L’eugenetica è figlia del darwinismo? Benché il suo primo teorizzatore, Francis Galton, abbia coniato il termine un anno dopo la morte di suo cugino Darwin, l’eugenetica deve tutto al darwinismo.
E si presenta come la tecnica adatta a “correggere” gli errori dell’evoluzione della specie, eliminando fisicamente chi è fisicamente “indegno”.
Di Marco Respinti – La Bussola Quotidiana 05-05-2018
Nei giorni scorsi, il lettore Massimo Campostrini ha indirizzato una lettera intelligente al direttore de La nuova Bussola Quotidiana per sottrarre la terra sotto ai piedi a quei fautori della logica eugenetica che si trincerano dietro la “scienza” dell’evoluzionismo darwiniano, usando il darwinismo contro il darwinismo. Campostrini ha ragione a dire, sul filo del paradosso, che se per il darwinismo le specie migliori e gli elementi migliori di ciascuna specie sono quelli che hanno maggiore successo riproduttivo (motivo per cui sono migliori e progrediscono a discapito dei peggiori), essi si produrranno da soli nella selezione migliorativa senza bisogno di alcun intervento esterno, il quale, anzi, adultererebbe indebitamente tale meccanismo naturale favorendo le specie e gl’individui che, se non godono di miglior successo riproduttivo, significa che non sono affatto i migliori. L’eugenetica, insomma, intesa come aiuto artificiale alla natura nell’opera di selezione, per via sessuale, delle specie migliori e degl’individui migliori di ciascuna specie sarebbe cioè il contrario del sostanziale laissez-faire in cui si risolverebbe il darwinismo. Vero. Purtroppo però non è andata così.
Apparentemente il naturalista inglese Charles Darwin (1809-1882) non scrisse di eugenetica. Non esisteva nemmeno il termine, inventato, un anno dopo la morte di Darwin, dall’esploratore e antropologo pure inglese Sir Francis Galton (1822-1911). Il termine Galton lo inventò, a coronamento di più di un ventennio di riflessioni e di “studi”, traendo un neologismo da due termini greci, eu, “buono” e genos, “stirpe”, a p. 24 d’Inquiries into Human Faculty and Its Development, uscito a Londra nel 1883 per i tipi di Macmillan. Qui immediatamente egli precisa – alla nota 1 contenuta nelle pp. 24-25 – che l’eugenetica è «[…] la scienza del miglioramento della stirpe», un concetto «[…] egualmente applicabile agli uomini, ai bruti [cioè agli animali] e alle piante», scienza che «[…] non è per nulla confinata a questioni d’incroci accorti, ma che, specialmente nel caso dell’uomo, tiene conto di tutte le influenze che tendono, per quanto remotamente, a dare alle razze o ai ceppi sanguigni più adatti una possibilità migliore di prevalere rapidamente sui meno adatti di quanto essi avrebbero altrimenti avuto». Spiega poi Galton che “eugenetica” è parola felice per la concisione con cui veicola alla perfezione il concetto, battendo in breccia il desueto “viricultura”. Ecco, questo “culturismo” è quello che oggi chiamiamo tranquillamente – si fa per dire – ingegneria genetica, sposa incestuosa di sula sorella, l’eutanasia.
Galton era il cugino di secondo grado di Darwin, e questo di per sé sarebbe il meno (i figli non sono responsabili delle colpe dei padri, figuriamoci i biscugini). Il punto è però che fu un darwinista entusiasta. La pubblicazione, nel 1859, di L’origine delle specie di Darwin gli cambiò la vita. Lo colpirono specialmente la pagine su incroci e selezione. Darwin parlava per lo più di bestiame, ma in fin dei conti, soprattutto per la cultura materialista dell’epoca, l’uomo non è forse soltanto un altro animale? Del resto Galton condurrà anche “ricerche” statistiche sul potere della preghiera – i cui risultati affidò al saggio Statistical Inquiries into the Efficacy of Prayer pubblicato nel fascicolo del 1° agosto 1872 di The Fortnightly Review – per concludere che le preghiere non hanno alcun effetto sulla longevità di coloro per le quali sono offerte. Convinto che le qualità migliori fossero ereditabili da un individuo all’altro – concezione esposta in Hereditary Genius del 1869 (Macmillan), strampalata ma dal futuro assicurato – Galton cominciò a teorizzare l’applicazione degl’incroci selettivi d’allevamento all’essere umano; in breve, l’uomo venne concepito come l’ennesimo prodotto della zootecnia. Chi doveva incaricarsi di allevarne la stirpe migliore, favorendo la trasmissione delle sue grandi qualità e scartando le altre? Lo Stato. A partire dagli anni 1920, gli hanno dato retta in molti: alcuni degli Stati Uniti d’America, il Canada, il Brasile, il Giappone, la Francia, la Germania, la Gran Bretagna – con l’appoggio di parte del clero anglicano – il Belgio e la Svezia con un fiorire di leggi per il “miglioramento della razza” e la sterilizzazione obbligatoria degli “indegni” in un crescendo culminato nel regime nazionalsocialista di Adolf Hitler (1889-1945).
Colpa di Galton, certo, ma Galton non avrebbe potuto nulla senza il principio primo del darwinismo: le specie viventi migliorerebbero progressivamente modificandosi fino a dare vita a specie nuove mediante quella che, dopo Darwin, si sarebbe chiamata genetica, così che la vita attuale sarebbe sempre il distillato più avanzato di tutta la vita che ci ha preceduto nel tempo finalmente epurata da scarti, vicoli ciechi e false partenze, e costantemente pronta a nuove trasformazioni migliorative, cioè a declassare domani la vita migliore di oggi a ennesimo rifiuto obsoleto di ieri.
Fu questo che affascinò Galton nel mezzo di quella temperie culturale in cui l’illuminismo si trasformava in positivismo e dove nel nuovo concetto di “gaia scienza” confluì tutto quanto portava acqua al mulino dell’uomo-Prometeo: dalla nuova teologia di Friedrich Schleiermacher (1768-1834) alla “critica biblica” di Ernest Renan (1823-1892), dallo Zaratustra di Friedrich Nietzsche (1844-1900) all’Inno a Satana di Giosue Carducci (1835-1907), dai sogni sinarchici di Joseph Alexandre Saint-Yves marchese d’Alveydre (1842-1909) da cui nacque l’idea di tecnocrazia al “materialismo spiritista”, il tutto con un crescente chiodo fisso. L’uomo, finalmente scopertosi dio a se stesso, doveva pur essere un superuomo, immune da ogni pecca, scevro da tacche, resistente, esente e libero, in una parola vaccinato contro ogni degenerazione. Non fu così soltanto per Nietzsche e per la sorella pre-nazista di Nietzsche, ma per l’Occidente intero. L’idea darwiniana del progressismo medicina che cura la vita senza bisogno di Dio grazie al moto perpetuo di un meccanismo che esiste inesorabilmente da sempre e che funzionerà inflessibilmente per sempre ne è stato l’ermeneutica somma. Bisognerebbe datare il “temerario mondo nuovo” di Aldous Huxley (1894-1963) dall’anno di pubblicazione de L’origine delle specie di Darwin.
Ora, Darwin non dedica un rigo all’eugenetica non solo perché non ne aveva a disposizione il termine, ma perché non ne aveva affatto bisogno. La logica con cui spiega lo sviluppo di una vita nata per caso dalla materia inanimata è intrisa di sostanza eugenetica: la “stirpe buona” è il prodotto di una natura sostituitasi a Dio. Galton ha avuto il merito di essere stato il primo ad averlo compreso alla perfezione. Solo che sia Darwin sia Galton avevano fatto i conti senza l’oste, che se per loro Dio non esiste più (o è ininfluente) possiamo senza problemi chiamare anche solo natura.
L’ipotesi del progresso migliorativo darwiniano è infatti totalmente indimostrata e infondata. Anzi, sono più i fatti che la confutano di quelli che la sosterrebbero. Basti solo pensare che le modificazioni genetiche sono solo patologiche; che nessuno ha mai documentato la nascita di una specie nuova per mutazione genetica da una precedente; che tutti gli esempi forniti dai darwinisti di “mutazione genetica” e di “speciazione” sono in realtà lo sviluppo attuale di potenzialità già insite negli esseri viventi (le varianti melaniche delle falene, per esempio, o il polimorfismo del proteo); e che lo stesso Darwin dovette arrendersi davanti a quelle forme di vita “inspiegabili” (ma solo per il darwinismo) che chiamò «fossili viventi», ovvero animali e piante che, stando a L’origine delle specie, avrebbero dovuto estinguersi “milioni” di anni fa poiché “arretrate” per cedere il passo a forme più “evolute”, ma che, non avendo invece letto L’origine delle specie, continuano indisturbatamente a esistere, e anzi sono oggi note in numero assolutamente enorme, molto più grande che al tempo di Darwin.
Essendo non solo indimostrata e infondata, ma anzitutto e soprattutto falsa, questa meccanica però semplicemente non funziona. Come farebbe, infatti, ciò che ieri si è solamente creduto essere il meglio dell’oggi, ma che tale non era, produrre il meglio di domani per modificazioni che sono attestate solo in senso degenerativo? Non funzionando, della due l’una: o l’ipotesi va gettata oppure occorre forzarla. È qui che Galton ha evitato al cugino Darwin il disastro, scegliendo la seconda opzione.
Il “galtonismo” (come è stato a volte chiamato il pensiero eugenetico) non è insomma il tradimento del darwinismo: è la sua sola possibilità di salvezza. Peggio ancora: è un fossile vivente. Secondo il progressismo imperante avrebbe dovuto estinguersi nel maggio 1945 assieme al nazismo, ma non lo ha fatto perché è una delle anime nere del progressismo stesso. Galton gli ha semplicemente dato un nome, ma esiste da tempo, almeno da quando c’è il peccato dell’uomo, ed è “scienza” da che lo Stato ha avuto i mezzo per farsi totalitario: si è manifestato in Francia con l’Illuminismo e la Rivoluzione che inventò il razzismo, volle rifare gli ebrei e sterminò i cattolici “sbagliati” dell’Ovest; si è palesato in Unione Sovietica quando Stalin perseguitò gli ebrei (come hanno illustrato almeno il giornalista statunitense Louis Rapoport, lo storico tedesco Arno Lustiger [1924-2012] e il giornalista russo Arkady Vaksberg [1927-2011]); ovviamente è stato l’asse portante dal nazismo, ma quello lo sappiamo bene perché i progressisti solo di quello ci parlano; ed è alacremente al lavoro oggi nell’aborto (la terza sorella incestuosa), nell’eutanasia, negli ospedali-prigione in cui sono stati uccisi Terry Schiavo (1963-2005), Eluana Englaro (1970-2009), Charlie Gard (2016-2017) e Alfie Evans (2016-2018).
L’uomo dio a se stesso decide che l’«interesse migliore» per chi è ammalato e bisognoso di cure è quello di scomparire senza lasciare né traccia né eredi. Vaneggiamenti invasati? No, parole del consigliere del principe, dove il principe è il premier gauchiste francese Emmanuel Macron e il consigliere è l’economista e banchiere pure francese Jacques Attali: «L’eutanasia sarà uno degli strumenti essenziali delle nostre società future […]. Per cominciare, in una logica socialista, il problema si pone così: la logica socialista è la libertà e la libertà fondamentale è il suicidio; di conseguenza, il diritto al suicidio diretto o indiretto è dunque un valore assoluto in questo tipo di società. In una società capitalista, verranno inventate e saranno di uso comune macchine per uccidere, strumenti che permetteranno di eliminare la vita quando sarà troppo insopportabile o economicamente troppo costosa. Ritengo quindi che l’eutanasia, sia essa un valore di libertà o una merce, sarà una delle regole della società futura» (citazione tratta da La médecine en accusation, intervista ad Attali nel volume L’avenir de la vie curato dal giornalista Michel Salomon edito da Seghers a Parigi nel 1981 con prefazione del filosofo Edgar Morin, alle pp. 274-275).
Qualcuno, scrivendo sul sito della Fondazione Luigi Einaudi, ci crede al punto di chiamare «[…] sciacalli ideologici» coloro che hanno cercato di strappare Alfie al boia, argomentando così: «Alfie non era più e forse non era mai stato un bambino, nell’accezione della completezza umana, forse non era solo in stato vegetativo, in quanto ciucciava e muoveva le braccine. Lascio a laicisti, eticisti, scientisti e religiosi vari marcare il confine terminologico, ma su un fatto erano tutti quanti d’accordo: il bimbo era condannato. Il problema si spostava dunque sul “come” arrivare al termine». È il “caro”, vecchio galtonismo, illustrato a puntino da Richard Weikart – professore di Storia alla California State University Stanislaus di Turlock – in From Darwin to Hitler: Evolutionary Ethics, Eugenics, and Racism in Germany, pubblicato da Palgrave Macmillan (lo stesso editore di Galton) a Londra nel 2004 e contro cui si sono scatenate le polemiche. Ma guarda un po’.
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28 commenti
Mi permetto di fare qualche osservazione sull’articolo di Respinti.
1) Il concetto di “specie migliori” nel darwinismo non esiste, così come non esiste “l’ipotesi del progresso migliorativo darwiniano”.
2) Su quali prove si basa la convinzione di Respinti che “le modificazioni genetiche sono solo patologiche”?
3) Quali sarebbero le tantissime specie che Respinti ritiene “inspiegabili” secondo la logica darwiniana?
4) “le specie viventi migliorerebbero progressivamente modificandosi fino a dare vita a specie nuove mediante quella che, dopo Darwin, si sarebbe chiamata genetica, così che la vita attuale sarebbe sempre il distillato più avanzato di tutta la vita che ci ha preceduto nel tempo finalmente epurata da scarti, vicoli ciechi e false partenze, e costantemente pronta a nuove trasformazioni migliorative, cioè a declassare domani la vita migliore di oggi a ennesimo rifiuto obsoleto di ieri.”
Secondo Respinti, questo sarebbe il “principio primo del darwinismo”. Questa definizione però non c’entra nulla nè con la teoria dell’evoluzione di Darwin nè con il neodarwinismo nè con la Sintesi Estesa proposta negli ultimi anni. Nessuno studioso di evoluzione parla di epurazioni da “scarti, vicoli ciechi e false partenze”, “trasformazioni migliorative”, “vita migliore di oggi” contrapposta al “rifiuto obsoleto di ieri”. Respinti sta parlando di qualcosa che non è la teoria dell’evoluzione, quindi o si sbaglia o sta usando uno strawman per sostenere la sua tesi.
5) Respinti si chiede: “Come farebbe, infatti, ciò che ieri si è solamente creduto essere il meglio dell’oggi, ma che tale non era, produrre il meglio di domani per modificazioni che sono attestate solo in senso degenerativo?”
Se si considera che l’evoluzione non è un processo migliorativo e che le mutazioni non sono un processo solo degenerativo, allora la sua domanda non ha più senso. Il che è importante, visto che l’intera argomentazione dell’articolo si basa sulla risposta di Respinti a questa domanda.
Non so se Respinti vorrà risponderLe, Greylines.
In ogni caso, tengo a dirLe che condivido la critica che nelle domande 1), 4) e 5) Lei fa all’articolista, in quanto non risulta neanche a me che il “miglioramento” delle specie appartenga al gergo darwiniano. Solo gli allevatori “migliorano” le varietà di frutta o di ovini, perché in questi casi in base a precisi obiettivi economici si danno definizioni di miglioramento.
Da persona che ritiene il darwinismo una teoria dell’origine delle specie in conflitto con i dati, la fisica e la matematica – e quindi una teoria non scientifica – condivido anche la critica implicita nelle Sue domande 2) e 3), ma per motivi opposti ai Suoi, in quanto nel mio giudizio (che Le è noto) nessuna specie può evolvere in un’altra per successione di mutazioni genetiche.
Salve Greylines, una domanda: se, correttamente, nel ND non si deve parlare di “miglioramenti” come mai è invece ammesso parlare di “degenerazione”?
Buongiorno a lei.
Non ha senso neanche parlare di degenerazione. L’idea della “entropia genomica”, cioé che il genoma vada incontro a una progressiva degenerazione, si basa sull’assunto che le mutazioni sono quasi esclusivamente negative (e solo alcune neutrali). Assunto privo di fondamenta scientifiche.
Per dire, il proponente dell’entropia genomica, il genetista vegetale John Sanford, è convinto che la selezione artificiale sulle piante non abbia mai prodotto importanti miglioramenti nelle colture (!) e che i genetisti non abbiano mai osservato mutazioni benefiche (!!).
Temo che la teoria di Sanford sia stata influenzata più dalla sua esplicita appartenenza al Creazionismo della Terra Giovane che dal suo background scientifico.
Grazie, Greylines. Le ho posto questa domanda perché nel commento più sopra lei ha scritto che «le mutazioni non sono un processo solo degenerativo». Scritto così, immagino sia evidente, significa che le mutazioni possono essere anche degenerative, ma per l’appunto nel ND non ha alcun senso parlare di degenerazione.
Giusta osservazione, ho usato il termine “degenerativo” per citare Respinti ma il risultato era ambiguo. Grazie per la precisazione.
Le stragi di Capaci e via d’Amelio sono state effettuate grazie ad un telecomando. Pensare che l’Italia é così cieca da celebrare Guglielmo Marconi con un aeroporto, una Università, innumerevoli vie e piazze in ogni angolo del paese. Bah!
Studi recentissimi dell’equipe di ghostbusters hanno dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio come lo spirito di Darwin aleggiasse sul monte Taigeto (Sparta) sin dall’antichità.
Mi perdoni ma non le viene anche il dubbio che un antenato di Darwin potrebbe essere vissuto nella sempre(spesso) in guerra Sparta ? Eppoi lei che ne sa dei ghostbusters ? Li ha visti all’opera ?
Anche Seneca, celebrato campione di etica pubblica, é stato sicuramente influenzato da Darwin, ma si aspettano analisi scientifiche più approfondite
“abbiamo eliminato i cani con la rabbia,
uccidiamo il bue selvaggio e senza peli, usiamo il coltello contro le
pecore malate per fermare l’infezione del gregge, ne distruggiamo la
discendenza anormale alla nascita; anche i bambini, se sono nati deboli o
deformati, affoghiamo, ma questo non è l’opera della collera, bensì
della ragione – per separare il buono dall’inutile” (epistulae morales)
Direi che è proprio il caso di rinnovarle i puntualissimi complimenti che le sono stati rivolti, Luca, per la serenità, la serietà e il tempo che dedica ai suoi interlocutori. Davvero…
Grazie, spero i complimenti non nascondano del sarcasmo (forse in questo caso meritato) perché qui ho postato solo osservazioni provocatorie, graffianti. Con l’intento comunqie di dibattere le questioni, non di ferire né di “impormi” in mogo improprio
“Eugenetica” è la denominazione moderna per una mentalità e una pratica antiche quanto l’uomo, ubique, capillari. Nella Storia europea, ricopre un arco di possibilità che vanno da Sparta ad Aktion T4 – da un lato – da Atene al comune processo di selezione matrimoniale del partner, dall’altro.
Come un pendolo che oscilla; ad un estremo, l’eugenetica attiva (primo caso), all’altro quella passiva (secondo caso). Non esiste cultura che, allo scopo di autopromuoversi, non abbia conosciuto criteri di selezione per nascita, malattia, deformità, accoppiamento. Dalle civiltà sud-meso-nord americane, a quelle africane, asiatiche, insulari, ecc…, ciascun assetto societario ha cercato di tutelare la propria qualità biologica, o per prevenzione, o per repressione, o entrambe.
Ciò che cambia è il criterio di selezione, non la prassi in sé.
La novità dell’eugenetica moderna è quella che numerose volte, cogliendo nessi causali precisi, ha stigmatizzato il Prof. Pennetta, per cui, su questo punto, non ci sarebbe molto da aggiungere.
Semmai, evidenzierei lo sbocco marcatamemte transumanista, che ne rappresenta uno degli aspetti più mostruosi.
Buone cose.
Pur congratulandomi con il sig.Respinti per la sua indiscussa bravura stilistica, non posso però esimermi dall’intervenire per un commento critico sull’aspetto “scientifico” di questo articolo, o meglio, sul tentativo di dare una veste scientifica ad un qualcosa che fa parte principalmente ed evidentemente della sociologia, e cioè di quella parte delle dinamiche sociali, comprese le miserie e le stupidità, che rendono l’uomo il tutto e il contrario di tutto. L’uomo è un animale quando serve per un certo tipo di ragionamento e non lo è più quando non serve? La scienza è buona quando viene utilizzata bene e cattiva quando viene utilizzata male? Avere scoperto l’energia nucleare e decine di migliaia di composti chimici utili e nello stesso tempo dannosi è un bene o un male? Finchè il sig.Respinti ci parla di eugenetica, qualunque cosa questo termine significhi, di intrecci storici più o meno documentati e soggettivamente interpretati, e quindi di conseguenti tesi personali che intrecciano arbitrariamente dimensioni storiche, sociali, religiose e/o presunte scientifiche, mi sta anche bene, quando però lo stesso sig.Respinti pretende, con il suo bagaglio culturale che personalmente non conosco, ma che da quello che scrive posso anche immaginare, di ridurre tutta la biologia evoluzionistica a quattro concetti, che quando non del tutto sbagliati, sono quantomeno del tutto decontestualizzati, la critica è inevitabile. Quindi, dal mio punto di vista, se il sig.Respinti vuole aspirare ad avere una qualche credibilità sotto l’aspetto scientifico, che ripeto, viene goffamente richiamato anche in questo articolo, almeno cominci col rispondere adeguatamente ai punti sollevati dal sempre ottimo e competente Greylines, altrimenti se ci si espone così, la critica diventa inevitabile. Perchè purtroppo per Respinti, a quanto pare, ma per la fortuna di tutti noi, almeno per chi la capisce, la scienza va sempre ben oltre l’ermeneutica e le interpretazioni personali.
In effetti, pur essendo chiara la mia opinione sul darwinismo (totalmente critica), mi sarei aspettato una risposta alle domande fatte da Greylines, che, come già scrissi, è utente cortese e certamente molto preparato. Sulle questioni da Lui sollevate, io non ho titolo alcuno per rispondere, conoscendo di biologia poco più di uno studente liceale. Magari potrebbe l’autore dell’articolo, se trova un momento.
Consideri signor Vomiero che il nocciolo della questione non é l’eugenetica ma Darwin, uno dei veri demoni di questo sito. Evidentemente ogni possibile occasione di discredito diventa funzionale (…). Al di là dei problemi che la sua teoria può avere e che pur diverse volte abbiamo avuto occasione di discutere nel merito, sembra non ci si renda conto del ridicolo e del discredito che tutta la questione rischia di assumere quando viene affrontata in questi termini.
“Metodo Boffo” applicato a Darwin ? 🙂
Adaequatio rei et ontellectus
Maremma! Dubito che Darwin abbia bisogno di fanatici.Lo lasci in pace.Qui dentro ci sono pro e contro questo coscopritore della nuova ricerca evoluzionistica.
Lei e i suoi santini.Continua a dimenticare l’altro ricercatore WALLACE.Continua nella sua fede cieca.E vorrebbe per forza un Darwin ateo contro un Wallace “credente”,immagino.
Semplicemente in questo sistema ultracapitalistico Darwin “ha brevettato””un giorno prima” di Wallace la ricerca che è e rimane in comune ad entrambi.Uguale a: Darwin-Wallace autori(anche se capisco perfettamente che il Darwin “materialista” in questi decenni è stato utilissimo anche per scopi politici).Si rassegni la SCienza Avanza ogni giorno di più.E nessuno la fermerà.
Darwin non ha “brevettato” nulla, lui e Wallace hanno presentato insieme la teoria e lo stesso Wallace ha riconosciuto che la mole di dati, osservazioni e conclusioni di Darwin era maggiore e più approfondita.
Dottore,guardi che rispondevo a quei commenti “da strada” di certo Luca.Sicuramente troppo da fan.Forse non ricorda che(nel mio piccolo)ho sempre riconosciuto,propio a Darwin, la grandissima (una passione infinita per la ricerca)mole di lavoro.Eppoi carissimo le faccio anche notare(con rispetto, anche se le mie osservazioni non collimano perfettamente con le Sue) di avere almeno la capacità di saper leggere.
Con il mio vecchio psudonimo “Stò co frati e zappo l’orto”(che non ho abbandonato, ma piuttosto questo splendido blog,aderendo a Facebook lo ha “modificato”) mi sono permesso di riconoscere(non sono comunque la massima autorità mondiale nel campo scientifico) propio come Uomo della Strada(ma molto,molto ben informato)….e non solo….i meriti alla mole di lavoro del “Suo Preferito”(il mio rimane Wallace…e non solo).Cordialmente.
Caro Sto’, non l’avevo riconosciuta. Non volevo mettere in dubbio la sua capacità di saper leggere, ho solo voluto obiettare a quel “brevettato” che mi pare non renda conto della complessità della vicenda. Che lei conosce bene, a differenza di altri lettori che quindi potrebbero fraintendere.
Carissimo(ed è un grandissimo piacere,appunto,poterla leggere, assieme agli altri ottimi Signori, qui presenti) conosce la mia verve da toscano irrequieto.Ho “toscanamente” ingigantito il tutto.Di nuovo le porgo cari saluti.
Come spesso accade quando il saggio indica la luna lo stolto guarda il dito.
Il centro di questo articolo di Respinti è che la teoria di Darwin non essendosi rivelata utile in alcun campo in quanto narrazione del già avvenuto senza capacità predittive, veniva ad avere come unica applicazione pratica, e quindi legittimazione presso l’opinione pubblica e la politica, l’eugenetica.
Trovo, per concludere, abbastanza patetici i difensori d’ufficio di Darwin che vengono qui ad intervenire per mostrare ai lettori la loro saggezza in confronto ai cattivoni che criticano il moderno santo laico..
Preg.mo Professore,
per prima cosa La ringrazio per dare, tramite il Suo blog, a persone come me e altri come me molto ignoranti nello specifico della materia trattata, l’opportunità di apprendere. Quanto alle difese d’ufficio cui Lei fa cenno, oltre a essere patetiche (come Lei rileva), sono sempre noiose e inconcludenti; puro rumore di fondo. Certamente, questo non è il caso di Greylines, i cui apporti trovo sempre documentati, argomentati, e misurati; in ogni caso utilissimi, altrimenti il tema sarebbe privato della forza della dialettica.
A Greylines, se mi legge, vorrei fare una domanda semplicissima, proprio terra terra. Secondo le stesse premesse darwiniste, ci deve essere certamente essere stato, in un remoto passato, un momento in cui c’era assenza assoluta di vita, di coscienza, di informazione; il che vuol dire uno stato di 0 vita, 0 coscienza, 0 informazione. Ora, la domanda è questa: come può darsi che la sommatoria, o il prodotto, o la ricombinazione indefinita di 0 possa dare qualcosa di diverso da 0? La domanda è semplice, e, a meno che non mi mostri il contrario, del tutto sensata e consistente; per cui, mi aspetterei una pari risposta. Grazie.
P.s.
Il titolo dell’articolo del Sig. (o Dr,) Respinti è “Eugenetica, figlia dell’evoluzionismo di Darwin”; è una tesi sbagliata, insostenibile, come ho qui scritto in un commento. Il Darwinismo è l’interpretazione moderna, a sfondo soprattutto capitalista, di una teoria e una prassi antiche quanto l’uomo.
Intervengo solo per una considerazione, riguardo all’eugenetica è vero che si tratta di prassi e teorie antichissime, basti pensare alla Repubblica di Platone o a Sparta, è però altrettanto vero che si trattava di scelte, solo con il darwinismo queste pratiche sono state adottate come conseguenza logica di una teoria scientifica, e questo in un postivismo in cui la scienza assumeva (e assume) la veste di verità assoluta.
Grazie, Professore, non ho dubbi, non potrei credere, che il Sig. Respinti ignori la tesi platonica, ma anche aristotelica e di tutto il mondo greco e romano; con, in ogni ambito e occasione possibile, le relative prassi. Tutto ciò non si limita, comunque, al mondo greco-romano, ma continua, adattandosi al clima culturale generale, anche per tutto l’alto e basso Medioevo, fino ai nostri giorni. Ho fatto distinzione fra l’eugenetica passiva e quella attiva; è certamente un distinguo importantisimo, ma il fondamento rimane il medesimo. Sia che si sopprima un deforme, o si “ritiri dalla circolazione un prodotto” (per usare l’eufemismo di Philip Dick) non più redditizio o disfunzionale (eugenetica attiva); oppure, a priori, si pongano in essere criteri selettivi biologici ed economici nella scelta dei partner (eugenetica passiva), l’obiettivo è sempre quello di massimizzare la qualità genetica. Fino al secolo scorso, e con relativamente poche eccezioni ancora oggi, in Occidente, è stato rarissimo un mescolamento genico tra classi diverse. Ma non solo, ancora oggi, la tendenza naturale (salvo le solite eccezioni) e che i belli si accoppino coi belli, gli intelligenti con gli intelligenti, ecc… Sembra poco romantico, lo so, ma questo è ciò che accade, salvo che nei film e nelle favole alla Cenerentola. A questo punto, si tratta solo di mettersi d’accordo, convenzionalmente, sul’uso dei termini; ma la sostanza rimane comunque quella: eugenetica. Che, francamente, mi riferisco a quella passiva, non vedo perché sia un male in sè.
E’ invece mostruosa quella di impronta darwinista, ma questo è troppo ovvio per discuterne.