Su MicroMega contemporaneamente agli argomenti ad personam vengono esposti quelli contro la tesi di Nagel.
Ecco l’analisi delle contestazioni formulate.
Quali sono le contro argomentazioni che il prof. Pievani porta per ribattere alle critiche che il filosofo Thomas Nagel muove alla teoria darwiniana?
La prima di esse la troviamo a pag. 239 del numero di MicroMega 8/2015:
Insomma siamo alla solita, grande, confortante, edificante e del tutto infondata e irrazionale, narrazione finalistica dell’evoluzione..
La “narrazione finalistica” non solo dell’evoluzione, ma di tutta la realtà naturale, è infondata e irrazionale tanto quanto il suo contrario, infatti il non finalismo è solo una “narrazione” diametralmente opposta frutto di una posizione assunta in modo dogmatico. Lo spiega chiaramente Jacques Monod, Nobel per la medicina e autorità indiscussa del darwinismo degli anni ’70 nel suo libro “Il caso e la necessità” dove a pag. 25 (ed. Oscar Mondadori) afferma:
La pietra angolare del metodo scientifico è il postulato di oggettività della Natura, vale a dire il rifiuto sitematico a considerare la possibilità di pervenire a una conoscenza ‘vera’ mediante qualsiasi interpretazione dei fenomeni in termini di cause finali […] Postulato puro, che non si potrà mai dimostrare poiché, evidentemente, è impossibile concepire un esperimento in grado di provare la non esistenza di un progetto, di uno scopo perseguito, in un punto qualsiasi della Natura.
Monod riconosce che l’assenza di un progetto non è dimostrabile e che si tratta solo di una posizione assunta in modo apodittico dalla scienza sperimentale la quale, forzando il metodo galileiano, è passata dal non potersi occupare del finalismo al negarlo dogmaticamente. L’ipotesi teleologica non è quindi infondata di più di quella contraria che vede nei soli caso e contingenza l’origine delle specie e dell’uomo. Affermare come fa Pievani che “l’evoluzione non ci aveva previsti”, o il suo contrario come fa Nagel “l’evolzione ci stava aspettando”, sono posizioni equivalenti dal punto di vista sperimentale: indimostrabili. Non è quindi motivata la critica mossa su questo punto a Nagel, se non nella logica della difesa di una posizione dogmatica contro un’altra posizione dogmatica.
La seconda critica viene mossa a pag. 240, dove testualmente si afferma quanto segue:
“la biologia evoluzionistica è una teoria fisica” (p. 18, un’intera disciplina ricolma di fatti corroborati viene confusa con una teoria, ma sorvoliamo)…
E invece non possiamo sorvolare su questo punto. Il filosofo Pievani accusa il filosofo Nagel di aver fatto confusione sul termine “teoria” che sarebbe stato impropriamente usato per indicare il neodarvinismo che sarebbe invece una scienza “colma di fatti corroborati”. Ma il significato del termine “teoria” non è quello di qualcosa di non dimostrato, per chiarire meglio in concetto prendiamo una definizione autorevole, quella del dizionario Treccani:
Formulazione logicamente coerente (in termini di concetti ed enti più o meno astratti) di un insieme di definizioni, principi e leggi generali che consente di descrivere, interpretare, classificare, spiegare, a vari livelli di generalità, aspetti della realtà…
Una teoria è una spiegazione della realtà, essa poi può essere da dimostrare o dimostrata. Casi come quello della teoria della relatività, che si chiama ancora oggi così, o della teoria cinetica dei gas, dimostrano che il termine viene impiegato anche quando è presente una forte corroborazione. Perché dunque quel passaggio è stato criticato?
Una terza critica viene mossa a pag. 241-2 sull’obiezione di Nagel riguardo alla mancanza di predicibilità nella teoria darwiniana:
Una spiegazione evoluzionistica infatti, secondo Nagel (p. 51), deve mostrare: perché l’occorrenza di un determinato evento storico era probabile e prevedibile (chissà perché, lo ha deciso lui; abbiamo miriadi di attendibili spiegazioni scientifiche di eventi che erano improbabili eppure sono successi)… Un delirio, chi scrive sciocchezze del genere non ha la più pallida idea di cosa sia una spiegazione evoluzionistica.
Forse Nagel non ha idea di cosa sia una spiegazione evoluzionistica ma ce l’ha di cosa sia la scienza sperimentale galileiana e popperiana. Se non è possibile fare delle previsioni viene a mancare l’esperimento di prova, la corroborazione sperimentale tanto decantata dallo stesso autore dell’articolo poche righe prima. Se una teoria scientifica non consente di fare delle previsioni viene a mancare anche il criterio di falsificabilità che è proprio della scienza sperimentale. Ha ragione dunque Nagel nel fare le sue osservazioni. Su una cosa però potrebbe avere ragione il prof. Pievani: Nagel non ha la più pallida idea di cosa sia una spiegazione evoluzionistica neodarwiniana. Nagel non sa infatti che una spiegazione evoluzionistica neodarwiniana è in genere una storia non dimostrabile, una specie di mito che è stato efficacemente assimilato alle “Just so story” di Kipling.
Una critica al principio antropico forte presente nel libro di Nagel appare a pag.243:
A parte il progressionismo interstellare e il narcisismo antropocentrico insiti nell’idea, si tratta di nient’altro che di una nuova versione del principio antropico forte, già demolito da biblioteche intere di argomentazioni razionali e logiche. Per Nagel l’esperimento unico di vita sulla Terra sarebbe “il fatto naturale cosmologicamente più significativo” di tutti (p. 36): ma come fa a dirlo? Ha mai chiesto l’opinione degli abitanti di un’altra galassia?
Riguardo al “progressionismo interstellare” non è possibile esprimere alcuna opinione in quanto trattasi di termine non presente nel vocabolario italiano, il narcisismo di cui si accusa il principio antropico forte è invece riferito ad una sua confutazione che però di fatto non viene neanche accennata. I lettori di MicroMega devono quindi farne a meno e accontentarsi di sapere che contro il principio antropico forte ci sono intere biblioteche di argomentazioni. Peccato, poteva almeno essere riportata quella ritenuta più significativa. L’autore dell’articolo su MicroMega ci chiede insomma di credere a lui. Che poi la comparsa della vita sulla Terra sia il fatto cosmologicamente più significativo è un dato di fatto, Nagel infatti afferma nella citata pagina 36: “Non abbiamo osservato forme di vita in altri mondi oltre la Terra e nessun fatto naturale è cosmologicamente più significativo di questo“. A questa considerazione basata su evidenze sperimentali (provvisorie se vogliamo, come tutte le conoscenze scientifiche), il suo critico chiede di ascoltare l’opinione di abitanti extraterrestri intergalattici. Se questa è la scienza…
Continua poi poche righe più sotto:
Questa autoreferenzialità cosmica non sta in piedi, da nessun punto di vista, e contraddice tutte le evidenze in nostro possesso su come è andata realmente l’evoluzione naturale contingente… E’ legittimo credere, fideisticamente, che vi sia stato nonostante tutto un grande piano finalistico (senza un agente intenzionale alle spalle) che puntava diritto verso la comparsa della mente umana, a patto di accettare di scontrarsi con l’evidenza e con ciò che la scienza oggi suggerisce oltre ogni ragionevole dubbio.
Ancora una volta si parla di di evidenze di un’evoluzione naturale contingente, dimenticando la lezione di Monod sull’indimostrabilità della contingenza. Quelle evidenze non solo non esistono, ma non possono esistere. Eppure si parla di evidenze “oltre ogni ragionevole dubbio”, una locuzione presa in prestito dalla giurisprudenza e del tutto estranea alle scienze sperimentali. Si tratta della proiezione di un desiderio, a tanta insistenza si può opporre altrettanta ripetitività: non solo la mancanza di finalismo non è stata dimostrata “oltre ogni ragionevole dubbio”, ma essa è assolutamente indimostrabile. Oltre ogni ragionevole dubbio.
In conclusione le critiche mosse dal prof Pievani alla tesi di Nagel non sono di un tipo valido secondo il metodo scientifico. Per una eterogensi dei fini finiscono però per valere contro la tesi opposta da lui sostenuta: il finalismo di Nagel non è dimostrabile scientificamente, ma neanche la mancanza di finalismo sostenuta dal suo contestatore lo è.
.
.
.
158 commenti
Tanto per cominciare…
.
“la biologia evoluzionistica è una teoria fisica” (p. 18, un’intera disciplina ricolma di fatti corroborati viene confusa con una teoria, ma sorvoliamo)…”
Sei tu, Enzo, che confondi la “biologia evoluzionistica” con il “neodarwinismo”.
.
Nagel, parlando di teoria, si riferiva, in base a quanto si legge qui sopra, alla “biologia evoluzionistica”… Un’intera disciplina ricolma davvero di fatti corroborati. Tu che sei laureato in biologia dovresti saperlo bene.
Dunque il prof. Pievani non sostiene l’dentità evoluzione = darwinismo, e la SIBE non è un’associazione che identifica evoluzione con darwinismo?
Questa sì che sarebbe una notiziona…
(Allora bisognerà dire alla SIBE di togliere l’immagine di Darwin dall’home page! 😉 )
http://www.sibe-iseb.it/
Non ribaltare la questione, Enzo.
Qui in ballo c’è solo, e solo, quel che poteva intendere Nagel con quel “biologia evoluzionistica”.
E non intendeva certo quel che tu hai creduto.
Sii onesto quando è necessario esserlo e dì che in questo caso ho ragione. La biologia evoluzionistica non è una teoria. Tanto semplice quanto lampante.
Conta quel che intende Pievani con quel termine perché è lui che lo usa (e che non ha fatto tutti i distinguo che hai fatto tu perché il suo pensiero è noto), e quello che lui intende per biologia evoluzionistica è esattamente quello che ho scritto io.
Devi pensare che proprio io sia un allocco… Da quel che citi, la frase riportata tra virgolette
.
“la biologia evoluzionistica è una teoria fisica” (p. 18, un’intera disciplina ricolma di fatti corroborati viene confusa con una teoria, ma sorvoliamo)…”
.
risulta proprio una citazione che Pievani, nel suo commento, fa di una frase presente nel libro di Nagel.
La frase è di Nagel, non di Pievani.
.
Delle due l’una: o semini fumo per far confusione apposta, o non intendi manco quel che vai a commentare. Spero che sia vera la prima, o forse no, meglio la seconda, va!
Giuseppe qual è il problema?
Pievani contesta che la teoria dell’evoluzione (per lui è sinonimo di darwinismo e su questo solo tu hai dei dubbi) sia una “teoria”.
Ebbene ha detto una cretinata.
Leggo inoltre toni un po’ sopra le righe, che per caso ti ho toccato qualcosa di sacro?
Capisco che per te sia un idolo ma perché monti sta cagnara per negare il fatto?
Oltretutto lo evidenzi sempre di più.
No, Enzo. Pievani contesta la frase “la biologia evoluzionistica è una teoria fisica”, scritta da Nagel. Che evidentemente intende la “biologia evoluzionista”, non il darwinismo. Pievani, e scusa se monto una cagnara per far emergere una verità, lo accusa di sostenere che è una teoria la “biologia evoluzionistica”. Mi rifiuto di pensare che dopo questo scambio tu non abbia ancora capito. Spero che abbiano capito i lettori di CS.
Sia Nagel che Pievani intendono l’equazione biologia evoluzionistica=darwinismo e quindi è su questo che verte la polemica.
La dimostrazione è nel fatto che entrambi concordano sul “fatto” dell’evoluzione, dove sarebbe allora il contrasto?
Tu sei convinto del contrario.
Concordo su una sola cosa, che i lettori capiscono.
… continuare…
.
“Non abbiamo osservato forme di vita in altri mondi oltre la Terra e nessun fatto naturale è cosmologicamente più significativo di questo“.
.
Per me è quel “cosmologicamente” che è stonato e che Pievani critica.
.
“Non abbiamo osservato forme di vita in altri mondi oltre la Terra e nessun fatto naturale è più significativo di questo“.
.
Scritto così probabilmente non avrebbe suscitato obiezioni, perché quando a un “fatto” si dà valenza cosmica è chiaro che, come chiede ironicamente Pievani, si dovrebbe supportarlo con una conoscenza cosmica. O no?
Con o senza quel ‘cosmologicamente’ a me non sembra che cambi molto.
A me sembra, invece, che cambi davvero molto.
E perché? Spiega la differenza.
L’ho spiegata più sopra, in modo chiarissimo.
Non hai spiegato una mazza.
I toni sopra le righe sono ora i tuoi… Rileggiti con più calma quel che ho scritto sopra, magari aspetta prima di sbollentarti.
Sopra hai scritto:
“quando a un “fatto” si dà valenza cosmica è chiaro che, come chiede ironicamente Pievani, si dovrebbe supportarlo con una conoscenza cosmica. O no?”
.
Questa è dunque la differenza?
Quindi non dovrebbero esistere discipline che fanno affermazioni sull’universo, che si fa eliminiamo tutta l’astronomia?
E allora sbaglia anche Pievani quando ironicamente parla del parere di abitanti di un’altra galassia.
Se è il termine “cosmologicamente” che gli da fastidio ha commesso lo stesso errore. E lo commettono gli scienziati quando si parla seriamente di ricerca di vita sugli altri pianeti rendendo cosmologiche le leggi operanti sulla Terra.
Ma il fatto è che sei tu che hai fatto questo distinguo, non Pievani e ti sei convinto che il problema fosse quello.
… e finire.
.
“il finalismo di Nagel non è dimostrabile scientificamente, ma neanche la mancanza di finalismo sostenuta dal suo contestatore lo è”
.
Mi viene spontaneo pensare “tanto rumore per nulla”, per una chiusa scontatissima?
.
E allora 1 : 1 e palla al centro, come al solito in questo campo!
Direi che l’ 1:1 è vero se pensiamo ad un finalismo intenzionale (che non è quello sostenuto da Nagel), ma se pensiamo ad un finalismo del tipo delle leggi di natura (la differenza è spiegata benissimo dagli interventi qui sotto di Symon e Giorgio) il discorso di Nagel è validissimo e perfettamente scientifico.
Sei tu, Enzo, che nelle conclusioni del pezzo hai scritto che “il finalismo di Nagel non è dimostrabile scientificamente”. E lo hai contrapposto alla mancanza di finalismo di un Pievani mettendoli sullo stesso piano di indimostrabilità… Non capisco davvero come credi di rigirare la frittata.
Quello che ha detto Pievani è:
“Insomma siamo alla solita, grande, confortante, edificante e del tutto infondata e irrazionale, narrazione finalistica dell’evoluzione..”
.
E’ lui che l’ha messa sull’aspetto finalistico intenzionale e non su quello delle leggi di natura, e su questo piano la sua argomentazione finisce, per un’eterogenesi dei fini, col confutare le proprie idee a favore della tesi opposta del caso e contingenza. Ed è quello che ho voluto evidenziare.
.
Niente frittate da girare come vedi.
Beh, credo che avresti dovuto essere più chiaro fin dall’inizio. Come l’hai posta, sembra proprio un’affermazione tua.
Che dire, caro Enzo…. questo Pievani sembra essere un vero palloncino gonfiato poco consistente quando si va sul lato della riflessione e il suo accecamento tinto di vero odio per Nagel lo mette in evidenza.
Permettimi brevemente qualche riflessione.
(a) nel quadro degli oggetti materiali ( e quindi degli enti che compongono il nostro universo, esso compreso) il filosofo sa che non si può distinguere tra causa formale e causa finale, ne aveva già accennato Via Negativo in un commento in un post precedente su questo blog. Questa separazione è possibile e perfettamente apparente solo in presenza di entità intenzionali, come gli umani che, quando agiscono, lo fanno solo in funzione di un fine che li spinge ad agire e che diventa esplicitamente una causa finale perfettamente distinguibile dalle cause efficienti, strumentali, formali e materiali. Questo ha come conseguenza che qualunque discorso scientifico si focalizzerà soprattutto sulle cause efficienti, le quali, per definizione, non sono le cause finali e sulle cause formali e materiali in quanto bisogna pure che tali cause efficienti agiscano su qualcosa. Rimane il fatto che chiedersi cosa sia questo qualcosa, il quid est?, è una domanda filosofica e non scientifica.
(b) Benché la causa finale rimane identificata alla causa formale, essa può lo stesso essere ritrovata nella nozione di “Legge” (fisica, biologica, etc) e si esprime nella pretesa di riproduttività sperimentale e di predittività sperimentale: riproduttività e predittività mostrano quanto il fine è sempre lo stesso quando una causa efficiente agisce su un paziente anche nel mondo materiale.
Quindi l’apparire stesso di una legge è implicitamente ammettere la presenza di una causa finale, a fortiori la costruzione di una teoria è la strutturazione di queste cause finali tra di loro ed è come la messa in evidenza di una meta-causa finale e non è per caso che una teoria è razionale.
(c) Dove il Pievani, e chi come lui, è totalmente confuso è quando pretende poter fare un discorso scientifico e che tu hai benissimo messo in evidenza, caro Enzo, è che c’è bisogno appunto di riproduttività: se un fenomeno non si può riprodurre allora non si fa scienza. Per questo, ad esempio, gli avvenimenti miracolosi non possono essere oggetto di scienza, in quanto, per l’appunto una tantum e per questo, per dimostrare che alcuni di loro non sono miracolosi si cerca di riprodurli in laboratorio
(d) Per Pievani, quindi, i fenomeni dell’evoluzione non possono essere oggetto di teoria ma solo di collezione di fatti inequivocabili (sic!) non riproducibili e quindi ancor meno predittivi : un somma di miracoli. Ma su questo punto ha ragione: il darwinismo è solo una sfilza di miracoli e da una sfilza di miracoli si può solo accedere a due possibili ipotesi, questa sfilza è puramente casuale (ma questo è di per sé impossibile in quanto il caso non crea informazione) o c’è un DIo che fa detto miracolo ad ogni tappa (ma non si fa più scienza)
(e) Dove vien da ridere è quando il Pievani si mantiene convinto che ci siano fenomeni vitali sua altre galassie: infatti perché, se il fenomeno vitale fosse puramente casuale, dovrebbe per forza esserci vita altrove se le condizioni ne rendessero possibile l’apparire? Il caso non lo può garantire: solo se esiste una Legge, o una serie di leggi, che esprime la causa finale questo avverrà. La fiducia stessa di Pievani ch eciò avvenga anche altrove mostra che, in fin dei conti, lui stesso non ci crede che non ci siano cause finali nel mondo materiale.
Per concludere, se si potessero mettere in evidenza i meccanismi evoluzionistici in modo riproduttibile e prevedibile, allora il discorso evoluzionistico potrebbe avere statuto di scienza: il prezzo da pagare è che questi stessi meccanismi verificherebbero sperimentalmente una teoria (finalmente) scientifica dell’evoluzione, teoria che sarebbe l’oggettivazione della causa finale di tutto il processo evoluzionistico e che potremmo poi validare in altre galassie come sogna il Pievani.
(Ovviamente, nessun processo evolutivo o teoria scientifica potrà mai dimostrare l’apparire dell’autocoscienza per le ragioni esposte nel post precedente, in quanto questa non è materiale e quindi non può essere l’oggetto di alcun discorso scientifico. Tali teorie si limiteranno sempre al mettere in evidenza i meccanismi che hanno reso possibile l’apparire delle cause necessarie, ma a non sufficienti, dell’apparire della coscienza.)
Il discorso del pievani, impregnato come è di odio e non di ragione, manca quindi il suo fine: ma cosa aspettarsi d’altro dai fondamentalisti talebani dello scientismo?
Finalismo in evoluzione ha un significato ambiguo, perche’ puo’ essere interpretato in almeno due significati diversi. Il primo e’ quello di dire che l’evoluzione e’ stata progettata e pianificata da qualcosa d’intelligente. A me, che ho letto due volte il libro di Nagel, non risulta che Nagel abbia mai scritto una cosa simile. Il secondo significato e’ quello di dire che l’evoluzione (da un brodo inanimato primordiale ad un essere con le qualita’ dell’uomo) e’ stato un processo di complessificazione crescente, culminato nella coscienza irriducibile alle particelle elementari della fisica da cui e’ partito. Qui e’ il punto: l’evoluzione biologica e’ un cespuglio disordinato, senza direzioni, o piuttosto una marcia del progresso come quella che i darwinisti rappresentavano una volta?
Questa valutazione e’ determinabile con strumenti scientifici o no? Evidentemente no. Appartiene alla filosofia.
Quindi Pievani sbaglia quando pretende di dire che e’ dimostrato scientificamente oltre ogni dubbio che non c’e’ stata marcia del progresso.
Nagel non sbaglia invece ad affermare che e’ contraddittorio LOGICAMENTE pretendere di negare questo progresso: “Evolutionary naturalism provides an account of our capacities that undermines their reliability, and in doing so undermines itself”. Infatti, se la nostra mente e morale sono semplicemente i prodotti accidentali di processi naturali ciechi come una selezione naturale agente su errori genetici casuali di replica, che confidenza possiamo avere che questi processi ci conducano alla verita’?
Insomma, che cosa da’ a Pievani (a Cipriani, ecc.) tutta la loro fiducia di avere ragione?! Siamo, come si vede, sempre al dubbio del vecchio Darwin…
Sbaglia sia chi dice che l’evoluzione è un cespuglio disordinato e sbaglia chi dice che è una perfetta marcia del progress, anche se bisogna vedere l’esatto contesto in cui si fanno certe affermazioni, perchè le mutazioni casuali possono rappresentare il cespuglio disordinato e l’adattabilità la marcia del progresso.
A parlare di cespuglio è Pievani, Flavio, a parlare di “perfetta” macchina del progresso, nessuno. Quindi, ne traggo, per Lei sbaglia Pievani e solo lui, quando nega una qualsiasi direzione nell’evoluzione.
Direi l’esatto contrario: sbaglia chi generalizza.
E’ fondamentale che la nostra libertà sia riconosciuta. Mi pare che il riduzionismo per liberarsi di ogni finalismo che rimanda a un ente supremo finisca per privarsi dell’anima e del libero arbitrio (“le magnifiche sorti e progressive” delle neuroscienze, a sentire qui sopra…) e quindi per ridurci a degli automi, ossia a organismi completamente sottomessi a norme esterne, ci pone pertanto sotto una dittatura che è davvero assoluta (altro che “dogmatica”…), la solita eterogenesi dei fini. Parafrasando il prof. Masiero, rincaro la dose: da questi automi eterodiretti che saremmo noi uomini, come possiamo aspettarci che si possa arrivare alla verità ? La verità (anche solo scientifica) richiede la libertà.
Nessuno vuole negare l’esistenza della libertà ed infatti non conosco una sola persona che non difenda l’idea di poter pensare ed agire senza costrizioni. Il problema è che vi sono parecchi meccanismi di decisione che sfuggono al nostro controllo. Glielo spiego con un esempio semplice: se io le offrissi una cospicua somma di denaro a cambio del suo impegno a non bere una goccia d’acqua nell’arco di una giornata, lei quasi sicuramente riuscirebbe a portarsi a casa il premio. Se invece per la stessa somma di denaro le chiedessi di non pensare al “colore verde” nell’arco di una giornata, con quasi tutta probabilità lei non riuscirebbe a mantenere l’impegno. Chi nega il libero arbitrio non nega quindi la capacità di decidere, ma semplicemente nega la capacità di decidere sempre e comunque.
Meno male che si sono parecchi meccanismi di decisione che sfuggono al nostro controllo altrimenti finiremmo come quel millepiedi che si bloccò completamente quando gli chiesero con che piede iniziava a camminare 🙂 Di fatto il primo esempio comporta un’azione o il non compierla, mentre il secondo è tutto interno al pensiero, che come minimo vuole dire che il pensare è altra cosa rispetto all’agire,, anche a livello di interazioni neurali. Di fatto solo con l’azione produco effetti fuori da me e quindi divento responsabile delle mie decisioni.
(A quanto ho letto sopra è comunque il neuroscienziato che alla fine afferma di essere costretto a credere al libero arbitrio, “nonostante” gli studi condotti lo neghino, quindi come fa a non conoscere “una sola persona” che non difenda l’idea di poter pensare ed agire senza costrizioni ? Gli specialisti a lei cari, almeno quelli più dotati, arrivano a toccare con mano questo paradosso).
Infatti il pensare è un’altra cosa rispetto all’agire. Proprio questo è il punto.
E sul libero arbitrio la questione non è crederci o non crederci ma dove situare l’asticella della consapevolezza.
Dopo aver sentito espressioni numismatiche quali “fatti corroborati” che evocano il principio di verificazione,tocca dire che oltre ragionevole dubbio Pievani ignora il dibatito degli epistemologi degli ultimi 100 anni,VERIFICHI cioè corrobori? nel senso che VERIFICHI come i tacchini?,no perchè se è cosi sig.Pievani,il guaio è che il mondo è cosi pieno di gente piena di sè con certezze da idioti,piuttosto che di persone che dubitano,tanto per citarne uno che a tali dibatti diede spunto.Ma al di la del suo variopinto esprimersi con tante certezze
Mi tocca sentire espressioni pedanti e pesanti quali:VERIFICAZIONISMO o ancora più modernamente traslato “CORROBORAZIONISMO”,cerca di “corroborare “o di “verificare” cosa di grazia?.Non pensa piuttosto che oltre il suo orticello di spasmodici fanatici per cui scrive,fuori dal suo orticello prima di dire che Nagel è uno sciocco,lei sarebbe irriso da chiunque abbia un minimo di media cultura,anche solo con l’affermazione “corroborazione di una teoria”?E che i sig pievani certe affermazioni non dovrebbe farle nemmeno , nelle scuole dove stanno i ragazzini delle medie e o al più liceali a risponderle.Ha proprio ragione pievani, “corroborazionismo oltre ragionevole dubbio.”
Il bello è che , non c’entra niente negare o non negare la questione sula base di un piano o non pieno trascendentale,come avallo del fatto che il corroboraziosmo o verificazionismo sarebbe corretto e oltre ogni ragionevole dubbio,in quanto se no, c’è o non c’è un piano trascendentale.
Invece la sua cos’è una nuovo riformulazione del “principio di corroborazione?”Mamma mia suona pure male linguisticamente,cosi ds vedere la teorizzazione che ne da il sig.Pievani.Oramai non è più possibile una dimostrazione contraria per Pievani,le cose sono “corroborate oltre ogni ragionevole dubbio”….nell’orticello di Micromega,fuori?,bhè fuori ti mandano a quel paese come parli a una persona di appena media cultura,di validità del principio di verificazione o di “corroborazione.”
Bisognerebbe mettere in chiaro una volta per tutte un concetto molto importante: non tutte le teorie scientifiche devono essere in grado di fare previsioni precise e definitive e meno ancora si può pretendere di poterle ripeterle singolarmente con esperimenti di laboratorio. Nel caso della riproduzione genica ad esempio è impossibile prevedere a partire da quale generazione muterà un determinato gene, come non sarà possibile conoscere come sarà il gene che lo sostituirà, perchè banalmente sarebbe come pretendere di conoscere l’esatto colore di capelli o l’esatto tono di pelle di un nostro qualsiasi bis-bis nipote.
“Ciò che non possiamo riprodurre non lo capiamo” (R. Feynman). Lei ha messo in chiaro, Flavio, la “Sua” definizione di scienza, che per me come per Feynman non vale, perché per noi equivale alla filosofia naturalistica. Per noi scienza è solo ciò che permette riproducibilità e predizione, e così controllo e applicazioni tecnologiche.
Giudico importante questo Suo commento perché serve a stabilire i rispettivi significati di scienza e ad evitare inutili discussioni in futuro.
In laboratorio si possono riprodurre sia i buchi neri che i processi evolutivi, nel primo caso i creazionisti accettano senza riserve i risultati mentre nel secondo caso pretendono che il laboratorio ricrei, passo dopo passo, le singole mutazioni che portano ad esempio alla trasformazione completa di una pinna in un arto. Chiediamoci il perchè…
Forse non ho ben capito, Flavio, ma non vedo la relazione tra il sapere come si costruisce un pianoforte e credere che, quando ne vedo uno, esso si sia costruito da sé, per caso.
Le posso solo dire che quando vedo un pianoforte l’ultimo pensiero che mi può attraversare la mente è che questo si sia potuto costruire da sè, mentre di una pinna che si trasforma in un arto ho evidenze paleontologiche, conoscenza delle mutazioni genetiche e dei processi di selezione naturale.
No Flavio, non hai evidenze paleontologiche di mutazioni casuali e selezione, ma solo di evoluzione.
Parlo della pinna che si trasforma in arto perchè ho:
a) evidenze paleontologiche
b) conoscenza delle mutazioni genetiche
c) conoscenza dei processi di selezione naturale.
No, Flavio.
1) io sono un credente, non un “creazionista”. Chiedo rispetto, per continuare il dialogo.
2) Feynman era un ateo.
3) Lei non conosce il significato tecnico di riproducibilità. Neanche il Big bang è riproducibile, però il modello è scientifico. Riproducibile è una teoria che permetta QUALCHE predizione controllabile in laboratorio. La teoria dei buchi neri, o del Big bang, lo fa. Se vuole gliene elenco alcune. Il darwinismo nessuna. Qui mi fermo anche con Lei, perché siamo OT e ne abbiamo abusato!
Caro Giorgio, come il resto dei partecipanti so bene che lei non è creazionista come i creazionisti biblici americani. Non mi permetterei mai di confondere le differenti posizioni.
Per il resto, della differenza tra scienze esatte come la matematica o scienze più interpretabili come la storia, l’antropologia, la medicina, la psicologia… o l’evoluzionismo appunto, ne abbiamo già parlato, eviterei quindi di ricorrerre all’estremo rigore scientifico solo quando si vuole screditare o ridimensionare una teoria che non piace.
Non è che io non sono creazionista “come i biblici americani”, io non sono creazionista. Punto. Sono un credente e così voglio essere chiamato, se devo esserlo.
Mi dispiace intervenire con un commento di ben più basso livello, ma sono incuriosito dall’affermazione di Masiero “S’è mai visto qualcuno pensare senza cervello?!” che compare nel post precedente. Ma allora gli angeli, le anime, Dio stesso, non pensano? Un analogo ragionamento si potrebbe peraltro applicare ai ricordi o alle emozioni, che non capisco come possano sussistere in assenza una base fisica (l’hardware, diciamo), considerato anche che molte altre specie viventi condividono con l’uomo queste caratteristiche pur non avendo, diciamo così, alcuna speranza celeste.
Non è un commento di basso livello ma è proprio il problema teologico che si cela dietro alla questione della coscienza. Anch’io ho sollevato la stessa questione nella prima parte di quest’articolo: come può sopravvivere alla morte un qualcosa che dipende dal funzionamento di un organo deperibile?
Perchè, secondo il cattolicesimo (S. Tommaso), l’anima non è un epifenomeno del cervello. Non è mediata da un organo, come invece il tatto, il gusto, la vista etc. L’anima è l’insieme totale della vita della persona autocosciente. Il corpo sta all’anima come l’artefatto sta all’arte. E’ il corpo ad essere nell’anima, NON l’anima nel corpo.
Aggiungo che il corpo dipende dall’anima ma non viceversa.
Per questo dico che ai tempi Tommaso d’Aquino certi ragionamenti potevano filare, mentre oggi, quando sappiamo che l’insieme delle facoltà quali il pensiero, la volontà, la memoria, la sensibilità, la passione… nascono e si sviluppano nel cervello e quindi da questo dipendono, non vi è ragione logica per continuare a credere che l’anima, quindi la coscienza, sopravviva alla morte. Chi vorrà credere dovrà quindi farlo in base a nuovi presupposti e non a quelli che mossero certe riflessioni in tempi in cui ancora non si avevano conoscenze neuroscientifiche di alcun tipo.
No Flavio, della mente e della coscienza sappiamo ben poco a detta degli stessi neuro scienziati. Parla anche di questo l’articolo di Nagel. Tu a mio avviso fai l’errore del riduzionista che vede l’uomo come un computer con memoria, hard disk etc.
L’uomo supera infinitamente l’uomo” diceva Pascal.
Ad esempio:
«Coloro che ritengono, in maniera riduzionistica, che il cervello produca solamente impulsi elettrochimici e questi automaticamente si traducano poi in decisioni operative, tendono a ritenere che la libertà non esiste, in quanto tutto dovrebbe essere predeterminato», ha spiegato Sergio Barbieri, neurologo e direttore di “U.O. Neurofisiopatologia” al Policlinico di Milano. «In realtà, ultimamente, anche questo tipo di approccio è stato abbastanza contestato, fortunatamente». Secondo Mauro Ceroni, docente e ricercatore universitario in Neurologia presso l’Università di Pavia, che l’uomo sia il suo cervello «non ha nulla di scientifico». E’ ovvio che «nulla può accadere in me che non abbia una base fisiologica, che non implichi un’attivazione dei circuiti nervosi, ma ciò non significa affatto che tutto sia riconducibile al mio cervello».
Massimo Gandolfini, direttore del dipartimento di neuroscienze e primario di neurochirurgia ha scritto un libro, che mi ripropongo sempre di leggere:
“I volti della coscienza.
Il cervello è organo necessario ma non sufficiente per spiegare la coscienza.”
Se ci sono delle discipline che hanno fatto passi da gigante in questi ultimi anni sono proprio le neuroscienze, anche in ambito evoluzionistico. Nella prima parte dell’articolo avevo fornito un link che rimandava a centinaia di studi sull’evoluzione del cervello ed in special modo della neocorteccia.
C’è solo l’imbarazzo della scelta per chi vuole informarsi…
.
PS: Massimo Gandolfini è il medico ultracattolico che si è lanciato in una crociata contro gay e lesbiche? Cerchiamo per favore una persona con meno “conflitti d’interesse”…
Non sapevo di Gandolfini. Rimane Ceroni e molti altri se avrà voglia di cercare. Se avrò tempo leggerò i link proposti (sempre che non siano atei riduzionisti 🙂 ). Se vuole ascolti la conferenza che ho proposto in altri commenti.
Il corpo non contiene l’anima ma è il luogo della sua libertà.
Chiudo con un’altra citazione di Tommaso che pur avendo vissuto un po’ di anni orsono aveva capito molto: “Niente arriva all’anima che prima non passi dai sensi.”
Nè dualismo nè Monismo bensi interazionismo.Invece lei affibbia la posizione dualista.
Le chiedo dunque di dimostrare la filosofia di D’aquino dualista o monista.Il monismo é una filosofia,non una scienza.L’interazionismo infatti non dubita che mente e cervello non siano interrelati,vedere jhon Eccles,semplicemente al contrario del monismo che non è una scienza ma un assunto filosofico.
In poche parole se la MENTE è IL CERVELLO e riducibile al paradigma monista,allora lei con uno strumento osservando gli impulsi neuronali deve saper leggere l’intenzionalità e il vocabolario degli stati simbolici e psichici di un individuo,non puo farlo osserva si i processi neurobiologici,elettrici ma non puo dedurre altro,cioè non puo dedurne il contenuto psichico.
D’altronde è un ovvietà che è pseudoscientifica, come lo è il riduzionismo genetico,se i geni non codificano i comportamenti ma codificano l’organo è il cervello,per quale motivo i geni no il cervello si?
Di qui il paradigma interazionista,e ripeto il monismo è ,e è sempre stato filosofia come lo è il dualismo come lo è l’interazionismo, non è scienza,spacciarla per tale non serve a nulla.
—-
D’aquino non pare sia deducibile o dualista o monista.
Affermare che:
“il pensiero, la volontà, la memoria, la sensibilità, la passione… nascono e si sviluppano nel cervello e quindi da questo dipendono, non vi è ragione logica per continuare a credere che l’anima,”
è come dire che poichè sappiamo che il segnale del tuo cellulare proviene dall’antenna perché pensare che non sia generato da essa e che ci sia qualcosa oltre?
Alèudin, non si preoccupi, in questo caso nessuna ideologia ma solo scienza disinteressata 🙂 La verità è che in questi ultimi vent’anni è stata prodotta una mole impressionante di letteratura scientifica sul tema: http://www.pnas.org/search?submit=yes&y=0&fulltext=neocortex+evolution&x=0&format=standard&hits=80&sortspec=relevance&submit=Go
.
Dan, non trovo rilevanti queste categorizzazioni: chi vuol credere all’immortalità può farlo in modi molto diversi, io semplicemente mi limito ad osservare come certe riflessioni che sicuramente erano di peso ai tempi di D’Aquino non rispondono più alla realtà odierna.
.
Enzo, non esattamente: è come dire che con un telefono rotto è impossibile effettuare una chiamata. Poi ovviamente c’è chi ricorre alla telepatia, però a questa bisogna crederci…
Flavio, è la solita storia del “C’è abbastanza luce per vedere e oscurità per non vedere.” , così alcuni dicono “Ormai non ci sono più dubbi” e altri “Ci sono solo dubbi”.
Da parte mia con la ragione dico “non so”, con l’esperienza interiore, nutrita anche (ma non esclusivamente) dalla fede, vivo il fatto che l’anima è oltre me.
Afferma:
“E stata prodotta una mole di letteratura scientifica sul tema.”
Bene,qual’è il tema di cui la sta discorrendo?
Lei parla dell’anima o di una presunta anima immortale (gliela metto nel dubbio).
E in che senso è stata prodotta una mole di letteratura sull’anima che è contemporaneamente ha la presta di essere”scientifica”?Una volta stabilito un metodo automaticamente vengono stabiliti i suoi limiti,che poi chi lo ha posto,i filosofi.
b) rispetto a D’aquino o rispetto a Cartesio o rispetto a altri la questione non è ovviamente scientifica tra le due caraterizzazioni.Su per esempio capire la riduzione della res extensa ,il problema è che la mente e il cervello sono state concepite nel sistema come sostanze diverse.Sono d’accordo che D’aquino è un vecchio autore,ma il fatto che d’aquino sia non sia un vecchio autore,non implica maggiormente,che discorsi sulla res cogitans siano scientifici o che lo stesso autore è dualista in senso circoscritto all’autore,perchè d’aquino è un vecchio autore.Io ho affermato banalmente D’aquino non è dualista,e non cambio argomenti su D’aquino rispetto all’interazionismo di Nagel.
c)Il monismo banalmente afferma non scientificamente ma sempre con tale pretesa,che sono la stessa cosa,poi dice è stata prodotta una mole di studi per i quali,ma se sono stati prodotti una mole di studi in merito,si avrebbe la pretesa che sono stati prodotti una mole di studi su giustappunto uso, la sua classificazione della questione, un’anima immortale,un’anima immortale non è indagabile scientificamente,in che senso ci sono degli studi sull’anima immortale?
Non esistono una mole di studi che dicono il monismo è scientifico e esiste un’unica res.
D)Lei la mette come:
Cio che è filosofico non è scientifico,no il punto non tutte le affermazioni filosofiche non sono rendibili scientificamente,e non perchè non sono rendibili scientificamente implica che sono scorrette,nè più ne meno che la matematica non è riducibile ai principi primi della logica elementare dunque è scorretta o scientifica.D’altronde per dire l’intelligenza non è rendile scientificamente,o la LOGICA non è rendibile scintificamente,o la matematica non è rendibile scientificamente.Ci mancherebbe altro,perchè è nell’intelletto che viene concepito il metodo scientifico per indagare sulla natura,ma lo stesso non è dimostrabile scientificamente.
Sai dimostrarmi scientificamente proprio questo il “metodo scientifico”?
e)Banalmente o DICE che non c’è una mente,e che esiste il cervello ma non esiste una mente,o che la mente é il cervello (unica sostanza),proprio questo non puo essere dimostrato su una mole di presunti studi che dicono che,se tale studi ci fossero,molto semplicemente non ci sarebbe bisogno della filosfia della mente,sarebbe sufficente e necessaria la neurobiologia,ma questo non sta nello statuto delle neuroscienze,dunque perchè mai una parte delle neuroscenze è scientifica?Anche qua c’è la tendenza di ridurre le neuroscienze alla neurobiologia.La mente è stata sempre presa come res diversa dal cervello,dal dualismo in giù.Ovvero vengono concepite come sostanze distinte e diverse (dualismo),che interagiscono (interazionismo),sono un unica sostanza (monismo).
Certamente ma adesso lei afferma:
Non c’erano conoscenze scientifiche di alcun tipo,ma gli argomenti a novitatem,retorica non rendono più scientifici gli argomenti odierni del monismo,sulla base di un progresso nell’indagine monista,giachè come si è visto,ancora le neuroscienze non sono solo la neurobiologia.
b)Giusto ma siccome le neuroscienze non si reggono solo sulla neurobiologia (una parte non è il tutto,ma il riduzionismo ha sempre tale pretesa),se lei le riduce alla neurobiologia,allora non ha senso coinvolgere le altre discipline,dunque tale pretesa,è una sua pretesa verso il paradigma monista, non delle “neuroscenze”.Ora dire questa mia affermazione è scientifica e ci sono una mole di studi a riguardo,non la rende più scientifica.
Finalmente ho ritrovato questo articolo di Israel sul cervello e il pensiero che invito a leggere: http://www.gliscritti.it/blog/entry/691
Alèudin, se lei dice “non so”, allora sceglie la posizione sicuramente più corretta, che è quella dell’agnosticismo. Ma lei è agnostistico? Mi pare di no… Le dico questo perchè noto con frequenza che quando in certi ambienti si affronta la questione della coscienza dal punto di vista scientifico si preferiscono di gran lunga i “non so” per poter lasciare così spazio ad ogni interpretazione religiosa. E questo è l’errore che, secondo lo stesso Boncinelli, commetterebbe Nagel, cioè d’imbastire un discorso, molto logico e molto ben fatto, senza però tenere in conto di tutte le necessarie questioni evolutive e delle necessarie conoscenze scientifiche, quindi il “non so” non è reale ma solo un pretesto che alcuni usanio per ipotizzare un proprio “io so”.
@Flavio io sono credente e credo nell’immortalità dell’anima, ho detto “…con la ragione non so…” intendendo che certe cose non si possono spiegare meccanicisticamente. E’ questo l’errore di impostazione che trovo nei tuoi ragionamenti, vuoi lo “schemino” di una cosa che si può solo vivere e contemplare, quindi non lo avrai mai e potrai sempre dire “Visto?!”
Se io ti dico che l’anima NON è corporea e non è il frutto di un organo del corpo come puoi chiedermi di fornirti il funzionamento/spiegazione scientifica?
Capisci che è la tua domanda ad essere sbagliata, tipo: quanto pesa un’ora?
.
«Il corpo umano è la migliore immagine dell’anima umana»
Ludwig Wittgenstein
Alèudin, fin dall’inizo abbiamo detto che se si crede all’immortalità dell’anima per un dogma religioso e non perchè si arriva tramite corrispondenze nella realtà, quali sono appunto le evidenze scientifiche che abbiamo oggi della coscienza umana, allora c’è poco da discutere, perchè ognuno è libero di credere a ciò che vuole. Qui però stiamo cercando di abbordare il tema dal punto di vista della realtà tangibile, quindi possiamo procedere solo con dimostrazioni effettive, non con atti di fede.
Curiosità. Ma tu, Flavio, ammetti la possibilità di raggiungere un certo grado di certezza e di verità al di fuori della realtà tangibile? No perché se così non fosse dovrei e dovresti dubitare dell’amore che tu hai per i tuoi cari e i tuoi cari hanno per te. Dimostrami dal punto di vista della realtà tangibile l’affetto di tuo padre e tua madre. Tu però non ne dubiti e neanch’io poiché logicamente e, soprattutto, esperienzialmente ragionevole vero e reale. No?
Paolos, i sentimenti sono realtà tangibile, altrochè! L’unica cosa è che non si possono misurare e pesare come si fa con le quantità fisiche, sono però convinto che se lei ed io esaminassimo di nascosto, magari per qualche giorno, una coppia o una famiglia, concorderemmo nel dare una descrizione, un peso ed una misura all’amore (o disamore) lì presente. Non crede?
Flavio, non posso credere che tu pensi veramente quello che rispondi a Paolos. Al di là del sapore vagamente voyeuristico dell’esperimento, se fossi in te lo proporrei come metodo per stabilire quanto due gay si amano prima di affidare loro un bambino! E magari saresti anche in grado di distinguere due (o più) che bluffano da altri che si amano sul serio… Ma su!
Come “altrochè”??
Flavio scusa ma tangibile significa che risponde ai 5 sensi.
I sentimenti non sono tangibili. Sono le espressioni e manifestazioni di tali sentimenti ad essere tangibili. Un bacio non è il sentimento.. Tu vedi un bacio tra 2, come nell’esperimento da proposto, e vedi un bacio punto. non vedi l’amore, quello semmai lo deduci, lo INTRAvedi (vedi dentro). Avresti a che fare con qualcosa d’altro che sta oltre e al fondo del bacio, del gesto. Il bacio in questo caso si chiama segno. E riguardo all’anima ed “altre cose” la vita è piena di segni .. Come diceva Aleudin.. se li si vuol vedere e capire, comprendere oppure no, dipende dal soggetto.
Paolos, ovviamente non parlavo di contare i baci, ma di vedere se vi è accordo quando osserviamo un adolescente insofferente con la madre, del quale ad esempio potremmo dire: “gli vuole bene ma ha bisogno di distaccarsi”. O di una coppia di cui diremmo: “si mal sopportano ed ognuno pensa ai fatti suoi: zero amore” o di un’altra: “sono fatti uno per l’altra, vivono in totale simbiosi, ma vi è poca passione e poca generosità d’animo”. Questi ovviamente sono solo esempi e ne possiamo fare quanti ne vogliamo, ma è proprio per dire che anche l’amore o i sentimenti in generale sono realtà tangibili, anche se di più difficile definizione che il morbillo o la pressione sanguinea.
Non sono tangibili ma sperimentabili esperienzialmente attraverso la ragione, l’intelligenza e la conoscenza. non hai prove fisiche scientifiche dell’esistenza dell’amore. eppure ci credi. è la stessa cosa per i credent riguardo anima Dio Gesù etc
La scienza non è solo matematica, la scienza è anche psicologia o sociologia ad esempio. Anzi… io credo che esista un punto di contatto tra scienza e poesia e scienza e filosofia o scienza e arte, e penso che questo sia il luogo più interessante dove transitare, soggiornare, osservare e… per i più fortunati, magari anche lavorare.
Ho detto, Gianni Zero, “s’è mai visto”, intendendo a questo mondo. L’ha “visto” Lei Dio, o un angelo? Ed ho anche detto che solo la fede può far credere nell’immortalità dell’anima in un altro mondo.
Tutti sanno, anche i bambini, distinguere tra il campo empirico della scienza e il soprannaturale della fede. Quindi sono io a non capire Lei, né Flavio!
Non basso, ma bassissimo, prof. Masiero, è il livello dei suoi interlocutori che confondono il naturale col soprannaturale, l’empirico col logico. E che chiamano “problema teologico” l’immortalità dell’anima, quando Dio è onnipotente, come insegna il primo articolo del catechismo.
Perché gli atei non si limitano a parlare delle cose di questo mondo, senza porre limiti a un Dio cui non credono?
Anna, alle volte le persone pongono agli altri domande che fanno prima a sé stessi e alle quali non trovano risposta. Se nulla ti impedisce di provar di loro il disprezzo che trasuda dal tuo commento, nulla impedisce a me di continuare a farle.
Se non ponessero limiti a Dio non sarebbero atei. Escludono la categoria della possibilità. Questo è il loro dogma e la loro fede.
.
Notare poi.. che sono possibilisti riguardo ad omini verdi con le antenne o all’esistenza di infiniti universi paralleli senza prove.. niente vieterebbe di credere alla chiromanzia o ai fantasmi senza prove allora.. ma Dio no “scherzi! sia mai pù che schifo!”…. ah bè!
E credono anche, contemporaneamente
1) di aver ragione e
2) che il loro pensiero è SOLO il prodotto di elettroni incoscienti accumulatisi per errori casuali nella forma del cervello umano in un’evoluzione durata 10^18 secondi.
Questa è la critica vera di Nagel al darwinismo.
Lei Giorgio purtroppo cade ripetutamente nell’errore di estremizzare i concetti: il pensiero non è “SOLO il prodotto di elettroni incoscienti” in quanto quella è una definizione che potrebbe valere per i “SOLI” processi fisico/chimici che avvengono nell’organo dove i pensieri si formano. Se cambiamo invece ambito e ci chiedessimo se i pensieri possono sopravvivere alla morte fisica, allora io potrei rispondere rispondere senza alcun problema: certamente si! Ad esempio nelle pagine di un libro o nella memoria di altre persone a cui tale pensiero fosse stato trasmesso.
Ogni credenza religiosa che non sia solo ed esclusivamente dogmatica ha bisogno di esser supportata in qualche modo da un certo senso di logica e credo che anni fa, quando ancora non si sapeva dove si formavano i processi legati al pensiero autocosciente, si poteva pensare a questi come appartenenti a una dimensione non corporale e quindi vi era lo spazio per giustificare l’esistenza di un’anima immortale. Oggi invece siamo inchiodati al fatto che la coscienza nasce e muore con e nel cervello, quindi è necessario dare nuove risposte per supportare la convinzione (ovviamente non scientifica ma che nemmeno si scollata dalla realtà) dell’esistenza dell’anima immortale. Se invece mi dice che tale convinzione obbedisce ad un dogma assoluto, allora c’è poco da obiettare…
L’ho fatta ieri la domanda a Cipriani, la rifaccio oggi a Lei. Mi dice il nome di qualcuno, in 2.000 anni di storia cristiana, che abbia affermato l’indipendenza del pensiero dal corpo? Altro è dire, e proprio ieri Lei ce lo ha spiegato bene, Flavio, che il pensiero dipende SOLO dal corpo…
Quindi, perché continuiamo, Flavio, a tornare sullo stesso punto?
Si può dire quanto si vuole dell’unità di anima e corpo, ma se il corpo è mortale e rimane a decomporsi qui sulla Terra mentre l’anima sopravvive, è chiaro che in un certo momento le due entità si separano.
Ragioni Flavio dentro il tuo schema ateistico, come se a Dio onnipotente, che ha creato questo mondo, non fosse possibile qualsiasi miracolo, compreso quello per esempio (portato da San Paolo in una sua lettera) di rivestire nel momento della morte l’anima dentro un nuovo corpo rinnovato nel suo paradiso.
Lascia stare il catechismo e parla solo delle cose di questo mondo, dato che non credi nell’altro.
Cara Anna, come ho già detto prima: se l’esistenza dell’anima è un dogma di fede non c’è altro da aggiungere, perchè i dogmi non si discutono. Prendiamo però atto che ai giorni nostri nessun discorso filosofico riesce a giustificare, come invece poteva succedere nel passato, tale convinzione sull’anima.
Nessuna filosofia “naturalista”, Flavio. Ma ci sono fior fiore di filosofi (anche non cristiani) che difendono tranquillamente il discorso dell’immortalità dell’anima umana, che non ha alcuna contraddizione sul piano logico.
Tanto più se è vero, come tu scrivi in un altro commento che mi ricorda Aristotele in proposito, che i pensieri non sono “soltanto” processi chimico-fisici. Poiché la fisica è la scienza della materia, che significa il tuo discorso se non che i miei, i tuoi pensieri non sono solo prodotti dalla materia del tuo cervello?
Ci faccia qualche esempio nella filosofia attuale, che tenga cioè in conto delle scoperte evoluzioniste e biologiche riguardo la coscienza e così ci togliamo il dubbio…
.
Poi faccia attenzione a non confondere: i pensieri sono prodotti da e nel cervello, su questo non ci piove, ma questo non significa che siano indagabili solo dal punto di vista neurologico. Questa non è la mia personale visione, ma quella della stragrande maggioranza di scienziati e filosofi.
Come s’indagano i pensieri è un conto, cosa sono i pensieri un altro. Quanto ad indagarli, c’è anche la musica, l’arte, ecc. Ma cosa sono? da cosa sono prodotti? Ebbene, tu Flavio hai detto che I PENSIERI NON SONO SOLTANTO PROCESSI CHIMICO-FISICI. Questo mi sorprende molto. Vuol dire che per te la fisica non basta a produrli e che c’è altro. Che cosa, per piacere?
I pensieri vengono prodotti dalle interazioni dei sensi con il cervello ed è questo, a nostro comando ma anche in maniera inconscia, che opera le elaborazioni successive. E’ quindi chiaro che non si può spiegare tutto dal punto di vista neurologico perchè bisogna tenere in conto di tanti fattori: le influenze esterne, le scelte personali, ecc. Dalla biologia si deve quindi cominciare a chiamare in causa altre discipline, quali la psicologia, la sociologia, la filosofia, la semantica…
.
Attendo ancora risposta su questo “fior fiore di psicologi, anche non cristiani” che difenderebbero oggi, attraverso un percorso logico, l’idea dell’immortalità dell’anima.
Tento di spiegartelo lo stesso, Flavio, anche se so per esperienza che provare a spiegarti le cose è un po’ come mingere in un violino, cioè non serve a niente.
Sapere che l’anima è immortale non è una questione di fede, ma è una domanda al quale il filosofo risponde molto facilmente: come già mostrato nei commenti nel post precedente l’autocoscienza , nel senso di sapersi essere, o di pensare pensare, cogito ergo sum, sum quia cogito, “Io sono” è un atto semplice e non composto e non può essere materiale, perché tutto quel che è materiale non può “toccarsi” integralmente, ma solo parzialmente. Questa forma il cui atto è di conoscersi in quanto forma è quindi “semplice” nel senso che non è composta.
Quel che muore è quel che è composto, in quanto le parti separandosi l’insieme non regge: ma nel caso di un ente semplice e non composto, come lo è la forma in questione essa non può essere scissa ed è quindi immortale.
Quali operazioni può avere, dopo la morte del sinolo forma/materia (sinolo mortale per definizione visto che composto) oltre che sapersi essere? Nessuna.
Il filosofo non può andare oltre che dimostrare che l’anima è immortale in quanto entità semplice e non composta e affermare che rimane come una monade nell’impossibilità di relazionarsi con altro che sé. Ovviamente le memorie, le sensazioni, e tutte le esperienze umane quotidiane come i sentimenti, gli stati d’animo, eccetera, non esistono più in quanto non c’è più materia informata. Quel che rimane è quel che è propriamente spirituale: come la volontà personale ed il fine che l’intelligenza si è prefissa.
Andare aldilà è andare aldilà della filosofia e si entra nel discorso di tipo teologico ( dunque ben tre piani aldisopra della discussione tra nagel e pievani…) e dalla teologia che parte da dati rivelati da Dio stesso si possono fare varie ipotesi. Quella più in voga è quella di ammettere che Dio, per carità, compensa l’assenza di idee e memorie edi immaginazione e di esperienze provenienti dal sinolo con la materia ormai inesistente con idee Sue direttamente infuse nella forma in questione: cioè tutta la sua conoscenza è ormai ottenuta direttamente alla Sorgente dell’essere stesso che è Dio. Lo stesso ovviamente per gli angeli.
Ovviamente non è una situazione perfetta, in quanto il fine di un’anima umana è di informare un corpo, e questo ancora una volta è una promessa del Cristo: la resurrezione dei corpi, dove il sinolo, naturalmente per sempre distrutto, sarà ricomposto, come lo è stato per il Cristo stesso (e qui siamo quattro piani al disopra del topic pievani…)
Piani teologici alti, Simon, ma chi ti dice che è tutto vero se non una grande fede? E non è anche questa alta teologia frutto di quel cervello che suscita coscienza e attraverso essa senso del tutto? Insomma, perché ho come l’impressione di un cerchio chiuso, di un cane che si morsica la coda?
Non è un cerchio chiuso perché ogni “piano” è costruito su fatti radicalmente indipendenti. Il fatto che l’anima sia immortale lo si deduce dall’esperienza di semplicità che ognuno di noi fa in sé stesso con la propria autocoscienza.
Il discorso teologico invece si basa su una rivelazione essa stessa testimoniata da un ente terzo.
I ragionamenti logici si basano sulle esperienze che abbiamo del mondo reale.
Non vedo nessun rischio di circolarità.
Ma certo l’ultimo paragrafo del mio commento precedente ha senso solo nella fede.
“…le memorie, le sensazioni, e tutte le esperienze umane quotidiane come i sentimenti, gli stati d’animo, eccetera, non esistono più in quanto non c’è più materia informata.”
.
Che è come dire che niente del vissuto sopravvive alla morte. E a poco serve affermare che la sola cosa che permane è la volontà, perchè anche questa appartiene alla categoria delle esperienze umane che nascono e si formano al pari dei pensieri nel trascorso della vita.
.
Dobbiamo quindi prendere atto che oggi non esiste più quella condizione del passato dove si pensava che il mondo delle idee potesse esistere anche slegato dal corpo fisico (le idee sopraggiungevano anche di notte e con il corpo addormentato ed in special modo se provenivano dall’aldilà) e quindi si poteva pensare in maniera logica ad un corpo spirituale separato dal corpo fisico.
.
Oggi infatti non rimane altro che formulare ipotesi personali, senza però arrivarci attraverso un percorso logico come potevano fare i filosofi antichi e non è un caso che anche lei, formulando la sua ipotesi personale, ha dovuto riconoscere che “non è una situazione perfetta”.
Sembra a questo punto che l’anima si sia scollata un po’ troppo dal corpo fisico…
Come mingere in un violino con Flavio: quod erat demostrandum.
Buona notte
Simon, non so se la sua carenza maggiore è nell’educazione o nell’argomentare.
per chi è interessato a anima e corpo propongo questa bella conferenza di padre Barzaghi: http://tinyurl.com/jvbwygn dal titolo “La vita oltre la morte. Immortalita’ dell’anima o immortalita’ dell’uomo?”
Ma un bambino sa anche distinguere il soprannaturale dalle favole, a cui egli certamente crede? Se non è così faccio fatica a giungere a una conclusione oggettiva, nel senso che, posta l’esistenza del software, continuo a non capire come questo possa produrre informazione in assenza di hardware. Posso anche credere che un angelo pensi, ricordi, provi sentimenti come risultato di processi mentali (anche se, evidentemente, non cerebrali), ma l’anima di un neonato che cosa pensa? Che livello di consapevolezza possiede? In quali termini interagisce con l’anima di mio nonno?
Non ho capito, Zero, la (nuova?) questione. Non so se la possa aiutare il fatto che i cristiani, ogni volta che recitano il credo, affermano di sperare nella “resurrezione della carne”, non dell’anima, proprio perché l’uomo non è né Dio né angelo, ma un essere fatto di corpo e anima. E così sarà anche nell’altro mondo.
Con ciò, chiudo una digressione teologica che è OT, chiedendo scusa ai lettori. Gli interessati si rivolgano altrove.
Beh Giorgio, noi cattolici crediamo anche alla sopravvivenza dell’anima dopo la morte e nel giudizio particolare, non solo nella resurrezione della carne e nel giudizio universale alla fine dei tempi.
Solo alla fine dei tempi l’anima si ricongiungerà con il corpo glorioso.
Solo per precisare, chiudo qui l’ot anch’io.
Ho spiegato in un vecchio articolo come la teoria della relativita’ non metta in contraddizione le due credenze, Vega: o Lei crede ancora al tempo assoluto, newtoniano? Fine dell’OT anche con Lei.
Ho un pensiero/ragionamento che non riesco a confutare.
L’uomo è un essere totalmente naturale/materiale e la sua coscienza, il suo io, è riducibile a processi fisico-chimici che generalmente* si presumono ubicati nel cervello.
L’uomo compie quotidianamente delle scelte per perseguire un dato scopo.
Ergo nella natura e nella materia esiste il finalismo e noi, come alcuni animali**, siamo gli esponenti evidenti di questo finalismo. Questo postulando a priori che l’uomo sia solo materia.
Per contro, postulando che in natura non c’è finalismo:
l’uomo quotidianamente compie scelte perseguendo un fine;
questo fine non può essere nell’ambito della materia/natura come da postulato;
ergo l’uomo ha una componente immateriale/sovrannaturale (che dir si voglia) che compie quelle scelte e persegue un fine che la sua parte materiale non può fare.
Sembra che in un caso si possa dimostrare il finalismo. Nell’altro caso la coscienza immateriale comunemente chiamata “Anima”.
Non riesco ad avere gli elementi per contraddire questo (pseudo) ragionamento/pensiero. Qualcuno potrebbe cortesemente fornirmeli?
.
*http://www.lescienze.it/news/2012/04/06/news/mistero_coscienza_umana-950122/ (notare la domanda in chiusura dell’articolo)
**alcuni animali pare dimostrino coscienza di sé guardandosi allo specchio. Le cornacchie compio la scelta di mettere le noci sulla strada aspettando che le macchine le schiaccino: chiaro esempio di perseguimento di un fine e di coscienza. Gli uccelli non hanno la neocorteccia, dove risiederebbe la loro coscienza? E secondo l’articolo suddetto di Le Scienze, dove la nostra?
(Queste ultime mie domande non sono importanti e preponderanti come quella del commento riguardo al ragionamento)
per chi è interessato a anima e corpo propongo questa bella conferenza di padre Barzaghi: http://tinyurl.com/jvbwygn dal titolo “La vita oltre la morte. Immortalita’ dell’anima o immortalita’ dell’uomo?”
Oltre a questa, sempre nello stesso sito, ci sono altre conferenze riguardanti anima e corpo nella sezione filosofia->padre Barzaghi.
Vi assicuro che il filosofo in questione risulta interessante anche per chi non è credente.
Grazie gentilissimo Aleudin. Come finisco di lavorare me la guarderò con piacere. Vedrò se è possibile per il filosofo giustificare l’esistenza dell’anima. Pare che ai giorni nostri si “debba prendere atto” che non c’è più spazio per tali convinzioni ormai obsolete. Ohibò! mi ero perso qualcosa allora… ah no! era il solito “campanilismo epocale” postmodernista. 😉
Una breve digressione su Monod e la “cause finali”. La citazione da “Il caso e la necessità”, riportata nell’articolo continua a questo modo (pag. 29-30 ed. scientifiche e tecniche Mondadori):
–
«La pietra angolare del metodo scientifico è il postulato di oggettività della Natura, vale a dire il rifiuto sitematico a considerare la possibilità di pervenire a una conoscenza ‘vera’ mediante qualsiasi interpretazione dei fenomeni in termini di cause finali, cioè di ‘progetto’. La scoperta di questo principio può essere datata con esattezza. Galileo e Cartesio, formulando il principio d’inerzia, non fondarono solo la meccanica, ma anche l’epistemologia della scienza moderna, abolendo la fisica e la cosmologia di Aristotele.»
–
Ora, è vero esattamente l’opposto di quel che dice Monod, perché:
–
1) la causa finale di Aristotele non era/è un ‘progetto’, anzitutto perchè lo Stagirita non possedeva la nozione di Dio creatore e provvidente che determina l’universo – aprioristicamente rispetto all’esistenza di esso – in un certo modo. [E anzi, sulla metafisica aristotelica incombe un limite/contraddizione di tipo materialista che solo Tommaso è riuscito a superare con la sua dottrina dell’essere come atto].
Inoltre la causa formale-finale aristotelica, oggi come allora, può e deve essere giustificata all’interno della fisica cosa a cui accennai qualche tempo fa e che Simon riprende nel commento più sopra;
–
2) il ‘progetto’ lo hanno introdotto in nuce i padri della modernità (e nonni dell’Intelligent Design!) i quali rifiutando l’impianto aristotelico (ma quello che rifiutavano i moderni era un arisotelismo spurio, corrotto da dottrine neoplatoniche) eliminarono la forma-fine immanente agli enti naturali e si ritrovarono ad avere a che fare con la materia passiva e inerte del meccanicismo. Ecco che allora le regolarità naturali dovettero essere giustificate in altro modo… et volià le “leggi”, imposte alle cose dal Sommo Legislatore (Galileo, Descartes, Newton erano teisti: Newton in particolare scrisse più di teologia che non di fisica…) che divenne dunque il dio orologiaio che “dall’esterno” impone una teleologia a una materia che in sé non ne avrebbe. In seguito, eliminato il Legislatore rimasero le “leggi” la cui esistenza risultò (e risulta, data questa ottica) pressoché inintelligibile. [Il ricorrere al multiverso, a mio avviso, non serve a nulla perché – come dicevo in un commento al primo articolo di questa serie – il problema viene solo spostato di livello.]
–
Quindi si badi bene che, quando Monod, Pievani et al. parlano di finalismo, teleologia etc. rifiutandoli, stanno eventualmente rifiutando (che lo sappiano o meno) la teleologia estrinseca dei moderni e non quella di Aristotele e Tommaso, che di dogmatico non aveva, e non ha, assolutamente nulla. Attenzione quindi a concedere così facilmente come dogmatico un non meglio identificato finalismo per mostrare che il suo opposto lo è altrettanto, ché poi è un attimo a infilare nel primo anche quello rettamente inteso, quando l’epistemologia dovrebbe invece riappropriarsene quanto prima…
Musica e logica!
Quanta ignoranza in giro, ViaNegativa. Mi domando, come mai ci sono in giro tanti a filosofare, senza aver studiato filosofia? A teologare, senza neanche conoscere il catechismo dei bambini? A ragionare, senza conoscere la logica? Perché non fanno lo stesso con la matematica o la cibernetica?
Un dilemma per gli psicologi, questo!
Condivido la sua osservazione, anch’io credo che gli estremi a volte finiscano col toccarsi. Sul finalismo credo che spesso si speculi un po’ troppo, non tanto nella questione tra cause volontarie ed involontarie, quanto per il supposto finalismo, oltre che degli esseri che lottano per sopravvivere, delle leggi fisiche che governano il funzionamento dell’universo. Lì mi sembra che molti siano ancora fermi al palo del motore immobile di Aristotele.
Sul finalismo non si specula troppo, si specula male.
–
Le “leggi fisiche che governano il funzionamento dell’universo” poi, altro non sono che la modelizzazione in lunguaggio matematico delle regolarità che i corpi particolari manifestano “sempre o per lo più”. Chi vuol capire, capisca.
Complimenti Via Negativa!
Individuare una cantonata di Monod non è da tutti i giorni.
Spettacolare.
Pievani, Dawkins e Monod sono forse il più grande “spettacolo comico” dello studio della biologia, tutti e tre hanno avuto fama, tutti e tre hanno scritto libroni legitissimi nel mondo (Pievani di meno) e ora si sentono l’acqua alla gola con il librettino di 135 pag. Circa che evidenzia alcuni loro errori.
Credono di sapere, ma in realtà loro sanno meno di quanto si creda.
“Io son in effetti più sapiente di quest’uomo. Infatti nessuno di noi due sa davvero nulla sulla perfezione: lui però non sa e crede di sapere; io che non so niente, come lui, almeno non credo di sapere.
Apologia di Socrate. Platone.
Insomma Nagel nella sua corretta analisi, è più potente dei Darwinisti militanti.
Vediamo se ho capito (non credo proprio)..
“stanno eventualmente rifiutando (che lo sappiano o meno) la teleologia estrinseca dei moderni”
cioè “il progetto” giusto?
Questo rifiuto è per eliminare, diciamo ideologicamente o anche semplicemente filosofeggiando, che non esiste dunque prova di un Progettista. Ok. Non esiste Architetto.
Ma se la materia non ha intenzionalità, non progetta e io sono materia macromolecolare da dove nasce, secondo loro, la mia volontà, la mia libertà, la mia affezione etc etc? O la materia progetta ed ha un fine, modernamente inteso, o esiste qualcosa in me di non materiale che…..
Non ho la sicumera di proferire “tertium non datur”. quindi: esiste una terza via, per loro, che li fa uscire da questa che per me appare come una, sempre loro, contraddizione?
Chiedo umilmente scusa per la mia abissale ignoranza in Autori&Filosofia poiché da me deliberatamente e spesso evitata. Non ho dunque conoscenza su possibili risoluzioni a ciò che a me si presenta come paradosso o contraddizione. Ma son sicuro che qualcuno prima di me si sia posto le stesse questioni e le abbia, immagino, risolte.
Quello a cui ti riferisici, Paolos, è il problema mente-corpo, nato anch’esso con la modernità ed è un problema tutto meccanicista: una volta accettato quel background metafisico, diventa irrisolvibile perché conduce inevitavilmente al dualismo o al monismo e alle loro incoerenze.
Grazie V-
Ho riletto con più attenzione il primo commento di Simon, che ringrazio e sempre apprezzo, e per il momento mi basta. Non tedierò oltre con le mie precedenti richieste.
Il finalismo inteso come sempre maggiore complessità io non lo nego, è sotto gli occhi di tutti quelli che lo vogliono vedere. Quel che nego è che il fine possiamo essere noi umani, anche se non mi dispiacerebbe in fondo che la ns. coscienza, che ha origine da un cervello (di cui arrivassimo a conoscere per filo e per segno ogni più piccolo funzionamento), sia qualcosa di più, come si continua a ripetere da parte degli utenti più addentro alle questioni metafisiche e agli eccelsi picchi di esse.
Il fine è l’aumento massimizzato dell’entropia nell’universo…
Che condurrà dove?
alla fine dell’universo per raffreddamento.
E quale sarebbe la logica di tale fine?
Domanda filosofica, la tua, che esula dal discorso scientifico.
Quindi l’universo, peccato originale o no, è nato col solo fine di morire?
Questa tua domanda caro Gianni esula dal discorso scientifico.
Il discorso scientifico è capace di osservare che ogni essere umano è morente dal momento della nascita e lo stesso consta con l’universo.
Che la fine dell’uomo e la fine dell’universo siano la morte questa è un’affermazione scientifica.
Quali siano il fine dell’uomo e il fine dell’universo è oggetto di conoscenza altrettanto valida che quella scientifica ma poste su altri piani epistemici (e.g. filosofici, teologici, etc).
Grazie Simon. Quelo che mi fa confusione è che, mentre nel caso scientifico la risposta è una sola, quando si entra nei domini filosofici et al. le soluzioni si moltiplicano e insieme si moltiplicano le risposte. Allora, semplicemente, che tipo di conoscenza può provenire da un ambito dove una filosofia dice che l’anima è immortale e l’altra no?
@Gianni Zero
Se una filosofia dice bianco e un’altra nero, sia una delle due è sbagliata sia le due sono sbagliate.
Mentre il discorso scientifico postula una relazione univoca tra lo spazio delle misure del reale (spazio delle misure che non è il reale…) e le teorie che sono enunciate su questo spazio di misure, il discorso filosofico pretende stabilire una relazione analogica (e non univoca) tra gli enti reali (e non solamente lo spazio delle loro misure) e il pensiero che li giudica che ricerca quindi il vero ed il falso nelle proprie affermazioni (mentre il discorso scientifico cerca tra teoria che funziona da teoria che non funziona).
.
La tua domanda sembra essere: come faccio a “scegliere” la miglior filosofia? L’ovvia risposta è di guardare a quelle filosofie che guardano al reale in quanto tale, ne sposano la logica e sono capaci di concrete affermazioni giudiziali.
Dato che il discorso filosofico per definizione non è univoco ma analogico, potrai incontrare diverse filosofie, in relazione analogica al reale, e saranno quindi, in un secondo tempo, da essere vagliate sulla potenza unificatrice (cioè causale) del loro discorso all’interno dell’analogia proposta.
Il buon senso comune è un buon inizio: anche se non sufficiente è, però, sempre necessario.
Potrei essere tacciato di non aver capito nulla (Simon) o di essere OT (Masiero), ma rischio: ammesso che un embrione non abbia volontà né intelligenza, possiamo ugualmente dire che ha un’anima immortale? Se sì, perché allora un gorilla non ce l’avrebbe? Ho inoltre una domanda un po’ più intima: che conforto dà a chi a fede (quella che io sto cercando grazie anche al vostro aiuto) saper che alla morte perderà ogni sentimento, ogni sensazione, ogni ricordo, ogni affetto, ogni memoria di profumi e di colori, ogni cosa che lo legava ai propri amati? Che senso ha una vita in cui non si può sentire il profumo di una rosa?
l’immortalità dell’anima umana procede dal fatto che l’autocoscienza dimostra che la forma umana è “semplice” e quindi non è segabile quindi non è mortale: nel caso del gorilla la sua forma non è capace di compiere la funzione particolare di “pensare pensare”, quindi rimane una forma materiale che sussiste finché una causa efficiente non la distrugge, ad esempio impedendo al cuore di funzionare.
Nel caso dell’embrione, la sua forma è una forma umana, la stessa che quella dell’adulto, ma informa già un corpo, e, allo stesso modo che quando dormi, non pensi che pensi, nel caso dell’embrione non può pensare che pensa, sebbene ne abbia la capacità (potenza) che si svelerà in atto appena le condizioni (di crescita in questo caso) lo permetteranno.
.
Quanto alla tua ultima domanda posso solo rivelare che per gli antichi (greci e romani con il loro mondo sotterraneo sotto il regno di Plutone, o lo sheol ebreo luogo dell’oblio) la constatazione razionale della loro propria immortalità era più sorgente di angoscia che di gioia. Non ha senso, per un umano una vita dove non si ha più profumo di rosa, come non ha senso una vita dove non si può più ragionare su magnifici teoremi, dove non si può più comunicare con altrui relegati nella pura solitudine. L’incontro con il Risorto da parte di 500 e tot persone 2000 anni fa ha sconvolto queste concezioni: sappiamo che siamo promessi ad un corpo come Cristo stesso e lo sappiamo per fede, ovviamente, perché è Lui a dircelo; sappiamo anche che ci sono un Cielo Nuovo ed una Terra Nuova già pronti ad accoglierci. Ma tutto questo non è discorso scientifico, ma è discorso che non si oppone alla ragione.
Gianni, provo a risponderle anch’io. Sulla continuità biologica (e quindi continuità anche ontologica) tra uomo ed animale ormai non ci sono più dubbi, sono innumerevoli gli studi che dimostrano come anche gli animali dispongano, non tanto di quella coscienza autoriflessiva, potenziata dall’uso del linguaggio simbolico, come nel caso di noi esseri umani, ma degli stessi organi e delle stesse predisposizione naturale per sviluppare questo livello di capacità. Alla luce dei fatti la differenza l’ha fatta solo l’evoluzione, con l’apparizione di nuovi geni, proteine, enzimi o per il concorso di eventi fortuiti nell’ambiente circostante.
.
Lei cita il caso dell’embrione ed infatti è emblematico: se si facesse l’esperimento di lasciare un nascituro in un ambiente completamente neutro e senza nessuno stimolo dal mondo esterno e contatto con altri esseri viventi, fornendogli quindi solo la necessaria alimentazione per la sopravvivenza, questo crescerebbe con l’intelligenza di un ameba se non di una lattuga. Questo per dirle che la coscienza (o l’anima) si sviluppa solo grazie all’interazione con il mondo esterno.
.
Nella sua ultima osservazione poi lei centra il punto, a parer mio, non solo della questione della coscienza, ma di tutto il sistema delle credenze religiose: il conforto. E’ proprio per questa necessità di conforto che l’uomo, con l’apparizione dell’autoriflessione e quindi con la presa di coscienza dell’inevitabilità della morte, ha cominciato a sognare l’immortalità. E questo è successo in tutti i continenti, in tutte le culture o religioni in quel preciso momento evolutivo. Quindi, come giustamente scrive lei, non da nessun conforto “sapere che alla morte si perderà ogni sentimento, ogni sensazione, ogni ricordo, ogni affetto, ogni memoria di profumi e di colori…” O come ha riportato un altro commentatore: “…le memorie, le sensazioni e tutte le esperienze umane quotidiane come i sentimenti, gli stati d’animo, eccetera, non esistono più in quanto non c’è più materia informata.”
A me il conforto lo da il fatto che questa memoria o questi sentimenti continuano a vivere non in supposto aldilà, ma nella nostra discendenza o comunque in quelli che sopravvivono alla nostra morte, così come noi abbiamo tenuto in vita la memoria ed i sentimenti di chi ci ha proceduto. Forse a qualcuno questo non basta ed ha bisogno di ricorrere all’immortalità. Ma questa realmente esiste o è solo frutto di questa necessità di conforto? Che ognuno tragga le proprie conlusioni.
@Flavio
che strapalle ‘sta storia della “religione conforto”!
Scusa ma non se ne può più.
Cosa è più rassicurante il sonno senza sogni nichilista o un aldilà che rende le nostre scelte eterne nel bene e nel male?
Di sicuro la prima ipotesi, faccio quel che cavolo mi pare, poi muoio e tanti saluti, chi si è visto si è visto.
.
E’ decisamente più rassicurante credere che tutto muoia con il corpo, va da sè.
.
Ma leggetevi un po’ di vite dei Santi e vedete il conforto dove finisce…
Conforto non significa “farla franca” ma trovare sollievo nelle preoccupazioni o nel dolore. Una persona che se ne frega di tutto e tutti (ma davvero lei pensa che i non credenti siano cosi?) credo che abbia ben poco bisogno di conforto…
« che strapalle ‘sta storia della “religione conforto”!»
.
La religione non da conforto a nessuno, è solo uno strumento nelle mani degli dèi che hanno manipolato la razza umana sin dall’inizio dei tempi.
Flavio, io non penso che siate così, si ricordi che io sono stato ateo per 20anni, ed è la logica a mettere in mostra che il pensiero di estinguersi sia di gran lunga più confortante rispetto all’incontro con la Verità.
Continuo a non capire, una cosa può essere il conforto nel sapere che in realtà non si morirà e che si potrà riabbracciare i propri cari ed un’altra è la preoccupazione che in questa seconda vita potrebbe toccare non il premio ma il castigo.
Il mio discorso invece verteva sulla nascita del sentimento religioso, quindi ancora delle peculiarità delle singole religioni. Se oggi una persona si preoccupa più del bastone che rallegrarsi della carota, allora bisognerebbe cominciare un discorso sulla singola religione o sulla singola persona.
«che un embrione non abbia volontà né intelligenza, possiamo ugualmente dire che ha un’anima immortale?»
.
Ciao Gianni, secondo Tommaso d’Aquino l’embrione acquisisce prima l’anima vegetativa, poi l’anima sensitiva e solo quando ha preso forma umana Dio gli inserisce l’anima razionale, che è quella che lo rende un essere umano cosciente. Tommaso dice «dopo il Giudizio universale, alla risurrezione della carne non parteciperanno gli embrioni».
.
Per cui ironicamente possiamo constatare che il Dottore Angelico smentisce la posizione della Chiesa sull’aborto.
Esatto.
L’ilemorfismo permetteva a San Tommaso di affermare con certezza la presenza dell’anima umana solo quando il feto aveva forma umana, il che avviene più o meno al terzo mese dalla concezione.
Questa opinione del Dottore Angelico non fu mai accettata dalla Chiesa come ben dici, perché, infatti, si può interpretare senza problema l’apparire progressivo di caratteri umani come una attualizzazione progressiva della potenza della forma umana che include forma vegetativa e forma animale.
Oggi come oggi vediamo quanto la Chiesa sia stata saggia a non attenersi a questa opinione personale di San Tommaso, perché ormai sappiamo che l’essere umano è già tutto in potenza fin dalla concezione e questo soddisfacendo perfettamente all’ilemorfismo in quanto un umano è perfettamente definito dalla forma delle sue cellule, dei suoi cromosomi e geni.
Grazie. Luca M., per questo bell’apporto che illustra tutta la differenza tra la speculazione filosofica e il Magistero della Chiesa e mostra quanto Questi sia stato profetico in assenza, all’epoca, dei dati scientifici che possediamo oggi e delle loro conseguenze filosofiche.
Ma la vecchia teoria cara ad atei, materialisti e riduzionisti vari che la religione sia “consolatoria” è appunto smentita da tutti quegli “aldilà” che assomigliano più all’inferno che al paradiso, ossia tutti, tranne l’aldilà del cristianesimo che però è una Rivelazione, ossia non è qualcosa a cui pervengono gli uomini, bensì qualcosa che viene enunciato da una figura storica (alla quale si può credere o meno, ma che stravolge la visione sino ad allora dominante del “triste aldilà”).
Io, al contrario, penso che gli uomini siano stati piuttosto materialisti di base, ma che alcune rivelazioni particolari (tipo esperienze pre-morte, si veda il libro tibetano dei morti…) li abbiano portati a considerare l’ipotesi dell’esistenza dell’aldilà. Quindi la religione non sarebbe nata da un desiderio di consolazione, ma da esperienze extracorporee e spirituali, magari rare, ma comunque diffuse se si considerano i lunghi periodi attraversati dall’umanità, che hanno modificato, ampliandola, la percezione della realtà da parte delle nostra specie.
Beh, è un’ipotesi molto personale questa che l’uomo prima ha avuto esperienza dell’aldilà e per questo ci ha creduto.
Sì è un’ipotesi personale, questo significa ragionare con la propria testa !
Per me è un’ipotesi del tutto plausibile, lessi il libro tibetano dei morti almeno un quarto di secolo fa, quando ero come minimo un agnostico e ho iniziato a pensarla così. Sono convinto di averci preso, proprio perché la religione in senso generico non è mai stata consolatoria, quelli che lo affermano hanno giusto in mente il cristianesimo e nascono in un ambito culturale impregnato di cristianesimo come è ancora la società occidentale. SI tratta di un errore metodologico, nel senso che estendono a tutte le religioni una caratteristica della “loro” religione o cultura.
Quel testo mi manca, quindi dovrò dargli un’occhiata. Gli antropologi comunque parlano di nascita della religione a partire dai riti propiziatori (per la caccia, la fertilità o a protezione degli eventi meteorologi) e del rapporto con l’immortalità a partire dal lutto o appunto dalla consapevolezza della morte. Che sia invece nata per l’incontro diretto con il supposto aldilà è un’ipotesi che non avevo mai sentito.
PS: questo libro mi sembra sia stato scritto in un’epoca in cui le religioni erano già sufficientemente evolute da aver elaborato un’idea dell’aldilà di una certa complessità. Sbaglio?
Flavio scritto
“Beh, è un’ipotesi molto personale questa che l’uomo prima ha avuto esperienza dell’aldilà e per questo ci ha creduto.”
.
Invece ci sono, anche oggi, molte persone che hanno fatto esperienza dell’aldilà, delle anime dei defunti, e per questo hanno creduto, tra le altre cose in situazioni dove non potevano sapere in nessun modo che le persone di cui hanno avuto la visione fossero morte.
Di persone che hanno fatto concreta esperienza del sovrannaturale ce ne sono eccome, non è certo colpa loro se l’uomo odierno, materialista ed incredulo, non crede a loro e cerca di “ridurre” il tutto a falsità, illusioni ipnagogiche e cosi via(tranne quando c’è da credere in teorie come il multiverso, che non hanno alcuna prova ma che sono credute da molti atei perché elevano il darwininismo a modello cosmologico, in modo da poter spiegare l’ordine di questo universo, il fine tuning, col caso, dato che secondo questa teoria il nostro universo ordinato sarebbe tale per puro caso, a fronte di infiniti o quasi universi del tutto caotici e inadatti alla vita. Il miscredente è darwinista e ateleologico per natura, ed è disposto a bersi qualunque panzana gli torni comodo) .
Ne avevo parlato anche in questo post http://www.enzopennetta.it/2016/01/darwinismo-thomas-nagel-attaccato-su-micromega-1-la-reductio-ad-idiotam/#comment-45794
Il problema non è la mancanza di prove, ma la visione materialista dell’esistenza, che corrotta da un falso positivismo figlio del circolo di Vienna, bolla come falsa o illusoria qualunque esperienza non replicabile e che vada contro il modello insensato e disperato che propone il materialista.
Flavio (ti do del tu, bando ai salamelecchi), il tuo ragionamento quindi è: l’hardware umano è della stessa natura di quello animale, solo più complesso ma non qualitativamente diverso. Detta così, in tutta franchezza, mi sembra un’ovvietà. Un po’ come dire che una lattina di birra e il motore di un’Audi differiscono solo perché in quest’ultimo sono “apparsi” (il verbo è fondamentale) tubicini, valvole e altri dispositivi che gli permettono di funzionare in modo da generare forza motrice. Ma allora il secondo contiene o no più informazioni della prima? Se sì, da dove provengono?
Quello che dici poi riguardo all’anima non è quanto sostiene Simon, il quale non mi pare affermi affatto che l’anima si “sviluppa” dalle interazioni con l’esterno (pericoloso argomento pro-eutanasia), ma si riferisce all’essere in quanto potenza. (Il tuo “esperimento” in cui la potenza non la fai sviluppare non serve quindi a nulla, e rappresenta, semmai, un’altra ovvietà.)
La tua puntualizzazione sul conforto è importante, ma può essere letta in due sensi. Nella tua prospettiva , non essendoci in origine né intelligenza né volontà né progetto, a un certo punto della storia compare per caso quest’uomo, il quale si rende conto di dover morire ma non ne ha affatto voglia, e allora si inventa la religione. Ma a un certo punto diventa talmente intelligente che capisce che la religione è pura invenzione, e si consola allora pensando alla memoria dei posteri (perché questo dovrebbe consolarci mi sfugge completamente; ma se tu sei contento così… auguri). D’altra parte la necessità di conforto può derivare in modo parimenti logico dalla perdita di uno stato di iniziale beatitudine, e al quale l’uomo anela per il semplice motivo che è per questo che egli è nato. Concludi infine con un rovesciamento di buon senso che trovo molto inquietante, dando l’idea che è solo qualcuno (meno intelligente degli altri, direbbe probabilmente Odifreddi) che non si accontenta di lasciare qualche sua foto ai nipotini e deve ricorrere ad artifici filosofici per inventarsi un’immortalità che la scienza invece nega. Ma realmente l’annichilimento esiste o è solo frutto della necessità di affrancarsi da ogni realtà che non si misura con un esperimento scientifico? Ho come l’impressione che tu le conclusioni le abbia già tratte.
Il paragone tra la lattina di birra e l’automobile non è corretto, diciamo che sarebbe piuttosto tra i diversi tipi di automobile, ognuna delle quali con le proprie caratteristiche e peculiarità. Quello che avrebbe in più l’uomo (ma ogni animale ha qualcosa “in più”) sarebbe una neocorteccia più strutturata, ci sono ipotesi che situano la differenza nel numero e complessità delle “pieghe” ma non nella dimensione come si credeva fino a non molto tempo fa (un pigmeo ed un nano con scatole craniche più piccole hanno la stessa intelligenza del resto degli umani). Come ho detto prima, ci sono diversi fattori che avrebbero concorso a far sviluppare questa superintelligenza nell’uomo e quelli che fino ad oggi conosciamo sono stati individuati all’interno dei normali processi naturali. Evoluzione dunque, che sicuramente ha percorso binari diversi che hanno portato a maggior o minor complessità tra gli esseri viventi, però non si può certo dire (e questo è importante sottolinearlo) che l’uomo sia biologicamente più complesso del resto dei mammiferi. Biologicamente più complesso di un lombrico, ma non di una mucca.
.
Per la seconda questione credo invece che tocchi a chi afferma che l’anima (la coscienza per la scienza e per la filosofia che a questa si rifà) sia già insita nell’uomo (e solo nell’uomo) a portare prova della propria affermazione, perchè le evidenze scientifiche (e queste sono inquestionabili) dimostrano che l’uomo nella sua forma primitiva non disponeva di un grado di coscienza superiore a quella di altri animali e che questa prerogativa si è sviluppata nel tempo, esattamente come il lupo ha sviluppato un olfatto incredibile e l’aquila una vista altrettanto buona.
.
Sul conforto ho detto dove io posso trovare quel genere di conforto “religioso” o speranzoso, se vogliamo dire. Probabilmente sono una persona che non è alla ricerca di conforto perchè forse sto bene così e mi ritrovo più a dispensarlo che a cercarlo per me e questa non credo sia un scelta personale, è semplicemente che mi ritrovo in questa situazione.
E sull’ultima considerazione che dire? L’annichilimento esiste, i pianeti e le stelle prima o poi muoiono, le piante muoiono, i batteri muoiono, gli animali muoiono ed anche a noi tocca la stessa sorte. Forse qui il problema non è credere all’immortalità (di cui la ragione non ha prove) ma di cominciare di credere alla morte. Tu credi alla morte?
Gianni Zero ha scritto
“D’altra parte la necessità di conforto può derivare in modo parimenti logico dalla perdita di uno stato di iniziale beatitudine, e al quale l’uomo anela per il semplice motivo che è per questo che egli è nato.”
.
Precisamente. Bravo Gianni Zero. E a questo punto vorrei fare una riflessione: qualcuno di voi è a conoscenza di un bisogno intrinsecamente inappagabile come sarebbe il bisogno di Dio e di vita eterna qualora le tesi materialiste fossero reali?
Io non sono a conoscenza di bisogni umani intrinsecamente inappagabili, l’osservazione del reale mi dice che per ogni bisogno umano, dai più elementari (come il cibo) ai più elevati (come l’amore, l’amicizia eccetera) esiste quantomeno la possibilità teorica (che poi può scontrarsi con un’impossibilità pratica, ma non stiamo parlando di un qualcosa di intrinsecamente impossibile) che vengano soddisfatti, in altre parole non sono a conoscenza di bisogni umani che non abbiano un riscontro reale possibile.
Se l’ateista avesse ragione, invece, miliardi e miliardi di persone sentirebbero un bisogno fortissimo di Dio, di senso e di vita eterna senza che esista nemmeno la possibilità che tale desiderio venga soddisfatto, un po’ come avere fame senza che esista il cibo, avere sonno senza che esista la possibilità di dormire, desiderare l’amore senza che l’amore esista eccetera. Tutto questo è estremamente contraddirorio con la realtà, che ci dice che gli uomini orientano i loro desideri, sia virtuosi che malvagi, mai a qualcosa di intrinsecamente inesistente.
Verrebbe da chiedere al materialista Flavio perché il desiderio di Dio e di vita eterna (tralasciando le molte persone di cui ho palrato sopra che hanno fatto esperienza concreta del sovrannaturale alle quali si decide arbitrariamente di non credere solo perché la loro esperienza è non replicabile in laboratorio) dovrebbe fare eccezione ed essere intrinsecamente inappagabile quando nessun altro bisogno umano lo è, ma sappiamo che, mutuando una felice espressione di Simon, parlare con lui è come cercare di mingere un violino. 🙂
Innanzitutto non capisco perché il paragone debba essere sbagliato. Se, come credi tu, non esiste alcuna finalità nei fenomeni naturali, nulla vieta che un oggetto che in una certa situazione ha una determinata funzione (contenere birra) ne assuma in un altro contesto una diversa (far scorrere un pistone), dato che si tratta di in ogni caso di funzionalità puramente accidentali. Comunque sia, mentre è ovvio che una vacca sia più complessa di un lombrico, non ho ancora capito come ti spieghi l’origine dell’informazione genetica che li rende diversi. Se uno che capta la radiazione di fondo dell’universo al posto di un segnale costante si trovasse sul monitor le previsioni meteo in ungherese sarebbe autorizzato a considerarle frutto di fluttuazioni elettromagnetiche casuali dovute alla riflessione delle onde sui corpi celesti? Non sono poi un esperto di anima, ma non sapevo che la scienza avesse definito l’anima né che l’avesse identificata con la coscienza; a dirla tutta, non ho ben chiaro nemmeno quale sia il grado di conoscenza realmente scientifico sulla questione della coscienza; comunque, le prove che il grado di coscienza dell’uomo fosse in origine corrispondente a quello di un animale sono certamente irrefutabili: basta dire che le scimmie sono uomini e il gioco è fatto. Riguardo al tuo intendimento del conforto permettimi di dire che, se stai bene così, o ti riesce molto bene l’imitazione dei primati dai quali credi di provenire, oppure sei a rischio di forte disperazione esistenziale. Alla tua ultima domanda non so rispondere perché proprio non l’ho compresa: credo che tu confonda (surrettiziamente?) l’annichilimento con la trasformazione: In che senso un pianeta muore? E’ perché cambia forma? Perché si divide in masse più piccole? Perché si schianta dentro una stella? Perché, a causa di questi eventi, perde l’identità che la tua filosofia ha ritenuto di dovergli dare? Non mi sembra un discorso molto scientifico questo. Che dell’immortalità non esistano prove vale solo finché tu identifichi la ragione con la scienza, e a questo punto, pur sentendomi io il meno intelligente di tutti quelli che commentano qui, comincio a pensare davvero che tu non capisca ciò che dice Simon.
Leggo ciò che scrive, caro Gianni Zero, e non capisco come possa pensare di essere il meno intelligente a commentare qui. Faccia la fila prego, che ci sono prima io 😀
Non ritenevo idoneo l’esempio perchè la lattina sarebbe come un organismo unicellulare (quindi non un mammifero) e l’Audi come l’uomo, perchè lei aveva esplicitamente parlato di maggiore complessità biologica.
Sull’origine del DNA ancora navighiamo in alto mare, ma non così lontano dalla costa come tempi addietro. Tutto comunque appunta che i primi mattoni della vita, sotto forma di molecole ricche di carbonio, come carboidrati o zuccheri, si siano formati nello spazio interstellare ed infatti qui sono stati osservati in grande quantità. Il passo ora è capire l’esatto processo di formazione e se poi sono queste molecole che hanno originato il primitivo RNA. A quel punto sapremmo da dove arriva l’informazione genica e quindi la sua risposta sarà soddisfatta.
Si chiede poi cosa sappia oggi la scienza della coscienza? Beh… dia un’occhiata qua:
http://www.pnas.org/search?submit=yes&y=0&fulltext=Consciousness&x=0&format=standard&hits=80&sortspec=relevance&submit=Go
Ultima questione: io “non credo” di provenire dai primati, perchè questo è quanto dice la scienza! Anzi, per essere più precisi, noi siamo primati!
.
PS: nell’ultima riga effettivamente c’è stato un errore di battitura, al posto di “ragione” volevo scrivere “scienza”. Speriamo non sia un lapsus freudiano… 😉
Ma Flavio, su.. volevi davvero dirmi che la scienza non ha prove dell’immortalità dell’anima? Per quanto concerne la genesi dell’informazione una cosa è (termodinamicamente) certa: non compare spontanamente. Anzi, più l’informazione si trova a contatto col caso e più la sua qualità si degrada. La presenza di molecole organiche nello spazio sta alla vita quanto quella del silicio sta all’informatica (a meno che tu non pensi che ciascuna molecola di glucosio sia diversa dall’altra.. ma questo tu non lo credi, vero?). Quello di cercare nel cosmo quello che sulla terra non si trova è un vecchio espediente che è fallito già nelle sue premesse: ti servono basi azotate, amminoacidi, zuccheri? Lascia stare le stelle, te li do io, ma in cambio voglio che mi ci fai un paio di occhi blu che non siano miopi e non mi diano reazioni di rigetto. Come dici? Ti servono altre .. informazioni? Il succo, Flavio, sta tutto nell’ultima riga: per te l’unica fonte di verità è la scienza, e questo è, scientificamente parlando, un errore madornale.
Gianni, io molto semplicemente chiedevo se credesse alla morte o all’immortalità, perchè una cosa esclude l’altra. La scienza parla di morte (intesa ovviamente come morte di un essere vivente e non come scomparsa della materia) e ne da definizione mentre dell’immortalità ne da definizione solo l’immaginario collettivo.
.
Se crede che sia inutile cercare molecole organiche nello spazio si rivolga ai più grandi istituti di ricerca che stanno investendo discrete quantità di denaro in queste ricerche, i quali oltretutto stanno ottenendo anche buoni risultati.
.
Per ultimo, ripeto anche a lei quanto ho detto in precedenza: non è che io credo alla scienza e non alla filosofia (anzi, ho una predilezione per quest’ultima), ma affermo che non posso seguire una filosofia che non tenga in conto di tutte le scoperte scientifiche e questo purtroppo sembra esser l’errore, a detta anche di Boncinelli, di Nagel.
La immortalità è in teoria il contrario di scomparsa della materia.
La morte è, come dice la scienza, fine-vita di un essere vivente e non scomparsa della materia. Perché una dovrebbe escludere l’altra non capisco.
Mi spiego meglio. Se la morte fosse scomparsa della materia (contrariamente a quanto dice la scienza) allora sarebbe in contrapposizione ad immortalità (non scomparsa della materia*). In questo caso sì che l’una escluderebbe l’altra.. ma solo in questo caso che tra l’altro tu non condividi (e neanche io) perché “contrario alla scienza”. Non noti una contraddizione in quello che hai scritto?
.
*Materia: avrò “materia” dopo che morirò, materia spirituale e/o la carne resuscitata.
Infatti io non ho detto che la morte sia scomparsa della materia…
Lo so che non l’hai detto. rileggere attentamente commento prego. morte e immortalità. una non esclude l’altra come sostieni tu.
Non giriamoci troppo attorno: o la coscienza (l’anima per i credenti) sopravvive alla morte oppure non sopravvive. Una cosa esclude l’altra. Infatti chi ha dovuto riconoscere che i sentimenti, i ricordi, le sensazioni, le esperienze umane… non esistono più con il sopraggiungere della morte, ha dovuto anche ammettere che quella non è la soluzione ideale ed infatti bisogna ricorrere all’intervento divino (quindi a un nuovo miracolo) affinchè tale vissuto, o almeno la sua parte più nobile o spirituale, non deperisca come fa tutto ciò di cui è fatto il corpo umano.
Sopravvive alla morte ed è possibile dato che la morte, come dice la scienza, tu e tutti quanti noi, non è annichilimento. Lo scienziato, in un corpo morto, vede assenza di coscienza o assenza dei segnali di coscienza? Mancano i segnali.. perché forse la coscienza è andata da un’altra parte. Fuori dalla dimensione dello spaziotempo. Chi può negarlo con assoluta certezza? Nessuno. Chi può affermarlo con assoluta certezza? Nessuno. Solo chi crede. Con la ragione non so, con la ragione potenziata dalla fede lo so, dice il credente. È contro la logica e la scienza? No.
Caro Paolos, sappiamo che la materia, o meglio l’energia, non può scomparire: “nulla si crea e nulla si distrugge” (ed ovviamente non menzioniamo la Creazione, per non suscitare innecessari OT…) ma appunto si trasforma, quindi di un corpo sappiamo che si decompone e tornerà ad essere gli elementi (acqua, minerali, ecc.) dei quali si è alimentato in vita. Ed i pensieri, cioè gli impulsi elettrici che si sono registrati nel cervello che destinazione hanno? Finiscono in altro luogo? E per quale legge della fisica, se mi è permesso di sapere? La può mettere come vuole, ma dovrà sempre invocare il miracolo…
Se è per quello, bisognerebbe ammettere il “miracolo” anche nel dire che esiste la libertà, la volontà, l’amore etc poiché non c’è nessuna legge fisica che ne dimostri l’esistenza, eppure la loro esistenza non è messa ovviamente in dubbio. Mi dici che i pensieri sono impulsi elettrici (“Ed i pensieri, cioè gli impulsi elettrici”) e come tali tornano “alla polvere”. Che essi tornano “alla polvere” non ho dubbi ma gli impulsi elettrici non sono i pensieri, la mente non è il cervello. Gli impulsi elettrici sono la dimostrazione della connessione tra mente e cervello e basta non di più. Io non riduco la coscienza al cervello.
“ma dovrà sempre invocare il miracolo”.. certo ma, ripeto, non è contro la scienza o la logica come vorresti che fosse (che secondo me usi per considerare “gli altri” dei cretini). Non puoi usare la scienza per confutare ciò che non è indagabile scientificamente (la neurobiologia non studia la mente immateriale tanto meno l’anima). ovvio no?
Grazie per lo scambio di battute e opinioni. Ciao, stammi bene.
Quante volte devo ripetere che i fenomeni ed i meccanismi che riguardano la coscienza vengono trattati da molte discipline diverse ed ognuna nel proprio ambito? Perchè questa vostra ossessione e questo rifiuto con la parte più scientifica? Per me la scienza (e ripeto: non solo la fisica o la neurobiologia), per quanto riguarda la discussione su coscienza/anima, è solo la maniera che abbiamo per verificare se una convinzione filosofica coincide con la realtà dei fatti, perchè per poter cominciare un discorso razionale, e non fideistico, possiamo partire solo da lì.
Flavio, parli di “realtà dei fatti” nell’illusione scientista che la scienza possa spiegare tutto il Reale e “inglobarlo”.
Questa pretesa è assurda.
Andava bene al tempo del circolo di Vienna, non oggi.
Currently Unavailable…
Ecco cosa sa la scienza oggi della coscienza…:-)
Non prenderei per “oro colato” tutti questi studi, io vivo di pubblicazioni scientifiche e ne trovo ben poche di valide (a parte che lo si sa dopo anni che sono valide). Basare le proprie convinzioni su questi “trend” è un tipico errore dello scientismo, bisogna metterci una grande tara sulla ricerca scientifica odierna, su questo sito se ne è parlato diverse volte. Insomma si costruisce sulla sabbia, se non altro perché la storia della scienza ha seppellito maree di “trend” analoghi. Poi comunque proprio la scienza si può dividere in ciò che è stato scoperto e ciò che non è stato scoperto, gli scienziati e pure gli scientisti di ieri, non avrebbero creduto a gran parte di quello a cui crediamo oggi. Anche per questo l’incredibile diventa un’ipotesi credibile.
Accidenti, ha ragione, i link a volte diventano obsoleti, ma questo lo ha fatto a tempo di record! Comunque se preme sul simbolo della lente la pagina si ricarica. Ora che vedo la stringa di ricerca, si dà la casualità che ho letto il primo studio che appare (forse perchè sono in ordine di rilevanza). Si chiama: Evolution of consciousness: Phylogeny, ontogeny, and emergence from general anesthesia e le dico che l’ho trovato molto interessante. Gli dia un’occhiata e mi dica se anche questo fa parte di quel “trend” che ha ben poco di valido. Mi faccia sapere dunque… attenzione però, perchè esce dal dipartimento diretto da Ayala, cioè quasi un perfetto sconosciuto…
Eh no, Flavio, così è troppo comodo. Io non ho semplicemente detto che è inutile cercare molecole nello spazio, te ne ho dato anche le ragioni: le tue quali sono? Che la NASA ci investe soldi? Il tuo modo di amare la filosofia mi sembra particolarmente subordinato al rispetto dei dogmi scientisti, e lo si vede ad esempio dal fatto che le questioni scomode o le eviti o le formuli in modo solo formalmente corretto ma logicamente sconnesso. Un esempio? Mi chiedi se credo alla morte o all’immortalità facendo finta di non sapere che i due termini si applicano a enti diversi: alla morte fisica non serve crederci, è un fatto ovvio. Coloro che credono all’immortalità, naturalmente, non pensano che il corpo di una persona vivente, anziché trasformarsi in cadavere, continui a vivere indefinitamente (anche se non vedo ragioni scientifiche che lo vietino), e perciò l’immortalità non è l’antitesi della morte di cui tu parli, casomai lo è dell’annichilimento. Un conto è disintallare un software e buttare il pc, un altro è cancellare il software. Poi certo, c’è chi si accontenta di stampare qualche schermata per i posteri e gettare entrambi alle ortiche, ma questo è un altro discorso…
Veramente non ho capito le ragioni per cui non bisognerebbe cercare molecole organiche nello spazio. In ogni caso io stavo dando risposta alla sua domanda su da dove provenisse l’informazione genetica presente negli esseri viventi, le ho quindi detto che strada sta seguendo, con certo successo aggiungerei, oggi la scienza.
Grazie invece per la risposta sull’immortalità. Lei ci crede dunque. E forse per questo rifiuta le informazioni che abbiamo in merito all’evoluzione della coscienza (animale ed umana) e rifiuta quanto sappiamo sull’origine della vita, perchè l’immortalità (dell’uomo e solo dell’uomo) richiede che questo sia dotato di prerogative diverse, non solo da tutti gli altri animali, ma anche che superino le leggi fisiche e scientifiche conosciute. La fede prima di tutto insomma…
Flavio, voglio credere davvero che tu non capisca. Però i puntini sulle i a questo punto bisogna metterli: qual è l’origine dell’informazione che porta la vita? la tua risposta è: boh? Stiamo cercando in giro, prima o poi qualcosa troveremo. Non capendo che l’informazione non coincide con l’esistenza dei bit, ma nella sequenza con cui questi sono disposti. Qui l’unico a rifiutare una prospettiva diversa, che insinua un dubbio vero e molto più potente del tuo “per ora non sappiamo, ma un giorno..”, mi sembra sia tu.
Guardi che le ho risposto: molecole organiche semplici, molecole organiche complesse, RNA, DNA… E non lo dico io ma gli scienziati che si stanno occupando oggi del tema.
Dovrebbe invece chiedersi lei perchè afferma che la scienza oggi non sa nulla della coscienza (amen dei più dei 500 studi pubblicati solo su Pnas), perchè non dovremmo discendere dai primati (SIAMO primati, ma va bene lo stesso…), perchè paragona la complessità biologica di un mammifero con quella di un uomo ricorrendo all’esempio di una lattina di birra e un’Audi (lo avesse fatto tra un’Audi e una Fiat Panda sarebbe stato molto meglio…)
Dico questo perchè ognuno è libero di credere a ciò che vuole e l’ultima delle mie intenzioni è scardinare le sue convinzioni, perchè io sono qui solo con la curiosità di sapere come si possono trovare oggi corrispondenze nella realtà (e qui entra necessariamente in gioco la scienza) per giustificare l’esistenza dell’anima immortale. Se è una questione di fede non ho invece niente da obiettare.
Flavio, allora è vero che non capisci le domande, e purtroppo mi sembra che tu non capisca nemmeno le risposte, né quelle che ti danno né, purtroppo, le tue. Questi sono gravi indizi di analfabetismo funzionale, che uniti al fatto che vorresti soddisfare la tua curiosità senza rinunciare ad alcuno dei dogmi (hai letto bene) cui ti rifai, temo rendano fallimentare la tua frequentazione di questo blog. Ho veramente l’impressione che tu sia qui nelle vesti di sperimentatore antropologico, non come qualcuno che cerca qualcosa con umiltà e verità.
Origine dell’informazione che porta la vita: domanda perfettamente risposta, almeno per quanto ne sappiamo ai giorni nostri.
Ora ci spieghi lei questa cosa che non saremmo primati…
Ciao Flavio.
Cet animal a un cerveau.