo pensiero né lui come persona.
È lei che ha usato un ipse dixit: Popper cambiò idea, punto. Ok, ma perché?
La discussione NON è filosofica ma scientifica: se ho ben compreso una teoria, se tale teoria fornisce predizioni ben precise, allora so anche indicare un dato che la falsificherebbe.
SE NON LO SO FARE, le possibilità sono due: o non ho capito la teoria, oppure essa predice solo cose banalmente vere.
Caro Greylines,
anche se può apparire fuori tema credo che molte risposte si trovino qui: http://www.pnas.org/content/113/34/9384.short.
E’ un ‘opinion paper’ apparso su PNAS dello scorso 23 Agosto che illumina molto chiaramente la drammatica crisi di risultati ed efficacia che attanaglia la scienza attuale utilizzando una gradevolissima fictio: si immaginano le diverse reazioni alle nuove acquisizioni della scienza di un viaggiatore nel tempo che dal 1915 si ritrova nel 1965 e di uno invece che dal 1965 viene trasportato nel 2015. Consiglio senz’altro la lettura del pezzo, ma il succo è che la scienza ‘segna il passo’ e una delle cause è proprio nel fatto che ci sembra ragionevole una cosa assurda come quella più volte ripetuta nel dibattito qui di sopra di aree diverse della scienza che possono coltivare l’incomunicabilità e incommensurabilità reciproca per cui lo stesso concetto è ‘convincente ma solo per i biologi’ e un altro ‘solo per i matematici’. Il paragone con l’arte contemporanea di htagliato è perfetto: una opera d’arte non è qualcosa che per essere apprezzata ha bisogno di una conoscenza specialistica. Confondere l’esecuzione di una opera (sia essa scienza, arte, una rovesciata a calcio, una volee perfetta a tennis) che necessita di studio e applicazione focalizzata con la valutazione della congruità, bellezza, verosimiglianza della stessa è un errore che sta velocemente portando a consunzione la cultura e il pensiero.
Sulla teoria dell’evoluzione si sono spese fin troppe parole, se ci si divide in scuole, se si fanno i manifesti come nell’epoca delle avanguardie storiche, significa che siamo di fronte a una salma. Lo abbiamo già visto nell’arte, dadaisti, suprematisti, surrealisti, futuristi erano vermi che proliferavano su un cadavere, iniziava l’epoca del brutto e dell’arbitrario.
Un’opera d’arte potrà anche essere apprezzata senza una conoscenza specialistica, ma per demolirne il significato bisogna averlo studiato e compreso, quel significato. Se no si sta parlando di qualcos’altro. Uno può apprezzare o meno le implicazioni filosofiche di una teoria come quella dell’evoluzione, ma per demolirne le basi scientifiche bisogna averle studiate e comprese, quelle basi. Se no si sta criticando un qualcosa che non è la teoria vera e propria, ma un suo simulacro.
Se una teoria funziona (illuminante il caso della termodinamica classica i cui padri fondatori avevano del tutto toppato sulla natura fisica del calore ma ciònonostante permetteva delle realizzazioni mirabili) è cioè generativa non ha bisogno di chiacchiere, distinguo, scuole di pensiero, proclami, chiose…l’esistenza stessa di un dibattito che necessita il chiamare in causa un filosofo è dimostrazione di essere arrivati a un punto morto, poi chiaramente i punti morti possono essere frequentati per decenni ma sempre morti sono…
Quanto all’arte il significato deve essere comprensibile in maniera anagogica e cioè attingibile all’ignorante e al critico su diversi piani , illuminante il saggio di Gabriele Paleotti ‘Discorso sulle immagini sacre e profane’ disponibile su Internet ( http://www.memofonte.it/home/files/pdf/scritti_paleotti.pdf) che rappresenta la base teorica del lavoro di Caravaggio. E proprio rimanendo a Caravaggio un critico d’arte dello spessore di Berenson negli anni cinquanta non riusciva a decifrare il significato delle 12 Opere di Misericordia che un medio scugnizzo napoletano del 600 comprendeva al volo. Quando l’arte è diventata preda di specialisti convinti che come nel loro lavoro di avvocati o medici fosse necessaria una competenza specialistica per apprezzarne il valore è morta dopo pochi decenni. Da qui il motivo per cui anche se Positano e Torvaianica sono entrambe speculazioni edilizie sulla riva del mare la prima porta bellezza e la seconda orrore…ma questo è un discorso troppo lungo.
Ecco qualcosa sul rapporto tra Popper e la teoria darwiniana:
Da “Popper e l’Evoluzionismo, Albanese, De Pisi, Fraioli”
In poche parole Popper riconosce la selezione naturale, ma va notato che la presenza della selezione sessuale crea nuovi problemi di contrasto con la selezione basata sulla fitness.
‘A theory is the more impressive the greater the simplicity of its premises is, the more different kinds of things it relates, and the more extended is its area of applicability. Therefore the deep impression which classical thermodynamics made upon me. It is the only physical theory of universal content which I am convinced that, within the framework of applicability of its basic concepts, it will be never overthrown’ (Einstein A., riportato in Einstein, A.; Schilpp PA 1949 Autobiographical notes. Open Court Publishing Company, London).
Proprio il fatto che i padri della termodinamica ritenevano erroneamente il calore un fluido (calorico o flogisto) rende il pensiero termodinamico generativo in quanto non legato ai meccanismi particolari ma al comportamento fenomenologico dei sistemi. L’opposto di una teoria come quella dell’evoluzione che necessita di continui aggiustamenti e modifiche per ‘render conto dei fatti’….