Articolo sulla libertà di pensiero di “Mediterraneo cronaca” con riferimento all’intervista su Byoblu.
Sul tema delle “fake news”, della censura, della libertà di pensiero e del mainstream Mediterraneo Cronaca è sempre molto attento e sensibile. Si prova, per quanto possibile, a sensibilizzare i lettori su una questione che oggi viene molto sottovalutata, ma che domani sarà la causa di una gravissima regressione culturale. Il “manovratore” è evidentemente molto disturbato dalla libera circolazione di idee ed informazioni che la rete consente all’intera popolazione. Il web, con i suoi social media, oggi rappresenta un enorme amplificatore di ciò che fino a ieri le persone si scambiavano tra le mura di un circolo, di un bar o di un laboratorio politico. Il “mainstream”, la corrente unica di informazioni, idee e pensieri, ieri rappresentata dai giornali reperibili unicamente in edicola e dalla televisione, viene contrastata dalla rete a cui ormai la maggioranza assoluta della popolazione può accedere. Accade quindi che in rete i nostri lettori possono trovare questo contenuto, quello che state leggendo in questo momento, e magari anche condividerlo aumentando in tal modo la conoscenza propria e dei propri contatti su quanto sta accadendo. Fenomeno di informazione impossibile, o quasi, con il solo mainstream.
Il professor Enzo Pennetta, in questo video illuminante realizzato da Byoblu, spiega in modo magistrale quanto appena accennato. Brexit, l’elezione di Donald Trump con annesso sfogo della corrispondente Rai dagli Stati Uniti sul ruolo del giornalista che non riesce più a “condizionare” gli elettori, il referendum italiano sulla riforma della Costituzione, sono tre tasselli che hanno inequivocabilmente suonato l’allarme del cosiddetto manovratore costringendolo ad una brusca accelerazione per la messa al bando della libera condivisione di idee ed informazioni in rete. Altro non è che quella da noi già definita “fake – fake news”, cioè la bufala delle notizie bufala. Creare una scusante per aggredire la rete e ciò che ogni singolo cittadino può voler scrivere, pubblicare, condividere con i propri contatti, al fine di inibire tutte le fonti di informazione alternative e ricondurre il “povero gregge” alla voce unica del padrone.
George Orwell, pseudonimo di Eric Arthur Blair, morì nel 1950 a Londra. Malgrado non sia arrivato che al ventunesimo giorno della seconda metà del secolo passato, George Orwell è stato in grado di lasciarci i più illuminanti testi che si ricordino in letteratura. Il suo “1984” riuscì a descrivere quanto sta accadendo oggi e lo fece quando la tecnologia era appena in grado di mettere in contatto le persone mediante telefono poco diffuso ed esclusivamente via cavo o mediante la radio. Nel 1950 ci si sognava anche la Tv, di cui oggi le case sono piene e che sono diventate anche interconnesse con la rete. Orwell però intuì il pericolo che si celava dietro una tecnologia che, qualora in mano esclusiva del manovratore invece che del popolo, avrebbe condizionato la vita delle persone costringendole ad un gregge che pensa e fa soltanto ciò che lui, il Grande Fratello, dice di fare o di pensare.
Oggi Facebook gestisce le informazioni e stabilisce cosa a noi può piacere o interessare di più. Come Twitter, anche permette di bannare nei modi più subdoli i contenuti postati dalle persone. Più in generale, è in atto una guerra alla libertà di pensiero ed informazione degna di uno Stato fascista al tempo degli smartphone. Ogni profilo social, blog, sito di informazioni, giornale digitale, potrà essere oscurato se contenitore di informazioni che al manovratore non piacciono. L’ironia dell’azione di censura è che chi non se ne rende conto si renderà strumento della censura segnalando i contenuti estremisti, pericolosi o anche semplicemente fastidiosi, alimentando così il gioco. E se le grasse panzane, quelle grottesche ma innocue come le star del cinema postate come parenti di Laura Boldrini che speculano su chissà cosa, fossero sponsorizzate proprio da chi vi vuol convincere che le fake news vanno combattute e voi dovrete essere l’esercito volontario della vostra stessa prigionia?
di Mauro Seminara