L’invasione dei ratti giganti…
Su Query, la rivista del CICAP, un articolo su una presunta evoluzione dei ratti diventa occasione di disinformazione e propaganda.
Analisi dei punti critici.
Lo spunto per l’articolo “Uomini e topi (giganti)” della rivista Query (il giornale che indaga i mysteri), organo del CICAP, è giunto da un articolo a firma di Simone Cosimi pubblicato su la Repubblica il 10 febbraio scorso con il titolo “Prepariamoci all’era dei supertopi. Dai roditori lo strano scherzo dell’evoluzione” che veniva così introdotto nel sommario:
In Gran Bretagna resistono ai veleni e aumentano di grandezza spiazzando le autorità. Jan Zalasiewicz, paleobiologo dell’università di Leicester: “La loro influenza globale è destinata a crescere”. Così come peso e dimensioni: “Nel tempo potranno raggiungere quelle del capibara, fino a 80 chili”
Pienamente condivisibile che il CICAP gli dedicasse un articolo, il prof. Zalasiewicz dell’università di Leicester ha infatti detto una stupidaggine, quanto da lui affermato non ha nessun supporto scientifico, la sua previsione di un incremento ponderale dei ratti, fino ad 80 chili poi… Ma non è così, l’operazione che viene compiuta da Query è davvero sorprendente.
L’articolo inizia a parlare del caso nel seguente modo:
L’articolo di Repubblica uscito il 10 febbraio 2014, dal titolo “Prepariamoci all’era dei supertopi. Dai roditori lo strano scherzo dell’evoluzione” è un po’ una raccolta di molti degli errori che i mass-media fanno quando parlano di animali o piante in evoluzione.
Ma come, allora non è vero che uno scienziato ha detto queste cose? Siamo di fronte all’ennesimo caso di mala informazione scientifica che Query si propone di analizzare? Come prima cosa si fa notare che i topi e i ratti sono due specie diverse (vero), ma la cosa è ininfluente ai fini della questione del presunto futuro gigantismo. Poi accade qualcosa di davvero assurdo, invece di analizzare cosa abbia detto il prof. Zalasiewicz dell’università di Leicester, si va a ripescare una notizia vecchia di un mese che non c’entra nulla con quanto detto dall’incolpevole giornalista di Repubblica per far credere che sia quella l’origine del problema:
Il secondo punto è: “qual è la notizia”? Probabilmente è l’aumento di resistenza agli anticoagulanti, i veleni che vengono usati per combattere i roditori. Gli animali, secondo l’articolo, “sono infatti in grado di resistere ai veleni più diffusi Oltremanica”. Come se fosse un fenomeno improvviso e appena avvenuto. In realtà, cercando di rintracciare la fonte, ho trovato un articolo del Daily Mail – che quanto ad autorevolezza è lì lì con Novella 3000 – pubblicato all’inizio dell’anno.
Ma cosa c’entra il Daily Mail? Nulla, ma tirarlo in ballo facendo notare che è come un Novella 3000 d’oltremanica serve a sviare le responsabilità dall’università di Leicester per attribuirle a quella stampa deviata e cialtrona che nulla ha a che vedere con la scienza seria. Ma oltretutto anche il Daily Mail aveva dato una notizia del tutto corretta nell’articolo “Mutant super rats IMMUNE to poison invade British homes to escape flooded sewers and underground burrows” incriminato da Query, infatti nell’articolo si dice che in seguito alle alluvioni i ratti, tra cui quelli che hanno sviluppato una resistenza ai topicidi, sono fuggiti dalle loro tane riversandosi in altri luoghi dove potrebbero diventare un problema proprio per la difficoltà di eliminarli. Ma Query ha deciso che questa è una notizia cialtrona e la presenta così:
Si dice che è in atto un’invasione di “super ratti mutanti” in occasione delle alluvioni che hanno colpito la Gran Bretagna; gli animali sono super perché resistono ai rodenticidi. Un minimo di ricerca, e di ricordi universitari (nel secolo scorso…), mi dice che la resistenza ai rodenticidi è un fenomeno studiato da decenni, il primo caso fu in Scozia nel 1958.
Nessuna novità quindi, se non che un paio d’anni fa alcuni ricercatori del Rodenticide Resistance Action Group dell’università di Reading hanno fatto un’analisi dello stato delle cose. Affermando che sarebbero necessarie altre politiche per affrontare il problema. Niente emergenza, niente invasione, niente malattie trasmesse. No, queste ci sono, ma anche in questo caso i pericoli erano ben noti.
Il tutto, quindi, è ben lontano da una “scherzo dell’evoluzione” – altra frase del titolo.
E chi ha mai detto che la notizia fosse una novità? La notizia era circoscritta al fatto della diffusione sul territorio di ratti resistenti ai topicidi in seguito alle alluvioni, punto. Dopo aver tirato arbitrariamente in ballo il Daily Mail su Query si fa poi un riferimento all’università di Reading (che c’entra anche questa?), mentre il riferimento allo “scherzo dell’evoluzione” è invece dell’articolo di Repubblica che si riferisce a sua volta alle dichiarazioni del professore dell’università di Leicester che sono quelle sulle quali si sarebbe dovuto discutere. Quanta confusione..
Ma a questo punto è giunto il momento per l’articolista di difendere la teoria dell’evoluzione allontanando il discorso dalla bufala dei ratti giganti:
Non si tratta infatti di qualcosa di particolare, di strano, di inusuale, anzi, è una delle più classiche dimostrazioni di microevoluzione, di modifica cioè delle frequenze alleliche in una popolazione (se volete saperne di più, chiedete).
Qui siamo d’accordissimo, la modificazione delle frequenze alleliche dei geni resistenti ai pesticidi al massimo al massimo è un caso di microevoluzione, non di macroevoluzione. Peccato che ancora una volta non c’entri nulla con la notizia dei ratti giganti.
E dopo aver sostenuto la teoria dell’evoluzione non sarebbe Query se non buttasse un po’ di discredito sul cristianesimo. Tranquilli, ecco che arriva anche quello:
Quando si dice che l’evoluzione non è teleologica, non ha un fine verso cui “dirigersi”, si vuol significare proprio questo.
Imeccanismi evolutivi sono volti sempre e soltanto a superare i problemi del qui e ora, senza una vera e propria direzione che porti a una maggiore o minore complessità. Per questo i tentativi di Bergson o Teilhard De Chardin di individuare una direzione dell’evoluzione per conciliare evoluzione e religione (cattolicesimo in particolare) sono destinati a fallire
Come volevasi dimostrare, ma che c’entra il cristianesimo con le dichiarazioni del prof. Zalasiewicz ? Niente ovviamente, ma vuoi mettere la soddisfazione di gettare un po’ di colpa sul “cattolicesimo in particolare”, una vera goduria per gli autori di Query.
E finalmente arriva anche un momento di consapevolezza:
Forse abbiamo presunto troppo da poche frasi dell’articolo, ma ne abbiamo approfittato, diciamo, per chiarire alcuni aspetti che periodicamente ritornano sui mass-media quando si parla di evoluzione per selezione naturale.
Forse l’autore voleva solo agganciare la presenza di ratti mutanti, resistenti ai rodenticidi, alle affermazioni dello zoologo Jan Zalasiewicz, dell’università di Leicester.
“Forse abbiamo presunto troppo…” togliamo pure il “forse”. Non è stato un buon servizio giornalistico parlare di altri giornali e autori estranei alle dichiarazioni interessate col pretesto di rimediare a casi di cattiva informazione sull’evoluzione che si sono verificati in altri articoli, così si è fatta solo confusione. Quello che andava correttamente fatto era restare sulla notizia delle dichiarazioni del prof. Zalasiewicz che si possono leggere sul sito dell’università di Leicester, non sul Daily Mail: “Rat islands ‘a laboratory of future evolution’”, dove si può leggere proprio quanto riportato su Repubblica:
“Given enough time, rats could probably grow to be at least as large as the capybara, the world’s largest rodent, that lives today – that can reach 80 kilos.
E se non bastasse a conferma c’è anche un video:
Ma affrontare da parte del CICAP seriamente quanto detto dal prof. Zalasiewicz, un paleobiologo, avrebbe comportato una considerazione sul fatto che non ha senso dire che i ratti saranno in futuro di 80 Kg o di qualsiasi altro peso, per il semplice fatto che la teoria dell’evoluzione attuale non consente previsioni né a breve né a lungo termine, una cosa che qualsiasi scienza sperimentale dovrebbe fare.
Il prof. Zalasiewicz con le sue improvvide dichiarazioni ha dunque rischiato di mostrare ancora una volta che non esiste una vera teoria dell’evoluzione perché semplicemente quella attuale non serve a nulla.
E il messaggio è che i giornalisti che non fanno parte della cerchia degli eletti farebbero bene a lasciar perdere di parlare di evoluzione perché sono troppo stupidi per capirla:
Perché, e questo è solo un parere personale, l’evoluzione imprevedibile e preda del caso è un concetto troppo sfuggente, difficile da afferrare, che anche i giornalisti armati delle migliori intenzioni (un punto a favore di Cosimi quando fa notare la pericolosità dei ratti sulle isole, per esempio) padroneggiano con estrema fatica.
Quindi, caro Cosimi, Query ti sta dicendo che non sei in grado di capire l’evoluzione, ma non ti preoccupare, questa è una scusante a tuo favore.
Se invece ti limitassi a parlare di giornalismo potresti giungere alla conclusione che quello di Query non è solo cattivo giornalismo, è un esempio di disinformazione.
.
.
21 commenti
L’affermazione secondo la quale “l’evoluzione è (oppure non è) teleologica” è una affermazione accettabile, e quindi discutibile, sul piano filosofico. Sul piano scientifico invece questa affermazione è, semplicemente, indebita, inaccettabile, incomprensibile, perché non può essere dimostrata o falsificata. Giusto, prof. Pennetta?
Ora, i professori del cicap non si limitano ad affermare che, sul piano scientifico, non è possibile dimostrare l’esistenza di una finalità in biologia; questa affermazione sarebbe lecita e corretta. Invece si spingono ad affermare che non esiste finalità in biologia, facendo quindi un’affermazione filosofica in un contesto scientifico. E, così facendo, si macchiano dello stesso e(o)rrore dei creazionisti, i quali vorrebbero portare sul piano scientifico argomenti di natura filosofica o teologica.
Se ho ben capito i termini della questione teleologica (ma chiedo conferma a lei, prof. Pennetta), mi chiedo come sia possibile che i professori del cicap riescano a commettere una simile grave scorrettezza senza che sentano il bisogno di riallinearsi sulla giusta prospettiva di una chiara distinzione dei piani fra scienza e filosofia.
Lei ha fatto una giusta considerazione Giancarlo, la tendenza ad estendere il campo d’azione della scienza oltre i suoi limiti per dimostrare la presenza o l’assenza di finalismo è un ‘vizio’ diffuso.
Come spiega benissimo il prof. Masiero non questo il campo della scienza che per definizione non si occupa delle finalità. Questo ritengo che sia uno dei punti sui quali sarà opportuno focalizzare l’attenzione.
Aveva ragione il professor Venturi quando spiegava ad Igor:
“Fate un grossolano errore a far coincidere ciò che è scientifico con la verità assoluta: la prima è la partenza, la seconda è l’arrivo.”
Estratto di: Giovanni Mori,Valentino Dutteri. “SAPIENS – Troppo comodo morire.”
Ciao Max,
Venturini la sapeva lunga, ma se fosse reale anche Igor ne avrebbe di cose da dire!
PS: Quasi quasi ti invidio, sei riuscito a farti pubblicizzare il libro sul sito del’oca…
Non temere, nessuno si è affrettato a comprarlo. Credere di avere in pugno la verità , uccide la curiosità .
Son arrivate le copie cartacee, la maestra della mia figlia maggiore qs mattina ne ha comprato una copia.
E hanno appena finito la preistoria in classe.
Ci sarà da divertirsi nelle prof settimane.
Proprio ora lascio alla mia sinistra il dopo lavoro ferroviario, ora eccomi davanti a termini.
Saluti,
Max
Tempi duri per l’editoria!
Comunque tienimi aggiornato sulle reazioni della maestra.
PS dopo quello che hai scritto sul libro io sul treno non ci sarei mica salito…
Un professore a fisica ci ammoniva sempre che “l’assenza di evidenza non è evidenza di assenza”. Nonostante l’assenza di evidenza (di peste) don Ferrante morì di peste, con ciò mostrando l’evidenza della sua presenza. Solo don Ferrante non aveva i mezzi per rilevare la presenza della peste…
Allo stesso modo nessuna scienza empirica ha strumenti per rilevare la presenza di fine, che a priori sfugge al metodo scientifico. Ma un limite intrinseco alla strumentazione scientifica non dimostra che un processo naturale non possa avere un fine…
Questi non sanno ragionare.
Il problema degli scientisti, e dei positivisti residui, è che fondano i loro postulati su un colossale errore di ordine logico. Il loro discorso può infatti essere riassunto nella proposizione “non lo rilevo, quindi non esiste”. Non credo che riuscirebbero a superare l’esame di Filosofia Teoretica 1…
Bah Nicola ,se vogliamo:
“quando puoi misurare ciò di cui stai parlando, ed esprimerlo in numeri, quantificarlo, conosci allora qualcosa su di esso, ma invece quando non puoi misurarlo, non puoi esprimerlo in numeri la tua conoscenza su di esso è allora scarsa, insoddisfacente, può essere l’inizio della conoscenza, ma nei tuoi pensieri sei avanzato poco sulla via della scienza”
-W.Thomson,Lord Kelvin-
Conoscenza ed esistenza sono due cose diverse in scienza come in filosofia.
Conosce meglio il colore “rosso” un bambino vedente ignorante di fisica, o un fisico cieco dalla nascita che sa trattarsi di un’onda e.m. di 7.000 Å?
No, Leonetto: anche l’affermazione di Kelvin – quello che a fine ‘800 disse che in fisica non c’era più nulla da scoprire – è scientista e, quindi, come ben dice Nicola, aporetica. Perché esistere e conoscere hanno lo stesso significato in filosofia e in scienza naturale, solo il metodo di indagine è diverso.
“Conosce meglio il colore “rosso” un bambino vedente ignorante di fisica, o un fisico cieco dalla nascita che sa trattarsi di un’onda e.m. di 7.000 Å?”
Ovvio,dipende dalla definizione di conoscenza.
Entrambi ne hanno una conoscenza incompleta,imperfetta(come comunque non può che averla chiunque).Ma un fisico vedente forse ne ha una conoscenza migliore degli altri due.
P.s:
per inciso,anche il bambino è in grado di darne una “misurazione” se sa qual’è il colore rosso.
In effett iEnzo questo articolo su Query è una evidente forzatura.
Davvero non c’era un modo migliore per parlare di certi argomenti senza dover stravolgere l’articolo di Cosimi,e dargli dell’incompetente?
(anche se dal veicolare certe ideologie camuffate da scienza sarebbe stato meglio proprio desistere..anche solo per il semplice fatto che certi ragionamenti sono proprio privi di logica,ma su quel versante non sentono ragioni..)
Che poi,come giustamente osservi,Cosimi ha riportato la notizia fedelmente.Il Cicap ha fatto disinformazione.
Cosimi aveva anche detto correttamente circa la microevoluzione e circa la resistenza ai veleni.
Quanto invece alla notizia in sé in prima battuta mi ha fatto venire in mente questa forma “artistica”:
http://rtttck.wordpress.com/
Non so se qualcuno l’ha vista o ne ha sentito parlare,ma a parte i vari topi sparsi per la città c’è proprio il re(o la regina?) dei topi che è una scultura molto grossa(in un paio di foto si vede,è circa 1-2 uomini d’altezza).
In seconda battuta,il capibara,se qualcuno ha potuto vederlo in qualche giardino zoologico o altrove ne avrà visto la spettacolarità e forse la socievolezza),potrebbe richiamare alla mente quanto si leggeva:
http://www.enzopennetta.it/2014/02/evoluzione-post-darwiniana/
e,sempre su questa scia,in riferimento a rattus e mus,ratto e topo,si può prendere spunto da McCarty che abbiamo visto di recente con la storia del maiale e considerare che:
http://www.fancymicebreeders.com/phpBB3/viewtopic.php?f=25&t=7109
sono sì specie biologiche diverse,ma si incrociano e non si può escludere a priori che l’antenato comune da cui derivano le due specie non possa essere legato a queste da soli processi microevolutivi.
Infatti, Leonetto, concordo assolutamente sulla proposizione “conoscenza ed esistenza” sono due cose differenti. Il mio precedente intervento, intendeva proprio sottolineare questo aspetto; la non conoscenza di una cosa, non implica necessariamente la sua inesistenza, proprio perché si tratta di due ambiti separati. Da un punto di vista logico, dire “non rilevo una cosa, quindi non la conosco” è coretto, perché, come diceva Socrate nel Teeteto, conoscere una cosa significa poter rendere ragione di essa, e quindi poter fornire una spiegazione circa le sue caratteristiche; è più che evidente, quindi, che se io sono impossibilitato a rilevare una determinata cosa, sarò anche impossibilitato a conoscerla, perché non potrò rendere ragione di essa. Ma, sempre da un punto di vista logico, dire “non rilevo una cosa, quindi non esiste” è fallace; se non rilevi una cosa, e quindi non puoi conoscerla, come fai a pronunciarti circa una sua specifica qualità che è l’esistenza? Se così fosse, allora dovremmo concludere che tutto ciò che non conosciamo dell’Universo (ed è una parte assolutamente considerevole!) non esiste; invece, di essa possiamo solo dire che non la conosciamo (ancora). È invece corretto dire kantianamente “non rilevo una cosa, quindi non posso pronunciarmi su di essa”. Spero di essermi spiegato un po’ meglio in questo intervento. 🙂
Elementare, Watson!
Esistere e conoscere sono due cose ovviamente diverse, ma le due parole hanno lo stesso significato in ogni scienza umana o naturale.
Masiero,al di là del fatto che non definirei comunque così scientista l’affermazione di Kelvin(si tratta di dare spiegazioni a fenomeni naturali nell’ambito della scienza),vorrei spiegare meglio…
In primis volevo quotare e condividere il pensiero di Nicola.
In secondo respingo assolutamente il fatto che conoscenza e esistenza possiedano lo stesso significato in ogni scienza umana o naturale.
Ma forse ne ho io delle definizioni differenti dalle sue.
intanto a monte c’è che il tutto va a misura dell’uomo,per necessità di cose.
Per conoscenza intendo l’oggetto dell’apprendere per mezzo dell’intelletto,dei sensi,della strumentazione etc..un fenomeno riuscendo a darne una spiegazione e in senso astratto o pratico una misurazione,aumentando il proprio sapere su di esso..
Le emozioni esistono?sì.Le conosco?in realtà no.
Se ne conoscono effetti,circostanze in cui si possono manifestare,disturbi in cui l’emozione sia di un’entità considerata anormale e/o dannosa per il soggetto o gli altri etc..
La vita esiste?sì(al di là di cosa fosse “costretto a sostenere qualcuno)La conosco?no.
L’origine delle specie è qualcosa che esiste?sì.La conosco?No.
Un buco nero?
E questi sono oggetti di studio di scienze umane e naturali..
Non so se ora è più chiaro ciò che volessi dire.
Su questa posizione “kantiana” ho qualche perplessità, mi spiego: se noi dicessimo “non rileviamo la cosa X”, significherebbe che di tal cosa già abbiamo un qualche tipo di conoscenza (a priori/idea/intuizione etc), probabilmente ne conosciamo l’essenza. Diversamente, non diremmo alcunchè e quella cosa PER NOI, ovviamente, non esisterebbe.
Ora, sappiamo che l’essenza non è necessariamente congiunta all’esistenza e quindi potrebbe darsi il caso in cui la cosa X non la rileviamo perchè effettivamente non esiste.
Allora, se dovessimo porci kantianamente davanti alla tal cosa (non la rilevo, quindi non posso pronunciarmi), credo che ci troveremmo -spesso e volentieri- nella situazione “imbarazzante” di doverci dichiarare agnostici davanti a tutta una serie di cose che potrebbero (e probabilmente sono) solo il frutto della fantasia umana, errori clamorosi, malafede etc.
Da parte mia sostengo che se la cosa X è reale, deve/dovrà poter essere razionalmente (scienza/filosofia) dimostrata tale, diversamente non sarà illogico/irrazionale rifiutare ciò che non “rileviamo” come inesistente.
E’ qui allora che si inserisce il problema dello scientismo il quale, ammettendo la sola scienza galileiana come strumento di indagine della realtà, arriva alla “conclusione” che la teleologia non esiste, dimenticandosi che la Scienza ha estromesso le cause finali a priori dal proprio metodo…
La ringrazio per la risposta JdM, ho colto il senso del suo ragionamento e, in linea generale, lo condivido. Mi sento tuttavia di fare una precisazione; le distinzioni kantiane circa ciò che può essere conosciuto e ciò non può esserlo, cercano di individuare e di tracciare la “linea di demarcazione” tra ciò che può rientrare nell’ambito della conoscenza scientifica e ciò che invece deve essere considerato “metafisica” (in realtà, al problema della demarcazione ci si arriverà con Popper, ma Kant ne è in qualche modo il precursore); sulla base di ciò, pertanto, da un punto di vista scientifico, e sottolineo scientifico, non si può non essere agnostici circa determinati argomenti (Dio, ad esempio), perché di essi non possediamo un’adeguata conoscenza. Ciò non signfica che, ad esempio, Dio non esiste; semplicemente, non possiamo conoscerlo da un punto di vista scientifico, perché si situa su un piano differente.
Per fortuna! Col valore epistemico delle teorie scientifiche staremmo freschi…
Benissimo quanto dice, Nicola. Probabilmente sono io che faccio il passo (all’indietro nel tempo, in effetti) più lungo della gamba quando mi ostino a considerare la Scienza nell’accezione dei medievali, ossia cognitio certa per causas.
Comunque, il succo del mio discorso è proprio questo: se devo dichiararmi agnostico rispetto ad X sia da un punto di vista scientifico (nell’inflessione moderna del termine) sia da quello filosofico/metafisico -o comunuqe esauriti i mezzi di conoscenza razionale-, allora non devo temere d’esser tacciato d’irrazionalità nel rifiutare X come non esistente (per quanto X, nella realtà, potrebbe ancora esistere e la causa del nostro fallimento nel rilevarlo andrebbe imputata ai nostri mezzi limitati. Rimane il fatto che per noi è come se non esistesse.)
PS. Certo, una posizione agnostica sarebbe pur sempre possibile, ma risulterebbe piuttosto debole…
Chiarissimo il suo discorso, JdM, la ringrazio per l’interessante confronto.
Grazie a lei, Nicola.