Nel clima di confusione che si è diffuso riguardo ai sessi una voce chiara e illuminante ci viene dalla chimica dove mode e ideologie non trovano spazio.
La Chimica che ci piace
By Alfonso Pozio
Tra le innumerevoli molecole prodotte dal nostro organismo ve ne sono due che influenzano così tanto la nostra vita che vale la pena di dar loro voce per qualche minuto.
La prima ha un nome impronunciabile, si chiama: (8R,9S,10R,13S,14S,17S)- 17-idrossi-10,13-dimetil-1,2,6,7,8,9,11,12,14,15,16,17-dodecahydrocyclopenta[a]phenanthren-3-one (C19H28O2) e per semplicità da ora in avanti la chiameremo ADM:
La sua formula di struttura è costituita da quattro anelli esagonali appiccicati; tre di loro a sei atomi e l’ultimo a cinque atomi di carbonio (Fig. 1).
Figura. 1 – Formula di struttura della molecola ADM
La seconda molecola ha un nome più semplice ma sempre difficile da ricordare, (17β)-estra-1,3,5(10)-trien-3,17-diolo (C18H24O2) e per lo stesso motivo la ribattezzeremo MA. La sua formula di struttura è molto simile a quello dell’ADM ma non uguale. Il numero di anelli è lo stesso ma uno di loro contiene due doppi legami (=). Inoltre, al posto di un ossigeno (=O) abbiamo un gruppo ossidrile (-OH) e manca un gruppo metile (-CH3).
Figura. 2 – Formula di struttura della molecola MA
Come si producono ADM ed MA nel corpo umano?
La sintesi è complessa come tutto ciò che avviene nel nostro organismo e perché ci crediate ve la facciamo vedere in forma grafica (Fig. 3). Tutto parte da una molecola molto famosa e nota a tutti, il colesterolo. La parola “colesterolo” suscita nella maggior parte dei lettori un senso di repulsione istintiva. Il termine evoca subito il consumo di cibi troppo grassi e l’insorgenza di patologie come l’arteriosclerosi ed alcuni suoi temibili effetti quali l’ictus e l’attacco cardiaco.
La distinzione fra colesterolo cattivo (LDL) che si deposita sulle arterie e colesterolo buono (HDL) che invece è in grado di rimuoverlo è nota a pochi e forse non ci convince fino in fondo. Come è possibile che una molecola con lo stesso nome sia buona e cattiva allo stesso tempo?
Eppure è proprio così. In termini chimici il colesterolo (Cholesterol) è un cosiddetto acido grasso ed è il precursore per la sintesi di numerose altre molecole tra le quali proprio le nostre ADM ed MA.
Figura. 3 – Sintesi di ADM ed MA.
I nomi strani rappresentati in grassetto sulle frecce indicano enzimi specifici (catalizzatori) senza i quali questi passaggi non potrebbero avvenire. Abbiamo già fatto osservare in un precedente contributo dedicato alla sintesi della vitamina D (CS2016) la complessità di queste biosintesi. Gli enzimi che le catalizzano sono molecole molto complesse e dotate di una specificità che le rende idonee solo a ben precise reazioni in determinate condizioni. Inutile dire che se un chimico volesse effettuare le stesse reazioni, dovrebbe progettare catalizzatori dotati della stessa selettività e specificità e non sarebbe affatto un impresa semplice. Anche se non sappiamo in che modo questi enzimi così specifici abbiano avuto origine è stupefacente che esistano e che svolgano così bene il loro lavoro.
Per quello che ci interessa alla fine di questa catena di reazioni troviamo un particolare enzima dal nome soave di aromatasi (Fig. 4) responsabile della conversione da ADM ad MA.
Figura. 4 – Enzima Aromatasi.
Si tratta di una proteina che ha la capacità di “aromatizzare” (cioè creare doppi legami tra gli atomi di carbonio) il primo anello di carbonio dell’ADM (anello A) attraverso l’ossidazione e la successiva eliminazione di un gruppo metilico (-CH3).
Figura. 5 – Aromatizzazione.
L’aromatizzazione comporta la perdita di un atomo di carbonio in modo tale che si passa da C19 a C18 atomi di carbonio. Arrivati a questo punto forse avrete capito perché a scuola la chimica non vi piaceva tanto: noiosa e incomprensibile. E’ meglio la fisica con mele cadenti, pianeti, calamite, elettricità e oggetti in movimento. E’ meglio la matematica e la geometria che perlomeno ci calcoli gli interessi del conto corrente e la superficie calpestabile per la tassa sui rifiuti. Eppure, se avete un attimo di pazienza forse cambierete idea.
Prima di andare avanti dobbiamo introdurre un punto fondamentale nella comprensione dei fenomeni che avvengono nel nostro corpo, il concetto di omeostasi.
Il termine omeostasi deriva dalla fusione di due parole greche, òmoios, “simile” e stasis “posizione”. Padre di questo neologismo fu un fisiologo americano Walter Cannon, che riprese i concetti del medico francese Claude Bernard, secondo cui “tutti i meccanismi vitali, per quanto siano vari, non hanno altro che un fine costante: quello di mantenere l’unità delle condizioni di vita dell’ambiente interno“. Barnard creò il concetto fondamentale della biologia moderna, quello di “mezzo interno” (milieu interiéur). La “costanza del mezzo interno”, appunto l’omeostasi, è la condizione per l’affrancamento degli organismi superiori dal “mezzo esterno” (cioè dall’ambiente esterno in cui vive l’organismo).
In sostanza il termine omeostasi definisce la capacità di autoregolazione degli esseri viventi, importantissima per mantenere costante l’ambiente interno nonostante le variazioni dell’ambiente esterno (concetto di equilibrio dinamico). Cannon limitava questo concetto a parametri come la temperatura del corpo ed il pH del sangue che non possono subire oscillazioni troppo ampie senza che si determinino patologie gravissime.
Si è visto successivamente che l’omeostasi riguarda tutta la biochimica del corpo umano.
Il nostro corpo è fatto in modo da preservare l’omeostasi e pertanto ogni volta si verifica una variazione di qualche parametro biochimico fondamentale (ad esempio la concentrazione di una particolare molecola) avvengono meccanismi a retroazione o feedback, che in risposta alla variazione iniziale producono reazioni omeostatiche, ovvero eventi biologici, generalmente opposti (feedback negativo), atti a mantenere l’equilibrio interno.
Perché questo avvenga, come in un dispositivo elettronico, sono necessari tre componenti:
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un recettore cioè una sorta di sensore in grado di captare le variazioni del parametro interno;
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un centro di integrazione e controllo che interpreta i segnali dei recettori e regola le risposte;
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un meccanismo effettore a cui è affidato il compito di produrre le risposte (azioni) necessarie al ripristino delle condizioni ottimali tipiche dell’omeostasi.
Per inciso, questo meccanismo che agisce in modo preciso in tutti gli organismi viventi preserva la vita e l’equilibrio dell’organismo stesso. Anche l’assuefazione ai farmaci è dovuta a meccanismi fisiologici basati su una risposta di tipo omeostatico che si traduce poi nello sviluppo di una graduale tolleranza. La tolleranza è la diminuzione della risposta farmacologica a somministrazioni ripetute del farmaco.
ADM ed MA non fanno eccezione a questa regola aurea dell’omeostasi ma, e questa è la particolarità, in modo diverso negli uomini e nelle donne.
Infatti, la produzione di ADM ed MA non è la stessa nei due sessi. Diversi sono i centri preposti alla loro produzione: ADM negli uomini è prodotta dal fegato, dai testicoli e dalla prostata. Nelle donne invece, ADM è prodotta in quantità minore nelle ovaie e solo il 30% viene rilasciato nel corpo mentre il resto viene trasformato dal nostro enzima aromatasi in MA. La produzione del MA avviene nella donna in massima parte nell’ovaio e in parte nel corpo luteo. Invece nell’uomo una piccola parte viene prodotta dai testicoli.
La produzione di ADM è molto più elevata negli uomini al contrario l’aromatizzazione dell’ADM in MA avviene pochissimo negli uomini e molto nelle donne. Insomma, uomini e donne necessitano di entrambe le molecole per svariate e diverse funzioni ma i livelli nell’organismo sono molto diversi in quanto le funzioni che assolvono sono anche esse diverse. La molecola ADM è presente nei maschi circa 50 volte più rispetto alle femmine. Al contrario il livello della molecola MA nei maschi è sempre molto basso (10 – 45 pg/mL) mentre nelle femmine può raggiungere anche 388 pg/mL in determinate circostanze. A complicare le cose il livello di produzione di ADM dipende nei maschi in particolare dall’età (Fig. 6) mentre nelle femmine è circa costante e sempre estremamente bassa.
Figura. 6 – Produzione giornaliera di ADM negli uomini in funzione dell’età.
A voler essere precisi la produzione di ADM dipende anche dalle ore della giornata essendo massimo la mattina appena ci svegliamo e minimo verso l’una di notte, segue ovvero un cosiddetto ritmo circadiano. Ma anche la luce solare lo influenza in modo tale che in primavera ed estate se ne produce di più.
La figura 6 mostra chiaramente che negli uomini la produzione giornaliera di ADM subisce un impennata a partire dai 10 anni e tocca un massimo verso i 20 anni per poi mantenersi elevata e cominciare a calare dopo i 40 anni. La tabella seguente da un idea più precisa di come varia la concentrazione dell’ADM negli uomini e nelle donne a secondo delle fasce di età.
E’evidente da quanto abbiamo detto che il motore che guida la produzione di queste molecole è di origine genetica e non il contrario. Di conseguenza l’equilibrio chimico tra i livelli delle due sostanze è pre-determinato nei due sessi e segue la regola aurea dell’omeostasi con sistemi di feed back che ne regolano la concentrazione.
Si da il caso che le due sostanze svolgano un azione fondamentale nella determinazione dei caratteri sessuali. Le principali attività fisiologiche dell’ADM sono quelle di induzione di tutte le caratteristiche di tipo maschile tra cui la produzione dello sperma, l’aumento della massa muscolare, etc. Una carenza di ADM nell’uomo causa una diminuzione della libido e ed anche infertilità. Nella donna viceversa un eccesso di ADM e’ correlato ad un iper-androgenismo che provoca tutta un serie di effetti collaterali poco piacevoli (irsutismo, seborrea, acne ed alterazione del ciclo mestruale, amenorrea, etc).
Ormai dovreste averlo intuito, il vero nome dell’ADM è Testosterone il più famoso ormone cosiddetto androgeno mentre quello del MA è Estradiolo l’ormone femminile per eccellenza ed il principale degli estrogeni. Ora forse riuscirete a spiegarvi tante cose della vostra vita…
E’possibile per via chimica (farmacologica) far variare i livelli delle due sostanze in un essere umano?
Certamente si, ma per quanto vi abbiamo spiegato, è decisamente sconsigliabile perché la pratica farmacologica ha insegnato che, se il Padre Eterno ci perdona sempre e l’uomo qualche volta, invece la Chimica non perdona mai. L’equilibrio chimico o meglio omeostatico serve a preservare il nostro benessere fisico e psichico e una sua variazione produce sempre effetti collaterali. In altre parole anche se si può farmacologicamente ingannare il corpo modificando questi livelli, non si può ingannare la sorgente dell’equilibrio stesso che è genetica.
Tutta questa “scienza” per far capire qualche concetto chiave che vi aiuti a valutare le “Fake” News da cui ormai siamo assediati. La comprensione della realtà è impossibile senza capire il significato esatto delle cose. Su ciò che non viene detto o sarebbe meglio dire omesso, si giocano enormi equivoci che ricadono poi sulle spalle delle persone comuni che percepiscono la realtà in modo distorto.
Vediamo quattro casi tra i più recenti legati alle informazioni che vi abbiamo fornito che vi serviranno per una migliore comprensione dei fatti.
Se leggessimo queste notizie senza cognizione di causa potremmo arrivare alla conclusione errata che si tratti semplicemente di un problema di libertà individuale ma adesso che avete gli strumenti intellettuali per capire, forse vi renderete conto che la libertà qui non c’entra nulla.
1) Un tribunale dell’Ohio ha sospeso la potestà genitoriale dei genitori di una diciassettenne che si identifica come un uomo e la cui famiglia è in causa con gli “esperti” del Cincinnati Children’s Hospital Medical Center, convinti che debba essere sottoposta a terapia ormonale. Questi ultimi hanno infatti testimoniato contro il padre che si rifiutava di chiamare la figlia con un nome maschile, identificando la causa dei pensieri suicidi della minorenne con tale rifiuto di confermarla nel suo stato mentale confuso e ferito.
2) Un uomo di trent’anni vive con una donna ma ritiene lui stesso di essere una donna. La donna con cui vive rimane incinta di un terzo soggetto. Il bambino viene adottato dal “compagno/a” ma siccome l’unica vera donna della coppia, quella che ha partorito, non “era interessata” ad allattare la creatura pur avendo tutto l’apparato naturale per farlo, ha voluto pensarci lui, il maschio. Lui si è allora rivolto agli specialisti, si è sottoposto a una cura ormonale molto particolare e alla fine ha ottenuto il risultato. Lo documentano scientificamente e ufficialmente l’infermiera tirocinante Tamar Reisman e il direttore di programma Zil Goldstein, che hanno realizzato la cosa scrivendo sulle pagine di un periodico blasonato e peer-reviewed che si chiama Transgender Health. L’uomo che gioca a fare la donna ha cioè ancora tutti i propri attributi. Ma allatta.
3) Il comitato Olimpico Internazionale ha stabilito nuove regole per gli atleti transgender. Già dai Giochi di Rio i casi degli atleti uomini che gareggiano con le donne sono stati valutati anche prima dell’intervento chirurgico per il ri-assegnamento del sesso. Per gli uomini che vogliono gareggiare con le donne basta aver seguito una terapia ormonale e non superare un livello prestabilito di testosterone di 10 ng/dL per almeno l’anno alle gare. Secondo le precedenti regole si otteneva la certificazione di atleta uomo o donna solo dopo un intervento chirurgico e almeno due anni di terapia ormonale. Adesso conta il livello del testosterone per stabilire se si gareggerà nella categoria maschile o in quella femminile.
4) Quasi il 40% dei 296 atleti che al momento stanno scontando sospensioni dalle gare internazionali a causa del doping sono donne, e metà di queste ha subito la squalifica per essere risultata positiva agli androgeni (British Journal of Sports Medicine). Sono stati analizzati più di 2100 test fatti sui livelli di testosterone di 1332 atlete in 21 specialità fra il 2011 e il 2013. Il vantaggio di partenza è dimostrato per 400 e 800 metri, 400 ostacoli, salto con l’asta e martello fra l’1,8 e il 4,5%. La federazione internazionale di atletica potrebbe utilizzare questo studio nell’appello presentato al tribunale arbitrale dello sport sulla sospensione della regola che poneva limiti al testosterone nelle atlete per poter partecipare alle gare nel settore femminile.
Le notizie meritano qualche commento.
Primo commento; in tutti i casi esposti si applicano terapie ormonali per indirizzare verso la mascolinizzazione o la femminilizzazione dei tratti sessuali secondari come se si trattasse di cure termali mentre da quanto abbiamo spiegato, la pericolosità di toccare certi equilibri chimici è enorme (soprattutto nei giovani) e per onestà intellettuale andrebbe detto che non ne conosciamo molti aspetti. Quelli che conosciamo però ci dicono che si tratta di terapie che agiscono su equilibri chimici e pertanto destinate a protrarsi solo con una continua assunzione di farmaci. Poiché tuttavia il corpo reagisce con meccanismi di feedback, come per le droghe, vi saranno assuefazione ed effetti collaterali certi il che obbligherà ad una ciclizzazione dei trattamenti e/o ad un cambio continuo di farmaci con effetti sempre più variabili.
Un secondo commento è legato alla naturale variazione della concentrazione ormonale (ad esempio del testosterone) nel corso della vita di un individuo che ci spiega il perché i caratteri sessuali secondari subiscano una trasformazione nel corso del tempo. Ci spiega perché sia naturale che i bambini fino ad una certa età non abbiamo determinati caratteri e non siano interessati alla sessualità ed è giusto che sia così. La tabella che abbiamo mostrato sopra evidenzia perché sia errato parlare di programmi di “educazione tra pari”, insegnare la sessualità ai piccoli, e perché sia ancora più stupido riconoscere un presunto “diritto sessuale” dei bambini a cui le famiglie dovrebbero obbedire. I tratti sessuali secondari si stabilizzano nel tempo ed è quindi necessario regolare la crescita tenendo conto di questo delicato equilibrio.
Terzo commento; sul caso sportivo vale aggiungere qualcosa in più. Gli steroidi anabolizzanti di cui sentiamo spesso parlare nelle cronache sono strettamente correlati agli ormoni sessuali maschili e sono le sostanze più frequentemente utilizzate dagli atleti per aumentare le performance sia negli sport professionisti sia in quelli amatoriali. Come abbiamo visto gli ormoni maschili o androgeni (il principale è il testosterone) sono responsabili dei caratteri sessuali durante pubertà e adolescenza. Questi ormoni hanno effetti anabolici come un’aumentata velocità di crescita di muscoli e ossa. Gli androgeni stimolano la produzione di globuli rossi nel sangue, un aumento della conduzione degli stimoli a livello delle cellule nervose e intervengono nel riparo dei danni muscolari che avvengono durante sforzi fisici intensi o successivi a traumi. Il testosterone può anche essere utilizzato impropriamente per migliorare le prestazioni in molti sport. Precursori, derivati e metaboliti del testosterone sono utilizzati come steroidi anabolizzanti. Modifiche sintetiche di queste molecole ne hanno trasformato alcune proprietà rendendole più solubili e capaci di rimanere più a lungo nell’organismo, aumentando le proprietà anabolizzanti e minimizzando le proprietà androgene. Uno di questi è il nandrolone che ha un effetto anabolizzante massimo e limitata azione androgena sui caratteri sessuali secondari. Ciononostante provoca frequentemente mascolinizzazione nelle donne (acne deturpante, 40–54% delle utilizzatrici) e femminilizzazione negli uomini (ginecomastia, 30% circa degli utilizzatori).
Per una analisi approfondita dei gravi effetti collaterali di queste sostanze sulla salute vi invitiamo a collegarvi al link dell’Università di Tor Vergata dedicato agli steroidi anabolizzanti. A tal proposito, vale la pena di ricordare che in molti paesi dell’Est (soprattutto nella DDR) prima della caduta del muro era pratica consueta dopare in modo massiccio gli atleti con steroidi anabolizzanti. Questi aiuti farmacologici ebbero però gravi effetti sulla vita di moltissimi di atleti ed atlete che anni dopo confessarono le devastanti conseguenze fisiche su se stessi o i loro figli. Dopo la caduta del Muro, pluri-medagliati del nuoto o di altri sport rivelarono il bilancio vero, quello fatto di tumori, problemi di sterilità, aborti, devastazioni psicologiche. Alle ragazzine venivano dati talmente tanti steroidi che alla fine si ritrovarono imprigionate in corpi da uomini.
Se avete osservato la tabella pubblicata in precedenza vi sarete resi conto che a livello ormonale la differenza di concentrazione del testosterone tra i due sessi nella fascia di età compresa tra 16 e 39 anni (quella degli atleti per intenderci) è maggiore negli uomini da un minimo di tre (nel caso di valore minimo per l’uomo e massimo per la donna) ad un massimo di 110 volte (nel caso di valore massimo per l’uomo e minimo per la donna). In termini chimici possiamo dire che:
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un atleta in condizioni normali sarà sempre avvantaggiato nel gareggiare contro una atleta
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atleti che assumano androgeni saranno sempre avvantaggiati nei confronti di atleti dello stesso sesso che non ne assumano
Per questi motivi l’anti-doping sportivo da sempre controlla il livello ormonale degli atleti per verificare che non assumano androgeni. E’nel caso in cui l’atleta faccia il contrario ovvero riduca i suoi livelli di testosterone? Possiamo dire che le sue prestazioni dipendono solo da questo? Certamente no, il livello ormonale da solo non fa la differenza. La riduzione del livello ormonale del testosterone di un uomo non lo trasforma in una donna e allo stesso modo l’incremento del livello ormonale di testosterone di una donna non la rende un uomo.
A parità di allenamento, come un atleta donna che assuma androgeni non riesce a competere con atleti uomini così un atleta uomo che li riduca sarà comunque avvantaggiato rispetto alle atlete donne.
Si tratta come abbiamo spiegato di effetti transitori dovuti all’assunzione di farmaci che agiscono sui caratteri sessuali secondari in quanto il carattere sessuale primario dell’atleta rimane geneticamente ben definito e così alcune differenze fisiche principali (anatomiche, scheletriche, muscolari, etc). Per questo motivo non si capisce da che cosa derivi la scelta del CIO sul criterio di ri-assegnamento del sesso basato semplicemente sul livello del testosterone. Questo regolamento penalizza in modo evidente le atlete. Insomma, il paradosso è che le regole dell’anti-doping riconoscono l’antisportività e la pericolosità nell’assunzione di ormoni maschili e la limitano sia in campo maschile che femminile ma non riconoscono la stessa antisportività e pericolosità nella loro riduzione attraverso l’assunzione di ormoni femminili e non la limitano affatto in campo maschile, anzi come abbiamo visto la ritengono valida. Qual’e’ il motivo? Forse, la risposta è di carattere squisitamente ideologico…
Come al solito quando mostri la luna lo stolto indica il dito. Un quotidiano nazionale tempo addietro citava il caso estremo della Chand atleta indiana affetta da iperandrogenismo. Il suo corpo a causa di questa patologia produrrebbe livelli di testosterone così alti da farla rientrare, secondo i parametri dell’atletica internazionale, nella categoria uomini. La conclusione sconclusionata dell’articolo era: alziamo il livelli di testosterone permessi dai regolamenti per le donne e, aggiungiamo noi, se poi li alziamo al punto giusto possiamo ridurre i trattamenti ormonali per permettere ad un atleta uomo di gareggiare con le donne.
E’ ovvio che alzando i parametri del livello di testosterone tutte le atlete saranno indotte ad usare questo ormone (più di quanto già facciano) con buona pace della loro salute. Così facendo molte gare sportive femminili diverranno passerella per donne androgenate e maschi estrogenati. Per la serie, ciò che vietiamo ai polli di allevamento va bene per noi.
Ma secondo voi, le regole generali si dovrebbero stabilire su casi patologici o piuttosto i casi patologici dovrebbero essere valutati come eccezioni?
A questo punto, sportivi, donne, chimici/biologici e medici dovrebbero alzare la voce. Gli sportivi perché a nessun vero sportivo piace chi vince facile. Le donne perché trovarsi piene di peli e con il vocione per vincere una medaglia, no grazie. Tantomeno, trovarsi un bestione di avversario selezionato per via chimica invece che genetica. I medici perché, qui si rischia la pelle di brutto. I chimici e i biologi perché l’omeostasi è una regola aurea e se ne infischia dei trucchi farmacologici.
Il lettore a questo punto potrà pensare che questi fatti siano limitati ad un ristretto gruppo di individui e pertanto di scarso interesse per la collettività.
Purtroppo non è così, vediamo altri due casi che ci riguardano tutti quanti. Il primo è quello dell’utilizzo degli ormoni nell’alimentazione degli animali utilizzati per la produzione di carne allo scopo di diminuire i grassi di deposito e aumentare la massa muscolare. E’ noto dalla letteratura scientifica che l’esposizione eccessiva a questo tipo di ormoni ha potenziali conseguenze sulla salute umana tra cui alterazioni nei riguardi delle ghiandole endocrine nella fase puberale, del sistema immunitario e per gli effetti genotossici e carcinogenici.
Tra gli ormoni della crescita utilizzati per la produzione di carne ci sono anche il 17-beta estradiolo (MA) e il testosterone (ADM) ma anche progesterone, zeranolo, acetato di trenbolone e di melengesterolo, etc. Tutti questi agenti possono, a seconda dei casi, avere effetti deleteri sulla salute umana. In particolare il gruppo più a rischio è costituito dai bambini e dai ragazzi fino alla pubertà.
Le prove esistenti sono sufficienti a dimostrarlo, i rischi sono reali anche in caso di impiego di piccole dosi (per nessuno di questi ormoni è possibile stabilire una soglia critica). Ma per esempio, il 17-beta estradiolo è stato al contrario identificato come sostanza cancerogena completa; ha l’effetto sia di avviare sia di promuovere lo sviluppo del tumore (con buona pace degli atleti maschi che, volendo concorrere con le donne, ne assumono).
Il secondo esempio, ben noto alla letteratura medica, è quello degli effetti collaterali delle pillole anticoncezionali che si basano proprio su dosaggi di ormoni con funzione inibitoria. E’interessante leggere quanto riportato circa gli effetti di queste sostanze sulla possibilità di aumentare il rischio di cancro sul sito dell’AIRC.
Paradossalmente la pagina citata riguarda la disinformazione sull’argomento ma purtroppo l’informazione che viene data manca di tutta quella parte che vi abbiamo spiegato finora circa gli ormoni e i loro delicati equilibri nel nostro corpo. Le conclusioni dell’articolo ci dicono:
La risposta, liberamente tradotta, sarebbe: spostando l’equilibrio ormonale, ci sono sicuramente degli effetti che non siamo in grado di valutare bene perché ci sono in gioco molti fattori. Alcuni effetti sembrano negativi altri invece positivi e comunque, siccome non li conosciamo poi così bene, potete infischiarvene perché alla fine ciò che conta è la “funzione principale” ovvero la contraccezione.
Bene, qui possiamo concludere l’argomento dedicato all’equilibrio ormonale sperando che, alla luce di quanto è stato spiegato, possiate comprendere la debolezza e la pericolosità di certi ragionamenti.
Ah dimenticavo, questa è la Chimica che ci piace; nessun oggetto in movimento, niente calcoli, solo una piacevole e rilassante sensazione di equilibrio chimico anzi, omeostatico.
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