Il principio d’indeterminazione, tra operazioni e interpretazioni

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Il principio d’indeterminazione, tra operazioni e interpretazioni

di Giorgio Masiero

A 40 anni dalla morte di Heisenberg, chiediamoci se la meccanica quantistica implichi davvero, come alcuni affermano, una casualità intrinseca in natura

Riferendosi alle relazioni di Heisenberg, in un articolo del 1929 Max Born affermava: “L’impossibilità di misurare esattamente tutti i dati di uno stato impedisce la predeterminazione dello svolgimento successivo. Di conseguenza, il principio di causalità perde, nella sua comune formulazione, ogni senso. Infatti, se è impossibile per principio conoscere tutte le condizioni (cause) di un processo, diventa un modo di dire vuoto che ogni evento ha una causa”. Ho scelto di partire da questa proposizione perché essa

  • esemplifica la confusione che anche un fisico come Born può fare tra 1) causalità, 2) determinismo e 3) predicibilità, che sono invece concetti distinti e logicamente indipendenti; ed anche perché
  • spiega la diffusione della confusione tra gli addetti, molti dei quali si sono formati sui testi di Born o del suo ambiente o sono stati educati da docenti formatisi su quei testi.

Il Principio d’indeterminazione, che Werner Heisenberg propose nel 1927 a fondamento della fisica dei quanti, va sfatato. Quanto esso è ricco di significato per la fisica in termini operativi – ricordo ancora lo stupore provato da studente quando potei dedurne con immediatezza la stabilità degli atomi ed anche calcolare l’ordine di grandezza di dimensioni ed energia dello stato fondamentale dell’idrogeno –, altrettanto è vuoto di implicazioni sulla causalità o casualità della natura. Per mostrare ciò, invece del metodo retorico (detto anche principio d’autorità) di citare i fisici e i filosofi d’accordo con me, userò il metodo scolastico di citare i contrari per confutarli. E poiché si possono dimenticare le lezioni di Aristotele e di Hume sul significato di causa nelle sue diverse forme, di predittività dell’induzione alla base del metodo scientifico, ecc., prima di affrontare il Principio di Heisenberg e le sue conseguenze, ripasserò i significati di causalità, determinismo e predicibilità.

La causalità è una relazione di dipendenza regolare tra classi di eventi. In che cosa consista questa dipendenza è precisamente l’oggetto delle varie teorie filosofiche sulla causalità che sono state formulate durante la storia del pensiero umano. Il determinismo invece – e qui entriamo nel dominio della fisica – è un modo specifico di evoluzione nel tempo degli stati di un sistema: una teoria si dice deterministica quando, dati lo stato al tempo t1 (“stato iniziale”) e una certa legge dinamica L, è univocamente determinato lo stato ad ogni tempo successivo t > t1. Se la funzione L è invariante per inversione temporale (cioè conserva la stessa forma sostituendo –t a +t, ciò che non è sempre vero in fisica), allora lo stato è determinato univocamente anche per tutti i tempi precedenti a t1.

Come si vede, causalità e determinismo non sono nozioni equivalenti: il determinismo non implica l’esistenza di una relazione di causalità (non c’è in generale un senso a dire che lo stato al tempo t1 è “la causa” dello stato al tempo t2 > t1), né una relazione di causalità tra un evento A ed un evento B implica che esista un sistema comprendente i due eventi dotato di una dinamica deterministica. Certo la fisica, come ogni scienza, non può rinunciare ad un concetto di causalità, inteso come un insieme di correlazioni diacroniche tra catene di fenomeni regolato dalle “leggi di natura”, ma queste leggi (e le equazioni che le esprimono) indicano classi di eventi possibili, mai prescrivono i singoli eventi. Le leggi descrivono schemi generali della natura, ma sono le condizioni iniziali e al contorno a fissare gli accadimenti.

E qui, nei singoli eventi, il determinismo si accompagna… all’impredicibilità! Già nella fisica classica non c’è identità tra predicibilità e determinismo, perché anche in essa i singoli eventi governati da dinamiche deterministiche (l’esito di un lancio di dadi, la caduta di un sasso da una montagna, ecc.) non sono prevedibili. Chi assume l’equivalenza tra determinismo e predicibilità ama citare il celebre passo di Laplace: “Dovremmo considerare lo stato presente dell’universo come l’effetto del suo stato antecedente e la causa del suo stato successivo. Un’intelligenza che conoscesse tutte le forze operanti in natura in un dato istante e le posizioni istantanee di tutte le cose dell’universo, sarebbe in grado di comprendere in un’unica formula i moti dei più grandi corpi e quelli dei più leggeri atomi al mondo, a condizione che il suo intelletto fosse sufficientemente potente da sottoporre ad analisi tutti i dati: per tale intelligenza, niente sarebbe incerto, il futuro e il passato sarebbero presenti davanti ai suoi occhi. Dovremmo considerare lo stato presente dell’universo come l’effetto del suo stato antecedente e la causa del suo stato successivo”. L’“intelligenza” perfetta e onnisciente di Laplace è Dio, non è un fisico di questo mondo.

Popper fece la stessa confusione tra predicibilità e determinismo quando definì quest’ultimo come “la dottrina secondo la quale lo stato di ogni sistema fisico chiuso può essere predetto ad ogni istante futuro, anche dall’interno del sistema, con ogni grado specificato di precisione, deducendo la predizione dalle teorie, in congiunzione con condizioni iniziali il cui grado di precisione richiesto può essere sempre calcolato”. La confusione è più comprensibile in Laplace che in Born e Popper, ai quali era certamente noto il caos deterministico scoperto da Poincaré a cavallo tra l´800 e il ´900, cioè quel tipo di fenomeni descritti dalle teorie (classiche) dei sistemi dinamici non lineari – senza ricorrere alla meteorologia, già un sistema di 3 corpi in interazione gravitazionale –, i quali obbediscono a dinamiche deterministiche, ma la cui evoluzione (dopo poco tempo) è impredicibile a cagione della sensibilità delle traiettorie alle condizioni iniziali.

Errata è anche l’idea che la relatività speciale sia una teoria della causalità, perché il suo nucleo sarebbe costituito dalle condizioni di connessione causale tra eventi. Nel caso di due eventi A e B separati da un intervallo di tipo spazio – si dice – risulta impossibile qualsiasi comunicazione, perché il segnale dovrebbe superare la velocità della luce, c; ma siccome niente ha velocità superiore a c, dunque la struttura dello spazio-tempo è una struttura della causalità. Questo ragionamento è sbagliato perché la proibizione di segnali superluminali non è contenuta nella teoria: la velocità c della luce vi costituisce un limite dal basso, ma nulla vieta nella teoria di Einstein l’esistenza di particelle con velocità superiore che, se esistessero, vi troverebbero solo l’impedimento ad essere rallentate fino a c o sotto c. Il nucleo della relatività speciale è la geometria dello spazio-tempo di Minkowski, con la sua struttura a coni di luce e le invarianze lorentziane, ed è definibile in modo autonomo dalla nozione di causa. Certo, tra quelle invarianze c’è l’ordinamento temporale assoluto del cono degli intervalli di tipo tempo, tuttavia l’antecedenza della causa sull’effetto è una condizione necessaria e non sufficiente di un tipo di causa (causa efficiente).

Richiamate le debite distinzioni tra causalità, determinismo e predicibilità, veniamo al Principio di Heisenberg. Esso sancisce l’esistenza di coppie di grandezze che non si possono in linea di principio misurare contemporaneamente con precisione piccola a piacere.

Una di queste coppie è la posizione x e il momento p di una particella, un’altra la sua energia E e il tempo t, un’altra ancora il numero N di quanti e la fase φ del campo, ecc., ecc. Se si riduce l’errore ∆x nella misura della posizione, aumenta l’errore ∆p nella misura del momento, perché il prodotto degli errori non può essere minore della metà della costante universale ħ (un numero la cui prima cifra significativa occupa il 34° posto decimale nel sistema di misura SI).

Sul Principio d’indeterminazione sono fiorite le interpretazioni. Una è dello stesso Heisenberg, secondo il quale l’indeterminazione è da attribuirsi al “disturbo” dell’osservatore. Ma perché non sarebbe possibile calcolare tale disturbo? Con l’introduzione del disturbo (incomputabile), Heisenberg supportò l’idea che la meccanica quantistica avesse nel rapporto tra osservato e osservatore un carattere distintivo rispetto alla meccanica classica, così schierandosi sulla linea anti-realistica (“di Copenaghen”) che il suo maestro Bohr difese contro Einstein. Un’altra interpretazione investe la causalità e il determinismo, che sarebbero ormai ferri vecchi. Oltre al Born del passo citato, c’è per esempio il matematico Friedrich Waismann che in un suo saggio proclama il 1927 (quando fu per la prima volta pubblicato il Principio) l’anno delle “esequie della nozione di causalità”. Scrive: “L’unica teoria attualmente nota capace di collegare e unificare un campo enormemente esteso di fenomeni, la teoria quantistica, è in stridente contraddizione logica con la causalità. […] Data la meccanica quantistica nella sua forma attuale, non è possibile modificarla, completarla o estenderla, per esempio introducendo parametri ipotetici, così da trasformarla in una teoria deterministica, poiché ogni estensione siffatta renderebbe la teoria così modificata autocontraddittoria”.

Non è vero. Come la meccanica classica di Lagrange e Hamilton, anche la meccanica quantistica è una teoria deterministica: ogni stato (un vettore di Hilbert) al tempo t > t1 è univocamente determinato dallo stato al tempo t1 e dalla dinamica L del sistema quantistico. Il determinismo è garantito tanto nella prima quantizzazione dall’equazione di Schrödinger (e dal teorema di Cauchy), quanto nella teoria quantistica dei campi (QFT) dall’unitarietà degli operatori di evoluzione.

E allora, se la sortita di un dado ad un tavolo da gioco o la caduta di un masso da una montagna sono fenomeni della fisica classica deterministici impredicibili, che cos’ha l’impredicibilità dell’istante di decadimento di un isotopo radioattivo per dimostrare una casualità “ontologica”, “intrinseca” della natura nei fenomeni quantistici?

A sentire i fan della casualità intrinseca in fisica quantistica per contrapposizione all’impredicibilità epistemologica in fisica classica, tutto sembra ridursi all’indeterminazione delle misure coniugate, imposta a priori dal Principio di Heisenberg, mentre nella fisica classica un’analoga soglia teorica non esiste; e al dualismo onda-corpuscolo con l’interpretazione probabilistica della funzione d’onda.

Ma l’indeterminazione appartiene alla teoria non alla natura, essendo una conseguenza della linearità della matematica di base adottata dalla meccanica quantistica! Relazioni d’indeterminazione si trovano in tutti i sistemi lineari… Semmai la questione “ontologica” è l’origine di quella precisa soglia inferiore, dettata dalla costante di Planck ħ. E quanto alla funzione d’onda, è proprio vero che il primo amore non si scorda mai! Tutti gli studenti di fisica incontrano la meccanica quantistica la prima volta nei pionieri degli anni ´20 con i loro paradossi, dal dualismo alla particella passante per due fessure contemporaneamente al collasso d’onda, ecc., assorbendo tutto l’armamentario dell’idealismo di Copenaghen…, e poi, quando con la seconda quantizzazione (la QFT) scoprono che la funzione d’onda è solo il ricoprimento statistico dei modi del campo quantizzato – cosicché il tanto misterioso collasso, nella cui mitologia l’osservatore diventava responsabile della vita e della morte del gatto di Schrödinger e più in generale attualizzava miracolosamente gli stati fisici, non è altro che il particolare modo del campo registrato da un rivelatore localizzato, invischiato col vuoto – quando scoprono questo, beh, è ormai troppo tardi per cancellare i dolci ricordi (e con essi, gli infatuamenti) del primo amore.

Né c’è solo la QFT a moderare l’idealismo danese: a opporvisi radicalmente, esistono più versioni consistenti della fisica dei quanti. Una è la “meccanica bohmiana”, nella quale una sottoclasse di proprietà importanti di un sistema (le posizioni) sono assunte come perfettamente determinate e l’interpretazione della probabilità è quella della fisica classica; un’altra versione è data dalla “nuova teoria transazionale” nella quale la fisica quantistica, lungi dall’essere il regno della casualità intrinseca, diventa una teoria dell’informazione contestuale, dove l’impredicibilità è il risultato di una causalità inaccessibile.

Intendimi, Lettore: io non sostengo tanto che la fisica quantistica esclude la casualità intrinseca, ma la tesi più generale che questo tipo di casualità è fuori dal dominio scientifico e può solo appartenere a diverse interpretazioni, tutte equivalenti sotto l’aspetto operativo. In fondo, che cos’è la casualità se non la “purezza” di una distribuzione gaussiana di numeri e quale criterio abbiamo per dichiarare casuale una sequenza di osservazioni se non quello di Kolmogorov-Smirnov? Ma, se è così, quale esperimento potrà mai escludere che esista una “legge generatrice” più compressa di una sequenza osservata o, all’opposto, che esistano sequenze di osservazioni incomprimibili? La casualità in scienza c’è, ma è sempre epistemologica!

C’è sì un fenomeno che caratterizza la fisica quantistica, distinguendola radicalmente da quella classica: è la non-località, ovvero l’esistenza di eventi fisici che, pur separati da intervalli di tipo spazio, conservano un’influenza reciproca che non diminuisce con la distanza. La non-località mette in discussione il riduzionismo, che è quella concezione della fisica classica, risalente a Cartesio e divenuta paradigmatica in scienza, per cui ogni sistema fisico esteso può con sufficienza essere spiegato per analisi delle sue parti. Ma la non-località, rispetto alla casualità, è tutta un’altra storia.

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GIORGIO MASIERO: giorgio_masiero@alice.it Laureato in fisica, dopo un’attività di ricercatore e docente, ha lavorato in aziende industriali, della logistica, della finanza ed editoriali, pubbliche e private. Consigliere economico del governo negli anni ‘80, ha curato la privatizzazione dei settori delle telecomunicazioni, agro-alimentare, chimico e siderurgico, e il riassetto del settore bancario. Dal 2005 interviene presso università italiane ed estere in corsi e seminari dedicati alle nuove tecnologie ICT e Biotech.

107 commenti

  1. Giuseppe Cipriani on

    Mi sarà perdonata la domanda forse ingenua, magari sto vivendo un momento di involuzione critica, di incapacità a leggere con costrutto passi elaborati e dotti, ma qui sopra s’è parlato di scienza in termini scientifici o s’è fatta filosofia?

    • L’una e l’altra. Operazioni e interpretazioni, è scritto nel titolo. Quando ti spiega il determinismo in fisica o il principio d’indeterminazione o il criterio di Kolmogorov, parla di scienza. Quando ti spiega l’interpretazione di Copenaghen o quelle rivali o la teoria del disturbo dell’osservatore, parla di teorie filosofiche.

    • Giorgio Masiero on

      Ho tentato, Cipriani, di fare il mio solito lavoro dove sono fissato, quello di separare la scienza dalla filosofia. Il principio di Heisenberg ha un significato scientifico, che è quello scritto nelle formule di sinistra nella foto di Heisenberg, e nelle loro predizioni controllabili; e ha diversi significati filosofici, tra cui anche quello in cui credeva Heisenberg e che è scritto a destra nella foto.
      In questo articolo, stia tranquillo!, non tocco la Sua concezione della vita né quella di nessun altro. Almeno, spero.

    • Vincent Vega on

      Per Giuseppe

      “Mi sarà perdonata la domanda forse ingenua, magari sto vivendo un momento di involuzione critica, di incapacità a leggere con costrutto passi elaborati e dotti, ma qui sopra s’è parlato di scienza in termini scientifici o s’è fatta filosofia?”
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      Cosa intendi, Giuseppe, quando chiedi “qui sopra s’è parlato di scienza in termini scientifici o s’è fatta filosofia”?

      Te lo chiedo perché ho l’impressione che ci sia un grosso fraintendimento di fondo, in molti che oggi nutrono una fiducia sconfinata nella scienza come unico metro di conoscenza ( o come metro di conoscenza più “autentico”) del Reale.
      Il punto cardine della questione è che le scienze naturali (quelle soggette all’amata falsificabilità) sono esse stesse fondate su assunti metafisici (metalogici, metamatematici – a loro volta fondati sui principi primi es. p.d.n.c, principio di identità, p. di causalità etc.) che non sono ovviamente falsificabili. Quindi? Tutto alle ortiche?
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      Una volta che ti ho dimostrato che la scienza stessa è basata sulla metafisica (che è una branca della filosofia), come esci da questa impasse? O conferisci validità anche alla conoscenza metafisica oppure sei costretto a rifiutare la scienza stessa, in quanto basata essa stessi su principi metafisici. Terzium non datur.
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      Magari potresti rispondermi un qualcosa del tipo “La matematica si basa su assunti metafisici, ma 2+2=4 è verificabile: 4-2=2 ma, ed è questo il punto, l’addizione si fonda su assunti non dimostrabili e non la puoi dimostrare con una sottrazione a meno di non aver precedentemente dimostrato il funzionamento della sottrazione, che però si da il caso si appoggi sugli stessi assiomi.
      Come la mettiamo?
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      Sono domande serie, non provocatorie.
      Ciò che volevo mostrare è che il voler negare valore alla metafisica perchè non-verificabile sperimentalmente è una posizione autoconfutantesi, un’autofagia. Ed è questa una fallacia tipica dello scientismo.

      • Giuseppe Cipriani on

        Ti pare che un agnostico spirituale possa negare la filosofia? Questa è la mia risposta. Forse t’ha confuso la mia domanda più sopra, che dava l’impressione, a una lettura preconcetta, che volessi portare acqua al mulino della scienza affossando la filosofia, ma non è così. Viva la scienza che migliora la nostra vita fisica e viva anche la (seria) filosofia che tutti i mali (dello spirito) si porta via.

        • Giorgio Masiero on

          Non sono sicuro, Cipriani, che “tutte” le applicazioni scientifiche migliorino la nostra vita, però se non succede non è certo colpa della scienza, ma degli uomini e della loro avidità. Comunque sottoscrivo il Suo pensiero e lo spirito con cui l’ha formulato.
          PS. Siccome qualche volta succede che l’eliminazione di un male dello spirito guarisca il corpo, forse la filosofia “seria” fa bene anche al corpo.

        • Vincent Vega on

          Per Giuseppe

          “Viva la scienza che migliora la nostra vita fisica e viva anche la (seria) filosofia che tutti i mali (dello spirito) si porta via.”
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          Ma su questo siamo perfettamente d’accordo, caro Giuseppe.
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          Per Giorgio
          “Non sono sicuro, Cipriani, che “tutte” le applicazioni scientifiche migliorino la nostra vita, però se non succede non è certo colpa della scienza, ma degli uomini e della loro avidità.”
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          Esatto, basta vedere alcune recenti aberranti applicazioni che vorrebbero merfificare i bambini rendendoli un diritto/oggetto del capriccio degli adulti (sia eterosessuali che omosessuali), gli stessi adulti che magari si farebbero pochi problemi ad uccidere un figlio non desiderato (che in quel caso passa da diritto/oggetto a parassita) nel grembo di sua madre.
          Senza contare i medici abortisti che violano il giuramento di Ippocrate, che vieta la somministrazione e la vendita di farmaci abortivi)
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          “PS. Siccome qualche volta succede che l’eliminazione di un male dello spirito guarisca il corpo, forse la filosofia “seria” fa bene anche al corpo.”
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          È proprio così, il problema vero di oggi è il monismo materialista, come ho più volte avuto modo di dire.
          Poi i mali dello spirito di cui ha parlato Lei, Giorgio, possono essere di lieve, moderata o grave entità, i più gravi sono certamente i disturbi demoniaci, dei quali ho avuto esperienza diretta (non nel senso che li ho subiti ma che hanno colpito una persona a me cara) e che sono stati la causa della mia conversione. Li la scienza non può fare nulla, anzi non raramente sono i medici stessi, una volta constatata l’inutilità di qualsivoglia cura, a suggerire che la causa del problema potrebbe essere spirituale. Di certo i demòni cercano di nascondersi il meglio possibile, non è certo compito del medico portarli allo scoperto, lui (se è credente, perché un medico scientista non ammetterà che il problema possa essere di carattere spirituale nemmeno di fronte all’evidenza) può solo intuire.
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          Per il resto, anche parlando di problemi spirituali più lievi e meno problematici ma non meno importanti, come la ricerca di senso, la filosofia è importantissima, e sul senso la scienza non ha nulla da dire (e spesso quando scienziati scientisti provano ad improvvisarsi filosofi fanno figure barbine, come Hawking).
          Pertanto concordo in pieno con l’intervento di Giorgio, che ha scritto tra l’altro l’ennesimo splendido articolo e, come sottolineava brillantemente Muggeridge più sotto, le critiche cafone e gratuite che riceve un giorno si e l’altro pure sono una conferma del fatto che CS e i suoi redattori continuano a colpire nel segno.
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          Per concludere: grazie Giorgio. E grazie a Critica Scientifica.

    • Chiedo scusa ma mi urge davvero un chiarimento: quindi Bohr e Einstein (Dio, dadi etc…) Che cosa NON riuscivano a comprendere? Sis uno dell’altro che della fisica quantistica?

      • Giorgio Masiero on

        È presto fatto, Giuseppe. Bohr e Einstein hanno preso entrambi il premio Nobel per questioni di meccanica quantistica, pero’ litigavano se Dio giocasse/non giocasse ai dadi. Erano tanto d’accordo nelle “operazioni” riguardanti il calcolo dello spettro di un atomo e dell’effetto fotoelettrico, quanto in disaccordo sulla “interpretazione” della teoria.
        Separare operazioni da interpretazioni, questo il senso del mio articolo. Fin dal titolo. Il resto e’ roba secondaria. Grazie del Suo intervento.

  2. Articolo molto chiaro. Un’operazione di divulgazione scientifica e di demistificazione dagli orpelli ideologici e comunque dalle personali opinioni di tizio e caio.
    Vorrei chiedere una cosa: mi potrebbe meglio spiegare in che senso un principio d’indeterminazione appartiene a tutti i sistemi lineari, e non alla sola meccanica quantistica? Avrei anche altre domande, ma ci rifletto bene prima, magari mi rileggo l’articolo.

    • Giorgio Masiero on

      Grazie, Anna.
      Per una “demistificazione” del principio di Heisenberg, Le consiglio la lettura di “Il fuzzy-pensiero. Teoria e applicazioni della logica fuzzy” di Bart Kosko.

  3. Giuseppe Cipriani on

    “La casualità in scienza c’è, ma è sempre epistemologica!” … Quindi la casualità non esiste realmente?

    Posso notare come grandi studiosi (qui sopra citati) sono riusciti a dire la loro in modo tanto contraddittorio e parziale sulla stessa questione? E mi chiedo, vi chiedo, dove sta la spiegazione più vera della questione sollevata dal prof. Masiero?
    .
    C’è qualcuno che riesce a tirare due somme per noi comuni mortali? in 10 righe?

    • Basta una riga, Cipriani: la fisica nel lavoro di ricerca è una, le filosofie dei fisici quando riflettono sul loro lavoro sono tante. Non lo scopriamo adesso che Bohr la pensava in modo diverso da Einstein, o Born da t’Hoft, e sono tutti fisici premi Nobel.
      Sulla causalità Masiero non dice che non esiste realmente, ma che la scienza ti lascia libero di crederci o no. L’impredicibilità, questa sì che c’è scientificamente.
      Approfitto per fare un’altra domanda al prof. Masiero: mi può dare qualche indicazione in più sulla nuova teoria transazionale della fisica quantistica?

      • Giuseppe Cipriani on

        Casualità o causalità?
        Se è un errore, meglio correggerlo, altrimenti si rischia di fraintendere ancor più…

      • Giorgio Masiero on

        @ Anna
        La nuova teoria transazionale si è sviluppata a partire da un lavoro di J. Cramer (“The transactional interpretation of quantum mechanis” in Revue of Modern Physics, 1986) con gli studi per es. di L. Chiatti (“Choosing the right relativity for QFT” in Vision of Oneness, 2011), R. Kastner (“The transactional interpretation of quantum mechanics: The reality of possibility” in Cambridge university press, 2012) e di I. Licata (“Transaction and non-locality in QFT” in European Journal Physics, 2013).

          • Mi associo ai ringraziamenti al prof. Masiero, un articolo che mi ha chiarito molte cose. Di sicuro ci sono stati grandi fisici che hanno fatto della filosofia, quando era meglio che si limitassero a far parlare le sole loro scoperte. Non è detto che chi scopra qualcosa sappia anche esattamente di cosa si tratti e che conclusioni trarne (esempio banale: si pensi solo alla scoperta dell’America, Colombo pensava di essere arrivato nelle Indie…:-)
            Altra cosa che mi è chiara è che i suoi articoli e in genere quelli di CS toccano nervi piuttosto scoperti, considerando gli interventi ricorrenti con attacchi pesanti alla sua persona che non vengono debitamente argomentati . Si continui così, se le reazioni sono di questo tipo si è certamente sulla strada giusta.

          • Giorgio Masiero on

            Grazie, Muggeridge.
            Sono anch’io sorpreso dell’animosità di certe reazioni, anche quando si parla di temi puramente scientifici. La scienza sta diventando, dopo la caduta delle grandi ideologie politiche ottocentesche, una specie di religione per qualcuno e ciò è un tradimento della scienza.
            CS sta combattendo una battaglia che è anche di difesa della scienza dal dogmatismo dei suoi adoratori.

  4. Scusate ma quando leggo un fisico tedesco (o un filosofo) tradotto in inglese mi sale la filologia germanica 🙂
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    Credo di aver trovato la fonte: dovrebbe essere “Schritte über Grenzen” (http://www.amazon.de/Across-Frontiers-Werner-Heisenberg/dp/0918024811)
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    Selbst die Forderung der Objectivität, die lange Zeit als die Voraussetzung aller Naturwissenschaft gegolten hat, ist in der Atomphysik dadurch eingeschraenkt worden, dass eine völlige Trennung des zu beobachtenden Phänomens vom Beobachter nicht mehr moeglich ist.
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    Mia traduzione:
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    “Persino l`esigenza di obiettivita`, che per lungo tempo era considerato un presupposto di tutte la scienze naturali, viene a limitarsi in tal modo nella fisica atomica, che una netta separazione tra l`osservatore e il fenomeno da osservare non e` piu` possibile.”

      • Forse pero` sarebbe meglio tradurre Forderung [ esigenza ] con “(pre)condizione” o “pretesa” o forse anche “principio”.

        Non vorrei pero` sembrare piu` germanofono di quanto sia in realta`; capisco meglio l`inglese, pur non avendolo studiato, soprattutto quello “scientifico”: infatti anche nella citazione presentata, escludendo i monosillabi, tutte le parole sono di origine greca o latina.

  5. Vittorio Boario on

    Quante fesserie. Lei non ha idea di cosa sia la teoria quantistica dei campi, altrimenti non la ridurrebbe sempre al mero vuoto quantico, che non è l’oggetto che da correlazione che lei pensa. Pensa davvero che siamo scemi Masiero? E non ci accorgiamo di come cambia il tiro errore dopo errore nei suoi post zeppi di convinzioni personali?

    • Il suo commento, Vittorio, è solo un “non è come dice lei”: può spiegare perché anziché limitarsi ad accusare Masiero?

      • INFORMAZIONEDISERVIZIO on

        Serve davvero spiegare che cercare di conciliare meccanica di Bohm e relatività col confondere dentro e fuori dal cono di luce denota una ignoranza sconvolgente?

        Dai htagliato… sei studente, dovresti sapere ben meglio di così…

        • Tu, IDS, usi il tuo solito linguaggio cafone. È più forte di te, non c’è niente da fare.
          Mi spieghi dove Masiero confonde i coni di luce? O non sei tu piuttosto un emerito troll, insieme al sig. Boario?

          • luigi f. mojoli on

            OT [ Ma no. Cafone deriva da “ca fune” = “con la fune”; indicava i villici che scendevano in città tenendo l’asino per la fune. Certamente parlavano strettamente il dialetto loro.
            Ma chi dice che fossero “cafoni” nel senso tuo? ] OT

          • Hai ragione Luigi, i villici potrebbero essere offesi dall’accostamento con certi commenti letti qui sopra.
            Però anche gli asini erano “ca fune”, e allora il discorso cambia…

        • Mi associo alla domanda di Anna: dove starebbe la confusione di Masiero?
          Mi dica il punto dell’articolo, grazie.
          P.S.: Quanto caspita è saccente il suo tono! Dica quello che vuole della filosofia e delle opinioni di Masiero, ma l'”ignoranza sconvolgente” nel suo campo la vede solo lei, un’accusa gratuita che non è degna della preparazione scientifica che fa intendere così bene di possedere.

        • INFORMAZIONEDISERVIZIO on

          Adesso sarei cafona.

          Fortunatamente non sono l’unica a vederla così, quindi beh…
          La meccanica di Bohm non è banalmente compatibile con la relatività, sbaglio?

          • Ora cambi discorso, IDS. Hai accusato Masiero di “ignoranza sconvolgente” perché secondo te ha confuso i coni di luce, mentre aveva solo citato la meccanica di Bohm (e la nuova teoria transazionale, sviluppata da altri fisici) come interpretazioni alternative a quella di Copenaghen. Ti ripeto la domanda: dove Masiero ha confuso “secondo te” i coni di luce? Illuminaci…

          • INFORMAZIONEDISERVIZIO on

            Non ho cambiato discorso:
            Come ho scritto sopra ha cercato, parlando di coni di luce, di confondere le acque per dire che la meccanica di Bohm non è in contrapposizione con la relatività.
            Cosa che è di una “ignoranza sconvolgente”.

            Altrimenti il capitoletto sulla relatività può essere anche tolto, dato che non mi pare dica nient’altro.

          • Invenzione tua, IDS (e infatti il passo virgolettato non lo citi!). Masiero ha parlato di meccanica di Bohm solo per contrapposizione all’interpretazione di Copenaghen. Leggi bene, prima di fare pettegolezzi, qui vorremmo discutere di cose serie.

  6. Vittorio Boario on

    E poi casomai, la metafisica preferita è quella danese, non quella che lei proclama qui possibile (e in altri post l’unica disponibile).

    • Spiegati Boario: quella danese dici è la “metafisica preferita”. E non è esattamente la tesi dell’articolo che quella di Copenaghen è un’interpretazione filosofica? e all’inizio dell’articolo non si accenna al fatto che è anche la più diffusa tra i fisici, molti dei quali fanno l’errore di considerarla l’unica possibile?
      Meno male che dalle offese generiche del primo commento, ne hai scritto un secondo dove si capisce ancora meno.

  7. Articolo chiarissimo, prof. Masiero, mi è piaciuta particolarmente la descrizione del “danno” che si può avere dall’essersi costruito un modo di ragionare tipico di una teoria (la MQ) e il non essere in grado di intenderne i progressivi ribaltamenti (la TQC); provi ad immaginare (e lo provino anche i lettori) quale può essere quindi il danno analogo per quelli che non conoscono nemmeno la MQ e credono di vivere in un mondo di palline colorate!

    • Giorgio Masiero on

      Grazie, HTagliato.
      Il tuo commento mi ha fatto pensare. Non sono tanto i Born o gli Heisenberg o i Dirac a fare confusione, perché essi sono fisici e filosofi e si vantano di essere entrambe le figure e quando parlano da filosofi lo dichiarano. Piuttosto la confusione principale deriva dalla divulgazione che, dovendo evitare le odiose formule in linguaggio matematico e di descrivere i noiosi esperimenti, fa sempre interpretazione in linguaggio parlato – naturalmente l’interpretazione “preferita” – e cosi fa passare spesso per scienza ciò che è solo un’opinione rispettabile.

  8. Giuseppe Cipriani on

    A me spiace tanto, ma tanto tanto che su un intervento di tavola alta come questo del prof. Masiero non ci siano interventi altrettanto alti… Interventi educati, amanti del confronto, pacati anche se si tratta di contraddirre…
    .
    Perché non ci si riesce? Mancano gli interlocutori all’altezza? Manca la voglia? Il prof. Masiero ha detto cose che non meritano repliche “alte”?

    • INFORMAZIONEDISERVIZIO on

      Caro Cipriani, l’ultima domanda retorica è quella giusta, non è difficile capire perché.

      • Dopo Masiero, HTagliato e me, adesso l’ignorante sei tu, Cipriani, a non capire PERCHE’ l’articolo non merita neanche un piccolissimo disturbo da parte di Sua Maestà la Cafona.

      • Giuseppe Cipriani on

        Io penso che coerenza richiederebbe che manco si intervenisse… E logica farebbe pensare che chi contesta veementemente come fai tu, ragazza mia che ti sei battezzata Ids, fosse in grado di spiegare le eventuali debolezze delle tesi del prof. Masiero; invece gli interventi sono equivalenti all’abbaiare scomposto di un cane alla catena. Se hai i numeri per ribattere, ragazza, fallo! Altrimenti metti in pratica quel che era risposta alla mia ultima domanda retorica sopra riportata.

        • INFORMAZIONEDISERVIZIO on

          L’ho già spiegato: Perchè Masiero (prof. dove?) tira in ballo la relatività in questo articolo secondo te Cipriani?

          • Che bella risposta, quella di rispondere con un’altra domanda! Sei incorreggibile come cafona, IDS!
            Masiero parla di relatività solo nell’ambito della causalità, per dire che il suo nucleo non è la causalità, ma la struttura di Minkowski e le invarianze di Lorentz.
            Ti faccio un’altra domanda, dato che non vuoi rispondere a quelle che ti abbiamo fatto finora in tre: li leggi gli articoli, prima di sparare a vanvera?

      • @infoservizio,
        se è in grado di fare obiezioni specifiche le faccia, se è qui per fare delle sparate da collettivo scolastico possiamo fare a meno della sua presenza.
        ep

  9. INFORMAZIONEDISERVIZIO on

    “Invenzione tua, IDS”

    Allora perchè si parla di “versioni più consistenti” a proposito di cose che non rispettano la relatività generale? 🙂

    Parlate pure di cose serie, per carità non sarò io a fermarvi…
    Io ribadisco la domanda: serve, e tanto più denota una “tavola alta”, un articolo su un argomento simile che non dica chiaro e tondo che le varie teorie a variabili nascoste citate come “più consistenti” non sono compatibili con la relatività?

    Oppure denota solo una gran confusione?

    • “Più versioni consistenti”, NON “versioni più consistenti”: la capisci la differenza, IDS?!
      Forse non sai bene l’italiano, e allora te lo spiego. Più versioni consistenti, vuol dire “PIU’ DI UNA SOLA INTERPRETAZIONE LOGICAMENTE COERENTE” alternativa a Copenaghen.
      Sinceramente mi dici adesso, IDS, chi ha preso un granchio “strabiliante”? chi è il confusionario qui?
      Non occorre che rispondi alla mia ultima domanda. Ho capito: critichi gli articoli, senza neanche leggerli, per partito preso.

      • INFORMAZIONEDISERVIZIO on

        Sono stato troppo precipitosa, chiedo scusa.

        Ma il senso generale dell’articolo a me sembra chiaro. Copenhagen viene descritto come un primo amore immaturo e “idealistico”, la QFT viene descritta come una sofisticazione che si contrappone a Copenhagen (cosa assolutamente falsa), quindi la domanda che pongo fino all’inizio rimane sospesa:
        “Io ribadisco la domanda: serve, e tanto più denota una “tavola alta”, un articolo su un argomento simile che già introduce le interpretazioni della MQ e la relatività, non dica chiaro e tondo che le varie teorie a variabili nascoste citate come “consistenti” (aggettivo che non viene riservato per l’interpretazione di Copenhagen) non sono compatibili con la relatività?”

        Che ha di “alto” una esposizione scolastica di un argomento che meriterebbe ben più chiarezza di chi evidentemente con la MQ non ci ha mai lavorato?

        • Prendo atto che chiedi scusa e cambi tono. Vediamo se possiamo discutere con pacatezza.
          Non condivido nessuna delle tue (nuove) critiche, che secondo me rivelano la frettolosità con cui hai letto l’articolo dovuta a preconcetto.
          Sulla QFT, Masiero non dice che “disprova” Copenaghen, ma solo che risolve alcuni punti della prima quantizzazione (la complementarietà, il collasso, ecc.) che supportavano Copenaghen, così “moderandola”. Quindi quando parli di “assolutamente falsa” ti riferisci non ad una frase di Masiero, ma a quella di un pagliaccio da te immaginato.
          Anche sulla relatività ti sbagli. Masiero chiude l’articolo proprio sulla non-località, che come sai è stata sperimentata, è la vera novità della fisica quantistica, ed è questa, cara IDS, che fa saltare la relatività (Einstein docet), non le interpretazioni alternative a Copenaghen…
          Ci sarà un motivo se la fisica teorica è alla ricerca di una soluzione, superando anche la QFT, che è ancora locale.

          • INFORMAZIONEDISERVIZIO on

            “Non località” ha un senso molto diverso nelle interpretazioni a variabili nascoste e con casualità intrinseca.

            Ergo a me non pare che la chiosa sia intesa come un chiodo sulla bara della relatività, sarà che ho ancora la frase di Masiero nelle orecchie sulla relatività che è una “metateoria a cui tutte le teorie fisiche devono sottostare”, n’è che sia affatto chiaro il punto chiave del dibattito scientifico dell’ultimo secolo relativo alle interpretazioni, n’è che l’articolo porti in campo nulla che sia veramente preciso.

          • A te non pare, IDS? Ma se scrive che la non-località comprende “eventi fisici che, pur separati da intervalli di tipo spazio, conservano un’influenza reciproca che non diminuisce con la distanza”, cosa vuoi di più?
            Quanto alla relatività speciale come meta-teoria della fisica, anche a me l’hanno insegnata così, mi ricordo sul testo di Vincenzo Barone. E secondo me è giusto separare le teorie della fisica dalle meta-teorie (come la relatività galileiana e quella speciale) che dettano la “grammatica” alle teorie specifiche. La speciale ha superato la galileiana, la non-località mette in crisi la speciale, ma il superamento sarà fatto da una nuova meta-teoria.

          • INFORMAZIONEDISERVIZIO on

            Di nuovo non mi sembrava così aperto il senso nei confronti di teorie non “lorentz-invariant”, quando diceva “Una teoria che sia in conflitto con la RS è falsificata a priori”. http://www.enzopennetta.it/2014/01/che-cose-la-materia-parte-ii/

            Sarò io maliziosa ma vedo una contraddizione dopo l’altra in queste esposizioni, tipiche di chi non ha avuto granchè a che fare con la materia e ora cerca di darsi un tono…

          • Vittorio Boario on

            Anna lei dice sempre agli altri che fanno confusione. Quando lei non ha una idea di cosa parla, e continuamente mischia piani diversi. Interloquire con lei è inutile. Perché partigiana per definizione. Scienziata magari di nome, ma non di fatto.

      • Beh, non mi sono mai divertita così tanto come in questa serie di commenti di Informazionediservizio, la quale se ne e’ uscita alla fine con… un AUTOGOL da mettere nella libreria storica di CS! Era partita col darle e se le e’ prese da se stessa.

        • INFORMAZIONEDISERVIZIO on

          Nadia tu hai capito leggendo che il grosso problema di queste interpretazioni è che si può seguire o una interpretazione locale (che quindi rispetta la relatività) ma datata di casualità intrinseca, oppure una interpretazione non locale (che non è coerente con la relatività) ma che ammette casualità a noi nascosta?

          Se sì, dove?

          • Ma la non-localita’, IDS, e’ ormai un fatto acquisito in fisica, dopo Aspect. Di che parli? E proprio con la non-localita’ Masiero chiude l’articolo.
            Invece di tante parole e parolacce, perche’ non ci dici la frase esatta, virgolettata (attenta a non fare l’errore di prima) in cui non sei d’accordo con Masiero?

  10. Possiamo chiederci quale spazio occupavano i fotoni prima di raggiungere la posizione in cui li osserviamo ora ma sappiamo che arriveremo alla biologia dei processi evolutivi diciamo tra… otto o dieci commenti. Ecco un esempio di predicibilità a prova di scienza!

  11. Potrebbe, prof. Masiero, sviluppare l’argomento di Kolmogorov-Smirnov, che se ho ben capito è un po’ tutto il centro della sua dimostrazione sulla casualità epistemologica della scienza? Grazie.

    • Giorgio Masiero on

      Il criterio di K-S, per stabilire se una data sequenza è casuale o meno, non è semplicissimo da spiegare, ma si può sintetizzare dicendo che una sequenza è casuale quando non esiste una regola per generare la sequenza che sia “più corta” della stessa sequenza.
      Per es., la sequenza 52532467348 è solo apparentemente casuale perché è fatta dalle prime 11 cifre decimali di radice di 2 aumentate di un’unità. Quindi, per comunicarla, non sono costretto ad elencare l’intera sequenza ma posso comunicare una regola generatrice più compatta.
      Ora, data una sequenza di osservazioni sperimentali, a prima vista casuale, come possiamo essere certi che non esista una “regola” generatrice? Non possiamo.
      Né possiamo essere certi dell’opposto, ovvero che tutte le sequenze osservabili abbiano una regola generatrice più corta dell’intero elenco.
      Perciò, mi appare ragionevole lasciare fuori dalla scienza il concetto “caso”, cosicché la scienza sperimentale possa solo (con umiltà) parlare di fenomeni impredicibili, piuttosto che (con superbia) chiamare intrinsecamente casuali quei fenomeni per cui non è (ancora) in grado di trovare una “legge”, cioè una regola generatrice.
      Questa è una tesi di epistemologia generale, per presentare la quale ho usato il Principio di Heisenberg e le diverse interpretazioni della fisica quantistica solo come esempio.

      • INFORMAZIONEDISERVIZIO on

        1- Potrei avere la fonte di questa spiegazione del test di Kolmogorov-Smirnov? Non vedo come l’irriducibilità di una informazione si colleghi con la differenza fra distribuzioni. La definizione data io la conosco come “complessità di Kolmogorov” che però non mi risulta non avere niente a che fare col suddetto test.

        2- “Ora, data una sequenza di osservazioni sperimentali, a prima vista casuale, come possiamo essere certi che non esista una “regola” generatrice? Non possiamo.” In realtà sì, si può, una volta che le osservazioni non sono “god given” e limitate ma è possibile giocarci sopra e ripeterle a piacimento.

        Test come quello di complessità di Kolmogorov (o la trasformata di Walsh, o misure di auto-correlazione) sono un indicatore idealmente affidabile della misura di complessità, ovvero della definizione dell’assenza di regole fondanti.

        Per quanto riguarda l’oggetto in esame, l’assenza di casualità è dominio della scienza eccome, dato che tali differenti interpretazioni per essere interpretazioni scientifiche devono essere sondabili scientificamente.

        Di conseguenza, almeno in linea di principio, dovrebbe essere possibile realizzare test sperimentali per escludere o confermare ipotesi interpretative della meccanica quantistica, e di conseguenza avallare o smentire ipotesi di casualità intrinseca.

        Così è stato nel caso delle teorie locali a variabili nascoste. Le teorie non-locali a variabili nascoste e le teorie a casualità intrinseca possono altrettanto venire investigate, per questo motivo una serie di persone fa esperimenti su disuguaglianze di Bell “no-loop” e paradossi EPR.

        • Confondi, IDS, il livello scientifico con quello epistemologico. È a quest’ultimo che si riferisce Masiero, quando mostra in maniera impeccabile una cosa che dovrebbe essere ovvia per tutti, ossia l’inaccessibilità dell’ontologia al dominio scientifico. Stamattina difendevi Copenaghen, adesso diventi più realista del re!

  12. Buonasera.
    Ringrazio il prof. Masiero per questo gradevole articolo. Mi cruccio che il medesimo abbia recato tali sorte di litigiosità nella discussione, sicché quasi temo di poterne recare delle altre allorché io voglia andar esprimendo mie considerazioni, che possano essere (molto certamente) semplicistiche od ignoranti.
    Detto questo, a me è parsa chiara la distinzione dell’articolo di impredicibilità fenomenica (su cui si può ragionare scientificamente) e di casualità ontologica dei fatti, che deve intendersi più filosoficamente; d’altronde, non saprei argomentare nel dettaglio sopra le critiche mosse all’articolo, per cagione della mia imperizia in ambito fisico. L’unica cosa di cui son certo, comunque, è che gli stessi scienziati confondano sovente scienza e filosofia (da cui l’auspicarsi che la preparazione logica e filosofica degli scienziati possa migliorare), traendo idee epistemologicamente discutibili (si pensi e.g. alla “strana coppia” Jung-Pauli) od imponendo con molta certezza ai fatti un’interpretazione non direttamente derivabile dai medesimi.
    Personalmente (ovvero ignorantemente), non mi convince l’assunzione “danese” dell’irrealtà dei fenomeni quantistici; ad esempio, reputo una forzatura idealistica ritenere che la mente-osservatrice “molesti” l’elettrone, mutandone la distribuzione da ondulatoria a corpuscolare nel noto esperimento: piuttosto, si dovrà ammettere che l’interazione fra elettrone e fotone rechi in sé questo cambiamento, e che il fatto che la mente-osservatrice osservi grazie ai fotoni sia una mera contingenza, che non giustifica affatto l’azione idealistica dell’occhio-osservatore sul povero elettrone.
    Detto questo, attendo risposte ai miei elementari dubbi e pensieri (possibilmente garbate, uh…).

    • INFORMAZIONEDISERVIZIO on

      Non è di certo una mente a far collassare le funzioni sulle osservabili, ma il diventare correlate con il mondo classico formato da troppi enti per mantenere una coerenza quantistica.

      • Condivido in parte questa interpretazione del collasso, quanto meno perché elimina l’impaccio dell’osservatore (l’idealismo di Copenaghen) e restituisce un sano realismo alle teorie fisiche. Non condivido il riferimento esclusivo al mondo classico, senza citare il vuoto che, a mio parere, è la grande novità della QFT rispetto alla prima quantizzazione.
        Ma soprattutto non condivido la “sicurezza” con cui IDS parla anche a questo riguardo. Ricordiamoci che siamo con teorie tutt’altro che reciprocamente consistenti (QFT vs non-località, QFT vs GR) e soprattutto con un 95% di materia ed energia “oscure”. C’è tanto lavoro da fare ancora per capire come funziona la materia.

        • INFORMAZIONEDISERVIZIO on

          Di certo nessuno ha mai sostenuto seriamente, se non ai veri albori, che fosse la “mente” a far collassare funzioni d’onda.
          L’interpretazione di Copenhagen non ha mai sostenuto qualcosa di simile.

          • E il fatidico “osservatore” cos’è se non anche una mente? Hai letto Schrödinger, Eddington, Heisenberg (con la tesi della criticità del linguaggio umano ), per non parlare dei fisici che scrivono che la luna non c’è più quando non la guardiamo?
            Dai, IDS, andiamo a nanna.

          • INFORMAZIONEDISERVIZIO on

            Sì ho letto tanti paper a proposito delle interpretazioni della meccanica quantistica e non ho mai citato mitiche proprietà.
            Non c’è nessuna mente dentro al Sole, eppure le reazioni pp avvengono comunque, e questo il circolo di Copenhagen lo sapeva. Basta leggere wikipedia…
            “This term is rejected by many Copenhagenists because the process of observation is mechanical and does not depend on the individuality of the observer.”

            Libera di trovare un paper in cui si parla dell’interpretazione di Copenhagen come quella cosa dove una mente osservatrice fa collassare le funzioni d’onda.

            Poi è evidente che i cialtroni ci sono ovunque…

            Dove hai studiato quantistica Anna? con Malanga?

          • VIttorio Boario on

            Lei si rende ridicola Anna. Non sa nemmeno che il vuoto quantico “pieno” deriva banalmente dal principio di indeterminazione. Alle posizioni filosofiche discutibili aggiunge affermazioni palesemente scorrette.

          • Dato che ogni laureato in fisica, Vittorio, capisce che non hai ancora fatto il primo esame di QFT, chiedi a IDS se la prima quantizzazione può spiegare la trasformazione n->p+e+v.
            Chi si rende ridicolo parlando di cose che non sa?

        • Vittorio Boario on

          La fisica di tutti i giorni adotta un atteggiamento pragmatico che viene da Feynman, riguardo al collasso e all’indeterminazione. Cioè “si parla di ciò che si misura”, di ciò che non si misura non si può affermare valore di realtà. Il collasso quindi avviene perché la misura è avvenuta e possiamo parlare dello stato del sistema.
          .
          Poi Anna, ma che dice? Il vuoto quantistico esiste anche in prima quantizzazione. La seconda quantizzazione non introduce postulati nuovi.
          .
          Poi Anna, che dice? Adduce la contraddittorietà di relatività generale e meccanica quantistica o il sapere poco riguardo all’energia oscura come “insicurezza” verso le teorie attuali. Le teorie attuali descrivono il mondo in maniera molto dettagliata. Inoltre pensa che il principio di indeterminazione sparirà con l’apparire di nuove teorie? Mi sembra un approccio, francamente, deludente. Lei di epistemologia sembra non sapere nulla.

          • Il vuoto c’era anche in meccanica quantistica? Se è per questo, Vittorio, c’era anche nella fisica classica, ma era VUOTO E INERTE. Solo in QFT diventa PIENO E ATTIVO. E poi la meccanica quantistica non è relativistica, non prevede l’antimateria, non prevede annichilamenti e creazioni di particelle, ecc., ecc. La spieghi con l’equazione di Schrödinger la trasformazione n->p+e+v? Tu parli della funzione d’onda psi in termini di probabilità della particella, come Born. Ma lo sai che Schrödinger non era d’accordo? “Probabilità” di cosa? Di trovare la particella in dV (Copenaghen, idealismo) o “distribuzione” del cloud (QFT, epistemologie diverse)?
            Quanto alle teorie attuali (GR e QFT), Vittorio, ribadisco che 1) non stanno insieme, quindi almeno una delle due è falsa, 2) non spiegano il 95% della materia-energia dell’universo. Questi sono fatti, se poi tu sei contento, sono felice per te. Io dico solo che c’è molto lavoro da fare per i giovani ricercatori.
            Mi fermo qui. Io penso, Vittorio, che per intervenire con serietà su articoli come questo bisogna sia leggere attentamente ciò che scrive l’autore senza pregiudizi (solo per la sua prosopopea distratta ho criticato IDS, che per il resto è tecnicamente molto preparata), sia aver una laurea in fisica o in filosofia, meglio in tutte e due, e non basta spiluccare qua e là.

          • Informazionediservizio on

            Prima e seconda quantizzazione sono formalismi diversi che descrivono il medesimo sistema.

            In seconda quantizzazione lo stato di vuoto e’ esplicito e usato, ma anche in prima quantizzazione si puo’ dimostrare che il “il vuoto e’ pieno” (basta prendere l’oscillatore armonico e vedere che si puo’ forzare in stati che non sono autostati di energia e generi le “correlazioni del vuoto”).

            Anzi il problema della prima quantizzazione e’ che la base e’ super-completa e deve essere (anti-)simmetrizzato, quindi in linea di principio il vuoto della prima quantizzazione e’ “ancora piu’ pieno” in quanto, matematicamente, puo’ contenere anche entita’ non (anti-)simmetriche.

            La QFT e’ la descrizione quantistica delle lagrangiane elettromagnetica, debole e forte. Non ha niente a che vedere con le possibilita’ generali della teoria, ne’ con la sua interpretazione.

            La QFT puo’ essere interpretata secondo Copenhagen, o secondo Bohm o secondo Everett…etc…

            Vittorio nei modi sara’ ruvido, ma ha tendenzialmente ragione (a parte che l’atteggiamento dei Fisici sia pragmatico. Principalmente si’, ma non sempre, non per tutte le persone, non per tutti gli argomenti. Chi fa quantum information non puo’ avere un atteggiamento troppo semplicistico a riguardo.). Almeno da’ del Lei a differenza mia che sono da troppo tempo nel nuovo continente e non ci sono piu’ abituata…

            Si sta parlando di MQ da amatori, che va bene per carita’ e non puo’ che farmi piacere che ci si interessi, basta riconoscerlo, riconoscere che parlando di queste cose la probabilita’ di sbagliarsi e’ molto elevata, evitare le manfrine stucchevoli ed accendere un po’ di senso critico…

            Mi sembra di notare una sana abitudine a correggere il tiro, partendo dalla relativita’ come “base che deve essere soddisfatta e falsifica a prescindere chi non si adegua” e arrivando a realizzare che se si sposano certe interpretazioni e’ la relativita’ ad essere falsificata. Unita pero’ all’insana abitudine di negarlo, darsi sempre e comunque ragione a vicenda e idolatrare gente che e’ evidente spari piu’ in alto di quanto possa permettersi…

          • “Prima e seconda quantizzazione sono formalismi diversi che descrivono il medesimo sistema.” E chi ha mai detto il contrario, IDS?
            “In seconda quantizzazione lo stato di vuoto e’ esplicito e usato, ma anche in prima quantizzazione si puo’ dimostrare che il “il vuoto e’ pieno” (basta prendere l’oscillatore armonico e vedere che si puo’ forzare in stati che non sono autostati di energia e generi le “correlazioni del vuoto”). Anzi il problema della prima quantizzazione e’ che la base e’ super-completa e deve essere (anti-)simmetrizzato, quindi in linea di principio il vuoto della prima quantizzazione e’ “ancora piu’ pieno” in quanto, matematicamente, puo’ contenere anche entita’ non (anti-)simmetriche.” Questa è una curiosa interpretazione, molto ad hoc, di vuoto ancora più pieno!
            “La QFT e’ la descrizione quantistica delle lagrangiane elettromagnetica, debole e forte. Non ha niente a che vedere con le possibilita’ generali della teoria, ne’ con la sua interpretazione. La QFT puo’ essere interpretata secondo Copenhagen, o secondo Bohm o secondo Everett…etc…” È esattamente ciò che ho scritto.
            Hai prodotto, IDS, un esempio di fallacia da strawman. Il tutto per difendere l’indifendibile: l’eguaglianza della prima quantizzazione con la seconda. Ne valeva la pena?

          • Informazionediservizio on

            Strawman un beneamato.

            Anna, hai scritto che il vuoto in prima quantizzazione e’ inerte. Io ho scritto che, in quanto esclusivo formalismo, prima e seconda quantizzazione si equivalgono.

            Ergo il vuoto e’ tanto inerte in prima quanto in seconda quantizzazione (cioe’ non lo e’).

            Il decadimento del neutrone e’ descrivibile in prima quantizzazione, non tanto facilmente come in seconda, ma e’ possibile. Le teorie di “Open Quantum Systems” spesso sono fatte in prima quantizzazione perche’, sebbene ci sia la noia di antisimmetrizzare, sono intrinsecamente time-dependent e quindi e’ piu’ facile fare alcune cose (appunto a volte reazioni nucleari).

            “È esattamente ciò che ho scritto.”

            Non mi pare, dato che di nuovo contrapponi Copenhagen a QFT: “Di trovare la particella in dV (Copenaghen, idealismo) o “distribuzione” del cloud (QFT)”

            QFT puo’ essere tranquillamente interpretata secondo Copenhagen (che nulla ha che vedere con l’idealismo che e’ filosofia), e’ il modo piu’ comune presso i ricercatori francamente…

    • Giorgio Masiero on

      Grazie, Alio. Sono completamente d’accordo con Lei. Ma ormai questa è un’abitudine…!

      • Grazie professore, come sempre molto gentile da parte Sua. Certo, se fossi più esperto dell’argomento potrei ragionare più interessantemente con Lei e le utenti IdS ed Anna, e confrontarmi con più sicurezza con opinioni diverse. Spero dunque nel buon proseguimento dei miei studij al riguardo…
        Buona domenica agli utenti di CS.

  13. Alberto Oliva on

    Sig. Masiero, ho letto quest’articolo, e non mi trovo affatto d’accordo. Lei espone la definizione di determinismo, fa l’esempio del determinismo laplaciano, della crisi che questo determinismo ha computazionalmente (non esiste un elaboratore capace di processare tutta la dinamica delle particelle dell’universo) e della crisi che ha di fronte all’emersione processi caotici (anche solo sbagliando di poco si possono ottenere risultati completamente diversi). Poi arriva la meccanica quantistica (MQ) che mette l’ultimo chiodo sulla bara del determinismo dicendo appunto che le condizioni al contorno non si possono conoscere per principio, e lei invece dice che la meccanica quantistica è deterministica perché le equazioni hanno soluzioni univoche?
    È lei che confonde la struttura matematica di una teoria, che appunto è “determinista” per definizione (è matematica), con l’oggetto della meccanica quantistica che è la funzione d’onda di probabilità. Ci mancherebbe che l’equazione di Shrodinger avesse soluzioni diverse per lo stesso sistema fisico. Il determinismo meccanicista di Laplace è morto e sepolto. Poi, questo è vero, sono possibili ancora interpretazioni deterministe della MQ, come l’interpretazione a molti mondi (tanti futuri quante possibilità). Ma non confondiamo determinismo meccanico, con il determinismo metafisico dell’interpretazione della MQ.

  14. Alberto Oliva on

    Poi un altro commento. Lei separa violentemente MQ e Quantum Field Theory (QFT). Come se la QFT avesse detto qualcosa di nuovo rispetto a Heisenberg. Questo non è vero. Faccio un esempio. Il vuoto quantistico della teoria dei campi è un eterno ribollire di particelle virtuali che nascono e si riassorbono nel vuoto, violando, ovviamente, la conservazione dell’energia. Queste particelle virtuali di cui il vuoto è fatto, esistono grazie al principio di indeterminazione. All’indeterminazione Energia/Tempo. Queste particelle possono crearsi dal vuoto con una energia dE purché spariscano in un tempo dT. Quindi non vedo assolutamente la dicotomia che pone ne filosoficamente, ne teoricamente, ne praticamente. Non vedo affatto un amore spezzato.

  15. Alberto Oliva on

    Non vorrei risultare saccente o polemico, Masiero, sia ben chiaro. Condivido gran parte del suo articolo. Metto solo in luce quelle che penso siano criticità.

    • Giorgio Masiero on

      Per replicare alle Sue obiezioni, Oliva, dovrei scrivere un altro articolo! Grazie comunque di avermi letto con attenzione: sono contento che siamo consonanti su “gran parte”.

    • A meno che non lo faccia prima Masiero, io potrò rispondere alle criticità segnalate ma verso la fine di Febbraio. Mi dispiace che debba aspettare così tanto, ma preferisco raccogliere più argomenti riguardanti la MQ in un unico articolo che, pur non sapendo che Masiero avrebbe fatto un articolo sul Principio di Indeterminazione, il “caso” ha voluto che sarà complementare al suo.

      • Giorgio Masiero on

        Di questo fortunato “caso” – se il caso esiste – sono molto felice, HTagliato! E leggero’ con gioia l’articolo di un fisico sul campo, io che sono ormai da anni uno speculatore, che si limita a leggere qua e la’, soprattutto per capire cosa dalle ricerche fisiche odierne si possa estrarre di replicabile e… applicabile per materiale guadagno.

        • Alberto Oliva on

          Poi, della via che siamo qua, non capisco bene un’altra cosa. Lei dice che la relatività non è una teoria della causalità perché possono esistere i tachioni che trasporterebbero informazione a velocità superluminali. Ma in realtà questo è non è certo. I tachioni, secondo la relatività, sono particelle che dovrebbero avere pure massa immaginaria (!). Nessuno sa quali siano le proprietà di particelle dalla massa immaginaria. Magari sono particelle che non sono in grado di trasmettere informazioni, o magari semplicemente non esistono (è pure difficile immaginarsi che cosa sia una massa immaginaria). Quindi perché da per scontato che la relatività non sia una teoria consistente della causalità?

          • “Relatività. Principi e applicazioni” di Vincenzo Barone, ed. Bollati Boringhieri. Cap. 2, § 4.14.5.
            Ne avevo già parlato sopra. Esistono anche modelli cosmologici con i tachioni, per es. Cfr. G.W. Gibbons in “Class. Quantum Grav.”, 20, 2003.
            Non è che la relatività speciale implichi l’esistenza dei tachioni, ma nemmeno li esclude, e se non li esclude vuol dire che non è una teoria della causalità. Lo diventa quando aggiungiamo il fatto sperimentale, finora non falsificato IN QUESTO UNIVERSO di cui sappiamo pochissimo, dell’inesistenza dei tachioni. Ma la cosmologia può congetturare sia in questo universo, sia in altri universi, il rispetto della relatività speciale di Einstein con tachioni e quindi senza causalità.
            Ti è chiaro adesso?

          • Alberto Oliva on

            Se bisogna aggiungere un postulato ulteriore, capisco il punto. Ma quello che dico è: c’è bisogno di aggiungere un postulato? Pongo tre possibilità, attenzione non dico di aver ragione, le propongo: 1) A quanto ne sappiamo i tachioni hanno massa immaginaria quindi possono essere semplicemente oggetti immaginari. 2) Come riusciamo a attaccare dell’informazione da trasmettere in maniera superluminare ai tachioni dato che non possiamo prenderli e accellerarli fino v>c. La relatività impedisce di accelerarli fino a c o velocità superiori. 3) Alcuni propongono il fatto che andando indietro nel tempo i tachioni siano sempre reinterpretabili come particelle standard che si muovono in direzione opposta. Quindi di nuovo, non vedo certezza nell’escludere che i tachioni non esistano per puri principi relativistici. Anzi direi che la loro inesistenza per mere ragioni dinamiche sia l’ipotesi più in voga nella fisica. Ma dovrei leggermi il libro da lei suggerito, che magari dice qualcosa di diverso.
            .
            Infine dal punto di vista filosofico, se una la teoria parla di causalità e cioè descrive il rapporto causa ed effetto, e prevede la retro-causalità che può avere effetti paradossali nel corso della linea della causalità (un effetto può divenire una causa di se stesso), non comunque che la teoria risultante sia definibile come non causale. Quella teoria descrive comunque la relazione causa ed effetto. Che può essere arbitrariamente complicata.

          • Hai “capito il punto”, Alberto, “bisogna aggiungere [alla meta-teoria] un postulato ulteriore [fisico]”. Fine. Il resto, tutte le tue altre considerazioni, non è meta-teoria della relatività speciale e chi vivrà vedrà. A cominciare da chi deve “ri-scrivere” una meta-teoria della fisica per dar conto della non-località (oltre che dell’incoerenza reciproca tra GR e QFT).

          • Informazionediservizio on

            Ecco, appunto, a proposito di confondere i coni di luce…

            Secondo la formulazione di base della relativita’ speciale, i tachioni non possono assolutamente trasmettere informazione, dentro e fuori dal “cono di luce” (ovvero universi piu’ veloci e meno veloci della luce) non comunicano!

            Una comunicazione FTL senza riscrivere da capo tutto, violerebbe esplicitamente la casualita’!

            Altro che alzate di sopracciglio anti-darwiniste sulla nozione di “random” poi…

          • E chi ha mai detto il contrario? È Born che parla di fine della causalità. Avanti con gli strawmen…

          • Informazionediservizio on

            Hai imparato la parola nuova Anna? Ebbasta pero’…

            Alberto, leggendo Masiero, ha detto il contrario:”secondo la relativita’ possono esistere i tachioni che trasporterebbero informazione a velocità superluminali”.

            Secondo la relativita’ i tachioni non possono trasportare informazione a noi. Punto.

  16. @FLAVIO
    “Possiamo chiederci quale spazio occupavano i fotoni prima di raggiungere la posizione in cui li osserviamo ora ma sappiamo che arriveremo alla biologia dei processi evolutivi diciamo tra… otto o dieci commenti. Ecco un esempio di predicibilità a prova di scienza!”

    Evidentemente conosce molto meno di quanto presume, anche delle persone che partecipano a questi dibattiti, e fa predizioni “a prova di scienza” che non ci azzeccano…

    • Ahah è vero, ma di questo Masiero in cuor suo penso mi abbia già ringraziato, perchè paradossalmente quel commento è stato di un’efficienza fino ad oggi sconosciuta, almeno qui su CS…

      • Flavio ti meriti un applauso! Efficienza piena bravo! La prossima volta proviamo a fare una predizione simile anche per quanto riguarda i commenti a sfondo religioso e/o antireligioso quando non c’entrano. Il padrone di casa sarà contento! 😀 😀 😀

  17. Grazie dell’articolo prof. Masiero. L’ultima volta le stavo giusto chiedendo di scriverne uno sull’argomento. ottima l’introduzione dove viene messa bene in chiaro la distinzione tra causalità, determinismo e predicibilità e in generale l’articolo che mette in evidenza come di caso si possa parlare solo in senso epistemologico. Ho apprezzato anche la sintetica conclusione che riguarda la non località.Sarei curioso di sapere cosa ne pensa della meccanica bohmiana.

    • Giorgio Masiero on

      Grazie, Acquarius.
      L’ultimo Bohm aveva abbandonato le variabili nascoste e la possibilità di recuperare “classicamente” la fisica quantistica. Man mano che il vecchio ruolo della funzione d’onda va perdendo appeal presso i fisici, emerge sempre più la necessità di partire dalla non-località per fondare una nuova teoria della fisica (così come Einstein era partito da quel “mistero” della fisica classica che era l’equivalenza tra massa inerziale e massa gravitazionale per fondare una nuova teoria gravitazionale alternativa a quella newtoniana). Così Bohm e i suoi allievi sono passati alle strutture algebriche-topologiche che “informano” il tessuto dello spazio-tempo e che si manifestano nel potenziale quantico. Dall’altro lato, l’unica teoria che abbia capacità predittive (cioè che sia autenticamente “fisica”, nel mare di teorie matematiche in cui è sommersa la fisica teorica odierna) è la QFT, che è però largamente “locale”. Servirebbe una fusione tra le strutture matematiche dell’ultimo Bohm e la QFT. Questa è per es. l’ambizione della nuova teoria transazionale, cui ho accennato sopra.

  18. Giuseppe Cipriani on

    Sarebbe oltremodo utile che il prof. Masiero puntualizzasse alcune questioni sollevate qui sopra con l’unica interlocutrice Anna… A noi profani rimane il dubbio che si stia parlando di aria fritta, o davvero gli scambi di accuse e frecciatine tra utenti, che vengono portati avanti da un paio di giorni, possono avere un qualcosa di costruttivo? Magari a una lettura più attenta? O non ci siamo proprio? Sì, sarebbe davvero utile capirci qualcosa in più.

    • INFORMAZIONEDISERVIZIO on

      Davvero ti sembra che le mie critiche non abbiano contenuto? 🙂

      • Giuseppe Cipriani on

        Ammetto che faccio fatica a seguire la diatriba… Per questo chiedevo lumi, per capire se merita il nostro tempo addentrarci nella questione, nello scambio di opinioni qui sopra. Ma mancano proprio gli interlocutori che dovrebbero “garantire” la bontà dell’opera, nel senso che sia il prof. Masiero che Htagliato, per non parlare del prof. Pennetta, latitano… Mi resta il dubbio sul perché, visto che la verve con cui di solito disquisiscono quando sono presi in causa la dice lunga sulla loro preparazione. Qui invece la sola e povera Anna interviene, neanche fosse lei l’autrice del pezzo. Io che da un po’ cerco onestà e capacità di mettersi in discussione chiedevo se era il caso di porre all’attenzione di noi profani un po’ di chiarimenti… A me, cara informazione di servizio, sembri anche in perfetta buona fede, e ragazza preparata, ma anche Anna sembra ragazza preparata… Bello e avvincente lo scontro tra donne, ma vorrei capire chi ha più ragioni…

          • Giuseppe Cipriani on

            Io mi fido dell’onestà intellettuale di chi conosco da un po’ di tempo, ho imparato su CS che, al di là di inevitabili pregiudizi dettati dalla propria concezione di vita, esiste una qualità rara qui: la capacità di mettersi in gioco e la volontà di rispettare gli interlocutori affermando il vero.

          • Giorgio Masiero on

            Grazie, Cipriani.
            Il succo dell’articolo, come ho spiegato anche a Giuseppe, è il seguente.
            Non conosco teorie della fisica senza un corredo d’interpretazioni diverse. Nelle loro ricerche ed esperimenti i fisici usano il nucleo scientifico, mentre tutte le concezioni filosofiche, e anche l’assenza di concezioni, sono opzioni operativamente indifferenti. Per es., usano le equazioni della meccanica quantistica e le sue procedure sperimentali per predire/controllare i livelli energetici d’un isotopo, senza necessariamente condividere l’interpretazione di Copenaghen, o sposare il realismo, o credere a infiniti mondi, ecc. Occorre sempre separare l’apparato scientifico di una teoria dalle sue estrapolazioni interpretative. È anche questo uno dei tanti pregi della scienza, ben esemplificato dal CERN, dove 2.500 ricercatori di 21 paesi diversi – di ogni religione e concezione di vita – lavorano fianco a fianco a indagare la struttura di base dell’universo nei suoi costituenti materiali, con il supporto degli strumenti scientifici più complessi.
            Naturalmente ringrazio tutti i fisici, i filosofi, i fisici-filosofi, i matematici, ecc., che sono intervenuti con tecnicismi, matematismi e filosofemi, arricchendo il dibattito dottamente. Ma il tema principale del mio articolo era, come indicato dal titolo, la distinzione tra “operazioni” e “interpretazioni”.

    • Condivido e comprendo lo spaesamento del sig. Cipriani, che in vero è anche il mio. Tuttavia penso che la povertà di interventi dei prof. Pennetta e Masiero e di htagliato debba imputarsi, piuttosto, agli impegni della propria vita reale e professionale; d’altronde, non si può vivere della sola vita virtuale.
      Per quanto riguarda il dibattito fra le utenti Anna e InformazionediServizio, ho sempre auspicato una maggior presenza femminile su CS, in quanto fondamentale, arricchente e complementare a quella maschile; per questo mi cruccio dell’amarezza raggiunta dalla disputa, presentandosi le suddette utenti affatto sicure e preparate nonostante le interpretazioni divergenti, come già osservato dal sig. Cipriani.
      A proposito di MQ e interpretazioni: mi par proprio che nel dibattito scientifico ed epistemologico prospettosi si riveli affatto utile definire non solo un’interpretazione della MQ, ma perfino un’interpretazione delle interpretazioni stesse; in altre parole, mi pare che non si riesca a concordare nemmeno sui caratteri delle stesse interpretazioni (e.g. le utenti Anna e IdS interpretano molto diversamente l’idealismo di Copenhagen).

      • Giorgio Masiero on

        Interessante, Alio: l’interpretazione dell’interpretazione! Quant’è bella la buona filosofia, che richiede precisione di linguaggio e quanto è divertente assistere al confronto filosofico tra chi filosofa amando la filosofia e chi filosofa ignorando di filosofare, perché disprezza la filosofia.

      • INFORMAZIONEDISERVIZIO on

        Non si chiama interpretazione di interpretazioni, si chiama informazione corretta.

        Nonostante le parole e l’ironia (non la faccio mica solo io, basta leggere sopra) Masiero ha dimostrato una molto scarsa precisione di linguaggio scientifico (e anche filosofico, ma non tergiversiamo).

        Esistono delle definizioni, che sono molto precise, ed esiste chi ci ricama sopra in modo non preciso. Ad esempio dovrebbe essere ovvio a tutti che la “disputa” fra l’ “osservatore” quantistico inteso come “mente” o come “processo” non è una disputa, perché come ho riportato perfino wikipedia riconosce in Copenhagen l’assoluta assenza di influenze soggettiviste e non mi pare siano state riportate fonti autorevoli a smentire questa ipotesi. Possiamo parlare quanto si vuole ma quella fra me e Anna non è stata una disputa su opinioni divergenti, è stata una sessione in cui una informava l’altra mano a mano di come stavano le cose, basta leggerlo con attenzione.

        E va bene neh, ma bisogna capire cosa si legge. Se c’è un confronto paritetico, oppure se una insegna e qualcun altro giustamente ascolta, non si può dire che il piano lo stesso nei due casi.

        Per questo dico fidarsi “dell’onestà intellettuale” funziona fino a un certo punto, perchè un dilettante onesto intellettualmente un dilettante rimane, un disonesto professionista sarà sicuramente peggio, ma solo un onesto professionista può sbrigliare certi dubbi.

        Siete sicuri che ne abbiate o vogliate in abbondanza?

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