Esiste un modo per limitare la libertà di parola nel libero mondo occidentale del nostro secolo?
Con gli opportuni mezzi, sì, basta applicare il principio “la mia libertà finisce dove inizia il copyright”.
In un recente articolo di questo sito abbiamo riportato il caso di un abuso della tutela del copyright, al fine di censurare un video in cui compariva un’intervista all’On. Monica Cirinnà. Il contesto e il merito di quel caso li potrete leggere al relativo link, quello che oggi ci chiediamo è come vadano le cose al di fuori dell’impopolare mondo della politica.
Passiamo a quello del cinema. Come tanti, ho visto tantissimi film e mi piace discuterli con altri, specialmente se in un modo contemporaneamente critico ma leggero. In particolare su YouTube si trovano parecchie persone che per passione (ma a volte anche come lavoro) fanno recensioni divertenti, sia di film di successo sia di quelli talmente brutti da far ridere a causa della loro comicità involontaria. Uno “youtuber” (cioè una persona che gestisce un canale YouTube) che si occupa di ciò e che seguo molto è un giovane statunitense che si fa chiamare “Nostalgia Critic” (perché predilige le recensioni di film visti da chi è nato negli anni ’80 -’90). Un giorno, eccezionalmente, questo “critico” (il cui vero nome è Doug Walker) anziché proporre una recensione, ha deciso di affrontare un problema a cui vanno incontro tutti gli youtuber che si occupano di film come lui, l’aggiramento delle regole del “Fair Use”:
Benché il video spieghi ogni cosa in modo molto chiaro, per tutti quelli che come me preferiscono apprendere tramite lettura gli estremi di un problema serio (e non tramite un video), presenterò in seguito i contenuti del filmato di Nostalgia Critic.
Il Fair Use (uso corretto) è una disposizione legislativa che stabilisce la seguente norma:
Gli estratti di materiale protetto da copyright, in determinate circostanze, possono essere citati a scopo di critica, informazione, insegnamento e ricerca senza richiedere il permesso o il pagamento al titolare dei diritti d’autore.
In altre parole non posso rubare il lavoro altrui per rendere ingiustamente bello il mio canale YouTube o peggio ancora per guadagnarci con la pirateria, ma posso liberamente fare una recensione di un film mostrandone tutti gli spezzoni che reputo opportuni per poterlo spiegare, in particolare senza chiedere il permesso al proprietario dei diritti e senza pagare nulla.
Tale legge, come riporta anche Wikipedia, è molto simile a quella italiana citata da Enzo Pennetta nell’articolo a cui mi sono riferito in precedenza.
La differenza tra pirateria e uso corretto è semplice e lo stesso Nostalgia Critic non ha difficoltà a trovare un esempio: se realizzo un video in cui appare semplicemente un film così com’è o al più con un’insignificante modifica tecnica, sto facendo pirateria; se invece ne mostro uno spezzone e poi lo commento e così via, oppure inserisco delle parodie, sto facendo “Fair Use”.
Le regole sul copyright negli USA sono contenute nel DMCA (Digital Millennium Copyright Act), il quale ha rischiato nel 2011 di essere soppiantato da un molto più severo SOPA (Stop Online Piracy Act). Il SOPA non è mai stato approvato, in caso contrario il detentore dei diritti d’autore avrebbe potuto intavolare una causa legale per un singolo contenuto ritenuto andare contro il copyright (a differenza di una semplice diffida come accade nel DMCA), inoltre il SOPA avrebbe permesso di punire anche il sito internet che permette o facilita l’accesso a colui che ha violato il copyright.
Forse soprattutto per questo secondo punto, tutti i “big” del web protestarono (Microsoft, Yahoo!, Amazon, Facebook, Twitter e altri), in particolare Google chiuse per protesta.
Passata la minaccia del SOPA, secondo Doug Walker e altri Youtuber, YouTube, che appartiene a Google dal 2006, ha poi trovato un modo per limitare la libertà di opinione ai pesci piccoli del sistema tramite una serie di regole che, in questo nostro esempio, sono tutte a favore dei produttori di Hollywood.
Descriviamo tale regolamento. In primis, il proprietario dei diritti d’autore (in seguito lo chiamerò solo titolare) può segnalare una presunta violazione del copyright a YouTube senza dover portare una prova a sostegno di tale violazione e non ha limiti nel numero di reclami che può compiere su un dato canale YouTube; al contrario, lo youtuber può inviare a YouTube al massimo tre contestazioni (ovviamente a prescindere che sia innocente o colpevole) e tali contestazioni sono in genere la risposta dello youtuber all’accusa del titolare.
I provvedimenti di YouTube sono di due tipi, i reclami e gli “strike”, di cui i secondi sono i più gravi e consistono nella cancellazione di un video. Se su un canale vengono cancellati tre video, il canale viene fatto chiudere, inoltre basta un solo strike per perdere il diritto di fare contestazioni.
Anche se i reclami sembrano più “leggeri”, le loro regole non sono meno problematiche. Abbiamo già detto che un titolare può lanciare tutti i reclami che vuole contro un canale, ma non è detto che lo faccia perché abbia effettivamente visto il video ritenuto pirata. Sfruttando accordi fatti a priori con YouTube, può instaurarsi un meccanismo automatico per cui se un dato video contiene più di un certo numero di sequenze di un film, scatta il reclamo. Non importa quindi se il video indagato sia semplicemente una lunga recensione di un film (per esempio rivolta a chi non teme di conoscerne fino alla fine la trama).
Scattato il reclamo, lo youtuber può rispondere con una contestazione, al quale però il titolare può comodamente rispondere dopo 30 giorni: se non lo fa, il video non è più minacciato; se invece il produttore risponde, lo youtuber deve giocarsi la sua seconda contestazione, alla quale di nuovo il titolare ha 30 giorni per rispondere e in tutto questo tempo è valida la minaccia di uno strike. Siccome abbiamo detto che con tre strike il canale chiude, allora le tre contestazioni possibili in realtà è come se fossero due, perché allo youtuber conviene tenersi la terza di riserva nel caso arrivi uno strike (e la probabilità sale se i video sono tanti, tenendo conto che i titolari non hanno limiti al porre reclami non provati).
Una cosa snervante per chi ha un canale è che quasi tutto viene fatto tramite e-mail e moduli generati automaticamente, quando basterebbe comunicare con una persona reale per provare facilmente se un dato video segua o no il Fair Use.
Tutti siamo d’accordo che se uno youtuber realizza un video violando il copyright allora debba essere punito, ma esistono punizioni per chi lancia un falso reclamo? La risposta è negativa, per cui un titolare, per esempio un produttore hollywoodiano, non rischia nulla a spedire tantissimi reclami (che come abbiamo detto non implicano affatto che abbia davvero visto il video in questione) ma anzi, può anche guadagnarci.
Se infatti uno youtuber realizza video per ricavarci dei soldi, durante tutto il tempo in cui è in vigore il reclamo o lo strike, i soldi guadagnati con il video passano subito nelle mani del proprietario dei diritti d’autore, solo se alla fine si accerta che lo youtuber ha rispettato le regole sul copyright, allora i soldi tornano a lui. Ciliegina sulla torta, un produttore può ricorre a terzi per il controllo delle eventuali violazioni del copyright, cioè può ricorrere ad agenzie apposite per i diritti d’autore, rendendo questo meccanismo ancora più sistematico.
Qualcuno potrebbe replicare che in fondo si può criticare un film anche senza doverne mostrare delle scene, come si fa per esempio tra amici al bar dopo che si è stati al cinema. Purtroppo non si spiega così il caso di un canale chiamato “Midnight Screening”, in cui il “critico” è proprio una persona che subito dopo aver visto un film ne parla in automobile facendo un video per Youtube: un video di tale canale ha avuto comunque uno strike!
Un caso clamoroso è stato quello “Lenz contro Universal”, perché la nota casa produttrice ha rimosso un video di 29 secondi di un bebè che balla su una canzone di Prince! In quel caso ha vinto il “pesce piccolo” perché nulla andava contro quanto dice la DMCA, ma il fenomeno in sé continua a persistere.
Un altro caso forse ancora più stupido è successo proprio a Nostalgia Critic, perché lo Studio Ghibli ha applicato uno strike ad un suo video in cui però veniva consigliato di andare a vedere il cartone animato della Ghibli “Il mio amico Totoro”!
Il massimo dell’ironia viene raggiunto nel caso di uno spot pubblicitario della Apple che Nostagia Critic decise di commentare: lo spot rappresentava un ipotetico futuro distopico alla “1984” ma la recensione su YouTube ebbe un reclamo; come dice Doug “la comicità si scrive da sola!”.
Descritti gli estremi del problema del Fair Use, Nostalgia Critic avanza un paio di soluzioni:
1) Se su un video c’è un guadagno economico, ma viene contestato per una presunta violazione del copyright, allora i soldi andrebbero indirizzato ad un terzo account momentaneo che non appartiene a nessuno finché non viene stabilito se la violazione c’è stata oppure se il proprietario dei diritti ritira il reclamo.
2) Finché una disputa sui diritti non viene risolta, non devono diminuire le possibilità di azione dello youtuber, per esempio uno strike non deve limitare le contestazioni eseguibili (una specie di presunzione di innocenza).
In ogni caso, andrebbe creata più equità tra per esempio i produttori hollywoodiani e chi recensisce i film, cioè non è giusto che chi lancia un reclamo non rischi nulla se si è sbagliato.
In questo loro atteggiamento i produttori di Hollywood sbagliano su due piani, sia su quello dei diritti sia su quello aziendale.
Sul piano dei diritti, il Fair Use è una manifestazione della libertà di parola, che è nella nostra cultura è un diritto importante tanto quanto quello della proprietà intellettuale. Una risposta alla domanda di quale possa mai essere la minaccia per una casa cinematografica un gruppo di persone che fanno recensioni su YouTube, proponendo una riflessione personale, è che banalmente ci sono due ragioni per cui un prodotto non indispensabile (un film) non viene comprato: o un altro venditore me lo offre ad un prezzo migliore (pirateria) oppure qualcuno mi ha convinto a non comprarlo affatto.
La seguente parentesi non fa parte del video di Nostalgia Critic. Una delle cose più belle di una storia raccontata bene è non sapere cosa accadrà ma desiderare ardentemente di vedere cosa succede. Qual è invece un problema di chi vuole andare al cinema in questi tempi? Prendete i primi 100 film della seguente lista di film del 2015 () e togliete tutti i film che siano tratti da un romanzo, o da una rappresentazione teatrale, da un’autobiografia, oppure che siano sequel, prequel o remake di un altro film; se ho fatto bene questo esercizio dovrebbero rimanere 46 titoli. Se provate invece a fare la stessa operazione per quest’altra lista, i 50 film con maggiori incassi nella storia del cinema (https://it.wikipedia.org/wiki/Film_con_maggiori_incassi_nella_storia_del_cinema) sono molto più sicuro che ne restano solo 6 su 50. Naturalmente una storia non totalmente originale non è detto che implichi un film brutto, ma ne viene comunque un problema quantitativo nella ricerca di un film di qualità. Anche facendo quell’operazione di filtraggio indicata in precedenza, resterebbero ancora tantissimi film che “ufficialmente” sono originali, come Avatar, ma che in realtà sono una storia già narrata decine di volte ma con una sola variante (in questo caso, Avatar è uguale a tanti film in cui un colonizzatore si converte al bene dopo aver conosciuto in profondità il popolo colonizzato…ma stavolta ci sono gli alieni).
Se un film è record d’incassi significa che è popolare e quindi potrebbe essere davvero un bel film, ma in genere è solo l’applicazione del detto “dare al pubblico ciò che esso vuole”, per l’esattezza del suo corollario per cui se una cosa in passato è piaciuta al pubblico, perché rischiare? Così succede che dopo un evergreen come l’Esorcista si producono 100 film con la stessa trama, oppure che per qualche film fumettistico fatto bene si instaura una pre-produzione per cui quelli dello stesso tipo (a volte anche con gli stessi supereroi) sono già in programma fino al 2020.
Tutto questo per dire che, anche se per la sola legge dei grandi numeri, è nomale che esistano film popolari ma che con un po’ di senso critico, “ridendo e scherzando”, qualcuno faccia notare essere in realtà spazzatura venduta bene.
Riprendiamo e concludiamo il discorso sul Fair Use riportando un’osservazione di Nostalgia Critic. Già in passato Hollywood si è trovata di fronte a quelle che sembravano forti concorrenze, come la televisione e le videocassette di una volta, ma la strategia che alla fine è risultata migliore sul piano “aziendale” è stata evitare lo scontro frontale e puntare all’alleanza. Un esempio abbastanza recente è il caso di Netflix, una piattaforma virtuale per cui si paga per vedere film su internet ma ad alta definizione e senza alcuna programmazione a cui attenersi.
Un detto dice “il Diavolo sta nei dettagli”, per cui il messaggio che ho colto e che vorrei lasciarvi è che la violazione della libertà di parola non sempre è incarnata in un tizio che viene a casa vostra e lancia minacce sequestrandovi le vostre cose; più spesso bastano un set di regole inique ma nascoste dalle buone intenzioni e protette dall’ignoranza che tanti possono avere nei riguardi di un sistema in cui non si è esperti (in questo caso, per me che non sono uno youtuber, le regole di YouTube).
Come sempre, è bene farsi domande prima di giudicare: come funziona YouTube? Come funziona Facebook? Come funziona un quotidiano? Come funziona una peer review? Come funziona una democrazia?
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9 commenti
Questo tema è una patata bollente, ti segnalo questo articolo che avevo letto giusto stamane sulla stessa questione http://butacmag.it/editoriali/la-censura-facebook/
Però, visto che io sono in fondo un’ottimista, ti dico anche che un noto youtuber italiano, Aldo Jones, aveva ricevuto uno strike a causa di questo video https://www.youtube.com/watch?v=cBZ9Wq9SDoY ma che dopo la yamato animation ha non solo ritirato lo strike, ma ha permesso allo youtuber la monetizzazione del video dopo essersi resa conto che il video non solo non era dannoso, ma gli faceva anche ottima pubblicità. E infatti un po’ dopo sono venuti fuori altri video simili come https://www.youtube.com/watch?v=cBZ9Wq9SDoY
Questo per dire che secondo me non è tanto la legge ad essere iniqua, quanto il fatto che spesso chi si trova a doverla far rispettare non è “super partes”, e tende ad interpretarla a proprio vantaggio. In altri termini si avrebbe bisogno di chiarire MOLTO meglio le questioni legali legate a copyright e censura in generale, cosa resa molto difficile anche dal fatto che nella maggior parte dei casi si valicano i confini nazionali.
Grazie Koala per avermi segnalato l’articolo su Facebook. Noto una specie di fenomeno uguale ma simmetrico rispetto a quello di YouTube: la censura è un modo per realizzare un pensiero omologato, per cui o dall’alto fai in modo che una cosa rivolta alla massa riceva un sol tipo di opinione (i titolari dei diritti d’autore con YouTube) oppure dal basso fai prevalere il pensiero della maggioranza a prescindere dalla verità (Facebook).
Non nego che in molti casi di censura possa alla fine volgere tutto per il meglio come con Aldo Jones, ma credo che le regole di YouTube e Facebook siano proprio esse stesse ad essere inique, cioè a priori squilibrate verso “il più forte”, perché non è come con il Giudice non-super-partes che interpreta a modo suo le leggi fatte dal Parlamento, perché nel caso di YouTube e Facebook il Giudice è quello che ha stabilito le regole.
I modi per uscirne, oltre al segnalare la cosa, secondo per esempio Nostalgia Critic, è usare un po’ di furbizia per diventare “più forti” nel mondo virtuale e quindi potersi permettere di resistere alle regole, però ci vuole tenacia perché le regole sono fatte per sfinire chi vuole andare contro l’opionione comune.
Con questo efficacissimo articolo Htagliato ha centrato un tema che sarà di fondamentale importanza nei prossimi tempi.
L’episodio di censura nel quale siamo incappati non è un caso isolato ma si inquadra all’interno di un meccanismo che è sempre più all’opera e che realizzerà di fatto una censura “dolce”.
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Di fatto funziona così:
a- si possono rimuovere testimonianze scomode come nel caso del filmato della Cirinnà.
b- si può impedire la pubblicazione di contenuti avversi come nel caso della pagina fb del Popolo della Famiglia (vedi articolo di Tosatti)
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Grazie delle osservazioni aggiuntive, prof., in pratica stiamo assistendo ad un nuovo tipo di conformismo, in questo caso attaccando uno slogan per una forzatissima interpretazione discriminante. Una morale basata apparentemente sulla forma, un’etichetta nel senso etimologico del termine (etica piccola).
Articolo molto interessante Htagliato e per quanto mi riguarda anche molto illuminante, in quanto ho sempre pensato poco a questo tipo di problematiche. Mi piace molto anche la parentesi finale. In effetti un qualsiasi film, a parte la valutazione (pur sempre soggettiva) di qualche critico cinematografico, viene alla fine sempre “giudicata” dal pubblico che lo andrà a vedere e produrrà quel parametro molto importante per la produzione che si chiama “incasso”, indipendentemente dal suo reale spessore magari valutabile mediante altri tipi di parametri. Per cui alla fine anche il film tende a diventare purtroppo un prodotto da vendere sul mercato e se determinate caratteristiche funzionano in determinati contesti storici… Mi vengono in mente anche i vari “format” televisivi legati ai giochi a quiz o ai reality o restando a qualcosa che mi appassiona molto, la “divulgazione” o pseudodivulgazione scientifica. Ottima la conclusione che mi pare si rivolga ad una diffusa dinamica sociale di persone sempre molto ben predisposte a giudicare pur conoscendo poco. A volte una domanda posta bene a sé stessi o agli altri può valere più di mille risposte.
Sulle regole del Fair Use anch’io faccio parte della schiera dei poco esperti.
Grazie a lei, Vomiero, concordo con tutte le sue osservazioni.
Forse può interessare anche a voi.
Lawrence Lessig: Cultura libera – Un equilibrio tra anarchia e controllo, contro l’estremismo della proprietà intellettuale.
Si è rischiato di perdere per sempre molte opere, non solo filmati, anche testi che molti volonterosi sono disposti a tradurre in digitale senza scopo di lucro. Questo proprio in USA, dove un libro mediamente dopo un anno non è più ristampato. Devo però ammettere che ho potuto ritrovare libri usati (in ottimo stato).
Grazie per la segnalazione, se il vero problema è il copyright, nell’interesse degli stessi autori non potrà affermarsi una dinamica troppo restrittiva.
In caso contrario si dovrà ritenere che i veri interessi siano quelli politici.
Intanto…