Torna in discussione al Parlamento europeo nella giornata di domani, 12 settembre, la legge sul copyright rinviata a giugno in seguito alle forti polemiche che si erano sviluppate intorno alla sua approvazione. Il blog di Claudio Messora,ByoBlu, aveva lanciato una petizione ai membri del Parlamento europeo affinché non ratificassero la direttiva Ue già approvata dalla Commissione giuridica. L’articolo 11, secondo la rete infatti, costringerebbe chiunque utilizzi snippet di contenuti giornalistici online ad ottenere una licenza dall’editore (è chiaro che per le piccole realtà è irrealizzabile). L’articolo 13 invece obbliggherebbe le piattaforme digitali a filtrare i contenuti pubblicati dagli utenti e quindi, secondo gli accusatori, imbriglierebbe la libertà di opinione. Lo Speciale ha chiesto un commento in merito allo scrittore e biologo Enzo Pennetta, fondatore del sito Critica Scientifica e docente di scienze naturali, autore del libro “Infamia, l’informazione fra manipolazione e repressione” edito da Chorabooks, che ha condotto la battaglia insieme a Messora.
Ci risiamo, domani riprende la discussione sulla legge. Cosa si rischia in concreto da una temutissima approvazione?
“E’ in serio pericolo la possibilità concreta di fare contro informazione, nel momento stesso in cui viene meno il riferimento all’informazione che tu intendi contestare. Se ho il timore di pubblicare un link o citare un brano, temendo delle conseguenze economiche o di altra natura, sarò costretto a parlare di ciò che i grandi media scrivono senza poter poi avere un riferimento diretto. Questo danneggia gravemente la capacità di analisi e i principi stessi dell’informazione, laddove viene negata la possibilità di utilizzare del materiale citandone la fonte”.
C’è chi vede dietro questa legge proprio il tentativo di silenziare la contro informazione, parte integrante della strategia iniziata con la lotta alle cosiddette fake news. Condivide?
“Assolutamente sì. E’ chiaro che nessuno dirà mai che l’obiettivo di questo provvedimento è quello di silenziare il dissenso. Ma non è che hanno cercato di trovare motivazioni apparentemente condivisibili per poter raggiungere l’obiettivo di imbavagliare tutte le voci scomode che non si allineano a quello che è il pensiero unico dominante?”.
Il governo italiano a giugno si era espresso a più voci contro la legge. Cosa si aspetta ora che faccia?
“Sia la Lega che il Movimento 5 Stelle sono oggi al governo proprio grazie alla contro informazione e alla libertà di internet. Sarebbe un suicidio politico non impegnarsi perché questa legge non passi. Spero si battono con tutte le loro forze”.
Nei giorni scorsi la Fieg, Federazione Italiana Editori Giornali, e l’Enpa, l’associazione degli editori europei, hanno proposto l’inserimento nella legge di un “diritto connesso” che, sostengono loro “tutelerebbe l’informazione professionale, libera e indipendente in Italia e in Europa, consentendo a tutte le aziende editoriali, indipendentemente dalla loro dimensione, di ottenere la giusta remunerazione per il proprio lavoro”. E’ davvero così?
“Tutto ciò che va a normare il settore ha come conseguenza una limitazione delle libertà secondo la mia opinione, perché poi i grandi colossi del web, come ad esempio Google, saranno costretti a diventare controllori di tutti i contenuti divulgati in rete. Anche psicologicamente tutto ciò che si configura come controllo, finisce con il provocare una sorta di auto-censura all’origine. O rimane tutto com’è adesso, oppure qualsiasi iniziativa rischia di evidenziarsi come tentativo di imbavagliare il dissenso. Agli editori dico che non è vero che la citazione o la pubblicazione del link finiscono con il sottrarre guadagno oppure utenti al giornale, dal momento che in ogni caso il link rimanderà automaticamente alla fonte, così come la citazione. Ribalterei piuttosto la prospettiva ed evidenzierei come tutto questo sia invece una pubblicità gratuita per l’editoria. Qui emerge tutta la pretestuosità del provvedimento. Da quando uno che viene citato e acquisisce notorietà e utenti ha interesse a farsi pagare? La verità è un’altra”.
Quale?
“Nel momento in cui il controllo sull’elettorato, come avvenuto negli Usa con la vittoria di Trump, è sfuggito ai detentori dell’informazione e ha permesso la formazione di una coscienza popolare difforme dalle tendenze che si volevano far passare, il potere ha cercato di recuperare una sorta di monopolio assoluto, tentando di ripristinare così una voce unica riguardo la narrazione dei fatti. Non potendo far prevalere il suo punto di vista in quanto facilmente contestabile, ha deciso di mettere il silenziatore alle tante voci autonome. Penso che questa consapevolezza sia ormai largamente diffusa”.
Il fatto che da parte della gente vi sia comunque piena consapevolezza su questo stato di cose non è comunque una garanzia? Gli elettori comunque non hanno imparato a diffidare delle informazioni cosiddette ufficiali?
“Chi ha capito come stanno veramente le cose non torna certamente indietro. Quando uno ha imparato a vedere la realtà sotto questa prospettiva è immunizzato. Scoperto l’inganno non è facile farsi ingannare di nuovo. Ci sono però molto persone che continuano ad affidarsi alla narrazione ufficiale, ed è per questo che i registi del pensiero unico stanno cercando di tamponare la situazione, per impedire la perdita di controllo anche su questi. Il fatto è che il prossimo passo potrebbe essere quello di criminalizzare la libertà di espressione, compiendo un gradino alla volta. Temo che l’atto finale sia quello di affermare che il dissenso di ognuno è un atto criminale. Ci si troverebbe nella stessa situazione vigente in tanti regimi totalitari dove la maggioranza della popolazione la pensa diversamente ma ha paura di dirlo. Ecco, l’obiettivo alla fine sarà quello di portare le persone ad avere paura di avere un’altra idea”.
Ai parlamentari europei chiamati a votare la legge cosa si sente di dire?
“L’appello ai cosiddetti sovranisti è di fermare questa proposta di legge e tutte quelle che vanno nella stessa direzione per non commettere un suicidio politico. A tutte le altre forza politiche che dominano il Parlamento europeo invece dico che, sebbene al momento una censura della libera informazione potrebbe tornargli utile, a lungo andare potrebbe arrecare danno anche a loro. Su questi ultimi tuttavia non faccio molto affidamento”.