Monkey before skeleton, Gabriel von Max · 1900
L’essere umano proposto in una visione unidimensionale negatrice della sua originale unicità e posizione.
Questo l’obiettivo dichiarato su Pikaia dell’insegnamento darwinista.
Un laboratorio di filosofia della biologia in un liceo in provincia di Milano, un’esperienza certamente interessante, ma la cosa più interessante è il meta-messaggio che è stato trasmesso con la biologia. Già il grande Richard Lewontin pubblicando il suo capolavoro “La biologia come ideologia” aveva messo in luce come in questa branca della scienza siano in gioco aspetti socio politici molto forti, adesso con la testimonianza di questo laboratorio, pubblicato su Pikaia, tale convinzione viene confermata.
Nelle prima righe dell’articolo viene dichiarato che tra le motivazioni del laboratorio c’è:
…la necessità di realizzare ciò che è detto al punto 1 in particolare sui contenuti scientifici che provengono dalla ricerca biologica, in decenni di tumultuoso e globale rinnovamento (lungo direttrici non ancora del tutto stabilite con sicurezza), e segnatamente evoluzionistica, che possono consentire una maggiore consapevolezza sia per quanto riguarda aspetti della vita individuale (per dir così, “esistenziali”)…
Ecco che quindi l’evoluzione dovrebbe veicolare contenuti “esistenziali”, una conferma che non si tratta solo di fare della scienza ma che la posta in gioco è altra e che viene perseguita anche a costo di negare i limiti imposti dalla sessa filosofia della scienza. Anche l’ultima motivazione è sullo stesso piano:
L’utilità di percepire l’appartenenza dell’umanità e della sua storia ad una dimensione naturalistica.
L’umanità e la sua storia apparterrebbero quindi ad una dimensione naturalistica, con tanti saluti a quello che naturalistico non è, all’arte, alla letteratura e a alla stessa filosofia che è alla base del corso in questione. Ma oltre alle finalità del corso è interessante constatare cosa pensano dell’evoluzione gli studenti di un liceo statale:
sorprendente è forse la diffusione ubiquitaria dei pregiudizi evoluzionisitici, la loro ampia articolazione nei contenuti e la loro esattezza di replicazione: l’evoluzione ne emerge come un processo finalistico, orientato, lineare, basato sulla “lotta per la vita”, nella quale prevale alla lunga “il migliore”, e in questa scala naturae determinata dalla cronologia, l’uomo, buon ultimo e caso unico, è al vertice.
Deve essere spiacevole per i docenti del liceo scoprire che nonostante decenni di propaganda il senso comune è ancora quello di un finalismo e di un essere umano situato al vertice di una scala naturae, di un ‘antropocentrismo’ che ad una certa cultura positivista proprio non va giù. Forse non è estraneo alla cosa il fatto che il liceo in questione fosse un Classico dove gli anticorpi verso queste visioni sono ancora forti, anticorpi che hanno il nome di figure come Omero, Alessandro Magno, Platone, Aristotele, Pericle, Virgilio, Costantino, Carlo Magno, Dante, Lorenzo il Magnifico, Caravaggio ecc… tutti esempi di come la storia dell’umanità non sia affatto naturalistica e di come unico tra tutti i viventi l’essere umano può elevarsi verso vette vertiginose.
Leggiamo poi che uno dei punti su cui il lavoro si è sviluppato è stata comprensibilmente la selezione naturale:
abbiamo insistito particolarmente sulla nozione di selezione naturale, che è ben diversa da quella che i ragazzi hanno in mente inizialmente (di solito, per esempio, rimane sì in mente la “sopravvivenza del più adatto”, ma molto meno la necessità logica evoluzionistica che questo “più adatto” rappresenti se stesso nella generazione successiva: senza questo piccolo dettaglio, oltre a possibili fraintendimenti lamarckiani, emerge la tipica visione “ontogenetica” lineare dell’evoluzione, dove una sorta di anagenesi particolarmente intensa mette in linea tutte le specie – o unità tassonomiche ben più ampie- estinte, che si trasformano l’una nell’altra).
Un’attenzione molto grande verso la banalità della selezione naturale ma si doveva insistere invece sulla nozione della comparsa di “nuovi caratteri” senza la quale la selezione resta un guscio vuoto nel migliore dei casi, un meccanismo di impoverimento ed estinzione nella maggior parte: selezionare senza introdurre novità significa ridurre la variabilità, non evolvere. Se il più adatto rappresenta se stesso nella generazione successiva ma non porta novità, dove sta l’evoluzione? Dalle righe che seguono emerge una dimenticanza dello studio del meccanismo delle mutazioni casuali e della loro improbabilità (vogliamo esser buoni e non dire della loro miracolistica improbabilità ), il caso che è stato appena dimenticato come origine delle novità, viene adesso sostituito dalla ‘contingenza’, un aspetto che sebbene presente non è certo il nucleo della teoria, la stessa cosa vale per gli equilibri punteggiati, l’exaptation e l’evo devo, tutti concetti e teorie che vengono dopo il problema delle mutazioni casuali del DNA e la comparsa di nuovi caratteri.
Ma poi si torna sullo scopo filosofico-ideologico del laboratorio mettendo ancora una volta in discussione il posto dell’uomo nella natura:
Sono sicuramente stato felice di notare l’interesse con cui i ragazzi seguivano e partecipavano ai discorsi piuttosto arzigogolati che si svolgevano al laboratorio, discorsi che, nella maggioranza, in modo più o meno esplicito, in fondo mettevano in discussione la posizione centrale che nel nostro immaginario collettivo ha l’uomo nella natura (decentramento che tra i ragazzi ha destato sempre un senso di divertito straniamento).
Ecco lo scopo principale del laboratorio: mettere in discussione la posizione centrale dell’uomo nella natura. Non è scienza ma ideologia. I ragazzi mostrano una spontanea resistenza verso questo tipo di azione e allora la tattica è di procedere con cautela, affermazione che in ambito scientifico è quantomeno insolita, nessuno ha ma raccomandato cautela nello spiegare argomenti complessi come la fisica quantistica o l’origine dell’universo:
Far intendere ai discenti che i loro pre-concetti sono del tutto o in buona parte infondati è controproducente: si rischia di disorientarli totalmente e anche di perdere di credibilità come docenti. Bisogna agire con molta cautela e insieme con determinazione, nell’obiettivo di lavorare con le pre-conoscenze utili e di rielaborare quelle dannose. A mio modesto avviso è però chiaro che siamo socialmente lontanissimi dall’essere diffusamente consapevoli dei meccanismi della natura, e ancor di più dal comprendere e “visualizzare” l’ appartenenza dell’uomo e della sua storia alla dimensione naturale. Se abbiamo speranza di migliorare le cose, credo che dovremmo tentare un’azione organizzata che ad oggi nella nostra scuola, per ciò che io ho potuto vedere in questi anni, è assente. In primo luogo, un coordinamento tra i docenti (di diverse discipline, delle scuole e delle università) che sostengono la centralità della teoria evolutiva…
E ancora una volta si insiste sull’appartenenza dell’uomo e della sua storia alla dimensione naturale, i pre-concetti riguardo aspetti come l’arte, la letteratura e la filosofia vanno smontati. Con cautela.
La conclusione è dunque che la filosofia serve:
…per portare già in giovane età i cittadini del pianeta ad una riforma culturale decisiva per la coscienza di noi stessi come individui singoli e come specie, che articoli e diffonda in modo creativo e insieme rigoroso, un’idea della vita ricca, varia, ma scientificamente condivisa, che può servire come chiave del nostro futuro, “questa” idea della vita.
La risposta a questo proposito è semplice no.
Una riforma culturale che imponga un’idea di uomo appiattito sulla sua dimensione naturale, che sia spiegato all’interno del paradigma darwinista non è un obiettivo da condividere. Non solo non è da condividere ma da rigettare come costrutto ideologico arbitrario e riduttivo della molteplicità degli aspetti naturalistici e non che costituiscono quel fenomeno unico che è l’uomo.
Esiste un insegnamento contrapposto da proporre: l’Uomo come fenomeno unico, irriducibilmente diverso e superiore a qualsiasi altro vivente. La contrapposizione, autenticamente scientifica, all’ideologia riduzionistica di stampo positivistico promossa su Pikaia non potrebbe essere più netta.
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7 commenti
La solita confusione antiscientifica e ideologica di Pikaia. Lascino fare filosofia nel liceo ai professori di filosofia, che rappresenteranno agli studenti, con la storia della filosofia, uno spettro ben piu ampio e interessante di quello unidimensionale e povero predicato da Pikaia.
Chiamiamola “confusione” ^^ 😀
È troppo gentile Nadia a mio parere 🙂
Secondo me questi sguazzano nel torbido con cognizione di causa, altro chè!
Anziché palestra (“liceo”) per esercitare la ragione e le proprie scelte di vita, luogo d’indottrinamento: ecco la visione della scuola di questi signori.
Non c’è dubbio, e le università lo sono alla decima potenza.
A chiarire che si sta parlando di un’ideologia basterebbe anche solo questo pezzo : ” Bisogna agire con molta cautela e insieme con determinazione, nell’obiettivo di lavorare con le pre-conoscenze utili e di rielaborare quelle dannose.”
Come dice giustamente lei la scienza non ha bisogno di cautela nell’insegnamento : se un fatto è sperimentabile e dimostrabile basta la forza di queste dimostrazioni a convincere.
Invece, al pari di molte ideologie, anche il darwinismo ha bisogno di “pre-conoscenze utili”, somministrate progressivamente con molta cautela e dissimulazione, ovvero attraverso la propaganda.
In questo riguardo secondo me si inseriscono alcune ideologie collaterali come animalismo&veganesimo che in una maniera meno (pseudo-)logica e più emozionale servono da cavallo di Troia per preparare il terreno e far accettare ai “cittadini del pianeta” una visione animalesca e materialistica dell’uomo
Concordo Laocoon, il quadro complessivo e il suo obiettivo va composto inserendo anche altri argomenti che solo ad uno sguardo superficiale posso apparire slegati.
La tecnica poi è sempre la stessa e si applica in ogni singolo campo, una volta capita la si riconosce al primo colpo d’occhio.
Quale comportamento coerente dovrebbe tenere un cittadino giovane e planetario che ha preso coscienza dell`afinalismo della natura per averne letto la dimostrazione matematica fatta da D.? la coscienziosa adesione all`afinalismo naturalistico non e` comunque un atto finalistico (intenzione)?
Paradossalmente, mi sembra piu` in linea con l`universo darw. il fatto di non essere coscienti del suo funzionamento.
Lovinski
L’antropocentrismo resiste, ma è esecrato da tutti gli attuali “benpensanti”. E’ un’evidente contraddizione perché solo una specie superiore alle altre può discutere di antropocentrismo.
Tuttavia questa contraddizione la si può cogliere bene nell’umorismo, molte barzellette provocano riso quando immaginano uomini che si comportano come animali e animali che si comportano come gli uomini e il riso sin dalla prima infanzia è il segnale che si è colta la falsità e la contraddizione di una situazione. A me è sempre piaciuta questa: un uomo viene fermato dalla polizia stradale mentre è in auto con il cane alla guida. “Ma è pazzo ? – fa il poliziotto – Fa guidare il cane ?” “Veramente – risponde l’uomo – io ho solo chiesto un passaggio.”