La missione impossibile del fisicalismo

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fisicalism

La Maddalena medita davanti al teschio (Georges de la Tour, 1635)

La missione impossibile del fisicalismo

di Giorgio Masiero

Nessuna teoria fisica può spiegare la coscienza e gli stati mentali. Lo si sapeva da secoli, ora lo ammettono anche i neuroscienziati.

 

La grande questione delle neuroscienze sono i Qualia, vale a dire le sensazioni e gli stati d’animo di cui si è direttamente consapevoli, a cominciare dall’autocoscienza. Come si può descrivere, attraverso le sole attività fisico-chimiche del cervello, l’insorgenza e la natura dei Qualia, che non appartengono al mondo delle particelle fisiche e delle loro combinazioni?

I Qualia includono informazione, comunicabile a parole (“Mi sento felice!”, “Che gustoso questo piatto!”), o attraverso il pianto, il riso e la gesticolazione, usati per esempio da un infante ad esternare le sue sensazioni. Quest’informazione è di norma osservabile nell’attività elettro-chimica del cervello. Però le grandezze fisiche misurate dagli strumenti del dott. Mengele sul corpo dei suoi “pazienti” e conseguenti alle torture che vi provocava, non sono la stessa cosa di dolore, angoscia ed altri sentimenti provati dalle vittime! Il salto trascendentale è insuperabile anche dai più sofisticati strumenti delle neuroscienze odierne, come da ogni strumento futuribile se si sa che cosa fa per definizione un’apparecchiatura scientifica. Sicché i Qualia non si riducono all’informazione trasmissibile sotto forma di onde elettromagnetiche o sonore, perché includono anche il vissuto del Soggetto interno, che non è condivisibile dall’osservatore esterno. Vorrei essere nei tuoi panni per provare ciò che provi…, ma non è possibile!

Insomma, non si può spiegare un’origine dei Qualia a partire dalle attività fisico-chimiche del cervello perché ogni trasformazione fisica o chimica è del tipo

A + B + … → P + Q + …,

dove A, B…, P, Q…, sono particelle, atomi, molecole più o meno in moto e nient’altro. L’impossibilità è apparsa con tutta evidenza fin dall’origine stessa della scienza moderna (Galileo, Descartes, ecc.), nata proprio sulla distinzione tra i fenomeni misurabili (res extensa) e le esperienze mentali (res cogitans).

Nella seconda metà del secolo scorso, i progressi delle neuroscienze hanno ingenuamente diffuso l’ottimismo sulle possibilità del metodo scientifico di abbattere quella barriera. Però al flusso dei grandi desideri è succeduto, dopo 30 anni, il riflusso dei piccoli risultati, nonostante i massici investimenti dedicati. Cosicché oggi molti studiosi, non solo tra i filosofi ma anche tra gli scienziati, e tra gli stessi neuroscienziati, ammettono l’insolubilità del problema con i mezzi della tecno-scienza. Tali sono, per cominciare, coloro che parlano degli stati di coscienza come di un’“illusione”, magari creata da una Meta-realtà che ci dirigerebbe come burattini. Non ricorda la reazione della volpe davanti all’uva troppo alta per le sue zampe? Se gli stati mentali fossero auto-illusioni, poiché anche le illusioni appartengono al vissuto, sarebbero a loro volta Qualia e quindi il problema non è risolto dalla scoperta… che “i Qualia sono Qualia”; se gli stati fossero creati da un’Agenzia illudente aliena, ogni nostro velleitario controllo sarebbe un’altra illusione e quindi la stessa congettura risulterebbe incontrollabile.

Più seriamente, tra gli stessi neuroscienziati è diffuso il pessimismo, cosicché molti invitano a focalizzare la ricerca su questioni meno ambiziose, magari più immediatamente foriere di applicazioni terapeutiche. Così, M.P.A. Page, in “What can’t functional neuroimaging tell the cognitive psychologist?” (2006), asserisce che “al grande investimento di tempo e denaro che ha accompagnato il neuroimaging funzionale non ha corrisposto un avanzamento teorico, almeno con riguardo alla teoria psicologica cognitiva”; o R. Adolphs, in “The unsolved problems of neuroscience” (2015), inserisce la questione “Come e perché sorge l’esperienza conscia?” tra i problemi “che non potremmo mai riuscire a risolvere”; o W.R. Uttal, in “Macroneural theories in cognitive neuroscience” (2016) scrive: “Ad oggi, la mia conclusione complessiva è che la ricerca di fondazioni neurali dei meccanismi cognitivi (vale a dire dello sviluppo d’una teoria esaustiva neuro-riduzionistica della mente sulla base di tecniche macro-neurali) è un obiettivo improbabile da conseguire. L’uso dei sistemi a risonanza magnetica per spiegare come il cervello produce l’attività mentale è semplicemente condotto al livello sbagliato di analisi”.

In ogni caso, posta l’evidenza empirica che non si danno Qualia senza l’uso d’un cervello (o forse sì, a dare ascolto ad alcuni…), diamo un’occhiata alle teorie sviluppate dai ricercatori più volonterosi ed ottimisti nelle ultime decadi. Si tratta essenzialmente di due (tipi di) teorie in competizione:

  1. L’una si basa su un principio unico fisicalistico e assume che i Qualia non siano altro che una proprietà emergente (epifenomeno) delle attività che si svolgono nelle cellule cerebrali, i neuroni, innescate da processi fisico-chimici sia interni che esterni.
  2. L’altra si basa su un principio dualistico e assume che i Qualia nascano dall’interazione tra una sostanza primordiale di tipo mentale e le attività fisiche cerebrali. Nel linguaggio della filosofia classica quella sostanza si chiama anima, i neuroscienziati la chiamano proto-coscienza (PC).

Alcuni ricercatori delle teorie B non si riconoscerebbero nell’aggettivo “dualistico”, preferendo una denominazione monistica di tipo platonico, nella quale al livello ontologico fondamentale esiste solo la sostanza mentale della PC, origine dello stesso universo fisico: in fondo non è tutta la scienza, a cominciare dalla fisica fondamentale con le sue particelle, un prodotto della mente umana? Comunque, tralasciando le distinzioni metafisiche, entrambi i tipi di teorie condividono la congettura che i Qualia, nel momento in cui sono esperiti dal Soggetto, lascino di norma una traccia fisica osservabile delle correlate attività cerebrali, misurabile con strumenti come la risonanza magnetica (fMRI), l’elettroencefalografia (EEG), la magnetoencefalografia (MEG), ecc. La differenza tra le due teorizzazioni sta nell’esistenza o inesistenza della PC, eventualmente necessaria per spiegare i Qualia e collegarli all’attività cerebrale.

Per il principio di parsimonia di Ockam, che vieta in scienza di moltiplicare inutilmente gli enti postulati, il tipo A di teorie (senza PC) può apparire preferibile al tipo B (con PC), ma ciò non è necessariamente vero. I postulati della meccanica quantistica, per es., non comprendevano inizialmente il Principio di Pauli, come abbiamo visto in un recente articolo; però dal 1925 se n’è resa necessaria l’aggiunta per poter avanzare nella conoscenza della struttura della materia. Nella più moderna teoria quantistica poi, s’introducono altri postulati ancora, finendo con l’operare su infinite e più che numerabili entità. In tecno-scienza, la teoria si piega all’evidenza empirica, non viceversa come nell’ideologia! Si tratta quindi, nelle neuroscienze, di appurare se l’introduzione della proto-coscienza è uno stratagemma inutile a spiegare i Qualia, o se invece è un postulato necessario per descriverne meglio e in maggior numero le diverse esperienze ed anche per proporre una più promettente agenda di ricerca. Sempre stando nel rispetto del metodo scientifico, che richiede ad una teoria di essere logicamente coerente e di fare predizioni sperimentalmente controllabili.

Ebbene, sulla questione è stato di recente pubblicato l’articolo “Emergence of qualia from brain activity or from an interaction of proto-consciousness with the brain: which one is the weirder? Available evidence and a research agenda” (“Emergenza dei Qualia dall’attività cerebrale o da un’interazione della proto-coscienza con il cervello: quale delle due teorie è più strana? L’evidenza sperimentale disponibile e un piano di ricerca”), a cura di tre ricercatori dell’università di Padova, che vado sinteticamente ad esporre. In questo lavoro gli autori, dopo aver classificato i Qualia, fanno una sinossi di come (alcuni tipi di) essi sono forse spiegabili in questa o nell’altra teoria, o possono esserlo parzialmente, o non potranno mai esserlo, lasciando infine al lettore di scegliere la teoria complessivamente “più strana” tra le due, A e B. Per prima cosa, le esperienze di Qualia vengono separate in due grandi classi:

  1. quella delle esperienze mentali locali, che avvengono all’interno del corpo e della portata dei suoi organi senso-motori, e
  2. quella delle esperienze mentali non locali, che avverrebbero fuori della portata degli organi sensoriali e motori del corpo.

Confesso che, prima di leggere questo articolo, non sapevo della fiducia di molti neuroscienziati nell’esistenza di esperienze mentali non locali, né di migliaia di studi pubblicati sulle riviste scientifiche a riguardo, pro e contro: credevo che gli unici fenomeni non locali appartenessero al dominio della fisica, come l’entanglement e in generale i processi sincronici del vuoto quantistico, mentre attribuivo in toto le esperienze paranormali ed extrasensoriali ai mondi dei creduloni e dei truffatori.

Le esperienze non locali di Qualia sono “impossibili” da spiegare all’interno delle teorie fisicalistiche

Sulla classe delle esperienze locali, che comprende 17 tipi di Qualia, non mi soffermerò, rinviando alla lettura dell’articolo patavino per gli approfondimenti. Parlerò invece delle proclamate esperienze non locali, che comprenderebbero 5 tipi di Qualia (si veda qui sopra una tabella dei ricercatori):

  1. percezioni di fenomeni a distanza,
  2. telecinesi,
  3. teleguarigioni,
  4. spiritismo e, per finire,
  5. esperienze vissute in stati traumatici, per es. di arresto cardio-respiratorio, senz’alcuna attività cerebrale apparente.

Ebbene, queste esperienze risultano ovviamente “impossibili” da spiegare dalle teorie fisicalistiche, mentre potrebbero esserlo da teorie che assumano l’esistenza di una PC non locale in interazione (non necessariamente in tutte le esperienze, vedi tipi 4 e 5!) col cervello.

A questo punto, sorge naturale una domanda: l’esistenza di esperienze mentali non locali si può dichiarare scientificamente accertata?

Diceva Laplace che quando si fa un’affermazione straordinaria è necessario portare una mole di prove proporzionale alla stranezza dell’affermazione. Condivido. Questo è il modus operandi dell’unica istituzione bimillenaria a mia conoscenza – la Chiesa cattolica – che, di fronte ad eventi miracolosi acclamati a furor di popolo, è l’ultima ad autenticarli (in minima parte) a conclusione di rigorosissime procedure di controllo. Questa prudenza è invece sempre meno rispettata nella prassi scientifica, cosicché ci tocca leggere ogni giorno d’infiniti mondi paralleli, di biomolecole della felicità o dell’amore, o di una nuova dimostrazione dell’inesistenza del libero arbitrio, o di vita aliena molto probabile, anzi sicura, anzi già presente sulla Terra, o di una Supermatrix che ci manovrerebbe come pupi e via farneticando…, con grande scialo di risorse dei contribuenti. Io spero che i neuroscienziati che confidano nell’esistenza di Qualia non locali non siano ammattiti in massa: nella loro professione ufficiale, sono spesso medici dedicati alla nostra salute nei reparti di anestesia e rianimazione degli ospedali e potrei dover ricorrere ai loro servizi! Cosicché vado a sintetizzare lo stato dell’arte nell’accertamento di questa classe di Qualia, limitandomi per ragioni di spazio alle percezioni a distanza (tipo 1 di 5).

Una metanalisi su 200 studi condotti su 6.000 partecipanti da differenti gruppi di ricerca che hanno usato 3 diversi protocolli sperimentali “supporta” l’ipotesi che la mente umana abbia capacità percettive non locali, che le permetterebbero di superare i vincoli spazio-temporali degli organi sensori. Un tempo queste esperienze si chiamavano percezioni extrasensoriali (ESP), oggi si preferisce il termine “percezioni non locali” (NLP) in analogia con la fisica quantistica, dove fenomeni “non locali” sono stati accertati, come sopra accennavo. L’analogia ha comunque dei limiti: i fenomeni quantistici non locali sono sincronici, non causali, perché correlano eventi separati da “intervalli di tipo spazio”, nel senso della relatività speciale; mentre le NLP riguardano coppie di eventi (gli oggetti percepiti e la consapevolezza soggettiva delle percezioni) comunque causali, la cui laplaciana straordinarietà è data dalla distanza dell’oggetto percepito dagli organi sensori del corpo del Soggetto percipiente, che supera la normale portata.

È importante capire in che senso le metanalisi “supportano” l’esistenza di NLP. Negli interventi clinici o psicologici si usano best practices e raccomandazioni, previamente dibattute e concordate in conferenze di esperti. Stando a questi protocolli, i risultati raccomanderebbero “fortemente” di accettare l’esistenza di NLP dal punto di vista meramente statistico. Insomma, dovremmo credere alle NLP con la stessa fiducia con cui ci affidiamo ad una nuova cura prescrittaci da un medico specialista. A questo punto però, ci risuona nella testa il campanello di Laplace: non sarebbe il caso di adottare standard più severi – più ancora di quelli applicati normalmente per la salute umana – quando si tratta di accettare fenomeni che sembrano violare la fisica? Una risposta positiva, magari in nome del dogma fisicalistico, non è senza costi: se i metodi matematici e gli standard statistici usati normalmente in scienza sperimentale non valgono nelle neuroscienze, che cosa sostituiamo loro per procedere nella ricerca? O c’è qualcosa nelle neuroscienze di speciale?

Ma, infine, mi chiedo: c’è bisogno di complesse analisi scientifiche, o basta la ragion pura per capire che, anche tralasciando i non locali, già gli stati mentali locali non sono fatti di particelle fisiche, tuttavia sono reali anche più di quelle, e quindi non appartengono alla fisica pur se appaiono di norma correlati a processi fisici del corpo?

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GIORGIO MASIERO: giorgio_masiero@alice.it Laureato in fisica, dopo un’attività di ricercatore e docente, ha lavorato in aziende industriali, della logistica, della finanza ed editoriali, pubbliche e private. Consigliere economico del governo negli anni ‘80, ha curato la privatizzazione dei settori delle telecomunicazioni, agro-alimentare, chimico e siderurgico, e il riassetto del settore bancario. Dal 2005 interviene presso università italiane ed estere in corsi e seminari dedicati alle nuove tecnologie ICT e Biotech.

87 commenti

  1. Ci sono davvero paper in cui sono riusciti ad inserire senza problemi parole come “telecinesi”?
    Questo fatto mi confonde…
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    In ogni caso, nell’articolo di Giorgio noto l’abisso rispetto al modo frettoloso in cui Bertrand Russell risolse la questione, dicendo che per dimostrare che la mente sia solo cervello basta considerare un uomo ubriaco o uno che abbia ricevuto una forte botte in testa!
    Forse molti equivoci nascono dai termini non banali in uso (coscienza, stato mentale, fenomeno emergente, mente, anima…).

    • Giorgio Masiero on

      È un errore logico imperdonabile per un logico-matematico come Russell quello di dedurre dagli effetti di una botta in testa sugli stati mentali l’uguaglianza mente = cervello e non semplicemente una correlazione mente ↔ cervello. Io penso, HTagliato, che se Russell, e con lui molti altri scienziati, commettono questo errore, non è tanto per confusione di termini, ma per un pregiudizio materialistico (nella loro concezione metafisica) che si rifiutano di riconoscere.

  2. Davide Colombi on

    Telecinesi, guarigioni a distanza e telepatia sono fenomeni che nessuno è mai riuscito ad osservare direttamente. Il potere della mente è invece dimostrato possa interagire sul corpo e così riuscire anche a guarirlo. E’ anche stato osservato (vedi caso dell’omeopatia) che se un medico dedica più tempo a parlare con il paziente, e senza per questo approfondire la diagnosi, si ottiene un maggior numero di guarigioni. Vi è quindi un confine dove le neuroscienze lasciano lo spazio alla psicologia o addirittura alla filosofia, ambiti questi a cui si devono ascrivere i qualia.

    • Giorgio Masiero on

      1. Nella descrizione dei sentimenti e dell’introspezione psicologica, c’è anche molto spazio, Colombi, per la grande letteratura. Sto pensando per es. ad Agostino, Dostoevskij, Proust, Camus, ecc., ecc., che a mio parere superano ogni psicologo e psicanalista ed eguagliano la profondità di molti filosofi.
      2. Se davvero telecinesi, teleguarigioni e telepatia siano fenomeni che non sono mai stati osservati lo credevo fermamente anch’io fino alla lettura dell’articolo patavino. Da questo sono venuto a conoscenza dei lavori di neuroscienziati come Bösch, Roe, Beischel, ecc., e oggi ho le idee molto confuse.

      • Davide Colombi on

        Ma questi studi avrebbero dimostrato l’effettiva esistenza della telecinesi? Per il poco che ne so io si tratta solo di congetture mai dimostrate, anche perchè se qualcuno fosse riuscito a spostare un qualche oggetto con la sola forza del pensiero ne avrebbero parlato tutte le riviste scientifiche.

        • Giorgio Masiero on

          Come detto, Colombi, ci sono autori e riviste scientifiche che ne parlano. Io sospendo il giudizio.

  3. stò cò frati e zappo l'orto on

    Professore le farei leggere i commenti su internet di un mio amico(che mi risulta molto serio) su la Rabdomanzia.
    Pure mia moglie,persona normalissima mi ha dimostrato le sue capacità.Su i migliori dizionari il rabdomante è”:In genere,persona che si ritiene dotata della particolare facoltà di prevedere il futuro spec. con l’uso di una bacchetta magica”…..oppure anche:…….”crede di potere scoprire sorgenti d’acqua”…..

    • Io conosco un rabdomante che riesce a trovare l’acqua, infatti spesso è in Ciad per cercare pozzi nel deserto da affidare poi ai locali, la questione è che li trova sul serio, solo con l’uso del bastoncino…

      • stò cò frati e zappo l'orto on

        Infatti leggevo la polemica del mio amico Armanetti con il giornalista Piero Angela(spero si possa nominare il suo nome senza correre il rischio di essere denunciati!!) appunto attorno a questa possibile facoltà(per molti rimane solo fantomatica “bacchetta magica”).Armanetti lo ritengo persona seria.
        Comunque pure un lontano parente,come si raccontava mia nonna(carissima)guarda caso un FRATE…….”trovava l’acqua”……a tutto vantaggio del suo Convento….e della gente.Perssonalmente sono una vera frana,non ci provo neppure,ma è una della possibili facoltà,una delle più affascinanti.Auguri al suo amico rabdomante,e spero che aiuti i locali a vivere nelle loro terre…..no a farsi sfruttare dall’affarismo dei bianchi.

        • @sto coi frati

          Non si preoccupi, è un frate pure lui, missionario, oltre a trovare l’acqua è infermiere e aiuta i locali a costruire scuole, coltivare etc, insomma ad essere indipendenti.

          • stò cò frati e zappo l'orto on

            Che piacere ! Mi piacerebbe conoscerlo,via internet.
            Che onore trovare simili persone.
            Eppoi non poteva essere che un Frate………

          • Ora ha un’età che non gli consente di sopportare il clima Ciadiano, svolge servizio di infermiere presso alcuni ospizi per anziani confratelli.
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            Internet penso non sappia nemmeno come si “accenda” 🙂
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            Lui ha svolto varie missioni con il gesuita padre Franco Martellozzo, il quale ha scritto libri stupendi sulle missioni in Ciad, da leggere come romanzi, si trovano anche vari video su youtube.

          • stò cò frati e zappo l'orto on

            Aleudin,grazie davvero grazie.E’ stato bravissimo(come sempre).
            Regola prima( e unica) aiutare i nativi nel loro paese….anche se penso che i cinesi si compreranno anche il Ciad(se non lo hanno gia fatto…vado a vedere su internet.
            Tenga con carissimo che l’Africa ha ricchezze senza fine,minerali,foreste,terreni agricoli fertilissimi e tutto quello che non ricordo,ma tanto,tanto,tanto.
            Il problema è che TUTTO è in mano a multinazionali,governi ultra corrotti,militari spietatissimi.Al popolo solo le briciole.E questo il Papa dovrebbe dirlo….senza timore di perdere l’amicizia di questi esseri maligni.

          • Ho trovato il libro finalmente…

            “Quando l’eden riaffiora.” Un gesuita missionario in Ciad nel laborioso dialogo con le religioni tradizionali e l’Islam.
            Padre Franco Martellozzo
            .
            Acquistabile in vari negozi on-line, basta cercare un po’.
            .
            Libro incredibile ma vero, che consiglio a tutti, descrive anche quanto appena detto da lei.

          • stò cò frati e zappo l'orto on

            Lo sa che tra lei,Enzo,il Prof.Masiero Persone veramente vulcaniche quasi non riesco a seguirvi.Cercherò il libro sicuramente,occasione eccellente di capire le migliori menti del mondo cattolico(premetto che da buon laico non mancherò di esprimere la mia opinione).Grazie infinite.

    • Giorgio Masiero on

      La rabdomanzia, stò, mi sembra rientri nelle NLP di tipo 2. Non ho nessuna specifica opinione su di essa, per mia ignoranza.

        • stò cò frati e zappo l'orto on

          Ho provato ad inviarvi un commento su un mio amico rabdomante ma o un hacher o un problema tecnico non sono riuscito a farlo arrivare.2 volte con il mac 1 con windows.Forse non posso nominare certi nomi.Proverò,se posso,più tardi.

          • stò cò frati e zappo l'orto on

            provato altre due volte.fallito.Invierò il commento su facebook,censori preparatevi bene.

          • stò cò frati e zappo l'orto on

            il nome del giornalista “scientifico” rai non può essere nominato ? Mica offendo nessuno.

  4. La teoria duale secondo me non ha senso. Se effettivamente ci fosse qualcosa “oltre” il corpo evidentemente questo qualcosa non potrebbe “mostrarsi” qualora il corpo non ci fosse più ovvero qualora il corpo fosse parzialmente operativo (ad esempio in stato di vecchiaia o senilità avanzata). Indagare sui qualia in termini scientifici quindi non ha probabilmente senso non essendoci determinismo verificabile. Un cadavere può essere consapevole di essere morto o meglio può essere consapevole di essere cadavere? Se tutto finisce con l’esamineità del corpo non ha senso introdurre proto-coscienza, anima o altro. Questo da un punto di vista puramente scientifico. L’anima o protocoscenza sono però, da un punto di vista puramente logico, necessariamente da introdurre. Se non esistesse l’anima non avrebbe senso lo sforzo dell’Uomo di dare risposta al perché delle cose e/o del proprio essere, ad esempio. E ciò non é contestabile dalla facile considerazione che la logica é parte/conseguenza della realtà fisica, in quanto non può essere deterministicamente basata.

    • Giorgio Masiero on

      Non capisco perché, Beppino, non avrebbe senso introdurre in una teoria scientifica l’esistenza di entità come la protocoscienza (come fanno tutti i neuroscienziati della classe B). Mica tutte le entità di una teoria scientifica devono essere osservabili! Prenda per es. i vettori o gli operatori degli spazi di Hilbert in fisica quantistica: sono concetti ausiliari (e inosservabili) utili ad ottenere predizioni sperimentalmente controllabili riguardo ai loro autovalori – che sono le uniche osservabili!
      Lo stesso può valere nelle teorie di tipo B per la protocoscienza, che non è direttamente osservabile da un soggetto esterno.

      • Ma qui non stiamo parlando di “concetti” ausiliari ad un modello della realtà che indirettamente possono trovare giustificazione e probatorietà dalla riproducibilità – misurabilità – predicibilità del modello stesso di cui sono parte essenziale… Da quel che ho capito si tratta di una “sostanza” (primordiale di tipo mentale) che entra in campo solo se abbinata alle attività fisiche cerebrali e se disgiunta dalle stesse direttamente non se ne trova traccia, anche indirettamente non é percepibile e soprattutto, perché dovrebbe essere “significativa” se non col cervello in attività?

        • Giorgio Masiero on

          Al contrario, Beppino, la coscienza e tutti i Qualia sono le cose più direttamente percepibili che si possano immaginare! Mi meraviglio altamente che Lei non riconosca questa evidenza…, che sta nella definizione stessa di Qualia. O Lei non percepisce le Sue sensazioni consapevoli?!
          Inoltre, a sentire molti neuroscienziati, ci sono NLP – dove P sta per percezioni! – non collegate ad un cervello in attività (tipi 4 e 5).
          Voglia prendere atto che tutti i neuroscienziati della classe B assumono l’esistenza della PC nelle loro teorie con un successo che, a mio modo di vedere, non è minore di quelli della classe A. Solo che la stampa di divulgazione parla solo degli A.

          • Non so… ma poi, non é che il caso B sia di fatto un sottoinsieme del caso A? La proto-coscienza non potrebbe che essere (per esclusione e rimanendo nell’ambito del potenzialmente percepibile o verificabile) come una organizzazione dell’attività cerebrale nell’essere umano in formazione e a prescindere dalla futura consapevolezza. Non ci vedo molta diversità.
            Va bhe… in ogni caso un grazie per le sue considerazioni e attenzione.

  5. @Sig. Masiero
    un articolo interessante ma con alcune cose che non mi convincono del tutto.
    La prima è il sottotitolo: “Nessuna teoria fisica può spiegare la coscienza e gli stati mentali”.
    Sarebbe stato più realistico: “Nessuna teoria fisica, oggi, può spiegare la coscienza e gli stati mentali”. Con questa sistemazione abbiamo che il titolo diventa un’ipotesi in quanto ciò che non si spiega oggi non è necessariamente impossibile. Il titolo allora avrebbe meritato non un punto secco ma uno interrogativo: “La missione impossibile del fisicalismo ?”
    ..
    Preso atto che “oggi” la mente non è spiegabile da una teoria fisica le chiederei se si può definirla come “miracolo”.
    ..
    Prendendo poi come definizione di trascendente questa: “ciò che si pone al di fuori della realtà oggettiva”
    mi verrebbe da chiedere: perchè ciò che non è spiegabile oggi dovremmo collocarlo in una realtà di cui non sappiamo niente ?
    ..
    Calamari, polpi e seppie sono creature dotate di una intelligenza non da poco, sono capaci di apprendere, risolvono problemi anche complessi, hanno una mente e avranno dei loro stati mentali di grado certamente diverso dal nostri ma, è plausibile pensare, non completamente dissimili.
    Dovremmo allora collocare la mente dei polpi in un mondo trascendente oppure è sensato supporre che questa sia il prodotto della natura e stia nel funzionamento di quell’organo straordinario che è il cervello ? Quindi non spiegabile ad oggi ma pur spiegabile un giorno come risultato di un organo straordinario quanto complesso.
    Quindi come un computer produce un ente virtuale che è il sistema operativo similmente il nostro cervello in funzione produce la mente. Il problema allora diventa la complessità di capire come si crea la mente dal cervello non di collocarla fuori dalla realtà del cervello, in un chissadove di cui non abbiamo conoscenza ma solo supposizione.
    ..
    Resta poi il problema di come conciliare ciò che non è nella nostra realtà con ciò che ne fa parte, quindi avremmo un cervello e un mente posti su “realtà” diverse ma che interagiscono. Questa difficoltà infatti la vedo emergere quando leggo: “una sostanza di tipo mentale”.
    Sostanza è qualcosa che riporta alla materia e, laddove la mente fosse un qualcosa di trascendente, la frase potremmo metterla come “una materia di tipo trascendente” ossia una “materia ciò che si pone al di fuori della realtà oggettiva”… non proprio una spiegazione.
    Non sarà che la difficoltà vera è quella di non voler ammettere che, sapendone poco, non è possibile tirare giudizi che implichino il trascendente di cui non si sa nulla ?

    • “Sarebbe stato più realistico: “Nessuna teoria fisica, oggi, può spiegare la coscienza e gli stati mentali”. ”
      Invece sono d’accordo col titolo di Giorgio, perché c’è un principio epistemologico alla base di esso, cioè che TUTTI gli strumenti di laboratorio, PER DEFINIZIONE, non possono andare oltre ciò che è misurabile, mentre gli stati mentali NON sono misurabili. Non è quindi un limite della Fisica attuale, ma della Fisica e basta.
      .
      Il resto del suo commento parte da duna definizione di “trascendente” che non condivido in pieno e che falsa tutto il discorso che segue: “trascendente” NON è un altra realtà, è tutto ciò che non è conoscibile tramite i sensi; trascendente NON si oppone a “realtà oggettiva”, si oppone a “immanente”, ANCHE il trascendente quindi fa parte della realtà unica come l’immanente. Senza fare esempi complicati, la conoscenza dei suoi stessi pensieri mica avviene tramite uno dei sui 5 sensi?

    • Giorgio Masiero on

      Le ha risposto, Roberto, al mio posto HTagliato, meglio di quanto io avrei potuto fare. Se Le rimangono ancora dubbi, sono a Sua disposizione. Comunque sono importanti 2 cose:
      1) non confondere le quantità con le qualità, e ricordarsi che solo le quantità appartengono al metodo scientifico galileiano (di ieri, di oggi e di domani), non le qualità;
      2) ho usato l’aggettivo trascendente non per evocare il soprannaturale, ma soltanto per indicare ciò che sfugge agli strumenti di misura: per es., il gusto di questo Teroldego novello di una vigna veneziana che oggi sta allietando il mio personalissimo palato.

      • @Sig. Masiero
        la definizione che da di trascendente ossia “ciò che non è misurabile” rende il concetto “figlio dei tempi”. Come può infatti escludere che ciò che adesso le risulta non misurabile domani risulti perfettamente misurabile ? Non potrà farlo perchè “del doman non v’è certezza” quindi qualsiasi cosa dichiari oggi come “non misurabile” niente vieta che domani stesso lo diventi.
        ..
        Lei stesso mi fece un esempio, in altra discussione, di come in tempi antichi una comunicazione radio sarebbe stata giudicata “miracolo”. Non solo non avevano strumenti per misurarle ma nemmeno la conoscenza per capirle. Oggi però le comunicazioni radio sono decisamente spiegabili e misurabili, e questo è un esempio di ciò che rientra nella sua definizione di trascendente ma in passato mentre oggi non più.
        ..
        Per la definizione che dava HTAGLIATO ossia “ciò che non è conoscibile con i sensi” diventa un problema se confrontata con la sua perchè se gli strumenti si possono migliorare e anche inventare invece i sensi molto meno o proprio per niente. Quindi avremmo che ciò che è trascendente per lui non lo è per lei.
        Ad esempio, il DNA, è una realtà che i sensi non coglieranno mai da soli, ci vogliono strumenti che però non sono sempre stati disponibili. Per HTagliato, quindi, il DNA, oggi è trascendente (non si coglie con i sensi) mentre per lei no perchè si coglie con gli strumenti di oggi. Sarebbe utile, a questo punto, avere una definizione altrimenti non si capisce più di cosa stiamo parlando.
        ..
        Resta in ogni caso errata l’affermazione, che “gli stati mentali NON sono misurabili” senza aggiungere, come dicevo: “oggi”. In caso contrario occorrerà darne dimostrazione e non basterà certo il fatto che “oggi” non ne siamo capaci.
        ..
        Per il fatto che “la conoscenza dei miei pensieri non avviene con i sensi” direi che nemmeno la conoscenza che le mie cellule si duplicano avviene con i sensi eppure, non credo si possa dire che la replicazione cellulare è qualcosa di trascendente.

        • Giorgio Masiero on

          Roberto, io non ho il potere di sottrarLa alla Sua fede nella scienza del futuro, ma forse posso tentare di rispiegarLe che cosa è un Quale. È una sensazione, quella che IO ho provato poco fa alla tomba di mia madre. Che cosa misurerà nel futuro uno strumento di fisica? metri, kilogrammi, secondi, coulomb e loro combinazioni. Nient’altro. Potrà misurare qualcos’altro che non sia una combinazione delle unità di misura? No, per definizione.
          PS. Guardi che la duplicazione delle cellule si osserva con gli occhi al microscopio.

          • @Sig. Masiero
            mi scusi ma io intravedo una forte contraddizione quando mi parla della mia “fede” nella scienza del futuro (perchè lascio le porte aperte) negando però che lei fa lo stesso perchè chiude le porte per un sua fede in ciò che non potrà fare la scienza in futuro.
            ..
            Ho capito benissimo cosa è un Quale, anche io provo cose e ho un’autocoscienza, ce l’abbiamo tutti i Qualia dentro.
            Le ho fatto esempi di cose, tra l’altro un suo esempio, che in passato sarebbero state giudicate impossibili, mentre oggi sono ovvie. La tecnologia di oggi è miracolosa rispetto a quella di 1000 anni fa. Pensi cosa potrà essere tra 10 volte tanto.
            ..
            La duplicazione delle cellule si osserva grazie a degli strumenti, senza i quali la vista non vedrebbe alcuna cellula. Per favore non giochiamo con le parole altrimenti si può dire tutto e il suo contrario e ogni discussione diventa inutile.
            ..
            Se oggi non sappiamo neppure cosa è la mente come può dire cosa non potrà misurare la scienza di domani riguardo la mente ? E’ assurdo.

          • Giorgio Masiero on

            Io ho molta fiducia sui progressi della scienza sperimentale, Roberto, ma so anche, perché conosco il metodo scientifico, ciò che essa non potrà mai fare:
            – che 2 + 2 faccia 5,
            – che A et not(A),
            – …
            – che misuri una non quantità.

  6. qualche studio interessante su questi fenomeni c’è, anche se, non essendo pubblicati ad esempio su nature, per molti non hanno senso…non so quanto questi fenomeni possano essere reali comunque ad esempio in Inghilterra esiste la society for psychical research…http://www.spr.ac.uk/ che indaga proprio queste cose

  7. vorrei porre 2 domande,
    1: premetto che non sono un fisico, ipotizziamo che la coscienza, anima, spirito sia realmente qualcosa di immateriale, interagendo comunque con il mondo non violerebbe i principi di conservazione dell’energia o legati all’entropia? so benissimo che sono leggi che si applicano alla materia, però qui sarebbe qualcosa di immateriale che interagisce con la materia..non valgono le leggi della termodinamica in questo caso?
    2: negli anni 60 per grav casi di crisi epilettiche si usava fare un operazione di callosotomia, operazione che scollegava i 2 emisferi cerebrali( split brain) …in questi pazienti i due emisferi si comportavano in maniera autonoma, quasi come se avessero 2 coscienze..come si spiega questo?

    • Giorgio Masiero on

      1. Una risposta, Davide80, Se l’è data Lei stesso e consiste nel dire che non si applicano alla mente le leggi della fisica, in particolare la legge di conservazione dell’energia. Quando ho incontrato da studente la violazione della parità (destra-sinistra) nei decadimenti radioattivi, sono stato scioccato: oggi non mi meraviglierei se si trovasse la violazione della conservazione dell’energia in qualche fenomeno anche fisico. Poiché tale conservazione dipende, per il teorema di Noether, dalla simmetria per traslazione del tempo, che difficoltà c’è a supporre che esistano in natura fenomeni irripetibili?
      2. Il fatto che in condizioni patologiche l’unità della coscienza sia esposta a rotture e fallimenti non dimostra che la mente coincide col cervello: infatti una cosa sono le aree cerebrali lesionate, un’altra cosa sono gli stati paranoici di coscienza; piuttosto dimostra che nell’uomo l’esperienza dell’Io non è qualcosa di puramente spirituale (come si dice degli angeli), ma dipendente in misura decisiva dalla sua implementazione fisica nel sistema nervoso centrale. A me sembra che, rispetto ai due monismi opposti del materialismo (solo cervello) e dell’idealismo (solo coscienza), appaia più ragionevole la terza via del buon senso, un realismo che prende atto dell’esistenza sia di oggetti fisici che di stati dell’anima, e della loro alterità irriducibile fatta salva la loro coesistenza nell’essere umano. “Il corpo non è unito in modo accidentale all’anima, perché il più profondo essere dell’anima è lo stesso essere del corpo, e dunque un essere comune ad entrambi” (Tommaso d’Aquino, “Quaestio disputata de anima”). Insomma la realtà di questo mondo è una sola, ma è molto diversa da come ce la raccontano i riduzionisti delle due opposte scuole.

      • Grazie masiero, c’e’ pero’ una cosa che non riesco a capire, puo’ qualcosa che non e’ materiale interagire con il mondo ( quindi con le cose materiali) senza violare queste leggi? Le faccio il primo esempio che mi viene in mente, ipotizziamo per assurdo che sia possibile spostare degli oggetti con il pensiero, vorrebbe dire che qualcosa di immateriale e’ venuto in contatto con qualcosa che lo e’, cosa significherebbe? Che e’ impossibile in ogni caso o che e’ possibile ipotizzando altre leggi che non conosciamo? …spero di non aver fatto un esempio troppo stupido

        • Giorgio Masiero on

          “Puo’ qualcosa che non e’ materiale interagire con il mondo…”? Lo fa in ogni momento la mia Volontà. Decido di alzare il braccio, il braccio si solleva. Decido di accendere il pc per risponderLe, Davide, e il pc obbedisce alla mia Volontà.
          Per me non c’è nulla al mondo di più evidente di questo.

          • MenteLibera65 on

            Non credo che Davide80 alludesse prettamente a questo.
            L’esempio che lei fa , Masiero, è relativo agli implusi elettrici che il pensiero attiva nei fasci nervosi per portare le informazioni al braccio per alzarsi.
            Si potrebbe però dire che il pensiero sia in realtà una cosa solo apparentemente immateriale perchè sappiamo che dal punto di vista fisico esso corrisponde ad una serie scambi chimici ed elettrici (in parte anche misurabili seppur non ancora interpretabili) del nostro cervello, quindi una cosa tangibile, che si trasforma poi nell’impulso verso il braccio.
            La domanda di Davide (credo) fosse diversa e cioè :
            come fa una fenomeno fisico che è limitato al mio corpo (il pensiero) a produrre effetti anche su altri corpi in modalità direi….wireless ? 🙂

          • Giorgio Masiero on

            “Il pensiero attiva impulsi elettrici nei fasci nervosi…”: no, MenteLibera, io posso pensare di sollevare il braccio senza decidere di sollevarlo, ma solo immaginando di farlo… È la mia Volontà che decide se e quando sollevare il braccio, così innescando un processo di reazioni fisico-chimiche nel cervello, che poi attraverso il sistema nervoso si trasmettono al sistema muscolare, ecc.
            E la Volontà è una cosa (immateriale), le reazioni fisico-chimiche un’altra cosa (materiale). Almeno per chi crede di essere un Io dotato di volontà (metafisica realistica) e non una marionetta manovrata dai propri neuroni (metafisica materialistica).
            PS: una corrispondenza tra due insiemi di oggetti diversi non è un’uguaglianza degli oggetti. Non faccia l’errore logico di Russell.

          • MenteLibera65 on

            Veramente dopo ho specificato che il pesiero è esso stesso formato da impulsi elettrici e reazioni chimiche…..
            Se ipotizzassimo di poter pensare senza che vi sia una qualsiasi azione fisico/chimica nel cervello, allora dovremmo pensare di poter pensare senza cervello.

          • @Mentelibera65

            E’ quello che stanno cercando di dirti: pensare senza che vi sia azione fisico chimica in “cattolicese” si traduce con “anima”, ora le neuro scienze cominciano a chiamarla proto coscienza; fatti anche un giro su internet e leggiti delle cosiddette “teorie esternaliste della mente” o anche “la mente fuori dal corpo”.
            .
            “Il corpo sta all’anima come l’artefatto sta all’arte.”
            .
            “Non è l’anima nel corpo ma il corpo nell’anima.”
            .
            S. Tommaso D’Aquino

  8. Fabio Vomiero on

    Io penso che l’ennesimo articolo magistrale del prof.Masiero stimoli come sempre delle riflessioni importanti su questioni scientifiche ed epistemologiche non di poco conto. Prima di tutto secondo me, il limite evidente del fisicalismo. Penso sia oramai chiaro che il modello di spiegazione fisicalista o riduzionista non è più sufficiente quando abbiamo a che fare con sistemi complessi e dotati di una storia. Il rapporto tra fisica e biologia è infatti quantomeno problematico, nel senso che la vita è certamente un fenomeno fisico vincolato quindi alle leggi che definiscono i comportamenti della materia e dell’energia, ma questo non è sufficiente a spiegarne tutte le peculiarità. Quindi da questo punto di vista penso sia abbastanza ovvio che nel campo della neurobiologia capire il funzionamento del cervello non sia soltanto una questione di interazioni tra particelle elementari, molecole, neuroni e così via. Il nostro sistema nervoso infatti non è soltanto un meccanismo, ma è piuttosto l’incontro di questo meccanismo con il mondo ed è proprio questo stretto accoppiamento strutturale con l’ambiente che caratterizza le proprietà emergenti dei sistemi complessi e di fatto anche la nostra unicità di esseri pensanti. Io credo che la migliore risposta alle perplessità del prof.Masiero sulla questione della coscienza o sulle esperienze mentali non locali, che peraltro condivido, sia quella di ammettere che non lo sappiamo ancora. Sono infatti ancora moltissime le cose che non conosciamo sul funzionamento del nostro cervello che peraltro, a quanto pare, sembra continui a mostrare somiglianze piuttosto che differenze rispetto ai cervelli dei nostri cugini mammiferi filogeneticamente più vicini.

    • Grazie per il suo intervento, Vomiero, ma il mio punto di vista alla luce dell’articolo di Giorgio è più radicale. Lei scrive “Penso sia oramai chiaro che il modello di spiegazione fisicalista o riduzionista non è più sufficiente quando abbiamo a che fare con sistemi complessi e dotati di una storia.”
      MA così facendo fa coincidere fisicalismo e riduzionismo, mentre per me sono due cose diverse, nel senso che reputo la mente e gli stati mentali incapaci di spiegazioni puramente nell’ambito del mondo materiale, A RESCINDERE che si usi un’approccio riduzionista oppure uno che segua il formalismo dei sistemi complessi. Anche se la mente fosse un fenomeno emergente da sistema complesso che interagisce in modo complesso con l’ambiente, nell’ambito della scienza sperimentale prima o poi si arriverebbe al punto “Ok, che cosa devo misurare?”.
      Ho il fortissimo sospetto che “fenomeno emergente” sia una formula magica molto di moda ma che non spieghi realmente ciò che promette di spiegare.

      • Fabio Vomiero on

        Credo che lei abbia ragione Htagliato a sottolineare che fisicalismo e riduzionismo non sono esattamente la stessa cosa, quello a cui mi riferivo però, a mio modo di vedere, è alla possibile inadeguatezza di entrambe le posizioni metodologiche nei confronti delle caratteristiche che contraddistinguono i sistemi complessi. Riguardo al fisicalismo per il fatto che penso che la scienza non sia sinonimo di fisica, bensì rappresenti una pluralità di linguaggi e di approcci metodologici possibili in cui è centrale la ricerca e la costruzione di modelli, anche concettuali. Riguardo il riduzionismo in quanto oramai da alcuni decenni si è capito, mi sembra, che i diversi comportamenti possibili di un sistema complesso e quindi le sue proprietà globali non possono essere sempre dedotte da quelle locali, in particolare dall’analisi dei componenti (more is different). A differenza della fisica, in biologia per esempio o in climatologia o in economia, il grado di conoscenza è quasi sempre imperfetto e non è possibile fare sempre delle previsioni quantitative corrette, ma non per questo allora siamo autorizzati a non definirle scienza. Non so lei cosa ne pensa, ma è per questo che ho tirato in ballo l’epistemologia, almeno io tendo a vedere le cose in questo modo e ne parlerò tra l’altro in un prossimo articolo che dovrebbe uscire nei prossimi giorni.

        • “A differenza della fisica, in biologia per esempio o in climatologia o in economia, il grado di conoscenza è quasi sempre imperfetto e non è possibile fare sempre delle previsioni quantitative corrette, ma non per questo allora siamo autorizzati a non definirle scienza. ”
          Sono d’accordo, BASTA che comunque si facciano delle previsioni, anche se accompagnate da un “peso probabilistico” oppure associate a distribuzioni.
          .
          Tornando al tema del giorno, il mio pensiero è espresso meglio dal commento di Giorgio delle 17:29.
          http://www.enzopennetta.it/2016/10/la-missione-impossibile-del-fisicalismo/#comment-53920

    • Giorgio Masiero on

      Grazie, Vomiero.
      Anch’io ho una visione più radicale, cioè più realista e meno materialista, alla HT. Li conosco i fenomeni emergenti in fisica. Ad una certa temperatura e pressione, per una questione ben risolta dalla fisica (ci ho scritto un paio di articoli su CS), gli atomi di cui è composta l’acqua si dispongono in una conformazione geometrica precisa: emerge il cristallo del ghiaccio.
      Materia ordinata che emerge da materia disordinata, in una transizione pagata da una crescita complessiva di entropia.
      Ma che il dolore di un ricordo “emerga” da una reazione fisico-chimica…, no: ecco il salto trascendentale, che non sarà mai spiegato in una concezione puramente fisicalistica, riduzionista o olistica che sia.

      • Fabio Vomiero on

        Certo prof.Masiero, sono d’accordo, anche se credo che per passare dal grado di complessità di un cristallo a quello di una sensazione emotiva bisogna prima passare per la complessità peculiare dei sistemi biologici. Ma da scienziato che non sono, ma mi passi l’analogia concettuale, mi dico: “deve esserci una spiegazione scientifica plausibile”. E continuo la ricerca scientifica. Altrimenti, che scienziato sono? Il “trascendente” secondo me è un’opzione certamente interessante sotto il profilo teorico, logico, filosofico o teologico, ma che significa però nello stesso tempo abdicare la scienza laica riconoscendone definitivamente i limiti esplicativi per passare ad un altro piano concettuale, magari anche decisamente più produttivo. In questo prossimo articolo sfiorerò anche il principio di non sovrapponibilità dei piani che dovrebbero secondo me essere riconosciuti appunto come dimensioni concettuali diverse della natura umana. Altrimenti, come potremmo giustificare per esempio la coesistenza della logica scientifica da una parte, con il dogmatismo religioso dall’altra?

        • Mi sembra però che lei, Vomiero, ponga una dicotomia esplicativa che, per me, non sussiste: scienza o trascendenza.

          Non è mica vero però che ciò che non è fisico sia automaticamente immateriale (in senso filosofico) e quindi totalmente al di là dello spazio-tempo: ancora può essere non-fisico eppure corporeo e tale per me è il Quale.

          Che poi la scienza abbia deciso, per metodo, di occuparsi solo di quantità e relazioni tra le stesse e a causa di ciò abbia “difficoltà” (eufemismo, si legga invece “impossibilità”) a rendere ragione di ciò che è intrinsecamente qualitativo non dovrebbe “scandalizzarci”.

          Insomma, io apprezzo sinceramente lo scienziato che non si arrende alle difficoltà, ma apprezzo ancora di più quello disposto a riconoscere i limiti dell’impresa scientifica.

          • Fabio Vomiero on

            Certo vianegativa, ha ragione, la scienza ha sicuramente i suoi limiti e su questo penso che siamo tutti d’accordo. Ma guardi, la rimando anche lei al mio prossimo articolo in cui tenterò di parlare proprio di questo.

          • “la scienza ha sicuramente i suoi limiti e su questo penso che siamo tutti d’accordo”

            A leggere i commenti di altri utenti, più in alto, sembrerebbe che questo accordo non ci sia.
            Aspetto comunque il Suo prossimo scritto, a presto.

  9. Ringrazio Giorgio per questo articolo che ha aperto una prospettiva che non conoscevo.
    Mi sembra che si tratti di un fortissimo supporto alle idee di Thomas Nagel di cui ci siamo occupati in passato, nello studio delle scienze andrebbe inserita la “coscienza” come elemento finora ignorato.
    .
    Aggiungo che tutto questo riporta alla ribalta il pensiero di A. Russell Wallace come il vero gigante della biologia del XIX secolo e caduto in disgrazia per aver denunciato i limiti della teoria darwiniana (ma prima ancora sua) e per essersi interessato a quella che adesso vediamo chiamare Proto Coscienza.
    Adesso la biologia dovrebbe ripartire da lui.

    • Giorgio Masiero on

      Grazie a te, Enzo.
      In effetti la biologia – la cosiddetta scienza della vita – vive una serena scissione: descrive solo la vita vegetativa, come se fossimo tutti e solo piante, mentre fallisce a rappresentare lo splendore di sentimenti ed emozioni della vita animale e umana! Cosicché i biologi, la mattina nei laboratori e nelle aule scolastiche propongono una definizione puramente vegetativa di vita, anche per la specie umana, e nel pomeriggio, alle commissioni di bioetica, perorano l’eutanasia perché uno stato puramente vegetativo non è vera vita!

    • stò cò frati e zappo l'orto on

      Adesso la biologia dovrebbe ripartire da lui.Quanto invidio(bonariamente)voi biologi.Un lusso poter studiare Darwin e Wallace e le loro ricerche.

  10. Ma già nel 1880 il fisiologo tedesco Du Bois-Reymond, sull’argomento in questione, aveva opinato che uno studioso della natura fosse costretto ad affermare non solo “Ignoramus” ma addirittura “Ignorabimus” (I confini della conoscenza della natura, Feltrinelli, Milano, 1973).
    Nello specifico affermava che i seguenti sette problemi: essenza della materia e della forza, origine del movimento, nascita della vita, se e come la natura proceda teleologicamente, origine della sensazione, origine del pensiero e del linguaggio, se la volontà sia libera, sono e sempre resteranno enigmi insolubili.

    • Giorgio Masiero on

      Mah. Mi pare che Du Bois-Reymond faccia confusione tra i livelli filosofico e scientifico e che anche al livello scientifico faccia affermazioni apodittiche non condivisibili: ci sono anche altri problemi scientifici che sono “insolubili”, né si può affermare con certezza che alcuni dei problemi scientifici da lui citati rimaranno per sempre insolubili.

  11. Detto quanto sopra, tuttavia:

    (9 marzo. 1827, secondo venerdí di marzo)
    Zibaldone di pensieri

    Parrebbe che secondo ogni ragione, secondo l’andamento naturale dell’intelletto e del discorso, noi avessimo dovuto dire e tenere per indubitato, la materia può pensare, la materia pensa e sente. Se io non conoscessi alcun corpo elastico, forse io direi: la materia non può, in dispetto della sua gravità, muoversi in tale o tal direzione ec. Cosí se io non conoscessi la elettricità, la proprietà dell’aria di essere instrumento del suono; io direi la materia non è capace di tali e tali azioni e fenomeni, l’aria non può fare i tali effetti. Ma perché io conosco dei corpi elastici, elettrici ec. io dico, e nessuno me lo contrasta; la materia può far questo e questo, è capace di tali e tali fenomeni. Io veggo dei corpi che pensano e che sentono. Dico dei corpi; cioè uomini ed animali; che io non veggo, non sento, non so né posso sapere che sieno altro che corpi. Dunque dirò: la materia può pensare e sentire; pensa e sente. – Signor no; anzi voi direte: la materia non può, in nessun modo mai, né pensare né sentire. – Oh perchè? – Perché noi non intendiamo come lo faccia. – Bellissima: intendiamo noi come attiri i corpi, come faccia quei mirabili effetti dell’elettricità, come l’aria faccia il suono? Anzi intendiamo forse punto che cosa sia la forza di attrazione, di gravità, di elasticità; che cosa sia elettricità; che cosa sia forza della materia? E se non l’intendiamo, né potremo intenderlo mai, neghiamo noi per questo che la materia non sia capace di queste cose, quando noi vediamo che lo è? – Provatemi che la materia possa pensare e sentire. – Che ho io da provarlo? Il fatto lo prova. Noi veggiamo dei corpi che pensano e sentono; e voi, che siete un corpo, pensate e sentite. Non ho bisogno di altre prove. – Quei corpi non sono essi che pensano. – E che cos’è? – È un’altra sostanza ch’è in loro. – Chi ve lo dice? – Nessuno: ma è necessario supporla, perché la materia non può pensare. – Provatemi voi prima questo, che la materia non può pensare. – Oh la cosa è evidente, non ha bisogno di prove, è un assioma, si dimostra di se: la cosa si suppone, e si piglia per conceduta senza piú.

    In fatti noi non possiamo giustificare altrimenti le nostre tante chimeriche opinioni, sistemi, ragionamenti, fabbriche in aria, sopra lo spirito e l’anima, se non riducendoci a questo: che la impossibilità di pensare e sentire nella materia, sia un assioma, un principio innato di ragione, che non ha bisogno di prove.

    Noi siamo effettivamente partiti dalla supposizione assoluta e gratuita di questa impossibilità per provare l’esistenza dello spirito. Sarebbe infinito il rilevare tutte le assurdità e i ragionamenti le contraddizioni al nostro medesimo usato metodo e andamento di discorrere che si sono dovuti fare per ragionare sopra questa supposta sostanza, e per arrivare alla conclusione della sua esistenza. Qui davvero che il povero intelletto umano si è portato da fanciullo quanto mai in alcuna cosa. E pur la verità gli era innanzi agli occhi. Il fatto gli diceva: la materia pensa e sente; perché tu vedi al mondo cose che pensano e sentono, e tu non conosci cose che non sieno materia; non conosci al mondo, anzi per qualunque sforzo non puoi concepire, altro che materia. Ma non conoscendo il come la materia pensasse e sentisse, ha negato alla materia questo potere, e ha spiegato poi chiarissimamente e compreso benissimo il fenomeno, attribuendolo allo spirito: il che è una parola, senza idea possibile; o vogliam dire un’idea meramente negativa e privativa, e però non idea; come non è idea il niente, o un corpo che non sia largo né profondo né lungo e simili immaginazioni della lingua piuttosto che del pensiero.

    Che se noi abbiamo conchiuso non poter la materia pensare e sentire, perché le altre cose materiali, fuori dell’uomo e delle bestie, non pensano né sentono (o almeno cosí crediamo noi); per simil ragione avremmo dovuto dire che gli effetti della elasticità non possono esser della materia, perché solo i corpi elastici sono atti a farli, e gli altri no; e cosí discorretela.

    • Giorgio Masiero on

      La filosofia di Leopardi è notoriamente materialistica (ma non fisicalistica). Grazie, Giancarlo, del bellissimo passo poetico, di cui – al di là delle emozioni empatiche che mi provoca – non son capace di condividere razionalmente una sola frase, o per ragioni metafisiche, o per ragioni scientifiche.

      • Prego, io invece non sono in grado di NON condividerne razionalmente una sola frase.

        • Giorgio Masiero on

          Non si capiva, Giancarlo, o almeno non ho capito io la Sua posizione, tanto i due autori da Lei citati hanno opinioni opposte!

          • In realtà i due autori non hanno opinioni opposte. Anche Du Bois Reymond era un materialista ma questo non gli impediva di affermare che la coscienza non può essere spiegata attraverso le sue condizioni materiali e che non potrà esserlo mai. Però il fatto che mai comprenderemo i processi psichici dalle circostanze concomitanti materiali non vuole assolutamente dire che quei processi non siano il risultato di condizioni materiali.

          • Giorgio Masiero on

            Sul materialismo di entrambi ha ragione, Giancarlo. Io mi riferivo alla loro epistemologia, che è opposta: uno crede alle “verità” della scienza empirica, l’altro no.

  12. Giorgio Masiero on

    @ MenteLibera
    “Veramente dopo ho specificato che il pensiero è esso stesso formato da impulsi elettrici e reazioni chimiche…”: questa è la Sua metafisica di tipo materialistico fisicalistico, non un risutato scientifico. Io penso invece che il pensiero umano abbia bisogno di un cervello, ma non coincida con un fenomeno fisico. Se pensassi come Lei, non perderei un secondo a parlare con Lei, come non ne dedico a parlare con piante ed animali e meno ancora con gli elementi della tavola di Mendeleev.
    “Se ipotizzassimo di poter pensare senza che vi sia una qualsiasi azione fisico/chimica nel cervello, allora dovremmo pensare di poter pensare senza cervello”: su questo io sono d’accordo con Lei, anche se ci sono neuroscienziati – che ho citato nell’articolo con nome e cognome – che pensano il contrario.

    • Penso che il “nodo” sia proprio su come sia possibile concepire il cervello che non coincide con un fenomeno fisico. Detta così a me sembra un ossimoro. Può dire ancora qualche parola a proposito? Cioè che ruolo avrebbe il cervello in questa “teoria”?

      • Giorgio Masiero on

        E dove ho scritto, Alèudin, o chi affermerebbe che il cervello non sia un oggetto fisico?!

        • Evidentemente non ho capito l’affermazione: “Io penso invece che il pensiero umano abbia bisogno di un cervello, ma non coincida con un fenomeno fisico.”
          .
          Se può spiegarmela, grazie.

          • È il pensiero a non coincidere con un fenomeno fisico: il pensiero (sia esso conoscenza sensibile o intellettiva), nell’essere umano, necessita SEMPRE di un sostrato neurofisiologico per poter essere esercitato, ma esso (il pensiero) non si identitifca totalmente con i processi fisico-chimici che avvengono in tale sostrato materiale.

          • Sì, volevo dire che il “nodo” posto da MenteLibera65 sta proprio in: come caspita fa il pensiero (non fisico) ad intefacciarsi (che brutta parola) con il cervello (fisico)? Cosa si intende col fatto che il cervello è necessario ad esercitare il pensiero? C’è il rischio di intendere sempre che il pensiero sia un epifenomeno del cervello.
            .
            Ripeto: che ruolo avrebbe il cervello? Farebbe come un antenna che “traduce” il pensiero e lo applica al substrato fisico?
            .
            per dirne una…

          • Giorgio Masiero on

            E “come fa”, Alèudin, un protone ad attirare un elettrone? o la Terra ad attirare il Sole? È solo questo, il rapporto mente-cervello, ciò che non sa?!

          • Ci tengo a precisare che non sono polemico, solo ignorante.
            Ci sono un’enormità di cose che non sò ma la relazione mente/cervello, anima, è una di quelle che più mi affascina.

          • Giorgio Masiero on

            Non è il solo, Alèudin. La relazione mente-corpo affascina i filosofi da sempre.

          • No, il cervello non è una “antenna”. Piuttosto è il sostrato materiale che fornisce all’intelletto l’elemento sensibile (=fantasmi) necessario allo stesso per esercitare le operazioni che gli sono proprie (=conoscere e amare, direbbe Tommaso). Ma se la conoscenza sensibile usa il sostrato neurofisiologico come strumento E come referente, quella intellettiva lo usa solo come referente, ossia come suo oggetto proprio, ma non ha in quella parte di sostrato il suo organo/strumento (e questo spiega tra l’altro l’attivazione rilevabile in determinate aree cerebrali durante l’esercizio delle facoltà psichiche superiori o “spirituali”, cosa che ha fatto gridare in molti “materialismo!”, Crick su tutti).

            Come si “interfaccino” mente e corpo, poi, è un problema (=interazionismo) che riguarda chi presuppone un’ontologia di tipo DUALISTA dove la mente è causa efficiente rispetto alle operazioni fisiche. Una ontologia di tipo DUALE (=ilozoista/ilemorfista, quale quella aristotelico-scolastico/tomista), invece, è immune da questi problemi, dato che – qui – la mente è un potere della forma dell’uomo chiamata “anima”. Il rapporto di causalità di cui sopra, dunque, non è di tipo efficiente, ma formale.

            Mi rendo conto che quanto scritto possa lasciare insoddisfatti, però è pur vero che il tema è parecchio complesso. Se non altro è indicata la via per chi volesse tentare un approfondimento: le parole chiave sono “teoria duale” e “causazione formale” nel rapporto mente-corpo.

            PS. Masiero, non c’è di che. Anzi, grazie a lei per l’articolo.

  13. sono fondamentalmente d’accordo con masiero e vianegativa sulla relazione mente/ cervello, tuttavia non riesco a far conciliare( probabilmente per ignoranza mia) questa visione con l esempio dello split brain che ho fatto ieri, se i due emisferi non sono collegati agiscono autonomamente e non integrano l’informazione con l’altro emisfero ritrovandosi spesso in conflitto, ad paziente è stata fatta vedere un immagine e non sapeva di cosa si trattava ma con la mano prendeva l’oggetto giusto…
    http://www.lescienze.it/news/2012/03/17/news/storia_di_due_met-911302/
    non sono neurologo ma sembra che le due parti abbiano una coscienza a sé, come fa il pensiero a dividersi in 2??

    • Davide, nei casi di “split brain” (callosotomia) anzitutto non mi risulta che gli emisferi siano totalmente separati e poi, da quanto capisco, i pazienti manifestano certi disturbi quando si trovano in particolari circostanze (non di norma), ad esempio quando gli viene richiesto di fare (a scopo magari terapeutico o di studio) particolari tasks. In quel caso manifestano disturbi di tipo cognitivo, di coordinazione etc.

      Ma al di là di questo, una coscienza, se ci si pensa bene, non è “frammentabile”: sarà sempre una e indivisa, sebbene possa ritrovarsi a “convivere” con delle coscienze che le sono “aliene”, ma che saranno unitarie e indivise esse stesse. Chi soffre di certi disturbi della personalità, infatti, passa “semplicemente” (si fa per dire) dall’una all’altra.

  14. @Sig. Masiero
    >Io ho molta fiducia sui progressi della scienza sperimentale, Roberto, ma so anche, perché conosco il >metodo scientifico, ciò che essa non potrà mai fare.
    La fisica newtoniana riteneva la gravità una forza e il tempo e lo spazio assoluti
    oggi la gravità non è più vista come una forza e lo spazio e il tempo non sono più assoluti.
    Quelle certezze erano figlie dei tempi e parliamo di gravità e spazio tempo non di 2+2.
    Figurarsi se in materia di “cosa è la mente” si può escludere una nuova fisica del futuro che faccia “miracoli”.
    ..
    Gli stati mentali di cui abbiamo coscienza sono una parte di ciò che è nella mente, potremmo azzardare che la maggior parte dell’attività mentale ci sfugge completamente, non ne abbiamo alcuna consapevolezza.
    Sicuramente non percepiamo ciò che ci permette di pensare. Il nostro pensiero cosciente potrebbe essere la punta di un iceberg. Di fronte a questo buio pressochè totale, con una fisica e una biologia ancora “agli inizi” dire che la mente è fatta di Qualia non misurabili potrebbe essere come chi diceva che le stelle erano strappi nel tessuto del cielo. Un giorno, non è escluso, sorrideranno delle certezze del nostro tempo.

    • Una cosa però conosciamo, di certo, fin da ora. Il metodo scientifico. È il metodo scientifico che pone limiti a ciò che la scienza sperimentale può fare e non può fare.
      Forse prima dovresti studiare il metodo scientifico, caro Roberto. Esame di Epistemologia 1 all’università.

    • Le sue analogie con la fisica del passato sono fuorvianti, Roberto: il “moto dei gravi” è un fenomeno FISICO, osservabile con i 5 sensi E misurabile, cioè associabile ad un numero, così come le stelle, le forze, lo spazio e il tempo, A PRESCINDERE dalla teoria con cui lo spieghiamo.
      Gli stati mentali non godono di tali proprietà, per questo diciamo che in base al metodo scientifico consideriamo la mente inspiegabile con il fisicalismo.

  15. A me tutti questi discorsi sui qualia, per la verità molto deboli e autoreferenziali (e mi dispiace dirlo, a tratti fumosi), sembrano il classico cavallo di troia per far rientrare il dualismo dalla porta di servizio, o dalla finestra, e che in genere nascondono finalità metafisiche e religiose, anche se non lo si ammetterà mai. La fisica è pur sempre un prodotto della mente e, in quanto tale, descrive ciò che si trova “al di là” della mente stessa; in altri termini, la fisica esiste nel momento in cui soggetto e oggetto sono separati, pur essendo il soggetto ontologicamente riconducibile all’oggetto. Nel momento in cui soggetto e oggetto coincidono, l’interferenza che ne consegue genera un cortocircuito, come mirabilmente descritto da Planck in un suo saggio sul libero arbitrio. D’altra parte, l’irriducibilità metodologica della mente alla fisica non esclude assolutamente il monismo alla Spinoza. Io la vedo così, e ora flagellatemi pure! 😀

    • Giorgio Masiero on

      La religione non c’entra nulla, Giuseppe: sono monista anticartesiano anch’io (e sono cristiano come il Planck, da Lei elogiato).
      I discorsi sui Qualia appartengono alla filosofia, alla psicologia e alle neuroscienze. Concordo con Lei che non appartengono alla fisica…, ma la fisica non è tutto, giusto?

      • Allora il problema è che forse sono troppo prevenuto nei confronti della capacità di discernimento dei credenti…

      • Io ritengo che l’onestà, chiamiamola così, rintracciabile nella fisica e nella matematica non abbia eguali…

        • Giorgio Masiero on

          Avevo la stessa opinione un tempo. Ma da qualche anno la fisica ha venduto una parte della sua credibilità per una metafisica di terzo livello matematizzata elegantemente.
          Oggi io do la palma alla matematica e alla chimica.

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