La negazione delle cure domiciliari ha generato il disastro Covid-19
Uno studio ancora in fase di pre print nel quale figura anche la firma del prof. Remuzzi dimostra che cure domiciliari precoci del Covid19, a base di comuni anti infiammatori, sono in grado di evitare l’aggravarsi della malattia e quindi di prevenire ospedalizzazione, ceraie intensive e decessi.
Questo significa che l’emergenza Covid19 dovrebbe essere dichiarata terminata da oggi e che ogni ulteriore misura di limitazione delle libertà civili è da considerarsi ingiustificata.
Ma questo significa anche che le direttive del Ministero della Salute e ancor prima dell’OMS, nonché in Italia quelle dell’AIFA, contro le cure precoci domiciliari sono state la vera causa di centinaia di migliaia di morti, si tratta della più grande catastrofe provocata non in condizioni di guerra, una strage di cui si dovranno individuare tutte le responsabilità e perseguire gli artefici fino al livello locale.
Si tratta di un evento senza precedenti e da questa consapevolezza non si torna indietro.
34 commenti
https://www.youtube.com/watch?v=_1KsDNQWrgU&t=1952s
Storie di ordinari crimini e menzogne nel Regno del Male.
Se la censura non lo fa sparire…
Le diverse possibili cure del covid vanno avanti in ordine sparso, purtroppo. E senza il supporto di una ricerca che sarebbe doverosa e necessaria per trasformarle in certezze. Ci arriveremo, io credo. Colpevolmente tardi, ma ci arriveremo. Personalmente ho fiducia più nella prevenzione naturale che di quella farmacologica. Viva la quercetina e viva la propoli. Grazie per il link.
Il video dimostra che c’è una precisa volontà a che le cure non vengano sviluppate.
Perché avvenga quanto Lei prevede ed auspica, si tratta di sapere se il buon senso e la capacità critica degli uomini, attraverso gli elementi ancora relativamente sani della società e delle istituzioni, riusciranno ad imporre la tutela del vero interesse delle collettività umane.
“…Il video dimostra che c’è una precisa volontà a che le cure non vengano sviluppate…”.
E’ esattamente questo il nocciolo della questione, e tale intento, è provato oltre ogni possibile dubbio. La minima connivenza con questa classe politica, che va da Conte a Draghi, con tutti i loro sodali, e persino l’indifferenza, equivale a concorso in genocidio. La ragione per la quale le cure vengono negate sta nel fatto che il ricorso a farmaci sperimentali è concesso solo ed esclusivamente se per una data malattia non esistono cure. Per questo Speranza ha fatto ricorso contro il Consiglio Di Stato che, arrendendosi all’evidenza aveva “concesso” (pazzesco!!!) le cure ordinarie, che funzionano, curano e guariscono. Ma Speranza, intoccabile ed inamovibile, doveva portare a termine il suo compito di pusher vaccinista, lui ed AIFA hanno fatto ricorso ed hanno vinto! Come si chiama nel nostro dizionario chi nega le cure ai malati, allo scopo di imporre farmaci sperimentali, la cui sola certezza è che fanno la fortuna di chi li produce?
Per me, la parola giusta è boia, e dato che tale boia opera su vasta scala, proporrei genocida.
Mazzucco, assieme a pochissimi altri, è uno dei rari giornalisti d’inchiesta rimasti. Mi vengono in mente Amodeo e Blondet; peccato che quest’ultimo sia penalizzato da una concezione piuttosto ingessata del cristianesimo. Ce ne sono certamente altri, se qualcuno vuole allungare la lista sarebbe cosa buona.
Aggiungerei Margherita Furlan, Franco Fracassi, Fulvio Grimaldi, Manlio Dinucci, Alberto Negri, per citare solo gli italiani. Anche Pietro Ratto, Gianluca Marletta e lo stesso Enzo Pennetta, che hanno scritto più saggi storici che di inchiesta, hanno però svolto un eccellente lavoro anche in questo campo, Ce ne sono sicuramente ancora diversi altri. Il problema non è tanto la mancanza di veri giornalisti di inchiesta, e forse nemmeno quella di canali in cui essi possano esprimersi al riparo dalla censura. Byoblu di Messora, Visione TV di Toscano, La Casa del Sole TV e Contro TV, sono fra questi ed anche qui la lista potrebbe allungarsi. Il vero problema è che c’è una gran quantità di gente che ha perso totalmente l’idea che si possa cercare in proprio di farsi una convinzione o che ci possano essere cose nascoste e non conosciute, diverse da quelle facilmente reperibili nei canali main stream, che sono visti oramai come una specie di libretto di istruzioni veloce del Mondo, da cui venire a sapere in modo del tutto passivo, come stanno le cose su qualsiasi argomento.
Di fronte a questa passività ed inerzia, non c’è alcun rimedio.
Beh, Enzo Pennetta non si discute, e certamente non per una passata di violino… Ben oltre la qualità dei suoi scritti e delle sue conferenze (di grande levatura), apprezzo in lui il coraggio di essersi messo contro la chiesa evoluzionista, che è di una spietatezza cha fa il paio con quella degli autodafé; per quanto usi mezzi di coercizione e punizione diversi. Scrissi tempo fa a Greylines di provare a dichiararsi anti evoluzionista in una Università. E vedere l’effetto che fa. Da lì in poi il confronto prese una piega surreale.
E comunque, il nostro ospite è saggista e conferenziere, non giornalista d’inchiesta, come, tra quelli da lei citati, sono Dinucci e Grimaldi. Ma anche la Furlan, che ebbe come mentore e maestro Giulietto Chiesa, altro grande fegataccio, cui ho persino perdonato la sua apologia Andropov.
Grande coraggio e preparazione anche Ratto, per quanto certe sue posizioni storiografiche non mostrano il discernimento dovuto.
Marletta è quello più vicino alla prospettiva che ritengo corretta, alcuni articoli e interventi nel suo sito sono di livello davvero alto. Ma neppure lui fa giornalismo d’inchiesta. Magari sarà puerile, ma pagherei il giusto per assistere a un dibattito tra lui e Blondet su … Guénon.
A proposito di ciò che scrive sulla passività delle persone, oggi mi è accaduto di sentire, dopo diverso tempo, una mia parente. Donna caratteriale e intelligentissima, grande medico, già primario in un reparto di prestigio di un ospedale di prestigio. Guardi, faccio fatica a trovare le parole; al di fuori del suo campo di competenza, era come parlare a un’adolescente di 16 anni. Questa donna faceva fatica a capire di che stessi parlando; o era disinformata, oppure informata non lo era affatto. E non stiamo parlando di una coviddarina qualsiasi (ovviamente era del tutto contraria ai sieri genici), o di una casuale passante. Semplicemente, NON SAPEVA. A fine conversazione era molto perplessa, su molti punti fu costretta a darmi ragione; ma la scintilla della santa curiosità non scattò. Ecco perché stanno vincendo!
P.s.
Alberto Negri è quello del Sole 24 Ore? Se sì, cosa c’entra col gruppetto di sopra?
Credo che il maggiore investimento, i gruppi di potere che dirigono quello che sta accadendo, lo stanno facendo proprio sull’uso della tecnologia digitale massiccio, particolarmente sui giovani. Abituarsi a pensare di vedere ogni cosa attraverso il filtro di uno schermo è uno dei fattori in grado di cambiare (in peggio) in modo significativo il rapporto con la realtà.
Alberto Negri è uno di quei casi curiosi in cui un giornalista possa rimanere rispettabile anche se scrive per giornali main stream. Un altro potrebbe essere Massimo Fini. Non ho idea di come la pensi sulle questioni del covid ed ho l’impressione che, se ha potuto, ha evitato accuratamente di esprimersi. Tuttavia, l’ho inserito nella lista per via di un suo libro (in parte storico, in parte d’inchiesta) sugli alawiti (Il Mussulmano errante) e di alcune conferenze sul Medio Oriente, dove, al di là di alcuni limiti (abbastanza ovvi) di comprensione su aspetti che sono al di fuori della portata degli occidentali moderni, ha mostrato, a mio parere, quella onesta e capacità di dire le cose come stanno che è assolutamente tabù per la gran parte dei suoi colleghi mai stream.
Riguardo a Marletta, concordo con il Suo giudizio. Ogni tanto, lascio qualche commento sul suo blog che mi sembra sempre molto interessante. Blondet, mi sembra una persona tendenzialmente sincera, ma ha subito le nefaste influenze di alcuni personaggi che definire oscuri è ampiamente eufemistico e, quel che è peggio, temo possa trasmetterle in qualche misura anche allo stesso Marletta, con il quale ha avuto diversi contatti di tipo professionale e forse anche personale.
qualche refuso:
Credo che il maggiore investimento, i gruppi di potere che dirigono quello che sta accadendo, lo stiano…
quella onestà, mancava l’accento…
A volte mi dimentico di rileggere quello che scrivo e questi sono gli effetti …
Ero quasi certo avesse concordato su Marletta, le fondamenta del cui pensiero mi sembrano saldamente ancorate a ciò che di perenne (nel finito) e di atemporale (nell’Infinito) può darsi agli umani. Non sono un grande conoscitore della Rete, ma per quello che mi consta, il sito di Marletta è il più equilibrato tra quelli di quest’area; in effetti, talvolta vi si sono sviluppati, con profondità e competenza, temi di grande rilevanza.
Tempo fa fui tentato di intervenire, poi mi trattenni; in effetti, salvo che per le poche opportunità di aggancio alla cronaca, tutto ciò che in quell’ambito poteva essere detto è stato detto ben prima di me.
Semmai, mi spiace sempre e tanto assistere ad un uso egoico dell’ingiustizia e della malevolenza nei confronti della gigantesca figura di Guénon. Giusto premettere che smisi di essere guénoniano quando compresi che solo presso un completo fraintendimento del suo pensiero lo si può essere. Dichiararsi guénoniani, infatti, equivale ad auto certificare di non aver capito nulla della sua opera. E tuttavia, fare le pulci ad un gigante, temo, aiuta alcuni ad aggiungere qualche centimetro ai propri tacchi. Come si possono ignorare, se non per mala fede, gli immensi meriti della sua opera? Ne basterebbe (tra moltissimi) uno ed uno soltanto; ma talmente eccelso da consegnare la figura del francese alla Storia profonda: aver riportato alla luce, dopo l’opera di inumazione portata a termine da Kant quasi due secoli prima, il concetto di Metafisica; proprio nell’epoca in cui se ne stava dando l’ennesima contraffazione ad opera di Heidegger.
Ecco, mi chiedo come si possa ignorare una cosa simile, e, di conseguenza, mi chiedo quali punti in comune Marletta possa avere con Blondet. E tutto ciò, sorvolando sul fatto che spesso Blondet cita Guénon come autorità di supporto alle sue tesi! Magari, su tutto ciò lei ne sa più di me, e mentre ci sono le confesso che mi ha messo curiosità circa l’identità di questi “…personaggi che definire oscuri è ampiamente eufemistico…”. Cribbio, sì, mi ha messo curiosità.
Nei primi anni ’90, Blondet stava lavorando ad un particolare libro d’inchiesta. Nell’intenzione dell’autore, questo libro avrebbe dovuto essere una ricostruzione dell’influenza avuta da alcuni gruppi di potere finanziario, particolarmente quelli legati alla Banca Commerciale Italiana, su certi ambienti culturali collocati politicamente “a sinistra” e sui programmi editoriali di alcune case editrici. Una parte almeno dell’intento originario dell’autore, avrebbe voluto ispirarsi alle dottrine di René Guénon, sulla cui comprensione, da parte di Blondet, si devono peraltro fare profonde riserve. In ogni caso, per la pubblicazione di questo libro, Blondet fece capo alla casa editrice Ares che in effetti ne pubblico la prima edizione, nel 1994. Questa casa editrice è fortemente legata all’Opus Dei, di cui il suo direttore, Cesare Cavalleri, è, tra l’altro, numerario fin dal 1958. Non sono in grado di dire se il libro sia stato un’iniziativa di Blondet o se fu in qualche modo commissionato dalla stessa Ares o da ambienti Opus Dei. In ogni caso, è con tutta probabilità per il tramite di Cavalleri che Blondet venne in contatto con un enigmatico “informatore” di cui parla negli ultimi capitoli del libro. Fu questo “informatore” che, nonostante Blondet affermi il contrario, lo spinse a trasformare sostanzialmente il senso del libro che divenne soprattutto un violento e subdolo attacco a R. Guénon e a tutta la sua Opera, verso la quale L’informatore nutriva il più profondo e viscerale odio. Un altro “inflencer” di Blondet sembra essere il collaboratore della rivista “Studi Cattolici” (sempre della Ares il direttore della rivista è lo stesso Cesare Cavalleri) che si cela sotto lo pseudonimo di Angelo Vigna. Nuovamente si tratta di un autore violentemente avverso a Guénon e soprattutto a Ciò che questi ha legittimamente rappresentato.
Le influenze di questi “ispiratori”, si mostrano chiaramente tutt’ora, sia in Blondet che in altri autori che potremmo collocare nel “tradizionalismo cristiano”, ad es. in una strana confusione fra gnosticismo e Gnosi ed in una generale avversione verso qualsiasi tradizione sapienziale, contro la quale viene proposto un cristianesimo di tipo sostanzialmente ottocentesco o di primo novecento, di tipo sostanzialmente letteralista ed esclusivista. Si tratta precisamente di quel “tradizionalismo” verso il quale R. Guénon metteva in guardia in uno degli ultimi capitoli del “Regno della Quantità”. Chi conosce ed apprezza la sua Opera e ne ha avuto una reale, per quanto parziale, comprensione, farebbe molto bene a riflettere sul perché tale “messa in guardia” si trovi proprio in quel libro e proprio nel punto in cui si inizia a parlare dell’ultima fase del processo che vi è decritto.
Quanto ai legami di Marletta con Blondet, essi risultano da vari elementi, ma soprattutto da uno dei suoi ultimi libri, La Guerra del Tempio, di cui Blondet ha scritto una prefazione. Quello che lascia pensare che non si tratti di legami occasionali o di natura solo professionale è il fatto che lo stesso Marletta ringrazia all’inizio del libro Blondet, collocandolo all’interno di una lista di “fratelli e Confratelli”. Si potrebbe forse pensare che si tratti di un riferimento alla comune fede cristiana, ma, benché la cosa sarebbe in linea di principio possibile e legittima, è alquanto improbabile, se non altro perché, a tale stregua, Marletta dovrebbe chiamare così tutte le persone di fede cattolica, cosa che oltre che essere desueta, non sembra venga da lui fatta.
Concordo perfettamente con Lei, infine, sulla questione dei “guenoniani” ed apprezzo molto quello che scrive al riguardo: l’Opera di R. Guénon è semplicemente l’esposizione corretta della Dottrina tradizionale nella prospettiva universale che è propria di ogni ambito sufficientemente interiore e profondo, in qualsiasi tradizione veramente ortodossa. Non è pertanto legittimo riferirsi al pensiero da lui esposto, come a quello di un singolo pensatore individuale, fosse anche di livello molto elevato.
Se mi si consente, casco dalle nubi. Ignoravo tutto di ciò di cui mi ha messo a parte; di questo la ringrazio, anche se quanto appreso è piuttosto deprimente, con persino qualcosa di triviale.
Mi tocca ringraziare l’angelo che mi ha sempre sussurrato di stare alla larga da qualsiasi genere di conventicola (pseudo) spiritualeggiante; e non immagino che fondo di barile debba essere una cosa come l’Opus Dei.
Grazie del suo interessantissimo intervento.
Poche osservazioni.
Mi trova del tutto concorde la definizione del genere di spirito religioso invalso negli ambienti di certo tradizionalismo cattolico, indissolubilmente legato alla mentalità vetero borghese dell’epoca d’oro della borghesia” illuminata”. Costoro sono l’incarnazione del borghese cattolico per come viene immaginato nelle caricature anticlericali. Su quanto ci sia di autenticamente cristiano in queste persone, in tutta sincerità, non saprei; e siccome davvero non so, taccio.
Non torna, comunque, il punto della contraddittorietà del rapporto tra Blondet e Marletta; e oltretutto, non sapevo la storia della prefazione. Nel sito di Marletta, ma anche in alcuni suoi interventi in video, si trovano cose che dovrebbero fare gridare allo scandalo Blondet, altro che violini e prefazioni! E viceversa. E qui mi limito a citare l’autentica mania di Blondet per le cosiddette “profezie” di taluni veggenti; alcune delle quali connotate da una giusta miscela di elementi di puerile catastrofismo e mancanza di senso del ridicolo. Come può ignorare, Marletta, che il ciclo delle profezie si è chiuso con le ultime appendici della Rivelazione, e che, quando la Chiesa era ancora Chiesa, non teneva in alcun conto le “visioni” di alcuno? E dunque, qualcosa non torna. Se Marletta legge Pennetta (rima baciata), magari può rispondere.
Infine, molto interessante ed importante la questione (da lei sollevata) della puntuale confusione tra gnosi, gnosticismo (sterminato mare magnum), ed eresia gnostica. Mi sono sempre chiesto come, in area cattolica, su questo tema ci cascano tutti. E’ successo anche su questo blog, in margine a discorsi a proposito del libro scritto dal nostro Enzo Pennetta e il Prof. Ettore Gotti Tedeschi. Senza fallo, senza saltarne una, Gotti Tedeschi considera sinonimi gnosi, gnosticismo, ed eresia gnostica. E così tutti!!! Tanto che, in area cattolica, “gnosi” è diventato un insulto, o lemma di disvalore assoluto, esattamente come “fascista” è in area liberal. (Mi creda, questa è la prima volta che mi imbatto in qualcuno (lei) che non commette questo marchiamo errore).
In quell’occasione, riflettei a lungo se puntualizzare o meno, se lasciar correre, oppure sollevare la discussione. Per ragioni che qui tralascio, decisi di soprassedere. Lei mi ha offerto lo spunto per tornarci sopra, e l’ho fatto. In effetti, mi rendo conto che, date le condizioni, non è una questione semplice; ma tale è (non semplice) proprio per le osservazioni da lei fatte; ossia, che i cattolici di cui stiamo parlando non sono né Tommaso, né Eckhart, né Cusano! E concludo: malgrado certe sue gravi incomprensioni dell’essenza cristianesimo, su questo punto Guénon vide chiaro e lungo. Vide ed anzi previde l’ineluttabile deriva che avrebbe portato all’anti chiesa del prete argentino. Ovvio che lo odino, di comune accordo, conservatori e progressisti.
Credo anche di potere indovinare di quale associazione si tratti, visto che Blondet e Marletta continuano a palleggiarsi dei post di un “Sodalitium Deiparae Miseris Succurrentis”.
Riguardo a R. Guénon, comprendo che alcune sue spiegazioni possano apparire lontane dalla forma (anche legittima) che il cristianesimo occidentale ha assunto in tempi relativamente recenti. Avendo però in vista il cristianesimo medioevale, specialmente quello anteriore al XIII sec. oppure quello di autori come Meister Eckart, e comparandolo ad es. con i numerosi capitoli di Simboli della Scienza Sacra che parlano della dottrina cristiana, si capirebbe che non c’è alcuna incomprensione in ciò che dice, ma anzi la chiave per una comprensione realmente metastorica del Cristianesimo stesso.
Uno degli effetti del tradizionalismo cristiano di fine ottocento ed inizi novecento è stato quello di selezionare le fonti medioevali secondo certi partiti presi. Così, abbiamo l’impressione che tutto il cristianesimo medioevale sia scolastica ed una parte di patristica. Certamente esse ebbero la loro importanza, ma basta spostare l’attenzione su autori come Basilio, Giustino, Gregorio di Nazianzo, Gregorio di Nissa, Origene o Clemente Alessandrino, l’autore che scrive sotto lo ieronimo di Dionigi l’Areopagita, oppure, più tardi, Scoto Eriugena, Bernardo di Chiaravalle, Guglielmo di Saint Thierry, ed in genere gli esponenti della c.d. Teologia Monastica, o ancora Meister Eckart, per capire che quel cristianesimo è decisamente dal lato delle esposizioni di R. Guénon e non da quelle, pur legittime e spesso importanti, degli autori cristiani più conosciuti. La dottrina ha diversi livelli di comprensione e lo stesso R. Guénon, ha più volte affermato che la stragrande maggioranza dei cristiani occidentali, ad es., avrebbe potuto attenersi ai soli contenuti della Chiesa cattolica dei suoi tempi, senza preoccuparsi di altro. Questo non significa che non vi siano livelli di comprensione ulteriori, che non sarebbero però alla portata dei più.
solo per chiarezza, “l’autore che scrive sotto lo ieronimo di Dionigi l’Areopagita” è un ulteriore citazione dell’elenco e non è riferito, ovviamente, a Clemente di Alessandria.
Grazie ancora per la qualità delle informazioni, anche se mi dà l’ennesima conferma che occorre rassegarsi alla mancanza di buone notizie.
E dunque (per i “tradizionalisti”) tutto si riduce ad una bella e solenne restaurazione delle sacre forme che resero grandiosa l’era cristiana; fatto questo, il Potere Sacramentale farà il resto! Certamente, quelle forme furono venerabili, perfetto involucro per la Sostanza soprannaturale. Ciò che costoro non comprendono, incomprensione che spiega molto del caos attuale, è che le forme, anche le più eccelse, sono per loro stessa natura periture, e che aggrapparsi ad esse, se non addirittura volerle riesumare, è qualcosa di sinistramente simile alla necrofilia. Ed infatti, nell’ approccio al Divino di questo tipo di persona non si può non ravvisare qualcosa di cimiteriale. Vivono nell’illusione che nella sua seconda venuta Cristo rinnovellerà il buon tempo andato; ed evidentemente ignorano una delle dimensioni del processo apocalittico, che consiste nella distruzione di ogni residuo (nessun escluso) del vecchio mondo.
E ciò accade perché non solo ignorano, ma violentemente avversano, ogni apertura alla dimensione metastorica della loro stessa religione (cosa cui le accenna); essendo legato e limitato l’aspetto exoterico ad un luogo preciso e un tempo preciso. Senza rendersi conto che così facendo ne fanno un fenomeno tra altri fenomeni. Le grandi figure di mistici e teologi che lei cita tutto ciò lo ebbero ben chiaro; e non a caso molti di loro (o parti importanti della loro Dottrina) incapparono in inquisizioni di varia natura, richieste di abiura, e processi vari. Lo stesso Eckhart salvò le terga per un pelo.
Detto ciò, la comprensione che Guénon ebbe del cristianesimo rimane ugualmente parziale e tratti persino superficiale. Un esempio per tutti, il suo totale fraintendimento del misticismo; per tacere che probabilmente (limitatamente all’aspetto dottrinale) conosceva poco figure come Scoto Eriugena (molti suoi passi ricordano le Upanishad), Eckhart, Silesius, o Cusano (tralasciandone molti).
Tornado ai “tradizionalisti”, non resta che lasciarli a scrutare l’orizzonte per verificare se magari il Katékon si sia caso mai distratto, e tirarlo un po’ per la giacchetta.
Mi pare che questa religione sia davvero finita.
P.s.
Due note sui vaccini.
https://tg24.sky.it/salute-e-benessere/2021/03/16/vaccino-moderna-bambini-neonati-test
https://nursetimes.org/vaccini-covid-19-al-via-la-sperimentazione-sui-neonati-e-sui-bambini/116751
https://notizie.virgilio.it/vaccino-covid-neonati-bambini-quando-arriva-annuncio-1480747
https://www.ilmessaggero.it/salute/prevenzione/covid_pfizer_vaccino_under_11_neonato_pronto_novembre-5952909.html
https://www.corriere.it/salute/dermatologia/21_marzo_16/covid-via-test-moderna-neonati-bambini-piccoli-b1799126-8668-11eb-90f0-a248214a3d06.shtml
https://qds.it/covid-al-via-sperimentazione-vaccino-su-bambini-dai-2-mesi-in-su/
E dunque, dopo i vaccini per bambini e neonati, di cui ho fornito amplissima documentazione appena sopra, apprendiamo (ma noi non coviddari lo sapevamo da anni) da fonte ufficiale super mainstream, “The Guardian”, dell’utilizzo biopolitico di nanoparticelle di ossido di ferro superparamagnetiche (SPION) per controllare il comportamento della popolazione. https://www.theguardian.com/science/neurophilosophy/2016/mar/24/magneto-remotely-controls-brain-and-behaviour
Che queste nanoparticelle siano presenti nei sieri genici (spacciati per vaccini) attualmente siringati dentro i corpi di cavie volontarie, non lo si sa con certezza; mentre con certezza si sa che il veicolo migliore per introdurle dentro i corpi delle persone sono precisamente i vaccini, o comunque le siringhe.
I soggetti che dispongono di entrambe le tecnologie sono i medesimi; hanno corpi di cavie a volontà, hanno siringhe, sieri-vaccini a volontà, hanno SPION a volontà, hanno l’intero appararato della propoaganda mondiale volontà. Se vogliono posso farlo, sempre non lo abbiamo già fatto.
Allego il link da cui ho tratto l’idea di questo post, corredato da materiale documentale certo e credibile. Si tratta di un lupus in fabula, Blondet, di cui, permanendo le riserve espresse nei precedenti post, nutro grande considerazione come giornalista investigativo. Il link dà un piccolo saggio del suo valore.
https://www.maurizioblondet.it/il-vaccino-e-davvero-magnetizzato/
Mi chiedo quanti vaccini dovrebbe farsi uno per avere poi dentro di sé sufficienti nanoparticelle da rendere plausibile la sua tenebrosa congettura sul controllo sociale…
Grazie a Francesco per i link che mi sembrano interessanti (oltre che inquietanti) e, almeno ad una prima occhiata, anche più che attendibili.
In risposta a Giuseppe: un dato è certo, il covid è entrato in modo molto strano nella nostra vita e vi sono davvero tante ombre su quello che è successo. Curiosamente, era stato preceduto da un coro di canti premonitori che dicevano che una pandemia avrebbe permesso di cambiare profondamente la società e lo stesso genere umano. Ancora più curiosamente, coloro che scrivevano nero su bianco queste cose, sono i teorici del fatto che l’uomo come tale deve essere superato come un gradino passato dell’evoluzione e che il gradino prossimo venturo (che si dovrebbe realizzare di qui a dieci anni) sarà un ibrido uomo sintetico. Sempre più curiosamente, quegli stessi che hanno previsto il ruolo della pandemia e che pensano che l’uomo sintetico sia il solo futuro, sono anche quelli stessi che promuovono i nuovi vaccini (ed anche quelli che finanziavano inquietanti esperimenti sui coronavirus a Wuhan, dove tutto sembra cominciato). Sempre più e sempre più ancora curiosamente, questi vaccini sono i primi della storia che operano su un piano genico e di modificazione profonda, a livello cellulare, dell’organismo umano. Infine, e la curiosità va alle stelle, si scopre che proprio la proteina spike che i nuovi vaccini fanno produrre, ha un ruolo fondamentale in alcuni processi neuronali e che esistono processi come quelli descritti nei link postati da Francesco che attraverso delle nanoparticelle, simili a quelle che sembra i vaccini contengano possono innestare cambiamenti ulteriori.
Sarà pure una catena di coincidenze, ma, coincidenza dopo coincidenza, al cyborg, mi pare, ci arriviamo comunque; e vaglielo a spiegare ai nostri figli, che noi non avevamo ragione di sospettare nulla perché bisogna essere ottimisti!
Se quei figli ci saranno, e ci saranno i loro figli e i figli dei loro figli, beh allora qualsiasi cosa sarà successa non saremo noi progenitori al centro dei loro discorsi. Io dico, che il mondo andrà come dovrà andare; se non ci estingueremo, come non dovrà ragionevolmente essere, quegli umani avranno pur sempre i soliti problemi esistenziali, magari con l’aggiunta dei problemi etici di quel tempo che sarà. Di noi dinosauri arretrati non fregherà una mazza a nessuno. Purtroppo o per fortuna! Alla faccia dell’ottimismo.
In effetti, già a partire dal XIII sec. si hanno tendenze ad una visione sempre più esteriore, se non proprio letteralista della dottrina cristiana. Nello stesso tempo si insinua, nei rappresentanti della Chiesa e del Potere temporale, un sempre maggiore sospetto per qualsiasi cosa non rientri negli schemi exoterici alla loro portata. Il culmine di questo processo lo si ha nel secolo successivo che è davvero la fine del medioevo, sotto la maggior parte dei profili.
Per stabilire se R. Guénon abbia avuto o meno una comprensione autentica e profonda del Cristianesimo, occorrerebbe prima capire quale sia questa comprensione. L’esempio del misticismo che Lei cita è molto emblematico, perché è proprio un caso in cui R. Guénon mostra di avere una comprensione profonda delle cose ed i suoi contraddittori, ne mostrano una alquanto recettizia e superficiale.
Ho studiato S, Bernardo per molto tempo ed anche Guglielmo di Saint Thierry e posso assicurarLe che non c’è nulla di mistico in loro, almeno se si vuole conservare a questo termine il significato che può avere ad es. quando lo si applica ai mistici del ‘500 – ‘600. La differenza è molto netta, perché questi subivano stati e percezioni che non controllavano in nessun modo e la ragione era che il loro percorso si situava ancora tutto nel dominio individuale, per cui rispetto a Ciò con cui venivano in contatto, non potevano che avere un ruolo totalmente passivo. Viceversa, gli autori citati sopra, come molti altri del medioevo che vengono classificati a torto come mistici, avevano un metodo e tecniche ben precise e si preoccupavano costantemente che gli stati che ottenevano non dovessero sopraffarli o sfuggire al loro controllo. Il loro fine ultimo non era un legame di tipo sentimentale più o meno travolgente di un’individualità a qualcosa di superiore, ma un assorbimento completo dell’individuale nel sopraindividuale che estinguesse l’individualità, come una goccia d’acqua che finisca in un calice di vino (che ha già in sè naturalmente l’acqua il ché renderà impossibile qualsiasi distinzione). Come sostiene Guénon, pertanto, il considerarli mistici è un’operazione equivoca ed inaccettabile.
Ciò che rende difficile, ai cristiani odierni, accettare le spiegazioni dottrinali di R. Guénon è soltanto questo:
1) R. Guénon rifiuta l’idea che il Cristianesimo sia l’unica vera religione, restando le altre, nella migliore delle ipotesi, confinate nella religiosità puramente umana. Questo non vuol dire che l’idea dell’esclusività cristiana non possa essere accettata come espressione simbolica e neanche che non sia ammissibile che l’accetti in senso assoluto chi non sia in grado di andare oltre la mera religione.
2) I cristiani non accettano che possa esistere una spiritualità più alta di quella detenuta dalla Chiesa exoterica o che non sia riducibile a questa.
3) Pur ammettendo la possibilità di perdurare dell’anima individuale in un tempo senza termine, R. Guénon, come in ogni tradizione completa, non considera l’individualità umana come il fine ultimo, ma ne prevede il superamento nel sovraindividuale.
Esclusività e superiorità del cristianesimo (occidentale) rispetto ad ogni altra religione (e dunque della civiltà occidentale rispetto ad ogni altra cultura); negazione di qualsiasi prospettiva che superi quella individuale (ed individualista) occidentale e i poteri che vi presiedono e che non sia alla portata di tutti; assolutezza dell’anima individuale umana: sono tre cose a cui gli occidentali (si ritengano o meno cristiani) non rinuncerebbero mai nemmeno se dovessero andare a comprarle dal diavolo in persona. In definitiva, si tratta, su un piano religioso, di una delle tante manifestazioni della volontà di potenza degli occidentali.
Quanto a Scoto Eriugena, tutto quello che posso dire è che Guénon lo cita e molto a proposito nel IV cap. del libro “L’uomo ed il suo divenire secondo il Vedanta”, mostrando di comprendere della sua dottrina, quello che in ogni altra esposizione in cui mi sono imbattuto, non viene compreso.
Con riguardo alle notizie su SPION non mi attribuisco alcun merito, se ve n’è uno, esso va a Blondet che sa dove e come pescare informazioni. Ovviamente, notizie del genere sono datatissime, di questa roba si parla da decenni; la cosa interessante ed inquietante è che ne dia notizia il Guardian, il che vuol dire: “ragazzi, è ufficiale!”
Piuttosto, prima di commentare il suo interessante post, vorrei chiederle di usarmi la cortesia di chiarire il significato di questo brano, che non riesco a cogliere. La prima parte non necessita spiegazioni, è ovvio che per parlare di qualcosa (nel nostro caso di una comprensione) serve un accordo sui termini di tale comprensione. Ciò che non comprendo è quello che viene dopo.
“… Per stabilire se R. Guénon abbia avuto o meno una comprensione autentica e profonda del Cristianesimo, occorrerebbe prima capire quale sia questa comprensione. L’esempio del misticismo che Lei cita è molto emblematico, perché è proprio un caso in cui R. Guénon mostra di avere una comprensione profonda delle cose ed i suoi contraddittori, ne mostrano una alquanto recettizia e superficiale…”
Certo che se mi guardo intorno… Sabato pomeriggio nel centro storico della mia città, una citta molto turistica ma ben frequentata anche dai residenti, noto un’aria leggiadra, tantissima gente che frequenta i tavolini esterni di bar, pasticcerie e ristori. La via della passeggiata intasata, risate, allegria, voglia di vivere e un sole estivo che fa mettere le ali. Guardo, ascolto… Sento uno che dice “vogliono vaccinare i neonati, sono degli assassini”, più avanti una signora racconta “ho fratto la prima ed è come non l’avessi fatta, nessun sintomo”. Un signore molto anziano fuma il sigaro e scuote il capo osservando un gruppo di ragazzi che sono scatenati e in molti senza mascherina… I camerieri del centro storico sono in agguato, alla cattura dei clienti nonostante i tavolini siano quasi tutti occupati. Davanti ai negozi non vedo code particolari, ormai si entra ed esce senza patemi. Siamo regine gialla, tra poco bianca. Sta arrivando il libera tutti che ha il gusto di una carotina data ai coniglietti in garenna… Non so che pensare, ma a parte le mascherine che sono il segno del fatto covid, tutto il resto a me sembra del tutto normale… Boh.
La vita tende ad emergere ogni volta che può, come l’erba spunta negli interstizi dei marciapiedi. C’è qualcosa di bello in questo. Vedremo però cosa succederà al prossimo allarme … almeno, potrei citare una schiera di “esperti” main stream, in realtà banditori delle intenzioni dei padroni del discorso, che continua in un crescendo ad annunciare l’ “era delle pandemie”. Sarei il primo ad essere contento di constatare che non gli è riuscito. Ma che abbiano intenzione di farlo, questo mi sembra fuori da ogni ragionevole dubbio…
Che bello! Continuo la sua metafora vegetale… Quelle che dagli agricoltori vengono definite erbe infestanti sono lottate con tutti i mezzi: diserbanti chimici e naturali, mezzi agronomici come la pacciamatura, addirittura col fuoco con quello che viene definito pirodiserbo o con l’acqua ad alta temperatura di micidiali pompe… Ebbene, da sempre le malerbe risorgono sulle proprie ceneri ed anzi si rafforzano più le si combatte. Così è per il genere umano io penso, abbiamo colonizzato ogni luogo e probabilmente colonizzeremo l’universo, sapranno in che veste quelli che ci saranno.
Gentile Francesco, nel post del 18 maggio, facevo riferimento al discorso sul misticismo, che Lei portava come esempio di quello che sarebbe un fraintendimento di R. Guénon, riguardo al Cristianesimo. Come saprà, proprio questo argomento, fu l’oggetto di una forte contrapposizione fra Guénon da una parte ed i tradizionalisti francesi e gli orientalisti, dall’altra. Gli esponenti di entrambe le correnti applicavano (ed applicano tuttora) l’aggettivo “mistico” a situazioni completamente differenti, con il più o meno consapevole intento di ridurre ciò che travalica il loro orizzonte intellettuale, a qualcosa (il misticismo così come si può configurare a partire dalla seconda metà del XIV sec.) che è in qualche misura (anche se in realtà non totalmente) alla loro portata. Le puntualizzazioni di R. Guénon stanno tutte qui e, nonostante forse una letteratura assai interessata (e per finalità assai malvage) cerchi di di indurre in chi non conosca direttamente i testi, l’idea contraria, egli non ha mai, né disprezzato, né sottovalutato il misticismo, limitandosi a definirlo per ciò che è: un ottenimento in via passiva di stati spirituali di contatto con sfere sovraindividuali, ma che si situano e si filtrano nella sfera individuale più ristretta, vale a dire quella che non ha in sè possibilità di superamento diretto delle proprie condizioni limitative. Perciò, mentre Guénon mostra di comprendere realmente che cosa sia un “mistico” ed applica questo termine in base ad una precisa conoscenza definitoria, i suoi contraddittori, non hanno che un’idea molto vaga ed appunto superficiale di cosa questo sia e la applicano, indifferentemente a tutto ciò che non sono in grado interamente di comprendere. Naturalmente, il problema non è la parola “mistico” in sè, che potrebbe (anche per la sua etimologia) applicarsi anche a chi “mistico” nel senso comune della parola non è affatto. L’essenziale è però, per non creare confusioni gravissime, stabilire che se si chiamano mistici Blaise Pascal, S. Giuseppe da Copertino, Maria Cira Destro o Padre Pio di Pietralcina, non si può usare la stessa definizione ad es. per S. Bernardo, Guglielmo di Saint Thierry o Evagrio Pontico, perché si tratta di cose assai diverse e addirittura relativamente opposte, sia pure nella comune matrice di appartenenza cristiana.
Grazie, per la sua risposta, gentile Anonimo e per il tempo che dedica alla scrittura. Prima di organizzare un’eventuale replica completa e organica, vorrei farle una domanda la cui risposta non le prenderà tempo. Chi sono i “contraddittori”, (che) “ne mostrano una alquanto recettizia e superficiale” del suo post dei 18 05 h. 18,50? E’ sufficiente un solo nome, per capire a che area si riferisce.
In ogni caso, senza una previa chiarificazione del significato del termine (misticismo), ed anche un accordo su cosa debba intendersi per “vero cristianesimo” (come lei ha già rilevato), l’intero discorso si fa difficile.
Anticipo che pur riconoscendo a Guénon un ruolo magistrale e provvidenziale, da un certo punto in poi non mi sono potuto sottrarre dal rilevare alcuni punti nebulosi e contraddittori della sua opera; se non una cecità selettiva dovuta (forse) a certi aspetti davvero curiosi del suo carattere. Circa questo ultimo punto, mi riferisco soprattutto alla nota faccenda del buddismo, che nessuno sforzo apologetico dei guénoniani potrà mai giustificare. Riguardo alle contraddizioni, ne cito solo una, anche perché ha a che vedere con una serie intrecciata di nodosità del pensiero del francese, e che hanno come elementi principali da un lato la in buona parte artificiosa distinzione tra exoterismo ed esoterismo, dall’altra la famosa questione del “lavoro spirituale”, compiuto il quale, se si è “qualificati” e iniziati, prima o poi si vince il primo premio della Super Mega Lotteria. Evidentemente, Guénon riteneva che il Cristianesimo fosse una via spirituale monca, tale da non garantire, (ovviamente) presso le dovute condizioni, la realizzazione dell’obiettivo di ogni vera via. Tanto lo credeva, da farsi prima martinista, poi massone, ed infine musulmano. E’ così che, a parer mio, si spiega l’idea davvero minimale e riduttiva che ebbe della mistica (cristiana), che, in questo vide giusto, talvolta si riduce ad una forma sublimata e magari pia di sentimentalismo, non esente dai rischi di inflazionamento psichico. Ma solo talvolta, mentre più spesso i grandi mistici cristiani percorsero sentieri spiritualmente analoghi a quelli dei fuqarà delle turuk da lui frequentate in Egitto. (O dei monaci Zen, su questo punto, trovo insuperato l’apporto di Thomas Merton, personalità prodigiosa quanto generalmente poco considerata).
Se Guénon si fosse fatto scrupolo di vivere per poche settimane in un convento di contemplativi cristiani, non avrebbe ravvisato nulla di diverso da quanto trovò poi nella sua tariqa al Cairo. Come in ogni ambiente umano, in questi posti si trovano le eccellenze e le mediocrità (più le seconde che le prime); chi pensa che basti l’”iniziazione” e il “lavoro spirituale” per trasferirsi in Paradiso, ha letto troppo (Guénon o altri) e non ha mai messo piede in un monastero, né in una zawya, né in un ashram, né in un dojo. In questi posti c’è davvero di tutto; in Giappone, faccio un esempio per tutti, è frequente nei monasteri Zen la presenza di ragazzotti ivi mandati da facoltosi genitori (che magari finanziano il convento) a “farsi le ossa”, per poi tornare alla vita laica di ogni giorno. In certi casi possono rimanervi (senza la minima vocazione) anche per due anni. Per tacere che se chiedi a un Maestro Zen (di quelli veri) se il suo buddismo è esoterico o exoterico; oppure se l’obiettivo della Via è la salvezza oppure la liberazione (o la si chiami come si vuole), non solo non capisce di che stai parlando, ma è facile ti becchi un colpo di bastone in testa, e stai a pulire latrine per mesi.
Sto cercando di dire che molte formulazioni del francese hanno senso solo all’interno di quell’universo concettuale che, se non ricordo male, Evola definì “scolasticismo guénoniano”. Ma tale universo concettuale non sempre corrisponde a quello reale.
La ringrazio, poi, per avermi dato l’opportunità di riaprire, dopo decenni, “L’uomo e il suo divenire…”, sì, grazie di cuore, avevo 20 anni quando lo lessi per la prima delle numerose volte, e forse 30 quando lo riposi in una sezione specialissima della mia biblioteca. Ebbene, in effetti ricordavo correttamente; Guénon non cita Eriugena, bensì Henry Thomas Colebrooke nella traduzione francese di Pauthier. Per cui, Guénon cita un autore, Colebrooke, il quale cita a sua volta estratti del “De divisione naturae” di Eriugena; fa, insomma, la citazione di una citazione. Insisto su questo punto, non per vane spigolature, ma perché la mia affermazione che Guénon non conosceva o aveva una conoscenza superficiale di Eriugena non è casuale né peregrina. Giacché è certamente un fatto che molti aspetti del pensiero dell’irlandese riecheggiano Shankara in modo impressionante. E lo stesso vale per altri autori, alcuni dei quali da lei citati. Ma chi, se non Shankara fu un metafisico perfetto? Rebus sic stantibus, come poté Guénon fare un cardine del suo pensiero che la cristianità non conobbe la metafisica? Ovviamente, non penso neppure per un istante che il francese abbia deliberatamente mentito, e neppure gli attribuisco partito preso (magari solo un po’). Ma a me appare evidente che egli abbia avuto come minimo scarsa contezza della dimensione metafisica della Religione di Cristo. Ben altro discorso è se tale dimensione sia sempre stata esplicita e “politicamente” rilevante. Sappiamo che non lo fu, tanto che, giusto per rimanere ad Eriugena, questi fu uno di quelli che espose le terga a rischio di eresia. Ma questa è altra storia.
Ultimo punto: i gradi della Mistica e della Spiritualità, e la differenza, se ve n’è una, tra misticismo e spiritualità. Va da sé che ci riferiamo, in entrambi i casi, ad un ambito che contempla la piena ortodossia della radice dottrinale.
Ecco il primo punto: formulata nei termini che seguono, che, immagino, sono quelli che avrebbe utilizzato Guénon, la questione o non trova soluzione, oppure trova quella cui i termini stessi della formulazione la obbligano. Parrebbe che la differenza principale (devo necessariamente semplificare) verta sul fatto che il mistico è “passivo”, mentre la persona spirituale è ”attiva”. Una seconda differenza sarebbe che il mistico esaurirebbe il suo rapporto col Divino quasi esclusivamente sul piano emozionale; mentre la persona spirituale starebbe prevalentemente centrata nell’Intelletto Puro. Una terza sarebbe che il mistico, ad andargli bene, consegue la “salvezza” individuale; mentre la persona spirituale avrebbe la possibilità di andare altre il piano individuale, e da lì “raggiungere” la perfetta liberazione.
Ora, per grandi linee, questa è la concezione guénoniana. Purtroppo, sempre per grandi linee, essa è quasi del tutto falsa.
Il primo punto da rilevare è che prima dell’’800 lo stesso termine “misticismo”, per quanto ne so, o non era neppure presente nelle lingue europee, o, nei rarissimi casi, non aveva alcuna parentela semantica con l’uso guénoniano.
“Mistico”, fin dall’epoca dei Culti Orfici, connota la vasta area semantica che fa riferimento al rapporto dell’uomo, o, per essere più precisi, della sua ordinaria concezione della Realtà e dello stato di coscienza a questa corrispondente, e il “Mistero”. Il “Mistero” è, precisamente, ciò che inaccessibile, “chiuso” allo stato di coscienza funzionale alla realtà consensuale.
Una prima conclusione. Primo, il termine “misticismo” è di conio recente (non credo più di due secoli). Secondo, nella specifica accezione guénoniana è ancora più fresco; non posso dirlo con certezza, ma credo sia cominciato a circolare negli ambienti occultisti franco-inglesi, attorno alla seconda metà dell’’800. Ed è da qui che Guénon lo ha con tutta probabilità mutuato. Così come dagli stessi ambienti ha attinto (rielaborandola) la nozione di “Tradizione”, come categoria interpretativa metastorica dello svolgersi delle umane vicende. Per quanto ne so, nessuno aveva mai parlato di “Tradizione” (in senso guénoniano) prima di Guénon. Mentre di Sophia Perennis sì.
E dunque, tornando al “misticismo”, su quale base il francese ha preteso di interpretare un certo fenomeno ultrasecolare, atteso che prima della formulazione datane e nei termini di quella formulazione quel fenomeno non esisteva?
“Mistico” può essere correttamente riferito soltanto a tutto lo spettro di rapporti tra l’essere umano e il “Mistero”; dando per implicito e scontato che tale rapporto deve trovare collocazione all’interno dell’alveo di un’autentica Via Spirituale. Ora, è parimenti ovvio, che deve necessariamente esistere una gerarchia di dignità e perfezione nell’ambito delle indefinite possibilità di tali rapporti. La fede semplice delle antiche nonnine che non mancavano un rosario e una messa, nella precisa misura della sua sincerità e del suo radicamento nel cuore, non può non avere una connotazione mistica, giacché reale ed eterno (nella misura dell’eternità dell’Oggetto) è il rapporto fra la nonnetta e il Mistero. Né si deve pensare che la nonnetta sia meno mistica (nel senso su dichiarato) del più eccelso dei contemplativi (e difatti nessuno di costoro si attribuirebbe un primato), giacché, per esatta analogia con la spiegazione di Dante, istruito da Piccarda Donati, pur sullo sfondo di una gerarchia oggettiva (quella delle beatitudini), in ciascun rapporto col Divino si compie la perfezione del Soggetto Assoluto che tale rapporto rende reale ed eterno. Ed è solo questo che conta! Per quello che può valere una mia testimonianza, mi è accaduto più spesso di vedere sentire e comprendere “più di mistico” in soggetti cosiddetti “semplici” (soprattutto femminili), che in “iniziati” veri, con tanto di lignaggio certificato e garantito.
Guénon è utile, è uno dei pochi autori cui riconosco la dimensione magistrale; ma può essere un errore fatale cucire addosso al proprio percorso tutto quello che ha scritto (parlo in generale).
Non si attraversa la cruna dell’ago superando un esame di Vedanta, e neppure essendosi assicurata la “regolarità” iniziatica; e neppure con l’esecuzione puntuale e zelante di tutti i rituali “Tradizionali”. Non saprei dire come si attraversa quella barriera, nessuno, in realtà, ha mai saputo spiegarlo veramente. Comincio a credere, tuttavia, molto ereticamente, che non ci sia alcun ago, e che la barriera sia la prima e più inveterata illusione della mente.
Mi fermo, ero partito per dire due cose, e invece ho messo troppa carne al fuoco; ma, soprattutto, non so davvero a quanti possano interessare questi nostri scambi. Non vorrei che stessimo approfittando della cortesia dell’ospite.
Io credo che questi “scambi”, per la verità lunghi lunghi, siano però proficui e alla fine persino stimolanti. Resto ogni volta stupito della profondità delle sue conoscenze e sensibilità ed è per questo, forse, che non la riconosco là dove invece usa l’ascia in certi giudizi trancianti.
Vede, io sono un uomo pieno di difetti e istintivo, anche sanguigno ma sempre sincero anche là dove sbaglio. Ma penso, forse immodestamente, di avere dopo 60 anni vissuti a contatto con molte persone di tutte le risme, almeno il pregio di conoscere l’animo dei miei interlocutori attraverso i loro modi di porsi… In questo suo ultimo intervento è emerso per me il vero Francesco. E la ringrazio di cuore di aver citato Thomas Merton, uomo onesto e coraggioso, e autore di grande spessore che ho conosciuto, pensi, per merito di un mastro panettiere della mia città che me ne ha parlato fin che divoravamo un suo pane e salame. Ho iniziato a capirlo, coi miei limiti, con quel capolavoro pieno di verità che è “La montagna dalle sette balze”. Mi ha fatto venir voglia di rileggerlo per tornare a immergermi nel dolce divenire di una vita che si forma e plasma nella verità. Grazie
Gentile Francesco, anch’io sono un po’ a disagio, perché adesso, il suo lungo post richiederebbe anche da parte mia una lunga risposta. Troppe sono le cose che richiederebbero una messa a punto e mi sembrerebbe scorretto continuare questa discussione che ci allontanerebbe troppo dai temi proposti nel blog, rischiando, oltretutto, di creare una grande confusione su discussioni più specifiche e più attinenti agli argomenti.
Pertanto, mi limiterò a darLe solo due risposte, una puntuale ed una generale.
La puntuale, alla prima domanda che mi pone: Le faccio un unico nome: J. Maritain.
La generale: è molto difficile, dalla prospettiva in cui Lei si pone, affrontare una discussione su questi temi. In tale prospettiva, la maggior parte dei termini specifici non trovano il loro referente di significato, per la qual ragione, o vengono inconsapevolmente ridotti ad altre cose conosciute, oppure rimangono parole vuote a cui non è possibile attribuire alcun significato.
Sono contento di sapere che comunque la lettura di alcuni libri di R. Guénon, Le ha permesso di arricchire la Sua visione delle cose che risulta in effetti ben più profonda della media degli uomini di questo tempo e potrà permetterLe, spero, di orientarsi in un mondo di tenebre, inganni e immani illusioni.
E’ vero che sappiamo che la nostra conoscenza rimane sempre e comunque molto limitata, non foss’altro che perché siamo poveri esseri finiti, sempre un po’ brancolanti nel buio, ma forse, con la Misericordia del Principio da cui tutte le cose dipendono, potrà essere sufficiente, per non essere sviati, non dare per scontato di poter comprendere, sulla base delle reali comprensioni che si sono raggiunte, ogni altra cosa che ci si presenti davanti.
Grazie come sempre della sua risposta.
Tratteggerò, nella massima sintesi, pochissimi punti.
1°, avevo immaginato si riferisse a un’area culturale prossima a Maritain, ma aspettavo conferma.
2°, mi scrive:
“… La generale: è molto difficile, dalla prospettiva in cui Lei si pone, affrontare una discussione su questi temi. In tale prospettiva, la maggior parte dei termini specifici non trovano il loro referente di significato, per la qual ragione, o vengono inconsapevolmente ridotti ad altre cose conosciute, oppure rimangono parole vuote a cui non è possibile attribuire alcun significato…”
Ecco, comprenderà perché trovo impossibile commentare, giacché, nell’ordine,
a, non spiega, né lascia intendere quale sarebbe la “prospettiva” da cui mi pongo. Evidentemente, lei sa di me cose che io stesso ignoro, datosi che, ed è la pura verità, io dichiaro pubblicamente la mia ignoranza: non so in quale prospettiva mi pongo; prospettiva dalla quale, come che sia,
b, la maggior parte dei termini specifici “non trovano il loro referente di significato”; cosa per la quale,
c, “o vengono inconsapevolmente ridotti ad altre cose conosciute, oppure rimangono parole vuote a cui non è possibile attribuire alcun significato…”
Ora, devo confessare che la maggior parte dei concetti da me espressi nell’ultimo post non sono farina del mio sacco; se certi “termini specifici non trovano il loro referente di significato”, ecc… tali termini, tali “parole vuote a cui non è possibile alcun significato”, sono il resoconto appena traslato, ma nella sostanza letterale, di precise posizioni, circa questi temi, di personalità spirituali di eccellenza assoluta, con le quali ho avuto la sorte di disquisire, a lungo, di tematiche molto prossime a quelle qui trattate. Non voglio abusare dell’incommensurabilità della fortuna avuta nell’essermi nutrito agli insegnamenti di costoro, e pertanto su questo non aggiungo altro.
Di specificatamente mio, nell’ultimo post, c’era soltanto il richiamo a quell’uomo santo e illuminato che fu padre Merton; e la chiarificazione del ruolo di Eriugena nell’economia del pensiero guénoniano. Restano fatti che di Eriugena Guénon fa soltanto la citazione di una citazione. Che ne disconoscesse il pensiero è provato dalla posizione di Guénon circa la metafisica cristiana.
A proposito di:
“…Sono contento di sapere che comunque la lettura di alcuni libri di R. Guénon, Le ha permesso di arricchire la Sua visione delle cose che risulta in effetti ben più profonda della media degli uomini di questo tempo e potrà permetterLe, spero, di orientarsi in un mondo di tenebre, inganni e immani illusioni”,
chiudo questa discussione, ricambiando la contentezza di sapere che anche per lei, gentile ANONIMO,
Guénon è stato importante. Ma, soprattutto, ribadendo, con una nota al contempo personale e assolutamente impersonale, che nessun libro, nessun testo Sacro, nessun ricollegamento iniziatico, nessuna eccellenza nella Dottrina, equivalgono al più infinitesimale contatto con la GRAZIA, che, per definizione sta oltre la nostra disponibilità, e fa quello che che vuole, come vuole, e con chi vuole. Questa Grazia, al di fuori di ristrettissimi gruppi di praticanti delle maggiori Vie Spirituali con i quali sono entrato in contatto (un paio dei quali, forse, jivanmukta), io non l’ho mai ravvisata in nessuno, rigorosamente nessuno, degli eruditi occidentali che hanno rivoltato e divorato intere biblioteche, capaci di discutere (talvolta a ragione, altra magari a torto), con “parole piene” e sature di significato di argomenti per pochi. E di costoro, degnissime persone, ne ho conosciuti parecchi.
Mentre, come ho già scritto, il tocco inconfondibile di questa Grazia fu pressoché la nota distintiva di tante nonnette che conobbi, da bambino di paese, le quali tutto ignoravano dei nostri discorsi (sia quelli con “parole vuote”, sia quelli con ”parole piene”); e che, ciò nondimeno, nelle loro selvatica e gentile semplicità, avvolte nei loro scialli neri, portavano nelle case il profumo del Paradiso.
P.s.
Ringrazio nuovamente ANONIMO per l’opportunità offertami di approfondire taluni temi; chi ci legge saprà se e quanto trarne profitto.
Gentile signor FRANCESCOM io non so perché quando spiega le cose mi basta caso mai cercare su Internet quello che non so e poi capisco tutto. Almeno mi sembra. Certo che questa volta ho fatto davvero fatica perché di moltissime cose che vi siete detti anche tante parole non sapevo niente.
Anche stavolta mi sembra che lei predica al vento e certe cose che alla fine io capisco qualcuno sicuramente più preparato di me non ci arriva. A me piacerebbe davvero che queste discussioni invece continuano perché se si ha buona volontà si imparano tante cose interessanti.
Chiedo sempre scusa che mi esprimo male ma la mia patria è lontana da troppo tempo.
Comunque, lei mi consiglia di leggere questo Guenon?
Sig. Endecat, sono contento che lei trovi interessanti queste discussioni, che comunque tali sono per il contributo di tutti i partecipanti.
Sulla eventuale lettura di Guénon, trovo davvero difficile darle dei suggerimenti. Guardi, non voglio fare il finto “democratico”, ma neppure enfatizzare la presunta sideralità del francese. E’ certo che senza una solida preparazione nelle discipline umanistiche, in primo luogo la filosofia, mettersi a leggere l’opera di Guénon è tempo perso. Per la verità, molto più spesso che il contrario, anche in presenza dei requisiti suddetti, leggere Guénon è ancora peggio che perdere tempo. L’impianto stesso dell’opera, che rispecchia la mentalità dell’autore, può facilmente portare a scambiare la sclerosi mentale, per rigore metodologico. Mentre, uno studio effettuato con animo aperto e vincolato solo dalla sottomisione al Vero, può essere ricchissimo di frutti.
Magari, potrebbe cominciare col leggere “La crisi del mondo moderno”, e vedere come si trova.
Gentile Francesco, in effetti io non intendevo argomentare e spiegare fino in fondo quello che ho detto, ma darne solo un accenno su cui Lei è ovviamente libero di non credermi oppure sospendere il giudizio (non pretendo che mi creda sulla fiducia). La ragione è che non credo giusto, come ho spiegato, proseguire su questo blog la discussione. Vi è anche un’altra ragione che non ho esplicitato la scorsa volta ed è il fatto che, probabilmente, alcuni dei profili che giungeremmo a discutere, non possono in alcun modo essere trattati efficacemente su Internet.
Io non conosco nulla di Lei, ma le nostre parole e discorsi contengono sempre molto più di quanto non sospettiamo ed hanno, per così dire, da noi una certa indipendenza. Per la qual ragione, che Lei mi creda o no, non ho alcun bisogno di avere conoscenze più specifiche per affermare quanto ho affermato.
Riguardo ad Eriugena, mi limito a farLe notare che citarlo attraverso un altro autore non significa non conoscerlo, specialmente, se da quella citazione emerge immediatamente una comprensione di tale autore che tutti quello che ne hanno letto mille volte il testo originale non hanno raggiunto. Con questo arrivo a concordare molto con quanto dice sull’insufficienza dei libri e sulla necessità della Grazia. Quello che è curioso ed anche un po’ divertente è che Guénon tratta costantemente della dottrina della Grazia, ma facendolo con una terminologia ed una comprensione che i cristiani di questa dottrina non hanno più da molto tempo, i cristiani di oggi lo accusano di non averla conosciuta o trattata adeguatamente. Assumono, anzi che le posizioni di Guénon siano in qualche modo lontane da tale dottrina e non si rendono conto che sono le loro ad esserlo.
Il vero problema del cristianesimo da sette secoli a questa parte è precisamente questo: che non sa più che cosa la Grazia sia e come operi. Questo non impedisce che delle persone semplici possano beneficiarne, anche perché, in genere, queste persone non pretendono di formulare giudizi su cose che non sono alla loro portata.
Mi permetta solo una curiosità: visto che ritiene di avere avuto contatto addirittura con “jivanmukta”, di cui ritiene di potere, almeno in via probabilistica, desumere lo “stato spirituale”, sarei molto curioso di sapere cosa pensa che sia un “jivanmukta”. La mia impressione è che Lei non possa che considerarlo come un equivalente di “santo”, ma vorrei una conferma, ovviamente da Lei, di non avere male interpretato il Suo pensiero.
Detto da me, che non credo, potrà sembrare blasfemo. Ma la grazia cristiana l’ho toccata con mano vedendo il comportamento di una persona che conosco da un bel po’ e che, da indifferente e distante da Dio per lunghi anni, oggi si nutre quotidianamente di Gesù eucarestia. Questo l’ha resa una forza nel servizio al prossimo. Impossibile descrivere a parole il suo stato, ma se sarò toccato dalla fede lo dovrò molto probabilmente a questa donna mai stanca di donarsi agli altri, sempre paziente e disponibile, sulla via della santità nascosta. La più vera, in fondo.
Gentile ANONIMO, comincio dalla fine del suo post.
Questione “jivanmukta”. Come certamente sa, per sommi capi, tale termine denota la (non) condizione o stato (entrambi termini approssimativi, per necessità) di un dato ente nato in forma umana di affrancamento da qualsiasi condizione limitativa di genere esistenziale o cosmologico, ed anche l’integrazione di tutto ciò nel Principio. L’unica traccia di immanenza, secondo l’ortodossia indù, è la presenza della corporeità.
Detto ciò, non esiste un “illumenometro”, ossia un dispositivo capace di dare un responso certo circa lo stato spirituale di qualcuno. Per quanto ne so, le rare persone che sono oggetto di tale Grazia Suprema non hanno interesse alcuno ad accreditarsi come illuminati, generalmente sono i seguaci o chi sta attorno a un presunto illuminato a definirlo tale. Diffidando moltissimo dalle “sensazioni personali”, ritengo un azzardo (anche presso tutta una serie di “segni” su cui non mi dilungo) emettere giudizi in questo campo, per quanto mi attiene, uso sempre la formula dubitativa, ed infatti, se ha fatto caso, ho scritto “forse”. Gli ultimi elementi rimasti per avere indicazioni circa l’autenticità di uno stato simile sono la cosiddetta forza della Tradizione e i frutti spirituali che crescono attorno a queste persone. Il primo di questi casi mi occorse in India, il secondo in Nord Africa (qui si dovrebbe, a rigore, parlare di “fana al fana”, ma il succo è lo stesso). Per quello che posso dire, sia in India, che in Nord Africa, entrambe le condizioni erano soddisfatte.
E tuttavia è vero che niente di oggettivo potrà mai dare risposta certa alla questione da lei posta. Chi o cosa ci dà garanzia che Sri Ramana fu un “jivanmukta”?
Circa l’altra sua questione, indù e sufi (per i buddisti la cosa non si pone neppure) chiamano santità la condizione di contatto diretto e stabile col Divino. Un sufi chiamerebbe probabilmente questo stato “qadasa”, mentre un indù potrebbe usare almeno una ventina di lemmi a seconda del contesto. Ciò che conta è che non esiste una santità exo ed una eso! Santa, secondo il linguaggio di tutti popoli o comunità radicati nel Sacro, è ogni manifestazione diretta del Divino nell’umano, e talvolta, come nel caso del Nativi Americani, anche nella natura. Come ho già scritto qualche post fa, parlando anche di Dante e Piccarda, la gerarchia della manifestazione del Sacro nell’umano è data dal grado dal modo e dalla plenitudine del rapporto col Mistero. Gradi, modi e plenitudine sono indefiniti. Supremi lo sono solo nell’Avatara.
Per il resto, avrei piacere di commentare altri punti in sospeso, ma, come lei ha correttamente rilevato, forse la sede non è questa.
@Giuseppe.
Se non fosse per l’opera provvidenziale di Garzanti, di Padre Merton in Italia non si saprebbe quasi nulla. Eppure, la sua produzione ha dei meriti che vanno ben oltre l’ennesima, ma comunque altissima, divulgazione nell’ambito religioni comparate. In Merton, la ricerca della matrice del vero del bene e del giusto, sono indistinguibili dai passi che compì su questa Terra, da ciò che fu nell’esistenza di carne, come pellegrino. Neppure l’abito monacale (cancellatore di identità) riuscì a oscurare la potenza di una biografia che fu testimonianza pura.
Per tacere della sua traduzione nei termini accessibili alla mentalità occidentale del buddismo nelle sue varie scuole; e della resa magistrale dell’essenza del taoismo.
Avevo forse 15 anni quando, curiosando tra la vasta e varia biblioteca di famiglia, mi imbattei in un titolo che mi calamitò da subito. Ce l’ho ancora qui con me quel libro, ancora mezzo sbrindellato come lo trovai allora. Garzanti Editore, Milano, 1952, “La montagna delle sette balze”. Mi cambio radicalmente la vita, come pochi anni dopo me la avrebbe cambiata Guénon.
Questo nostro breve attimo terreno, la cui fugacità una folgorante espressione del dialetto siciliano definisce “’n’affacciata ri barcuni” (appena il tempo di affacciarsi ad un balcone), è inchiodato a brevi e “casuali” gesti come trovare un libro, oppure incontrare o perdere una persona.
Di Merton ho poi letto tutto, ma “La montagna delle sette balze” ha qualcosa di davvero rarissimo. E’ una specie di finestra che si apre dal Cielo, e riempie della sua Luce una persona. Quella persona era Thomas Merton.
E’ buona cosa, Giuseppe, che lei abbia letto quelle preziose pagine.