IL CERVELLO
Caratteristiche intellettuali correlate al sesso
Warning!
Qui si parla di maschi e femmine il che è assolutamente fuori moda.
La determinazione del sesso è opinabile: la natura stessa si concede strane licenze.
E’ di moda credere che il genere sia frutto di libera scelta o condizionamento familiare, sociale, educativo. Cioè
nulla a che vedere con quanto oggettivamente osservabile sul neonato.
Correlazione
La correlazione tra due grandezze qualsiasi è un numero puro, k, compreso tra -1 e +1.
In particolare, due grandezze possono essere scorrelate, nel quale caso k = 0.
Due grandezze indipendenti sono necessariamente scorrelate, ma non viceversa.
Queste qualità discendono direttamente dalla definizione matematica di correlazione.
Anche ZERO è un numero
Contestare il titolo di questo articolo in base alla convinzione che il sesso non c’entri col cervello è ignoranza matematica visto che k = 0 è un valore lecito come ogni altro | k | ≤ 1. Inoltre k = 0 è consono alla convizione (giusta o sbagliata che sia) che il sesso sia scorrelato col cervello e col modo di usarlo.
Facciamo contento Wittgenstein
Altro punto di immancabile ma inutile rissa è l’intelligenza, un termine da prendere con le pinze.
Senza una definizione condivisa è inutile, anzi è dannoso, parlare di qualsiasi cosa, dice Wittgenstein.
Ammettiamo che il QI o qualsiasi altra cosa acconcia sia una misura dell’intelligenza.
In realtà intenderemo con “intelligenza” ciò che lo strumento deputato misura. E nulla di più.
Ma potremmo accontentarci anche di molto meno, ammettendo che si possa ordinare le persone per intelligenza.
In questo modo si attribuisce come valore della qualità la posizione relativa nell’ordinamento.
NOTA
Difficile dire se saper maneggiare la Geometria Proiettiva sia segno di intelligenza, ma difficile anche negarlo.
Che facciamo se uno dei due generi (M / F) si dimostra più dotato? Togliamo di mezzo l’argomento?
Lo faremo sistematicamente su tutti gli argomenti discriminanti? Un conto è avere QI medio Maschi = 100 e QI medio Femmine = 100 perché le varie risposte infine si bilanciano. Tutt’altro altro conto è se abbiamo espunto tutte le domande che mostravano differenze (M / F) e quindi l’uguaglianza finale è tautologica.
NOTA
Non stiamo definendo operativamente una procedura, ma cercando un primo orientamento, un onesto approccio.
Sarebbe spiacevole se un pregiudizio ideologico:
- impedisse di accettare l’idea di una differenza tra i sessi, tanto da proibirne o censurarne la misura o
- proclamasse una prevalenza qualsiasi non giustificata da misure
NOTA
Per semplicità escludiamo i casi incerti, non attribuibili immediatamente ai sottoinsiemi F o M. Alla nascita pare siano 1 su 4000 o 5000.
Dimentichiamoci del QI
Nelle figure seguenti abbiamo volutamente indicato i sottoinsiemi con (A, B) e non con (M, F) per ovvi motivi.
Per gli stessi ovvi motivi invece di QI indichiamo con x la caratteristica misurata, fig. 1.
Fig. 1 Densità di probabilità di una qualità x nella popolazone e in suoi due sottoinsiemi.
Curva blu. Sottoinsieme A. Gaussiana media 110, deviazione standard 20. Densità pA(x).
Curva rossa. Sottoinsieme B. Gaussiana media 90, deviazione standard 20. Densità pB(x).
Curva nera. Popolazione: p(x) = a pA(x) + b pB(x) dove a = 0.5; b = 1 – a
Scostamenti vari
I sottoinsiemi in fig. 1 sono gaussiani con uguale deviazione standard quindi possono differire solo nel valore medio. La popolazione non è più gaussiana, anche se la sua forma potrebbe essere confusa con una gaussiana per scostamenti dei valori medi piccoli rispetto alla deviazione standard. Per valori medi che si scostano l’uno da μ ad oltre (μ + σ) e l’altro da μ a meno di (μ – σ), la densità di probabilità della popolazione diventa bimodale: presenta due massimi ed un minimo nel mezzo, ovviamente in x = μ.
Densità di probabilità di forma diversa sono caretterizzate anche da altri parametri quali:
- La moda, che è il valore x’ per cui la densità p(x) è massima.
- Il valore mediano che è il valore x” per cui l’area sotto p(x) è metà a sinistra e metà a destra di x”
- La media μ che è il valore rispetto a cui cui è nullo il momento ∫ (x-μ) p(x) dx = 0
La gaussiana ha proprietà molto particolari. In generale media, moda e valore mediano non coincidono.
Ciascuno di questi tre parametri x’, x”, μ può essere usato per definire lo scostamento tra due distribuzioni.
In fig. 2 la densità è di Rayleigh, tipica del modulo di due variabili random gaussiane ortogonali, in essa è:
Moda = 0.707
Valore mediano = 0.833;
Media = ∫ x p(x) dx = 0.886
Fig. 2 Moda, valore mediano, media. Esempio: probabilità di Rayleigh.
Il metodo dell’ipotesi nulla
Poniamo di dover appurare se un dato farmaco dia un miglioramento oppure no.
Si inizia fissando a priori una probabilità per esempio α = 5% oppure α = 1%.
Ogni evento che capita con frequenza minore di α è ritenuto accidentale, non dovuto a particolari interventi nostri, quali ad esempio l’assunzione di un farmaco efficace. Si contano i casi favorevoli ad assunzione avvenuta.
Si calcola la probabilità P dell’evento accaduto in base all’ipotesi nulla, cioè come se il farmaco fosse acqua fritta.
Il calcolo è fatto in base alla frequenza delle guarigioni o dei miglioramenti spontanei nella popolazione.
Se questa probabilità P è maggiore od uguale ad α, si conferma l’ipotesi nulla (acqua fritta).
In caso contrario si deve rigettare l’ipotesi nulla, il che significa ammettere che il medicinale ha funzionato.
L’ostacolo di solito non è la piccolezza del campione ma l’ignoranza della statistica della popolazione non trattata. La pretesa di ricavarla da un gruppo di controllo parimenti ridotto è ovviamente assurda.
Una alternativa percorribile
Un approccio statistico riportato in CCIR (Comitato Consultivo Internazionale Radiocomunicazioni) può, in certi casi, sopperire alla incertezza sulla statistica della popolazione. Si assumono varie forme di densità di probabilità, le più diverse possibili, come una gaussiana che si estende fino all’infinito ed ha un massimo piatto ed una densità triangolare simmetrica, limitata e con una cuspide nel suo massimo. Si provano anche curve dissimmetriche. Poi si calcolano i numewrosi risultati e si osserva se le leggi conseguenti sono simili, oppure se sono qualitativamente diverse. Nel primo caso ha poca importanza la scelta della forma: la si potrà cambiare quando si avranno più dati. Nel secondo caso l’esperimento dirimente non sarà delicato e costoso. Usai questo mio metodo anche per validare una ricerca clinica su pazienti anziani. Test classici, usati a scopo di misura, erano somministrati per allenamento. Lo scopo era accertare il loro potere terapeutico, cioè se potessero almeno rallentare il degrado mentale nel tempo. Così sembrava, ma con i metodi matematici usuali non era possibile validare i risultati e quindi proporre la terapia. Lo studio concludeva: non è stato possibile dimostrare la ipotesi nulla con nessuna delle numerose e differenti distribuzioni testate, tutte con parametri coerenti con l’evidenza empirica. Non si esclude che ciò possa accadere per qualche particolare distribuzione, ma si ritiene che ciò sia assai improbabile. Tale distribuzione, ammesso che esista o che si possa definire ad hoc, è probabilmente improponibile od inconciliabile con le evidenze empiriche.
Quelli fuori dal gregge
Si trovano approcci diversi. A volte si considera la differenza delle deviazioni standard a media uguale, fig. 3. Altre volte si considera la differenza delle medie a deviazione standard uguale, fig. 4.
Si potrebbero considerare contemporaneamente differenti aperture (deviazioni standard σ) e posizioni (medie μ) come cause del differente numero di idioti e di geni nei sottoinsiemi A, B. La media μ gioca in modo dispari sugli estremi (aumenta uno, decresce l’altro) mentre la deviazione standard σ gioca in modo pari (aumenta entrambi).
Fig. 3 Differenze di deviazione standard a parità di valore medio. μ = 100; σA = 40; σB = 20
Fig. 4 Differenze di valore medio a parità di deviazione standard. μA = 110; μB = 90; σ = 30
Camminando su ghiaccio sottile.
C’è evidenza empirica di una maggiore dispersione dei maschi rispetto alle femmine.
Questo spiega il maggior numero di cretini, ma anche di geni, tra i maschi.
In QI pare che prevalga l’effetto pari di σ, fig. 3, rispetto all’effetto dispari di μ, fig. 4.
Qui QI è soltanto “ciò che il QI misura”. Non è intelligenza, che nessuno sa cosa sia ma tutti credono di sapere, e che tutti negano che sia quello che un altro afferma, qualunque cosa l’altro affermi.
Misure recenti sono state fatte proprio per evidenziare le differenze M / F.
Le notizie giornalistiche sono spesso gridate, fuorvianti: grancassa su un punto e silenzio su altri.
A dispetto della mia fama voglio difendere i giornalisti: impresa eroica.
La pressione su di loro non è per nulla sulla qualità, e neppure sulla decenza. Non esiste più la revisione del proto. Così ad un laureato in medicina può scappare una balordaggine (1/4 = 40%), vedi Corriere della Sera, dott. Mario Pappagallo, tanto per non fare nomi. Il guaio non è lui, anzi gli invidio la notte brava precedente, che spiega tutto. Il guaio è il fatto che nessuno si accorge della stupidata.
Credete che andremo lontano o che finiremo a Torino, in Cottolengo, zona protetta?
Molto meno divertente, e molto più spocchioso, è il prof. Piergiorgio Odifreddi che, tra le tante, ci mise pure
2 elevato alla intero (che fa intero) diviso 3 elevato alla intero (che fa intero) uguale numero irrazionale.
Mi chiedo quale scuola media abbia lasciato passare lui e tutti quelli che non si accorgono di simili corbellerie.
Uno studio notifica che le femmine sono migliori dei maschi in compiti a tempo, dove paga la velocità di risposta. Si cita questo punto ignorando dove i maschi sono in vantaggio. Disdicevole, qualunque sia il genere beneficato. La captatio benevolentiae, non avrà successo. Consiglio di leggere “La scimmia nuda” Desmond Morris. Almeno per passarla liscia con la polizia stradale (maschile).
Esperienze modeste
In totale mancanza di scienza (mi sono letto solo Pareto) esporrò le modeste esperienze di cui dispongo.
Una esperienza limitata per dimensione può essere significativa come indizio.
Ripetute esperienze nei decenni passati mi hanno persuaso che evidenze semplici, p.e. risposte binarie rilevate su poche decine di soggetti scelti a caso, non sono stravolte estendendo i rilevamenti ad un centinaio di soggetti. Il motivo è abbastanza semplice.
La dispersione della media di N elementi è uguale alla dispersione nella popolazione divisa per √ N .
Passando da 9 a 900 elementi, la deviazione della loro media si riduce di 10 volte: da σ / 3 a σ / 30.
Per avere una riduzione di un ordine di grandezza occorre avere un campione due ordini di grandezza maggiore.
Ho visto che molte ricerche mediche traggono conclusioni da campioni di sconcertante piccolezza.
Oltreoceano usano invece campioni di migliaia di soggetti.
Però noi abbiamo molti specialisti in rielaborazioni di dati sperimentali altrui.
Ricercare indizi è una cosa, spacciare conclusioni poco fondate è altra cosa.
Dopo questa doverosa dichiarazione dei miei limiti, provo a racimolare qualche evidenza.
Matematica alle elementari
Insegnanti con anni di esperienza mi confermano che i maschi capiscono ed apprendo la Matematica decisamente meglio delle femmine. I voti in matematica con a fianco la specificazione M / F potrebbero confermare.
Un tempo sarebbe bastato copiare i voti finali in ogni materia, esposti pubblicamente, con nome e cognome.
Abilità dei quindicenni
Secondo OCSE, le femmine nel problem solving hanno meno incapaci (16% contro 18%) ma hanno anche meno eccellenze (18% contro 19%). Differenze che mi sembrano piccole di fronte al disastro di un incapace su 5 o 6.
Penso che il dato delle elementari sia più significativo di indicazioni in età successiva, viziate da una evidente polarizzazione sociale, più che dovute a capacità innate, eventualmente correlate al sesso.
Esiti universitari
Un operatore qualificato ha sintetizzato così la situazione:
- F) Le femmine tipicamente studiano più per passare l’esame che per gusto e volontà di approfondire.
Determinate, raggiungono meglio la meta (la laurea), in tempi meno lunghi.
- M) I maschi più facilmente delle femmine desiderano approfondire.
Meno determinati però e meno tesi al risultato pratico, spesso si perdono per strada.
Oltre ai più frequenti abbandoni, impiegano mediamente più tempo a laurearsi.
Collaboratori
In una ditta di 5000 persone ho avuto collaboratori sia maschi che femmine. L’ambiente era in grande prevalenza maschile. Salvo poche eccezioni solo le segretarie erano donne. Io ho avuto 1/5 di donne. Talpe nessuna, tutte universitarie ben preparate, più una ragioniera che preparai io, con risultati strabilianti: quando me ne andai, per mesi ha retto l’ufficio insegnando al mio ex capo e ad un consulente universitario quello che si doveva fare. Incipit: “Ma come non si può fare! L’ing. Mojoli mi ha insegnato che si fa così …” E lo faceva. E quelli zitti. Tra i maschi me ne rifilarono uno solo di cranio limitato ed uno decisamente fannullone. Tutti gli altri maschi furono ottimi. E ottime le donne. Se dovessi trarre una conclusione, sarebbe di equivalenza. Salvo un punto: le femmine, sono più pronte a mettere il lavoro in secondo piano rispetto ai sentimenti (il marito, un figlio, …)
Nota di colore
Ci siamo incontrati: tre ex colleghi. Fui il loro primo capo. Fecero tutti ottime carriere. Nulla di sorprendente che avessimo qualche dimestichezza con la Matematica. Confessione delle tre signore: mai amato la Matematica!
Il campione è troppo ristretto, l’ipotesi nulla (M = F) conduce ad attendersi l’evento avvenuto (3 femmine su 3 ostili alla matematica) con probabilità 1/2^3 = 0.125. Questa probabilità è troppo grande per poter affermare che l’ipotesi sia da scartare, ma l’indizio c’è. Non mi sentirei comunque di andare troppo oltre, dato che di maschi matematicamente talpa ne conosco diversi. Un pilota mi confessò: quando vedo una formula salto alla riga sotto… Un magistrato pilota ebbe grande difficoltà a capire e maneggiare questa “difficile” formula: Rs = (V- W) / Ch. Un sottrazione seguita da una divisione!
Nota aeronautica
In 30 anni, ho portato in volo tante persone, metà maschi e metà femmine. Soltanto 8 ebbero bisogno del sacchetto di plastica. Tutti maschi. L’ipotesi nulla sarebbe maschi equivalenti a femmine, probabilità 1/2 che sia maschio chi sta male. La probabilità che, per puro caso, siano stati male tutti e solo maschi è (1/2)^8 = 1/128. Può essere. Ma mi sono convinto che i maschi siano più fragili. Una donna se non se la sente o non è curiosa non non sale a bordo. Il maschio può dire che sta bene con i piedi per terra, ma a volte vuol provare, a volte si vergogna con se stesso di avere paura. E viene in volo. E poi sta male. Un passeggero a bordo può essere un pericolo grave. Il pittore Crippa, istruttore acrobatico, fu ucciso da un suo allievo aggrappato ai comandi. Un mio passeggero dopo una necessaria virata a 60° (e quindi due miseri g) perse la testa e aprì la cintura di sicurezza dicendo “non respiro, non respiro!” Non è intelligenza femminile sapere ciò che si vuole davvero? E poi, che si tratti o no di intelligenza, prendete per certo che è una differenza tra cervelli, non tra stomaci. A riprova: le pillole anti mal di mare e mal d’aria sono sono pillole tranquillanti. Non sono anti emetici!
Nota storica
Ammesso che capire la matematica sia indice di intelligenza, non consiglirei ai maschietti di farsene vanto.
Prima suggerirei loro di studiare la biografia di Emmy Noether e sopratutto i suoi teoremi.
E’ onesto notare con quanta difficoltà una donna può affermarsi in un ambiente a prevalenza maschile.
Nemesi storica: nella scuola la maggioranza è femminile. In magistratura lo sta diventando.
Le donne tra di loro
Sono contrario alle quote rosa. Le donne sono leggermente maggioritarie nella popolazione adulta. Se avessero fiducia nel loro stesso genere, basterebbe che si votassero tra loro per avere la maggioranza. La quota rosa non mi pare un aiuto all’emancipazione. Ci sono volute due guerre mondiali e tanti uomini al fronte per far entrare le donne in vasti ambienti lavorativi. Per conquistare il diritto al voto, che è un ambito più vasto, sono bastate le combattive suffragette. Le donne escano dall’orticello dove nessuno più si sogna di tenerle, se non loro stesse.
Un ricordo patetico
Il prof. De Castro (Università di Bologna) mi consigliò di pubblicare un articolo essenzialmente matematico in una rivista internazionale di telecomunicazioni. Motivazione: Non è bene uscire dal proprio orticello! Forse aveva ragione di suggerirmi un errore. Ma che tristezza! Questa non è l’Italia dei Comuni, è l’Italia degli orticelli.
Una donna bella è un’oca.
Spiegare l’origine di questa idiozia è interessante.
Intanto sgombriamo il campo dalla obiezione “non esiste uno strumento per misurare la bellezza”.
L’idea che una persona si fa della bellezza è un giudizio suo, per suo uso e consumo, come tale è insindacabile.
Chi osserva è lui stesso strumento di misura: ordinerà i soggetti A, B, C… X, Y, Z per bellezza ai suoi occhi e noi non potremo obiettare nulla. La stessa cosa quando il Nostro ordina i soggetti per intelligenza.
Poniamo ora il nostro “strumento” di fronte a N donne prese a caso.
Una volta ordinate per bellezza, mettiamo da parte il diecile (il 10%) delle più belle (secondo lui).
Una volta ordinate per intelligenza, mettiamo da parte il diecile (il 10%) delle più intelligenti (secondo lui).
Per definizione la probabilità di pescare a caso una decisamente bella (secondo lui) è PrB = 1/10.
Per definizione la probabilità di pescare a caso una decisamente intelligente (secondo lui) è PrI = 1/10.
Poniamo ora che per loro natura le due qualità, bellezza ed intelligenza, siano indipendenti, quindi:
PrBI = PrB * PrI = 0.01 = 1%
Matematica eccelsa: 2 * 2 = 4
Le due possibilità (molto bella oppure no) moltiplicate per altre due possibilità (molto intelligente oppure no) fanno quattro combinazioni possibili. La tab. 1 riassume le rispettive probabilità.
Proprio l’indipendenza delle due qualità (bellezza ed intelligenza) fa si che trovarle riunite sia raro già a livello di diecile (il dieci percento delle migliori) che non è gran cosa, credetemi. Se poi ci si riferisse al centile migliore, quello posseduto dall’1% della frazione migliore, allora sembrerebbe quasi che una qualità escluda l’altra, tab. 2:
E’ pura ignoranza, condita da stupidità e maschilismo, sostenere che la rarità delle due caratteristiche, intelligenza e bellezza femminile, significhi correlazione tra bellezza e stupidità, mentre è caratteristica della indipendenza di rendere estremamente improbabile tale fortunato evento.
Decile migliore di caratteristica singola Centile migliore di caratteristica singola
Ovviamente questa non è una prova della indipendenza delle due caratteristiche.
La prova si ottiene solo con la misura contemporanea delle frequenze singole e della frequenza congiunta.
Il confronto decisivo è tra probabilità congiunta PrIB e prodotto delle probabilità singole PrI * PrB.
A costo di diventare comunque antipatico a tutti e tutte (una mia specialità) vorrei aggiungere che, anche ammessa l’indipendenza iniziale di bellezza ed intelligenza, le due qualità possono poi correlarsi col tempo. Ad esempio una donna molto bella potrebbe puntare a preservare e valorizzare tale caratteristica e coltivare meno altri interessi, più adatti allo sviluppo dell’intelligenza. Ho detto potrebbe, non che ciò accada in modo significativo. Potrebbe anche accadere il caso duale, che una donna bruttina valorizzi altre sue qualità gradevoli o sgradevoli, ma adatte a prevalere.
Indipendenza e correlazione
I due concetti sono abbastanza semplici ma occorre un briciolo di umiltà per capirli esattamente.
Chi sa già tutto o non vuole saperne nulla salti il fosso.
Per l’indipendenza l’espressione formale è semplicissima. Due variabili random I, B sono indipendenti se:
PrIB = PrI * PrB
La correlazione k tra due variabili random X, Y, ha una definizione un poco più complicata.
Poniamo che due giocatori gettino la loro moneta convenendo che testa vale +1 e croce vale -1. Se nessuno bara, alla lunga le quattro possibili uscite (TT; TC; CT; CC) capiteranno con uguale frequenza: un quarto dei tiri.
La media k dei prodotti è nulla perché i contributi opposti +1 (TT;CC) e -1 (TC; CT) hanno uguale frequenza 1/2.
Se Y copia sistematicamente X, capitano solo contributi positivi (TT; CC) e la media dei prodotti è k = +1.
Se Y fa il bastian contrario, capitano solo contributi negativi (TC; CT) e la media dei prodotti è k = -1.
Dall’esempio si vede che il valore 0 capita se le variabili non si “influenzano”. Qui sono addirittura indipendenti.
L’esempio deve essere generalizzato perché ha variabili con media nulla μ = 0 e deviazione standard σ = 1.
Se diamo valore +2 a testa e -2 a croce abbiamo k quattro volte maggiore in situazioni identiche. Per questo motivo invece della somma dei prodotti (x y) si considera il prodotto delle variabili normalizzate rispetto alle rispettive deviazioni standard σx, σy.
k = ∑ (x / σx) (y / σy) Pr(x; y)
Poniamo ora che X’ ed Y’ abbiano lo stesso andamento di X, Y, ma siano traslate rispettivamente di μx, μy:
X’ = X + μx; Y’ = Y + μy
Poiché le variabili X, Y erano a valore medio nullo, μx, μy, sono proprio i valori medi di A’, B’.
Il calcolo di k darebbe un risultato diverso mentre la “parentela” tra X’ ed Y’ è la stessa esistente tra X ed Y.
Per evitare l’inconveniente basta riferisrsi agli scostamenti rispetto alle medie μx, μy. In definitiva:
k = ∑ [ (x-μx) / σx] [(y-μy) / σy) ] Pr(x; y)
Se le variabili random X, Y sono continue invece che discrete come negli esempi precedenti avremo:
k = ∫∫ [ (x-μx) / σx] [ (y-μy) / σy) ] p(x; y) dx dy
Nota.
Per chi se lo fosse dimenticato la media μ di N valori x discreti è quella dei voti di Pierino:
μ = ( x1 + x2 + … xN ) / N = ∑ xi Pi dove:
Pi = Occorrenze del voto i / N = frequenza relativa del voto i
La deviazione standard σ è la radice quadrata della varianza σ^2.
La varianza è la media dei quadrati delle deviazioni rispetto alla media:
σ^2 = ∑ (xi – μ)^2 Pi
Nel continuo la storia diventa:
μ = ∫ x p(x) dx
σ^2 = ∫ (x-μ)^2 p(x) dx
Autocorrelazione
L’autocorrelazione R(τ) di un segnale x(t) è l’integrale del prodotto di x(t) moltiplicato per x(t + τ).
La sua trasformata di Fourier è lo spettro di energia o di potenza.
R(τ) = ∫ x(t) x(t + τ) dt se x(t) ha energia finita; integrale esteso da – ∞ a + ∞.
R(τ) = ∫ x(t) x(t + τ) dt / T se x(t) è periodico con potenza finita; integrale esteso da -T/2 a + T/2
Un segnale periodico non può avere energia finita e un segnale con energia finita non può essere periodico.
Aneddoto
Ai miei tempi non è che tutto andasse bene. Il prof. Bottani ci diceva: una laurea è come una sigaretta, non si nega a nessuno. A riprova: l’ho avuta anche io, forse perché non fumavo. Però chi avesse confuso lo spettro di potenza con lo spettro di energia ci rimetteva l’esame (con tanto di riprovato sul libretto). La ragione è molto semplice: quando esiste uno non può esistere l’altro. Passano i decenni e parlo con un professore di Fisica, della facoltà di Fisica. Mi accorgo che confonde senza vergogna i due spettri. Maschio o femmina? Ermafrodita, che diamine!
Un falso viceversa
Due variabili X, Y, indipendenti sono sempre necessariamente scorrelate, ma due variabili scorrelate non sono necessariamente indipendenti, come si vede dall’esempio seguente.
Nella tab. 3 le variabili indipendenti T, C e le loro quattro coppie TT, TC, CT; CC hanno uguale frequenza.
Associando i soliti valori T = +1 e C = -1 il prodotto XY avrà valore +1 sulla diagonale principale da TT a CC e il valore – 1 sulla diagonale opposta da TC a CT. La probabilità è 1/4. La correlazione è quindi k = 0.
Nella tab. 4 le frequenze sulla diagonale da CT a TC sono alterarate simmetricamente, pertanto la correlazione rimane nulla, k = 0, ma le variabili random X, Y non sono più indipendenti.
La scorrelazione è una condizione meno “forte” della indipendenza.
Tab. 3 Esempio di variabili indipendenti e quindi scorrelate
Tab. 3 Esempio di variabili scorrelate ma non indipendenti.
Avvertenza
La correlazione tra due grandezze fa nascere il sospetto che una sia causa dell’altra. Può essere o non essere.
Per prima cosa due variabili, come la corrente I e la tensione V ai capi di una resistenza R, possono essere intese una causa dell’altra o viceversa. La correlazione è k = 1 vale tanto per V = R I quanto per I = G V.
Esistono variabili fortemente correlate che sarebbe demenziale pensare una causa dell’altra. Suggerisco di leggere “Anche tu matematico” dove Roberto Vacca fa l’esempio di una correlazione 0.87 osservata tra la diffusione di AIDS e dei PC nel periodo 1983 e il 1987. Ovviamente non c’era alcuna relazione di causa ed effetto.
Rimane invece provato che alcuni rincretinimenti e parecchie nevrosi derivino dall’uso di PC, tablet, smartphone. Suggerisco di leggere Demenza Digitale, di Manfred Spitzer, medico.
Un buona idea
A volte non è facile capire se un effetto Y dipende da una presunta causa X oppure no. Una buona idea è verificare se Y segue nel tempo X, condizione necessaria, anche se non sufficiente. La correlazione k(τ) tra X(t) e Y(t + τ), calcolata verso τ ci può aiutare. Il massimo di k(τ) deve essere per τ positivo. Difficile sostenere che X sia causa di Y se Y accade prima di X.
Conclusione
Evidenze empiriche mostrano che tanti umani nel cervello hanno soltanto il sesso.
E’ invece dubbio che un genere ragioni meglio o peggio dell’altro.
Qualche evidenza di diversità di genere è innegabile.
Vive la différance. Crepi l’uguaglianza. Crepi la morte termica.
Al diavolo anche il secondo principio della termodinamica.
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76 commenti
L’articolo è un po’ troppo tecnico per me, 🙂 comunque proprio in questi giorni sto leggendo il libro Uguali mai, di Steven Rhoads, che parla appunto delle differenze, un po’ in tutti i campi, tra uomini e donne. Sembra assurdo che al giorno d’oggi si debbano scrivere libri per ribadire l’ovvio, e cioè che uomini e donne sono diversi.
Ogni cosa che accade ha la sua ragione sufficiente perché accada. Quando una cosa sembra assurda, è perché non siamo preparati. Decenni fa, in Abu Dhabi per lavoro, vidi un dirigente fare manfrine tipo femminuccia col suo direttore, come una donna da barzelletta. Rimasi allibito. Anche perché nessuno dei due mi pareva anche solo tendenzialmente omosessuale. Poi osservai attentamente cosa stava accadendo negli anni successivi: i maschi assumevano i vezzi ed i difetti delle femmine, ma non le loro virtù. Dubito assai che i bambini oggi abbiano due figure di riferimento complementari, se va bene hanno due fotocopie. Di un brutto originale. Ho appena visto una giovane coppia con bimbetto. Lui correva avanti e indietro come fanno tutti i cuccioli sani. Il papà lo richiama “Che corri a fare?” due minuti dopo la mamma esorta “Vai piano!”. Sabotaggio del vero lavoro da cucciolo. Lo chiamano amore. Esiste anche l’amore malsano. Signora, mi voglia perdonare il tecnicismo. E’ una stampella a cui sono abituato ad appoggiarmi da troppo tempo. Le parole possono essere stiracchiate, ma con i numeri è più difficile. Se si è onesti si arriva a dire “non lo so” oppure “è così, con questa confidenza”. Mi creda però: sono tecniche elementari, mica come “predicato nominale”, concetto da me mai digerito. Al massimo arrivavo a rispettare la “consecutio temporum”.
Eh lo so, lo so. Ho ben chiare le forze che si stanno muovendo “dietro le quinte” in questo momento e perché certe cose accadono. Ho scritto che mi sembra assurdo perché può sembrare un controsenso che nell’epoca del trionfo della scienza la gente creda a cose totalmente antiscientifiche come la totale uguaglianza (nel senso di “medesimità”) dei due sessi. Mi sa che nel tanto vituperato Medioevo erano più scientifici di noi. E per quello che riguarda l’educazione dei più piccoli… lì siamo proprio alla deriva. Non è un caso che certe patologie come dislessia, discalculia e simili siano in aumento. Facciamoci due domande.
E anche il predicato nominale ha un suo perché 😀
Davvero è ora di chiedersi il perché dell’aumento di dislessia, discalculia ed altro, compresa obesità e ipertensione in giovanissimi. Dobbiamo fare i conti con queste cose, e smetterla di dire “ci sono sempre state, solo che erano nascoste”. Colgo l’occasione per citare due vecchi libri abbastanza colloquiali, ma utilizzabili per far di conto anche da non specialisti:
Statistica – Teoria e Metodi – Marcello Boldrini – Giuffrè
Anne Anastasi – Test psicologici – Franco angeli
Condivido le sue preoccupazioni; l’unica nota è che secondo Giorgio Israel la discalculia spesso è solo una fantasia dei docenti perché non viene sempre attribuita ad una capacità in sé di non saper fare calcoli, ma di non saper incolonnare le cifre, in pratica viene generalizzata un’incapacità troppo specifica.
N.B.: sotto sotto sono sicuro che Mojoli e Israel dicono la stessa cosa: “medicalizzare” tutto è causa e conseguenza di un crollo del sistema educativo, della serie “povero bimbo, non è che non s’impegna, è malato”.
Buongiorno.
Ringrazio molto l’ing. Mojoli per questo pregevole articolo, che ho reputato piuttosto ispirato per l’equilibrio tra trattazione matematica e profondità di sintesi concettuale; si tratta, nel vero, di una questione, quella delle “intelligenze” maschile e femminile, che reputo di particolare interesse.
Sono poco o per nulla perito di probabilità e statistica, tuttavia cercherò di esprimermi su pochi punti che nella mia ignoranza ho ritenuto d’uopo da commentarsi.
Ho apprezzato anzitutto la puntualizzazione metodologica sopra l’impiego “convenzionalistico” (o meglio “ludico”, con Wittgenstein), e non assoluto, del lemma “intelligenza”; una determinazione da ritenersi certamente fondamentale, ma che viene sovente taciuta da parte di molta divulgazione scientifica, come anche suggerito nell’articolo.
È di grande interesse il tema (che ritorna sempre negli articoli dell’ing. Mojoli e.g. con la legge ohmiana) sopra le relazioni intercorrenti fra i concetti di correlazione, indipendenza e causalità fra eventi oggetto di studio.
Apprezzo molto, fra i tanti esempi offerti, quello sui fattori “bellezza” e “intelligenza” nel gentil sesso: è cosa vera che due eventi a priori considerabili indipendenti (ma che possono, tramite varj meccanismi di natura psicologica, correlarsi col tempo) sembrino generare all’intuito una forte correlazione negativa, trattandosi invece di una grande improbabilità di riscontrare al contempo ambedue le caratteristiche. Concordo nel ritenere il ragionamento suddetto sciocco e maschilista; spezzo tuttavia una lancia in favore della mente umana asserendo come tali ragionamenti siano comuni e giustificabili errori dell’intuizione naturale di cui è dotato ogni essere umano (e che si può correggere tramite lo studio della teoria della probabilità e della statistica). Nel vero, l’intuizione, quale facoltà sintetica e non-computabile dell’intelletto umano, è qualità unica ed essenziale del processo di acquisizione e costruzione conoscitiva attorno ai fatti del mondo. Tuttavia, essa può limitarsi (e dunque elevarsi) grazie agli esempi contro-intuitivi della scienza probabilistica, capace di illuminare, grazie alla propria virtù analitico-matematica, le catene di relazioni instaurantisi fra i fatti.
Ho inoltre rammentato, leggendo l’articolo, un famoso esempio, pur provocatorio, che giuoca ironicamente sulla confusione di causalità e correlazione: nell’umoristica pseudoreligione pastafariana, si afferma dommaticamente come la decadenza dell’attività piratesca sia cagione del fenomeno del cosiddetto buco nell’ozono, uh…
Vi sarebbe molto altro da dire, ma lascio agli altri commentatori la virtù di arricchire ed eventualmente correggere le mie considerazioni.
Concludo dichiarando anch’io: “viva la differenza”: la profonda e preziosissima differenza fra uomo e donna è ragione dell’innegabile complementarità corporale e spirituale che li accomuna. La differenza muove la Vita e lo Spirito umano, contro la Morte dell’equiparamento e dello zero “termodinamico”. Ricordo un aforisma di Pasteur, secondo cui la vita muove anzitutto da una qualche sorta di asimmetria (intrinseca od esterna?) del Mondo, capace perciò di muoverlo ed elevarlo continuamente nelle sue manifestazioni.
Ringrazio di cuore per la considerazione e l’apprezzamento. Mi pare molto importante la sua osservazione sulla dicotomia tra il pensiero analitico_quantitativo ed il pensiero intuitivo che forse potrei definire sintetico_qualitativo. Un pilota conosce l’importanza delle decisioni immediate in emergenza, ma sa anche che esse devono avere una base solidissima di esperienza altrui e di scienza altrui. L’addestramento serve a questo, a fare immediatamente ciò che da un secolo si sa di dover fare. A questo servono le reazioni istintive: a non morire pensando a come salvarsi. A questo servono gli studi, le procedure, l’addestramento: a far vedere e toccare con mano (in sicurezza!) che certe idee normali, comuni, sono errate. Se stai andando giù e tiri la barra per salire vai giù del tutto, stalli, facilmente vai in vite. Nulla di male se hai spazio sotto e lo hai fatto apposta (divertentissimo). Ma se lo hai fatto per paura sei morto. L’istinto salvifico funziona solo su coloro che sono sopravvissuti alla decimazione.
I controesempi in fisica ed in matematica sono la parte più preziosa e meno considerata.
Considerazioni perfette, ing. Mojoli: la virtù analitico-quantitativa e quella sintetico-qualitativa come reciprocamente arricchentisi ed integrantisi; nei casi ora esaminati, come la virtù analitica sappia, con controesempj, procedure e addestramenti “correggere” ed “elevare” quella sintetica. Sarebbe altrettanto d’interesse esaminare anche il contrario, ossia i casi in cui la ragione sintetica sappia “correggere” quella analitica laddove questa appaia insufficiente (mi vien da pensare e.g. all’opposizione riduzionismo-olismo).
Sul riduzionismo-olismo non oso pronunciarmi. Posso solo rimpiangere il medico di famiglia che ricordo da bambino e a cui presentai la mia futura moglie. Quello mi vedeva intero. Quanto a “correggere” con l’intuito una derivazione analitica… penso che la matematica abbia intrinseci mezzi per rifiutare eventuali errori nel suo ambito. L’intuito però può indurre a cercare errori subdoli rimasti nascosti. Il fatto è che un solo contro esempio inficia un teorema. Vero invece (o almeno io credo fermamente) che nessun teorema nasce dalla dimostrazione, ma da una intuizione, da un sogno. E’ la parte bella e poetica che la maggioranza non vuole capire, o non può capire.
“E’ la parte bella e poetica che la maggioranza non vuole capire, o non può capire”.
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Esattamente. Mi chiedo perché la matematica sia così poco compresa e apprezzata, a prescindere dalla sua naturale complessità (ma vi si potrà poi veramente prescindere?).
Io, che mi ritengo tutt’altro che eccellente in matematica (almeno come facoltà innata), mi son sempre sforzato di penetrare il più profondamente possibile nella suddetta disciplina, per cui ho una considerazione che definirei platonica in vero…
Pezzo, che con il solito piglio anche ironico, tocca temi molto interessanti e molto attuali. Diversità tra i sessi, definizione del concetto di intelligenza, quoziente intellettivo. Personalmente concordo con la prospettiva del dott.Mojoli e il commento di Emanuela. Le differenze anche di tipo cognitivo, caratteriale, nonchè emozionale, tra uomo e donna esistono, così come sono diversi e caratteri morfologici e il genoma, l’intelligenza è un concetto talmente vasto e parzialmente soggettivo che rimane formalmente indefinibile e riguardo il quoziente intellettivo la risposta diventa automatica secondo il sillogismo “se l’intelligenza non sappiamo che cosa sia e il quoziente intellettivo dovrebbe essere uno strumento per misurarla, allora di conseguenza lo strumento di misura fallisce automaticamente”. Il problema secondo me è che oggigiorno, per tutta una serie di motivi anche ecumenici, storici e sociologici, è etico parlare di uguaglianza mentre è sempre tabù parlare di diversità. La società ha paura della diversità, che poi in fondo è il concetto biologico più semplice che esista, anche perché questo significa aprire temi scomodi che possono riguardare le differenze razziali, il gusto sessuale, la psicologia ecc. D’altra parte le esperienze riportate dal dott.Mojoli sono chiare e personalmente potrei riportarne di analoghe e credo che se si potesse parlare e studiare a fondo questi temi con spirito costruttivo senza rischiare di essere tacciati di razzismo, sessismo, omofobia ecc. uscirebbero senz’altro degli aspetti molto interessanti.
Primo, ringrazio per l’apprezzamento. Secondo, condivido le sue affermazioni, meno una: “se l’intelligenza non sappiamo che cosa sia e il quoziente intellettivo dovrebbe essere uno strumento per misurarla, allora di conseguenza lo strumento di misura fallisce automaticamente” . Con totale assenza polemica: Uno strumento fa quello che può. Un barometro ed un altimetro devono misurare solo la pressione atmosferica. Dedurne il tempo che farà o l’altezza a cui si vola spetta a noi e coinvolge altre cose. E altre alee. Da tempo, quando manca uno strumento tipo cronometro, metro, termometro, voltmetro, amperometro ecc. e non c’è speranza di avere lo Xmetro che misuri la qualità X si ricorre allo ordinamento, anche eseguito da gruppi di persone, anche selezionate come buoni metri con una stabilità accettabile. Molto meglio delle giurie di pattinaggio artistico. Senza contare che il punteggio complessivo è molto più stabile dei singoli voti. Anche il vituperato QI può servire, ma non gli si deve chiedere ciò che non può dare. Se lo si chiede, allora fallisce. Ma è lui a fallire o l’operatore illuso e maldestro? Un buon voltmetro non è perfetto ma funziona bene, basta non inserirlo in serie alterando (quasi azzerando) la corrente. Un buon amperometro inserito in parallelo è un magnifico corto circuito; o brucia lui o brucia il resto del circuito. Il cuore dei due strumenti è identico: è un galvanometro il più sensibile possibile a cui si aggiunge una resistenza elevata in serie (V) o una resistenza il più bassa possibile in parallelo (A). La vera differenza concettuale è nel nostro cervello, nell’aver concepito tensione e corrente, due cose che moltiplicate danno la potenza, come velocità e forza. L’idea la ebbe Volta, che non usò matematica, e proprio per quello fu ed è molto difficile da capire. Come Faraday, del resto.
Grazie ing. Mojoli per questo pezzo, condivido quanto detto da Vomiero.
Una domanda sul tema delle differenze di genere: cosa ne pensa dei seguenti termini
“Femminicidio”, “Sindaca”,”Ministra”? (È palese che c’è un elemento comune).
Domanda un po’ fuori tema: conosce quella linea di difesa delle famiglie arcobaleno secondo la quale il vero motivo di contrasto ai matrimoni gay sarebbe che essi porrebbero definitivamente fine alla famiglia patriarcale (intesa come causa di tutti i mali della donna)?
Rimpiango il latino col suo neutro.
Non riesco a sentirmi mostro maschilista se dico il Sindaco signora XYZ.
Al peggio non c’è limite, vedremo come femminilizzare “onerevole”.
La famiglia patriarcale è già morta, non so di che parlano.
Ha ragione! Prepariamoci a sopportare in futuro qualche “onorevola” XD
Anche l’ultimo punto è vero, la famiglia patriarcale più che un uomo di paglia è uno zombie.
Ma sopratutto si potrà ancora dire: “Viva la f**a !” ?
🙂 🙂
I tempi cambiano, Aléudin, adesso la f**a è divisiva (crea discriminazioni), mentre il culo è unitivo.
Alt, dimenticavo le lesbiche: anche il culo può essere divisivo.
“Viva le dita!”
Mi hai fatto sbregare dal ridere.
Anche se sarebbe da piangere.
La mia opinione è che i suddetti termini femminicidio, ministra, sindaca e simili sono non solo un affronto alla lingua italiana ma anche un classico esempio di quella “neolingua” orwelliana che si vuole diffondere.
Per quello che riguarda la seconda questione, a parte che sarebbe interessante capire se anche il concetto di “famiglia patriarcale” sia un’altra invenzione della neolingua, ma poi non penso che la famiglia patriarcale la si possa contrastare annullando del tutto il concetto di famiglia.
Grazie, Emanuela, anche io ho pensato a ciò che ha scritto e le do ragione. Si chiama “linguaggio performativo”, se non ricordo male, quello che non indica un oggetto del reale ma lo crea.
Beh in teoria da un punto di vista “spirituale” il linguaggio ha davvero una funzione creativa. Io non sono un’esegeta biblica ma è noto che il Vangelo di Giovanni inizi con “In principio era il Verbo” (o “la Parola” a seconda delle traduzioni). Poi si potrebbero fare anche altri esempi, ma forse sarebbero un po’ controversi. In ogni caso mi sembra che oggi questa funzione creatrice della lingua abbia preso una cattiva strada.
Stando alle ricerche più recenti si potrebbe dire che le immagini messe ad inizio post sono l’analogo della progressione “scimmia…uomo” quando si parla di evoluzione.
Quindi non aree del tutto diverse, peculiari ma un intreccio, un mix, un insieme di caratteristiche maschili e femminile che oltretutto variano in risposta alle condizioni interne ed esterne.
La società che crea, per maschi e femmine, ruoli diversi da anche ai loro cervelli ruoli diversi e il cervello è un organismo talmente “elastico” che facilmente acquisisce o perde abilità con l’uso e il disuso.
Una donna di casa che si barcamena tra tante attività da fare più o meno insieme è abituata a farlo, mentre, un uomo che lavora in ufficio a pochi compiti tranquilli no.
Ecco che la leggenda metropolitana affibbia alle donne il dono del multitasking che l’uomo non avrebbe laddove è solo questione di esercizio.
Il cervello umano inoltre non contempla alcun multitasking ma solo una passaggio, più o meno veloce, da una attività all’altra. Ecco perchè alla guida l’uso del telefonino è pericolosissimo.
Possiamo allora dire che un uomo può benissimo fare le cose che fa una donna di casa purchè le faccia.
Parlando di ricerche recenti il cervello umano pare non affatto classificabile in MASCHIO e FEMMINA piuttosto come un mix di caratteristiche, associate ai generi ma non in modo immutabile. In alcune condizioni (stress ad esempio) alcune caratteristiche “mutano” di genere. Quindi quanto maschile sia il femminile e viceversa non possiamo dirlo.
Le sue mi sembrano osservazioni giuste.
Per la verità suonano piuttosto una tiratina di orecchie.
Ho giocato col titolo “il sesso del cervello” e le figure messe da E.P. han dato corda.
Il sottotitolo “Caratteristiche intellettuali correlate al sesso” mi pare serio e corretto.
Con tanto di avviso: lo zero è un numero come gli altri, k = 0 è una possibile conclusione.
Sulla plasticità del cervello non ci sono dubbi ed è per questo che eventuali differenze originali sono poi più difficili da accertare dopo l’addestramento che la vita impone. Vi ho accennato con “anche ammessa l’indipendenza iniziale di bellezza ed intelligenza, le due qualità possono poi correlarsi col tempo.” L’argomento correlazione è matematicamente semplice ma imparentato col concetto di causa ed effetto che non è per niente semplice.
“La società che crea, per maschi e femmine, ruoli diversi da anche ai loro cervelli ruoli diversi e il cervello è un organismo talmente “elastico” che facilmente acquisisce o perde abilità con l’uso e il disuso.”
Premesso che è vero che il cervello è un organo molto elastico, incolpare la società delle differenze uomo/donna è un vecchio adagio che non corrisponde alla realtà. Veda in proposito
http://www.google.it/url?sa=t&source=web&cd=1&ved=0ahUKEwip7dOGr_LNAhUHXBQKHXYJCIsQtwIIGzAA&url=http%3A%2F%2Fm.youtube.com%2Fwatch%3Fv%3D2qx6geFpCmA&usg=AFQjCNHvjogVezKTqR11RUL43dmqEWHDFQ
È il cosiddetto paradosso norvegese, per cui nel paese più paritario che c’èle differenze di genere si manifestano di più, non di meno e glu scienziati le riscontrano dalla più tenera età.
Già visto. Ho dato l’idea di essere all’oscuro? Mi dilungo di più sui calcoli che a molti, troppi, sembrano sempre troppo difficili. Con le parole in cui tutti sono più abili di me, anche a far apparire nero il bianco o almeno a stiracchiare il grigio a piacere, mi sono limitato a scrivere: A costo di diventare comunque antipatico a tutti e tutte (una mia specialità) vorrei aggiungere che, anche ammessa l’indipendenza iniziale di bellezza ed intelligenza, le due qualità possono poi correlarsi col tempo. Ad esempio una donna molto bella potrebbe puntare a preservare e valorizzare tale caratteristica e coltivare meno altri interessi, più adatti allo sviluppo dell’intelligenza. Ho detto potrebbe, non che ciò accada in modo significativo. Potrebbe anche accadere il caso duale, che una donna bruttina valorizzi altre sue qualità gradevoli o sgradevoli, ma adatte a prevalere.
NOTA
Il ferocissimo gatto Ozne del prof. Pennetta si è mangiato le tabelle 1-2-3-4.
Se fosse possibile mettere almeno una foto ricordo delle sventurate …
Colpa mia che non ho specificato che volevo rispondere a Roberto.
Lei invece, Mojoli, è stato equilibrato sin dall’articolo.
Il paradosso Norvegese parla di “interessi” non parla di abilità.
Certo che uomini e donne sono diversi ma non è mai stato detto che sono uguali identici, piuttosto è stato dimostrato da studi che indagano il cervello in modo approfondito (non si basano solo su differenze morfologiche) che MASCHI e FEMMINE condividono moltissimi aspetti a livello cerebrale e, a tal punto, che non ha senso parlare di cervello solo MASCHILE e solo FEMMINILE.
Questo non è opinabile, ci sono studi fatti su moltissimi soggetti che lo evidenziano in modo certo. La realtà dei fatti è che maschi e femmine sono molto più simili, nel cervello, di quanto comunemente di pensa.
Ovvio che non sono identici, ma gli stessi studi parlando di MIX di funzioni a livello cerebrale lo dicono. Un MIX non è una costante.
La società è fuori dubbio che plasmi i cervelli, basti pensare a quanto tarpa le ali dei bambini con percorsi scolastici rigidi per cui tutte le loro abilità straordinarie si riducono, imprigionano, si conformano…. ai ruoli che la società impone.
Il paradosso Norvegese si scontra anche con il fatto che le donne laddove lasciate libere tendono a voler uscire dagli stereotipi imposti. Un tempo le donne erano costrette a fare SOLO le donne di casa oggi no, e infatti non lo fanno più. Quel ruolo era imposto dalla società come lo era certi percorsi formativi che facevano: buone maniere, ricamo, cucina….
Questo dava l’impressione che le donne sapessero fare solo quello e magari volessero anche fare solo quello. Così non è… lo vediamo oggi.
Nessuno vuole dire che maschi e femmine sono identici ma che non sono così diversi come si pensa, sopratutto a livello cerebrale.
Spero di non aver dato l’impressione di credere che esista un cervello XY ed un cervello XX. Il titolo era scherzoso il sottotitolo no. Cercherò di stare più attento, nel difficile equilibrio tra identità (con cui non saremmo qui a raccontarcela) e razze diverse (con cui al massimo saremmo più bastardi dei muli). Mah, visti i caratteri, a cominciare dal mio, direi la seconda… Le osservazioni, sue e di altri, essendo in tema, mi aiutano a riflettere. E di questo ringrazio. Spero che anche qualche cosa di mio aiuti a riflettere. Almeno per non rimanere sempre troppo debitore.
In buona parte sono d’accordo con lei, Roberto, ma un dubbio sorge inevitabile: in una società patitaria, da dove sorgerebbero gli interessi diversi? Se non provengono dal cervello, in assenza di stereotipi, quale sarebbe la loro origine?
quello che si vuole confutare http://www.pnas.org/content/112/50/15468.abstract
è l’esistenza di un cervello maschile e di uno femminile quindi non esiste una mente tutta maschile ne una tutta femminile ma ci sono molti aspetti che si mescolano, cambiano.
Ci sono sicuramente aspetti femminili e aspetti maschili innati
ma sicuramente ci sono aspetti di quel mix maschile-femminile che è in ogni cervello che sono pilotati dall’ambiente in cui si vive.
Le femmine in media vanno meglio a scuola dei maschi….
è perchè sono più intelligenti ?
Pare che la spiegazione stia invece nei comportamenti per cui le femmine in media sono molto più disciplinate dei maschi. La società in questo ha un ruolo. Se un ragazzo è disordinato beh “i maschi sono così”
ma se una femmina è disordinata allora è un guaio, questo perlomeno fino a pochi anni fa in cui la società voleva le donne in riga a “gambe strette” e i maschi senza tanti freni e a “gambe larghe”. La stessa postura che si impone alle donne sicuramente ha un effetto sulla mente.
Il maschio non ha posture sconsigliate mentre la femmina ne ha.
Ci sono tutta una gamma di comportamenti per cui la società elogia il maschio ma colpevolizza la femmina. Oggi senza dubbio meno anche se basta spostarsi geograficamente, anche di poco, e i vecchi “gusti” sono tutti al loro posto.
Sarebbe interessante un esperimento in cui si tirano su bambini e bambine con canoni identici. Ritengo la cosa al limite dell’impossibile, perlomeno oggi perchè dovremmo avere famgilie imparziali, società imparziale, i libri, i fumetti, la tv…. l’arte…
Impossibile, ci portiamo dietro un retaggio culturale in cui il maschile è nettamente diviso dal femminile.
Che si siano differenze è ovviamente un bene e, io credo, sempre ce ne saranno.
Il male è pensare a comportimenti stagni:
maschi qui e femmine le.
Il cervello umano non è a compartimenti stagni, e questo è il bello.
Ora che capisco meglio la sua posizione, Roberto, la trovo più interessante e vorrei porle una domanda:
Ci sono caratteristiche innate in uomini e donne ma soprattutto un mix delle due nei singoli, d’accordo; la società non deve imporre stereotipi maschili e femminili, ok.
La mia domanda è: la società ha almeno il diritto di riferirsi a un uomo come uomo e ad una donna come donna oppure per esempio un uomo che si sente donna deve essere assecondato?
(Lo scopo della domanda è capire dove termina l’innato e il naturale e dove inizia lo stereotipo e la sovrastruttura).
Articolo che coglie in pieno il punto della situazione 😀 http://www.linkiesta.it/it/article/2016/05/21/caro-maschio-contemporaneo-riprenditi-la-sacra-fregna/30448/
Ho già letto questo articolo, giuro che tranne per la volgarità (non cattiva) il contenuto è lo stesso dei libri di Costanza Miriano (a proposito del particolare tema che potremmo chiamare “crisi della virilità”).
Parlando di virilità a nessuno viene in mente il misurabile numero di spermatozoi per millimetro cubo? Mi pare di ricordare che da pochi decenni sia diminuito, per cause non note, e che il limite di normalità, ora posto a 20000, fosse più alto.
Se è vera è una brutta notizia, ma senza conoscerne non saprei come commentare e cosa proporre. Cattiva alimentazione? Inquinamento? Sedentarietà? Servirebbe un punto di partenza.
Tra le altre misure caratteristiche mi viene in mente il famoso rapporto vitruviano tra altezza ed apertura delle braccia, che nel maschio della specie umana dovrebbe essere esattamente 1 (per ranggiungere la perfezione leonardesca e della cifra tonda).
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E purtroppo i giovani uomini italiani risultano femminilizzati anche in tal senso, con torso piu` corto e arti piu lunghi; cito uno studio dell`Universita` di Padova:
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RESULTS:
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Thirty-six percent of the subjects had a pathological arm span-height difference (>3 cm) and 44.7% had a pathological pubis-to-floor/ crown-to-pubis ratio (≤ 0.92). The mean penis length was 8.9 ± 1.4 cm and the penis circumference was 9.5 ± 1.0 cm. BMI was positively associated with arm span-height difference and negatively with penis length; 23.2% of the subjects had low mean testicular volume (<12 ml).
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CONCLUSIONS:
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The findings highlight a strong influence of BMI on skeletal proportions and penis length, identify a large proportion of subjects with testicular hypotrophy at risk for future fertility, and suggest to consider worldwide studies to redefine normal values for arm span-height difference and upper/ lower body segment ratio.
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http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22776895
Lo stile aggressivo e la violenza verbale -seppur ironica- tipicamente o stereotipicamente virile dell`articolo mi sembrano in contrasto con il contenuto dello stesso.
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Mi piace, invece, citare Pasolini:
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La società preconsumistica aveva bisogno di uomini forti, e dunque casti. La società consumistica ha invece bisogno di uomini deboli, e perciò lussuriosi. Al mito della donna chiusa e separata (il cui obbligo alla castità implicava la castità dell’uomo) si è sostituito il mito della donna aperta e vicina, sempre a disposizione. Al trionfo dell’amicizia tra maschi e dell’erezione, si è sostituito il trionfo della coppia e dell’impotenza. I maschi giovani sono traumatizzati dall’obbligo che impone loro la permissività: cioè l’obbligo di far sempre e liberamente l’amore.
Grazie Lovinsky, sono sempre più convinto che Pasolini sia stato una delle figure più lucide e lungimiranti del secolo scorso.
Insomma, concetti volgari (ma non cattivi) in linea col magistero e con la teologia morale. Della serie buttiamola in vacca e andiamo tutti in mona con la benedizione, con che pro stento davvero a capirlo.
Un momento, Giuseppe, credo che ci sia stato un malinteso: sia l’articolo de linkiesta sia la Miriano indicano che la virilità come valore sta scomparendo e che la causa sia anche quel progressismo che tra i vari scopi aveva quello di rendere la donna più libera.
Non è solo un fatto di sesso, anche limitandosi all’articolo con la fregna nel titolo.
Veramente oggi un po’ tutti parlano di “crisi della virilità”. E’ una cosa talmente evidente. Io più che la Miriano (che non seguo), ci ho rivisto i concetti e lo stile di Eric Zemmour.
E oltre alla scomparsa dei maschi c’è anche la scomparsa dei padri, che è anche peggio http://www.telegraph.co.uk/men/thinking-man/how-dad-deprivation-could-be-eroding-modern-society/
C’è chi è fissato col sesso e chi col Magistero e la teologia morale, e questi ultimi in genere sono atei.
Trovo l’articolo assolutamente condivisibile, un piccolo trattato di buon senso in un’epoca di confusione che non fa bene a nessuno.
Ho messo solo dei puntini sulle i… Altro che fissato!
Questo tuo, Enzo, è un attacco ad personam di quelli che ti rompono quando li reputi a te rivolti. Amen
Per poter dire se stavolta hai ragione tu, Giuseppe, sarebbe meglio che provassi a spiegare in che consistono i puntini sulle i, spiegandolo senza modi di dire e senza conclusioni affrettate.
Cosa c’entra il magistero?
Santa polenta, la mia era ironia… In linea col magistero, intendevo, in senso ironico. Visto che qui spesso si invoca il magistero.
In quell’articolo si svilisce la mona e quel che rappresenta in termini di sani rapporti tra sessi, così come li auspica santa madre chiesa.
Tra l’altro Enzo trova l’articolo condivisibile… A sto punto mettiamoci tutti a cantare i canti delle osterie. Osteria numero zero… e banda cantanti.
Non mi pare che l’articolo linkato sopra sia in linea col Magistero, parla solo di rapporti al di fuori del matrimonio…
A me l’hanno detto chiaramente, posso piacere, ma sono troppo buono, il maschio deve essere cattivello, mascalzone, per piacere a livello sessuale. A me non piace essere così (lo sono stato da giovine) per cui resto in linea col Magistero 🙂
Chi nell’articolo ci vede solo qualcosa di triviale si dimostra bacchettone e non coglie quello che vuol dire.
Eppure l’autrice ci aveva messo tutta la buona volontà a dirlo subito chiaramente:
“In primis vorrei tranquillizzarti e spiegarti che no, non è solo la tua virilità a essere in crisi in questa epoca segnata
dall’iperconnessione, dall’inesauribile pluralità d’offerta, dalla disponibilità e gratuità del porno e dalla totale confusione tra i generi sessuali.
Siamo tutti un po’ in crisi: lo sono le relazioni, le sono le generazioni, lo sono i nostri genitori che ci mandano emoticon su Facebook; lo sono i giovani che fanno più sexting che sesso; lo siamo noi donne single perennemente in conflitto tra la nostra indipendenza e la nostra solitudine; lo sono le donne sposate, che devono lavorare, ramazzare casa, adempiere ai doveri coniugali e a un certo punto anche sfornare prole. E sì, evidentemente, lo sei anche tu, caro Maschio Contemporaneo. Mi sei in crisi. Mi sei in crisi se devi crescere. Mi sei in crisi se devi assumerti delle responsabilità. Mi sei in crisi di fronte alla famiglia, di fronte ai figli, di fronte al sesso, di fronte a un motore a scoppio o a un cavo elettrico (in compenso cucini meglio di me, non che ci voglia molto). E mi sei in crisi di fronte alle donne.”
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E questo messaggio lo trovo condivisibile, Giuseppe, i puntini sulle i che dici di aver messo li sto ancora cercando e no, non era un attacco ad personam ma solo una constatazione verificabile: sei tu ad aver tirato in ballo la religione.
Condividi l’articolo, Enzo? Attento, allora, che se non sei all’altezza di signora Vagina l’articolista rischi di essere sostituito da un bel vibratore azzurro… Contento tu!?
@Cipriani
Con questo tuo ultimo commento dimostri di non aver capito l’articolo, che io trovo decisamente cattolico.
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In un periodo come questo è scandalosamente cattolico dire di recuperare la corporeità, parlare di maschio e di femmina, parlare di un uomo che ama la fregna.
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Lo so, sono le basi ma ormai non ci sono più nemmeno quelle.
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In che senso l’articolo è cattolico? Non certo perchè aderisce al magistero ma perchè indica la realtà, dei sessi, del corpo, della carne, del limite, della relazione uomo-donna che è irreplicabile e insostituibile.
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Insomma seppur da lontano è nella direzione giusta.
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E smettiamola per favore di ridurre la fede e il cattolicesimo a delle regolette da seguire, non guardiamo il dito, andiamo oltre.
Non posso che confermare e sottoscrivere tutto quello che ha scritto Aleudin.
Mi sembra che siamo di fronte al classico caso in cui uno indica la luna e l’altro guarda il dito.
Evidenze empiriche mostrano che tanti umani nel cervello hanno il sesso. Ho tolto l’aggettivo “soltanto” perché non mi sembra giusto infierire. Ma chi è senza peccato OT scagli la prima pietra.
Io non posso.
Articolo divertente quanto ottuso, la virilità è una sciocchezza e infatti come tale, quando i ruoli non sono imposti, tende a diluirsi.
Sarebbe divertente elencare le caratteristiche dell’uomo virile
spero che tra queste non si annoveri che “l’omo vero ha da puzzà” e che deve essere quello che fa la prima mossa, che ci deve sempre provare, uno sciupafemmine, un bel tipo se ha 100 donne magari un pò rude e che non deve chiedere mai.
Questo è l’uomo virile che ci stiamo perdendo ?
oppure cosa è la virilità ?
oppure che quella vera di virilità comprende:
responsabilità, coraggio, speranza, amore, saggezza, determinazione, intelligenza…..
qualità tutte maschili ?
“responsabilità, coraggio, speranza, amore, saggezza, determinazione, intelligenza…”
Mah, tanto diffuse tra i maschietti non mi sembrano. In ogni caso se non si associa a qualità la sua intensità e diffusione si può dire quel che si vuole. Io ho toccato un punto solo, diverso, forse più controverso ancora. L’intelligenza. Mi sarebbe piaciuto avere il cervello della Noether, a patto di saperlo usare come lei. Il mio, poverino, è quello che è, inoltre molti neuroni sono schiattati, e gli altri fanno sciopero bianco. A riprova: hanno meno bisogno di ossigeno.
@ Roberto:
Se non vogliamo chiamarla virilità, trovi un’altra parola per indicare quel complesso di qualità che a detta dell’autrice si sta perdendo nell’uomo contemporaneo (intraprendenza, spirito di conquista, resistenza alle fatiche, responsabilità). Non sono cose esclusivamente maschili, ma il riconoscere e apprezzare la propria natura maschile e le differenze con quella femminile invece sono per forza solo maschili.
Cedere alla lussuria o temere il rapporto con la donna di sicuro non è virilità (mentre l’opposto sì).
Sarebbe utile però il parere di una donna per capire meglio cosa sia la virilità (Emanuela? Anna? Rò? Una volontaria?)
Beh diciamo che l’uomo è attivo esteriormente e passivo interiormente, mentre la donna è passiva esteriormente e attiva interiormente.
L’uomo (lo si vede anche nel suo fisico) trova la sua realizzazione nel mondo esterno, ad esempio nel lavoro o nel proveddere materialmente alla sua famiglia. E’ per questo che l’uomo è molto competitivo e molto coraggioso, fino a sfiorare l’avventatezza (gli uomini muoiono più delle donne in incidenti o in modo accidentale). L’uomo vive più nel fisico, ama i programmi o gli sport violenti e tende a risolvere i problemi con la forza. Ha effettivamente anche un certo appetito sessuale, ma questa è una caratteristica che deve superare.
La donna trova invece la sua realizzazione nel mondo interiore. Ad esempio è per questo che, soprattutto nel passato, gli artisti erano quasi tutti maschi: perché la donna non sentiva la necessità di tirare fuori all’esterno ciò che creava interiormente. La donna è più abile nel riconoscere le emozioni e i sentimenti (riconosce persino il pianto del proprio figlio a poche ore dalla nascita) e nel prendersi cura degli altri, proprio perché ne riconosce le necessità. Quindi il suo mondo interiore è più vivo, mentre esteriormente può dare l’idea di essere più “passiva”.
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Cmq consiglio quel libro che ho citato sopra, Uguali mai, di Steven Rhoads.
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E per quello che riguarda la scomparsa degli spermatozoi, è logico che stiano diminuendo. Con donne sempre più mascolinizzate e uomini sempre più castrati, mi sorprendo che ci sia ancora qualche spermatozoo in grado di svolgere il suo mestiere. 🙂
Beh, mi stai simpatica ma di stereotipi ne hai tirati fuori parecchi in poche righe…
Diciamo che allora sono un po’ donna anch’io, mi riconosco in molto di quello che hai detto dell’universo femminile e meno in quello maschile…
Riguardo agli spermatozoi in vacanza non farci troppo conto, è un’altra a mio avviso delle bufalette di stagione che ogni tanto vogliono far notizia.
Per quale motivo gli sterotipi dovrebbero essere falsi? Se dico che gli italiani sono amichevoli e caciaroni e i tedeschi più precisi e chiusi sto dicendo cose false? Adesso tutte le persone “moderne” devono far vedere di combattere gli stereotipi: non sia mai gli amici mi scambino per un troglodita…
OT per Beppino… visto che non ne esce da solo.
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Vedi qui:
http://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=2031
@Roberto: eccolo qui l’esempio che cercavi, di bambini tirati su in modo identico https://www.youtube.com/watch?v=B7zd1XSQ6LE
In Svezia esistono asili per “bambini neutri”, in cui i bambini vengono educati senza alcuna connotazione sessuale, in modo neutro. Persino i pronomi lui e lei sono stati aboliti, sostituiti da un pronome neutro (peraltro assente nella lingua svedese). Nei paesi nordici esiste persino il gender neutral parenting, cioè genitori che allevano i figli in modo neutro, senza “rivelargli” il loro sesso biologico, in modo che poi possano essere loro a sceglierlo tra le decine e decine esistenti (magari anche attraverso una bella operazione fatta ancora da minorenni).
In pratica si sta dicendo a questi bambini che loro sono una tabula rasa, un nulla, e che devono essere loro a “scegliere” chi vogliono essere. Questa secondo me è la cosa più abominevole che si possa fare a un essere umano: strappargli via la sua umanità. Spero che questi bambini, da grandi, denuncino tutti i loro insegnanti, i genitori e il Ministero dell’istruzione svedese.
E’ ovvio che il cervello non è a compartimenti stagni (e non mi pare che l’articolo volesse dire questo), ma è anche ovvio che certe caratteristiche sono innate, e qui invece si sta dicendo che noi di innato non abbiamo un bel niente. In pratica non siamo nemmeno animali: siamo macchine.
ognuno di noi è una tabula “quasi” rasa (perchè abbiamo istinti, desideri, pulsioni, schemi psicologici, attitudini… innati) ma il guaio della società è che non ti insegna ad essere chi vuoi tu ma ad essere qualcosa di omologato.
Non so se ti rendi conto che stai elogiando questo: a omologare le persone in base alle convenzioni sociali.
Non hai capito ciò che si sta dicendo, purtroppo spessissimo uno intende quello che vuole ed è inutile ribadire più e più volte, si vedrà sempre e solo quello che si vuole vedere.
Nessuno ha scritto che di innato non abbiamo niente, negarlo è come negare che siamo vivi
e nessuno nega che le persone maschio sono diverse dalle persone femmine
quello che si nega è che tra maschi e femmine non c’è un muro ma ci sono moltissimi aspetti comuni, molte funzioni cerebrali in comune.
L’umanità di una persona non è essere maschietto con i calzoncini e essere femminuccia con la gonna…. l’umanità è essere intelligenti, empatici, compassionevoli, creativi…. il tutto con un grado umano che è superiore ad ogni altra creatura.
In queste cose ci vedi un tutto maschile e un tutto femmine ?
Ecco questo si sta dicendo, che il genere umano è UNO.
Guarda che io mi riferivo ai tizi degli asili svedesi. Sono loro che dicono che di innato non abbiamo niente e tutto ci viene dall’educazione. E non mi pare di aver negato che il genere umano è uno e che fra maschi e femmine ci sono cose in comune. Ci manca solo che mi metta a dire castronerie simili.
Avevi scritto:
“In pratica si sta dicendo a questi bambini che loro sono una tabula rasa, un nulla, e che devono essere loro a “scegliere” chi vogliono essere”
Nella tua frase quel “devono essere loro a scegliere chi vogliono essere” si riferisce ai bambini. Quindi tu vedi come improponibile che una persona scelga, crescendo, chi vuole essere, ma deve essere la società a dirglielo. Esiste una imposizione peggiore ?
Se invece non era questo che volevi significare allora la frase che hai scritto non era corretta, quindi, è da riscrivere in modo che si capisca.
Sul giudizio negativo che dai degli ASILI svedesi si tratta, in realtà, di un progetto condotto da 1 asilo con posti limitati, 33 e una lunga lista d’attesa dietro.
http://www.blogmamma.it/educazione-in-svezia-nasce-un-asilo-neutro-ne-maschi-ne-femmine/
Una scuola che tratta i maschi e le femmine in modo diverso come può farlo se non in base agli stereotipi che essa stessa si è creata ?
Ogni persona dovrebbe decidere chi vuole essere ma oggi non è così è la società che glielo dice e chi non lo accetta finisce spesso per soffrire grandemente ed essere un emarginato.
La netta divisione in generi è una stupidaggine como lo erano le classi separate e lo dimostra il fatto che tolte le briglie le donne stanno volando, e lo fanno come persone, come gli uomini.
Caro Enzo & C, bella compagnia di (pseudo)cattolici…
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Credo invece che siamo di fronte a un classico caso di dissociazione palese tra l’essere pienamente cattolico e sentirsi tale scimiottandolo…
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Quando fa comodo, anche qui su CS, santa madre chiesa è portavoce di tutte le meraviglie, sempre lungimirante, sempre sul pezzo, eh? La chiesa qua, la chiesa là…
Quando invece fa meno comodo, il bigotto diventa il sottoscritto, le regole possono essere aggirate, la chiesa, il magistero, detta norme che in realtà contano meno, sono come il dito mentre la luna, ah la luna!
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Guarda un po’, mi tocca dar ragione a ViaNegativa, che qualche giorno fa scriveva a qualcuno che dovrebbe avere la coerenza di non definirsi cattolico se non rispetta/accetta certe indicazioni del magistero.
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Va bene, sdoganiamo cattolicamente la mona, la fregna, la figa. Ma in ogni caso non è a me che dovete rivolgervi, con me sfondate una porta aperta, reputo le indicazioni del magistero in tema di sessualità, di linguaggio e di comportamento in materia di (presunti)sani rapporti sessuali peggio della peste…
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E magari, ragazzacci, mettetevi d’accordo con il vostro modo di sentirvi cattolici e se proprio siete di quelli che guardano la luna e non il dito provate anche a sdoganare il preservativo, che sarebbe ora! visto che secondo il magistero è peccato usarlo, mentre la stragrande maggioranza degli (pseudo)cattolici lo usa quotidianamente infischiandosene.
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Viva la figa e tutto quello che rappresenta.
Io non sono cattolica e non so nemmeno cosa sia questo magistero su cui vi state accapigliando.
Infatti, se fossi stata cattolica e seguissi il magistero ti saresti guardata bene dal postare quell’articolo di tal Vagina.
Ma non era a te che primariamente mi riferivo. Tra l’altro adesso che scopro che non sei cattolica e sei ignorante di magistero mi sei diventata addirittura simpatica.
Giuseppe, hai montato un caso su una questione banalissima: l’articolo de linkiesta, tolta la volgarità, dice tante cose su cui un cattolico DOC può essere d’accordo, fine. È chiaro che le stesse cose scritte da una Costanza Miriano saranno dette in modo diverso e nel contesto del magistero, però ci sono dei punti in comune. Non il sesso pre-matrimoniale, non i rapporti di una sola notte, ma il recupero della bellezza della differenza di genere e i rapporti che coinvolgono la persona nella sua interezza sì.
Pensavo fosse ovvio, ma a quanto pare bisognava specificarlo perché i non-credenti ci tengono alla nostra coerenza nella fede molto più dei nostri preti.
Sì, in effetti, roba da educazione morale del giovane… Tanto per gradire qualche punto in comune.
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“… Così noi donne ci ritroviamo circondate di figafobici e criptochecche, una generazione di uomini che piuttosto-mi-sego, rimpiangendo quei tempi antichi in cui se a un uomo volevi concederla, quello se la prendeva, di buon grado e il prima possibile, perché era la Sacra Fregna e in quanto Sacra Fregna andava onorata…”
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“E, francamente, credimi: fare l’amore è meglio che vederlo, toccare un culo è più appagante che guardarlo in foto, e una fellatio – se ben fatta – è più conciliante di una passeggiata in alta montagna. E no, non pretenderemo che ci porti all’altare poi. E te lo giuro: nessuno è mai morto soffocato da un pelo pubico.”
Volgarità a parte, nel primo brano citato si allude agli uomini che rinnegano il rapporto con una donna non per un fatto di etica religiosa ma per immaturità, e questo non è normale sotto ogni aspetto, lo ribadisco da uomo e da cattolico.
Nel secondo brano, mi duole l’allusione al fatto che il matrimonio sembri una minaccia (idea ovviamente non cattolica), ma sul resto sono d’accordo, non è normale che si preferisca una cosa virtuale a una reale, è come se io avessi fame e guardassi fotografie di pizze.
A questo punto mi sospendo, ribadisco tutto quel che ho sostenuto più sopra nell’intervento delle 17:55.
Tutto sdoganato… sesso al posto di segarsi, sacra fregna da onorare sempre, toccare culi e farsi fare una fellatio piuttosto che una sana passeggiata in montagna. Contenti voi?!
Bene, mi sospendo anche io perché nel mio commento precedente penso di essere stato chiarissimo sul dire in che senso condivido quell’articolo “non-cattolico”.
Solo una sintesi estrema e poi basta: si può limitare la propria sessualità per motivi religiosi, ma se questa viene limitata per una sorta di paura dell’altro sesso non è normale, non è sano, e la difesa della salute è roba da cattolici.
Signor Cipriani, se avesse cominciato lei l’argomento potta & dintorni le taglierei il pisello e dintorni, ma mi pare proprio che lei sia innocente. Io non ho problemi ad usare linguaggi adolescenziali o da caserma, penso anzi che me la potrei cavare bene. Gli esempi che lei ha riportato io li proporrei in “educazione estetica” più che in educazione morale. Però ammetto che il profilattico bucato (ho capito bene?) lo avevo concepito solo come scherzo. Insieme a tanti altri. Metta bocca a bocca un tubetto di dentifricio ed uno di lucido delle scarpe bianco, prema questo in quello. Con tintura di iodio gocciolata in ammoniaca ricavi ioduro d’ammonio, esplosivo sicuro se umido. Secco è instabile ed esplode quando vuole lui. Può fare la manomorta. La paglietta di ferro che brucia … Ecco, visto che volendo faccio OT anche io? Solo che io non faccio ridere! Faccio esplodere.
@Cipriani
non ti facevo così bigotto.
Sì sì, con lo ioduro di ammonio ci ho giocato da piccolo , piuttosto pericoloso, la tintura di iodio è meglio utilizzarla come disinfettante e l’ammoniaca per lavare i pavimenti, se messi sul pavimento assieme produce, dopo l’essicamento, con il calpestio della classe in uscita dei divertenti scoppiettamenti e l’intervento dei vigili del fuoco (danno collaterale).
Ovviamente nel cervello c’è tanto sesso altrimenti preferiremmo passare le serate in birreria piuttosto che fare altro; probabilmente qualche scienziato produrrebbe uno studio sulla correlazione che c’è fra il consumo di luppolo e la denatalità.
Quello che mi infastidisce un po’ è l’affermazione che i ruoli sociali siano delle costrizioni e delle sovrastrutture. Non è che magari queste “sovrastrutture” si siano sviluppate dalla semplice osservazione delle diversità intrinseche nel tentativo di proteggere le peculiarità? (sia maschile che femminile).
Non è un’affermazione, è un dubbio e una domanda.
Volendo essere riduzionisti possiamo dire che i ruoli sociali sono un fenomeno dell’evoluzione, quindi sono serviti a portarci fin qui, il che non è affatto male, visto il successo della specie. Rinnegarli è un’operazione ideologica e culturale che non fa i conti con i tempi lunghi dell’evoluzione e potrebbe essere la mossa sbagliata che porta all’estinzione della specie, quindi è sensato opporsi a chi contesta questi ruoli e segue più che altro i propri istinti individualisti ed egoistici che però cozzano con gli interessi collettivi, in questo caso dell’intera umanità.
mi trovi d’accordo