Sembra proprio che ci sia gente impegnata a dimostrare che in realtà non è libera di pensare e agire.
Ma invece è libera, anche di dire sciocchezze. Ma anche noi siamo liberi di non andargli dietro.
La notizia è apparsa prima su Repubblica il 2 maggio e poi è rimbalzata in modo più autorevole su Le Scienze il 7 maggio: la nostra libertà è un autoinganno.
Sorvolando su un fatto che sarebbe invece importante, e cioè sull’esiguo numero di soggetti coinvolti nell’esperimento (solo 25), come sono arrivati questi ricercatori a tale conclusione?
Un esempio di “autoinganno” sarebbe costituito dalle illusioni ottiche come quella di percepire un pallino che si sposta nel campo visivo mentre in realtà sta solo lampeggiando:
In uno studio appena pubblicato su “Psychological Science”, Paul Bloom e io abbiamo esplorato una soluzione radicale, ma non magica, a questo enigma. Forse, nel preciso momento in cui sperimentiamo una scelta, la nostra mente sta riscrivendo la storia, inducendoci a pensare che questa scelta – che è stata effettivamente completata dopo che le sue conseguenze sono state percepite inconsciamente – sia stata una scelta che avevamo fatto fin dall’inizio.
Anche se il modo esatto in cui la mente potrebbe farlo non è ancora pienamente compreso, fenomeni simili sono già stati documentati. Per esempio, vediamo il moto apparente di un punto prima di vedere quel punto raggiungere la sua destinazione…
Insomma, il comunissimo effetto ottico alla base del funzionamento dei fotogrammi nel cinema e delle lucette degli addobbi natalizi, sarebbe la base per spiegare perché non esiste il libero arbitrio. Chissà, forse una spiegazione alternativa del perché percepiamo un movimento e prevediamo dove vada a finire potrebbe stare nel fatto che questo tipo di esercizio in natura ci abbia offerto innumerevoli vantaggi. Immaginiamo di essere in una savana e vedere la sommità dell’erba muoversi per la presenza di un grosso animale, sarebbe utile prevedere dove sbucherà fuori un momento prima che lo faccia? Suppongo di sì.
E questo significa che ci stiamo autoingannando?
E se questo meccanismo lo adattiamo per trastullarci con addobbi (nei quali nessuno crede in realtà che le lucette si spostino davvero), ciò rappresenterebbe in qualche modo la prova del fatto che siamo irrimediabilmente ingannati dal nostro sistema nervoso?
E ammesso che a volte tendiamo a ricostruire e spiegare a posteriori le esperienze che abbiamo visto, forse questo non sarebbe alla base del pensiero scientifico stesso?
Ma andiamo avanti, vediamo quale sarebbe il nuovo esperimento che dimostrebbe la nostra mancanza di libertà e la conseguente collocazione della specie umana tra le macchine. Da Repubblica:
E’ stato chiesto a 25 volontari di osservare cinque cerchi bianchi in posizioni casuali sullo schermo di un computer, per indovinare quello che da lì a breve sarebbe diventato rosso. Le cavie potevano indicare oppure rispondere sì/no rispetto alla loro scelta. Il test, ripetuto più volte, ha rivelato che in media gli studenti hanno risposto ”sì” nel 20% dei casi.
In realtà, i ricercatori hanno scoperto che la risposta giusta era stata scelta oltre il 30% delle volte quando i cerchi diventavano rossi più rapidamente. In sintesi, lo studio dimostra che, quando abbiamo poco tempo a disposizione per prendere una decisione, capita che adattiamo questa alle conseguenze ormai verificatesi. Anche se il nostro cervello ci porta a credere che in realtà siamo stati noi a scegliere, a prescindere da quanto poi accaduto.
“…quando abbiamo poco tempo a disposizione per prendere una decisione, capita che adattiamo questa alle conseguenze ormai verificatesi.“
Questo, e solo questo, può dimostrare l’esperimento, e che cioè quando abbiamo poco tempo per decidere è possibile che in un 10% delle volte (30% nei casi con poco tempo – 20% dei casi standard) le sensazioni si sovrappongano creando confusione e crediamo di aver scelto prima dell’accendersi della luce.
E per il restante 90%? Che dicono i nostri studiosi?
La conclusione corretta sarebbe che anche sotto pressione, cioè in condizioni di tempo insufficiente ad elaborare una scelta, la nostra libera volontà è dimostrata dal fatto che l’errore percettivo tende ad essere attribuito a nostro favore e che si contiene entro il 10%.
Questi dati però, a detta degli autori, o meglio, questi “giochi” dimostrerebbero ben altro, che ad esempio la mente umana ha bisogno di illudersi di essere libera per giustificare la punizione dei colpevoli:
Più in generale, questa illusione può essere fondamentale per lo sviluppo di una fede nel libero arbitrio che, a sua volta, giustifica la punizione.
Ma se fosse vero quanto affermato che si farebbe, cosa accadrebbe se uno ti ferma per strada e ti rapina, non lo puniamo più? Come al solito false teorie portano a conseguenze distruttive.
Ma alla fine ci si accorge che in realtà il libero arbitrio è così ben presente nel comportamento umano che gli autori di questi articoli hanno, come sempre, scelto (è il caso di dirlo!) di veicolare il loro studio con i termini più redditizi dal punto di vista del marketing. L’articolo su LS infatti termina con una serie di dubbi che tolgono ogni certezza a quanto sostenuto poco sopra:
L’illusione può riguardare solo a un piccolo insieme delle nostre scelte, fatte in fretta e senza pensarci su troppo. O può essere pervasiva e onnipresente, così da governare tutti gli aspetti del nostro comportamento, dalla nostre decisioni più insignificanti a quelle più importanti. Molto probabilmente, la verità sta nel mezzo.
“L’illusione può riguardare solo a un piccolo insieme delle nostre scelte, fatte in fretta e senza pensarci su troppo…” quindi nella restante parte non c’è illusione e quindi il libero arbitrio esiste.
Ma se poi davvero la verità stesse nel mezzo, anziché chiamare in causa la libertà di scelta sarebbe il caso di appellarsi alla psicologia, alle motivazioni che possono spingerci a giustificare a posteriori dei nostri comportamenti. Possiamo parlare di autoassoluzione, di autoconvincimento, di “ce l’aggiustiamo come ci fa comodo”, ma per amore della scienza lasciamo stare la libertà di azione, il “libero arbitrio”…
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31 commenti
Buongiorno a tutte/i , se Enzo mi perdona, sospendo (prometto per una breve durata di solo qualche ora), il mio intervento più orientato al tema, anzi la pluralità/interdisciplinarietà/ connessioni di temi , legati a questa sua nuova pagina.
La mia è solo una proposta-, il risultato non sarà oggetto di valori statistici (ulteriormente dividendo in tutti i sensi i convenuti che scelgono in un modo o nel suo opposto) né di intepretazioni a favore di EP e tantomeno mia, cioè non mi darò alcuna importanza se qualcuno vedrà lungo, o semplicmente del buono in questa mia proposta (che in questo caso non apprtiene alla consueta dicotomia distopica dei buoni e dei cattivi e degli pseudo entrambi).
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Vado dunque alla mia proposta , che è semplicmente sperimentale. Chi vorrà si atterrà a questa specie di “om” , prima di pensare e quindi comunicare/scrivere le sue riflessioni, di getto, come me 🙂 , o , al contrario, rileggendosi e rileggendosi, prima di schiacciare invia, possibilmente senza autocompiacimento.
L’OM che propongo comunque non credo sia OT , inoltre , non ha niente a che fare con le religioni nè dei diversi poteri spirituali ( o paraspirituali nelllo storico mix con i terreni) né dei potenti delle diverse scientology, in senso lato da intendersi, con i vari Hubbard anche nel campo di cui non sono adetta, come molti di voi competenti in biologia o fisica o chimica etc e, dunque, dei divulgatori delle propagande (pseudo)scienziate di questa o quella rivista per addetti ,ma anche di tutte le altre, diversamente kazzenger, da Stampubica o la stampa o repubblica, incaricate, con tutte le altre Agenzie, a una manipolazione ben più ampia, quindi senza escludere nulla dal ricco piatto del rimbambimento e consueguente infantilizzazione del lettore, ergo mitico popolo, ossia “pubblico” ridotto a clienti di prodotti politici ma anche scientifici .
L’OM che propongo ha a che fare con il libero arbitrio , relativo però , molto relativo, cioè riferito a questo TAVOLO in cui siamo seduti, uno a fianco o di fronte l’altro, chi più lontano chi piu vicino ma, appunto, nello stesso tavolo. Chi sceglie, di avvicinarsi a questo tavolo ( e anche tavolata), sia che voglia rimanere e sedersi, sia che voglia allontanarsene, recita questo om perché ha in fieri tutte le capacità per pensare e trasferire agli altri, senza ricorrere ai soliti mezzucci per affermarsi negando l’altro, unica condizione, unico OM, che garantisce tanto agli uni che agli altri, che il tavolo non crolli per mancanza di gambe o soliti piani declinati e inclinati a favore della propria maschera e ruolo. Si può (af)fermare tutto ciò che si è ripetuto fino a poche tavolate fa, con una scelta, che dipende dal singolo: aderire a questo “esperimentom” 🙂 è davvero un libero arbitrio alquanto modesto, rispetto a scelte di vita che lo richiedono in misure e modalità ben piu faticose . Ciò non significa tradire la propria natura ( e nemmeno la propia maschera)
Questo OM potrà dimostare, inoltre , tanto agli assolutisti estimatori del libero arbitrio, tanto ai suoi detrattori ( per cause diverse e opposte, quali il fatalismo o per scientismo, o per meccanicismo e tutti gli “ismi” utili a ridurre l’uomo nelle mani delle nuovissime tecno-moire, parche 2.0) , la traccia, l’esistenza di qualcosa che ognuno di noi (polli o meno, esche o meno, etc ) è stato vieppiù portato a sperimentare sempre meno, ergo i propri margini di manovra (lì.miti , in tutti i sensi inclusi, financo degli dei e loro leggende)
ps
nel mio om, se avessi voluto caricare di valenze religiose , ad esempio cristiane, vi avrei parlato di “banchetto”, ma 1 sono tutto tranne che una cattolica praticante e tantomeno buddista anche se ho proposto l’om e se proprio dovete affibiarmi un’etichetta ( le odio tutte) al massimo dei massimi potreste dirmi taoista? forse anche a questa mi ribellerei; 2 la logica del “tavolom” proposto è talmente laicamente spirituale , che le è sufficiente l’immagine /simbolo del tavolo stesso, senza ulteriore sofismi (e conflitti) sul come apparecchiarlo o sparecchiarlo; è nudo così come è , nei minimi termini ( e denominatori comuni) di un piano e di tre/quattro o più sostegni in altezza per dirsi/rimanere tale
Cara Rò, premetto che mi sta simpatica, ma nel suo post ci sono così tante e lunghe precisazioni ogni volta che afferma qualcosa che è quasi impossibile capire cosa vuole dire.
Per esempio io NON ho proprio capito che proposta/esperimento propone, cosa dobbiamo fare a questo tavolo!
Non avere paura di essere fraintesa o etichettata o giudicata, risolvendo la cosa facendo specificazioni su specificazioni (il tavolo non è per pochi ma per tutti, è anche tavolata, non sono cattolica praticante, l’esperimento non è un’indagine statistica…)
Basta! Lo dica e basta!
Htagliato, credo che se fossi davvero interessato, alla comprensione di quanto non hai capito, causa ciò che affermi sulle mie incapacità a trasferire condite per giunta dai soliti facili tumori, pardon timori sul giudizio, non avresti né aperto con una carota (leggi cara e simpatie cantando), nè chiuso con piu di un bastone ( e basta , a gambe di legno esclamative, prese a prestito forse per via dell’oggetto, causa il tavolo). Ma ,soprattutto, non avresti avuto nemmeno bisogno di leggere ciò che non ho proprio scritto (perchè non era manco nell’anticamera del mio pensiero che sgocciolava andandosene verso le dita sui tasti), vedi quanto tu e solo tu hai rielaborato (manipolato?) e scritto, ad esempio nella frase “il tavolo non è per pochi ma per tutti”.
Guardi, ero davvero interessato a comprendere la sua proposta, ma formalmente, per come l’ha scritta, non ho capito un tubo. Sono io che non ci arrivo? Sono io che non ho abbastanza volontà? Può darsi, ma anche lei, anziché ripresentare la sua idee con un commento più sintetico e diretto, ha fatto un’analisi del mio commento, guardando il dito e non la luna.
Ora, se può farmi la cortesia di dire un po’ meglio in cosa consiste il suo esperimento, la ringrazio e vedrò se posso parteciparvi; se invece vorrà commentare quest’altro mio commento senza andare oltre, mi arrendo e lascio la questione agli altri commentatori.
Ciao Rò, credo che htagliato volesse semplicemente dire che a volte specificare in modo molto dettagliato disorienta più che chiarire e chiederti di dare delle indicazioni più operative per l’esperimento che proponi, insomma un “ok, pronti, che si fa?”.
Enzo, per le modalità che si stanno gia realizzando ( vedi interventi sotto), l’esperimento , capito o meno, ha già i suoi risultati positivi. Ovviamente il campione è ancora un po’ ridotto e, certo, non possiamo usare come tester più che affidabile il mio noto puledrino :-), ma se andassimo avanti così, scegliendo (E anche non sapendo di scegliere), questa pagina sarebbe ben diversa, ad esempio, da quella distopica per antonomasia.
🙂
Buonasera.
Se posso permettermi, vorrei cercare di venire incontro a Rò, nonché ai dubbi espressi da htagliato, al riguardo dell’esperimento, dell’ “om”, da lei interessantemente ed intensamente proposto, tenendo sempre conto di quanto argomentato nell’articolo dal prof. Pennetta.
Mi sento di dire, per trattare del mio argomento sull’ “om”, come anch’io mi senta veramente commensale del tavolom rasom apparecchiato perbenino da Rò, in ossequio ad un principio di humanitas universale che fonda sul concetto (il quale concetto, tengo a precisare, non prescinde da una sintesi categorizzatrice operata in tempi non sospetti dalla psiche umana quale frugimento ed esalante risultanza samsarica congiunta alla discensione avatarica [sempre volendo restare in un clima, per siffatto impiego di siffatti lemmi, attualizzato dalla suddetta, per così dire, sanscritistico]+19) del proponimento senofontèo al livellamento di simulazione ideale e contro-ideale, il quale fonda d’altronde a sua volta la stessa prassi sperimentale della scienza galileiana contemporanea.
Il mio argomento al riguardo dell’ “om” non è suscettibile di una critica humiana fondante su una scetticizzazione della nozione di casualità, in quanto (sia che ci si voglia confrontare ad uno ad uno, che ci si voglia confrontare a tre a tre), burchiellescamente intendendo, tale prefigurazione anglicistica della crisi novecentesca dei fondamenti è, a mio dire, facilmente decostruibile mediante la semplice constatazione (repubblichina o repubblicona che dir si voglia [ovvero che si noglia]), veruntame, della non-accettazione immediata della volontà di sapere, o Wissenwille, come espressa da Heiden Rosleinbach in “Die Wissenwille oder Der Sachenausgangfuehrerprinzip des Kohls”.
Il mio argomento al riguardo dell’ “om”, inoltre, vuole raziocinizzare su una visione pulita e monda e schietta e franca delle cose e di quanto accade nella società globalizzata contemporanea, ed inferire sulle interferenze vulgatiche delle prosternazioni insulse attraverso cui va ponendosi il grande apparato massosatanoilluminato del Potere al tempo d’oggi (si ripensi, al riguardo, al misterioso e carpigiuto pippettìo bonobino [come egregiamente discorsato tempo fa da htagliato]), per il quale è impossibile dire di no se non si è detto già sì alla decostruzione della malvagità costituitasi. In tutto questo (premettendo come la mia visione sia effettivamente fondata su una noscialanza blacologica del sapere e della strutturazione interconnettiva ed epidermica delle scienze), non si dovrà perciò rimproverare nulla a quanto proposto dal garbato e discreto esperimentom, il quale, sintetizzando quanto ho toccato di sopra, senonché (ma questo, è soprattutto un pregio, e tutt’altro che un difetto) si voglia al massimo massimizzare su certe peculiarità clausolo-prosaiche di sapore e vapore pliniano, costituisce già di per sé un imperativo categorico attraverso cui il dialogo umano a buona cagione ha possibilità di affinarsi e di crocifellarsi affiatatamente sulla via (o meglio, sul Tao, o sul Do, non do la nota musicale, la quale nota [come risaputo da chiunque abbia almeno cognizione del profondo richiamo semantico sovrastante il fastidio derivante dall’effettiva mancanza di uno meramente meccanico insito nella risposta tonale del fuggire bachiano] è certamente nota, bensì il Do reinventato in sede coreana e giapponese per adattamento glottofonetico dell’originale sinico come espresso nel suo atticistico argomentare dal Maestro Lao) della reinterpretazione maramalda e lapalissiana dell’odierna, eterna pusillanimità del malcostume.
Infine, il mio argomento a favore dell’ “om” non può che derivare, maieuticamente, da tutta una tradizione pensieristica e coloristica della Ragione quale si è mostrata, dimostrata, amostrata, e damostrata, che (sic!) ha (soc!) pur (suc!) inalberato la creatività dell’esposizione e del confronto opinionabile della resa incondizionata del linguaccio (il quale, non sarà necessario [preteriezionalmente intendendo, si ben inteso, come a buon intenditor ratto s’apprende] delicidare, di come esso informi e disformi il mondo, così come alfa Centauri). Tutto ciò è, questo, che non posso far altro che vedere e commiserare, con una certa amarezza: un ghigno, un sogghigno, un controsogghignìo di una classe dirigente cataclastica che fonda la propria cibernoprassi sulla speculazione di anime e di vite umane, che vengono tragicamente a scontrarsi contro i duri scogli dell’esistenza.
Come specificato nell’altro commento di Rò, l’esperimento, per come si è esperito, appare incontrovertibilmente evidente ai nostri occhi (non ai loro occhi, ai nostri, proprio).
Mi scuso, qualora quanto ho riferito possa apparire poco chiaro in certi punti.
P.S. Una premessa aggiuntiva al mio argomento sarebbe concernente un’analisi topologica della congettura goldbachiana; ma per non appesantire la trattazione ho preferito tralasciarla, datane la perfetta ovvietà ed intuitiva capibilità.
Intervento prezioso, il tuo, Alio. Sfottò ampiamente psico-artistico che fra tutte le conseguenze che può procurare, ne ha una, in particolare, che brilla più di altre e che induce a una poco praticata via, ovvero ridere di se stessi; cosa che fa bene tanto alla componente destinale (perlomeno la mia), quanto a quella del libero arbitrio (sempre la mia), nonché agli dèi tutti ma, soprattutto, visto il lunedì molto grigio, ad iniziare, così scarnificati, continuando a sorridere di me.
Buoni esperimenti, pardon buona settimana, a te e a tutti
🙂
Sono convinto che siamo liberi di scegliere nella maggior parte dei casi in cui decidiamo di fare qualcosa. Di certo ci sono scelte “in automatico” che sono guidate dai nostri pregiudizi, che sono nati nel tempo, per le più diverse ragioni… Il nostro “istinto” può non essere libero. Da approfondire.
Sono d’accordo. Ed è la posizione da sempre di chi crede nel libero arbitrio, che non è mai assoluto, ma condizionato e si esercita sempre dopo ponderazione, mai nelle scelte istintive.
Tuttavia, Cipriani, questi ciarlatani dicono altro: secondo loro non siamo mai liberi, ma solo c’illudiamo di esserlo.
C’è molto da approfondire. Per esempio io credo nel libero arbitrio e nella responsabilità personale. Però non saprei definire esattamente i due termini, i loro effettivi confini.
La parte più deprimente del mio carattere è la ripetizione degli errori, sempre gli stessi.
Una cosa credo di aver capito. Per crearci uno spazio di libertà dobbiamo spingere a livello inferiore ciò che prima ci impegnava. Abbiamo una libertà fondata su riflessi condizionati.
Prima impariamo dove stanno i pedali. Poi manovriamo pensando solo al traffico. Poi la esperienza ci fa fare in automatico quasi tutto. E siamo liberi di pensare allo scopo del nostro viaggio, alle mosse successive. Infine forse dobbiamo fermarci e riflettere sul senso della vita e sul non senso di tante azioni. Quanto allo studio, si basa sulla frequenza osservata 1/3 invece della frequenza attesa 1/5 ?
È una gioia risentirti, Luigi! A quando un tuo nuovo articolo, in cui assaporare la tua caratteristica, e un po’ caustica, propensione al problem solving?
Sull’esistenza (ed i limiti di esercizio) del libero arbitrio io penso, seriamente, due cose:
1) che è si tratta di problema filosofico, non scientifico, perché non è mai stato neanche immaginato un test cruciale di corroborazione/falsificazione;
2) che il massimo che la tecno-scienza può dire, l’ha detto al momento il fisico Arecchi, quando separando apprensione da giudizio ha definito il secondo come un’inversione di Bayes (http://www.enzopennetta.it/2012/11/fenomenologia-della-coscienza-dallapprensione-al-giudizio/ )
Mi è piaciuta molto questa tua riflessione Luigi, in poche parole hai evidenziato una distanza di anni luce dalle considerazioni banali espresse nella ricerca.
Riguardo alla domanda finale la risposta sembra proprio essere sì.
Non si sa mai come reagire dinnanzi a queste “notizie”.
Ridere dinnanzi all’evidente bisogno di ottenere qualche attenzione in più da parte di giornali e riviste, addirittura tanto intenso da giustificare la strumentalizzazione di uno studio che da ogni punto di vista non ha proprio nulla di rivelatorio?
Irritarsi per la diffusione di informazioni e relative conclusioni che non hanno alcun supporto logico o scientifico?
Se qualcuno si rivede nella seconda ipotesi, almeno ha la soddisfazione che se e quando qualcuno, disposto a tutto, tirerà fuori uno studio simile per far valere le proprie ideologie…la figuraccia sarà un dato di fatto.
Per me le reazioni sono entrambe, rido e poi non posso che provare fastidio.
Purtroppo la maggior parte delle persone non approfondirà la questione e interiorizzerà che “il libero arbitrio non esiste”, per loro sarà un’invenzione di un’umanità ignorante.
Altr’ieri: per gli scienziati, l’Io è un’illusione.
Ieri: per gli scienziati, la nostra mente è un software che gira su dischi rigidi alieni.
Oggi: per gli scienziati, il libero arbitrio è un’illusione.
Domani?!
Non se ne può più di questi ciarlatani, che ogni giorno tradiscono la scienza attribuendo al metodo galileiano i loro pregiudizi. Sono materialisti? considerano l’uomo niente più che un ammasso di atomi senza libertà? Benissimo, “liberi” di pensarlo. Ma lascino in pace la scienza, per piacere, che è una cosa seria.
Mah, 25 soggetti sono pochini, forse coincidono con i fortunati lettori dei Promessi sposi?
Domando invece: gli autori dell’esperimento hanno mai guidato un’auto, un motorino, una bicicletta, un triciclo? Hanno mai preparato e bevuto una tazza di caffè alla mattina? Oppure, hanno mai tentato di rispondere a una domanda di cui non conoscevano la risposta, facendo semplicemente appello al successo statistico di risposte analoghe già date? Hanno mai riflettuto sui processi automatici che consentono di effettuare quelle quotidiane operazioni? E…hanno mai invece valutato come investire i propri soldi o come avanzare nella carriera? Ritengono che sia la stessa cosa?
…ardua la sentenza!?
“E…hanno mai invece valutato come investire i propri soldi o come avanzare nella carriera? “
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Dallo studio che hanno prodotto direi di sì! 😀
Pure le discussioni “scientifiche” sulle percezioni fanno,semplicemente sta accadendo un evento,sono in una savana,so che ci sono specie ostili in base alla memoria della conoscenza in merito,vedo qualcosa che si muove sull’erba,non so se sia ostile o meno,ma e possibile che lo sia o non lo sia allora scapo su un albero a prescindere,questo dimostrerebbe che ho una liberta’ illusoria in realta dall’albero osservo che invece era una specie innocua,dunque mi sono autoingannato……se era un leone in caccia si sa mica come avrei potuto dire scientificamente dopo che mi ero autoingannato,certo e’ che in realta avrei preso una scelta sulla base di conoscenze aquisite,ora sudetti scienziati mi hanno dimostrato che non ero non libero di non scappare.Che grande esperimento.
Pare che siamo pieni di scopritori dell’acqua calda.
Infatti per altro sono scelti ad hoc tendere statisticamente sempre a 1 o a 0.
Io penso in merito invece che la libertà umana la si capisca meglio non nel medesimo tempo in cui uno fa un esperimento o analizza evento, ma quando vengono prese in considerazione come in tempi diversi le persone,l’essere umano, e come reagiscono allo stesso evento per tempi diversi.
Cosi se in principio vedo il fuoco e sono condizionato dalla paura in quel momento scappo per via del danno e della sopravvivenza ,ma sono pure libero di imparare un metodo per controllarlo e con esso le mie paure.
Non vorrei sbagliare ma mi sembra che studi simili fossero già stati fatti in passato. Non mi sembra che emergano novità particolari.
Salve.
Molto interessante l’articolo, di cui condivido tutte le osservazioni. Il libero arbitrio è certamente dominio filosofico; tuttavia, non si può non considerare come, in particolare in sede legale, le componenti organiche, istintive e razionali di decisionalità e scelta abbiano una reciprocità sovente problematica a definirsi, il che mi pare anche insito nella (lodabile) autocritica espressa di sopra dal dott. Mojoli.
Certamente la libertà vera dipende dall’avere la vera conoscenza della situazione e dai condizionamenti che forzano in una direzione o nell’altra, ma anche se condizionati è sempre la libertà che ci fa scegliere di assecondare il condizionamento che evidentemente stiamo considerando come un dato oggettivo della situazione.
Ma di fronte ad una dimostrazione contraria possiamo sempre cambiare idea, questa è la prova del libero arbitrio.
Non credo proprio, Enzo, che si possa assecondare un condizionamento… A quel livello le nostre eventuali decisioni “condizionate” sono allo stato inconscio, di sicuro non libere. Solo a un secondo livello di analisi, quando subentrano voglia di capire e approfondimento, la nostra parte razionale potrà avere il sopravvento su quella istintuale, quella che ci fa agire di primo acchito senza dover pensarci troppo su… In molte decisioni risparmiamo energie perché il livello 1, se così vogliamo chiamarlo, è sufficiente, ma è al livello 2 che esiste la libertà che qui tutti professiamo. Non so se ho reso almeno l’embrione della mia idea.
Sbaglio o il titolo del testo originale parla appunto di scelta semplice e e non di libero arbitrio in senso generale?
Il ‘Davide’ originale sono io…. qui c’è una violazione di copyright, che immagino dovrà dirimere il Prof. Pennetta. 🙂
Salve Davide (del primo commento), può chiarirci la differenza tra le due cose? Grazie.
P.S.: Siccome c’è già un “Davide” tra i commentatori, per il futuro può usare un nickname diverso, anche solo con l’iniziale del suo cognome? Grazie.
ho cambiato nickname spero vada bene…in realtà non c’è differenza, penso però che il significato di libero arbitrio sia molto ampio, come mi pare sia stato detto anche qui in qualche commento, un conto è prendere una decisione veloce( come lo studio in oggetto), un conto è decidere e ragionare su esperienze di vita ad esempio, forse sono stato troppo precipitoso ma mi era sembrato che le scienze e soprattutto repubblica interpretassero lo studio in un modo un po troppo estremista rispetto al testo originale in inglese…
Bell’articolo… Agostino mette in guardia i suoi quando cercano di negare il libero arbitrio con la Grazia, o quando negano la Grazia per “fare spazio” ad un ingombrante concetto di libertà.
Solitamente nel secondo caso hanno molto denaro e non sanno come spenderlo.
A cavallo tra i secoli XVIII e XIX, lo svizzero Gall andava spacciando per scienza l’organologia (conosciuta poi come frenologia) la quale “spiegava” come l’uomo fosse deterministicamente predisposto per x,y,z a partire da certe caratteristiche morfologiche del cranio.
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Storia vecchia dunque, che si ripete in varianti sempre più aggiornate e con un bel sostrato teoretico indimostrabile a farvi da base.