Testo dell’intervento del 5 giugno al convegno di Nemi.
Video dell’intervento disponibile su Byoblu.
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Un Mondo Nuovo è in ogni caso in arrivo, o sarà quello della quarta Rivoluzione Industriale, il Grande Reset, o sarà un altro costruito sul fallimento di questa.
La Quarta Rivoluzione industriale, così come le precedenti, è una fase dello sviluppo del pensiero liberista che è rimasta l’unica ideologia superstite del ‘900 e che con la globalizzazione sarebbe imposta all’intero pianeta una volta eliminati i vincoli posti dal pensiero marxista e da quello cristiano.
Ma liberismo e totalitarismo hanno un legame diretto e il primo ha come traiettoria finale il secondo, la libertà vista come competizione darwiniana non può che capovolgersi nella privazione della libertà per la maggior parte delle persone, quelle che risultano perdenti nella competizione stessa, per dirla con le parole di Marcuse:
…si può dire che sia il liberalismo stesso a generare lo Stato totalitario ed autoritario, che ne è il perfezionamento in uno stadio avanzato dello sviluppo.
Lo stato totalitario ed autoritario fornisce l’organizzazione e la teoria della società che corrispondono allo stadio monopolistico del capitalismo.
Basandosi sulla competizione darwiniana il liberismo è biologia applicata, ma secondo le parole di Rudolf Hesse che ra il numero due del Terzo Reich, è proprio la ‘biologia applicata’ ad essere alla base del pensiero nazionalsocialista, si tratta di una biologia che prende ispirazione dal pensiero del sociologo Thomas Robert Malthus che tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’ ‘800 identificò l’origine dei mali sociali, e in particolare della povertà, nella sovrappopolazione a sua volta causata dall’assistenza fornita ai poveri, cioè a persone che in natura non sarebbero sopravvissute, un pensiero che era condiviso in determinati ambienti culturali dell’epoca e del quale troviamo testimonianza negli scritti del Marchese De Sade quando nel suo La Philosophie dans le Boudoir del 1795 affermava:
Una delle principali colpe dell’attuale governo consiste proprio nel fatto di avere una popolazione fin troppo numerosa, e quegli individui superflui non direi proprio che costituiscano una ricchezza per lo Stato. Certi individui in sovrannumero sono come rami parassiti che, vivendo completamente a carico del tronco, finiscono sempre per estenuarlo. Ricordatevi che, sotto qualsiasi governo, quando la popolazione è superiore ai mezzi di sussistenza, quel governo se la passa male.
Questa visione del mondo implicava un inevitabile cinismo e non è un caso che de Sade, che come vediamo per primo parlò di malthusianesimo prima di Malthus, sia principalmente ricordato come fondatore di quella pratica di infliggere sofferenza traendone piacere che prende da lui il nome di “sadismo”.
de Sade è anche l’autore del libro Le 120 giornate di Sodoma, un trionfo della sottomissione dell’essere umano ridotto ad oggetto alla volontà di una classe dominate che trovatasi ad agire senza limiti imposti finisce inevitabilmente con l’infliggere alla classe sottomessa sofferenze che non sono utili se non unicamente come dimostrazione do dominio del potere stesso.
Questo messaggio è stato racchiuso in tempi più recenti nel film del 1975 Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini, del quale tra l’altro ricorre quest’anno il centenario della nascita, una ricorrenza vede già ignorare la vera essenza e attualità del suo messaggio. Ma quello che Pasolini aggiunge al libro di De Sade è un messaggio tanto sconcertante e macroscopico quanto largamente ignorato, è il messaggio che tra il nazifascismo e il mondo uscito vincitore della Seconda Guerra Mondiale non esistono soluzioni di continuità.
La moderna società occidentale la cui governance è liberista, è un mascherato proseguimento dei principi ispiratori del nazismo.
La società rappresentata da quel De Sade, malthusiano ante litteram, è la stessa descritta da Pasolini, una rappresentazione di quello che sarebbe stato il liberismo e la degenerazione del potere alla fine del XX secolo dove il sadismo diventa un mezzo consustanziale al potere, per Pasolini nella società capitalistica e borghese, che il fascismo ha promosso, si assiste a quello che Marx chiama la mercificazione dell’uomo, la riduzione del corpo a oggetto finalizzato allo sfruttamento. Nel film si susseguono torture, atrocità, perversioni, tutto è conseguenza del dispositivo di controllo del corpo dell’altro, di dominio, nel momento in cui l’essere umano diventa biologia tutto diventa tecnica della sottomissione e ricerca zootecnica di una pretesa perfezione fisica finalizzata al sacrificio.
Come reazione all’esperienza fascista venne scritta nel 1947 la Costituzione della Repubblica Italiana i cui principi erano fondati su quelli della tradizione cattolica da una parte e dell’ideologia comunista dall’altra, che avevano punti di contatto sui diversi principi etici contrari alla mercificazione umana, dell’avversione a questi principi parla il film nel punto in cui vengono puniti con la morte una ragazza sorpresa a pregare e un ragazzo comunista sorpreso ad amare una donna, la società sorta dopo la Seconda Guerra Mondiale non avrebbe gradito quei valori.
Il nazionalsocialismo considerato non come incidente di percorso ma come figlio della modernità viene portato all’attenzione anche dal filosofo Zygmunt Bauman nel saggio “Modernità e Olocausto” del 1989, nella cui prefazione afferma:
Credevo (per manchevolezza, più che per convinzione) che l’Olocausto rappresentasse un’interruzione nel normale corso della storia, una formazione cancerosa cresciuta sul corpo della società civile, una momentanea follia in un contesto di saggezza. Potevo così dipingere per i miei studenti il quadro di una società normale, sana e saggia, lasciando la storia dell’Olocausto nelle mani dei patologi di professione…
L’Olocausto fu pensato e messo in atto nell’ambito della nostra società razionale moderna, nello stadio avanzato della nostra civiltà e al culmine dello sviluppo culturale umano: ecco perché è un problema di tale società, di tale civiltà e di tale cultura.
Bauman pone il problema dell’Olocausto, che non può che essere a sua volta un prodotto del nazionalsocialismo, arrivando ad affermare che quella manifestazione estrema di una visione politica non sia stata una ‘interruzione della storia’ ma proprio qualcosa di organico alla storia occidentale moderna.
Prosegue Bauman:
…il sospetto, in breve, che l’Olocausto non sia stato un’antitesi della civiltà moderna e di tutto ciò che (secondo quanto ci piace pensare) essa rappresenta. Noi sospettiamo (anche se ci rifiutiamo di ammetterlo) che l’Olocausto possa semplicemente aver rivelato un diverso volto di quella stessa società moderna della quale ammiriamo altre e più familiari sembianze; e che queste due facce aderiscano in perfetta armonia al medesimo corpo.
Alle stesse conclusioni giungeva anche Hannah Arendt nel suo “Le origini del totalitarismo” del 1951 nel quale il totalitarismo viene visto come fenomeno unico del Novecento in quanto racchiude in sé la cristallizzazione delle caratteristiche del tempo che non hanno precedenti storici e seguono dinamiche del tutto originali. Lo Stato totalitario funziona mediante un apparato nel quale solo pochi detengono la capacità di conoscere e agire, ma se la modernità porta inevitabilmente allo Stato totalitario quest’ultimo mediante i suoi metodi, l’organizzazione, l’apparato statale, la polizia e l’ideologia, conduce a sua volta al campo di sterminio che costituisce la “istituzione suprema” di ogni regime totalitario.
Se lo stesso Olocausto è un volto della società moderna, che invece viene ammirata per altre e più familiari sembianze, si comprende come si possa vivere in una società che condivide le stesse istanze di base del nazionalsocialismo senza vedere quest’ultimo.
L’incapacità di scorgere intorno a noi gli stessi principi del nazionalsocialismo si spinge fino a farci ritenere che ci si trovi in una realtà in netta contrapposizione con esso, questo occultamento è stato favorito paradossalmente attraverso celebrazioni e ricorrenze in cui si è condannato il nazifascismo ma fermandosi agli aspetti più esteriori i senza entrare nelle ragioni più profonde e autentiche del fenomeno, una modalità che ricorda i “due minuti di odio” orwelliani fondati sull’emozione e il sentimento più che sull’analisi documentata dei fatti e della visione dell’epoca, e che ha trasmesso la falsa sicurezza di una distinzione invalicabile e cristallizzata tra un ‘noi’ buoni e un ‘loro’ cattivi.
Come sarebbe stata una società biosocialista lo descrisse con grande chiarezza Aldous Huxley nel romanzo distopico “Il Mondo Nuovo” che racconta di un mondo governato sui principi della biologia, in particolare quella evoluzionistica, un libro che significativamente è stato scritto nel 1932, un anno prima che Hitler prendesse il potere, il collegamento tra quel romanzo e quello che sarebbe accaduto in Germania l’anno dopo passa largamente inosservato ma il racconto di Huxley descrive proprio il nazionalsocialismo narrandolo in una fase molto avanzata del suo sviluppo rendendolo irriconoscibile e nella quale non è più necessario agire con misure violente e coercitive perché come scriverà lo stesso Huxley nell’ultima pagina del successivo “Ritorno al Mondo Nuovo” :
…sotto un dittatore scientifico l’educazione funzionerà davvero e di conseguenza la maggior parte degli uomini e delle donne cresceranno nell’amore della servitù e mai sogneranno la rivoluzione. Non si vede per quale motivo dovrebbe mai crollare una dittatura integralmente scientifica.
Ma già all’interno del regime nazista non era percepita alcuna coercizione, tutto quello che avveniva veniva sentito come ‘libertà’, all’interno del Terzo Reich le persone vivevano esattamente come i protagonisti della distopia huxleyana, con il loro programma eutanasico Aktion T4, con la loro politica eugenetica del Lebesborn, con la divisione in caste di umani fino ai sub umani (ebrei e slavi), con il rogo dei libri e la riscrittura del passato, con la soluzione finale per i dissidenti, l’idea di una globalizzazione senza più frontiere, di una religiosità neopagana e altro ancora ma contrariamente a quanto si crede loro sentivano di essere liberi.
Ma anche il secondo grande romanzo distopico del Novecento, 1984 di Orwell, racconta a ben vedere l’affermarsi di un biosocialismo di tipo nazista. Scritto nel 1948 è ambientato in un mondo dove si è imposto un pensiero unico che è quello dell’ Ingsoc, il “socialismo inglese”, quindi Orwell in pratica ci stava parlando della Fabian Society, ma in quanto tale è anche un “nazional socialismo”. Mentre Huxley rappresenta un biosocialismo instaurato da tempo Orwell ne rappresenta la fase iniziale dove la guerra e la paura sono ancora strumenti di governo.
Huxley scriveva nell’anno prima dell’ascesa al potere di Hitler mentre Orwell all’indomani della sconfitta del Terzo Reich e dell’affermarsi dello stalinismo, entrambi raccontavano di un inevitabile compiersi del totalitarismo socialista fabiano, di un’ideologia che avevano avuto modo di conoscere e vedere dall’interno e che l’epifania nazionalsocialista aveva mostrato nel pieno delle sue potenzialità, Huxley scriveva di qualcosa che doveva ancora compiersi mentre Orwell di qualcosa che aveva già intravisto.
In entrambi i casi la distopia descritta era quella biosocialista di cui il fascismo prima e il nazionalsocialismo poi ne erano stati solo delle anticipazioni, il nazismo non è un episodio del passato ma il punto di arrivo del liberismo ed è nel nostro futuro.
-La società è fondata sulla biologia
Il fondamento biologico della società, già presente da decenni, è stato rafforzato nella crisi pandemica nella quale ha prevalso il principio che la conservazione fisica dell’essere umano è un valore che prevale su qualsiasi altro, sulla libertà di movimento, sulla socialità, sulla libertà di effettuare una scelta medica o il diritto al lavoro in cambio di incerti risultati sanitari, ha avuto come conseguenza quella di dichiarare ancor più modesto il valore attribuibile ai diritti e alla libertà della persona.
Con la pandemia viene restituita una visione antropologica focalizzata sull’aspetto biologico e sulla medicalizzazione della vita umana, l’unica cosa che conta è la sopravvivenza del corpo.
Anche l’economia vista come biologia ha avuto un’accelerazione darwiniana di selezione delle imprese più ‘adatte’ riscontrabile nelle parole di Mario Monti:
“Diviene perciò importante porsi con urgenza il problema di quanto abbia senso continuare a «ristorare» con debito, cioè a spese degli italiani di domani, le perdite subite a causa del lockdown, quando per molte attività sarebbe meglio che lo Stato favorisse la ristrutturazione o la chiusura, con il necessario accompagnamento sociale, per destinare le risorse ad attività che si svilupperanno, invece che a quelle che purtroppo non avranno un domani.”
-La scienza prende il posto della religione
La religione salvifica della scienza si estende dal primario ambito medico a questioni come quella del clima e detta la morale in ogni campo in quanto la morale non esiste se non come adeguamento ai meccanismo naturali, è una religione positivista che abbraccia ogni aspetto della vita. La locuzione ‘lo dice la scienza’ prende il posto degli atti di fede e lo fa negando al tempo stesso la fede come possibilità, in ogni ambito la scienza diventa il riferimento veritativo e lo fa soprattutto nei due campi principali della società biosocialista, l’economia e la salute.
In economia la cornice è stata realizzata intorno alla mitizzazione del ruolo dei ‘tecnici’ che altro non sono che gli scienziati del campo e che in quanto tali sono stati dipinti in un lungo percorso preparatorio come disinteressati e immuni dai difetti dei politici tracciando tra le due categorie un solco antropologico che non trova giustificazioni. La religione dei tecnici si chiama tecnocrazia e sostituisce le teocrazie dalle quali è indistinguibile per metodi e riti. Nell’ambito biologico la cosa è stata più facile in quanto da sempre la verità sul corpo è stata affidata alla figura del medico, col passaggio ad una società materialista la verità sul corpo è automaticamente diventata la verità sull’uomo.
– La gestione della società deve essere supportata dagli scienziati
In pieno spirito comtiano la religione che lascia i suoi spazi alla scienza deve partire dall’aspetto iconografico, il camice sostituisce l’abito talare, i media in televisione fanno i loro sermoni educando le masse alla dottrina scientista, le persone aspettano da essi le parole di salvezza che in passato attendevano dai preti. E come avveniva in passato anche oggi il fatto di mettere in dubbio le parole dei sacerdoti provoca emarginazione sociale e accuse di eresia, colpa più grave se a dissentire sono altri rivestiti del camice, a decretare le condanne è l’autorità di tribunali pubblici le cui sentenze sono proclamate nelle piazze televisive.
-La società biosocialista deve fare affidamento su medici collaborativi
Le cronache degli anni Trenta in Germania raccontano di una classe medica collaborativa e pronta a dare seguito a qualsiasi linea guida passasse da parte delle autorità politiche, pratiche discutibili come la violazione della riservatezza sui dati dei loro pazienti non trovarono opposizioni degne di nota.
Dagli elementi disponibili si può pensare che per aggirare gli scrupoli morali sia stato adottato il metodo di far apparire le iniziative quali il programma Aktion T4 come delle opere fatte per il bene dei pazienti e che questi non fossero in genere capaci di intendere quale fosse il loro vero bene.
Quelli che comunque opposero delle resistenze vennero minacciati di essere radiati e messi in condizione di non poter esercitare la professione.
Una società biosocialista avendo come fulcro il corpo biologico deve necessariamente fare affidamento sulla classe medica, in qualsiasi contesto la biopolitica si manifesti deve passare attraverso il controllo volontario o coercitivo dei medici.
Le misure di radiazione ed eventualmente di gogna pubblica sono inevitabili quando il biosocialismo si manifesta, nel cosiddetto Grande Reset questa componente è presente in modo significativo.
-Per controllare la popolazione deve essere posto in atto uno stato sanitario che con il pretesto della salute conosca e gestisca tutte le caratteristiche degli individui per mezzo di sistemi informatizzati.
Così come il nazionalsocialismo doveva necessariamente far ricorso ai sistemi informatizzati della IBM per gestire le sue politiche eugenetiche, ogni sistema biosocialista deve disporre di un apparato fortemente informatizzato per controllare e gestire le persone. L’informatizzazione permette inoltre di premiare o punire in tempo reale chiunque si discosti dalla linea del partito unico, si tratta di un sistema che consente di escludere il soggetto dalla vita sociale o dargli il permesso di essere incluso, consente di intervenire sui suoi diritti e infine sul suo conto bancario.
L’introduzione di uno strumento come il Green Pass è di fatto quella di un mezzo totalmente biosociologico di schedatura, di controllo e punizione, funzione rafforzata dalla seguente istituzione della piattaforma IDPay sulla quale convergeranno i pagamenti e i servizi.
Il filosofo Yuval Noah Harari in una conferenza alla Stanford University nel 2019 ha posto la questione che l’Intelligenza Artificiale ci conosca meglio di quanto ci conosciamo noi stessi, l’informatizzazione di ogni aspetto della vita permetterà non solo di controllare e premiare o punire i nostri comportamenti ma si spingerà a premiare o punire le azioni che non abbiamo ancora compiuto cioè le nostre intenzioni.
L’economia rispecchierà l’organizzazione sociale degli insetti con la classe operaia geneticamente e farmacologicamente standardizzata, la classe dirigente sarà separata, in modo non più superabile, geneticamente e culturalmente.
L’impoverimento del ceto medio e la standardizzazione delle procedure di controllo dei movimenti e delle relazioni sociali riassunte dalla locuzione “distanziamento sociale” hanno accelerato la liquefazione della società descritta nei saggi di Zigmunt Baumann.
I singoli individui spinti per decenni alla liquefazione dei rapporti sociali vengono infine ad essere condotti verso l’atomizzazione mentre i livelli superiori della gerarchia sociale sono sempre più inaccessibili.
L’essere umano biosocialista è considerato imperfetto per definizione e bisognoso di integrare in modo ingegnerizzato il suo genoma.
-Per uniformare la popolazione sulle stesse idee ed emozioni è necessario un apparato di propaganda capillare ed emotivo che non sia percepibile come tale.
La propaganda ha avuto un ruolo determinate nella società del biosocialismo, fu elaborata da Edward Bernays, nel mondo della sociobiologia deve esistere una verità ufficiale, quando tutto è presentato come legge di natura, certificata dalla scienza, ogni dissenso è inammissibile.
-Per rendere il modello coerente con la selezione naturale non deve essere rivalutato alcun modello passato o comunque alternativo.
Quello che nel nazionalsocialismo fu attuato con i noti roghi dei libri nel biosocialismo globalista viene attuato in modo più pervasivo con la “cancel culture”.
Nel 1933, appena affermato il nazionalsocialismo, le autorità politiche avevano come obiettivo fondamentale quello di convincere tutte le componenti sociali comete organizzazioni professionali e culturali ad accogliere e uniformarsi all’ideologia e alle politiche del Nazismo (Gleichschaltung).
A tale scopo il Ministro della Propaganda Joseph Goebbels diede inizio a tutta una serie di azioni che dovevano spingere gli esponenti della cultura a fare propri gli obiettivi del Reich. Una delle prime misure fu quella di espellere dalle organizzazioni culturali gli Ebrei e altri funzionari ritenuti non collaborativi o che avevano creato opere ritenute “degenerate” dai Nazisti.
Quello che viene definito come il Grande Reset o Quarta Rivoluzione Industriale altro non è che il compimento dell’ideale sociobiologico del biosocialismo che si realizza creando una grande unica classe di sfruttati ridotti alle loro necessità fisiche di base. “Non possederai nulla e sarai felice” ci dice il WEF, non si tratta della realizzazione del comunismo con l’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione ma del compimento del capitalismo con l’impoverimento assoluto della classe lavoratrice mentre per l’élite, che coerentemente con i presupposti darwiniani coincidono con i vincitori della selezione naturale, la proprietà privata sarà di dimensioni mai viste in precedenza.
Non esiste un’alternativa a queste forme di nazionalsocialismo restando all’interno del paradigma antropologico ottocentesco che viene attualmente ritenuto senza alternative.
Il contrasto al biosocialismo assume i connotati di una battaglia per la sopravvivenza stessa dell’essere umano così come lo conosciamo ed esso può essere efficace solamente adottando una diversa antropologia che si imponga su quella riduzionista ottocentesca.
Ma voglio concludere ancora con un riferimento a Pasolini, a quell’ultima intervista rilasciata il pomeriggio stesso della sera in cui avrebbe incontrato la morte.
“Siamo tutti in pericolo” era il titolo da lui stesso scelto, una parola ricorre più volte in quella intervista ed è la parola spranga, come nel seguente passaggio:
“Il potere è un sistema di educazione che ci divide in soggiogati e soggiogatori. Ma attento. Uno stesso sistema educativo che ci forma tutti, dalle cosiddette classi dirigenti, giù fino ai poveri. Ecco perché tutti vogliono le stesse cose e si comportano nello stesso modo. Se ho tra le mani un consiglio di amministrazione o una manovra di Borsa uso quella. Altrimenti una spranga.”
Per Pasolini esiste qualcosa che permea la società e che genera il male che nel tempo può inghiottire tutti:
“Mi sembra che abbiamo definito quella che tu chiami la “situazione”. È come quando in una città piove e si sono ingorgati i tombini. l’acqua sale, è un’acqua innocente, acqua piovana, non ha né la furia del mare né la cattiveria delle correnti di un fiume. Però, per una ragione qualsiasi non scende ma sale. È la stessa acqua piovana di tante poesiole infantili e delle musichette del “cantando sotto la pioggia”. Ma sale e ti annega. Se siamo a questo punto io dico: non perdiamo tutto il tempo a mettere una etichetta qui e una là. Vediamo dove si sgorga questa maledetta vasca, prima che restiamo tutti annegati.”
Quell’acqua piovana che tutto avvolge e che rischia di far annegare tutti in un altro passaggio appare sotto una diversa metafora:
“Qui manca il chirurgo che ha il coraggio di esaminare il tessuto e di dire: signori, questo è cancro, non è un fatterello benigno. Cos’è il cancro? È una cosa che cambia tutte le cellule, che le fa crescere tutte in modo pazzesco, fuori da qualsiasi logica precedente.”
Cosa è quell’acqua che sale e inghiotte tutto, cosa è quel cancro che cambia tutte le cellule e le fa crescere impazzite, nella stessa intervista è la risposta, è quella cosa per cui se hai un consiglio di amministrazione usi quello e se hai una spranga usi quella, è l’ideologia della lotta per la sopravvivenza, della competizione e della selezione, è il paradigma antropologico della lotta omnium contra omnes che si incarna nel liberismo.
E’ solo con un differente paradigma antropologico che si può uscire dalla trappola delle ideologie novecentesche, un differente paradigma che può nascere solamente in un luogo con le radici molto profonde e qui, in luoghi come questo, sentiamo questa profondità
Scriveva Dostoevskij nel Diario di uno scrittore del 1877.“Per duemila anni l’Italia ha portato in sé un’idea universale capace di riunire il mondo, non una qualunque idea astratta, non la speculazione di una mente di gabinetto, ma un’idea reale, organica, frutto della vita della nazione, frutto della vita del mondo; l’idea dell’unione di tutto il mondo, da principio quella romana antica, poi la papale. I popoli cresciuti e scomparsi in questi due millenni e mezzo in Italia comprendevano di essere i portatori di un’idea universale, e quando non lo comprendevano, lo sentivano e lo presentivano. La scienza, l’arte, tutto si rivestiva e penetrava di questo significato mondiale”.
Molti di noi comprendono, sentono o presentono che questo è il compito al quale siamo chiamati, questo è il compito che solo noi possiamo svolgere, tutti noi siamo qui perché lo sentiamo.
Un importante cammino ci aspetta, lo dobbiamo a noi, ai nostri figli, e ancora una volta al resto del mondo.
2 commenti
La ringrazio professore, per questa disamina che coglie, alcuni aspetti essenziali dei processi che stiamo vivendo. Credo che ciò che sia in gioco è la disabilitazione del principio vitale dell’esser umano, principio di unità che facendone un qualcosa di unico lo rende in realtà inattingibile (o, almeno, non completamente attingibile) dai meccanismi attraverso i quali e possibile il controllo totale che un certo potere vorrebbe realizzare. Modernità e Olocausto, mostra come la proceduralizzazione, l’astrazione, la frammentazione, propria dell’organizzazione razionalista, della macchina sociale, potremmo dire, dello stato nazista, avesse reso possibile la liberazione delle forze antiumane. Questa stessa astrazione, si sta ora realizzando al massimo grado nelle società ipertecnologiche e globalizzate.
Dopo la colonizzazione della famiglia ottenuta attraverso la disabilitazione dei suoi principi di unità che ne facevano un tempo “un isola appena lambita dal diritto” secondo la famosa descrizione dello Jemolo, ormai è la volta dell’individuo di essere parcellizzato ed intermediato nella sua biologia dai dispositivi per non essere più unità irripetibile, ma “algoritmo”.
Colgo l’occasione per citare alcuni documenti che possono ulteriormente integrare quanto da Lei bene illustrato.
1) Innanzitutto il corso di Michel Foucault “La nascita della biopolitica”;
2) Poi questa conferenza (tenuta a Davos!) di Yuval Harari, in cui viene lanciato lo slogan “Organism is algorithm”: https://www.youtube.com/watch?v=hL9uk4hKyg4 .
3) Il saggio “L’uomo è Antiquato” di Gunter Anders.
4) Ricordo infine quanto si preconizza in Covid 19 di Schwab/Malleret, sulla “salute mentale” dei cittadini: perché, ancora agli inzi la colonizzazione del corpo, si prepara già il prossimo passo, l’intervento del potere sugli stati mentali dei singoli.
Grazie ancora per il Suo lavoro.
Non trascurerei il _primo_ romanzo distopico del novecento: “Noi” di Evgenij Ivanovič Zamjatin.
https://ia801901.us.archive.org/16/items/Wes-sweggy/untitled.pdf