Tabella pubblicata su Scientific American il 18 marzo 2014
Le misurazioni hanno smentito la teoria dell’AGW e allora si è passati a negare l’evidenza.
Il passo successivo è eliminare la realtà e considerare solo la teoria.
Ormai lo ammettono tutti, il riscaldamento globale si è preso una pausa da almeno 15 anni, un dato che essendo in disaccordo con le previsioni falsifica la teoria:
Come dovrebbe fare ogni vero scienziato, a questo punto la teoria andrebbe considerata falsificata e quindi si dovrebbe andare a cercarne una diversa. Questo passaggio però non è immediato, come insegna T. S. Kuhn nella sua teoria delle rivoluzioni scientifiche, una volta che si sia insediato un paradigma (anche se quello dell’AGW non è mai stato dimostrato) i dati che lo smentiscono vengono presi come dei “rompicapo”, come delle anomalie che sicuramente si prima o poi accorderanno con la teoria una volta chiarita la causa.
Ciò che smentisce ancor più la teoria dell’AGW (riscaldamento globale antropico) è il fatto che la pausa nella crescita delle temperature si è verificata nonostante la concentrazione della CO2 sia invece andata aumentando, come mostrato nel grafico seguente:
Ecco allora che per giustificare la mancata corrispondenza tra temperature misurate e il contemporaneo aumento della CO2 si è pensato di spiegare la cosa dicendo che il calore mancante c’è, solo che si è nascosto negli oceani. Si tratta evidentemente di una possibilità che nella teoria originale non esisteva e rappresenta quindi una giustificazione ad hoc tutta da dimostrare. Ed è in base a questa teoria su una parte di un’altra teoria che su Nature (vedi tabella in apertura) si afferma che la pausa attuale è in realtà una “falsa pausa”:
La teoria del calore che c’è ma non si vede perché nascosto negli oceani è stata recentemente ripresa su Nature in un articolo intitolato “Ditch the 2°C warming goal” (abbandoniamo l’obiettivo dei 2° C), nel quale vengono proposte le tabelle con la stasi nelle temperature e il presunto accumulo negli oceani:
Quella che veniva data come una certezza viene però smentita da ricerche che affermano l’esatto contrario, come riferito su Climate Monitor:
…tale suggerimento non poteva avere una scelta di tempo peggiore, perché, ancora una volta sul blog della Curry, esce un altro post dedicato a due paper recenti che affrontano il tema della misura del contenuto di calore degli oceani e della stima delle sue variazioni, che comincia così: “Nuova ricerca suggerisce che lo strato superiore degli oceani si sia scaldato più di quanto si credeva mentre gli strati più profondi si sono raffreddati piuttosto che scaldati” – e finisce così: “Il punto è che l’incertezza nel contenuto di calore degli oceani è molto ampia e non ci sono evidenze particolarmente convincenti che il ‘calore mancante’ si stia nascondendo negli oceani”.
Se le temperature dovessero rifiutare di riprendere a correre nei prossimi anni anche la teoria tappabuchi del calore posto in fondo al mare non reggerebbe più, e questo è un rischio che preoccupa. Ma ecco che da Nature viene una proposta che risolverebbe definitivamente la questione:
Scientificamente, ci sono modi migliori per misurare lo stress che gli esseri umani stanno immettendo nel sistema climatico rispetto alla crescita della media delle temperature della superficie globale – che è in fase di stallo dal 1998…
Semplicemente geniale. Se le temperature non si accordano alla teoria rifiutandosi di crescere, facciamo a meno delle temperature. Ovviamente la motivazione sarà perché esistono modi migliori di misurare lo “stress”. Come dire che se il nostro medico ci prescrive un farmaco per guarire da una bronchite e invece la febbre non si sogna neanche di scendere, allora ci dirà che dobbiamo buttare via il termometro perché ci sono modi migliori di misurare lo “stress” che ci porta la bronchite. Sappiamo cosa risponderemmo davanti ad un discorso del genere.
Vicende come questa fanno male alla scienza e alla credibilità dell’intero sistema che invece è costituito da tantissime realtà valide, il motivo di queste forzature emerge da poche efficaci righe all’interno dell’articolo pubblicato su Climate Monitor al riguardo:
Proprio così, il pilastro di tutte le policy sembra non reggere più il peso della realtà, ma, siccome il problema persiste (e tutti teniamo famiglia), occorre passare ad altro, possibilmente una serie di metriche più affidabili.
Tristemente una buona parte della resistenza dei vecchi paradigmi alle prove che li smentiscono è nel principio del “tengo famiglia”, un termine che Kuhn avrebbe dovuto inserire nella teoria. La vera forzante antropica.
7 commenti
Caro Enzo, mi fa piacere che il MIO accomunare gli scienziati a dei gretti “tenitori di famiglia” abbia gia’ fatto tanta strada…
L’unica cosa che mi manda in bestia e’ che, da bambinoni copioni, storpiano il tutto: non e’ che TUTTI teniamo famiglia. Non e’ che, craxianamente, tutti colpevoli, nessuno colpevole.
Ma dato che l’audience e’ cosi’ di alto livello, non mi pare il caso di scendere agli insulti diretti (verso questi qui che storpiano) quindi la finisco qui.
Piu’ in topic, il commento e’ sempre il solito: questa non e’ scienza. e’ religione. E il problema non sta nel fatto che sia religione ma nel fatto che, PUR ESSENDOLO, continua ad ammantarsi di una supposta (ma inesistente) oggettivita’ scientifica, E LA FA FRANCA!
Bambini, veramente bambini. Abbiamo veramente dato il potere ai bambini…
Pingback: Global Warming, dalla febbre al delirio | Informare per Resistere
Deve avere scritto questo pezzo più in fretta del solito. Lo dimostra il fatto che confonde un articolo uscito su Scientific American (e su Le Scienze) e non su Nature. Lo dimostra anche il fatto che per una volta si è dimenticato di cancellare dal grafico la fonte (a proposito: ha chiamato il suo blog “Critica scientifica”: mi sbaglio o uno dei criteri del metodo scientifico è quello di indicare le fonti? Le ripeto quindi la domanda che le ho già fatto diverse volte: da dove viene il grafico “IPCC computer model fail climate reality test”?).
Uno quindi va a vedere cos’è il CFact, e scopre che è uno dei tanti think tank iperliberisti Usa che negli anni si sono opposti a qualunque tentativo di far approvare regolazioni ambientali. Fin qui tutto bene, ognuno ha le sue idee, poi però viene fuori che il Cfact ha preso tanti soldini dal Donor’s Trust, dal Donor’s Capital Fund e dalla Exxon (proprio la multinazionale del petrolio, già…). Anche al Cfact tengono famiglia, vuole che non abbiano avuto un occhio di riguardo nei confronti dei loro finanziatori?
Per quanto riguarda il discorso sulle temperature in (presunta) pausa dal 1998, a pagina 4 del report qui (http://library.wmo.int/pmb_ged/wmo_1119_en.pdf) c’è un grafico preparato dalla World Meteorological Organization. Se lo guarda bene lo capisce anche lei. E dato che le ho indicato la fonte se ritiene che sia screditata o non credibile spieghi perché.
Sugli oceani: dei due “paper recenti” uno dice che non sono state rilevate variazioni nel contenuto di calore sotto i 2.000 metri e l’altro che quello dei primi 700 è probabilmente sottostimato a causa di problemi con le misurazioni (e non con i modelli) nell’emisfero meridionale. Quindi: misuriamo di più e meglio, analizziamo e poi vediamo. Scommette che quando arriveranno i dati più precisi ci saranno evidenze particolarmente convincnti a smentire l’affermazione della Curry?
Risponderò più tardi, adesso sono impegnato.
ep
Diego, l’unica cosa che dispiace è che dal suo intervento emerge una malcelata acredine, anzi direi un’ostentata ostilità nei confronti del sottoscritto sulla quale ciascuno potrà fare le proprie considerazioni.
Venendo alle contestazioni che lei fa, le posso confermare che è vero che ho scritto l’articolo più in fretta del solito, sono stato impegnato col workshop e altre cose, e allora?
La dicitura sbagliata sotto l’immagine di apertura è dovuta al fatto che avendo citato nella seconda parte dell’articolo la rivista Nature ho inavvertitamente scritto il nome due volte mettendolo anche in apertura al posto di Scientific American, perché recriminare, bastava segnalare il refuso, tanto quando si sarebbe andati ad aprire il link si sarebbe visto che la testata era Scientific American… e sul contenuto della pagina che mi dice?
Niente ovviamente, sui contenuti lei non entra perché le cose stanno come ho scritto, ma a lei interessa solo fare le pulci alla forma.
.
Quando poi dice “per una volta si è dimenticato di cancellare dal grafico la fonte” è dichiaratamente denigratorio, chieda scusa. Ma anche in questo caso non entra nel fatto che il grafico sia veritiero o no, l’obiettivo sono io. Eccole allora un grafico che sarà di suo gradimento che è anche più severo neo confronti delle previsioni dell’IPCC e che è stato pubblicato su Plos:
.
.
Ma lei no, non è interessato al fatto che le previsioni dell’IPCC siano state falsificate, lei cerca dei colpevoli, cerca il complotto dei negazionisti e allora “tanto peggio per i fatti”, se il grafico viene dall’organizzazione CFact DEVE essere falso, non spende neanche un minuto a verificare che risponde a verità. CFact prende dei soldi, anche l’ONU prende dei soldi dai paesi che vogliono tenere il Terzo Mondo nel sottosviluppo, e sono tanti, tanti, tanti di più. E poi immagini che lei invece lavori gratis, che lavoro fa Diego? Chi la paga così scopriamo che sicuramente falsificherà qualcosa in base a chi le versa il denaro.
.
Che fa poi, attua la battaglia dei grafici? Ma se anche Scientific American (che è successivo al documento da lei indicato) ormai riconosce che la stasi delle temperature esiste, tanto da chiamarla in un disperato tentativo di salvare la faccia “falsa pausa”, se non ci fosse la stasi perché ci si affannerebbe così tanto a cercare il calore nascosto negli oceani? Ce l’ha una risposta a questo Diego? Aspetto con ansia.
.
Chiudo ringraziandola di aver fornito una così facile occasione di dimostrare la faziosità della sua contestazione e la debolezza, se non proprio inconsistenza dei suoi argomenti.
Continui a cercare il calore nascosto negli oceani anziché venire a fare queste figure, le auguro buona fortuna.
Pingback: Global Warming, dalla febbre al delirio
Da quel che so il fenomeno fisico che maggiormente influenza “naturalmente” l’andamento delle temperature terrestri é l’attività solare (in particolare la numerosità delle macchie solari). Ognuno si può fare una piccola indagine in rete … ma pare stiamo andando verso “decenni” piuttosto “freddini”. Inoltre starei un poco attento ad utilizzare “reports” come quello WMO citato nelle considerazioni esposte nell’intervento precedente. Ad esempio non si può non osservare che i grafici riassumono valutazioni statistiche su periodi (in particolare decadici) dove i gradienti di variazione hanno intervalli di confidenza pari anche al 25-35% della stessa variazione; inoltre non sempre mostrano, ne fanno intuire, cosa effettivamente é successo all’interno dello stesso periodo decennale (un unico anno super-anomalo potrebbe…). Non da ultimo i dati del WMO andrebbero “corretti” eliminando la influenza dei fenomeni “naturali” che più influenzano l’andamento delle temperature (prima di tutto le macchie solari) e poi andrebbero operate le consuete elaborazioni statistiche. Solo così si può avere una idee più precisa ed attendibile dell’influenza delle attività antropiche partendo dai dati di temperatura. Le energie messe in campo dalla natura quotidianamente sono notoriamente maggiori di quelle messe in campo dall’attività antropica umana. Con questo non voglio dire che bisogna disconoscere che nell’ultimo ventennio (depurato dall’effetto dell’andamento della numerosità di macchi solari) c’é stato un leggero aumento delle temperature; ma non ne farei una tragedia. Eliminare gli effetti sull’ambiente dell’attività antropica é necessario, ma soprattutto perche la qualità della vita dell’uomo migliori; i ghiacciai torneranno nuovamente ad allungarsi…