John, il ‘Selvaggio’ in una scena della trasposizione televisiva (BBC) del romanzo di Aldous Huxley ‘The Brave New World’.
Nel capolavoro di Aldous Huxley Il mondo nuovo una sola figura si differenziava dalle altre omologate alle leggi della ‘dittatura dolce’.
Il Selvaggio, uno che si ribella e non accetta le zuccherose ma velenose offerte nascoste sotto un cosiddetto ‘progresso’. Costi quel che costi.
Chi ha letto “Il mondo nuovo” di Aldous Huxley sa che si tratta di un romanzo utopico, o meglio distopico, ambientato in un futuro lontano cinque secoli nel quale viene rappresentata una società che ha ormai raggiunto uno stato stabile e definitivo. L’idea di una società ultima oltre la quale nessun cambiamento avviene più fu teorizzata da Hegel come punto di arrivo della dialettica socio politica, una vera e propria “fine della Storia”.
Ma il romanzo di Huxley non era pura fantasia, si trattava più di un programma politico che di fiction, un programma basato su un’ideologia scientista diffusa presso le élite culturali dell’epoca, un’ideologia che già nel 1932, anno di pubblicazione, prefigurava una serie di cambiamenti sociali impensabili all’epoca ma che oggi sono la nostra realtà. Alcune idee di base espresse nel Mondo nuovo derivavano da un breve saggio di J.B.S. Haldane, uno degli artefici della Sintesi Moderna dell’evoluzione:
Haldane espresse le proprie idee sull’eugenetica nel saggio Daedalus: or Science and the Future, del 1924, in cui affrontava gli effetti, poi ripresi da Julian Huxley nell’articolo del 1936, della separazione della funzione sessuale, considerata solo come fonte di soddisfazione psicologica, da quella riproduttiva. Particolarmente significativa fu la sua amicizia con lo scrittore Aldous Huxley (1894-1963), fratello di Julian, il cui romanzo Brave New World, del 1932, in cui prefigurava una società governata dai principi dell’eugenetica, fu chiaramente ispirato dal lavoro di Haldane.
Inchiesta sul darwinismo, pag. 137
La corrispondenza del Mondo nuovo con la società che si sta realizzando sotto i nostri occhi, ad oltre ottant’anni dalla pubblicazione, è così forte che un politologo tra i più autorevoli come Francis Fukuyana ha usato il romanzo di Huxley come riferimento in un suo libro del 2002 intitolato “Our Posthuman Future“.
Vediamo dunque quali erano le caratteristiche che Aldous Huxley attribuiva alla società del futuro:
Eugenetica
Fecondazione e gravidanza extracorporee
Sessualizzazione dell’infanzia
Scissione della riproduzione dal sesso
Malthusianesimo
Uso di droghe per nascondere l’insoddisfazione
Ricerca di una permanente condizione di giovinezza
Eliminazione dei termini “padre e madre”
Eliminazione dei vincoli familiari: “ciascuno appartiene a tutti”
Eliminazione delle nazioni
Sostituzione delle religioni tradizionali con una forma di “New Age”
Ignoranza della storia
La scienza è venerata ma non studiata
Suddivisione della società in caste
Deculturalizzazione generale
Eutanasia per gli anziani
Alla fine del libro “Ritorno al mondo nuovo”, del 1958, Huxley cosi scriveva:
«Sotto un dittatore scientifico l’educazione funzionerà davvero e di conseguenza la maggior parte degli uomini e delle donne cresceranno nell’amore della servitù e mai sogneranno la rivoluzione. Non si vede per quale motivo dovrebbe mai crollare una dittatura integralmente scientifica»
In tutto il romanzo un solo protagonista non si adegua all’ideologia non dichiarata del Mondo nuovo, è John soprannominato “Il selvaggio”, nato per via di una difettosa applicazione di tecniche anticoncezionali e quindi abbandonato con la madre in una riserva nel Nuovo Messico dove a titolo di studio e per turismo viene mantenuta una comunità pre-moderna.
Per un caso fortuito John viene recuperato e portato nella società civilizzata, una realtà che però ai suoi occhi appare come una prigione, un mondo insopportabile che non potrebbe mai accettare. Un uomo come John non può che ribellarsi al Mondo nuovo reclamando la propria irriducibile estraneità, a qualsiasi costo.
Se nel 1932 la realtà descritta da Huxley era fantascienza oggi il Mondo nuovo è pressoché compiuto. La cultura dominante ha accettato tutti i principi sui quali la distopia si basava e anche se la tecnologia o le leggi di qualche stato non consentono di vederlo realizzato pienamente, tutto lascia intendere che sia solo questione di tempo.
In questo contesto chi non si adegua alla criptoideologia del politically correct è già di fatto un “selvaggio”.
Ma essere un selvaggio non è solo una condizione considerata inferiore dal mondo moderno, essere selvaggio è anche un modo per opporre una resistenza alla dittatura dolce del politicamente corretto. La resistenza si può dunque attuare rifiutando apertamente tutta una serie di principi, comportamenti e realtà che sono acquisizioni date per ovvie nel Mondo nuovo.
Essere selvaggio significa ad esempio:
Rifiutare di credere che la droga sia espressione di libertà
Rifiutare l’eutanasia
Rifiutare l’eugenetica
Rifiutare l’aborto
Rifiutare la pratica dell’utero in affitto
Rifiutare di ritenere che i figli siano una proprietà acquistabile
Rifiutare di ritenere che essere maschi e femmine sia una questione solamente culturale
Rifiutare la sessualizzazione dell’infanzia
Rifiutare di ritenere valida l’idea malthusiana della sovrappopolazione
Rifiutare il veganismo e l’animalismo
Rifiutare di incentivare e sfruttare il lavoro non socialmente indispensabile nei giorni di festa
Rifiutare la burocratizzazione della scuola
Rifiutare di privilegiare lo studio di cose utili a scapito di cose ‘inutili’ come la filosofia e la storia
Rifiutare l’omogenizzazione culturale globalista
Rifiutare di usare il POS per pagare cifre irrisorie
Rifiutare l’eliminazione del contante e le limitazioni al suo utilizzo
Rifiutare l’adesione alla NATO
Rifiutare di aderire alla religione del Global Warming Antropico
Rifiutare di criminalizzare i motori a idrocarburi e la CO2
Questi punti rappresentano un nucleo di comportamenti da “selvaggio”, ciascuno potrà certamente aggiungerne innumerevoli altri.
Al momento i comportamenti da selvaggio sono l’unica forma di resistenza possibile all’affermarsi del Mondo nuovo, ma se anche fossero inefficaci, essere il selvaggio resterebbe comunque un modo per preservare se stessi dall’ideologia dominante non dichiarata. Chi non è d’accordo non è obbligato ad essere un selvaggio ma si limiti a consentire a chi vuole di esserlo.
Concludiamo con le parole di John in un brano tratto da “Il mondo nuovo”:
“Ciò che vi abbisogna” riprese il Selvaggio “è qualche cosa che implichi il pianto per cambiare. Nulla costa abbastanza qui.” […] ” ‘Esporre ciò che è mortale e indifeso al caso alla morte e al pericolo fosse pure un guscio.” (Amleto IV,4) Non è qualche cosa questo?” domandò guardando Mustafà Mond. “Anche astraendo da Dio; e tuttavia Dio ne costituirebbe pur sempre una ragione. Non è qualche cosa vivere pericolosamente?”
“E’ molto” rispose il Governatore. “Gli uomini e le donne hanno bisogno che si stimolino di tanto in tanto le loro capsule surrenali.”
“Cosa?” fece il selvaggio che non capiva.
“E’ una delle condizioni della perfetta salute. E’ per questo che abbiamo reso obbligatorie le cure S.P.V.”
“S.P.V.?”
“Surrogato di Passione Violenta. Regolarmente, una volta al mese, irrighiamo tutto l’organismo con adrenalina. E’ l’equivalente fisiologico completo della paura e della collera. Tutti gli effetti tonici dell’uccisione di Desdemona e del fatto che è uccisa da Otello, senza nessuno degli inconvenienti.”
“Ma io amo gli inconvenienti.”
“Noi no” disse il Governatore. “Noi preferiamo fare le cose con comodità.”
“Ma io non ne voglio di comodità. Io voglio Dio, voglio la poesia, voglio il pericolo reale, voglio la libertà, voglio la bontà, voglio il peccato.”
“Insomma” disse Mustafa Mond “Voi rivendicate il diritto di essere infelice.”
“Ebbene sì” disse il Selvaggio in tono di sfida “io reclamo il diritto di essere infelice.”
“Senza parlare del diritto di diventar vecchio è brutto e impotente; il diritto di avere la sifilide e il cancro; il diritto d’avere poco da mangiare; il diritto deve essere pidocchioso; il diritto di vivere nella pressione costante di ciò che potrà accadere domani; il diritto di prendere il tifo; il diritto di essere torturato da indicibili dolori d’ogni specie.”
Ci fu un lungo silenzio.
“Io li reclamo tutti” Disse il Selvaggio finalmente…
Da Il mondo nuovo di A. Huxley, Oscar Mondaddori – 1996 pag. 214
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35 commenti
E’ incredibile come le caratteristiche descritte in quel romanzo si stanno attuando tutte.
Dunque io sarei un selvaggio… Orgoglioso di esserlo !
Benvenuto nel club caro Salvo. Comincio a prenotare due posti nella Riserva. Però non vorrei finire nel Nuovo Messico, se si trovasse un posticino chessò, in Umbria o in Abruzzo…
E’ tardi e domani ho una giornata impegnativa,ma prima di affidarmi alle affettuose attenzioni di Morfeo mi viene la tentazione di scrivere due “cose”.
1)Questo è il programma politico della Nuova DC(spostata leggermente a sinistra)?
2)In ogni caso contesto subito il rifiutare categoricamente veganismo e animalismo.Perchè sempre loro,le nostre vittime?
E come diceva(mi si perdoni la personale interpretazione) il mio fratello virtuale GC,qui su CS:”non che questo sito sia l’organo del PARTITO DEI CREDENTI ?”
DC? Non so cosa sia, ricordo che erano diventati una specie voracissima finita per una delle solite estinzioni di massa che ogi tanto avvengono.
Per il resto non vedo vittime, mangio pane e mortadella e basta. Ricorda caro stò che sono un selvaggio…
Riguardo l’esser credenti, mi sembra che manchi all’appello il 90% delle altre caratteristiche del selvaggio, e comunque da buon selvaggio parlo a titolo personale.
Esaudiente replica.
Entri in un campo(pieno di mine antitutto)con una classe che mi piace molto e la tua proposta di essere “il selvaggio”,non certo una novità, tu la presenti con uno stile nuovo,fresco.
Gli interventi che seguiranno ci diranno se hai colpito nel segno….mi prenoto pure io.
Sono contento della tua partecipazione stò, alla Riserva sarebbe mancato qualcosa senza la tua presenza! 🙂
Vediamo come si sviluppa il discorso…
Francamente mi manca(oltre al Popolo degli Etruschi e a quello dei Vichinghi)l’appartenenza “onoraria”al Popolo degli Apache.Quasi quasi cambio il mio pseudonimo in :Sto con Geronimo,i Frati e zappo l’orto.
Tutti siamo un po’ selvaggi, chi non lo è a modo proprio?… Ma di certo non ritengo che sia selvaggio chi non si adegua a usare la moneta elettronica per pagare cifre irrisorie, quello lo reputerei un ottuso più che selvaggio.
Non sviamo il discorso, le caratteristiche del selvaggio huxleyano sono ben chiare: è un ribelle antisistema.
E mi vanto di essere ottuso: la moneta elettronica imposta mi ripugna.
Ma tranquilli, quando arriverà il bail-in, capirete come essa sia la premessa per mettervi tutti nella tonnara.
Sono selvaggio e fra qualche decennio toccherà rifiutare che i figli nascano dentro uteri artificiali piuttosto che nel pancione.
Bene Alèudin, la compagnia si allarga e si fa sempre più interessante…
PS verificheremo la tua previsione, io sono pronto a scommetterci sopra.
Sono selvaggio pure io, e spero che la profezia di Alèudin si avveri.
Piacere di avere anche te fra i selvaggi Vincent.
Je suis sauvage!
Finalmente una categoria in cui mi riconosco, quasi quasi faccio partire una campagna virale su facebook, sono sicuro che raccoglierebbe molte meno adesioni di Charlie, purtroppo.
Tutti sono un po’ selvaggi, ma c’è modo e modo di esserlo.
C’è chi è selvaggio perchè le regole valgono per gli altri e non per me (i nati da lombi d’oro – arroganti ed egoisti)
C’è chi è segretamente selvaggio e salva l’apparenza (i farisei- egoisti e falsi)
C’è chi è selvaggio nell’animo ma non dà sfogo pratico ( i paurosi)
C’è chi è selvaggio nell’animo ma per tranquillità si adegua (gli ignavi)
C’è chi è selvaggio alla moda e quindi non è un vero selvaggio
C’è chi è selvaggio radicale e si dispera quando deve pagarne le conseguenze (imprudente)
Infine c’è chi è selvaggio per scelta.
C’è invero un solo modo di essere selvaggio, nel senso sopra dato, ed è esserlo integralmente e irridulcibilmente.
Difficile perchè bisogna essere disposti a pagare fino in fondo e di rifiutare l’intero pacchetto, non si può spulciare.
Chi di noi è veramente capace di questo?
Io ci provo, ma non mi fido molto di me stesso 🙁
Comunque:
Oui, je suis sauvage!
Ottimo Valentino, la tua precisazione va allegata all’articolo come importante elemento di chiarificazione alla quale mi associo pienamente!
La tua presenza nella compagnia aggiunge quella grande esperienza che hai di vita nell’Africa selvaggia, sono certo che tornerà utile…
Valentino, dimenticavo, se fai partire la campagna su Facebook o se apri un gruppo, avverti che aderisco subito.
Bravo Enzo. Ma perché no al POS?
Legittima richiesta di chiarimento Gianni.
Il POS proprio recentemente è stato reso obbligatorio per pagamenti di pochi Euro, es. un caffè al bar, trattasi di passi necessari per arrivare all’eliminazione del contante, quindi per motivi di principio mi rifiuto di pagare il caffè con la moneta di plastica.
Molto interessante il taglio dato all’analisi su questa insuperabile distopia: confronto diretto tra comandamenti di “Brave new world” per allineati ed eresie da rivoluzionari, che solo un selvaggio fuori dal sistema (primordiale e preistorico, direbbe Hadjadj) può avere la libertà di mettere in atto!
Allora, una boutade: che l'”eccezione italiana” possa essere risvegliata da un “selvatico” di successo?
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-zalone-lirresistibile-nostalgia-di-un-mondo-piccolo-14879.htm
Carissimo Carlo,la nostra sintonia non mi sorprende!
Avevo letto l’articolo dell’amico Roberto Marchesini prima di vedere questo tuo intervento e avevo pensato la stessa cosa!
Anzi adesso lo ripropongo quasi tutto….
In seguito alla lettura del film “Quo vado” fatta da Roberto Marchesini sulla Bussola, si propone come Selvaggio onorario Checcho Zalone:
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Checco vive in un mondo tutto suo, fatto di famiglia (la mamma che cucina, la vecchia zia alla quale si può chiedere di tutto…), di lavoro (ma non troppo), di relazioni, di amicizie. Il suo è un mondo senza norme Ue, senza cibo “bio”, senza allarmi sanitari, senza politicamente corretto. Un “mondo piccolo”, direbbe Guareschi; un’italietta alla buona, che si commuove per il ritorno di Al Bano e Romina a Sanremo, dove i “buoni sentimenti” non fanno alzare il sopracciglio, dove ognuno è come è, e va bene lo stesso.
Un mondo nel quale gli africani hanno l’anello al naso e la sveglia al collo, dove si ride di animalisti, vegani, guru, omosessualisti, manager, terzomondisti… Un mondo nel quale il politico intrallazzone ma di buon cuore è il buono; e la donna laureata, sexy e in carriera è la cattiva (ma niente paura: alla fine si converte, manda a quel paese i regolamenti, le leggi, la carriera e si salva). Un mondo dove il massimo della vita è un’impepata di cozze tra amici (e non importa se sono musulmani), le orecchiette fatte a mano dalla mamma. Un mondo dove la perfezione, le norme, il rigore, “la civiltà” sono disumani, falsi, tolgono la gioia di vivere (che bella una macchina in seconda fila in Norvegia…).
Un mondo dove al primo posto c’è la persona, poi vengono le ideologie, i regolamenti. Un mondo senza l’ideologia di genere («No, il paradosso no!»), nel quale gli uomini incarnano gli stereotipi maschili e le donne quelli femminili. Un mondo nel quale vengono infrante tante regole, per prime le regole del perbenismo contemporaneo. Sarà un mondo scandaloso ma, e resti tra noi: non è un bel mondo? Diciamolo: il mondo di Checco non è l’Italia “nazional-popolare” degli anni Settanta, non è la Prima Repubblica (che «non si scorda mai»), quando eravamo più umani, più sereni, più sinceri, più liberi? Non è forse vero che si stava meglio quando si stava peggio? Quando ci si svegliava con il Gazzettino padano, le vacanze estive (rigorosamente in Italia) erano chiamate “l’esodo di ferragosto”, quando il Masterchef era la nonna Tina, quando le automobili erano senza centralina elettronica e ognuno poteva metterci le mani senza essere un meccanico autorizzato? Avete presente L’italiano di Toto Cotugno? Beh, chi non ha nostalgia di quell’Italia?
Avete presente la favola I vestiti nuovi dell’imperatore? Nella quale l’imperatore se ne va in giro nudo e nessuno ha il coraggio di dirlo, per conformismo, per viltà, perché «Non sta bene»? Un bambino grida «Il re è nudo», e tutti scoppiano a ridere. Ecco: Checco Zalone è il bambino che dice: «Il re è nudo!». Il terzomondismo, il politicamente corretto, l’ideologia di genere, l’omosessualismo, l’animalismo, l’europeismo, il rigorismo, il salutismo, ecologismo, pacifismo e tutto quello che ci hanno propinato da trent’anni a questa parte… è nudo! E noi, finalmente – nudi anche noi – troviamo il coraggio di riderne a crepapelle. Almeno finché non usciamo dal cinema.
Mondo infame direi…
Grazie Enzo. Sembra impossibile, ma ce l’hanno fatta. Tutto gira come vuole il sistema: televisioni, giornali, opinioni della gente. Direi che la libertà, pagata a caro prezzo dai nostri nonni, sia solo un lontano e mirabile ricordo. Hanno mangiato e spolpato tutto e dopo si sono serviti di una falsa idea di progresso per tenerci buoni. Non sarei per una rivoluzione forcaiola, però è impossibile cambiare le cose stando seduti.
Le rivoluzioni sono sempre più convinto che si facciano con i soldi, da quella francese a quella ucraina, quindi non ci credo. Quando nascono spontaneamente si chiamano rivolte e in genere finiscono “soffocate nel sangue”.
Quindi resta la resistenza partigiana, azioni più o meno isolate, ma se si diventa in molti un loro effetto lo fanno.
Hanno rotto le uova nel paniere. Ormai la gente non si occupa più di cambiare, si accontenta e basta. Ci stiamo arrendendo pian piano.
E’ uno strisciare continuo verso il basso.
Finché ci saranno grossi interessi a prevalere tutto continua, per il resto amen.
E’ purtroppo così.
Non mi piace la parola “pessimista”, è una parola pessima, tanto per ribadire la radice del termine. Sono un possibilista, nel senso di “aperto” a tutto e a tutte le possibilità. Nel film “Interstellar” si cita la famosa legge di Murphy, semplificata con un “tutto quello che può accadere accadrà”. Penso sia vero.
Il mondo non lo controllano loro benché lo credono.
Ciao Dom, parlando della legge di Murphy mi sembra di ricordare che la formulazione esatta era “se qualcosa può andar male lo farà”, il che, seguendo il tuo ragionamento, vale anche per chi ha grandi mezzi per controllare la società.
Penso anch’io, aggiungiamoci anche motivi escatologici, che qualcosa alla fine anche per loro andrà male.
Spero solo che non si debba spettare troppo.
🙂
Salve,
articolo interessante, con cui si può certamente concordare o meno (specialmente per quanto concerne la specificità dei punti elencati, che rispecchiano la personale prospettiva del prof. Pennetta), ma il cui patetismo (nel senso etimologico) è da apprezzare in virtù del suo vigore convinto e virile, contrapposto alla sterile fumosità e vacuità dell’ignavo dibattito politicamente corretto.
Per quanto concerne quanto detto nella critica al film “Quo Vado” (il quale, senza gran dispiacere, non ho ancor visto), penso che la verità stia nel mezzo: è da rifuggire tanto una mediocrità “neocosmica”, in cui domini l’ingiustificato hegeliano piegamento dei fatti ad ideologie false e biugiarde, quanto una mediocrità “veterocosmica”, tutta fatta di luoghi comuni neganti qualsivoglia forma di vero progresso (o quanto meno critica propositiva) intellettuale e sociale.
Selvaggio onorario al mondo figurato da Checco Zalone? Beh, allora non sono più un selvaggio, che certi contenuti della peggior risma del monnezza non fanno per me…
Mi riconosco invece come buon selvaggio nel non essere baciapile clericale che porta nelle nostre case ogni sospiro papale papale
In effetti, nemmeno io posso riconoscermi nel selvaggio di Checco Zalone, che coincide sostanzialmente con il cafone tamarro personificato dall’attore nelle sue pellicole (se non erro il nome artistico deriverebbe dall’espressione pugliese “Che cozzalone!”, ovvero “Che tamarro!”).
Come ho puntualizzato di sopra, est modus in rebus; mi ritengo selvaggio nel senso non “zaloniano”, ma nell’accezione più filosoficamente ponderata e motivata del termine (accezione usata d’altronde dal prof. Pennetta nel suo articolo).
Ho riportato l’articolo originale proprio perché si potesse valutare l’aspetto del film che ha suscitato l’accostamento, non si parla dell’opera omnia.
Del resto sembra che finalmente la satira sociale esca dalla rassegnazione e dalla macchietta dell’italiano vittima dei propri difeetti che caratterizzava Sordi e Villaggio, adesso cominciamo forse a dirci che molti dei nostri mali provengono da mode e mentalità importate e spacciate come progresso.
Caro prof., temo che questa società abbia perso il senso del ridicolo, quello che ti permette di guardare in faccia alla realtà (perché sì, è bene ricordarlo, a prescindere da noi, una realtà esiste), smascherare le assurdità e riderci sopra.
Quello che, mentre ti guardi allo specchio, si fa quattro risate della tua piccolezza, di tutte le cavolatine con le quali credi di lottare ogni giorno.
Quello che, dando la giusta dimensione alle nostre menate, ti fa dare un’occhiata all’abisso infinito che ci domina ma anche ci accoglie.
Quello che, appunto, apre gli occhi del fanciullo e gli fa urlare “il re è nudo”.
Ecco, avere gli occhi di un bambino: per me questo significa essere un selvaggio.
La perdita del senso di ridicolo e della capacità di ridere (non di sghignazzare…) è tipico della società attuale, fondata sul PUPO.
http://pellegrininellaverita.com/2015/07/07/il-ridere-fa-il-gaio-ma-non-luomo-felice/
…sì, un mondo dove nessuno si mette a ridere sonoramente di fronte a personaggi compunti e seriosi, spesso anche accigliati, che si riuniscono per regolare il termostato del pianeta di 1,5 gradi… beh, è un mondo dove c’è poco da ridere 🙂
Appartenente alla tribù dei Maschi Selvatici alla Claudio Risè, non posso non sentire la conunanza con i Selvaggi alla Huxley.
Le categorie di rifiuto descritta ci stanno tutte e come detto precedentemente, vanno accettate in blocco. Proporrei l’aggiunta di televisione e internet in dosi… omeopatiche!
Padre di due figli decenni sento come dovere morale nei loro (e miei confronti) renderli Selvaggi il più possibile.
Buonasera e benvenuto Pietrosintesi, lessi anni fa il maschio selvatico di Risè e credo che nel Selvaggio ci sia molto di quell’idea.
Penso che possiamo certamente incontrarci nella stessa tribù. Riguardo TV e Internet, sarei d’accordo, andrebbe però prima valutato l’uso che se ne fa per poter stabilire le giuste dosi.