Sebastiano Caputo in una foto sul fronte siriano
Lo scontro sul terreno dell’informazione è in pieno svolgimento, la reazione ai successi delle fonti indipendenti e le possibili contro mosse.
Sul fronte della comunicazione della libera informazione gli ultimi giorni del 2017 hanno portato una serie di azioni volte a limitare la libertà dei singoli operatori, le reazioni non sono mancate e anche le proposte di reazione.
Dopo aver agito sul giornalismo propriamente detto, all’inizio di dicembre la censura di Facebook ha bloccato ad esempio il profilo del reporter Sebastiano Caputo ‘colpevole’ di aver pubblicato delle foto da lui stesso scattate in Libano nell’ambito della sua attività sui teatri di guerra e raffiguranti degli esponenti di Hezbollah, come da lui stesso raccontato sulle colonne de Il Giornale:
Come non detto. Il mio profilo Facebook privato Sebastiano Caputo è stato nuovamente bloccato, questa volta per 7 giorni. Senza nessun preavviso ovviamente. Ai censori d’Oltreoceano non è piaciuto l’album fotografico in cui ho raccontato per immagini tra settembre e ottobre nel quartiere sciita di Beirut la ricorrenza dell’Ashura (commemorazione dell’Imam martire Hussein, figlio di Fatima, nipote di Maometto) durante la quale è intervenuto in diretta video Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah (partito riconosciuto che governa il Paese insieme ai cristiani maroniti del generale Aoun).
In quegli stessi giorni i responsabili di Twitter annunciavano che dal 18 del mese sarebbero entrate in vigore nuove e più severe misure di controllo sugli utenti giungendo perfino a monitorarne (leggi spiarne) l’attività offline, come riportato in questo articolo di Wall Streeet Italia:
Una vera e propria rivoluzione quella che attuerà Twitter che, in pieno stile orwellliano distopico, ha annunciato l’intenzione di voler monitorare il comportamento dell’utente sia quando è on che quando è off della piattaforma e sospenderà l’account di un utente se risulta affiliato con organizzazioni violente. Il social network fondato da Jack Dorsey darà tempo agli utenti fino al 18 dicembre 2017 prima di applicare la novità.
L’attesa di un mese è dovuta alle normative dell’Unione Europea che impongono alle aziende di informare gli utenti di un nuovo cambiamento di policy 30 giorni prima dell’ entrata in vigore. La scadenza del 18 dicembre riguarda anche l’utilizzo di “immagini o simboli odiose” in foto o intestazioni di profili. Twitter monitorerà anche la presenza di discorsi di odio nei nomi utente.
La vaghezza del termine “odiose” riferito alle immagini e ai contenuti che verranno censurati lascia amplissimo margine ad abusi e operazioni di censura. Il provvedimento non è il primo che riguarda il social, in precedenza era infatti già stata applicata la subdola tecnica dello “shadowbanning” consistente nel rendere non visibili i propri tweet nelle ricerche sugli hashtag, in questo modo il soggetto censurato potrebbe non accorgersi mai del provvedimento a suo danno.
Di fronte a questi e altri provvedimenti una delle proposte più ricorrenti è stata quella di chiudere i propri profili e migrare verso altre piattaforme come segnalato ad esempio sul sito digitalic in uno strano articolo nel quale ci si affrettava a stigmatizzare come “fascista” un social alternativo come “Gab”:
La scadenza del 18 dicembre ha gettato alcuni utenti di destra di Twitter nel timore di una “epurazione” completa e disordinata, come già in passato era accaduto per gli account che inneggiavano al terrorismo. Alcuni hanno detto che si sarebbero trasferiti su Gab, un social media di estrema destra, e incoraggiato i loro sostenitori a fare lo stesso.
Chiudere dunque i profili su Twitter e Facebook per migrare su VK e Gab?
Al momento questo sarebbe un comportamento controproducente, aprire profili nuovi può essere una buona misura ma chiudere quelli esistenti si rivelerebbe una forma di auto censura che finirebbe per essere più efficace di qualunque altra.
La migrazione su nuove piattaforme potrebbe seguire le dinamiche di un fenomeno del tipo che viene definito “catastrofico”, fenomeni che prima di una determinata soglia sarebbero destinati a restare limitati e regredire alla situazione iniziale ma superata la soglia diverrebbero un movimento di massa trasformandosi al contrario una scelta vincente. Il passaggio a fenomeno di massa si verificherebbe nel momento in cui la diffidenza nei confronti delle piattaforme tradizionali divenisse così forte da provocare reazioni emotive e diffuse in grado di far superare, anche per emulazione, la normale resistenza all’eliminazione di qualcosa a cui si abituati e della quale, molto spesso, si è diventati dipendenti.
Questa possibile dinamica indica anche il limite al quale può spingersi l’azione censoria e repressiva di Twitter e Facebook: i social non possono diventare troppo manifestamente repressivi e censori per non innescare la reazione emotiva di rifiuto. La ‘dittatura dolce’ alla Huxley può esistere solamente nell’illusione di una società libera e senza censure, se cade questa illusione il controllo deve invece diventare autoritario nel modo più tradizionale del termine.
La conclusione è che si può seguire una strategia comunque vincente elaborando un comportamento atto a continuare ad operare una controinformazione pur in presenza di piccole censure limitanti, se questa capacità dovesse però infine portare ad un inasprimento delle misure cadrebbe la possibilità di un controllo dolce e si verificherebbero allora le condizioni per una reazione di chiusura degli account e la migrazione.
In una situazione del genere le azioni repressive dovrebbero intervenire sulla rete e non più sui singoli operatori, qui si aprirebbe un nuovo fronte. Ma proprio in tale direzione si registrano già dei movimenti significativi il riferimento è alla realizzazione ormai in fase avanzata di una rete internet alternativa da parte dei paesi dei BRICS: “L’ultima sfida di Russia e Brics: trovare un’alternativa a internet“.
Tutto questo mostra che è in corso uno scontro con dinamiche precedentemente inesplorate nel quale le nuove tecnologie sono il terreno sul quale si gioca il confronto sull’informazione, un confronto nel quale c’è ancora margine di manovra per le fonti indipendenti, la sua ampiezza dipende molto proprio da come le stesse fonti indipendenti riusciranno ad utilizzare a loro favore le possibilità ancora disponibili.
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5 commenti
“Chiudere dunque i profili su Twitter e Facebook per migrare su VK e Gab?
Al momento questo sarebbe un comportamento controproducente, aprire profili nuovi può essere una buona misura ma chiudere quelli esistenti si rivelerebbe una forma di auto censura che finirebbe per essere più efficace di qualunque altra”.
Condivido al 100%.
E mi viene da pensare che una delle strategie possibili siano le piccole reti di amici che si conoscono, che operano in collaborazione. Da qui, col tempo, una rete più grande che metta insieme le piccole reti, e così via. Questa resistenza o parte dal basso o non si concluderà mai con un risultato positivo.
La tua idea mi ricorda il volantinaggio porta a porta per sfuggire al controllo, se necessario si può arrivare anche a quello, sempre però se non fosse più possibile operare sui social tradizionali.
Logico. 🙂 A me sembra che in parte stia già accadendo. Di fatto, piccole reti esistono già. A partire da quelle microscopiche dei Gruppi di Facebbok, alcuni con diverse migliaia di iscritti che ricevono quotidianamente informazioni, poi le ri-condividono, le commentano, le rielaborano e le commentano sui profili, sui blog, etc. Esistono poi le reti meno codificate: gli amici che quotidianamente vanno a leggersi le notizie dalle varie testate del mondo Pro Life, dei contestatori, della stampa libera, e così via. Anche CS fa rete, no? Qualcuna viene chiusa – con la strategia che hai ben descritto tu in riferimento al caso di Tempi e IntelligoNews – ma altre sopravvivono e nuove ne nascono ogni giorno. Da qui si potrebbero pensare reti un po’ più in grande, perché no? Cominciando da meta-siti, delle sorte di raccoglitori di notizie, interventi, voci alternative, canali appositi. Non credo sia molto complicato. Per quel poco che posso capire, si potrebbe tentare anche un esperimento senza ritorno economico: le spese non sono alte e la Censura non è ancora in grado di colpire le mailing list, i blog, i siti indipendenti come CS e tanti altri. Direi che prima che sia tardi, forse è meglio ragionare sul fatto che divisi, ognuno per sé, siamo probabilmente meno forti. “Divide et impera”, dicevano i Latini ….
Non è probabile che la “censura”,sul web, abbia un futuro felice tenendo conto che nel caso in cui i Cinquestelle(prima o poi) dovessero riuscire a vincere una qualche elezione politica i sussidi statali si volatizzerebbero(nel programma dei 5s è acclarato ciò).Di conseguenza,praticamente tutti i quotidiani,riviste,bollettini,volantini eccetera invaderanno,con le loro possenti armate il nostro caro Web.Ma questo comunque permetterebbe anche la sopravvivenza di un minimo di liberta d’espressione.ps.Leggiamo,ogni tanto,i dati su le copie cartacee vendute in questo paese…….anno dopo anno in forte calo.
Pure il titolatissimo quotidiano ufficiale dell’ultra capitalismo italiano è a rischio chiusura……Questo,da uomo maturo(non più giovanissimo) attento alle “mode” ideologiche attuali (liberalismo senza limiti vs burocrazia ottocentesca) mi risulta incredibile…..