L’Ignoranza e il Sospetto (dettaglio da “La Calunnia”, S. Botticelli, 1496)
Dei 4 peccati capitali della ricerca scientifica contemporanea. Primo, l’ignoranza della matematica
di Giorgio Masiero
Perché la maggioranza delle pubblicazioni scientifiche dà risultati falsi
Sto aspettando il treno per Milano. Man mano che si avvicina l’ora schedulata, sempre più gente si accalca al binario. Finalmente arriva il treno, puntuale. È la gente (evento A) a causare l’arrivo del treno (evento B) o è B la causa di A? Né l’uno né l’altro, ragiono: entrambi gli eventi accadono sotto la spinta di una terza causa, l’orario ferroviario (C). C è la causa dei due eventi “separati” A e B.
Un’altra correlazione mi ha intrigato qualche giorno fa. Mia moglie se n’è uscita dicendo che in base ad un sondaggio organizzato dalla sua rivista preferita coloro che consultano più spesso astrologi e chiromanti vivono più a lungo. “Ma ci credi davvero?”, le ho replicato di botto. “Che potere miracoloso avrebbero gli astrologi? un tipo speciale di energia psichica che trasmettono ai loro clienti?!”. E lei, fredda: “La cosa è presto detta. Le donne frequentano gli astrologi più degli uomini e d’altra parte le donne vivono più degli uomini”. Ho taciuto basito.
La morale è che bisogna stare attenti con le correlazioni prima di tirare conclusioni. Le correlazioni sono un tranello di cui nessuno è mai abbastanza avvertito ed anche chi per lavoro dovrebbe esserne vaccinato ci casca con facilità. Un amico ricercatore, biologo e matematico, provetto conoscitore delle tecniche statistiche, si è divertito a raccogliere una serie di divertenti “risultati”, ricavati da una giustapposizione ingenua (o interessata, o ideologica) di correlazioni, che hanno riempito pagine e pagine delle più quotate riviste peer per view. I territori più esposti alle strampalate deduzioni vanno dalla medicina alla biologia alla climatologia, dalla finanza alla psicologia alla cosmologia. Chi avrebbe detto solo qualche anno fa che le riviste scientifiche, e le loro sorelle minori addette alla divulgazione, sarebbero diventate canali di prosa, in cui è sempre più difficile separare la verità, o qualcosa che le assomigli, dalla fiction? Ci sono in media molto più rigore metodologico e serietà deontologica nelle riviste di matematica e di scienze umanistiche.
In questo articolo affronterò la prima questione, rinviando ad altri venturi l’analisi delle altre. A scoperchiare la diffusione dell’ignoranza della matematica – intesa in due sensi: come impreparazione vera e propria nelle tecniche matematiche, o come tranquillo sorvolo/abuso di esse da parte di ricercatori anche matematicamente preparati – è stato un articolo di John Ioannidis, un professore all’università di Stanford con due cattedre, una in medicina e l’altra in statistica. L’articolo fu pubblicato nel 2005 dalla rivista online PLoS Medicine, edita dal più importante ente di ricerca medica al mondo, l’NIH – l’insieme dei National Institutes of Health degli USA, analogo del nostro Istituto Superiore di Sanità – e s’intitolava significativamente “Why Most Published Research Findings Are False” (“Perché la maggior parte dei risultati di ricerca pubblicati sono falsi”). Da allora esso risulta l’articolo scientifico più scaricato.
La statistica bayesiana, di cui si è servito Ioannidis per dimostrare la sua tesi, è notoriamente un argomento ostico agli studenti, però se lasciamo da parte dettagli ed equazioni, il succo è comprensibile anche da uno scolaretto delle elementari. Supponiamo di disporre di un contatore Geiger per individuare, tra 1.000 pezzi di roccia, un campione radioattivo, l’unico, si sa a priori. Supponiamo anche che questo contatore abbia una precisione certificata del 99%. Ebbene, muovendolo tra una pietra e l’altra, d’improvviso il contatore emetta una scarica: qual è la probabilità che siamo davanti al frammento radioattivo? Vien voglia di rispondere che, se la precisione dello strumento è del 99%, allora ci sono 99 probabilità su 100 che abbiamo trovato proprio il pezzo radioattivo. Ma così avremmo tratto una conclusione sbagliata! Basta infatti riflettere che sì, il nostro contatore ha un’elevata accuratezza nel segnalare i minerali radioattivi, perché sbaglia percentualmente poche volte (1 volta su 100), però per contro ci sono molti campioni non radioattivi su cui è usato. In numeri, passandolo sistematicamente sopra i 1.000 campioni, di cui 999 sono non radioattivi ed 1 radioattivo, esso emanerà falsi segnali (“falsi positivi”, nel linguaggio statistico) una decina di volte, esattamente 9,99 volte in media, ed il segnale corretto 1 volta solo. Cosicché la risposta giusta alla sopraddetta domanda è: c’è 1 probabilità su 11 (il 9,1%) che abbiamo individuato il campione radioattivo. E 10 su 11 (il 90,9%) che il risultato sia falso. Elementare, Watson, da scolaro di quinta elementare.
Passiamo ora al processo scientifico che avviene nei laboratori. Le pietre sono il numero N di tutte le ipotesi da testare, il pezzo radioattivo è la correlazione o il risultato giusto ricercati, il contatore con la sua accuratezza A sta per i modelli e la strumentazione usati. Nell’esempio di sopra, N era uguale a 1.000 ed A uguale a 99%; nei casi reali indagati dai ricercatori, in particolare in genetica, farmacologia e neuroscienze, Ioannidis mostrò che la situazione di questi due parametri è peggiore, sia con riguardo ad N che è di regola un numero molto più grande, sia con riguardo ad A che vi risulta più piccolo. Ne derivò matematicamente la conclusione che “la maggior parte dei risultati scientifici pubblicati sono falsi”. Vediamo più in dettaglio.
In questi giorni i cittadini fanno le dichiarazioni dei redditi, da cui possono detrarre, com’è noto, anche le elargizioni fatte a favore degli istituti di ricerca. È il momento in cui questi ultimi si propongono in serrate campagne pubblicitarie di fund raising. Quale non cita il DNA, come il campo dove cercare la pietra radioattiva (il gene) contro questa o quella malattia? Esaminiamo allora, concretamente, cosa significa individuare un tale gene; ammesso che esista, dovremmo sommessamente aggiungere: l’illustre oncologo, Presidente di una di tali fondazioni, ci rivelò infatti, in una non lontanissima intervista, il fallimento delle sue ricerche trentennali proprio per eccesso di genecentrismo… Immaginiamoci di essere all’interno di una squadra di biologi molecolari che indagano per capire se una data mutazione in uno delle decine di migliaia di geni del genoma umano sia collegata ad un maggior rischio di contrazione del morbo di Parkinson. Quanto vale N? Almeno un numero a 5 zeri. La possibilità che la mutazione selezionata a caso di un gene selezionato a caso sia davvero il ricercato marcatore del Parkinson diviene allora talmente bassa che, come per i falsi segnali del contatore Geiger davanti alle pietre non radioattive, un esito positivo è molto probabilmente un effetto spurio.
John P.A. Ioannidis
Con i numeri direttamente tratti dagli articoli esaminati, Ioannidis mostrò che nella maggioranza delle pubblicazioni l’accuratezza A sarebbe dovuta essere stata inimmaginabilmente elevata perché i loro risultati fossero affidabili. Ma un’accuratezza di questo livello non è possibile, di regola, nemmeno nella strumentazione della ricerca più avanzata. Nella maggioranza dei campi il cut-off standard della percentuale di falsi positivi è di 1/20: ciò significa che un test a 2 risposte è ritenuto sufficientemente accurato quando dà una risposta errata non più di 5 volte su 100. Significa che solo il 5% delle ricerche danno per risultato un falso positivo? Neanche per sogno. Vuol dire che A è del 95%, ma poi questo numero va rapportato – come nell’esempio del contatore Geiger – alla miriade di ipotesi false della ricerca specifica. E in questa pletora, la decisione di contare 1 volta ogni 20 come vero un risultato falso porta con sé l’esito finale di ridurre drasticamente il numero dei lavori corretti su quelli sbagliati.
Ma, si dice, la comunità scientifica nel suo insieme ha la capacità di garantire alla fine la serietà dei risultati pubblicati, perché diversi gruppi autonomi lavorano competitivamente alle stesse questioni. È vero che ci sono molti team indipendenti impegnati nelle stesse ricerche: un’ipotesi promettente richiama molta gente, allo stesso modo che le voci di un possibile nuovo filone aurifero in Alaska attiravano nell’800 carovane di cercatori d’oro da tutti i continenti. Ciò tuttavia peggiora, anziché migliorare la situazione! Come mai? Eh, qui si inserisce un fattore umano, molto comprensibile, ma nulla avente a che fare col metodo scientifico…
Supponiamo che tra i vari gruppi di ricerca, solo uno proclami di aver trovato l’aurea correlazione gene-malattia, mentre gli altri non hanno scoperto nulla che sia degno di menzione. Da un punto di vista puramente statistico, se tutte le ricerche sono state condotte con lo stesso rigore, ciò implicherebbe che l’unico risultato positivo è più probabilmente un falso positivo. Ma, quando si arriva alla decisione se pubblicare o no nelle famose riviste peer per view, accade nei gruppi una cosa imprevista dalle anime belle: i ricercatori che non hanno trovato nulla rinunciano normalmente a pubblicare la loro non-scoperta. Non puoi certo aspettarti il premio Nobel, e neanche una piccola royalty o uno scatto di carriera per la tua dimostrazione che un’ipotizzata (da te) correlazione genica non ha probabilmente a che fare con nessuna malattia! E se anche decidessi di farci un articolo, non puoi mica pretendere di trovare qualche rivista che te lo pubblichi: anche i giornali, caro mio, sono in feroce competizione (economica, non epistemica!) per attirare lettori con articoli ad effetto, cosicché preferiscono un menu settimanale di sempre nuove, chiassose scoperte, piuttosto che uno composto di deludenti correlazioni non significative.
Di fatto, entrambi questi effetti, la propensione dei ricercatori a scrivere e la disponibilità delle riviste a pubblicare, possono essere misurati con precisione: poiché in grande maggioranza le ipotesi investigate sono a priori false – la scienza sperimentale è un’arte faticosa ed una vera scoperta richiede anche, quasi sempre, la manina della fortuna –, se da un lato i ricercatori facessero rapporti delle evidenze negative con altrettanta propensione delle positive e dall’altro le riviste li accettassero per la pubblicazione in modo proporzionale, allora la stragrande maggioranza degli articoli riporterebbero non-scoperte. Fatti i conti però, risulta l’esatto opposto: quasi tutti gli articoli pubblicati riportano evidenze positive! Sotto sotto, nella ricerca scientifica contemporanea operano “i pregiudizi prevalenti”, conclude Ioannidis, con un massiccio effetto distorsivo e di deriva sulle mode.
Dopo il suo primo lavoro, Ioannidis fece seguire negli anni successivi altri che estesero i campi ed approfondirono le analisi sui campioni esaminati. Alla fine, batti e ribatti, si è messa in moto la sonnecchiante comunità scientifica. I primi a reagire operativamente sono stati gli enti che finanziano la ricerca. Per esempio, il direttore dell’NIH, il genetista Francis Collins, ha deliberato l’obbligo per tutti i suoi ricercatori d’imparare la statistica. Meglio tardi che mai! E molte università americane che, a differenza delle europee, devono sostenersi sui fondi privati – i quali legittimamente si aspettano ritorni in applicazioni nel medio termine –, stanno istituendo agenzie interne di “meta-ricerca”, cioè di verifica sulla scientificità delle pubblicazioni prodotte dai propri dipendenti. Lo stesso Ioannidis è stato nominato a capo della principale di queste agenzie, il Meta-Research Innovation Center di Stanford.
Epilogo. Salito in treno, apro il Corriere della Sera, che m’informa diligentemente di una nuova “scoperta scientifica, realizzata dai neuroscienziati”: i bambini che sanno distinguere bene un dito dall’altro imparano l’aritmetica prima degli altri. La prova? Una correlazione inaudita: i pianisti sono “in generale” dei buoni matematici. Con questi dottori, mi dico osservando dal finestrino le nuvole in cielo, il problema non è l’ignoranza della statistica, e neanche il suo tradimento – come per l’astronomo che due settimane fa, dal megafono di “Science”, ha dato a 50% la probabilità che la vita umana sia un software progettato da un’intelligenza aliena (una teoria che potremmo chiamare Creazionismo 3.0, dopo le due versioni della Biblical Belt e dell’Intelligent Design) –, ma è l’ignoranza dell’aritmetica dell’asilo: chi gli va a spiegare che la loro scoperta delle 10 dita vale come quella dell’epitaffio del maresciallo La Palice (“Se non fosse morto, sarebbe ancora in vita”), perché tutti fin da piccoli impariamo l’aritmetica proprio contando sulle dita, donde il sistema “decimale”? Quanto ai “pianisti, buoni matematici”, qualcuno li informi, per piacere, che tutti i musicisti – non solo i pianisti, ma anche i batteristi e gli xilofonisti che non usano le dita, e gli organisti che usano persino i piedi (ma non le dita di essi!) – conoscono l’aritmetica, perché “musica est exercitium arithmeticae occultum nescientis se numerare animi” (Leibniz), la musica è un esercizio occulto di aritmetica, nel quale l’anima calcola senza rendersene conto. Frequenze, tempi, intensità, armoniche, ritmi, canoni, interruzioni, frasi, ritorni, …
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50 commenti
Molto bello. Chissà che, avendone capito le importanti implicazioni, tu non susciti la voglia di studiare. Perché no, anche il teorema di Bayes. La statistica è la meno capita e studiata delle matematiche. Non per nulla Einaudi nominò senatore a vita il Trilussa (Carlo Sallustri), quello del io mangio due polli tu niente allora abbiamo mangiato un pollo a testa. Ma, se la statistica è la peggio messa, come è messo il resto? Aldo Grasso / Malintesi Sette – 16-22.04.20016: Vieni avanti analfabeta funzionale: non riconoscono le lettere 5 su 100. 38 lo sanno fare ma faticano a leggere le parole e numeri. Altri 33 lo sanno fare ma non capiscono testi semplici o semplici grafici, anche riguardanti la vita quotidiana.
A chiedere più soldi son buoni tutti, ma guai a verificare come sono spesi. Il quizzone del ministro Berlinguer gli costò il posto e fece perdere le elezioni successive al suo Partito. La deduzione che io sia un ammiratore del Partito e di Berlinguer è illecita. Per sollevare lo spirito: citiamo tutti Lapalisse. Ma in realtà la balordaggine deriva da un errore di traduzione: “farebbe ancora invidia” e non “sarebbe ancora in vita”. Tornando alla statistica negletta: i rudimenti sono spesso dati al momento del bisogno invece che in corsi universitari specifici. Per la Statistica assiomatica suggerirei: Papoulis. Probability, Random Variables and Stochastic Processes. Per l’altra metà della scienza statistica non saprei consigliare. Mi piacque molto Boldrini, ma è un reperto storico.
Grazie, Luigi. Ricevere un complimento da te sospetto sia una cosa rara.
Alla fine della sua analisi, come fa un povero cristo come me a fidarsi ancora della ricerca in medicina?
Chiedo: le ricerche che hanno prodotto risultati veri (indubitabili, dal momento che i passi avanti degli ultimi decenni sono sotto gli occhi di tutti) sono allora la punta di diamante di una marea di ricerche spazzatura? Il sistema ricerca in questo campo è davvero così in balia dell’incertezza?
Bella domanda. Ma ne ho una più intrigante. E come fa un povero diavolo come me a fidarsi dei medici (oltre che delle medicine) ? Un cardiologo mi ha consigliato: stia lontano dai medici più che può. Alla fine non ho potuto. Credo che quella frazione 1/20 = 0.05 sia il valore correntemente usato per l’ipotesi nulla. Probabilmente ha una sua ragionevolezza. Certo che impressiona la scarsa separazione tra placebo e tanti rimedi ad esso comparati. Al momento mi consolo leggendo Moliere: dono tibi et concedo/ virtutem et potestatem/ medicandi/ purgandi/ … / et occidendi/ impunenter per totam terram. Modernamente si chiama firma su “consenso informato”. Chiesi ad un veterinario di curare anche me, ma la legge lo proibisce. La legge dovrebbe proibire la frode in commercio, lo spacciarsi per medico di un veterinario. Invece lo statalismo si fa vanto di limitare la mia libertà. E a me vien voglia di mordere. Tornando al tema, il lavoro citato da Masiero è assai preoccupante. Se le regole di selezione e di cooptazione sono cadute così in basso non vedo rimedio, ma rimedio infine ci sarà, dopo aver toccato il fondo. E’ la legge dell’ubriaco. Più in basso che steso a terra o nel fosso non può cadere.
La tua conclusione è anche la mia… L’ho ribadito a più riprese su queste colonne.
Se tu sei un meccanico, io sono un agricolo e, per esperienza acquisita, mi curo molto con le piante. Più le conosci e piu le cerchi.
Cipriani scrivi un articolo con la tua esperienza fitoterapica, perché no!?
Sarebbe troppo personale… E non credo che la fitoterapia interessi CS.
Semmai, chiedo io ai redattori volontari (ma chi sono? Htagliato e chi altro?) di mettere in nota un articolo critico sull’omeopatia e la sua scarsa propensione ad essere verificabile in esperimenti replicabili… E che pure in moltissimi casi dà risultati, persino in ambito veterinario.
Effettivamente un articolo sulla omeopatia sarebbe interessante. Io che sono scettico devo dire che la uso, consigliato da un medico e riscontro effettivamente degli effetti, su me e sui miei figli, non so che dire.
@ALEUDIN: Avevo letto un articolo, su una vecchia rivista del CICAP, relativamente alle cure omeopatiche e del perché ‘sembrano’ funzionare…. effetto placebo probabilmente; comunque dovrei rivedere l’articolo.
Alla fine i rimedi omeopatici si usano per malanni di poco conto, che nel 99% dei casi se ne andrebbero per conto suo senza nessun intervento.
Non credo affatto che possano avere efficacia su malattie come i tumori, per esempio.
Anche io mi occupo di fitoterapia (che non è l’omeopatia) e mi trebbio moltissimi articoli scientifici ad essa relativi e proprio riguardo a questi ho la sensazione che si applichi in pieno quanto enunciato qui nel pregevole articolo del prof. Masiero, ossia che i risultati siano in gran parte falsi. La maggior parte dei “rimedi” individuati come efficaci infatti non mantiene le promesse e solo pochi di questi riescono a competere con i farmaci.
Comunque la statistica sarà anche trascurata dai ricercatori, ma non lo è certamente dall’economia:
http://www.avvenire.it/rubriche/Pagine/Ultime%20notizie%20dell'uomo/Nell%20era%20del%20computer%20quanto%20%20batte%20%20perche%20_20160515.aspx?rubrica=Ultime%20notizie%20dell%27uomo
Il medico è un bayesiano naturale in realtà, cioè pesa da varie fonti le informazioni per conseguire una risposta diagnostica. Un buon medico quando prescrive un esame, raccoglie una anamnesi, esegue un esame obiettivo, esegue un ECG o un ecoDoppler… o una qualsiasi altra metodica dovrebbe tenere a mente la gravità di quel che cerca e le ricadute di una eventuale mis-diagnosi. Quello che indirizza è sempre “la prima osservazione” è lì che si gioca nel 90% dei casi il fiuto del medico.
La ricerca scientifica è preziosa, Cipriani, quella medica in particolare, perché la verità è che non abbiamo nessuna alternativa ad essa se ci vogliamo curare e difendere dalle malattie.
Il lavoro di Ioannidis, e degli istituti di meta-ricerca, non è contro la scienza (buona), ma al contrario proprio per la sua difesa, contro incapaci, fanfaroni e imbroglioni, che approfittano del prestigio di cui gode la tecno-scienza ai nostri giorni per i loro interessi.
Il progresso che registriamo ogni anno nella tecno-scienza, e nella medicina in particolare, deriva da 2 fattori principalmente:
1) “la punta di diamante”, come la chiama Lei, della ricerca buona sull’oceano di quella cattiva;
2) il lavoro silenzioso di tanti buoni “artigiani”, come li chiama il mio amico Giuliani, di tanti medici bayesiani, come li chiama il lettore AndreaX nel commento più sotto al Suo, cioè di sperimentatori sul campo che badano più alla sostanza (confrontandosi coi colleghi ai congressi dedicati, sui problemi concreti), che agli imbrattatori d’inchiostro alla ribalta dei mass media.
Però prof. Masiero lei non ha idea di quanto sia bistrattata la matematica nei corsi di medicina la fanno al primo anno; te la spiegano con le palline rosse e nere per forza di cose avulsa dalla realtà in cui la utilizzerai perchè non hai ancora le basi; bisognerebbe farla al sesto anno invece perchè la tesi è un lavoro scientifico il primo della carriera di uno scienziato ed è il caso che sappia in cosa consta una “matematica verificazione” come le chiamava il Da Vinci; poi fanno linee guida su linee guida per ripianare all’errore, dove sostanzialmente ti spiegano “il come” senza che tu ne abbia mai afferrato intimamente “il perchè”.
Non dico che debbano essere tutti biostatistici, per carità no a un chirurgo serve poco (cmq non niente se ambisce a leggere un qualsiasi lavoro scientifico) ma tanto i più leggono l’abstract e le conclusioni i materiali e metodi che servono… tanto è peer review (!gulp!) ecco quindi poi non c’è da meravigliarsi se dalle metanalisi emerge che buona parte delle produzioni scientifiche sono false date le premesse.
Temo invece, AndreaX, di avere un’opinione ancora più severa della Sua sulla preparazione generale in matematica che ottengono i medici all’università, proprio per esperienza diretta di quando, giovanissimo ricercatore a fisica, conobbi il docente che insegnava matematica a medicina nello stesso ateneo!
Il problema non è però, secondo me, che “tutti” i medici debbano avere una conoscenza profonda della matematica, e della statistica in particolare. Ma chi pretende di fare ricerca sì, in particolare di chi si fregia del nome di neuroscienziato! Invece, che squallore matematico tra i cosiddetti neuroscienziati che scrivono articoli sulle riviste scientifiche! In futuro, in altri articoli, ne proporrò delle belle…
Ed è tutto dire se Francis Collins si è accorto solo adesso che i ricercatori dell’NIH non conoscono la statistica!
Di seguito le mie considerazioni in ordine sparso
lettura sconsigliata a spiriti cosiddetti razionali al 101%
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innanzitutto, l’apertura . Lasciatemi salutare il mio puledrino nonché il mio caro Kostantin contadino , amici del rubino, altrimenti muscolo, motore di paesaggi ventricolari a soffietto, di giardini aerei, fluviali e persino selvosi, chiostri di questo mio inaffiatoio a tasto ex inchiostro.
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Dopodiché, al centro, una bella statistica di nome attuariale, che di matematica se ne intende assai assai, di tavole in tavole di frequenze, incendi, infortuni o incidenti financo di vita, speranza in mortalità, da applicare a una bestiolina, chiamata tasso, per la quale fior di formulazze vengono applicate in regione di una certa tua pignorabilità ante litteram, che diventa l’altrui reddittività , tanto per nulla cambiare ai vestiti dei mitici risultati , maseriomente esposti in questo nuovo brillante pezzo del nostro Giorgione.
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Sicché, in conclusione, saltando altri centri su centri delle medie, ma pure del noto ceto medio mediatico, finisco con due sparate e/o disparate financo ben poco conseguenze disperate. La prima. Quanta ragione alla dolce metà del nostro caro Giorgione! che alla facciazza di ogni regno della matematica, sa bene che nulla c’entra in sé la tarologia o l’astrologia, tanto come, di fatto, nulla adempiono, del loro dovere, le leggi delle probabilità e del rigore della statistica applicate alla pseudologia dell’evo tecnologico. Le contraddizioni e l’inattendilità di un contemporaneo tutto scientifico, estinguendo i classici lasciati alle notte bianche, di giovani e vecchi che si mettono pure le vecchie tuniche , e in testa certe coroncine, resistono. Mentre i più, recitando i rosari dei saperi innovativi, abbandonano, come sempre, l’uomo alla sua solita condizione, smarriti nel non senso del mondo.
Ma la dolce metà sa come stanno le cose; la sposa interiore sa delle mitiche scoperte sulle diverse sconfitte, già avvenute,dell’uomo sulle sue malattie, persino del cancro che, per ragioni per nulla misteriose al mondo dei numeri, perlomeno di certi numeri, vengono debitamente custodite nel tempio di certe formulazze del solito profitto, ma soprattutto del potere matematicamente fisso, di certe terapie (molto chemio ma anche radio, tutte comprese).
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Pseudoscoperte nascondono scoperte. Pesudostatistiche occultano quelle dei risultati reali di altri numerelli chiamati ricavi. Tanto come pseudonotizie nascondono le vere cronache e la Storia. Dunque lunga vita a tutte le dolci metà ( di ogni genere, preferibilmente escluse le note panzane per certe unioni del solito matrimonio perbene), che, con altri segni e simboli , sanno salvarealmeno se stessi, da questo evo tecnologico di scienziati Otelmo 2.0 o Vanna 3.0 , di fronte ai quali anche la piu nota coppia Marchi ci fa la figura di una dilettante allo sbaraglio o da corrida.
RO’ ti dedico una delle poesie del mio Maestro: M’illumino d’immenso.
Interessante sapere se saprai pure tu condensare un miliardo di sentimenti e sofferenza in brevi parole.ps.Vorrei fare una domanda sulla Matematica al Prof.Masiero ma rifletterò se corro il rischio o no di essere FT(fuori tema)….
Mi hai preceduto, caro Stò… Quand’è che potremo godere di un intervento breve della nostra Ro che a quanto pare ha superato alla grande la buriana burlesca che l’ha parodiata (ma sembrava lei) qualche giorno fa?
Ungaretti è maestro anche per me, maestro di sintesi e di vita. Molte delle sue poesie sono condensati di concetti vastissimi, che non ci perdono nulla, a dimostrazione che si può dire cose “alte” senza entrare in labirinti inutilmente verbosi…
Potevo dubitare che Un Amico non potesse apprezzare G.U. ?
Vediamo se ci risponde.
La Poesia è una delle Arti(assieme a Pittura,Disegno,Scultura,Architettura ecc.ecc.)che adoro.
Se Ro’ ritiene essere Noi all’altezza di poterla seguire ci invii un messaggio.
per il curatore d’orto e giardino:
ok, assumerò in dosi massicce clorofilla d’haiku, ossimoro permettendo.
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per il puledrino attorno a fiori e verdure di cui sopra:
che dirti? se sei imbizzarito, è nella tua natura, o no?
Eh,… Lei, Rò, solleva un altro problema: quello delle scoperte, o comunque delle ricerche, frenate o non applicate per motivi economici o politici o militari del sistema di potere. Ioannidis, di cui ho riferito in questo articolo, e in generale le agenzie di metaricerca, non si occupano di questo problema, che è politico, ma ci pensano soltanto le persone libere. Con quale risultato non Le so dire, anche perché coloro che pensano con la loro testa sono sempre meno.
grazie Masiero, ha detto l’essenza , non posso aggiungere altro, tranne forse l’augurio, immagino comune, che prima o poi la Storia, del ben due volte sapiens, porti quel “meno”, con cui hai concluso, a una proporzione/statistica invertita, trasformandosi in più ..
Buongiorno, e tante grazie al prof. Masiero per tale pregevolissima serie di articoli metascientifici.
Non posso che condividere, da uomo medio, le medesime incertezze poste di sopra dal sig. Cipriani, al riguardo di questa laida vacuità moral-metodologica attanagliante oggidì la ricerca scientifica, e dell’impossibilità di poter dar credito alla gran parte degli odierni studi scientifici.
Vorrei fare una domandina al prof. Masiero e ai commentatori: si potrebbe contrastare, a Loro dire, il decadimento della ricerca scientifica istituendo centri di ricerca che sappiano autofinanziarsi e che siano composti da pochi ma validi elementi (condizioni, di per sé, di ben ostica realizzazione)? Mi scuso se la domanda è semplicistica o fallace, e mi giustifico accusando la mia ignoranza del mondo della ricerca scientifica.
Concludo osservando che la statistica sia un ramo matematico molto trascurato fin dai licei, in particolare scientifici, in Italia, e come la statistica (anche bayesiana), per quanto concerne lo studio della probabilità di eventi che si vengono incontro fra loro, della loro correlazione (che, come si nota, porta a risultati che appaiono controintuitivi ai non addetti), sarebbe un ottimo metodo per allenare l’attitudine analitica dei giovani.
Grazie, Alio.
Io sono abbastanza ottimista, comunque. Per le ragioni che ho spiegato a Cipriani. La buona scienza va comunque avanti.
Alla Sua domanda, rispondo: le agenzie di metaricerca (che sono finanziate dai finanziatori della ricerca, che non vogliono essere presi per il naso) sono uno strumento. Un altro sono, nel medio termine, le applicazioni tecnologiche, le quali danno ritorno economico, e che sono frutti che crescono solo dalla buona ricerca.
Il vero nemico è la spettacolarizzazione della scienza, fatta dalle riviste di divulgazione, e la sete di fama, successo e denaro che attira una pletora di cattivi maestri e inetti discepoli.
Molto interessante prof.Masiero, lei ha trattato un argomento, quello in fondo dell’affidabilità della scienza e dei suoi metodi, che personalmente mi interessa molto. In linea generale condivido il suo punto di vista, solo che io farei una distinzione ulteriore tra cattiva scienza, e buona scienza. Se la scienza è fatta bene, io credo che ci fornisca sempre delle risposte molto interessanti. Lei ha anche citato giustamente alcune discipline, medicina, biologia, climatologia, finanza e psicologia che, se ci pensiamo bene, sono tutte accomunate da un denominatore comune: si occupano di sistemi complessi. Ed è proprio qui che nascono i problemi. Un sistema complesso tra le varie definizioni è anche intrinsecamente impredicibile soprattutto per il fatto che esistono delle proprietà emergenti la cui dinamica non è riconducibile ai singoli fattori che costituiscono il sistema stesso. Ebbene, tutte queste discipline forniscono allora risultati falsi? Ebbene, io non la vedrei in questi termini, direi piuttosto risultati non certi, con gradi di probabilità diversi. Questi sistemi infatti tendono generalmente a sfuggire alla modellizzazione matematica, nel senso che ogni modello matematico non sarà mai sufficiente, ci sarà bisogno pertanto di una pluralità di modelli ognuno dei quali coglierà soltanto alcuni aspetti del sistema complesso. Quindi più che di ignoranza della matematica parlerei di ignoranza della scienza nei confronti dei sistemi complessi. Non esistono equazioni del clima, di un cancro o di una funzione cognitiva. Questo però non significa che non sappiamo niente o che dobbiamo rinunciare alla conoscenza. Sappiamo ad esempio con sufficiente grado di probabilità, grazie alla pluralità di metodi utilizzati e di informazione, che il fumo di sigaretta aumenta di molto il rischio di tumore ai polmoni e di malattie cardiovascolari, che una dieta ricca di grassi saturi fa male, che il clima sta cambiando anche per causa delle attività umane (e conosco bene le posizioni scettiche, sono anni che me ne occupo). Come negli studi di medicina ed epidemiologia, per esempio, esistono dei protocolli metodologici ben collaudati, anche statistici (randomizzazione, caso-controllo, doppio cieco), anche nelle altre discipline, non si studia mai un solo parametro come nel caso del Geiger, si sa benissimo che una semplice correlazione non è necessariamente un rapporto di causa-effetto e inoltre per singoli argomenti si fa riferimento anche alle metanalisi. Per cui generalmente tenderei ad essere più ottimista, una volta fatta la distinzione tra buona e cattiva scienza. Sul peer-review, certo, i rischi che si corrono sono molti, anche se probabilmente è ancora il meglio che abbiamo, recentemente affiancato dall’interessante open source.
Grazie, Vomiero.
Il problema non riguarda purtroppo solo le scienze dei sistemi complessi, ma anche le ricerche fondamentali della fisica,… sempre più metafisiche, nel micro come nel macrocosmo! L’altro giorno, ho chiesto all’astronomo Bersanelli – uno dei capi responsabili del progetto Planck, che coinvolge 400 scienziati di tutto il mondo, e quindi lavora su sistemi complessi ma reali come mandare sonde robotiche a milioni di km – cosa pensasse del simposio di astronomi, riportato da Science, in cui si è discusso se la vita terrestre fosse stata originata da intelligenze aliene; o del fisico per il quale il tempo è un’illusione, o del multiverso, ecc. Egli mi ha risposto che non c’è una buona scienza ed una cattiva scienza, ma un’unica scienza sperimentale con un metodo ben collaudato. Quelli non sono scienziati, ma traditori della scienza: la creatività in scienza sperimentale ha un limite nel metodo galileiano, che impone di fare – alla fine – predizioni sperimentalmente controllabili.
Un’ulteriore prospettiva… La scienza vera è una sola ed è buona, il resto è un’altra cosa spacciata per scienza. Si può affermare che quando s’è scoperto l’arcano si torna a innamorarsi della scienza? Ma scoprire l’arcano non è così facile per i profani, ci vogliono (ed è valido anche per gli spacciatori della finta scienza) spirito critico, apertura mentale, capacità di rivisitare tutti i propri pregiudizi, onestà intellettuale nel riconoscerli, insomma una paglia…
Condivido la prospettiva di Giuseppe Cipriani. Il duplice problema, da una parte di conoscere veramente che cosa sia e come funzioni la scienza vera (sperando che si riesca poi anche ad amarla), dall’altra il possedere strumenti adeguati per saperla riconoscere… e non è facile.
Grazie Dott. Masiero per questo articolo. Personalmente mi suscita un po’ d’angoscia e costernazione.
Volevo però chiedere una cosa un po’ FT (fuori tema..grazie STÒ, gliela rubo se posso).
Tempo fa chiesi, per un articolo a richiesta, proprio un intervista all’astrofisico Bersanelli. Ora, non essendo la prima volta che lo nomina, mi sto illudendo che si stia realizzando. Mi sbaglio? Spero di no. Sarebbe bello essere anche noi partecipi di questi dialoghi. Perdoni il mio ficcare il naso.
Che bello, Paolos, se CS diventasse un punto d’incontro di menti eccelse… Il cammino è avviato, la strada lunga…
ODDIO Grazie a Lei! Sono commosso.Dal 1945 dopo una serie di guerre perdute siamo uno stato(non indipendente) sotto controllo 24 ore su 24.
Ma almeno poter usare la nostra bellissima lingua!Che è una delle più studiate al mondo!
Bon, sdogano e userò anch’io da ora in poi FT!
Grazie.
No, PaoloS, non ho incontrato Bersanelli per un’intervista, ma nell’occasione di un incontro universitario. Spero che CS possa produrre l’intervista da Lei desiderata, ma contiamo al momento ancora su poche forze di alcuni volontari. Se altri, tra i lettori, volessero dare una mano…, sarebbe bello fare di CS quel luogo proposto da Cipriani!
Eh.. peccato. Grazie comunque dott. Masiero. Se potessi la farei io un’intervista ma per fortuna/purtroppo sono circondato dal mare sardo.
.
A STÒ
Grazie a lei. D’ora in poi, come il sig Giuseppe, la userò sempre… e la “A” al posto di @.
A Giuseppe Cipriani
Sarebbe bello sì. La strada però non mi appare molto lunga. Direi che ci siamo quasi. Basta vedere chi, ultimamente, scrive e commenta per CS: Pozio, Mojoli ecc.
Come diceva il dott. Masiero, mancano volontari che aiutino il gran lavoro del caro Prof e della redazione.
Un saluto a tutti
Ho sbagliato a scrivere il nickname e il mio commento è in moderazione. Ho scritto paolop. In questo caso va anche bene perché la P starebbe per pirla.. ma, in effetti, pensandoci, anche la S del mio cognome si adatta bene altri giustificati epiteti..
Pardon
La ringrazio signor Paolos mentre nello stesso istante saluto gli abitanti dell’Isola circondata dal Mare Sardo e i tanti amici che ho avuto il piacere di conoscere….anche se da anni non ho più occasione di incontrarli…….
escludendo i miei commenti in “in loro difesa”dopo l’infelice battuta di spirito del divertente(quasi sempre)Paolo Ugo Villaggio Fantozzi Fantocci…..guarda caso dove?Naturalmente su internet!
Concordo con lei signor Paolos e ritengo sicuramente all’altezza i nomi di Pozio,Mojoli e tutti gli altri esperti.Mancano ancora qualche nome(nelle varie materie culturali)per poter vedere realizzata una Tribuna di Libero Dibattito all’altezza dei tempi…..volontari permettendo!…Nb. Cipriani e Stò assieme a tanti altri più volte hanno sognato un luogo idoneo dove Menti Razionali(non obbligatoriamente Razionaliste!….Battutona!)si potessero incontrare con la massima civiltà per intessere colloqui utili a tutti….tocchiamo ferro…….e avanti.
OT relativo… Qualcuno dei lettori/frequentatori di CS ha acquistato il primo numero di Mate (matematica da zero a infinito)? Mensile da poco in edicola?
Mi interessava un parere…
Ho letto una brevissima recenzione su internet.Quando avrò l’occasione di leggere questa rivista credo che essa mi arricchirà(sul piano culturale).E datosi che tra Signora Matematica e Me è sempre esistito un muro invalicabile, in età avanzata(la mia) innamorarsi di “questa fredda sapienza”potrebbe essere l’occasione per un flirt.ps.Intanto sto preparando la domandona per il Professor Masiero.
Professore……domanda che non credo essere FT…..lo spero.
Recentemente(alcuni anni fa)seguivo le recenzioni da parte del Prof.Odifreddi sull’autore americano di un libro in cui si dimostrava “che matematicamente Dio non esiste”.
Mentre altre volte(in un passato non remoto)ho avuto modo di leggere recenzioni di studi-libri che “dimostrano che Dio esiste-matematicamente parlando”.
Come è possibile che possono coesistere 2 matematiche?
E chi controlla(per meglio dire chi dovrebbe controllare,esempio un’ autorità garante)se un libro è una bufala, spacciato “per verità assoluta”?
Di questa “dimostrazione” matematica che Dio non esiste, stò, ho parlato in un passato articolo (http://www.enzopennetta.it/2015/06/filosofando-al-bar-di-scientific-american/ ), dove ho anche spiegato gli errori. Esiste anche una celebre “dimostrazione” matematica che Dio esiste, quella di Gödel, che è uno dei più grandi matematici e logici di tutti i tempi. Gödel però, a differenza degli ateisti da strapazzo, non ha mai pubblicato la sua “dimostrazione”, proprio perché – da sommo logico qual era – sapeva benissimo ciò che dovrebbe sapere ogni liceale: ovvero che ogni teoria matematica si fonda su assiomi indimostrabili, cosicché la validità dei suoi teoremi dipende dalla validità dei suoi assiomi. Insomma la validità della dimostrazione dell’esistenza di Dio prodotta da Gödel poteva essere accettata solo da coloro che condividevano i suoi assiomi di partenza…, che in qualche modo – ontologicamente – già contengono l’esistenza di Dio!
Le “dimostrazioni” della non-esistenza di Dio prodotte dagli ateisti sono ancora più ridicole, come ho mostrato in quell’articolo, perché oltre che fondarsi su assiomi discutibili, contengono anche errori logici di deduzione.
Una dimostrazione matematica dell’esistenza di Dio non è possibile. Per chi ha la grazia di credere, Dio è certo perché evidente, al di là di ogni altra maggiore evidenza possibile, più della luce che in questo pomeriggio illumina il mio studio, e fortunatamente molto più di ogni conclusione matematica che alla fine dipende dai postulati di partenza.
Approfitto sempre(mai della Sua pazienza)per ripresentare(tramite addetti ai lavori)temi che non devono finire sotto montagne di parole.
E come non ringraziarla ?
Volevo condividere con voi questo pensiero di Johann Carl Friedrich Gauss
“Intendo la parola dimostrazione non nel senso degli avvocati, i quali stabiliscono che due mezze dimostrazioni ne uguagliano una intera, ma nel senso di un matematico, dove mezza dimostrazione = 0, ed è richiesto per la dimostrazione che ogni dubbio diventi impossibile.”
Cosa ne pensate?
Per essere un senso “matematico” direi che è fin anche troppo filosofico… Questa la mia prima impressione, ma aspettiamo assieme lumi.
Ignoro il contesto, Jonioblu1, in cui Gauss ha fatto questa affermazione, se un contesto c’è. Così presa, isolatamente, la frase non ha senso o al più è ovvia. Si potrebbe infatti obiettare: come si fa predicare di qualcosa una proprietà certissima per chiunque?
Se rispondo alla domanda allora devo ragionare per dubbi se sia o non sia cosi.
Se,da quello che ho capito,una teoria matematica non può dimostrare contemporaneamente:coerenza e completezza lo si puo dire per due ragioni:
a)Se nè è dubitato
b)Si è dimostrato con un teorema appunto che non solo che era corretto dubitarne ma che è pure vero che è incompleta.
Mi sembra che Dubbio e Dimostrazione,sono due momenti distinti più che “nella” matematica nel pensiero umano.
Tuttavia,da quello che ho capito, dice anche che Ogni dubbio su un teorema diventi impossibile cioè non contraddittorio,il che è impossibile da dimostrare perchè se no sarebbe completa,ma proprio il fatto che è incompleta è stato dimostrato con un teorema.
Se esistono affermazioni vere ma non dimostrabili,come si fa a dimostrarle con la matematica?Si ma allora come può rendere OGNI dubbio sulla sua stessa coerenza impossibile?
Caro Giorgio, articolo perfetto e il senso del lavoro di Ioannidis è colto a mio avviso molto bene, però per dissipare alcuni dubbi (almeno spero), forse è meglio ritornare sul concetto di probabilità a priori e a posteriori, il che ci aiuterà anche a capire la vera natura ‘dell’inganno’.
Allora, osservare il mitico p<0.05 (probabilità che l'ipotesi nulla sia vera minore di 1 su 20) NON IMPLICA CHE HO UNA VERITA' INCONTROVERTIBILE MA SOLO CHE VALE LA PENA DARE UNA SECONDA OCCHIATA, APPROFONDIRE LA COSA…tanto è vero che l'accettazione di una (transitoria) verità scientifica non si basa su un risultato significativo anche se ottenuto da un gruppo molto quotato e comparso su una rivista fichissima.
No, come in qualsiasi attività umana, il grado di credenza si viene ad accumulare a poco a poco, grazie a evidenze convergenti derivanti da gruppi differenti, che hanno lavorato con metodi e materiali differenziati e sono giunti a conclusioni dello stesso tipo.
E qui entra la probabilità a priori, cioè il costruirsi di una credenza scientifica BASATA SULLA TRADIZIONE e quanto un risultato nuovo modifichi o meno questa tradizione consolidata (probabilità a priori), leggetevi questo bellissimo articolo di Regina Nuzzo apparso qualche tempo fa su Nature per avere una idea quantitativa di come un nuovo risultato scientifico modifichi il grado di credenza di una ipotesi:
http://www.nature.com/news/scientific-method-statistical-errors-1.14700
Guardate la seconda figura dell’ articolo, capirete come il massimo effetto che ci si può aspettare da un pezzo di scienza singolo (una pubblicazione scientifica) si ha quando le possibilità a priori a favore o contro di una certa ipotesi sono alla pari (50% a favore di A, 50% a favore di non A) e ciononostante si tratta sempre di uno spostamento relativo da una parte o dal’altra della bilancia NON LO ESPERIMENTO DEFINITIVO..se poi guardate la situazione di gran lunga più frequente (già in parte si sa che l’ipotesi dovrebbe essere vera, quadro a destra della figura) allora lo effetto differenziale di ogni nuovo esperimento è ancora più piccolo…
Ora questa è statistica più o meno di base, uno strumento indispensabile di ogni ricercatore indipendentemente dal suo campo di indagine, uno strumento che lo lega alla realtà, uno strumento il cui uso si sta dimenticando tanto da far fare alla associazione degli statistici americani un accorato appello del tipo ‘Scienziati studiate la statistica o ci seppelliremo in una mare di idiozie’..già perchè da quanto abbiamo visto avere una corretta stima delle probabilità a priori di un evento da tirar fuori in maniera soggettiva (e sì, la scienza come qualsiasi attività umana ha bisogno di un soggetto pensante) dai dati, dove per soggettiva intendo anche una meta-analisi alla Ioannidis che permette alla fine di fare dei calcoli (e sì, basta andare alla SNAI o in qualsiasi altro centro di scommesse per capire che si fanno calcoli anche sul grado di credenza soggettivo..). Ma come m faccio un'idea se più uno la spara grossa più ha probabilità di essere pubblicato ?? Ora non si tratta di un sito oscurantista come questo che lo afferma, ma addirittura Science che (finalmente !) si accorge che, a forza di iperboli (hype), la scienza sta finendo in farsa:
http://science.sciencemag.org/content/352/6287/776.full
Ora non è che si tratta di un problema di poca matematica, si tratta di perdita del senso della realtà che è cosa molto peggiore….alcuni diranno, ma allora lasciamo fare la scienza ai computer che sono meglio di noi, benissimo, ecco a cosa arriverebbero i computer:
http://www.tylervigen.com/spurious-correlations
visto che, per definizione, il senso non deve inquinare la oggettività dei dati (come direbbe un positivista di ferro)….guai seri, pura idiocrazia, vi prego andatevi a cercare in streaming il tipo di Universo preparato dalla idea di data mining e di oggettività:
https://it.wikipedia.org/wiki/Idiocracy
Ringrazio Giorgio e Alessandro per i loro articoli e commenti (tra loro complementari) sul problema della ricerca scientifica attuale.
Non è facile sentirne parlare altrove (e con chiarezza), una piacevole eccezione è costituita da questo comico che riporta le stesse identiche vostre conclusioni (oltre a testimonianze dirette di scienziati che riconoscono il problema):
https://www.youtube.com/watch?v=0Rnq1NpHdmw
Il video purtroppo è in inglese, volendo si possono prima mettere i sottotitoli e poi farli tradurre istantaneamente in italiano (con una traduzione un po’ maccheronica).
Il messaggio comunque è lo stesso: nessuno viene “premiato” per uno studio che sia “solo” la replica sperimentale di un altro studio; nessuno pubblica o chiede di far pubblicare una ricerca in cui non si sia trovato niente; spesso non viene detto nelle conferenze finali di uno studio e/o sui mass media che una data ricerca sia stata fatta su un campione troppo piccolo oppure (nel caso della medicina) solo su cavie animali (roditori in primis).
Le ricerche sulle correlazioni tra alimenti e cancro sono contraddittorie e in linea di principio tutti gli alimenti e nessuno lo favorirebbero.
Un po’ tutti gli alimenti sono stati fatti correlare a qualcosa di positivo o di negativo, enfatizzando soprattutto le cure a base di un certo alimento.
Le colpe non sono solo dei mass media ma anche spesso delle fonti primarie.
In conclusione, la scienza la si sta facendo suicidare.
Grazie, HTagliato.
Non essere così pessimista, la tecnoscienza non morirà. Se posso dare un consiglio ad un giovane ricercatore, sta attaccato alla tecnologia, alla sperimentazione, lavora in gruppo. Creatività sì, ma alla fine buon senso e verifica. Se no è meglio passare direttamente a Matematica.
Prego, Giorgio, hai ragione, sono stato un po’ troppo pessimista.
Grazie dei consigli, ma almeno in questo momento, non sono un ricercatore.
Grazie, grazie, grazie, Alessandro. 3 volte. Perché se ho studiato alcune nozioni di statistica all’università, ho capito l’importanza della statistica solo da te. Perché tu mi hai insegnato che alla fine il lavoro dello scienziato è quello di un artigiano di buon senso. Perché sei una miniera di suggerimenti di articoli (scientifici e metascientifici), ognuno dei quali meriterebbe di essere tradotto o almeno sintetizzato da CS.
Questi articoli di denuncia della falsa scienza appaiono finalmente anche su Nature e Science. Non sono però articoli di Nature o Science, ma di scienziati onesti, con i piedi per terra. Stiamo certi che non appariranno mai nelle riviste sorelle, quelle di cosiddetta divulgazione scientifica per le masse, le quali pubblicano solo le notizie “iperboliche”. Così come possiamo star sicuri che sia Nature che Science continueranno a pubblicare, insieme alla buona scienza, anche tanta spazzatura.