Distribuzione della Ricchezza
Il povero è l’ombra del ricco.
I / III
La perfetta uguaglianza è l’ottimo? Come si misura la diseguaglianza? E’ veramente in crescita?
Proviamo a discernere il certo, l’opinabile, il falso.
La media non dice quanti hanno tanto o poco o nulla. La distribuzione della ricchezza conduce alla media, ma dalla media non si torna alla distribuzione. Per misurare la diseguaglianza nella distribuzione della ricchezza si usa spesso l’indice di Gini che varia da 0 ad 1 per disuguaglianze crescenti. Per definizione l’indice di Gini è uguale al doppio dell’area (A) di fig. 1, compresa tra la distribuzione effettiva (curva di Lorenz L) e la diagonale (D) della distribuzione uniforme.
Fig. 1 Curve di Lorenz e indice G di Gini. Definizioni e proprietà.
http://realdream73.altervista.org/Appunti/Appunti2004/indice_di_gini.htm
Fig. 2 Istogramma del reddito settimanale. UK, anno 2009-2010. Ultimo punto fuori scala.
http://worthwhile.typepad.com/worthwhile_canadian_initi/2011/09/why-are-we-still-using-the-gini.html
La curva di Lorenz, fig. 4, deriva dalla distribuzione dei redditi di fig. 2. I redditi superiori a 1500 £ sono 1.4 milioni e la loro media è 2720 £. La media generale è 517 £. X(£) è la frazione di persone con un reddito minore o uguale a £, curva nera in fig. 3. Y(£) è la frazione di redditi goduti dalla frazione X, curva blu. Esempio: £ = 850; X(£) = 0.90; Y(£) = 0.70. Il 90 % della popolazione gode soltanto del 70% di ricchezza. Un giornalista evidenzierà: Il 10% più ricco gode il 30% della ricchezza totale.
Fig. 3 Frazione di popolazione X (nero) e frazione di reddito Y (blu) verso reddito.
Fig. 4. Curva di Lorenz. Introito settimanale. UK, anno 2009-2010. G ≈ 0.35.
Valori empirici in nero. Descrizione analitica in rosso.
Riassunta la diversità dei redditi nel parametro G, possiamo confrontare le varie Nazioni tra loro,
fig. 5. Per UK 2010 troviamo G = 0.35.
Le situazioni nazionali sono varie e mutevoli (https://it.wikipedia.org/wiki/Coefficiente_di_Gini):
Bulgaria: ebbe la minima disparità, poco più di 0.20, negli anni grami: 1953-1977 .
E’ l’unica nazione ad aver avuto G inferiore a 0.20, sia pure assai brevemente.
Durante gli anni di rapido sviluppo la disparità aumenta: 0.35.
Dopo lo sviluppo la disparità cala, ma rimane sopra 0.25.
Polonia: da poco più di 0.25 sale bruscamente ad oltre 0.30 dopo il 1990.
Belgio: G è compreso tra 0.25 e 0.30, sostanzialmente stabile.
Canada: G attorno a 0.30 con lieve tendenza a scendere.
Germania: G attorno a 0.30 con lieve tendenza a salire.
Norvegia: G scende da oltre 0.35 a 0.25.
Svezia: G sempre minore di 0.35, con un minimo intermedio minore di 0.30.
Francia: da quasi 0.50 (1955) scende fin sotto 0.35 (1995)
Italia: dal 1975 al 1995 l’indice G è sceso da oltre 0.40 a meno di 0.30
UK: G è circa 0.25 fino al 1980, ma poi cresce superando 0.35.
US: Leggera flessione attorno al 1970, ma sempre superiore a 0.35. Poi aumenta superando 0.40.
India: G è superiore a 0.35 (1955 e 1995) con lieve flessione nel mezzo.
Australia: da poco più di 0.30 G sale superando 0.40 e poi scende verso 0.35
Giappone: G oscilla attorno a 0.35, con una flessione nel mezzo (1980)
Cina, da meno di 0.35 scende a 0.25 (1985) poi aumenta fino a 0.45 negli anni di forte sviluppo.
Brasile: ha rilevante disuniformità: G è salito da 0.53 ad oltre 0.60.
Messico: simile al Brasile. G è salito da 0.52 a 0.58. Poi però è sceso sotto 0.50.
Fig. 5 Indice di Gini, anno 2014
2014_Gini_Index_World_Map,_income_inequality_distribution_by_country_per_World_Bank.svg
I) L’eccessiva disuniformità è ingiusta e pericolosa per il convivere civile.
II) La distribuzione uniforme non è realistica e neppure auspicabile.
Sul punto II troviamo parere opposto nel seguente articolo:
http://worthwhile.typepad.com/worthwhile_canadian_initi/2011/09/why-are-we-still-using-the-gini.html
a) … the Gini coefficient is seriously defective as a measure of inequality …
b) Suppose that there is diminishing marginal utility of income …
c) In this case, the best way to get the maximum possible amount of happiness
from a given amount of resources is to distribute them as equally as possible.
Osserviamo però che:
- è affermata, ma non dimostrata
- è universalmente accettata, ma non giustifica assolutamente la (a)
- è vera solo se il totale da spartire non varia (a given amount = a fixed amount)
Precisiamo il concetto (b) con: L’utilità è logaritmicamente crescente verso ricchezza.
Assumiamo quindi la relazione di Weber – Fechner:
Il ragionamento si potrebbe fare con qualsiasi altra legge coerente con la marginalità (b).
Qui di seguito assumeremo: u = LOG(r) = utilità, dove: r = Reddito / 10 mila E.
Poniamo di avere in totale 1 milione di E, da spartire tra 100 persone.
Con distribuzione uniforme si hanno 10 mila euro a testa e G = 0.
Godimento del singolo = LOG(10) = 1; totale per la popolazione = 1*100 = 100.
Poniamo ora che 20 persone arraffino 800 milioni, quindi 40 mila E ciascuno e G = 0.60.
Infatti: B = 0.8 * 0.2 / 2 + 0.2 * (0.2 +1) / 2 = 0.20 Quindi: G = 1 – 2 * 0.2 = 0.6
Godimento del singolo ricco = LOG(40) = 1.60. Totale per i ricchi = 20 * 1.60 = 32.
Alle rimanenti 80 persone vanno i rimanenti 200 milioni: quindi 2.5 mila E a testa.
Godimento del singolo povero = LOG(2.5) = 0.4. Totale per i poveri = 0.4 * 80 = 32.
Godimento totale per la popolazione (ricchi e poveri) = 32 + 32 = 64.
Il godimento totale è quindi sceso dal suo massimo di 100 per uniforme distribuzione a 64.
Fin qui concordiamo con (c) però non concordiamo con (a): Gini ci segnala che siamo passati da parità perfetta, G = 0, a disuguaglianza elevata, G = 0.6. Quindi ha fatto il suo dovere.
Per massimizzare il godimento complessivo:
- si dovrebbe minimizzare G ma
- senza provocare significative riduzioni della ricchezza totale.
L’affermazione (c) è seducente ma vera soltanto in un mondo statico di pura fantasia.
La (c) non considera gli effetti collaterali:
- l’efficienza, minore del 100%, del trasferimento di ricchezza o di reddito
- la diversa efficienza della ricchezza in mani diverse
La capacità e la propensione ad investire non possono essere diffuse a livello di risorse appena sufficienti per vivere. Chi è uscito da gravi ristrettezze penserà a godersi qualche agio. Poniamo che sia investito solo ciò che eccede 10 mila E. Con distribuzione disuniforme possono essere investiti 600 mila E. Con distribuzione uniforme non rimarrà nulla da investire. Gli effetti nel futuro si faranno sentire. La ricchezza totale sarà ridotta p.e. a 400 mila E. Distribuite equamente a 100 persone, fanno 4 mila E a testa. Il godimento complessivo è 100 * 0.6 = 60.
Può essere giusto o opportuno o necessario sollevare il livello dei più poveri ma ciò può far diminuire il godimento complessivo.
Il risultato complessivo stabilmente migliore è ottenibile con G medio-bassi.
Nota: Ridistribuendo tutta la ricchezza UK egualmente, a ciascuno spetterebbero 517 £ (la media generale). I ricchissimi possiedono 2720 * 1,4 milioni = 3808 milioni £. Distribuiti a 60.6 milioni di persone dà 63 £ settimanali a testa in più (+12%) a patto di eliminare 1,4 milioni di persone. La mossa non è ripetibile a piacere. La disparità si riduce poco, senza una redistribuzione tra tutti.
Descrizione analitica delle curve di Lorenz
Le curve di Lorenz hanno un andamento tipico, fig. 4, che è utile descrivere analiticamente:
Y = [ X^N + 1 – (1-X)^(1/N) ] / 2 (1)
Consegue una relazione biunivoca tra i parametri N e G:
G = (N – 1) / (N + 1) (2a) ed inversamente:
N = (G + 1) / (G – 1) (2b)
Riassumendo:
- Dai dati empirici di reddito o ricchezza si trae la curva empirica di Lorenz.
- Dalla curva empirica di Lorenz si ricava l’indice di Gini
- Noto l’indice di Gini G si ricava il parametro N del modello analitico
- Col parametro N tracciamo la curva che interpola i dati empirici.
- Se ci fosse dato il solo indice di Gini arriveremmo allo stesso risultato (d)
- Avuta comunque la curva di Lorenz possiamo calcolare tutti gli indici che ci pare.
- L’indice “migliore” dipende dallo scopo che ci si prefigge.
- La distribuzione “migliore” dipende dallo scopo e dai vincoli di fattibilità e sostenibilità.
- La sostenibilità nel tempo di una soluzione non può essere trascurata.
- Il caso G = 1 è irrealizzabile. I morti di fame scompaiono dalla statistica.
- Il caso G = 0 è ipotizzabile ma non è realistico.
- I valori G medio bassi sembrano essere i più ragionevoli e sostenibili nel tempo.
- I valori G elevati sono certamente problematici per la convivenza oltre che ingiusti.
Fig. 6 Crescita di G dal 1980 al 1995 in tre nazioni sviluppate
Alcune indicazioni non lasciano tranquilli, fig. 6. Si osservi però che:
- I redditi al netto delle tasse hanno indice G decisamente minore
- Non è vero che la diseguaglianza cresca sempre e neppure potrebbe
- E’ vero che in certi luoghi ed in certi tempi G cresce, ma in altri decresce
- Non è vero che G estremamente basso sia augurabile, vedi Romania anni grami.
Nota
Per brevità qui abbiamo esaminato solo la distribuzione dei redditi in UK 2010.
Nella parte II esamineremo i dati italiani, trovando il modello (1) ancora adeguato.
Nella parte III il modello sarà esaminato da un punto di vista più generale, meno empirico.
Commento
Nessun dubbio che esistano tante iniquità, comprese quelle economiche.
L’equità è spesso intesa come uniforme distribuzione della ricchezza.
Ogni altra distribuzione sarebbe quindi iniqua.
Questo giudizio è avventato e non discende neppure da:
“Ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni”
http://www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaM/MARX_%20L%20ULTIMA%20FASE%20DELLA%20SOCIET.htm
Il medesimo riferimento fa notare che:
Questa frase, resa celebre da Marx, è in realtà presa dagli Atti degli apostoli (cfr. At 4, 35).
Il punto, al solito, è la sostenibilità nel tempo, pure ammessa la raggiungibilità di certi obiettivi. A questo scopo mi pare appropriata la parabola dei talenti, Matteo 25,14-30. Un amico mi suggerisce di non dimenticare Zaccheo, (Lc 19,1-10). Mi pare un richiamo importante, utile per ricordare la complessità e la delicatezza di certe questioni.
Queste riflessioni però dovrebbero essere svolte in un ambito diverso.
Qui ci siamo occupati soltanto di dati di fatto ed abbiamo trovato che:
L’indice di Gini contiene (quasi) tanta informazione quanto l’intera curva di Lorenz.
Per chi fosse interessato ai vari indici di ineguaglianza ed al legame tra di loro suggerisco:
https://boa.unimib.it/retrieve/handle/10281/25757/33363/Phd_unimib_047930.pdf
Forse non guasterebbe rileggere Vilfredo Pareto, che ebbe a Losanna la cattedra di Leon Walras, ma non ebbe mai una cattedra in Italia. Anche il Fascismo faceva “scappare i cervelli”.
Woolley ci invita ad assaporare l’ironia della storia: Savour for a moment, if you wish, the irony of the most widely used measure of inequality being named after the author of The Scientific Basis of Fascism. Evidentemente ci siamo persi qualche cosa, ma Woolley dimentica che Gini:
- Fu nominato dottore honoris causa in Scienze ad Harvard nel 1936
- Si dimise da ogni incarico quando il Fascismo cercò di mettere il becco nei suoi studi.
Ricordiamoci che sull’altra sponda solo una dozzina professori universitari su 1200 rifiutarono di giurare fedeltà al Fascismo.
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18 commenti
La matematica non perdona. Grazie, Mojoli.
Sarà per le ragioni spiegate da questa matematica che durante i governi conservatori si produce ricchezza (aumentando lo squilibrio distributivo) e durante quelli progressisti si ridistribuisce la ricchezza (riducendo lo sviluppo produttivo).
E sarà ancora per queste ragioni – cioè per non lasciare i frutti dello sviluppo al godimento di pochi, né per dividere equamente la miseria – che in democrazia ai regimi d’un segno si alternano quelli del segno opposto, indipendentemente da come operano.
Ho meno merito di quello che mi attribuisci. Non mi azzardo a spiegare fenomeni assai complicati e, per molti versi, oscuri. Posso però osservare alcuni miti e dimostrarne facilmente la falsità storica, logica, matematica. L’ultima delle tre è ovviamente la più facile da provare. Un amico da S. Pietroburgo (grazie Skype!) mi chiedeva conferma che G = 0 e G = 1 sono situazioni “instabili”. Credo di sì, ma forse non nel senso classico di LJapunov. Gli estremi, forse neppure raggiungibili, hanno una forza repellente enorme. Muri matematici contro cui si rimbalza. Tra i tanti meccanismi che riportano nel mezzo della corrente storica, in una larga fascia attorno a 0.35, c’è sicuramente anche l’alternanza democratica, quando funziona. L’unica cosa originale mia è la dimostrazione che l’indice di Gini contiene quasi tutta, ed limite proprio tutta, l’informazione contenuta nella curva di Lorenz. E’ molto raro che da un integrale definito si possa risalire alla funzione che lo ha generato. La matematica, che non perdona mai gli errori, a volte stupisce piacevolmente.
“È molto raro che da un integrale definito si possa risalire alla funzione che l’ha generato…”: questo succede ogni volta che, come in questo caso, si conosce l’espressione analitica della funzione generatrice a meno di un parametro.
Giustissimo. E’ esattamente questo il caso, ma è raro nel mondo reale, mentre è comunissimo per chi “semplifica” eccessivamente il modello e poi lo scambia per la realtà. Per questo sono stato molto sospettoso e prudente. Non sono di quelli che assumono tranquillamente che un probabilità sia gaussiana perché (non per nulla!) è chiamata “normale”. Nel caso specifico la parte bassa (i poveri) delle curve empiriche di Lorenz è ben descritta da Yb=X^N, mentre la parte alta (i ricchi) è meglio descritta da 1-Ya = (1-X)^1/M. Una buona descrizione complessiva è data dalla media Y = (Ya + Yb) / 2 il che porta a Y = [ X^N + 1 – (1-X)^(1/M) ] / 2. Per avere un
parametro solo occorre assumere una relazione tra gli esponenti M, N. Solo così G determina Y(X). Ho usato addirittura M = N dopo aver verificato che così si interpolano bene altre curve empiriche e molte distribuzioni teoriche.
Dimenticavo: “questo succede ogni volta che, come in questo caso, si conosce l’espressione analitica della funzione generatrice a meno di un parametro.” La condizione è necessaria, ma non è sufficiente. La relazione tra G ed il parametro N deve essere monotona. Il che qui è.
Hai perfettamente ragione, in entrambe le risposte.
Grazie ing. Mojoli, se non altro mi ha riportato indietro ai tempi in cui dovevo studiare questi indici all’università (e mi piacevano pure). Resto convinto che alla fine le sorprese che può dare l’analisi matematica non siano diverse dall’utilizzo di un corretto ragionamento (per non svilirlo a semplice buon senso) davanti alla realtà. La disuguaglianza aumenta nei periodi di crescita, mi pare abbastanza prevedibile, l’uguaglianza aumenta nei periodi di povertà, perfetto, ci avrei scommesso. Nel mio piccolo mondo di tutti giorni vedo molti invidiosi e spesso l’invidioso non vuole diventare come colui che invidia, ma vuole che l’invidiato diventi misero come lui. Con la ridistribuzione equa delle risorse scarse accade proprio questo: tutti uguali verso il basso, come è sempre piaciuto alle ideologie di sinistra. Invece bisognerebbe volere essere tutti uguali verso l’alto, come non è auspicato spesso nemmeno da chi di sinistra non è, che vorrebbe mantenere le distanze, se non altro per dar valore al “merito” (spesso soggettivamente inteso).
Interessanti i dati sugli indici nelle varie nazioni, sento però la mancanza del dato sulla tanto idealizzata Svizzera.
Io non sono pienamente in accordo con questo suo sentire. Premetto che ragiono da austriaco, credo che lei sappia cosa voglia dire perchè mi pare di intendere che abbia una formazione economica. Le disuguaglianze che registriamo connesse ai cicli economici non sono il naturale comportarsi dei mercati, ma sono tanto i periodi di boom bust quanto le disuguaglianze sociali che da queste derivano frutto del pervertimento del mezzo di scambio ad opera di banche centrali e stato. E’ chiaro infatti che in un sistema economico basato sullo scambio indiretto, alterando il mezzo di scambio ossia la moneta si interferisce con la naturale tendenza di mercato che vuole una crescita lenta e costante con una redistribuzione della ricchezza a fasce sempre più marginali nei processi produttivi.
Distorco maliziosamente la sua convinzione sulla matematica: allora serve solo a complicarci la vita! Concordo con lei che i risultati di calcoli giusti alla fine ci sembrano logici, diciamo pure anche di buon senso. Che tutti i risultati si possano trovare con la pura logica lo credeva Hegel, ma la sua “Filosofia della Natura” è “umorismo tedesco” . Credo che l’equazione di II grado sia il massimo che si possa gestire a mente, a parole. Ma facendo più fatica del dovuto. Il cervello umano (quando funziona) vede bene le singole relazioni, ma non il guazzabuglio di tante relazioni nel loro insieme. Inoltre è limitato alle relazioni istantanee, anche se differenziali, ma non vede affatto bene l’evoluzione nel tempo. Una volta calcolato bene tutto, dei risultati si fa facilmente una ragione, come se scoprisse la “logica” del sistema. Come lei ha evidenziato, la disuguaglianza aumenta nei periodi di sviluppo (torta in aumento nel tempo) ma, aggiungo io, non necessariamente nei paesi sviluppati (torta grossa). Quanto ai periodi di povertà, o nei paesi molto poveri, la relazione con G non è semplice. L’OCSE ci dice che il divario tra ricchi è poveri da noi è in aumento, e siamo in recessione da anni. Un amico berlinese si è detto convintissimo che la diseguaglianza sia “in continuo aumento” ed ho voluto vederci chiaro. Scoprendo che I) non è così sempre e dappertutto e che II) alcune critiche all’indice di Gini sono immotivate.
Mi perdoni è riferita a me o a Muggeridge? Qualora fosse riferita a me tutto sono fuorchè un hegeliano; davvero se voleva offendermi ha trovato la parola che fa breccia nel mio orgoglio XD.
Ps: Muggeridge nel mio intervento sopra in apertura ho messo un “non” di troppo quindi voleva essere IO SONO PIENAMENTE D’ACCORDO….etc….etc…
E’ senza alcun intento polemico eccetto verso Hegel e gli hegeliani, che non mi sembrano tra i citati. La questione è trovare un giusto difficile equilibrio tra voler trattare tutto a parole schifando i numeri e credere che tutto si possa dirimere a suon di numeri. Comunque no, non volevo affatto offenderla e mi spiace di averne dato l’impressione.
Dott. Mojioli era una battuta! Mi rendo conto dei limiti espressivi del mezzo, ma ci avevo messo il pupattolo “XD” proprio per scongiurare un’interpretazione seriosa!
Svizzera 1992 G = 0.331
https://it.wikipedia.org/wiki/Stati_per_uguaglianza_di_reddito
Vi ringrazio per le delucidazioni. Non avevo nemmeno ben capito che Andreax si rivolgesse a me, comunque se concorda con me tanto meglio. Sulla matematica sono un orecchiante e sono rimasto influenzato dal mio prof. di Analisi II che ci disse che le equazioni differenziali potevano servire per attraversare una strada senza essere investiti, ma che era meglio affidarsi all’istinto altrimenti non ci sarebbe stato scampo.
E poi a un matematico datosi alla divulgazione di cui non ricordo il nome che insisteva col dire che quello che si esprime in termini matematici si può anche dire con parole e concetti semplici, come peraltro ha fatto qui lei, ing. Mojoli. Ovvio che poi ci saranno le altre 2 puntate sul tema, ma per ora mi congratulo per il risultato di tipo tecnico relativo all’indice di Gini, ma le conclusioni mi sembrano ancora ottenibili ragionando ed essendo debitamente informati. Andreax ha evidenziato la questione “monetarista”, io mi chiedevo invece se potesse invece entrare in gioco il potere di acquisto, ossia va bene ridistribuire all’interno di un sistema la ricchezza, ma poi con quella ricchezza di cosa si può usufruire ? Bisognerebbe esaminare il tutto a livello globale, perché il più ricco di un Paese povero, può teoricamente essere il più povero di un Paese ricco, sempre estremizzando (nella realtà i ricchi dei sistemi in cui vi è molta disuguaglianza sono appunto pochi, ma molto più ricchi del ricco “medio” dei Paesi ricchi).
[OT] Mi perdonino Enzo e Luigi per questo microscopico OT, purtroppo arrivo dopo la chiusura dei commenti del post dedicato alla conferenza di Viterbo e gli “argomenti” del sig. Pierangelo meritano una risposta, giacché volontariamente o meno ha fatto un bel po’ di confusione.
–
Non manchi quindi il signore in questione di farsi nuovamente vivo quando verrà pubblicato l’articolo relativo all’incontro del 15 ottobre. Riprenderò lì quanto è stato lasciato in sospeso.
–
Scusate nuovamente, a presto.
Sarà che da quando ho scoperto la scuola austriaca mi ritrovo completamente nell’approccio logico, ma queste descrizioni matematiche al di là di circostanziali considerazioni contabili (ad esempio gli stipendi vengono considerati al lordo o al netto del carico fiscale complessivo che è solitamente anche progressivo?), hanno sì il pregio di riassumere in poco il molto, ma il grosso difetto di dipendere da un dominio di fondo mai sufficientemente illustrato; ciò mina qualsiasi considerazione su queste costruita. La frase di Marx in chiosa riassume bene ciò che intendo, la pretesa ossia che quattro burocrati chiusi in una stanza, di qualche ufficio, di qualche ministero, di uno stato possano, riassumere con la loro matematica la complessità dell’informazione distribuita tra i vari attori di mercato, esprimendo per giunta giudizi quanto-qualitativi sull’utilità degli stessi; quando sono certo posti davanti a un lavoro di tornitura, ad esempio, non distinguerebbero quello fatto bene da quello approssimativo. Perciò diffido di queste descrizioni, che se pure avessero una qualche utilità per chi le ha realizzate in origine, oggi sono solo la lettera di presentazione con cui nelle socialdemocrazie delle libertà acquisite e dei diritti costituiti e bla…bla…bla…bla… i governanti taglieggiano con nuove e sempre più capziose tasse i sudditi.
Scuola di Vienna. Conosco e apprezzo von Mises e von Hayeck. Mi auguro che la sociologia e l’economia diventino scienze sperimentalmente controllabili (ma non vorrei fare da cavia).
Quanto al da lei citato “difetto costituzionale che mina qualsiasi conclusione” questo piede di argilla può minare alla base solo trattati con ben altre ambizioni del mio modesto lavoro. L’intento era, e rimane, assai limitato. Per esempio si vedrà nel seguito che, eccezion fatta per la assoluta eguaglianza, G = 0, anche tante piccole disuguaglianze implicano alcune grosse diseguaglianze. Questo è matematicamente certo. Non discende da un “difetto costituzionale” e non è “minato” da nulla. Lo possiamo distruggere soltanto minando anche le tabelline, ma non mi pare il caso. No non ho studi universitari di economia.
Non credo sia possibile vista la natura valoriale delle scelte, che poi si traducono nel sistema dei prezzi che è la parte più controllabile; rendere DAVVERO controllabili le scienze economiche, vorrebbe dire aver risolto il dilemma mente cervello per dirne una, la più rilevante forse. L’impostazione valoriale di cui sopra implica che i prezzi precedono i costi e non li seguono, quindi il sistema non è determinabile a priori o non esisterebbe: nè fallimento, nè scarsità di alcun tipo; invece la povertà esiste eccome. Essa è già presente almeno in nuge nella Legge di Say, che nessuno dei pomposi economisti keynesiani ha mai intimamente capito o smetterebbero di essere keynesiani, quando si dice che l’offerta crea sempre la propria domanda. Fa piacere che conosca e apprezzi due pilastri della scuola austriaca, anche se ad essere sincero mi ritrovo più nel terzo pilastro che fu Rothbard; non tanto per le idee anarchiche, che pure apprezzo, quanto per il rigore metodologico di chiara derivazione tomista, contrapposto al kantismo di Mises, che fu sì un assolutista conoscitivo, ma un relativista etico. Il fatto è che, per quel che mi riguarda, sono un realista, la diseguaglianza, ossia la scarsità di mezzi, per me rappresenta un dato di fatto ineliminabile a prescindere dall’intervallo di tempo in questione; persino per infinito essa è ineliminabile, a meno che qualcuno non trovi modo di violare il secondo principio della termodinamica. Donde venga tale scarsità è un interrogativo che risolvo in ambito morale e in questo senso mi ritrovo nella teodicea agostiniana, ma è cosa che appartiene ad altra sede. Per le ragioni sopra esposte ne deriva che il sistema migliore non è il sistema perfetto, che non esiste e non può esistere, ma quello perfettibile, ovverosia quello che approssima maggiormente al “giusto prezzo”, e ciò è possibile solo facendo ricorso a tutta l’informazione disponibile e dunque affidandosi al libero mercato.