La respirazione e l’alimentazione non sono terapie, la contraddizione della Corte inglese evidenzia la confusione che caratterizza la questione del fine vita e mette allo scoperto e uno sconcertante accanimento tanatologico.
Articolo sullo Speciale Giornale del 24 aprile 2018 | 11:56, Americo Mascarucci
Alfie Evans respira ancora, nonostante da oltre 11 ore gli sia stato staccato il respiratore artificiale che lo ha tenuto in vita in tutte queste settimane. Lo Speciale ne ha parlato con il fondatore del sito Critica Scientifica Enzo Pennetta laureato in Biologia e Farmacia, docente di scienze naturali e scrittore, autore de “L’Ultimo Uomo”, libro in cui descrive il declino dell’uomo moderno. Alfie, affetto da una grave malattia neodegenerativa si è visto staccare il ventilatore artificiale, dopo che il giudice ha respinto l’ultima richiesta di trasferirlo in Italia presso l’Ospedale Bambino Gesù nonostante la concessione della cittadinanza da parte del Governo italiano. Per i medici, senza respiratore sarebbe vissuto al massimo trenta minuti, invece per oltre 11 il bimbo ha respirato autonomamente. I medici hanno dovuto praticargli l’idratazione per impedire che muoia dissetato.
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Che significa tutto questo? Che la natura si sta ribellando all’ideologia? Di fronte ad uno Stato che vorrebbe sopprimere una “vita inutile”, questa vita si ribella?
“Aspettiamo e vediamo come evolverà la situazione nelle prossime ore. Arrivare a delle conclusioni ora potrebbe essere un po’ azzardato. E’ chiaro che uscendo dal campo medico e restando in quello prettamente umano colpisce la resistenza e l’attaccamento alla vita di Alfie. Di fronte alle sentenze di un tribunale che hanno stabilito che quella vita va interrotta, ecco che quella stessa vita si aggrappa all’ultima possibilità di sopravvivenza. La natura evidentemente va in un’altra direzione rispetto alle leggi e alle convinzioni ideologiche, dimostrando che la fine dell’esistenza è un fatto naturale che può resistere anche ai tentativi di accelerare un decesso”.
Il fatto che i medici hanno ripreso ad idratarlo, non sta però a smentire l’idea di chi sostiene che alimentare un malato terminale è come praticargli l’accanimento terapeutico?
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