Le Scienze…superfluide

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Alcune ricerche sono solo il risultato di pubblicazioni in cerca di visibilità.

Quando la scienza dimentica il metodo per divulgare il sensazionalismo.

 

Mangiando l’uva ho imparato una cosa, cioè che se addenti troppo un chicco, rischi di rompere anche il suo seme e quest’ultimo ha un sapore tanto amaro quanto può essere dolce il chicco, quindi il morso può rovinarti il piacere del frutto. Siccome avrete già capito che sto solo preparando una metafora, vado al dunque. Il mio vero grappolo d’uva è l’insieme di tutte quelle notizie che appaiono abbastanza frequentemente su teorie che si propongo di unificare la Relatività Generale con la Meccanica Quantistica: sono tutte a modo loro affascinanti e matematicamente molto elaborate, ma prima o poi viene a presentarsi l’amara constatazione che gli mancano i riscontri sperimentali.

Nel nostro caso prendiamo come esempio un articolo di Le Scienze del 21 Giugno 2014 dove ci viene ricordato che le due teorie sopra menzionate funzionano correttamente nei loro campi d’azione (rispettivamente la scala macroscopica, a livello di stelle e pianeti, e quella microscopica di atomi e particelle), ma se bisogna usarle entrambe contemporaneamente entrano in conflitto a causa di impostazioni completamente diverse. Uno degli approcci conciliatori che sono stati pensati consiste nel provare ad immaginare che anche il campo gravitazionale potesse essere discretizzato, come è stato fatto per gli altri campi nella Teoria Quantistica dei Campi, ma nell’articolo di Le Scienza si fa avanti un’altra ipotesi:

Spesso immaginiamo lo spazio e il tempo come i due scenari fondamentali dell’universo. Ma che cosa succederebbe se non fosse così? Se, in uno strato più profondo della realtà, che non possiamo percepire, fossero costituiti da elementi più piccoli? In questo caso, le proprietà dello spazio-tempo dovrebbero “emergere” dalla fisica di base dei suoi costituenti, proprio come le proprietà dell’acqua sono il frutto dalla fisica che governa le particelle che la compongono.

 

In pratica così come dal fatto che la molecola dell’acqua (H2O) sia una molecola con legame covalente polare, di forma angolare e così via implichi che l’acqua allo stato liquido presenti capillarità, forte tensione superficiale e altre proprietà macroscopiche, così si è pensato che lo spazio-tempo, come lo conosciamo oggi, sia la manifestazione macroscopica di elementi discreti non ancora rivelati.

L’idea non è recente, apparve nel 1990, però certamente stuzzica la curiosità di scoprire cosa si possa fare di concreto per testarla. Come succede sempre in Fisica quando non è possibile misurare direttamente un’entità fisica di interesse, il problema consiste nel trovare qualcosa che possa essere misurato e associato ad una delle conseguenze previste dal comportamento dell’entità fisica ricercata. In questo discorso sullo spazio-tempo una soluzione è stata proposta da Stefano Liberati, della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste, insieme al collega Luca Maccione della Ludwig Maximilian University di Monaco di Baviera: misurare l’eventuale dissipazione energetica di fotoni provenienti dalla Nebulosa del Granchio (questi sono stati scelti perché sono ad alta energia, ossia sono raggi X e gamma). Se lo spazio-tempo è un fluido, si comporterà da fluido, per cui i fotoni che vi viaggiano subiranno dissipazione ed è così che si può “vedere” la fluidità dello spazio-tempo.

Personalmente apprezzo moltissimo l’ingegno con cui si passa dal campo delle teorie a quello delle misure, per cui non faccio altro che addentare sempre più questo discorso finché, purtroppo, finisco col rompere il seme:

Osservazioni della Nebulosa del Granchio, invece, non mostrano alcun segno di tale fenomeno. “Nel nostro studio mostriamo che lo spettro di radiazione sarebbe notevolmente influenzato da questa perdita di energia perché viaggia per molto tempo, anche se si tratta di un effetto molto limitato”, sottolinea Liberati.

Niente dissipazione dell’energia dei fotoni, questo è quello che dicono i freddi dati sperimentali, indifferenti al mio entusiasmo iniziale. Leggendo l’articolo per intero sembra però che io sia l’unico che ci sia rimasto male, tant’è vero che il titolo dell’articolo punta ad altro, ad una specie di bicchiere mezzo pieno. Infatti:

La mancanza di un segnale che indichi dissipazione ha permesso ai ricercatori di porre forti vincoli sugli effetti liquidi che potrebbero essere presenti nello spazio-tempo, mostrando che essi devono essere estremamente piccoli o del tutto assenti. “I dati non stanno dicendo che questa eventualità è del tutto esclusa”, dice Liberati. Gli stessi dati, tuttavia, restringono le possibilità di spazio-tempo liquido a liquidi con viscosità molto basse, che quasi non bagnano le superfici: i superfluidi.

 

Ecco spiegato il riferimento ai superfluidi (fluidi a bassissima viscosità): forse i fotoni non hanno subito dissipazione perché lo spazio-tempo è assimilabile ad un superfluido. Fate attenzione però, perché né allora né oggi si è dimostrato che lo spazio-tempo sia un fluido, quindi quello che dovrebbe essere il bicchiere mezzo pieno di questo esperimento è che se lo fosse, sarebbe un superfluido.

A voler essere maliziosi però si potrebbe anche supporre che lo spazio-tempo sia così superfluido…da non essere un fluido! Infatti i dati rientrano nella solita constatazione che lo spazio-tempo sia un continuo, oppure, detto in modo più banale, che i fotoni abbiano viaggiato nel vuoto e per questo non hanno visto dissiparsi la loro energia. In soldoni un nulla di fatto. Mettendo da parte la mia reazione, vediamo come prosegue invece la notizia:

Anche i sostenitori dell’idea dello spazio-tempo fluido ammettono che il concetto di spazio-tempo liquido non ha riscosso molto successo, per la sua improbabilità. Ma potrebbe essere reale? “Non ho assolutamente idea e, personalmente, ritengo che nessuno ce l’abbia in proposito”, risponde Renaud Parentani, ricercatore dell’Università di Paris-Sud, che inizialmente ha suggerito l’idea di considerare gli effetti di dissipazione. “Tutto quello che possiamo fare è elaborare modelli delle varie possibilità.

 

Diciamo che Parentani ha dimostrato quella dovuta umiltà scientifica che spiega molto bene Rovelli nel suo libro (di cui ho parlato in un mio precedente articolo), anche se in questo caso si presenta una piccola differenza: quando si pensa all’umiltà scientifica in genere si allude a quei scienziati del passato che hanno preso un fenomeno naturale che non si sapeva spiegare, hanno elaborato un’ipotesi funzionante ma che rappresentava una forte novità e spesso qualcosa di particolarmente anti-intuitivo, eppure non si sono lasciati insuperbire dalla concordanza teoria-fatti spiegando che non si sentivano portatori della verità unica e definitiva. In questo caso invece abbiamo a che fare con un’idea che è anch’essa nuova e anti-intuitiva ma i dati non l’appoggiano, per cui l’umiltà più che una scelta nobile era l’unica alternativa.

Siccome purtroppo siamo rimasti sul piano delle idee, il discorso va avanti su queste e si fa anche più controverso.

Ora dobbiamo essere molto cauti, perché qui il riferimento è alla Relatività Ristretta, non alla Generale, e per capire quanto sia delicata la questione rubo le parole del fisico Giorgio Masiero: “…relatività speciale di Einstein, che come si sa non è una teoria come le altre (intese a spiegare classi di fenomeni), ma si configura come una metateoria fissante i paletti entro i quali tutte le teorie della fisica devono stare”.

In altre parole i più potrebbero scartare a priori la teoria del superfluido, quindi per convincerli ci vorrebbero prove inconfutabili, ben più che fotoni che si comportano come si comporterebbe nel vuoto.

Riflettiamo sul finale dell’articolo:

[Parla Jacobson, dell’Università del Maryland a College Park] “Violare la relatività aprirebbe la possibilità di eliminare la quantità infinite che emergono nella teoria attuale e che probabilmente non sono fisicamente corrette”.
Se lo spazio-tempo è un superfluido, in definitiva, una difficile navigazione attende i fisici teorici.

 

Questa chiusura non dice cose false, infatti molti progressi scientifici sono nati dal fatto che qualcuno ha dovuto rompere con un paradigma del proprio tempo per “eliminare un infinito” (per chi se ne intende, si può fare l’esempio del problema del corpo nero, all’alba di ciò che divenne la Meccanica Quantistica); il punto è che un cambiamento di paradigma ha per condizione necessaria dati sperimentali che sono inspiegabili con il modello di pensiero a cui si è affezionati ma descrivibili con uno proposto da un nuovo approccio, in genere proveniente da uno scienziato che abbia molto meno di cinquant’anni  e che sia particolarmente audace (alludo all’Einstein del 1905 e al Planck del 1900).

Se i dati ci sono e la nuova teoria vi si accorda, allora è solo una questione di tempo per farsi accettare, o almeno così successe più volte per la Fisica del Novecento.

A questo punto una parte di me obbietta che forse sono stato troppo severo con un articolo dagli intenti divulgativi. Se leggo allora la seconda definizione che dà la Treccani sul termine “divulgare” trovo “Rendere accessibili a un più vasto pubblico, per mezzo di un’esposizione semplice e piana, nozioni scientifiche e tecniche”. Nel nostro caso allora non posso negare che l’articolo di Clara Moskowitz sia stato semplice e piano e che l’oggetto in questione fosse una nozione scientifica. Ciò che ho gradito poco, in quanto laureato e studente di Fisica, è che per l’ennesima volta si è voluto guardare ad uno solo degli aspetti della Fisica in cui sono solito dividerla: la componente anti-intuitiva, cioè la parte “sconcertante”, “nerd” e lontana dal pensiero comune.

Premetto che sono il primo a restare incantato quando ascolto i paradossi della Meccanica Quantistica e della Relatività e mi piace approfondirli e raccontarli ai “profani” per stuzzicare la loro immaginazione, ma lo scopo ultimo di tale disciplina resta sempre la descrizione matematica della natura. Se le leggi della Fisica fossero state più “banali”, nel senso più sullo stile della legge di forza della molla (F= -kΔx, cioè più allunghi una molla più essa ti tira la mano, chiaro come il sole), sarebbe rimasto valido il fatto che il metodo scientifico rappresenti uno strumento potente per comprendere e prevedere i fenomeni naturali.

È bello divulgare una scoperta sensazionale, ma talvolta sarebbe bello anche divulgare in generale il metodo di quelle scoperte. Invece ai più sembra che la fisica vada avanti se si diventa sempre più pazzi: stringhe, spazio-tempo superfluido, 13 dimensioni spazio-temporali, inesistenza del tempo eccetera…

Ci sta pure che queste cose si scopriranno reali, ma ciò che conta è come si è arrivati a dire che lo fossero.

L’altra parte di me replicherebbe “ma un articolo scientifico deve pur attirare l’attenzione su di sé in qualche modo”, ma purtroppo facendo ricerche sulla ricerca scientifica ho scoperto un “lato negativo” di essa. In sintesi, sin dalle elementari ci insegnano che il metodo scientifico consiste in:

1)      Osservare un fenomeno naturale

2)      Formulare un’ipotesi sul suo comportamento

3)      Impostare un esperimento che permetta di testare tale ipotesi

4)      Condurre più volte l’esperimento

5)      Se l’esperimento conferma l’ipotesi, essa viene accettata fino a prova contraria, se invece la nega, essa verrà rigettata e si torna al punto 2).

Un metodo non dogmatico ma comunque filosoficamente molto rigido (il famoso rigore scientifico), ma esiste anche un metodo “ufficioso”, che procede in parallelo al precedente e che è più vicino alla pragmatica vita reale ma filosoficamente è molto più “fluido”:

1)      Osservare un fenomeno naturale

2)      Formulare un’ipotesi sul suo comportamento quanto più nerd possibile

3)      Trovare una rivista scientifica che pubblichi la tua ipotesi.

4)      Trovare dei finanziatori per impostare un esperimento che permetta di testare tale ipotesi

5)      Condurre più volte l’esperimento

6)      Se l’esperimento conferma la tua ipotesi, si potrà considerare riguadagnati i punti 3) e 4), se invece la nega, ripartire dal punto 3).

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"htagliato", Fisico della Materia. Vive a Napoli.

35 commenti

  1. Approfitto dell’articolo per dire la mia, anche se non c’entra col post – ma in parte sì.
    Nel film “Interstellar”, tanto per citare il più recente, si propongono alcuni eventi come se la loro validità fosse scontata. Per esempio: cunicoli spazio-temporali (o wormhole); buchi neri che distorcono il tempo; una dimensione con più di tre dimensioni (il famigerato tesseratto). E’ solo un film, siamo d’accordo, però tutti questi eventi sono stati elaborati dal fisico teorico e co-produttore del film stesso Kip Thorne. Quindi al metodo “ufficioso” nel punto 3 aggiungerei anche: una produzione cinematografica per rendere il tutto più fantascientifico.
    In sinstesi, è triste quando la scienza si mischia con la fantasia, dando così origine alla fantascienza appunto…

    • Effettivamente spesso i film di fantascienza esaltano il senso di potere (tecnologico) che suscita se non proprio, come in Interstellar, un ruolo salvifico per l’umanità, invece del gusto di conoscere.
      Per non parlare delle licenze poetiche (la scienza presa a schiaffi).

      • Premesso che in genere a me la fantascienza piace (purché non inventi troppo), “de gustibus non est disputandum”.

      • Mi sono espresso male. Intendevo lo stesso pensiero di HTAGLIATO, cioè che è triste quando inventa troppo e tira fuori dal cappello troppi elementi “magici”.
        Ps. Ad ogni reply non ricevo mai alcuna notifica. A cosa è dovuto ?
        Ogni volta devo salvare la pagina tra i preferiti per poter seguire i commenti.

  2. Salve,
    mi voglio complimentare con htagliato, di cui condivido pienamente i contenuti dell’articolo.
    E’ purtroppo vero il fatto per cui la modellizzazione della realtà nella scienza contemporanea proceda tramite invenzioni sensazionalistiche piuttosto che per mezzo di osservazioni ed esperimenti più austeri (se così si può dire).
    Volevo chiedere, essendo io profano al proposito, se qualcuno avesse mai indagato approfonditamente, in chiave epistemologica, il rapporto tra la scienza con l’ “intuitività” e l’ “anti-intuitiità” delle sue teorie; in altre parole, si può connettere l’anti-intuitività di una teoria fisica contemporanea (la fisica è anti-intuitiva dal ‘900, praticamente) con, e.g., la sua incompletezza e/o incoerenza rispetto a un sistema di teorie più ampio? L’anti-intuitività di una teoria può derivare dal fatto che tale teoria sia semplicemente “incompleta” (mi vengono in mente Einstein e la MQ)?
    Ovviamente ho semplificato moltissimo la questione (meriterebbe un’analisi più fine), e mi scuso qualora le mie domande appaiano sciocche o banali.

    • Giorgio Masiero on

      Bellissima la Sua “provocazione”, Alio. Impossibile rispondere in un commento. Intanto aspettiamo di leggere cosa ne pensa h tagliato e poi magari ci scriverò un articolo.

    • Grazie Alio Alij per le congratulazioni, proverò a rispondere alle tue domande.
      Secondo me, l’anti-intuitività di una teoria è cosa indipendente dalla sua coerenza e/o incompletezza, perché l’intuitività non credo sia una proprietà intrinseca di un sistema formale ma solo un attributo che gli viene dato per indicare la “vicinanza” al modo comune e più immediato di pensare. Inoltre l’intuito è una caratteristica soggettiva (per esempio qualcuno potrebbe immaginarsi più facilmente uno spezio deformabile alla Einstein che uno piatto alla Newton). Ricordo un aneddoto legato a Bohr: egli illustrò la MQ ad una conferenza di neopositivisti, per i quali le teorie scientifiche sono solo degli strumenti utili ma nulla più, semplici formule che “funzionano”, e quindi Bohr rimase un po’ deluso dal fatto che ad essi la MQ non fece nè caldo nè freddo.
      Secondo alcuni, invece, come Einstein, la MQ ha il suo carattere “particolare” (in primi, il probabilismo) perché incompleta, nel senso che non tiene conto di variabili nascoste che, se incorporate nella teoria, la renderebbero più intuitiva; ma per ora, vale ancora l’interpretazione di Copenhagen (quella “strana”).

  3. Giorgio Masiero on

    Ti ringrazio per la citazione, h tagliato, ma devo chiarire che ho fatto l’attività di fisico, come ricercatore, solo nei primi anni di lavoro. Poi ho intrapreso tutt’altra strada!
    Ciò premesso, condivido il tuo articolo. Quando si parla di scienza, e soprattutto di fisica, occorre secondo me tener sempre presenti tre cose:
    1) separare sempre le congetture, i modelli, le nuove idee su cui i ricercatori lavorano, ancora privi di riscontro sperimentale, dalle teorie che invece sono consolidate perché godono di ampie corroborazioni sperimentali.
    2) Anche le teorie consolidate, come la relatività generale e la teoria quantistica dei campi in fisica, restano ipotesi, congetture e non hanno nessun valore di verità se questo termine indica l’uguaglianza della realtà con le parole, mentre hanno un qualche valore di corrispondenza tra le loro predizioni e i dati restituiti dagli apparati sperimentali.
    3) Una teoria corroborata è sempre esposta a smentita da nuovi dati. E non viene sostituita quando viene smentita, ma mantenuta finché non se ne trovano di migliori. Nel caso della cosmologia attuale per es., la situazione è tragica, perché di fatto con la relatività generale e la fisica quantistica siamo nella situazione di avere due teorie a) in reciproca contraddizione matematica e b) in contraddizione sperimentale col 95% della materia-energia (“oscure”).
    Insomma la realtà è una cosa (A), le proposizioni vere riguardanti la realtà un’altra (B), e fin qui siamo fuori della scienza e delle sue possibilità. Poi ci sono le teorie scientifiche corroborate che sono un’altra cosa ancora (C) e le congetture dei ricercatori (D) che sono solo delle ipotesi matematiche.

    • Salve prof., l’ho chiamata “fisico” perché è pur sempre una persona laureata in Fisica (e che dimostra di non aver dimenticato tutto perché ha cambiato mestiere). Anche io sono d’accordo con il contenuto del suo commento. lo trovo una buona sintesi dello stato dell’arte.

  4. HTAGLIATO complimenti per il tuo articolo

    Introduco una riflessione che è questa:
    perchè la fisica teorica si affanna a trovare una teoria unificata per Relatività e MQ, chiamata a volte Teoria del Tutto?
    Forse perchè l’uomo in questo modo arriverebbe a considere se stesso “Dio”
    Però non si accorge che se davvero si arrivasse a sapere tutto, egli cesserebbe di poter imparare, non avrebbe quindi più senso la sua esistenza

    • Giorgio Masiero on

      Cercano una teoria unificata, Freezer75, per un motivo molto più banale: perché la relatività generale e la fisica quantistica non vanno d’accordo tra loro!
      E poi anche perché c’è là fuori tutto un mondo che nessuna delle due spiega.
      E infine, se vuole, perché ci sono migliaia di giovani ricercatori che devono pur far qualcosa…

      • Buongiorno Professore,

        Sapevo che la relatività Generale e la MQ non vanno d’accordo e che pertanto occorre una teoria unificante quindi mi trova allineato alla sua spiegazione

        La mia riflessione si riferiva al pensiero di alcuni Fisici Teorici come Stephen Hawking che ritengono o hanno ritenuto essere possibile una Teoria del Tutto

        • Giorgio Masiero on

          Come ho spiegato altrove, i fisici danno questo nome altisonante alla futuribile teoria non perché spiegherà “tutto”, ma perché spiegherà in uno stesso sistema “tutti” i 4 campi fisici. Il che è infinitamente meno!

    • Salve Freezer75, grazie per i complimenti. Come ha già risposto Masiero, la ricerca verso la conoscenza organica di tutti i fenomeni naturali è una cosa onorevole, è il nome “Teoria del Tutto” che invece è da vero spaccone. Infine, anche se avessimo una vera Teoria del Tutto (cioè le 4 forze fondamentali + la materia e l’energia oscura + …) siccome ogni teoria scientifica è “vera” solo fino a prova contraria, non potremmo comunque dire con certezza di conoscere tutta la natura.

  5. Non mi addentrerò in una critica al metodo scientifico di Galilei, che immagino conosci meglio di me, ma il problema degli approcci allo spazio-tempo quantistico è che le teorie non sono abbastanza mature da poter fare previsioni sperimentali significative. Mi spiego meglio, i dati di un esperimento devono essere interpretati, altrimenti rimangono solo dati, e l’interpretazione dei dati implica che il passaggio 5 della prima delle tue liste non è banale come può sembrare. In poche parole, nel settore della gravità quantistica mancano sia la teoria che gli esperimenti. Io odio il binomio che si è venuto nel tempo a creare “teorici contro sperimentali”, la teoria e gli esperimenti devono andare di pari passo, o almeno così è successo nelle rivoluzioni scientifiche avvenute fino ad ora (Newton, Maxwell, Einstein, Meccanica quantistica ecc…) e attualmente al settore della fisica chiamato “gravità quantistica” mancano entrambi gli ingredienti. Ci si potrebbe chiedere allora, ma è fisica? in realtà è un tentativo di fare fisica.
    Detto questo, concordo sul fatto che nel momento in cui “tutti possono fare ricerca e pubblicare articoli”, è sempre troppo facile trovare articoli scritti tanto per avere visibilità. Credo che stia all’utenza cercare di capire chi lavora seriamente e chi no e regolarsi di conseguenza.

    • Ciao Koala, perché non ti addentri in una critica al metodo scientifico di Galilei? Sono curiosissimo di sapere cosa intendi.
      Tutto ciò che hai scritto per il resto è vero, cioè, siccome non tutti i fisici sono Einstein, è normale che una teoria nasca un po’ alla volta, per tentativi e non tutta bella e pronta (analogamente per la realizzabilità pratica degli esperimenti di cui si avrebbe bisogno per testarla).
      Ciò che si criticava nel mio articolo è il modo in cui si fa spacciare un esperimento in cui non accade nulla di nuovo, per uno in cui si è fatto un passo avanti verso una teoria che ancora non esiste.
      L’utenza di cui parli, se è fatta di scienziati, distinguerà le ricerche serie da quelle apparenti, ma se l’utenza è fatta da gente comune o da persone comunque non esperte di quel settore, si crea l’impressione che oggi giorno ci sia qualcosa di sensazionale e ciò danneggia la Scienza.

      • Cercando di tenermi breve, dato che il mio è un semplice commento, il “metodo scientifico” è troppo semplicistico. Non si possono ridurre tutte le possibili applicazioni scientifiche ad un algoritmo da seguire, o almeno non a quell’algoritmo. Ogni passaggio che viene descritto, nasconde in se tutta una serie di “difficoltà”. Osservare un fenomeno naturale, come si fa a capire di fronte a cosa ci si trova? Formulare un ipotesi, e se serve una teoria completamente nuova? Impostare un esperimento… ma un esperimento può solo corroborare un ipotesi o negarla! Riggettare ipotesi che un esperimento nega, per poterlo fare devi interpretare l’esperimento, in genere un esperimento viene interpretato in base alle conoscenze attuali, in particolare alle attuali conoscenze teoriche…. insomma il metodo scientifico va bene “per i giochi” ma non si può pensare di applicarlo sempre. Come referenze ti posso dire di controllare la pagina di Wikipedia, dove troverai link ad autori come Kuhn, Paul Feyerabend , Russell e altri che sviluppano l’argomento in modo più esasutivo.
        Tornando all’articolo… anche a me non piace questo modo di fare che ha preso la “scienza” moderna, succede così un po’ ovunque però non credo neanche sia dannosa, anzi forse è una cosa buona. I “non scienziati” penseranno che gli scenziati sono gente in gamba, i bambini inizieranno a fare gli scienziati…. forse!

        • Sul metodo scientifico ora capisco cosa intendevi e ti do ragione, nel senso che presuppone molte cose non dette esplicitamente e non ti garantisce la Verità (intesa in senso oggettivo e perpetuo) ma una verità valida solo fino a prova contraria.
          Sull’ultima parte invece sono molto perplesso: sei favorevole ad “ammorbidire la realtà”, a raccontare mezze bugie (del tipo “ogni giorno una nuova scoperta” oppure “è stata inventata una nuova teoria fortemente anti-intuitiva”) solo per far apparire gli scienziati più “fighi” o per far colpo sui bambini? Rischi di deluderne parecchi quando crescendo scopriranno una realtà molto più prosaica.

  6. Beh basta ricordare il mega-fiasco dei neutrini superluminali… o anche il priù recente studio della polarizzazione della radiazione di fondo (ora trovato fallace e quindi inconclusivo) per capire che nella scienza esiste una tendenza forte al sensazionalismo.
    Questo è soprattutto per tirar su soldi e quindi gabbare le verie fondazioni e governi che elargiscono il denaro per la ricerca.
    Del resto persone come Hawking sono diventate MILIONARIE sparando le loro teorie (ancora non confermate e alcune anche dimostrate false) e vendendo libri su di esse.
    Big Business!

  7. Per me si utilizza il repertorio migliore della scienza per reperire risorse e per “repertorio migliore” intendo le scoperte, che sono spesso delle sorprese e come tali sono spesso anti-intuitive. Per me l’anti-intuitività di una campo della scienza resta comunque importante, perché ci riporta alla meraviglia, che dovrebbe essere l’atteggiamento naturale dell’uomo verso il creato. La meraviglia è propria di chi scopre il mondo, dei bambini, e “se non vi farete come bambini…”, non significa diventare più stupidi, ma riscoprire questa meraviglia verso il creato che è poi quella che fornisce la spinta a scoprirlo sempre di più, ossia a fare scienza. Chi non sa più provare meraviglia è spiritualmente spento, penso ai vari scettici e non credenti per cui tutto è scontato e già previsto, tutto determinato e meccanico, un universo squallido e prevedibile che non può appassionare e incuriosire più di tanto, deve solo confermare di essere autosufficiente e increato.
    Gli uomini che si occupano di ricerca scientifica sanno tutto questo nel loro intimo e sanno benissimo che se vogliono essere ascoltati per potere avere finanziamenti devono ricorrere al “repertorio migliore” quello che fa da sempre scattare l’interesse degli uomini quando viene loro prospettata l’ennesima scoperta del meraviglioso, una specie di iniezione di adrenalina che li può togliere dal torpore e dall’abulia indotti dalle visioni del mondo prevalenti con la secolarizzazione che negano il trascendente e quindi precludono ogni possibilità di eterna meraviglia.

  8. Marie-Sophie on

    Complimenti per l’articolo h tagliato. Beh, innanzitutto direi che è sempre stata molto radicata nell’immaginario collettivo l’idea di scienziato geniale e folle. E’ una figura che incuriosisce, che piace e lo stesso effetto sortiscono sul grande pubblico (diciamo grande mo’…) teorie stampalate ed anti-intuitive. Sinceramente, penso che oggi come oggi non sia esigua la parte di quelli che decidono di offrire al ”pubblico” quel che vuole sentirsi dire ma, fortunatamente, si tratta appunto di una parte.
    Molto probabilmente tale scelta è dovuta ad una questione di mercato; la ricerca, soprattutto in Italia, non è ben finanziata e qualcosa di forte, qualcosa che faccia discutere ha sicuramente più visibilità di altro. D’altro canto, mi sento di spezzare una lancia a favore di una fetta di questi ricercatori.
    Se tu, ricercatore, vedi che un certo modo di ragionare funziona per trattare una certa classe di problemi ( ed effettivamente queste teorie fortemente anti-intuitive funzionano) , è piuttosto naturale che tu segua questo solco e continui per quella via. Per dirla in soldoni, lavorando costantemente con ‘’robe strane’’ è molto probabile che la prima idea che tu possa avere sia anch’essa strana (si tratta di deformazione professionale XD). Talvolta, e non è una cosa positiva, ci si abitua a lavorare in un contesto e a pensarla in un certo modo, senza nemmeno rendersene conto.
    Mi sento invece di escludere questa visione salvifica del ricercatore che pubblica teorie bizzarre e genialoidi con l’intento di avvicinare il grande pubblico (e magari i giovani) alla scienza . Diverse ricerche condotte da specialisti nel campo dell’educazione hanno mostrato che questa idea di ‘’genio’’, seppure affascinante, è deleteria per un ragazzo (o anche per un adulto non esperto in materia).
    Immaginate un ragazzino a cui di punto in bianco si racconta una teoria fortemente anti-intuitiva; penso che più che esser spinto ad approfondire la questione e magari a tentare lui stesso da grande a fare cose altrettanto belle, resti avvilito dinanzi a qualcosa che sembra essere caduto dal cielo.
    Quel che servirebbe è una conoscenza graduale dei fatti, evidenziando soprattutto il ‘’come’’ queste idee siano nate. Perché esistono i ‘’come’’ dato che nella scienza le cose non cadono dal cielo. Oltre a suscitare curiosità, è importante dare nuovi stimoli, far capire che con ragionamento, passione e dedizione è possibile capire un po’ di più ciò che ci circonda .

    • Grazie dei complimenti Marie-Sophie, concordo con tutto ciò che hai scritto nel commento, quindi complimenti anche a te!

  9. @ Luigi:
    Grazie per la precisazione sui superfluidi. Ti faccio notare che la Meccanica Quantistica non ha cambiato il metodo sperimentale, ha “solo” introdotto un nuovo tipo di probabilismo al posto del determinismo classico (è cambiato il paradigma, non il metodo); infatti in MQ è ancora possibile stabilire se un’ipotesi è corroborata oppure no perché le probabilità sono comunque enti misurabili e confrontabili con la teorie (diciamo che le probabilità della MQ sono e devono essere deterministiche).

    • Il metodo è cambiato perchè non è uno scienziato da solo a farsi teoria, esperimento, verifica, come Galileo. Ma sono a migliaia a fare ognuno di questi passi.
      .
      Quindi il metodo scientifico vale sulle grandi scale, quando si parla di teorie ad ampio respiro verificate in molto tempo, nella consolidazione dellla scienza. Queste non lo sono, sono ipotesi, work in progress, che per loro stessa natura non possono condensare tutto il metodo.
      .
      Tieni sempre presente che quello che tacci di scorretta applicazione del metodo scientifico è il lavoro di uno scienziato. E non sempre lo scienziato se lo merita. La superfluid vacuum theory leggo su wikipedia non essere proprio una cosa dell’ultimo momento, ed essere ben altro che una riaggiustatina per far quadrare i dati sperimentali, al contrario risale ben prima dei dati stessi (nel ’75, leggo qui: https://en.wikipedia.org/wiki/Superfluid_vacuum_theory ). Non so se questa sia un’altra cosa, ma mi pare corrispondere…
      .
      Poi io non sono un fisico, ho solo un po’ il pallino che mi ha inculcato un conoscente e rimango fondamentalmente ignorante… Ma dal mio mestiere so che prima di criticare meglio andarci coi piedi di piombo.

      • Giorgio Masiero on

        Tutto quello che vuole, Luigi. Certamente, quando come nella fisica contemporanea si va sempre più in piccolo o sempre più in grande, le cose si complicano. Soprattutto si complica l’interpretazione dei dati.
        Però un criterio rimane, se vogliamo separare la scienza dalla matematica e dalla poesia: e consiste in predizioni sperimentalmente controllabili (Feynman, Hawking, ecc.). Come minimo. In assenza, il meglio che possiamo dire è che si tratta di sistemi matematici o plot per Hollywood.
        Poi c’è chi come me, che guarda al sodo per mestiere e investe nella ricerca scientifica solo alla luce di un secondo criterio: l’esistenza di potenziali applicazioni utili.
        E’ d’accordo?

        • Giuseppe Cipriani on

          Mi chiedo come si fa, a priori, stabilire la ricerca scientifica che abbia potenziali applicazioni utili. Se qualcuno è in grado di stabilirlo e dice che è capace di farlo o mente od è un illuso… E mi chiedo anche, se fosse possibile stabilire davvero questo, se la scienza allora si trasformerebbe in qualcosa di diverso completamente da quella fame di conoscenza che, se è sul serio tale, esula da beceri scopi materialistici o utilitaristici che dir si voglia. E se così fosse, chissà quanti laboratori di ricerca dovrebbero essere chiusi, pena il castrarsi tutte le potenziali bellezze che ancora rimangono da scoprire… Al bando la mera utilità!

        • Guardi, quello che vuole lei semmai. Ma non credo che un teorico si preoccupa granchè della fattibilità degli esperimenti. Non è mai successo. Starà
          .
          Mi pare di capire che la storia sia un po’ diversa rispetto a quella raccontata da htagliato.
          Diciamo che abbiamo tre modelli, tutti ben più vecchi di queste ultime misure:
          Vuoto come Fluido Viscoso che risolve alcuni infiniti.
          Vuoto come Superfluido che risolve la massa del bosone di higgs.
          Vuoto come vuoto che non risolve nulla.
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          Tutti i teorici coinvolti nello sviluppo delle due teorie hanno fatto il loro mestiere. Gli sperimentali, di matrice astrofisica e quindi credo completamente diversa, coinvolti in questo esperimento hanno fornito un numero.
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          Il numero non tange la seconda e la terza teoria. Intacca leggermente la prima. Io ci vedo solo il normale progredire della scienza.
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          D’altronde che lo spazio-tempo fosse fluido, o superfluido, non mi pare sia stato annunciato mai a noi gente qualunque, eppure le teorie sono in giro dagli anni ’70!
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          Non ci vedo tutto questo sensazionalismo dietro a questo annuncio, in luce della storia di sopra.

          • Giorgio Masiero on

            Non ho capito, Luigi, qual è per Lei la differenza tra un sistema matematico ed un modello scientifico. Comunque, grazie.

          • Certamente l’adesione con la realtà. La matematica parte da certe premesse, indipendentemente da quanto siano realisticamente fondate e dalle conseguenze realistiche.
            Tutto è concesso.
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            La Fisica deve rifarsi alla realtà, attraverso l’esperimento sicuramente;
            Ma che l’ esperimento cruciale che dia prova definitiva di falsificazione sia già stato fatto, o sia fattibile oggi, domani, fra 1000 anni non ha alcuna importanza. Al massimo la teoria rimarrà in sospeso più a lungo, ma sempre fisica e non matematica rimane.
            .
            La supersimmetria è una teoria molto molto fisica, è stata fondata negli anni ’60 e solo oggi si sta avvicinando la sua falsificazione.
            Anni fa era un tripudio di particelline che venivano inventate (non scoperte), oggi di higgsino non si sente molto parlare perchè è sempre meno probabile che esista.
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            E’ solo la scienza, e la divulgazione anche di risultati puramente teorici anche di confine è comunque parte della storia, da sempre. Mi ricordo ancora quando a SuperQuark ci narravano le sorti del neutrino e dicevano che il neutrino aveva massa e forse oscillava. Negli anni ’80, mica lo sapevamo davvero, solo oggi lo sappiamo e neanche così bene mi pare di capire.
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            Pure voi ne parlate, giustamente. E parlate di altre cose di confine sulla biologia, mi pare di capire.
            Ma meno male ce lo dicono, altrimenti sai che noia per chi prende un attimino la passione di seguire queste cose!
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            Ce lo dicessero di più magari la gente non si farebbe abbindolare dalle bufale!

          • Giorgio Masiero on

            Adesso siamo d’accordo, Luigi! Però appena ieri Lei aveva scritto: “Non credo che un teorico si preoccupi granchè della fattibilità degli esperimenti”. Invece, come hanno spiegato più volte Feynman e Hawking – per fare solo due esempi – la prima preoccupazione del fisico teorico è proprio che la sua teoria faccia una predizione sperimentalmente controllabile…

      • Data una ricetta di cucina, io dico che per me è la stessa se la cucina mia madre da sola o se le do una mano facendone uno dei passaggi.
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        Anche se questo è un work in progress, nel suo piccolo c’è un’ipotesi (lo spazio-tempo è un fluido che dissipa i fotoni), una prova sperimentale (i fotoni sono giunti invariati in energia) ma c’è una conclusione giunge inattesa (forse è un superfluido) rispetto a quella logica (lo spazio-tempo non è un fluido).
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        Non sono a priori contrario alla teoria dello spazio-tempo fluido, ma questo lavoro lo trovo criticabile nel suo ultimo passaggio e nel modo in cui Le Scienze lo racconta e lo trovo indicativo di un certo modo di divulgare.
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        Siccome mi sono mosso strettamente sul piano di ciò che dice l’articolo, non sono andato coi piedi di piombo.

  10. @ Koala:
    Visto che non lo sai ancora se sia giusto o no “ammorbidire la realtà” per pubblicizzare la scienza, te lo dico io: è sbagliato. Naturalmente non lo dico perché sono un’autorità, ma per una serie di osservazioni. Pensa ai giornali e alla televisione, anche loro partono da una cosa giusta (comunicare informazioni) ma la logica del mercato li ha rovinati: chi si fida più di essi, dal momento che anche loro hanno pur sempre bisogno di soldi e quindi di pubblicità? Te la immagini quindi una scienza che esagera le sue scoperte, che racconta balle, che promette sogni come farebbe una crociera? Non devi confondere la necessità di finanziamenti con quella di “guadagnare”, perché si finisce con lo spacciare fotoni che hanno viaggiato nel vuoto con fotoni che hanno viaggiato in un fluido.

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