“La scienza non è democratica”: questa frase, tristemente tra le più citate nelle discussioni scientifiche sul web, fa emergere le conseguenze dell’analfabetismo di ritorno.
A non essere democratica è “Lascienza” (TM)
Dire che ‘la scienza non è democratica’ è poco più di un lapsus freudiano di chi propone un totalitarismo tecnocratico, e quindi non democratico appunto, accompagnato inevitabilmente da una mistificazione di cosa sia veramente la scienza. Cominciamo subito col mettere in chiaro che se proprio vogliamo usare questa locuzione bisogna cambiare soggetto, a non essere democratica è la realtà, non la scienza. Questo avrebbe dovuto suggerirlo anche l’esempio fornito dal formulatore della frase al noto quotidiano di Via Solferino:
Roberto Burioni, virologo del San Raffaele, racconta perché ha aperto una pagina Facebook per spiegare i vaccini e difende il principio di autorità: «La scienza non va a maggioranza: due più due farà sempre quattro anche se il mondo votasse che fa 5»
E infatti contare non è fare scienza ma misurare, concetto tra l’altro presente proprio nel motto di “Critica Scientifica” che è poi la massima tomistica “adaequatio rei et intellectus“, risalente al medioevo, il cui significato si può rendere con “corrispondenza tra realtà ed intelletto”. La realtà, che è quella non democratica, viene compresa dall’intelletto in modo imperfetto e quindi quale punto di vista si affermi (spiegazione scientifica) è una questione di maggioranza.
Che il processo con il quale le teorie scientifiche si affermano sia democratico lo sostiene autorevolmente uno dei massimi filosofi della scienza, che a questo punto andrebbe venduto allegato ai quotidiani, quel Thomas Samuel Kuhn che nel suo “La struttura delle rivoluzioni scientifiche” del 1962 afferma:
Allorché nel corso dello sviluppo di una scienza naturale un individuo, od un gruppo costituiscono per la prima volta una sintesi capace di attrarre la maggior parte dei ricercatori della generazione successiva, le vecchie scuole gradualmente scompaiono.
Le rivoluzioni scientifiche si verificano dunque nel momento in cui “la maggior parte dei ricercatori” adotta una certa teoria, questo procedimento a maggioranza è strettamente democratico. Nessuno che sappia veramente cosa è la scienza si permetterebbe quindi mai di dire che “la scienza non è democratica”, e ancor meno di usare questa affermazione per evitare di dar ragione delle proprie convinzioni. La scienza è umile e non si sottrae mai alle spiegazioni, la vera scienza non disprezza chi non ha fatto studi specifici ma sa trovare le parole per farsi capire quanto basta da tutti.
La tecnocrazia, che della scienza è una strumentalizzazione, invece è uno “instrumentum regni” che usa la scienza come metodo di comando e per fare questo deve blindarne le affermazioni evitando il confronto con chi porrebbe domande scomode e dando semmai spazio a interlocutori banali, di quelli alla “ti piace vincere facile?”, giungendo talvolta a dare spazio, o financo a creare, degli interlocutori manifestamente stupidi e di comodo. Il caso dei vaccini sembra proprio rientrare in queste dinamiche, il dibattito viene falsato dall’attenzione data alle obiezioni banali di avversari di comodo e contemporaneamente dalla creazione di un personaggio ad hoc che battendosi con costoro e dispensando battute sarcastiche a tutti impedisca ogni confronto vero e blocchi ogni domanda scomoda facendo ricorso al più classico e retorico principio di autorità che, divulgato efficacemente con il Marchese del Grillo, afferma più o meno: io sono io, e voi non siete…
Il riferimento è evidentemente al caso del dott. Roberto Burioni nominato campione del fronte ultravaccinista con un’operazione di marketing che ha una data esatta di inizio, il 17 aprile 2016 quando un articolo su Repubblica lo lanciò come simbolo universalmente riconosciuto “provax”, da quel momento le risposte sulla questione non sono state cercate presso le autorità preposte, nessuno fa più domande ad es. all’ISSN.
Caso paradigmatico della scienza autoritaria usata come instrumentum regni o pecuniae (che con un neologismo si chiama Lascienza) che è balzato all’attenzione proprio negli ultimi giorni:
Non è possibile giocare a tennis con chi tiene in la racchetta in bocca. Se lei e Chiatto non siete riusciti a capirlo ci sono io a ricordarvelo. Prima si fa chiamare in cattedra, poi discutiamo alla pari. Fino a quel momento io spiego, lei studia e poi forse la boccio. https://t.co/FYH0WrWD6B
— Roberto Burioni (@RobertoBurioni) 25 giugno 2018
L’argomento è scenografico ma non sostanziale, i dibattiti come le partite di tennis vengono fatti per stabilire un vincitore, e se in campo al Roland Garros contro Federer scendesse veramente un avversario con la racchetta in bocca tanto meglio, la partita sarebbe vinta da Federer in cinque minuti. Uscendo di metafora il dibattito in tivvù viene fatto per il pubblico, cosa di sarebbe dunque di meglio per Burioni che “asfaltare” davanti alle telecamere un avversario?
Ma le cose nel caso in questione non stanno neanche esattamente così, Messora avrebbe solo posto domande come farebbe qualsiasi giornalista (dunque Burioni parla solo con giornalisti laureati e iscritti all’ordine professionale dei medici?), si tratta quindi di una evidente strategia di fuga, tanto più evidente quando il confronto è evitato anche con qualcuno competente scientificamente come Stefano Montanari.
In nome della scienza un dibattito pubblico tra Burioni – Montanari o un’intervista Burioni – Messora sarebbero un servizio dovuto, in nome dello scientismo (de Lascienza) queste occasioni devono essere aborrite. Tutto qui.
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Il discorso che segue non vuole che sia applicato a questioni calde come il vaccino, ma vuole soltanto difendere le potenzialità mentali dell’ uomo dalle minacce assolutistiche di una certa scuola di pensiero che mira, forse inconsciamente, all’ omologazione del pensiero stesso.
Burioni è carente di conoscenza filosofica e nello specifico epistemologica e non è in grado di porsi il dubbio che la “realtà” possa essere diversa dall’ evidenza sensibile. Per fare un esempio, invitando allo studio dei problemi di Gettier, di Ginet, di Nagel, che hanno dato il loro contributo alla filosofia della mente, noi possiamo essere “certi” che 2+2=4 o che una macchina davanti a me sia “rossa”, ma al di là di questo non possiamo avere garanzia che la cosa-in-sé sia il numero o che quella macchina sia rossa. Si continui però la lettura onde evitare di prendere il ragionamento come un “soggettivismo estremo” o cose del genere. Per essere certi che la realtà sia il numero o il colore, noi stiamo dicendo “ciò che i nostri sensi prelevano dalle cose corrisponde totalmente alle cose così come esse sono”, cioè stiamo ponendo i nostri sensi come infallibili, come se fossero la cosa così come essa è, tuttavia nel fare questo noi stiamo comunque usando i nostri sensi, quindi dobbiamo ancora dimostrare che la cosa-in-sé sia i nostri sensi: il concetto tomista “adeguazione tra realtà ed intelletto” sostiene ciò: che la verità è possibile solo se vi sia adeguazione tra il mondo percepito e il mondo in sé. Dire che i propri sensi colgono la cosa così come essa è è un’ affermazione che può essere avanzata solo a priori, non a posteriori, come vorrebbe idealmente l’ idea di scienza, proprio perché la conoscenza a posteriori non può andare oltre la percezione sensibile e il dilemma è proprio se la percezione sensibile sia identica alla cosa così come essa è. Con questo non si vuole concludere dicendo che “2+2=5” o che il “rosso” sia “giallo”, perché nel primo caso io ammetterei che la cosa in sé sia il risultato addizionale tra due numeri, mentre si vuole dire che la cosa-in-sé non sia il numero! Il lettore rifletta sulla differenza. Questo pensiero però non vuole dare un “risultato”, scopo puramente pratico e strumentale, si limita a porre la possibilità che la cosa-in-sé non sia il numero, che cioè il “numero” sia solo una funzione mentale umana ma non la cosa-in-sé, o che ne sia al massimo -possibilmente- una “forma” della cosa-in-sé, ma non la sua sostanza. Nel caso del colore “rosso” della macchina, poniamo una ferrari, questo pensiero non vuole tanto dire che il “rosso” sia in realtà “giallo”, come nel primo caso, ma si limita a porre la possibilità che la cosa-in-sé non sia il colore. Ora quest’ ultimo esempio è più problematico perché non è uguale al precedente: nel primo caso si pone la plausibilità dell’ inesistenza sostanziale della “realtà” dei numeri e dall’ altra di una proprietà fisica. Sui numeri non sappiamo se abbiano una “proprietà fisica” o siano solo funzioni mentali.
Il lettore ha mai visto un numero? E se sì, che colore e forma ha? Voglio un piatto di “2+2=4” 🙂
Detto questo, il pensiero di Burioni è molto ingenuo, tipico di chi è cresciuto in un fideismo empirista acritico e utile a scopi meramente pragmatici. Prima di parlare di scienza “assoluta” e “infallibile” infatti, bisognerebbe essere certi di cosa sia il rapporto tra mente e cosa-in-sé, visto che la scienza è stabilita con la mente e infine bisogna essere certi che la cosa-in-sé sia la scienza stessa, ma non si può comunque considerare in toto la scienza solo come “slegata” dalla percezione mentale-sensibile, come se fosse un “mondo delle idee” platonico a sé stante.
Sta in questo la plausibilità della “democrazia della scienza”, che non vuol concludere nella “certezza” che la “scienza non esista” o che sia “relativa”, ma sta ponendo la possibilità che oltre alla scienza vi sia la cosa-in-sè, che poi questa sia inafferrabile nella sua vera essenza questo è tutt’ altro discorso.
Burioni, inconsapevolmente nella sua ignoranza filosofica, è convinto che “tutta la realtà sia scientifica”, cioè esperienziale, misurabile, verificabile attraverso i propri sensi e nella sua ignoranza è pure convinto “sia giusto” (passa come se niente fosse dal piano epistemologico a quello morale, due piani non scientifici ) fondare un’ antropologia che mortifichi il pensiero finora espresso, ovviamente perché Burioni è immerso suo malgrado in un clima sociale troppo formalistico e strumentale alle logiche di profitto e di consumo.
Ma tornando all’ atto dell’ esperire, del misurare e del verificare necessario del fare scienza, noi possiamo esperire, misurare, verificare i nostri sensi? La risposta è: no.
Quindi quando si parla di “sapere scientifico”, non possiamo comunque avere la garanzia di “sapere di sapere”, ma al massimo di “sapere” secondo la nostra natura e basta.
Poi che l’ uomo non sia in grado di riflettere sul “sapere di sapere” è ovviamente falso ma solo se invece questo fosse assolutamente vero, cioè in ogni caso umano, la scienza assumerebbe mentalmente una funzione “assoluta”.
Ma si badi bene a quest’ ultimo passaggio: se tutta l’ umanità non avesse capacità di “sapere di sapere”, la scienza non sarebbe “assoluta” nella sostanza, nella cosa-in-sè, ma solo nella forma, cioè nella convenzione sociale tra tutte quelle ipotetiche menti.
Tutto questo discorso, come detto all’ inizio, non vuole che il pensiero sia applicato a questioni calde come il vaccino, ma vuole soltanto difendere le potenzialità mentali umane dalle minacce assolutistiche di una certa scuola di pensiero che mira all’ omologazione, forse senza essere pienamente cosciente di tale “obiettivo”.
Argomentazioni da condividere.
Chissà per quale oscura ragione questo “solone” mi ricorda tale Umberto Veronesi e la sua difesa della chemioterapia.
“L’abilità ricettiva delle grandi masse è solo molto limitata, la loro comprensione è piccola; d’altro lato la loro smemoratezza è grande. Essendo così, tutta la propaganda efficace deve essere limitata a pochissimi punti che a loro volta dovrebbero essere usati come slogan finché l’ultimo uomo sia capace di immaginare che cosa significhino tali parole”
Adolf Hitler
Con questa premessa si capisce che la frase “la scienza non è democratica”, ripetuta a pappagallo dai vari imbonitori di regime, è solo uno slogan che più che l’epistemologia riguarda la propaganda politica, o, meglio, l’ingerenza lobbistica.
Volendo rispondere a tono si potrebbe dire che “la scienza non è neanche autoritaria”, ma non mi pare questo il campo di battaglia adatto per certe armi primitive in confronto alle argomentazioni proposte nell’articolo e dai dotti commentatori.
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Mi pare sia d’uopo segnalare che il sito di Montanari stamane risulta inaccessibile (bad getaway 502). e che, putacaso, negli ultimi tempi il sito in questione è stato inusualmente oggetto delle morbose attenzioni di vari “troll” con la fissa della guerra santa vaccinista.
Consiglio pertanto il gestore di questo sempre interessante sito di allertarsi contro gli attacchi informatici, con i quali, se non sbaglio, ha avuto a che fare anche in passato (leggo spesso ma commento di rado per manifesta asineria).
… si tratta quindi di una evidente strategia di fuga, tanto più evidente
quando il confronto è evitato anche con qualcuno competente
scientificamente come Stefano Montanari. Ha scelto proprio l’esempio piu’ fulgido! Il dr Montanari banna chiunque lo critichi, dopo aver provato con insulti a farlo desistere dal commentare, lo stesso accade sulla sua pagina Facebook e su quella della consorte. Il dr Montanari accetta il confronto solo a parole, vedi ad esempio la sua fuga a fine della cnferenza a CasaPound. Comunque il dottore dovrebbe confrontarsi contemporaneamente con un medico che ovviamente non potra’ mai contestare le sue analisi e con un esperto di microscopia elettronica che non potra’ mai ribattere sulle sue affermazioni riguardo gli aspetti medici. In realta’ il dr Montanari non ha titoli accademici per vantare ne’ l’una ne’ l’altra competenza (formazione da autodidatta); lei che e’ laureato in Farmacia, laurea piu’ che dignitosa se ci si attiene a quanto si e’ imparato, dovrebbe sapere quali sono le relative competenze.
Sempre a proposito della conferenza a CasaPound, il dr Montanari si lamenta del silenzio della stampa sulla sua aggressione (con 2 diverse versioni: pugno a detta di Montanari e schiaffo a detta di CasaPound) http://www.neifatti.it/2018/06/14/laggressione-al-ricercatore-montanari-di-cui-nessuno-o-quasi-ne-parla/) ma non spiega il motivo per il quale non ha denunciato l’aggressore pur conoscendone nome e cognome ed avendo decine di testimoni
https://www.nextquotidiano.it/aggressione-casapound-stefano-montanari/
Secondo la Gatti, che ne ha scritto sul suo profilo Facebook, «Questa persona, un affiliato di Casa Pound di cui conosciamo nome e cognome, come i testimoni ci hanno confermato, si è avvicinato al gruppo di persone che stavano parlando con il dott. Montanari e, senza profferire parola, a tradimento, a sangue freddo, gli ha sferrato un pugno alla tempia, pugno dato con una tecnica adatta a limitare la tumefazione post colpo»
A dire il vero io leggo da qualche annetto il blog di Montanari, ma non ho memoria di qualcuno che sia stato “bannato”.
Ovviamente mi posso sbagliare e son prontissimo a ricredermi, specie se mi viene citato un esempio concreto.
Ringrazio Mattea per questo contributo, chi vuole potrà verificare se quanto detto su Montanari corrisponde ai fatti.
Detto questo, ammettendo che le cose stiano come lei ha detto, resta il non senso della fuga di Burioni, se gli avversari sono così deboli perché perdesi il piacere di un’asfaltata?
Anche la sua risposta mi risulta non chiarissima. Che il dr Montanari sia laureato in Farmacia puo’ verificarlo qui http://www.stefanomontanari.net/biografia/; quindi che le sue elevate competenze in medicina e microscopia elettronica siano di tipo “autodidatta” per lei dovrebbe essere lapalssiano. Che non ha accettato il confronto con una dottoreassa laureata in Medicina risulta piu’ che evidente guardando il video https://www.youtube.com/watch?v=WVVjevN1p38; e’ lungo ma la sua fuga e’ evidente a fine video. Le 2 versioni per l’aggressione con minacce di morte (a detta dei coniugi) alla dr.ssa Gatti le trova nel link che avevo messo ma ho verificato che non si apre e quindi lo rimetto http://www.neifatti.it/2018/06/14/laggressione-al-ricercatore-montanari-di-cui-nessuno-o-quasi-ne-parla/. Che avessero testimoni e conoscessero il nome dell’aggressore lo trova https://www.nextquotidiano.it/aggressione-casapound-stefano-montanari/. Riguardo Burioni sicuramente non concordo con il suo non volersi confrontare ma ribadisco che il dr Montanari molto probabilmente punterebbe non su aspetti “medici” ma su “contesti ripetendole le mie analisi al microscopio” cosa che ovviamente non e’ di competenza di un medico
Non ho visto nessuna fuga a fine video, cara Mattea ma qual è il suo vero nome?) se tutte le sue affermazioni hanno lo stesso fondamento….
quindi non voler rispondere civilmente alla dottoressa, insultare ed andare via per lei non corrisponde ad una fuga, dal confronto ovviamente. Le altre mie affermazioni? Che Il dr Montanari ha ricevuto un pugno o schiaffo, secondo CasaPound, all’uscita della conferenza e che non ha denunciato il fatto pur conoscendo il nome dell’aggressore ed avendo testimoni? I link che ho rimesso mi sembra che adesso funzionino
Non c’è stata nessuna domanda da parte della dottoressa ma solo un’affermazione contestata (eccessivamente su questo non ci sono dubbi) da Montanari e il tutto è sfociato in un litigio, ma ripeto, non c’è nesuna domanda alla quale lui si sia sottratto.
Riguardo l’aggressione non vedo dove voglia andare a parare, cosa c’entra con la correttezza o meno delle affermazioni di Montanari?
“laurea più che dignitosa se ci si attiene a quanto si è imparato”: il pensiero di chi ha accumulato un ritardo culturale di oltre un secolo.
mi scusi ma non capisco la risposta. Secondo lei una Laurea in Farmacia,
che se non sbaglio ai tempi del Dr Montanari era di 4 anni, puo’ dare
la stessa formazione in campo medico di una in Medicina (5 o 6 anni) +
specializzazione, se non sbaglio di almeno 2 anni? Il Dr Pennetta ci
potrebbe elencare le materie studiate con la Laurea in Farmacia
Cioè secondo lei:
a- uno si ferma tutta la vita a quanto ha appreso all’università
b- un medico deve necessariamente saperne di più su qualsiasi campo anche se molto specialistico
c- vale la logica ho studiato di più quindi ho ragione io. A questo punto ho sempre ragione io con due lauree, una in biologia e una in farmacia.
a) so benissimo che, specialmente chi fa ricerca, studia tutta la vita.
b) in effetti la “Medicina” e’ cosi’ ampia che ogni medico ha una sua specializzazione
c) sicuramente lei avra’ sempre ragione se parla di “farmaci”, ovviamente non come farmacologo che richiede laurea in medicina, e di biologia se parla con un medico, un fisico , un chimico, un poeta, un filosofo ….; soltanto un laureato in Farmacia e Biologia potrebberoo comunque appurare se lei dice cose giuste o racconta balle