Il nazismo non è solo un’episodio del passato, è un punto di arrivo posto nel futuro della modernità
Il centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini si avvia a concludersi tra eventi che indugiano sul ricordo della persona, mostre su opere e momenti della sua vita sono sorte in tutta Italia effettuando però un sostanziale censura della sua eredità.
Una ricorrenza che giunti quasi al termine ha evidenziato uno svuotamento di significato per ripiegarsi su una celebrazione di facciata di aspetti esteriori e marginali della sua opera.Il messaggio finale del suo pensiero politico più profondo venne affidato all’ultimo film pubblicato postumo nel gennaio del 1976, “Salò o le 120 giornate di Sodoma”, ispirato a un’opera del Marchese De Sade, un film dove la fine del nazifascismo nasconde un suo proseguimento all’interno di una villa dove un gruppo di giovani ragazzi e ragazze viene sequestrato e sottoposto a ogni genere di abusi e sevizie.Il riferimento a De Sade implica quello a una visione politica di tipo malthusiano (e quindi liberistico) che l’autore francese espresse in alcuni passaggi del suo libro “La philosophie dans le boudoir”. Nell’opera di De Sade, così come nel film di Pasolini, la storia si sviluppa come un viaggio dantesco attraverso i gironi di un inferno sulla Terra, è la rappresentazione della società che sarebbe succeduta alla seconda guerra mondiale. Il nazismo battuto sui campi di battaglia in realtà si è conservato in una forma se possibile ancor più disumana e si protrae nell’epoca successiva di apparente libertà in una popolazione sostanzialmente passiva e incapace di una qualsiasi forma di ribellione, una società dove tutto è concesso fuorché i legami di coppia e la preghiera poiché possibili inneschi di una ribellione.Passando da De Sade a Pasolini la descrizione della società della modernità si svolge attraverso la riduzione animalesca dell’essere umano a solo oggetto. Il nazismo con i suoi orrori non fu un incidente di percorso ma un coerente frutto della modernità, per usare le parole di Zygmunt Bauman:
“Credevo (per manchevolezza, più che per convinzione) che l’Olocausto rappresentasse un’interruzione nel normale corso della storia (…) il sospetto, in breve, che l’Olocausto non sia stato un’antitesi della civiltà moderna e di tutto ciò che (secondo quanto ci piace pensare) essa rappresenta. Noi sospettiamo (anche se ci rifiutiamo di ammetterlo) che l’Olocausto possa semplicemente aver rivelato un diverso volto di quella stessa società moderna della quale ammiriamo altre e più familiari sembianze; e che queste due facce aderiscano in perfetta armonia al medesimo corpo”.
Il pensiero nazista permea dunque la società occidentale, non è un corpo estraneo inserito dentro ma la sua profonda natura, qualcosa che l’intossica dall’interno, una specie di acqua che sale dal basso inghiottendo infine tutto, detto con le parole dello stesso Pasolini nell’ultima sua intervista “Siamo tutti in pericolo”. Quell’ultima intervista rilasciata il pomeriggio stesso del giorno in cui avrebbe incontrato la morte.
“È come quando in una città piove e si sono ingorgati i tombini. L’acqua sale, è un’acqua innocente, acqua piovana, non ha né la furia del mare né la forza delle correnti di un fiume. Però, per una ragione qualsiasi non scende ma sale. È la stessa acqua piovana di tante poesiole infantili e delle musichette del “cantando sotto la pioggia”. Ma sale e ti annega. Se siamo a questo punto io dico: non perdiamo tutto il tempo a mettere un’etichetta qui e una là. Vediamo dove si sgorga questa maledetta vasca, prima di annegare. ”
L’incubo di Salò o le 120 giornate di Sodoma è già ampiamente realizzato ma non ancora compiuto. Quello che in Pasolini era un’intuizione viene mostrato in modo sistematico ne “Il Punto Omega” ricostruendo le comuni radici del pensiero liberista e nazionalsocialista, il loro sviluppo parallelo, i tentativi di nasconderne le somiglianze all’indomani della Seconda Guerra Mondiale e il suo progettato compimento nella trasformazione sociale chiamata Grande Reset o Quarta Rivoluzione Industriale.Omega è l’ultima lettera dell’alfabeto greco, rappresenta il punto di arrivo della traiettoria di una modernità che ha attraversato il XX secolo giungendo fino a oggi.
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Roberto Calasso. Un enigma insoluto
di Danilo Fabbroni
LEMMAPRESS EDIZIONI
Brillante, colta, erudita… L’opera di Calasso suscita ovunque ammirazione e nel plauso generale ha affascinato molti lettori. Espressione di un pensiero senza dubbio visionario, ma questo non basta: dove portano, in concreto, quelle pagine erudite? Oggi più che mai dobbiamo chiederci qual è l’approdo, ovvero il télos, della pagina calassiana, in cui si esalta così spesso l’elemento più selvaggio del paganesimo, lo stupro, il sacrificio, la possessione: fu solo il gioco intellettuale di uno spirito libero e, perché no, profetico? L’intuizione di un’attualissima Cassandra? O l’espressione di una corrente di pensiero ben precisa – la gnosi spuria, il nichilismo – volta a distrugger dall’interno le fondamenta stesse dell’Occidente? La domanda non è oziosa, né teorica soltanto: anche il cavallo di Troia era bellissimo a vedersi, ma portava nel suo grembo germi di dolore vero.