Il paradiso terrestre (Peter Wenzel, 1745-1829)
L’abiogenesi e il posto di Dio
di Giorgio Masiero
Che la vita sia sorta per leggi naturali o per un intervento soprannaturale, per un cristiano è sempre opera di Dio.
Commentando un mio articolo, prospettante la possibilità che la tecno-scienza dimostri un giorno l’insorgenza di vita dalla materia inanimata (“abiogenesi”), un lettore mi ha chiesto: quale sarebbe a questo punto il posto di Dio?
Questa domanda rivela come sia diffuso, anche fuori la tradizione anglosassone della teologia naturale, l’uso di Dio come complemento dell’incompletezza della nostra conoscenza: una concezione sbagliata in termini teologici ed epistemologici. Ed anche solo apologetici se pensiamo che man mano che le frontiere scientifiche avanzano – e questo accade ininterrottamente –, lo spazio di Dio verrebbe sempre più spinto indietro. L’ingenuo invoca il miracolo ogni volta che un fenomeno non trova spiegazione, ma la storia della scienza empirica sta lì a ricordarci che molti eventi prima giudicati miracolosi hanno trovato poi una spiegazione naturale. Naturale non significa esaustiva – un obiettivo precluso per definizione a tutte le scienze, sia intensivamente che estensivamente –, ma solo che l’evento così spiegato risulta descrivibile come una sottostruttura riproducibile del mondo, quale per il credente Dio ha creato e conserva in una forma da consentirci d’investigarla con l’apparato (strumenti di misura + matematica) proprio del metodo scientifico.
“Io credo che possiamo trovare Dio in ciò che conosciamo, piuttosto che in ciò che ignoriamo; e che Egli ci chieda di prendere atto della Sua presenza non nei problemi irrisolti, ma in quelli che riusciamo a risolvere”: così scriveva in una lettera dal carcere Dietrich Bonhoeffer, poco prima di essere giustiziato dai nazisti. Faccio un esempio di come io interpreto questo pensiero del teologo luterano. Osservando lo spettacolo sublime di un temporale, intuiamo più facilmente il modus operandi divino per “cause seconde” (Tommaso d’Aquino), qui stanti nel campo F descritto dalle equazioni di Maxwell
o nel cortocircuito pagano che risale ad una deità tappabuchi (Giove, Thor, Indra, ecc.)? Nel primo libro dei Re si dice che il Signore non sta nel vento impetuoso “così gagliardo da spaccare le rocce”, né nel terremoto, né nel fuoco, ma Si rivela attraverso “il sussurro di una brezza leggera”. Il movimento dell’Intelligent Design è pieno di meraviglia davanti al fenomeno della vita. Ok, tutti lo siamo. Ma io lo sono di più davanti al fatto che un fulmine, per non dire metà della fisica e l’intera chimica, siano implicati dalla brezza impercettibile delle due suddette, incantevoli equazioni. Cosicché mi “scandalizza” meno la transizione ipotizzata dai biologi della vita dalla non vita, che l’efficacia matematica svelata dai fisici nel descrivere la materia.
Ancor più, il mio stupore cresce fino a tramutarsi in timore davanti alla semplice esistenza delle cose.
Lettore, hai mai provato a pensare all’esistenza in sé e per sé, come puro atto di esistere? ti sei mai detto tra te e te: “Questa cosa è!”, senza badare se ti stesse davanti un bambino, una pianta o un sasso? insomma, senza badare a questa o quella particolare forma di essere? Se sei arrivato a ciò, ti sarai anche tu accorto di essere in presenza di un mistero, di fronte al quale il tuo spirito avrà provato timore e stupore. Da Parmenide (VI sec. a.C.), la parola che designa questo arcano diffuso, questa totalità invisibile implicitamente manifesta in tutto ciò che ci appare, è essere (“to eòn”).
L’idea dell’essere ha originariamente un contenuto indeterminato nella mente, che si fa determinato solo quando l’intelletto applica l’idea ai dati forniti dai sensi. L’idea però precede e informa di sé tutti i giudizi con cui affermiamo che una cosa particolare esiste con queste o quelle caratteristiche. L’idea dell’essere, dunque, costituisce un contenuto della mente che non ha origine dai sensi, ma è innata. È vero che di fronte alla ricezione di dati, la mente umana nel suo uso conoscitivo formula giudizi in cui l’essere ha anche funzione di predicato, cioè di categoria: nel giudizio “La neve è bianca”, la categoria “bianco” di cui il soggetto “neve” è predicato è un dato della sensazione. Così, il predicato si determina e la sensazione si certifica. Essendo questa la funzione propria del giudicare, ogni concetto sembrerebbe allora non poter sussistere che come predicato di un giudizio, ma questo è solo l’errore estrapolativo dell’idealista! A quella necessità infatti, si sottrae il concetto di essere in sé come esistere, che non è un predicato, ma ha una natura oggettiva e inosservabile. Questo è l’essere trascendente che si rivela all’uomo e permettendogli di pensare lo illumina.
Perché c’è l’essere piuttosto che il niente?
L’affermazione che niente dovrebbe esistere perché “il niente è più facile e più semplice di qualcosa” (Leibniz) è logicamente inconsistente: “ni-ente” è la negazione di “ente”, participio presente di essere, quindi “niente dovrebbe esistere” equivale a “ciò che non è ci dovrebbe essere”: una contraddizione in termini. Ne consegue che il non essere è inconcepibile.
Ma donde viene tutto questo essere, che ci circonda da ogni parte? “L’esistenza mi si era improvvisamente svelata. Aveva perduto l’aspetto inoffensivo di categoria astratta: era l’impasto stesso delle cose… O piuttosto le radici [del castagno davanti a me], le cancellate del giardino, la panchina, l’erba rada, tutto era scomparso: la diversità delle cose, la loro individualità non era che apparenza, una vernice. Non ci si poteva nemmeno domandare da dove uscisse fuori tutto ciò, né come mai esistesse un mondo invece che niente. Non c’era niente prima di esso. Niente …Era appunto questo che m’irritava: senza dubbio non c’era alcuna ragione perché esistesse, questa larva strisciante. Ma non era possibile che non esistesse. Era impensabile: per immaginare il nulla occorreva esserci già, in pieno mondo, vivo, con gli occhi spalancati … Ho sentito con disappunto che non avevo alcun mezzo di comprendere. Nessun mezzo. E tuttavia era là, in attesa, sembrava guardarmi. […] e ce n’era tanta, tonnellate e tonnellate di esistenza, indefinitamente!” (Sartre, “La nausea”).Donde viene questo “impasto” distribuito ovunque, “questa larva strisciante” onnipresente “a tonnellate e tonnellate”?Poiché l’essere non è una grandezza fisica, questa è una domanda metafisica che ha per risposta l’essere necessario.
Se anche tu, lettore, come me hai intuito questo aut aut tra due indicibili, forse hai provato un brivido alla schiena, sai che cos’è quel sacro terrore da cui fin nelle epoche più antiche è nata negli uomini la coscienza che l’essere necessario è infinitamente superiore all’esistenza di ogni sua epifania individuale, che è mortale.
Contemplare l’essere generale delle cose è uno choc, che provoca una riverente meraviglia, la quale è all’origine della religione. Questo è un posto di Dio. “Dio è in tutte le cose, non già come parte della loro essenza, o come una qualità loro accidentale, ma come l’agente è presente a ciò su cui agisce. […] Ora, essendo Dio l’essere stesso per essenza, bisogna che l’essere creato sia l’effetto proprio di Lui, come il bruciare è l’effetto del fuoco. E questo effetto Dio lo causa nelle cose non soltanto quando cominciano ad esistere, ma fintantoché perdurano nell’essere: come la luce è causata nell’aria dal sole finché l’aria rimane illuminata. Fintantoché una cosa ha l’essere è necessario che Dio le sia presente in proporzione di come essa possiede l’essere” (Tommaso d’Aquino, “Summa Theologiae”)
A Dio, “l’essere stesso per essenza”, spettano in sequenza anche i luoghi deputati ai trascendentali dell’essere, i predicati comuni a tutti gli enti per il solo fatto che sono: il vero, il buono e il bello. Lo studio dell’essere e dei trascendentali sfugge alla rete a maglie quantitative del metodo scientifico, eppure cercare di capire l’essere, il vero, il buono e il bello costituisce infine per ogni uomo ciò che più importa nella vita. E che ne sia cosciente o meno, ogni uomo vi si forma i suoi giudizi non con strumenti di misura e modelli matematici, ma rispettivamente con la metafisica, la gnoseologia, l’etica e l’estetica. Ciò che di un ente cade per primo sotto l’apprensione di un osservatore è l’essere, il suo esistere, la cui comprensione è inclusa in tutte le cose che si possono conoscere. Il primo assioma logico – il principio di non contraddizione: “È impossibile che il medesimo attributo, nel medesimo tempo, appartenga e non appartenga al medesimo oggetto e sotto il medesimo riguardo” (Aristotele, “Metafisica”) – si fonda così sul carattere distintivo dell’ente dal non ente, delle cose che esistono da quelle che non esistono. Ma se l’essere è la prima cosa che cade sotto l’apprensione tout court, la verità è la prima che cade sotto l’apprensione della ragion pura, che è ordinata alla conoscenza; il bene è la prima cosa che cade sotto l’apprensione della ragion pratica, ordinata all’azione; e la bellezza è la prima che cade sotto l’apprensione della ragione estetica, che è ordinata al piacere.
Da queste semplici ragioni deriva il primato della filosofia. E la gioiosa curiosità di studiare quantitativamente i fenomeni, come mutano trasformandosi l’uno nell’altro e come possono divenire un mezzo (in greco, “téchne”) per assoggettare utilmente la natura, insomma la ricerca, la scoperta e la tecnica in cui consiste la scienza empirica nulla tolgono a Dio. Anzi, nel credente, arricchiscono la fede.
Ogni scienza, umana o naturale, descrive con la sua simbologia una faccia della verità, ma nessuna afferra la poliedrica, completa ricchezza dell’essere. E, dato che certe persone sono particolarmente sensibili ad uno specifico aspetto della realtà, è bene che ci siano scienze specialistiche – in particolare, naturali: la fisica, la chimica, la biologia, ecc. – che mettano in evidenza quei determinati aspetti. Ma chi è capace di ricomporre tutti gli aspetti nella visione unitaria dei trascendentali coglie la foresta, che non è riducibile alla somma dei suoi singoli alberi. Nessuna nuova invenzione o conoscenza pertanto, per quanto rivoluzionaria come sarebbe l’ingegnerizzazione di forme artificiali di vita o la scoperta di vita aliena, sottrae spazio a Dio, ma solo allarga nel credente l’intuizione della Sua potenza. Cercare una spiegazione scientifica dell’origine della vita significa studiare se la vita possa apparircicome un esito di “leggi naturali”. Questo non è naturalismo, ma metodo scientifico. Per un cristiano, le leggi naturali sono un modo umano di descrivere il modo divino di operare, cosicché egli spiega finalmente ogni legge di natura come una lettura tra tante, provvisoria e sempre migliorabile, delle scelte operate dalla Causa prima soprannaturale.
Le leggi naturali sono descrittive: l’equazione della relatività generale non crea la gravitazione, né le equazioni di Maxwell creano l’elettromagnetismo; la parola di Dio è prescrittiva: crea e salva la gravitazione e l’elettromagnetismo. Teologicamente, l’elettricità e la gravità non sono forze impersonali, ma coincidono con una parte della nostra esperienza del fiat divino. Esse esprimono l’amore provvidenziale di Dio per le Sue creature e l’adempimento dell’Alleanza per la loro conservazione: “Non maledirò più il suolo a causa dell’uomo, perché l’istinto del cuore umano è incline al male fin dall’adolescenza; né colpirò più ogni essere vivente come ho fatto. Finché durerà la terra, seme e messe, freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte non cesseranno” (“Genesi”). “Seme e messe, freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte”: cicli e schemi di natura, appunto, gli oggetti specifici della ricerca scientifica sono garantiti dall’Alleanza. E le leggi scientifiche non sono che un modo – quello matematico– con cui i sensi e l’intelletto umani osservano e descrivono l’essere contingente creato dalla parola di Dio, cercando di adeguarvisi. Il “Cantico dei cantici” e il “Cantico delle creature” sono un diverso modo, poetico ma non meno efficace, di descrivere l’essere. Poi ci sono gli altri modi del simbolismo umano…
Non c’è una macchina cosmica, matematica o fisica, né un ologramma dietro ciò che la scienza sperimentale ci presenta con metri, orologi, bilance, telescopi e microscopi. Piuttosto Dio governa e sostiene il mondo che ha creato, secondo il patto da Lui stipulato con le creature che lo abitano, ribadito nelle Scritture. Cosicché non c’è nulla d’irreligioso ad investigare l’origine della vita col metodo scientifico piuttosto che con l’ermeneutica biblica: che l’origine sia stata naturale o soprannaturale, è sempre opera di Dio.
Insomma, la Sapienza divina ha disegnato finemente la tavola di Mendeleev e le nostre menti in un modo tale che gli elementi chimici adeguatamente composti diventino vivi e che noi possiamo capire come?Questo è il problema dell’abiogenesi per un credente.
Basti per la teologia e la filosofia. Nel prossimo articolo parleremo di abiogenesi dal punto di vista della scienza empirica, anche perché sono emerse di recente alcune evidenze sperimentali a supporto di uno dei suoi modelli, il mondo a RNA.
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Cosa ne pensa però lei dell’approccio della filosofia analitica alla questione, utilizzato da Carnap ad esempio, secondo il quale la parola “Dio”, se enucleata dal contesto mitologico originario, perde qualsiasi significato? Mi riferisco a quello che viene solitamente indicato come “ateismo semantico” o “noncognitivismo teologico”…
Penso, Giuseppe D., che il neopositivismo logico si sia auto-seppellito almeno da mezzo secolo. Già Neurath aveva mostrato che anche gli enunciati protocollari, cari a Carnap e a Schlick, sono revisionabili e non possono essere assunti in modo definitivo, in quanto l’esperienza che descrivono è mediata dal linguaggio, proprio come avviene per tutti gli altri enunciati (teologici compresi!). Ma il colpo finale alla filosofia analitica, sempre dal suo interno, lo dette Quine quando assimilò gli oggetti fisici “agli dèi di Omero”, come entrambi facenti parte della nostra cultura.
O si fa una scelta realista, o ogni conoscenza – compresa quella fornita dalla scienza naturale – è solo techné, non epistéme. Ne ho parlato più estesamente nell’articolo “Che cos’è la materia, Parte II”.
Ma una scelta “realista” perché dovrebbe portarci a Dio? La scelta realista al massimo ci porta alla realtà dell’essere. Comunque, per quanto sia fallace il neopositivismo logico, le questioni sollevate riguardo alla metafisica, e quindi anche alla teologia, permangono. Per come la vedo io, le asserzioni metafisiche rimangono malintesi linguistici. Io penso che Wittgenstein avesse ragione quando sosteneva che su ciò di cui non si è in grado di parlare, si deve tacere…
Buonasera Giuseppe,
intervengo solo per chiederle di intervenire scrivendo nel nome Giuseppe d. per differenziarla da un altro Giuseppe già registrato (dalle email non sembra che siate la medesima persona) ed evitare confusioni.
Grazie.
ep
Lei mi ha chiesto, Giuseppe D., che cosa pensassi di Carnap ed io Le ho risposto di condividere il giudizio della filosofia analitica moderna riguardo alla grossolanità della divisione del Circolo di Vienna tra giudizi aventi significato e giudizi, come quelli della metafisica, privi di significato. Naturalmente Lei è libero di pensarla come il Circolo di Vienna.
Poi, io non Le ho scritto che il realismo implica il teismo (anche se lo penso, ma il ragionamento richiederebbe uno spazio che non è quello tipico di un post), ma che l’epistéme implica il realismo. Quindi una filosofia non realistica come la filosofia analitica si preclude – e correttamente la filosofia analitica moderna lo fa – ogni discorso riguardo alla verità.
Quanto a Wittgenstein, mi permetto di ricordarLe che poi ha cambiato idea e ha parlato anche di ciò di cui da giovane pensava non si dovesse parlare (suscitando le ire di Russell!).
Evidentemente ho fatto io una fuga in avanti collegando il realismo al teismo. Comunque ci tengo a sottolineare una cosa: io non stigmatizzo affatto la metafisica, anzi, riconosco l’esistenza di una sorta di ansia metafisica che accomuna le menti più propense all’indagine. D’altra parte, anche quando si fa fisica teorica, è inevitabile porsi domande sullo status ontologico degli enti fisico-matematici che compaiono nelle teorie fisiche. Quello su cui io ho da ridire, semmai, è la pretesa della metafisica di essere presa sul serio, diciamo. Come scrissi l’altra volta, io mi limito laconicamente ad osservare che esiste l’Universo e noi al suo interno.
Comunque, è probabile che l’altro Giuseppe sia io, perché mi sono accorto di aver utilizzato entrambe le mie email. Scusatemi.
La metafisica non è la teologia, Giuseppe. Ed io penso che Lei faccia tanta metafisica e vi Si appoggi, persino quando fa fisica, senza renderSene conto!
Salve prof. Masiero,
può spiegarmi la proposizione “Già Neurath aveva mostrato che anche gli enunciati protocollari, cari a Carnap e a Schlick, sono revisionabili e non possono essere assunti in modo definitivo, in quanto l’esperienza che descrivono è mediata dal linguaggio, proprio come avviene per tutti gli altri enunciati (teologici compresi!).”?
Grazie!
Sulle orme, ħ, del positivismo ottocentesco il Circolo di Vienna credeva nell’oggettività dell’esperienza, che decide il valore di verità degli “enunciati protocollari”, quelli inconfutabili (‘Oggi è domenica 14 settembre 2014’), e le abbinò la logica, che garantisce la coerenza tra gli enunciati osservativi e il procedimento con cui si costruiscono le teorie scientifiche. Secondo questa concezione, in particolar modo sviluppata da Carnap, Hahn e Schlick, solo il metodo scientifico galileiano può offrire una descrizione vera e razionale del mondo, mentre tutte le altre forme sarebbero, come ci spiegava Giuseppe nel suo commento, solo rispondenti a bisogni emotivi.
Queste certezze vennero però incrinate da Neurath e da Popper. Popper, come si sa, dimostrò che gli enunciati scientifici non sono mai inconfutabili, ma all’opposto devono essere confutabili per essere scientifici! Neurath fece di più: dimostrò che non esistono enunciati puramente osservativi, dato che il linguaggio non li esprime mai nella loro assoluta nudità. Insomma un’osservazione non può mai essere espressa in parole senza il condizionamento inconscio di una base teorica. È la Terra che gira intorno al Sole, o il Sole intorno alla Terra?! Come mai l’assenza di evidenza di vita aliena diviene per la maggioranza degli scienziati Nasa quasi-certezza della sua esistenza?!
Il terreno su cui si basa la conoscenza scientifica, ħ, appare oggi più simile ad una palude che ad una solida roccia. Per questo – sarà la mia deformazione professionale – di fronte ad ogni nuova una teoria che si proclama “scientifica” io chiedo: dove sono le applicazioni? Niente applicazioni? Allora rimane una congettura!
Buongiorno, e complimenti per l’approfondimento.
In effetti, il niente è al di fuori della realtà, per cui si confermerebbe essere concepibile al di fuori della realtà, la qual cosa non avrebbe alcun altro senso se non solo a ricondurci all’inconcepibilità reale del niente. Il niente, tuttavia, esiste non in sé, ma come concetto sul piano cognitivo; se non esistesse sul piano cognitivo, non staremmo nemmeno a parlarne (volendo complicare buffonamente il tutto, il niente si può dire raccogliere a sé sul piano cognitivo anche tutto quello che non esiste sul piano cognitivo). In sintesi: il niente è inconcepibile sul piano reale, ma idealmente concepibile su quello cognitivo (da cui il fatto stesso di parlarne).
A dir la verità, la realtà è un po’ fatta di tanti strati di coscienza-conoscenza, tutti comunicanti fra loro; il linguaggio può aiutare a districarli, oppure a confonderli ancora di più; dalla quale ultima cosa, credo, ne sia l’impianto anti-metafisico wittgensteiniano.
P.S. credo di aver notato una svista di battitura; all’ultima riga del IV paragrafo è tradotto essere in greco antico come “tò eorl”. Più comunemente, credo si traduca con “tò einai”, ma (controllando sul dizionario) anche “he ousìa”.
“anti-metafisico wittgensteiniano”
Io non credo che Wittgenstein sia anti-metafisico, anzi credo che il suo tractatus sia stato mal interpretato sotto questo aspetto. “Ciò di cui non si può parlare bisogna tacere” è nel senso che Egli limita la sfera d’influenza delle investigazioni della ragione laddove la ragione non può arrivare. Ma nell’affermare questo Egli non dice che l’oltre sia superfluo o nullo o inesistente o inutile. Tutt’altro, anzi è proprio quello a volte che rende la vita degna di essere vissuta, egli dice solo che la mente può arrivare sino al bordo della costa razionale, ma è proprio da quel bordo che inizia un oceano dal quale proiettare lo sguardo, laddove il senso di tutte le cose non abbisogna di una giustificazione razionale per essere percepito ed esperito.
Sono d’accordo con Lei, Cristian. Il problema oltre la ragione, e alla base stessa della ragione perché la giustifica, è il “senso di tutte le cose”, come spiega lo stesso Wittgenstein:
“Che cosa so io di Dio e del fine della vita?
Io so che questo mondo è.
Che io sto nel mondo, come il mio occhio nel suo campo visivo.
Che nel mondo è problematico qualcosa, che chiamiamo il suo senso.
Che questo senso non risiede nel mondo.
Che la vita è il mondo.
Che la mia volontà compenetra il mondo.
Che la mia volontà è buona o cattiva.
Che, dunque, bene e male ineriscono in qualche modo al senso del mondo.
Il senso della vita, cioè il senso del mondo, possiamo chiamarlo Dio.”
Vorrei chiedeLe, dopo farLe i miei complimenti per l’articolo dove è pregnante anche se non lo vedo citato tra gli altri giganti, una forte influenza kantiana, come si pone il titolo nei confronti della Rivelazione. Nel senso che il cristiano, qualsiasi denominazione religiosa abbracci, è rigorosamente ancorato ad una Rivelazione che lascia poco spazio all’abiogenesi causa di ‘leggi naturali’.
Grazie, Cristian.
Non ho citato Kant perché non mi sono accorto di avere utilizzato qualche sua specifica intuizione. Non ho comunque problemi a riconoscere che ciò può essere accaduto anche in questo articolo (mi potrebbe segnalare dove?), perché non c’è filosofo, anche tra i più distanti alla mia Weltanschauung, donde non abbia appreso qualcosa d’importante per me.
Quanto alla Rivelazione, da cristiano non sono d’accordo con Lei. Anzi, ho scritto l’articolo proprio per dimostrare l’assenza d’incompatibilità tra un’abiogenesi causata da leggi naturali e la Rivelazione. Mi potrebbe dire dove Lei non si trova d’accordo con le tesi espresse nell’articolo?
Perfetto, Alio. Ci sarebbe da aggiungere la chicca che la stessa fisica, che si occupa della realtà fenomenica, mentre nella fisica classica ammetteva il non essere (il vuoto assoluto) almeno come recipiente necessario per il moto degli atomi, invece oggi, nella fisica moderna, lo esclude. Il vuoto quantistico è pieno di particelle e di energia, come ho descritto più volte.
P.S. Nel testo è scritto “tò eon” (non tò eorl, le virgolette storpiano un po’ la vista!), che è il participio dell’infinito “tò einai”, per sostantivare l’essere!
Grazie, professore. Condivido inoltre il Suo parere sulle “grossolanità” del Circolo di Vienna.
P.S. non vorrei errare, ma pensavo fosse “tò on” il participio presente neutro.
Parmenide, Alio, ha usato le parole τὸ ἐόν. Almeno così ho imparato…
Ha ragione professore; abbastanza ovvio è che non tutti parlassero ionico attico…
Buonasera prof. Masiero.
La frase in grassetto verso la fine dell’articolo:
“Insomma, la Sapienza divina ha disegnato finemente la tavola di Mendeleev e le nostre menti in un modo tale che gli elementi chimici adeguatamente composti diventino vivi e che noi possiamo capire come ?”
potrebbe essere inteso come un tentativo (secondo me valido) per concatenare il trascendente con l’abiogenesi e la realtà fisica, insomma per conciliare fede e ragione ?
Io credo, Parolini, che non ci sia nessun conflitto tra fede e ragione, ma al contrario che solo la fede supporti la ragione. La deriva dello scientismo moderno verso la più totale irrazionalità lo dimostra… Già Darwin l’aveva compreso col suo famoso “dubbio”: a che cosa si riduce la ragione umana se noi uomini siamo l’evoluzione casuale di una scimmia che sarebbe l’evoluzione casuale di un sasso e se saremo spiritualmente superati (nel 2050, secondo l’articolo di oggi) da una macchina di ferro e plastica?!
La frase in grassetto a conclusione dell’articolo vuole, più modestamente, solo indicare che cosa significherebbe per un cristiano un’eventuale dimostrazione dell’abiogenesi:
1) Dio ha creato gli atomi con la “potenza” di diventare autonomamente vita, quando opportunamente assemblati. “L’agire di Dio in ogni agente fu inteso da alcuni nel senso che nessuna forza creata possa compiere qualcosa nel mondo e che sia Dio solo direttamente a fare tutto, per cui non sarebbe il fuoco a riscaldare, ma Dio nel fuoco, e così in tutti gli altri casi. Ma questo è impossibile. Primo, perché sarebbe tolto dal creato il rapporto tra causa ed effetto. Fatto, questo, che denoterebbe l’impotenza del Creatore: poiché la capacità di operare deriva negli effetti dalla forza di chi li produce. Secondo, perché le facoltà operative che si trovano nelle cose sarebbero state loro conferite invano, se le cose non potessero fare nulla per proprio mezzo. Anzi, tutte le realtà create, in certo qual modo non avrebbero più ragione di essere se fossero destituite della loro attività: poiché ogni ente è per la sua operazione […]. Quindi l’affermazione che Dio opera in tutte le cose va intesa in modo da non pregiudicare il fatto che le cose stesse hanno una propria attività” (Tommaso d’Aquino);
2) Dio ha creato l’uomo con una “ragione” in grado di capire questo meccanismo di passaggio dalla non vita alla vita.
Tutta qua l’abiogenesi, dal punto di vista teologico, se venisse un giorno dimostrata.
Il significato scientifico, invece, lo vedremo nel prossimo mio articolo.
Anch’io, anche se in maniera più modesta rispetto a quanto ha scritto il Prof. Masiero, vorrei garbatamente replicare a quanto afferma il Sig. Giuseppe:
“Ma una scelta “realista” perché dovrebbe portarci a Dio? La scelta realista al massimo ci porta alla realtà dell’essere”.
A mio modesto modo di vedere Il realismo ci porta a scoprire il concetto di causa, e una volta conosciuto questo concetto la questione dell’esistenza di Dio diventa una necessita’ logica.
http://quodlibetales.blogspot.it/2013/09/riflessioni-sul-principio-di-causa-e-le.html#more
“Quello su cui io ho da ridire, semmai, è la pretesa della metafisica di essere presa sul serio, diciamo. Come scrissi l’altra volta, io mi limito laconicamente ad osservare che esiste l’Universo e noi al suo interno”
Personalmente, invece, trovo molto più razionale questa riflessione:
“Il procedere della metafisica dunque non è la deduzione dell’essere dai principi ma, come scriveva Cornelio Fabro, «è la coerenza di implicazione dei principi nella presentazione del reale»”
http://quodlibetales.blogspot.it/2014/02/la-metafisica-non-e-logica.html
Complimenti per il bell’ articolo pubblicato e per il livello dei commenti che ne sono seguiti!
Grazie, Lucio. Sono all’unisono con Lei.
Prof. Masiero
mi interessa l’affermazione: “il non essere è inconcepibile”
prendiamo l’assunto per vero
ne deriva che l’essere è eterno
perchè se il non-essere non esiste mai allora l’essere esiste sempre.
Una domanda mi sorge spontanea:
l’essere eterno implica in se il divenire eterno ?
Proviamo a dire di no quindi abbiamo un essere eterno che non diviene mai
qualcosa che non cambia mai, non muta mai, non ha in se alcun “movimento” alcuna trasformazione, non ha il minimo cambiamento.
In questo caso tra il Nulla e l’Essere eterno immutabile
c’è un qualcosa che li accomuna
– il NULLA non esiste quindi non fa niente
– L’ESSERE ETERNO IMMUTABILE esiste ma essendo immutabile non fa niente
entrambi non possono fare niente, mai, ne in se ne fuori di se
Il nulla perchè non ha un se e l’essere immutabile perchè è immutabile quindi se facesse qualsiasi cosa non lo sarebbe più.
Quindi
come possiamo noi essere qui come risultato, o parte, di un ESSERE ETERNO E IMMUTABILE quindi qualcosa che, per definizione, non può mai fare niente in assoluto ?
Allora dobbiamo supporre che l’essere eterno implica il divenire…. quindi non è immutabile
ne risulta una domanda:
come possiamo noi essere qui con alle spalle un eterno divenire ?
l’eternità non si supera.
saluti
Questo problema è stato risolto da sant’Agostino. Dio non vive nel tempo, ma ha creato il tempo, con lo spazio, la materia e tutte le creature. La RG eisteiniana sarebbe d’accordo. Le consiglio, Roberto, di studiare il concetto di aeternitas in Tommaso. L’eternità non è un tempo senza inizio e senza fine, in cui ad un certo punto Dio crea il mondo, in questo caso cambiando il Suo stato. Ma la condizione di un eterno pieno presente.
Sig. Masiero
mi scrive
>>Dio non vive nel tempo,
>>ma ha creato il tempo
>> con lo spazio, la materia e tutte le creature.
questo è contraddittorio perchè qualcosa che non ha il tempo non cambia di stato
(altrimenti avrebbe in se il tempo) ma non cambiando di stato
non può certo creare qualcosa.
Quindi qualcosa che non ha il tempo ma crea qualcosa è assurdo.
>> L’eternità non è un tempo senza inizio e senza fine,
>>in cui ad un certo punto Dio crea il mondo
>> in questo caso cambiando il Suo stato
>> Ma la condizione di un eterno pieno presente.
anche questo è contraddittorio
perchè un eterno presente non può creare qualcosa
e men che mai il tempo
altrimenti diventa passato ossia il presente in cui ciò che è stato creato non c’è.
Allora ciò che non diviene non solo non ha il tempo ma nemmeno
ovviamente e logicamente
lo potrà creare perchè
se lo fa vuol dire che è divenuto
contraddicendo il fatto che non diveniva affatto.
La frase che mi scrive:
“L’eternità è la condizione di un eterno pieno presente”
contraddice l’altra frase “ad un certo punto Dio crea il mondo”
“ad un certo punto” poi mi chiedo che possa voler dire
in un contesto senza tempo
e mi chiedo come possa qualcosa che non diviene
creare.
Le frasi che mi ha scritto leggiamola così:
“Dio vive in un eterno presente quindi non cambia mai
e ad un certo punto, crea il tempo e il mondo”
cosa significa “vivere in un eterno presente” ?
e “ad un certo punto crea il tempo e il mondo” come può farlo
l’eterno presente ?
C’è poi un’altra questione che rende il tutto ancora più problematico:
se il non-esistente è inconcepibile
allora l’eterno essere, chiamiamolo dio, non ha alcunchè al di fuori di esso
perchè se ci fosse qualcosa al di fuori allora sarebbe la non-esistenza,
che abbiamo supposto non sussistere.
Allora dio se crea lo fa in sè, nella sua eterna esistenza
ma se crea vuol dire che qualcosa che PRIMA non c’era
DOPO c’è… quindi l’essere eterno ha in se il tempo
non può farne a meno altrimenti non può creare niente.
Non può allora essere eterno presente, perchè ha bisogno di avere il passato
perchè creando deve divenire.
Ciò che mi dice essere risolutivo mi pare molto contradditorio e parimenti
inconcepibile quanto la non-esistenza.
Io non ho detto, Roberto, che Dio “a un certo punto” ha creato il mondo, ma l’esatto contrario. Inoltre l’atto divino di creare non appartiene al tempo, infatti nello spaziotempo fisico nulla si crea, ma solo si trasforma. Quindi non si applica nella creazione un cambiamento nel Creatore.
Se a Lei ciò pare incomprensibile è perché non applica la logica, ma la Sua intuizione spazio temporale, di persona statica. Pensi di viaggiare ad alta velocità fino a diventare come un fotone: che cosa accadrebbe al tempo rilevato dal Suo orologio?
S. Tommnaso d’ Aquino replica cosi’: La creazione non è un moto né una trasformazione, esclude successione e durata.
http://www.disf.org/Documentazione/172.asp
A costo di essere noioso mi ripeto:
La creazione non è un moto né un mutamento
È evidente che l’azione di Dio, la quale si compie senza materia preesistente e si denomina creazione, non è, propriamente parlando, né un moto né un mutamento. Infatti:
1. Ogni moto o mutamento è «atto di un essere in potenza in quanto esistente in potenza». Ebbene, in tale azione niente preesiste in potenza per ricevere l’azione stessa, come sopra abbiamo spiegato. Essa dunque non è un moto, o una mutazione.
2. I termini estremi di un mutamento appartengono allo stesso ordine di cose: o perché rientrano nel medesimo genere, come contrari, il che è evidente nel moto di crescita, di alterazione o di trasformazione; o perché hanno in comune la potenza della materia, come la privazione e la forma nei processi di generazione e corruzione. Ora, nessuna di queste due cose può dirsi della creazione: poiché qui manca, come abbiamo visto, la potenza, e ogni altro dato dello stesso genere da presupporre alla creazione. Quindi in essa non c’è né moto né mutamento.
3. In ogni mutamento, o moto deve esserci qualcosa che adesso sia diverso da come era prima: ciò è implicito nello stesso termine mutazione. Ma dove si produce tutta la sostanza di una cosa, non può esserci qualcosa che prima sia diverso da dopo: poiché ciò sarebbe non prodotto allora, ma presupposto alla produzione. Dunque la creazione non è un mutamento.
4. Il mutamento deve precedere cronologicamente quanto viene fatto con esso: poiché l’essere fatto è principio della quiete e termine del mutamento. Ecco perché ogni mutamento o è un moto, o termine di un moto che si svolge in fasi successive. E per questo ciò che è in divenire non è: poiché finché dura il moto una cosa diviene e non è; e al termine del moto, quando inizia la quiete una cosa non diviene più, ma è già fatta. Ora, nella creazione questo non può verificarsi; poiché se la creazione si producesse come un moto o mutamento, bisognerebbe trovarle un soggetto, il che è contro il concetto di creazione. Quindi la creazione non è un moto o un mutamento.
Contra Gentiles, Libro II, cap. XVII, tr. it. di Tito S. Centi, Utet, Torino 1978, p. 395.
Come si risponde alle obiezioni contro la creazione
Da ciò risulta con chiarezza l’incongruenza di chi ricerca la creazione con argomenti desunti dalla natura del moto, o del mutamento: come se la creazione, al pari delle altre mutazioni, dovesse prodursi in un soggetto; e come se il non essere dovesse trasformarsi nell’essere, alla maniera in cui il fuoco si trasforma in aria.
La creazione infatti non è una mutazione, ma è la dipendenza stessa dell’essere creato in rapporto al principio che lo fa esistere. Quindi è nella categoria di relazione. Cosicché niente impedisce che essa abbia il suo soggetto nelle cose create.
Sembra tuttavia, solo quanto al modo nostro di intendere, che la creazione sia un mutamento: in quanto il nostro intelletto concepisce un’identica cosa prima come non esistente e poi esistente.
Ma se la creazione è una relazione, deve pure essere una certa realtà, e non una realtà increata, e neppure una realtà creata mediante un’altra relazione. Dal momento infatti che un effetto creato dipende realmente dal creatore, ne deriva necessariamente che questa relazione sia una data realtà. – Ma ogni realtà è prodotta da Dio. Dunque essa deve a Dio il proprio essere. – Essa però non è creata mediante un’altra creazione distinta dalla creatura precedente creata con essa. Poiché gli accidenti e le forme, come non sussistono per se stessi, così non sono creati per se stessi, essendo la creazione la produzione di un essere esistente: ma come esistono in un soggetto, così sono creati con esso. Inoltre una relazione non viene riferita mediante un’altra relazione, altrimenti si andrebbe all’indefinito: ma viene riferita per se stessa, essendo essenzialmente relazione. Non c’è quindi bisogno di una seconda creazione per creare la creazione stessa, andando così all’infinito.
Contra Gentiles, Libro II, cap. XVIII, tr. it. di Tito S. Centi, Utet, Torino 1978, pp. 397.
La creazione esclude successione e durata
Da quanto abbiamo detto appare anche evidente che ogni creazione esclude successive fasi di sviluppo. Infatti:
1. La successione è propria del moto. Ma la creazione non è un moto, né il termine di un moto, come il mutamento. Dunque in essa va esclusa ogni successione.
2. In ogni mutamento per fasi successive c’è sempre un dato intermedio tra i termini estremi di esso: perché un moto continuo raggiunge prima questo dato e poi il termine ultimo. Ora, tra essere e non essere, che sono come i termini estremi della creazione, non può esserci niente di intermedio. Quindi in essa non c’è nessuna successione.
3. In ogni prodotto del fare in cui c’è successione, il farsi è prima dell’essere fatto, come viene dimostrato nel sesto libro della Fisica. Ma questo non può capitare nella creazione. Perché il farsi che precede l’esser fatto di una creatura avrebbe bisogno di un soggetto. Questo però non potrebbe essere la creatura stessa della cui creazione si parla, perché questa non esiste prima di essere stata fatta: e neppure potrebbe essere nella causa agente, poiché il divenire non è atto del movente, bensì della realtà che diviene. Perciò il farsi dovrebbe avere per soggetto una materia preesistente alla cosa che viene fatta. Il che è contro il concetto di creazione. Quindi è impossibile che nella creazione ci sia successione.
4. Ogni prodotto del fare attuato per fasi successive deve compiersi nel tempo: infatti il prima e il dopo nel moto vengono misurati dal tempo. Ora. il tempo, il moto e il mezzo in cui il moto si produce sono divisibili per reciproca correlazione. Ciò è evidente nel moto locale: poiché regolarmente in metà tempo un corpo mobile percorre metà spazio. Nel campo delle forme la divisione che corrisponde alla divisione del tempo si fa in base all’intensità e all’attenuazione: cosicché se un fuoco scalda tanto in tanto tempo, scalderà meno in un tempo minore. Perciò, in un moto, o in qualsiasi produzione può esserci successione in quanto la realtà secondo cui si compie è divisibile: può esserci secondo la quantità nel moto locale e in quello di crescita; e secondo l’intensità e l’attenuazione nel moto di alterazione. Quest’ultimo caso può verificarsi in due maniere: primo, per il fatto che la forma stessa cui tende il moto è divisibile in vari gradi d’intensità, il che è evidente quando un corpo acquista la bianchezza gradualmente; secondo, per il fatto che la gradazione si riscontra nelle disposizioni verso tale forma. L’infuocarsi, p. es., è un moto successivo per l’alterazione delle disposizioni che preparano a ricevere la forma. Ora, già lo stesso essere sostanziale della creatura non è divisibile in questo modo: poiché «la sostanza non è suscettibile del più e del meno». E d’altra parte della creazione, non essendoci una materia preesistente, non possono precedere delle disposizioni: poiché la disposizione rientra nella causa materiale. Perciò nella creazione non può esserci nessuna successione.
5. Nel prodursi delle cose il succedersi delle varie fasi è dovuto all’imperfezione della materia, che da principio non è disposta a ricevere la forma: cosicché quando è perfettamente disposta, la riceve all’istante. Ecco perché il mezzo diafano, essendo sempre nell’immediata predisposizione alla luce, alla presenza del corpo luminoso diviene illuminato in atto; né da parte del mezzo illuminabile precede un moto qualsiasi, ma precede solo il moto locale da parte del corpo illuminante, che lo rende presente. Nella creazione invece non è prerequisito nulla da parte della materia: né alla causa agente per poter agire manca qualcosa, che poi gli venga da un moto, essendo essa immobile, come abbiamo visto nel Primo Libro. Dunque la creazione non può essere che istantanea. Cosicché quando una cosa viene creata, è creata all’istante; come quando si produce l’illuminazione all’istante si è illuminati.
Ecco perché nella Sacra Scrittura si afferma che la creazione fu compiuta in un istante indivisibile, con quella espressione: «In principio Dio creò il cielo e la terra». Tale principio, secondo S. Basilio, è «l’inizio del tempo»; il quale, come spiega Aristotele, deve essere un istante indivisibile.
Sig. Masiero
mi spiega come una cosa immutabile può agire creando qualcosa ?
Tommaso, che lei mi cita (filosofo medioevale) diceva:
“dio non muta perchè se lo facesse rinuncerebbe alla sua essenza per diventare
altro al posto di se.. essendo immutabile non è limitato
nella sua volonta, quello che vuole lo fa.”
Ora le chiedo come sia possibile avere una volontà ed essere immutabili
volere e fare senza mutare.
Il presente senza il mondo creato è il passato del nuovo presente con il mondo creato.
Lei sta scrivendo che dio
(e che possa sussistere un ente dotato delle qualità che tommaso dice non è affatto detto)
muta non mutando… ossia vuole non volendo ossia crea non creando.
Questo è logico ?
Una contraddizione logica, Roberto, è la congiunzione di una proposizione con la sua negazione: A and not(A). Se Tommaso dicesse che Dio muta non mutando, sarebbe in contraddizione, ma Tommaso non dice questo.
Perché, Roberto, non S’iscrive ad una Facoltà di Teologia, dove certamente potrà discutere di questi argomenti che tanto La interessano con persone più esperte di me?
Prof. Masiero
mi scusi ma questa tesi dell’immutabile che agisce creando e volendo l’ho incontrata tante volte ma nessuno mai ha saputo chiarire, sempre si sono appellati ad una “logica” che poi non si spiega affatto…
Tommaso quando dice che dio non muta ma crea sta affermando che crea senza fare niente perchè fare significa agire.
Il prodotto della creazione è un qualcosa “in più” rispetto all’eterno presente che decide di creare ma non ha ancora creato, quindi la creazione implica un prima e un dopo, un volere e un fare, un “adesso non c’è” e un “adesso c’è”….
Il tempo non può essere escluso perchè senza tempo non c’è ne volere ne azione quindi niente creazione volitiva.
A meno che lei non chiarisca come si possa fare non agendo e creare non mutando qualcosa
non può proporre questa tesi come logica
certo come atto di fede si
ma non si può appellare a nessuna logica.
Scrivere come lei ha scritto
>>Questo problema è stato risolto da sant’Agostino
non è corretto perchè Agostino (personaggio illustre del suo tempo ma nessun personaggio illustre è infallibile quand’anche santo) non risolve affatto.
vorrei aggiungere un elemento che dimenticavo:
se dio non ha il tempo allora ha una manchevolezza
gli manca, appunto, il tempo
questo ovviamente si scontra con il fatto che possa agire ma anche
con l’assunto di Tommaso che dio conosce tutto ed è quell’essenza che tutto possiede e contempla. Non avendo il tempo ma creandolo lo crerebbe per forza non in se (altrimenti avrebbe in se il tempo), ma supporre un qualcosa di altro dall’eterno presente significa un posto in cui non c’è l’eterna esistenza ossia il nulla che avevamo supposto inconcepibile.
Mi dispiace, Roberto, io non ho altro da dirLe…, eccetto di non prendere i teologi sotto gamba, sono i più fini ragionatori, e se proprio la materia La interessa – anche solo per criticarla -, allora la studi seriamente iscrivendosi alla facoltà di teologia della Sua regione.
Ok la ringrazio per il tempo speso
le posso dire che i teologi sono fini ragionatori ma anche sopraffini fantasisti oltre che ferrei credenti e quando la logica si deve sottomettere alla fede (perchè il viceversa non è possibile) ne vengono fuori delle belle.
Resta il fatto affermare di avere una logica che dimostra qualcosa senza poi saperlo/poterlo effettivamente dimostrare non risolve niente, quindi, lo ripeto, nei suoi articoli sarebbe corretto evitare di dire che certe affermazioni teologiche sono dimostrate a rigor di logica perchè così non è…. lo dimostra il fatto che secondo logica lei non può dimostrare, ne chiunque altro, ciò che invece deve essere supposto come possibile.
E’ questa la “fregatura”… in poche parole le dimostrazioni ontologiche suppongono che un qualcosa di un certo tipo possa esistere e da qui proseguono nel dire che necessariamente esiste.
Similmente Godel nel suo esercizio di logica non dimostra che dio esiste ma che se un ente di un certo tipo può esistere allora necessariamente esiste.
Il fatto che possa esistere è quindi una supposizione.
Cadono in questo modo tutte le pretese dimostrazioni filosofico teologiche fatte……
la saluto
alla prossima
Lei dunque, Roberto, afferma di credere solo alle proposizioni “dimostrabili”. Posso chiederLe che cosa intende con questo aggettivo? [me lo dica, se possibile, in poche semplici parole, come si fa con i bambini]
Mi vuole spiegare che cosa c’ entrano le prove ontologiche dell’ Esistenza di Dio con quelle elaborate da S. Tommaso D’ Aquino?
A me risulta che S.Tommaso non abbia mai accettato la prova proposta da S. Anselmo D’ Aosta…
@ Roberto
Dio è definito immutabile poichè non muta nei suoi attributi, ma non è definito nella teologia cristiana come immobile.
Ma lei continua a confondere.
Prof. Masiero
io non credo solo alle proposizioni dimostrabili ma di certo dubito parecchio di ciò che appare assurdo
e qualcosa che agisce non agendo appare molto assurdo.
Lei parla del non-essere come inconcepibile
però approva l’agire senza fare niente senza alcun mutamento di alcun tipo.
Questo non è inconcepibile ?
Un ente che mai muta come può far scaturire un universo che evolve ?
E quell’universo che evolve dovrebbe essere altro dall’ente immutabile
ma allora questo altro è il nulla.
Non ne conviene ?
Le dimostrazioni di dio che si sono succedute nella storia della filosofia, teologia
ma anche altro vedi Godel non dimostrano dio ma suppongono esistente qualcosa
che possiamo chiamare “dio” poi, usando la logica, cercano di
tirarne fuori la necessità.
Godel, eccelso logico, nel suo esercizio di logica che nessuna pretesa di dimostrare dio aveva
(e infatti lo teneva ben nascosto perchè sapeva l’uso errato che se ne poteva fare.. e infatti…)
non mostra che un ente divino necessariamente esiste ma che, supposto possibile un ente che abbia tutte e sole
le qualità “positive” allora necessariamente esiste.
Ma Godel non enuncia nessuna delle proprietà “positive” ma solamente ne postula le operazioni:
ad esempio postula che l’unione di proprietà positive sia una proprietà positiva ecc….
Godel quindi postula possibile che esista un ente X che possiede solo e tutte le proprietà positive.
Alla fine cosa siano queste proprietà positive non si sa
e che possa esistere l’ente X si suppone.
Quindi per chi vorrebbe leggere in quella dimostrazione l’evidenza divina andrebbe detto che trattasi di:
“supponendo che dio possa esistere e sia in un certo modo allora esiste in quel modo”.
E’ un nulla di fatto, risiamo da capo
non si dimostra dio se non partendo dal fatto che possa esistere nel modo in cuo decidiamo.
Le dimostrazioni ontologiche dei vari filosofi sono alla stregua….
si danno descrizioni di dio: “l’ente che non ne ha uno maggiore” e “l’ente che non muta nell’eternità”…
“ciò che è al di fuori nel tempo”…..
quindi si danno definizioni anche assurde (vivere in un eterno presente è assurdo, cosa significa ?)
e si procede dimostrando quello che in realtà si era supposto.
A buon senso
io direi che se la logica potesse dimostrare dio allora non ci sarebbe nessun bisogno di fede, ne di alcuna
religione ma sarebbe semplicemente evidente.
Il teologo non può convincere se non c’è la fede perchè la sua logica dimostra alla fede ciò che la fede suppone.
Guardi che io non sono per l’ateismo…
posso supporre un ente che crea ma non posso andare oltre…
non posso dirne niente…. perchè niente ne sappiamo.
Posso certo inventarmi quello che mi pare poi farne una teologia…. ma avrei solo definito una mia opinione
e una logica che poggia su quell’opinione.
Una proposizione dimostrabile mi chiede cosa sia
ebbene io le rispondo con la sua stessa affermazione ossia
“dio vive in un eterno presente e crea il mondo”
e le ricordo che l’onere della prova spetta a chi afferma
e l’affermazione è sua
quindi la invito a spiegare, come farebbe con un bambino ovviamente,
come qualcosa possa agire senza fare niente.
Masiero te l’ha già spiegato ieri alle 21.39 e Lucio oggi alle 20.15, ma tu continui a non capire che la creazione è avvenuta fuori del tempo, come ogni atto di Dio. E ciò che avviene fuori del tempo, non ha moto perché il moto avviene nel tempo.
Agire fuori del tempo? Perfino i campi fisici agiscono a durata di tempo proprio nullo.
spiegazione ? quale spiegazione ?
io leggo affermazioni senza spiegazione alcuna, leggo assunti.
Dire che una cosa che agisce non agendo è una spiegazione ?
quale cosa agisce non agendo ?
Dire che qualcosa avviene fuori dal tempo
è una assurdità
perchè se qualcosa avviene allora c’è un prima che avvenga e un dopo che è avvenuto…
Dire che la creazione è avvenuta fuori dal tempo
non ha senso
perchè qualcosa che è avvenuto presuppone un prima e un dopo.
Avvenire nell’eterno presente che senso ha ?
Io leggo cose assurde, contraddittorie… ma si vuole farle passare per logiche.
Il motore immobile è una cosa logica ?
il motore che non si muove non fa niente….
spiegatemi come può un motore immobile fare qualcosa.
Agire fuori dal tempo
non ha senso
perchè azione implica mutamento ossia il tempo
il tempo consegue dal mutamento, è un concetto
non esistono “particelle di tempo”
perchè il tempo è solo una misura che facciamo in base a ciò che muta.
Laddove il mutamento non c’è allora il tempo non esiste perchè non può essere misurato niente, il tempo è un concetto, una misura del mutamento.
Allora lei che proclama le spiegazioni fatte
mi spieghi, per bene ovviamente, come un ente che non muta possa fare qualcosa… e come qualcosa che agisce non è nel tempo visto che per agire ci deve essere un prima e un dopo
se me lo spiega…..
Ti ho citato l’azione della luce ma evidentemente oltre alla teologia e alla logica non conosci neanche la relatività.
@WIL
stai dicendo che l’energia non si trasforma
la luce è energia
l’energia si trasforma
quindi l’energia ha il tempo in se
http://www.lescienze.it/news/2013/07/29/news/decadimento_massa_fotone_radiazione_di_fondo_relativit-1758957/
Non si può escludere che anche i fotoni – i quanti di radiazione elettromagnetica – possano decadere in particelle più semplici. E’ questa la conclusione di uno studio effettuato da Julian Heeck del Max-Planck-Institut per la fisica nucleare a Heidelberg, che in un articolo pubblicato sulle “Physical Review Letters” spiega in che modo questa particella elementare, solitamente considerata priva di massa a riposo, in teoria potrebbe averne una, e quindi, prima o poi, decadere in particelle più leggere, per esempio in un neutrino e un antineutrino.
@Lucio
Tommaso propose le sue dimostrazioni su dio in particolare l’idea
del “motore immobile, cioè che muove pur non essendo mosso” che è quanto appunto criticavo.
Il motore immobile che agisce creando
è una contraddizione
ed è parimenti inconcepibile quanto la nascita di qualcosa dal nulla.
Per creare qualcosa occorre almeno 1 azione
il motore immobile compie 0 azioni per definizione
il nulla addirittura non esiste
allora con 0 azioni come si può avere una creazione che deve essere conseguente ad almeno 1 azione ?
Roberto, da quel che ne so (comunque poco) penso sia valida la seguente immagine:
La creazione non è un classico avvenimento con un inizio e una fine, ma Dio, che ha davanti passato, presente e futuro continua a sostenere il mondo con una creazione “continua” (passatemela).
Contraddizioni non ve ne sono (e correggetemi se sbaglio).
ciao Law
Okay ammettiamo che dio sia continuamente in atto per creare…
questo implica che continuamente muta il suo stato perchè continuamente fa qualcosa che occorre fare, quindi diverso…
Questo contraddice che sia in un eterno presente perchè ciò che non muta non può continuamente fare qualcosa ma identicamente non fa nulla, altrimenti il presente cambia.
Da un fotogramma non si ottiene mai nulla di diverso
per farlo occorre un altro fotogramma
quindi il divenire.
Se dio agisce continuamente nel mondo allora interagisce col mondo quindi cambia perlomeno in ciò che del mondo percepisce per poi agire.
saluti
ciao
Dio sostiene le leggi e le “condizioni iniziali” di tali leggi che permettano di arrivare fino a noi, Roberto, mentre il divenire del presente lo lascia alla nostra libertà (almeno, nella mia ottica metafisica): dove Egli muta, contraddicendo la sua essenza?
Ma poi in che senso un ente in atto “muta”?
Cosa vuol dire “mutare”? Penso che il termine stesso possa essere ambiguo, se non definito correttamente…
scusami Law ma prima dovresti definire cosa vuol dire “Dio sostiene le leggi e le condizioni iniziali”
E’ inutile, Law: Roberto ha una concezione metafisica assoluta del tempo e non ce la fa ad uscirne. O almeno, a separare la sua intuizione spazio-temporale dalla logica. Per lui, da Aristotele ad Agostino ad Einstein, sono tutti ragionatori “assurdi”. E invece, se avesse la modestia di parlare solo di ciò che ha studiato, non confonderebbe la sua incapacità di comprendere (che è dovuta ad ignoranza specifica, non a mancanza d’intelligenza) con l’illogicità.
sig Masiero
io le ho fatto una domanda:
mi spieghi come qualcosa che non fa niente perchè è immutabile per definizione possa fare qualcosa creando quindi agendo.
Prima mi ha rimandato ai Teologi (dicendo che sono più esperti di lei) ora mi dice che non comprendo….
però di spiegazioni io non ne vedo alcuna e meno che mai di logica laddove si vuole dire che sia possibile fare senza fare ossia agire senza mutare.
Ripeto:
mi spiega come qualcosa possa agire senza mutare ?
se sa spiegarlo benissimo altrimenti c’è poco da aggiungere, chiamiamolo atto di fede.
A logica si potrebbe anche dire che Dio, essendo onnipotente, non ha cose che non possa fare ma dubito che ne sarebbe contento…
Abbiamo già tentato di spiegartelo in tanti, per ultimo Enrico. Saremo tutti scemi. Ciao.
Sig. Roberto,
Le prove dell’ esistenza di Dio proposte da S. Tommaso non sono assimilabili a quelle ontologiche, in quanto partono esclusivamente dai fatti che accadono nella realta’ del mondo che ci circonda (e andrebbero considerate nel loro insieme per averne un idea più precisa del loro significato).
Il “Motore immobile” non e’ una sorta di idea campata per aria, ma rappresenta piuttosto l’unica soluzione logica in grado di sfuggire alle altrimenti inevitabili conseguenze paradossali che comporterebbe il regresso all’ infinito nella catena della cause.
Il motore immobile di S. Tommaso, per definizione puo’ compiere INFINITE azioni poiche’ e’ ATTO PURO non limitato da alcuna essenza. La sua natura e’ proprio quella di unico Ente in grado di ESSERE. E nella sua capacita’ di compiere azioni può restare comunque immobile perche’, a differenza di noi comuni mortali che nel nostro agire sperimentiamo la successione (lo scorrere del tempo), vive in un eterno presente.
http://www.disf.org/Documentazione/180.asp
Supponiamo comunque che lei abbia ragione:
– Il motore immobile, allora, poiche’ non puo’ compiere nessuna azione non puo’ quindi creare.
– Il nulla non puo’ compiere nessuna azione, non puo’ quindi creare (e su questo concordiamo entrambi)
– gli enti dotati di una essenza che li contraddistingue e li limita non sono in grado di creare, ma solo di trasformare un ente in un altro ente (e su questo credo che possiamo concordare entrambi)
In definitiva, quindi, nessuno quindi e’ in grado di creare.
A quali possibili conseguenze ci porta questo stato di cose? Io ne colgo solo due:
1) la realta’ non esiste poiche’ nessuno e’ in grado di porla in essere. Quindi tutto quello che percepiamo e’ mera illusione.
2) il mondo esiste da sempre, non vi e’ nessun bisogno di un creatore.
Personalmente trovo che la prima possibilita’ sia davvero problematica per le insuperabili contraddizioni che implica.
La seconda, invece, più semplicemente, e’ smentita dalla scienza; poiche’ secondo il Teorema di Vilenkin l’esistenza di un universo non limitato nella sua origine temporale e’ incompatibile con il II principio della termodinamica (la legge più certa dell’ universo).
Ora, di fronte a questo stato di cose non le sembra quantomeno ragionevole pensare che solo un essere infinito possa essere stato in grado di portare la realtà che ci circonda dal non essere all’ essere?
Cordiali saluti
Premetto che non ho studiato nè teologia nè fisica (se non al liceo) ed anche le mie conoscenze filosofiche si fermano al liceo, però affermare che il fatto che vi sia una creazione implica necessariamente un prima ed un dopo (cosa che fa Roberto) è come affermare che il fatto che vi sia una creazione implica che necessariamente vi sian un davanti ed un dietro o un “di lato” rispetto alla creazione stessa. Per il modo in cui siamo fatti, e per come siamo stati abituati a ragionare, immaginare la creazione senza un prima ed un dopo ci crea molti problemi, mentre immaginarla senza un davanti, un dietro ed un di lato penso non costi fatica ad alcuno (almeno non a me). In pratica, che lo spazio sia un qualcosa che fa parte della creazione stessa è un concetto che ci è familiare, mentre proprio non riusciamo a convincerci che sia la stessa cosa anche per il tempo. Eppure – se non erro – la comprensione del mondo che ci viene oggi dalla fisica va proprio in questa direzione (spazio e tempo pari sono), per quanto ciò possa apparire controintuitivo. Se per creazione intendiamo il fatto che tutto ciò che esiste (anche lo spazio ed il tempo) non ha ragione in sè ma dipende da un Altro che lo fa sussistere, penso che si risolvano tutte le difficoltà sollevate da Roberto. Tutto a mio parere si gioca appunto sul fatto se si ritenga maggiormente accettabile l’assunzione che ciò che esiste ha la propria ragione d’essere in se stesso o se necessiti di un fondamento. A mio parere molti indizi fanno propendere per una maggiore ragionevolezza della seconda ipotesi, ma è chiaro che qui si è in un terreno dove non ci sono dimostrazioni definitive ed anche la fede fa il suo gioco. Quanto a Dio, poi, da cristiano non posso che limitarmi ad affermarne l’inconoscibilità, se non nella misura in cui si è rivelato in Cristo. Nella visione cattolica Dio è certamente logos, per cui possiamo in qualche modo riconoscerne l’operato nel mondo con la nostra ragione, ma rimane anche un qualcosa che va oltre alla nostra ragione, la quale non può in alcun modo esaurirlo (ossia comprenderlo al 100%, come vorrebbe Roberto che – non riuscendo a comprendere Dio in tutto e per tutto – lo esclude dal proprio orizzonte). Il che, mi vien da dire, è pure un’assunzione piuttosto ragionevole, considerando tutte le limitazioni della nostra mente ed il fatto che Dio non è un semplice oggetto di questo mondo (e noi, con tutti i nostri mezzi, riusciamo ad avere una conoscenza solamente parziale anche degli oggetti più banali che ci circondano!).
Non so, Enrico, se Lei abbia studiato la RG, ma comunque ha espresso bene la relatività del tempo, che non è una dimensione assoluta metafisica, ma una coordinata in una varietà n-dimensionale, con n maggiore o uguale a 4, inseparabile dalla materia dell’universo fisico.
La fede, Enrico, fa il suo gioco in ogni caso, che si assuma a fondamento il Logos o il caso.
Chi opta per la seconda opzione però, che senso assegna alla ragione (limitata, umana) e alla verità?!
Giorgio, la mia conoscenza di RG è limitata ad articoli di carattere divulgativo, letti in particolare qui, su disf e su qualche saggio scientifico; purtroppo non ho fatto alcuno studio specialistico in merito. Detto questo non posso che concordare: Roberto, nella sua ansia di trovare contraddizioni, dovrebbe anzitutto chiedersi su cosa poggia l’enorme fiducia che assegna alla ragione ed alla logica.
scusami Enrico ma io non sto affatto pretendendo di comprendere dio al 100% ma sto proprio criticando chi lo fa assumendo definizioni poi imbastendo assurde dimostrazioni fino a dire che l’eterno presente crea qualcosa.
Le mie dunque sono limitazioni mentre chi invece professa di aver dimostrati dio oltretutto partendo da definizioni metafisiche non le ha ?
Io non ho affermato
ho criticato
e nessuno degli affermanti qui ha dimostrato alcunchè
anzi ha rigirato la frittata dando a me l’onere di dare poi definizioni… capisci Enrico la situazione ?
gentilissimi tutti 🙂 perchè non vi fate un giretto intorno all’Etica di Baruch Spinoza e poi ne riparliamo se davvero c’è bisogno di dare dimostrazione di Dio, del Tempo, delo Spazio…mmm dell’esistenza? grazie a tutti
Questo articolo, Caterina, non ha trattato la dimostrazione dell’esistenza di Dio, dello spazio e del tempo, ma solo la compatibilità tra una teoria dell’abiogenesi eventualmente corroborata e la teologia tomistica.
Provo a dirla in un altro modo ancora: secondo te Dio per creare ha bisogno di spostarsi? Se sì, spiegami in che senso, se no, perchè questo non ti crea problemi mentre il fatto che non abbia bisogno di un prima e di un dopo ti appare un ostacolo insormontabile quando in pratica è la stessa cosa?
ciao Enrico
dio non si sposta fisicamente perchè se lo facesse ci sarebbe altro da lui
quindi quell’altro da lui sarebbe per forza il nulla.
Però nel momento in cui compie un atto anche di volontà è chiaro che li si sposta perchè è cambiato in qualcosa ossia agendo laddove quell’azione non c’era.. ecco il prima e il dopo.
La creazione per forza ha un prima e un dopo
“in principio fu la luce”
quindi dio compie il prima e compie il dopo
ossia è nel tempo perchè quel prima e dopo non possono che essere parte di lui altrimenti, si ritorna al discorso di prima, esisterebbe il nulla ossia l’altro da dio.
non se ne esce
ciò che non muta non agisce
e ciò che agisce muta sopratutto se deve agire per forza in se non avendo un oltre se.
ps
la mia fiducia nella logica non è forse similare a quella di chi propone le prove di dio ?
Quindi “loro” che dimostrano possono usare la logica e io che li critico no ?
saluti
@enrico
>>A logica si potrebbe anche dire che Dio
>> essendo onnipotente, non ha cose che non possa
>>fare ma dubito che ne sarebbe contento…
ciao Enrico
dio può creare qualcosa di tanto pesante da non poterlo poi spostare ?
se può allora non è onnipotente, se non può idem
vedi che non torna l’onnipotenza
ma anche il fatto di non poter non esistere nega l’onnipotenza…
Roberto,
Questi “problemi” “nuovi” sull’onnipotenza che porti son già stati risolti secoli fa!
Dio non può l’assurdo perché l’assurdo è il nulla ed essere nulla implica non essere!
Se io affermo contemporaneamente A e notA non sto dicendo nulla.
Le domandina (famosa) che poni equivale a questa:
“Se Dio è onnipotentente può non essere Dio?”: Che senso possa avere una domanda del genere lo lascio a te. 🙂
http://pellegrininellaverita.com/2013/09/16/sullattributo-dellonnipotenza-in-dio/
Serve un po’ più di principio di carità da parte tua nei confronti degli altri, che potrebbero potenzialmente avere ragione…
@LAW
l’affermazione:
“motore immobile che decide di creare” è una frase sensata ?
decidere implica un “moto” di volontà
creare implica rendere l’atto di volontà concreto quindi un moto materiale
allora come può qualcosa che non ha moto attuare una volontà ?
Roberto, sei ancora legato al “prima” e “poi”: Dio non ‘decide ad un certo momento’, ha ‘sempre’ voluto creare ed ha ‘sempre’ creato. Tu cerchi di applicare il tempo al di fuori dell’universo, eppure questa operazione non è possibile: anche la RG ci dice che il tempo esiste solo in relazione allo spazio. E la descrizione di Dio offerta da S. Tommaso secoli prima della RG si accorda perfettamente con essa.
“Immobile” non significa “bella statuina che non fa niente” ma “incausato, eterno, di essenza immutabile” (a quanto ne so: liberi di correggermi).
@ Enrico
“A logica si potrebbe anche dire che Dio, essendo onnipotente, non ha cose che non possa fare…”
No, Enrico, il Logos non può andare contro la logica. Quindi, come spiega Tommaso nella sua polemica contro Averroè, ci sono anche cose che Dio non può fare, quando queste cose significherebbero andare contro Se stesso.
Naturalmente, fondere come fa la RG il tempo con lo spazio in un’unica varietà differenziale la cui metrica a sua volta è inseparabile dalla distribuzione di materia-energia, non ha nulla di illogico. Ne deriva che assumere l’atto della creazione come a-temporale (e quindi l’Agente come immutabile) non solo non è illogico, ma addirittura – e questo è il grande merito di Agostino, citato in molti testi di RG – è l’unica opzione logica creazionistica compatibile con la RG!
L’onnipotenza è un qualcosa di potenziale che non necessariamente viene messo in atto; la mia era una provocazione e conosco la problematica di Averroè, non condividendone di certo il pensiero (che è alla base in fondo anche di certe derive teologiche dell’islam, ma quello è un altro discorso). Quanto al discorso spazio-tempo, in effetti vedo proprio che Roberto non riesce a liberarsi dal pregiudizio sull’ineluttabilità del prima e del dopo; mi dispiace ma si tratta di una tua difficoltà di comprensione, non di una (inesistente) illogicità del concetto di creazione senza mutazione.
Enrico ti propongo queste domande:
1)
se la creazione è atto di volontà di un ente immutabile
significa che la volontà deve attuarsi ossia ci deve essere un volere e un fare e una condizione in cui la creazione non c’è ed una in cui la creazione c’è.
Allora come è possibile pensare che tutto questo avvenga senza che l’eterno presente cambi ?
2) secondo te
la creazione avviene nell’eterno presente, ossia di quello è fatto oppure in un qualcosa che altro-da-esso ? quindi noi siamo altro dal principio creatore o parte di esso ?
saluti
Non riuscendo a replicare alla Sua ultima domanda a calce del Suo ultimo post nel nostro breve dialogo Le scrivo:
“…la verità è la prima che cade sotto l’apprensione della ragion pura, che è ordinata alla conoscenza; il bene è la prima cosa che cade sotto l’apprensione della ragion pratica, ordinata all’azione; e la bellezza è la prima che cade sotto l’apprensione della ragione estetica, che è ordinata al piacere.”
Credo che in questo passaggio, ad esempio, esprima il percorso conoscitivo kantiano della “critica alla ragion pura”, dove si tratta nella prima parte dell’estetica trascendentale, e della “critica alla ragion pratica”
“L’idea dell’essere ha originariamente un contenuto indeterminato nella mente, che si fa determinato solo quando l’intelletto applica l’idea ai dati forniti dai sensi.”
Credo che in quest’altro passaggio ci si avvicini all'”idea” di Kant, che divergeva da quella di Hume, quando la definisce come un processo critico di connessione sensoriale e/o cognitiva.
Per quanto riguarda invece l’incompatibilità della Rivelazione con una causalità di tipo immanente, ‘leggi naturali’, per l’abiogenesi, la mia domanda è: come armonizza da Cristiano Genesi 1:1 con ciò che asserisce? Mi sembra chiaro che al principio del cosmo e della vita ci sia un intervento ‘divino’, soprannaturale, trascendente, difficilmente interpretabile con una causalità ‘naturale’ quindi immanente.
Quel percorso che Lei considera kantiano, Cristian, io l’ho preso pari pari dalla metafisica medievale dei trascendentali. Piuttosto credo che sia stato Kant ad aver emulato la Scolastica, nel suo percorso dalla ragion pura, alla ragion pratica, al giudizio. Idem per la concezione indefinita dell’essere cui solo i sensi dànno determinazione: “Nihil est in intellectu quod non sit prius in sensu” (S. Tommaso, De veritate). Al contrario di Kant assegno alla metafisica il massimo valore epistemico.
Quanto alla seconda questione, io – ancora come Tommaso – do a Dio quello che è di Dio, e alla natura (creata e mantenuta in essere da Dio) ciò che appartiene alla natura, secondo il principio tomistico delle “cause seconde”: “L’agire di Dio in ogni agente fu inteso da alcuni nel senso che nessuna forza creata possa compiere qualcosa nel mondo e che sia Dio solo direttamente a fare tutto, per cui non sarebbe il fuoco a riscaldare, ma Dio nel fuoco, e così in tutti gli altri casi. Ma questo è impossibile. Primo, perché sarebbe tolto dal creato il rapporto tra causa ed effetto. Fatto, questo, che denoterebbe l’impotenza del Creatore: poiché la capacità di operare deriva negli effetti dalla forza di chi li produce. Secondo, perché le facoltà operative che si trovano nelle cose sarebbero state loro conferite invano, se le cose non potessero fare nulla per proprio mezzo. Anzi, tutte le realtà create, in certo qual modo non avrebbero più ragione di essere se fossero destituite della loro attività: poiché ogni ente è per la sua operazione […]. Quindi l’affermazione che Dio opera in tutte le cose va intesa in modo da non pregiudicare il fatto che le cose stesse hanno una propria attività” (Summa theologiae, I, q. 105, a. 5, resp.). Senza questa concezione, la scienza moderna non sarebbe nata nell’Occidente cristiano, ma avrebbe abortito come nell’islam tardo-medievale.
Troverà, se può essere di Suo interesse, il concetto meglio sviluppato nelle conclusioni del mio articolo “La vita è fisica, Parte III”, nella rubrica Tavola Alta di questo sito.
Sono anch’io d’accordo con l’aquinate quando parla di ‘cause seconde’, ma non comprendo come l’abiogenesi possa essere considerata “seconda” all’intervento divino esposto nella Rivelazione. Il Creatore ha creato la vita, non la non-vita che poi crea la vita. Tra l’altro ancora oggi tutta l’esperienza sensibile attesta questa verità: solo la vita crea altra vita. Mi sfugge qualcosa? Nel frattempo leggo l’articolo indicato…
Dio mantiene in essere tutto, da un sasso all’uomo. Ma non conosciamo la potenza della materia e dell’energia.
Agostino ha scritto:”In principio furono creati solamente i germi, ovvero le cause, delle forme di vita, che in seguito si sarebbero sviluppate gradualmente” (Confessioni, Libro III). Che cosa sono i “germi”? Questa è una domanda interessante per un cristiano curioso.
Inoltre, quando parlo di vita forse spiegabile e riproducibile con la fisica, mi riferisco a quella vegetativa (di un batterio, per es.), mentre ho molti dubbi per quella sensitiva, ed escludo quella intellettiva dell’uomo, per i motivi che ho spesso spiegati.
Quanto alla Sua ultima considerazione, Cristian, diciamo empirica, ne tratterò nel mio prossimo articolo, che sarà dedicato all’epistemologia dell’abiogenesi.
Ultimo mio tentativo con il sig. Roberto:
“La relazione che sorge tra Dio e la creatura in forza dell’ atto creativo non e’ una relazione reale, ma solo una relazione ideale, mentre è reale la relazione tra la creatura e Dio. Infatti una relazione è reale quando, per il fatto di essere in relazione, il soggetto ha in se un aspetto, una determinazione reale, che non avrebbe se non ci fosse quella relazione. La paternità, ad esempio, è una relazione reale perchè l’uomo, per il fatto di essere padre, ha una determinazione che non avrebbe se non fosse padre. Ora se Dio, per il fatto di essere creatore, avesse in se qualche cosa di più, avesse una determinazione nuova, la creatura porterebbe un arricchimento in Dio e quindi Dio non sarebbe atto puro, poichè prima della creazione Dio sarebbe in potenza ad una determinazione che aquisirebbe solo con la creazione. La creazione non pone dunque nulla di più in Dio; il che è quanto dire che la relazione tra Dio e la creaturanon è una relazione reale, ma solo una relazione ideale; noi, pensando Dio creatore, aggiungiamo qualche cosa di nuovo al NOSTRO CONCETTO di Dio, ma all’esssenza di Dio nulla si aggiunge per il fatto che sorga una creatura, Dio e’ pienamente autosufficiente anche senza la creatura.
Sofia Vanni Rovighi, Elementi di Filosofia, volume 2, metafisica, pagina 175.
“L’atto creatore non e’ un azione transitiva, ma un semplice atto di volonta’ che esiste in Dio ab eterno, e tuttavia questa azione, formalmente immanente, e’ virtualmente transitiva, ossia ha il potere di fare essere qualche cosa fuori da Dio, alle condizioni volute da Dio. Spieghiamo un poco meglio questa affermazione: nell’ opera dell’ artista umano distinguiamo 2 azioni: una immanente ed una transitiva; azione immanente è quella che termina nel soggetto stesso operante, transitiva è quella che passa dal soggetto operante d un oggetto esterno. L’artista umano, infatti, deve prima ideare e volere l’opera d’arte – e questi ideare e volere sono azioni immanenti, costituiscono un mondo interiore all’ artista stesso – e poi deve eseguire l’opera d’arte, ad esempio scalpellare un blocco di marmo, stendere colori su una tela, eccetera- e queste azioni passano dall’ artista al marmo, dall’ artista alla tela e così via. Per Dio invece si avvera il detto: dum Deus vult, fit mundus. L’attivita’ creatrice di Dio è solo azione immanente, non può essere azione transitiva; e cio’ perche’ l’attivita’ di Dio si identifica con la sua essenza, ora l’essenza divina non puo’ uscire da Dio e farsi altro (altrimenti sarebbe introdotto in Dio il divenire); dunque l’attivita’ creatrice divina si esaurisce tutta nell’ ideare e nel volere. Ma alla volonta’ di Dio segue un effetto distinto da Dio e tale effetto segue cosi’ come e’ voluto da Dio, quindi anche con la temporalita’, se Dio vuole che esso sia temporale. Dio puo’ quindi volere ab eterno che una creatura sia nel tempo.
Sofia Vanni Rovighi, Elementi di Filosofia, volume 2, metafisica, pagina 176.
@ Lucio
non siamo in una condizione per cui tu hai una verità in mano e stai cercando di convincere colui che non comprende l’evidenza logica di una dimostrazione chiara e formalmente corretta…. siamo invece in una condizione per cui si danno degli assunti di esistenza a concetti metafisici
procedendo poi su quelli ad imbastire tutto un discorso.
Ti invito allora non a riportare solo copia e incolla di manuali metafisici, teologici e il pensiero di pensatori appartenenti ad un lontano passato (seppure figure importanti della storia furono pur sempre soggetti alle loro idee, ad una fede, figli dei loro tempo, e fallaci come tutti).
Del resto questo blog si prefigge di contestare una teoria scientifica che annovera tra i sostenitori
menti del presente e del passato di tutto rispetto… quindi quando dite a me “noi abbiamo ragione perchè siamo in tanti
a sostenere queste cose e tu hai torto perchè sei solo” è la stessa cosa che state portando avanti, con le debite proporzioni, contro il neodarwinismo…. Quindi potreste benissimo essere tacciati voi di essere pochi a proporre qualcosa che figure eccellenti del passato e del presente invece confermano essere del tutto non contestabili.
Quindi per favore non salire in cattedra riportando pari pari le opinioni teologiche e metafisiche altrui ma esponile
in un tuo discorso, perchè così facendo le elabori… non darle per scontate partendo dal principio di autorità.
Altra cosa non partiamo dai concetti come possessori della loro esistenza
perchè dire che “dio è quella cosa di cui non esiste nulla di maggiore” è un concetto
ma non implica che sia qualcosa di possibile.
Io posso immaginare dio come voglio ma questo significa che deve esistere in quel modo ?
Detto questo ti scrivo le mie argomentazioni su quello che hai scritto
senza pretesa di essere io in cattedra ma nemmeno senza accettare zitto e mosca quello che mi pare opinabile…
e similmente a voi che criticate scienziati del passato e del presente sul neodarwinismo anche io faccio la stessa cosa su qualcos’altro…
quindi non vedo perchè io dovrei sottomettermi alla “spiegazione vigente secondo voi” mentre voi no.
Dunque
l’affermazione che proponi e chiave di tutto è questa:
“L’atto creatore non e’ un azione transitiva, ma un semplice atto di volonta’ che esiste in Dio ab eterno, e tuttavia questa azione, formalmente immanente, e’ virtualmente transitiva, ossia ha il potere di fare essere qualche cosa fuori da Dio, alle condizioni volute da Dio.”
Stiamo dando per dati concetti che invece sono tutti da dimostrare, da capire, da ipotizzare piuttosto che affermare:
e questa è la grande problematica di tutte le dimostrazioni su dio e varie prove ontologiche.
Che esista un essere per cui non ne esiste uno maggiore, che esista un ente immobile che crea, che esista un essere che “vive” in un eterno presente (e che esercita una volontà) e crea…
sono tutte definizioni prese per buone a priori
non è mica detto che necessariamente un tale ente sia possibile.
E’ chiaro che se dico “dio è il motore immobile che crea volendolo” poi tutto torna logicamente chiaro
ma perchè prendo per buona, per vera, per assunta un condizione che invece è proprio quella che dovrebbe
essere il vero centro della questione.
Un postulato è qualcosa di assolutamente semplice, elementare
ma “il motore immobile che crea tutto volendo e vivendo in un presente immobile”
non è un postulato elementare ma è TUTTA LA QUESTIONE.
“Un motore immobile che crea ed è dotato di volontà”
come lo dimostro essere qualcosa di esistente quando è contraddittorio in se
visto che come può agire ciò che non agisce ossia non si muove ossia
non di discosta mai dal suo proprio stato eternamente uguale ?
Uno stato che non cambia come può decidere qualcosa ? volere qualcosa ? creare qualcosa ?
se non cambia non fa niente…. la creazione presuppone il fare.
Quindi dire che l’atto di volontà divino è immutabile significa che non è un atto ma una condizione immobile, una fotografia ferma, una volontà che non si esplica mai in alcun atto perchè “esplicarsi” ed “agire” implicano la traformazione della volontà in potenza in azione, in atto.
“In principio fu la luce” significa che l’atto di volontà principia la luce…
Una volontà che non agisce come può principiare e soprattutto come può principiare una volontà eternamente in atto ?
Se principia vuol dire che non è eternamente identica a se ma principia, inizia qualcosa.
Altra cosa che non funziona è
“dio ha il potere di fare essere qualche cosa fuori da Dio, alle condizioni volute da Dio.”
questo contraddice e il fatto che il nulla è inconcepibile e il fatto che dio non può contraddire se stesso
infatti se dio è ciò di cui maggiore ente non esiste
non potrà avere un oltre-se perchè se esistesse un “qualche cosa fuori di dio” allora dio sarebbe
non il tutto, ci sarebbe qualcos’altro oltre lui…. ma visto che l’esistenza è in dio, che solo in lui c’è
l’esistenza eterna allora quel “oltre dio” dovrebbe essere per forza non qualcosa di esistente ma
il nulla che abbiamo detto essere inconcepibile.
Allora dio crea qualcosa fuori da se pur non essendoci nulla fuori da dio ?
Non funziona, dio non può contraddire se stesso.
La questione quindi non è che dio non esiste punto e basta
ma che l’idea che abbiamo di dio fatto e agende in certi modi non risolve ma crea problemi
grossi…..
Allora non è molto meglio dire “non lo so?”
non è meglio evitare di dichiararsi possessori della logica che dimostra dio, laddove di dio
non sappiamo niente ?
Detto questo ti posso dire che il mio non è affatto l’ultimo tentativo
ma nemmeno il primo visto che da sempre fior di critiche, da menti illustri, sono state
fatte e sono fatte alle argomentazioni ontologiche, teologiche, metafisiche e filosofiche.
saluti
e alla prossima
storia dei tentativi logici di dimostrare dio spiegata da un logico di professione:
http://gabrielemartufi.altervista.org/anselmo.pdf
non siamo in una condizione per cui tu hai una verità in mano e stai cercando di convincere colui che non comprende l’evidenza logica di una dimostrazione chiara e formalmente corretta…. siamo invece in una condizione per cui si danno degli assunti di esistenza a concetti metafisici
procedendo poi su quelli ad imbastire tutto un discorso.
No sig. Roberto, io non la penso cosi’: come cattolico io non posso dire di possedere la verita’, casomai e’ la verita’ che possiede me, nella misura in cui sono disposto a fargli spazo nella via vita. Inoltre mi sembra impossibile fare assunti di esistenza a concetti metafisici: io sono realista e solo a partire dalla realta’ posso concludere che e’ necessario che esista un ente che trascende il mondo fisico.
Ti invito allora non a riportare solo copia e incolla di manuali metafisici, teologici e il pensiero di pensatori appartenenti ad un lontano passato (seppure figure importanti della storia furono pur sempre soggetti alle loro idee, ad una fede, figli dei loro tempo, e fallaci come tutti).
Lo faccio solo perche’ ritengo che su argomenti cosi’ difficili sia preferibile citare persone in grado di usare un linguaggio il piu’ preciso possibile, non per presunzione.
Del resto questo blog si prefigge di contestare una teoria scientifica che annovera tra i sostenitori
menti del presente e del passato di tutto rispetto… quindi quando dite a me “noi abbiamo ragione perchè siamo in tanti
a sostenere queste cose e tu hai torto perchè sei solo” è la stessa cosa che state portando avanti, con le debite proporzioni, contro il neodarwinismo…. Quindi potreste benissimo essere tacciati voi di essere pochi a proporre qualcosa che figure eccellenti del passato e del presente invece confermano essere del tutto non contestabili.
Non mi e’ mai passato per la testa di sostenere che la verita’ possa essere decisa dalla maggioranza delle persone.
Quindi per favore non salire in cattedra riportando pari pari le opinioni teologiche e metafisiche altrui ma esponile
in un tuo discorso, perchè così facendo le elabori… non darle per scontate partendo dal principio di autorità.
Ripeto, lo faccio solo per poter riportare delle riflessioni espresse nel modo piu’ chiaro possibile, non certo perche’ voglia pretendere di salire in cattedra. Io non sono proprio nessuno.
Altra cosa non partiamo dai concetti come possessori della loro esistenza
perchè dire che “dio è quella cosa di cui non esiste nulla di maggiore” è un concetto
ma non implica che sia qualcosa di possibile.
Io posso immaginare dio come voglio ma questo significa che deve esistere in quel modo ?
Infatti, come ho gia’ scritto in precedenza, S. Tommaso ha rifiutato questo concetto di Dio e neanch’io lo approvo.
Detto questo ti scrivo le mie argomentazioni su quello che hai scritto
senza pretesa di essere io in cattedra ma nemmeno senza accettare zitto e mosca quello che mi pare opinabile…
e similmente a voi che criticate scienziati del passato e del presente sul neodarwinismo anche io faccio la stessa cosa su qualcos’altro…
quindi non vedo perchè io dovrei sottomettermi alla “spiegazione vigente secondo voi” mentre voi no.
Te ne sono grato! Le tue critiche contribuiscono ad approfondire le ragioni della mia fede.
Dunque
l’affermazione che proponi e chiave di tutto è questa:
“L’atto creatore non e’ un azione transitiva, ma un semplice atto di volonta’ che esiste in Dio ab eterno, e tuttavia questa azione, formalmente immanente, e’ virtualmente transitiva, ossia ha il potere di fare essere qualche cosa fuori da Dio, alle condizioni volute da Dio.”
Stiamo dando per dati concetti che invece sono tutti da dimostrare, da capire, da ipotizzare piuttosto che affermare:
e questa è la grande problematica di tutte le dimostrazioni su dio e varie prove ontologiche.
Infatti non ho dimostrato questi concetti, ma essi possono essere dimostrati con un percorso piu’ lungo, a partire da una concezione realstica della filosofia.
Che esista un essere per cui non ne esiste uno maggiore, che esista un ente immobile che crea, che esista un essere che “vive” in un eterno presente (e che esercita una volontà) e crea…
sono tutte definizioni prese per buone a priori
non è mica detto che necessariamente un tale ente sia possibile.
Mi ripeto, la concezione di Dio come essere per cui non ne esiste uno maggiore non e’ stata fatta propria da Tommaso d’ Aquino (per il dottore angelico Dio e’ piu’ grande di qualsiasi cosa possa essere pensata e l’unico modo che abbiamo per poter dire QUALCOSA su di lui e’ basato sull’ analogia). Tommaso d’ Aquino , inoltre, non argomenta mai a priori ma, da buon realista, parte sempre dall’ osservazione della realta’ che ci circonda. “L’itinerario di Tommaso è esemplare: non si tratta di dimostrare la fede nella rivelazione con la ragione, bensì di dimostrare con la ragione la irragionevolezza di chi voglia confutare tale fede.”
E’ chiaro che se dico “dio è il motore immobile che crea volendolo” poi tutto torna logicamente chiaro
ma perchè prendo per buona, per vera, per assunta un condizione che invece è proprio quella che dovrebbe
essere il vero centro della questione.
Un postulato è qualcosa di assolutamente semplice, elementare
ma “il motore immobile che crea tutto volendo e vivendo in un presente immobile”
non è un postulato elementare ma è TUTTA LA QUESTIONE.
Mi ripeto, il motore immobile non e’ un postulato ma una conclusione che parte da un analisi realistica del governo del mondo.
“Un motore immobile che crea ed è dotato di volontà”
come lo dimostro essere qualcosa di esistente quando è contraddittorio in se
visto che come può agire ciò che non agisce ossia non si muove ossia
non di discosta mai dal suo proprio stato eternamente uguale ?
Preferisce l’assurdo di un regresso all’infinito nella catena delle cause?
Uno stato che non cambia come può decidere qualcosa ? volere qualcosa ? creare qualcosa ?
se non cambia non fa niente…. la creazione presuppone il fare.
Qui lei non sta’ parlando di Dio ma dell’ immagine che ha di Dio.
Quindi dire che l’atto di volontà divino è immutabile significa che non è un atto ma una condizione immobile, una fotografia ferma, una volontà che non si esplica mai in alcun atto perchè “esplicarsi” ed “agire” implicano la traformazione della volontà in potenza in azione, in atto.
In un ente dotato di essenza ed esistenza e’ cosi’, ma non per l Ente che e’ atto puro, cioe’ nell’ unico ente che possiede in se la capacita’ di esistere.
“In principio fu la luce” significa che l’atto di volontà principia la luce…
Una volontà che non agisce come può principiare e soprattutto come può principiare una volontà eternamente in atto ?
Se principia vuol dire che non è eternamente identica a se ma principia, inizia qualcosa.
Nella Genesi esiste il termine in principio, ma va inteso in senso antropomorfico; per altro nella Bibbia esistono anche altri antropomorfismi che creano analoghi problemi esegetici.
Altra cosa che non funziona è
“dio ha il potere di fare essere qualche cosa fuori da Dio, alle condizioni volute da Dio.”
questo contraddice e il fatto che il nulla è inconcepibile e il fatto che dio non può contraddire se stesso
infatti se dio è ciò di cui maggiore ente non esiste
non potrà avere un oltre-se perchè se esistesse un “qualche cosa fuori di dio” allora dio sarebbe
non il tutto, ci sarebbe qualcos’altro oltre lui…. ma visto che l’esistenza è in dio, che solo in lui c’è
l’esistenza eterna allora quel “oltre dio” dovrebbe essere per forza non qualcosa di esistente ma
il nulla che abbiamo detto essere inconcepibile.
Allora dio crea qualcosa fuori da se pur non essendoci nulla fuori da dio ?
Non funziona, dio non può contraddire se stesso.
Per quanto ne so quello che Dio crea e’ gia’ eternamente presente nella Sua mente, e quando quialcosa viene creato (come creatura materiale o spirituale) non gli viene concesso di possedere in se l’esistenza, l’esistenza gli viene concessa solo per partecipazione. Dio puo’ quindi creare senza che in Lui vi sia Cambiamento
La questione quindi non è che dio non esiste punto e basta
ma che l’idea che abbiamo di dio fatto e agende in certi modi non risolve ma crea problemi
grossi…..
Allora non è molto meglio dire “non lo so?”
non è meglio evitare di dichiararsi possessori della logica che dimostra dio, laddove di dio
non sappiamo niente ?
Le ragioni che portano a credere nell’ esitenza di Dio si possono trovare a partire dal governo del mondo, non sono possedute dai cattolici e, ripeto, per poterle meglio comprenderle non ci si puo’ solo limitare alle riflessioni che portano al motore immobile; ce ne sono molte altre.
Detto questo ti posso dire che il mio non è affatto l’ultimo tentativo
ma nemmeno il primo visto che da sempre fior di critiche, da menti illustri, sono state
fatte e sono fatte alle argomentazioni ontologiche, teologiche, metafisiche e filosofiche.
Le sue critiche, come ho gia’ scritto, sono sembre ben accette; ho parlato di mio ultimo tentativo solo perche’ credo proprio di aver esaurito le mie limitate capacita’ di convincerla della sensatezza delle conclusioni della teologia Cattolica. Magari provero’ ad esporre le sue critiche ad un teologo competente per poter sapere che cosa ne pensa. Grazie per uesto proficuo e corretto scambio di idee!
saluti
e alla prossima
Vedi in sintesi:
Dall’esistenza possibile non si ricava necessariamente l’esistenza reale.Dalla possibilità dell'”è” non si ricava un “è”.
Tesi kantiana e come fai a saperlo?
Inversa:
L’esistenza di un universo eterno è solo un’esistenza possibile,segue che l’universo non esiste eternamente in maniera reale.Dalla possibilità d’essere eterno non si ricava che sia realmente eterno.
Dunque perchè l’universo esiste se non è necessario che sia eterno?Non lo so,e come fai allora ad avere la certezza che non sia una divinità?
Guarda che di base sarebbe:le possibilità dell’esistere nel pensiero non sono necessariamente esistenti indipendentemente dal pensiero.Se è cosi perchè se penso che in giappone ci siano alberi allora non segue che in Giappone non esistono realmente alberi?A puo esistere realmente come non esistere realmente,non è necessario quindi che al predicato dell’esistenza possibile non segua NECESSARIAMENTE l’esistenza reale,potrebbe come non potrebbe essere se proprio ti va la più semplice delle filosofie,quella di sesto empirico e dello scetticismo.
E allora
a)le critiche gli argomenti LOGICI sono spesso fuori dal predicato dell’esistenza reale il CHE non implica che NON sono RAZIONALI.A nessun TEOREMA MATEMATICO puoi darli l’attributo dell’esistenza reale.In poche parole a una figura geometrica non puoi darli l’attributo di esistenza reale,non implica che è IRRAZIONALE,o che non segue necessariamente l’esistenza reale,può come non può seguire,non è necessario che non segua.E dunque è LOGICO visto che la logica stessa non necessariamente dimostra con l’esistenza reale,per esempio il paradosso di Russel non è meno logico perchè non ha esistenza reale.
a1)Se muovi critiche ontologiche perchè la metafisica sarebbe sbagliata visto che la critica si basa sul livello METAFISICO non proprio logico.
b)Nessun motore eterno esiste,se non esiste,e il nulla non esiste,allora l’universo è sempre stato,è e sempre sarà.Non puoi dimostrare che è sempre stato nè ,ancor di meno, che sempre sarà (o esisterà) ma allora in che senso è eterno?
b)A l’atto di dire che una volontà non agisce,ma se non agisce già non esiste,in conclusione l’argomento Dio o non ha volontà o non è Dio,è postulato già senza volontà quindi non può aver avuto volontà di niente.Perchè secondo te questa è logica?No questa è una fallacia per falso dilemma,perchè dai un postulato già per scontato:SE un Dio esiste allora nulla vuole,se vuole allora non esiste
Sono boiate logiche come quella del sasso:può dio sollevare un sasso cosi pesante tale che non possa sollevarlo?
http://www.argomentare.it/strumenti/fallacie/falso_dilemma.htm
E lo stesso argomento quello basato sulla volontà,è una PSEUDO DEDUZIONE che scambi con una deduzione,che genera solo dissoi logoi.
Non è necessario che se un Dio esista allora non abbia NESSUN volere.
Mi rendo conto che il formato grafico della mia replica all’ intervento del Sig. Roberto non e’ molto ben leggibile: Le mie repliche, infatti, non hanno soluzione di continuita’ con quanto ha scritto il mio interlocutore. In realta’ avevo pensato di separare le mie frasi dalle sue interponendovi una riga di spaziatura ma, una volta pubblicata la mia replica, ho dovuto constatare che il programma che gestisce i commenti le ha elimitate. Mi scuso quindi per la difficolta’ di lettura che ne deriva.
ciao Lucio,
purtroppo il testo nelle repliche non si può formattare molto bene, ad esempio vedo che le righe vuote vengono automaticamente eliminate… quindi è difficile rendere graficamente il testo leggibile.
..
Se mettiamo un punto tra le frasi però un certo “respiro” lo possiamo dare al testo.
Allora farò così, separando le frasi appunto con ..
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La metafisica non è necessariamente sbagliata ma non è neppure nececessariamente corretta. Il nocciolo della questione è che si parte da assunti che non sono elementari, che in se completano tutto quanto. Sono troppo forti e per niente evidenti, anzi alla fine risultano contradditori, le definizioni che sono poi state date qui di dio sono, a mio avviso, contraddittorie:
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“L’essere di cui non si può pensare uno maggiore”
presuppone che non possa esistere un oltre-dio ossia qualcosa che esiste ma non è dio perchè se esistesse allora dio+oltre-dio è maggiore di dio.
Eppure è stato scritto “che dio può creare anche fuori se stesso” ma anche ” dio non può fare tutto perchè non può contraddire se stesso”
..
Allora dio che crea fuori-da-se-stesso contraddice la definizione che è l’ente maggiore di tutto, che tutto comprende, quindi questo ente non può contemplarne un altro che non è parte di lui altrimenti non è più l’ente che tutto comprende.
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Inoltre nell’articolo è scritto che non si può scrivere una cosa e il suo contrario, però poi si afferma che l’eterno presente crea il mondo ossia si afferma che ciò che non muta mai, essendo il tutto (perchè il nulla è inconcepibile) crea qualcos’altro… quindi muta e oltretutto crea qualcosa fuori se.
..
E’ una contraddizione
..
Non ho neppure scritto che “una volontà non agisce”, chi mai lo ha scritto ? io no di certo.
Casomai ho detto che “una volontà che vive in un eterno presente non può agire”
..
avevo anche chiesto “vivere in un eterno presente” che senso ha ? Cosa vuol dire vita immutabile ?
..
non ho visto risposte plausibile, tutto si rifà all’accettazione di un postulato che in pratica recita “dio è così perchè si quindi esiste necessariamente”.
..
Si è anche detto che l’atto divino di creazione è eternamente presente e che dio segue costantemente il divenire delle cose che crea.
Questo è contradditorio perchè una volontà eternamente in potenza non crea mai (se è in potenza sempre comep può creare?), e, parimenti, un atto di creazione perennemente in atto non può fare in modo che “in principio fu la luce”…
..
quale principio ci sarebbe se l’atto è eterno ? e quale eternità è possibile laddove c’è un “in principio fu la luce” laddove, come è ovvio, non c’è un oltre-dio quindi esistenza fuori dall’eterno presente ?
..
a logica non torna mica…
..
Io non ho poi detto che “nessun motore eterno esiste”
..
l’obiezione che facevo era contro l’affermazione
“esiste un motore eterno immobile che crea con volontà”
questo si che è assurdo e contraddittorio
..
perchè un “motore” che è immobile non agisce e la volontà che crea è azione.
..
Mi scrivevi: “altrimenti dai un postulato per scontato”
..
Il postulato ricordo è sempre dato per scontato è una affermazione presa per buona e fondamento di una dimostrazione.
..
Ora un conto è postulare che due rette parallele non si incontrano mai e un altro è postulare che “dio è quell’ente che vive in un eterno presente e dotato di volontà che può tutto e non muta mai però nella sua onnipotenza non può contraddire se stesso”…
..
Il primo postulato poggia sull’evidenza, ma il secondo su cosa poggia ?
..
La metafisica poggia sulla fede non sull’evidenza, ma allora secondo fede
qualsiasi cosa può essere anche un motore immobile che non si muove ma che poi agisce perchè, a logica, non si può pensare altra soluzione.
..
la creazione continua, quindi dio eternamente in atto per sostenere l’esistenza di ogni singola particella, come si è scritto, si scontra da un lato con il fatto che il mondo evolve secondo un inizio e una fine quindi un’azione eternamente in atto non corrisponde con un inizio e una fine e contraddice il “in principio fu luce” poi farebbe si che dio eternamente agente per plsasmare il mondo contempla in se, ha in se, lo stato del mondo, quindi muta perchè lo stato dell’universo cambia.
..
..
concludo ricordando che
..
oo non sto difendendo una posizione atea (non lo sono) e non sto dicendo che siccome le prove ontologiche alla fine falliscono allora dio non esiste, sto dicendo che sono logiche non valide perchè presuppongono postulati troppo ampi, troppo forti, affatto evidenti, non elementari. Alla base c’è la fede che non può accampare l’esistenza come necessariamente parte dei concetti che propone.
..
Okay hai letto l’articolo di Odifreddi sulla storia delle dimostrazioni ontologiche ?
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@ Roberto
Se Lei non è ateo ma solo agnostico, perché non scrive Dio con la D maiuscola, come fa Martufi, e cioè come si fa con le persone di cui si ignora l’esistenza, e non come fanno gli atei per ciò che considerano solo un’idea?
scrivo dio con la minuscola perchè non so, non posso definirlo, non so se esiste ma posso supporlo.
La D maiuscola è supponente di spiegare, di definire di affermare…
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come vedi la d minuscola non è sminuire dio ma constatare che sto parlando di quello di cui non si sa nulla.
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Gli etei sono credenti in una tesi indimostrabile ossia la non esistenza di quello che rifiutano a livello appunto di idea. Sono anche loro credenti però a differenza di chi crede in un suo Dio (con la maiuscola) non hanno proprio speranza di veder dimostrata la loro tesi perchè dimostrare la non esistenza di qualcosa è impossibile.
Se non so definire una cosa, io nemmeno ne parlerei. Noto invece che non c’è nessuno come gli atei e gli agnostici che parli continuamente di Dio.
ho risposto a Danilo scrivendo Lucio…
scusate
la mia risposta era per Danilo.
http://www.maecla.it/bibliotecaMatematica/go_file/Analisi_logiche_delle_prove_ontologiche.pdf
a)L’argomento di Anselmo è perfettamente valido sul piano LOGICO FORMALE (inclusi GOEDEL o LEIBNIZ) non lo è sul piano METAFISICO.
b)Quella di Odifreddi è una straw man sull’argomento di Anselmo.
c)Infatti d’Aquino stesso ne ha contestato la validità sul piano METAFISICO ma non sul piano LOGICO.
d)Se si muove una contestazione sul piano metafisico allora la metafisica deve essere postulata almeno come corretta o nessuna critica sarebbe necessariamente tale.
f)La volontà non è un movimento della materia,qualunque ente può stare fermo non necessariamente non ha una volontà.
d)Non è una critica quella di dire che in una dimostrazione per assurdo devo almeno porre un’ipotesi,mi pare ovvio o nessuna dimostrazione per assurdo sussisterebbe.
DUNQUE E LOGICAMENTE VALIDA MA METAFISICAMENTE SCORRETTA (PDF),l’asino d’oro ha fallito ancora,perchè deve usare a metafisica per contestarla non la logica,e deve riprendere l’esatto argomento del Proslogion non le sue assiomatiche di partenza spacciate per l’argomento del Proslogion.
Che musica di chiarezza e sintesi, Danilo! Perché non ci tira fuori un articolo per i lettori di CS, interessati alla metafisica e stanchi delle banalità pasticciate del positivismo?
>>f)La volontà non è un movimento della materia,qualunque ente
>>può stare fermo non necessariamente non ha una volontà.
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non si parla di movimento nel senso di moto nello spazio ma di variazione dello stato, di cambiamento.
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Volere senza alcuna mutazione del proprio stato cosa significa ?
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Definiamo allora cosa significa “volere” in un ente che non cambia mai di stato (senza contare che se un simile ente vuole qualcosa
allora difetta di qualcosa… se vuole eternamente allora
difetta eternamente se vuole e crea allora agisce..)
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Una volontà eternamente in potenza come può agire creando ?
e una creazione eternamente in atto come può essere principio ossia creazione ?
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Allora la volontà di cui parliamo non può essere ne eternamente
in potenza ne eternamente in atto…
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faccio notare poi che si vuole escludere spazio e tempo dall’ente immobile che crea poi è stato scritto che “se vuole crea al di fuori di se” e “quando crea…” ossia si è parlato di quell’ente proprio in termini di spazio e tempo.
Non risponderò a una domanda metafisica prima che tu ammetta che le tue stesse domande sono metafisiche.
Il movimento è un moto nello spazio o stai semplicemente ponendo una petizione di principio basta sulla seguente ambiguità “cambiamento di stato”.
E anche perchè non trovi che le anfibolie siano fuorvianti?
Tale è la locuzione La volontà é un cambiamento di stato.
Non significa giustpunto nulla,e chi ha mai affermato che la volontà è un cambiamento di stato?
Cosa è di preciso un “cambiamento di stato”?
Tho a usato la metafisica senza mai averne sfiorato un libro.
Quindi se un ente vuole allora difetta?
De che cosa difetta?
Se non vuole allora difetta anche di questo:non vuole niente o se vuole allora difetterebbe di questo: volere.
Che significa tale disooi logoi,niente ma a mio avviso difetta di tutto:sia logicamente che metafisicamente.
@Anna
>>Se non so definire una cosa, io nemmeno ne parlerei.
>>Noto invece che non c’è nessuno come gli atei e
>>gli agnostici che parli continuamente di Dio.
infatti io sto criticando la “logica” che pretende dimostrare quello che nessuno può definire.
..
e noto come non c’è nessuno come i credenti che parlano di logiche universali e indiscutibili
laddove dovrebbero mantenere il discorso nell’ambito della fede e non oltre.
Assolutamenrte no sig. Roberto: i credenti non possono “mantenete il discorso nell’ ambito della fede e non oltre” perche’ per la teologia cattolica la razionalita’ e’ “preambula Fidei”. E’ la razionalita’ naturale che conduce a concludere circa l’esistenza di Dio. Mi ripeto ancora: finche’ la filosofia si mantiene sul piano del realismo puo’ giungere correttamente all’ esistenza di Dio tramite il concetto di causa. La filosofia moderna, invece, e per diversi motivi, a partire da Cartesio, da Hume e da Kant si e’ allontanata da questa “base sana” su cui costruire l’indagine filosofica e, pur costruendo ipotesi di grande sottigliezza deduttiva (indubbiamente elaborate da menti di altissimo livello) ha preteso di trasformare delle alcune verita’ parziali in lettura globale della realta’. A questo riguardo J. Ratzinger ha scritto giustamente:
“Il pensiero filosofico dell’ epoca moderna, al di la’ di tutte le contraddizioni nelle quali appare disperatamente lacerato, e’ guidato tuttavia da una tendenza fondamentale comune: dallo sforzo di rendere la filosofia una scienza esatta, di trattarla more geometrico, secondo l’espressione di Spinoza ………. Di fronte all’ universalita’, alla generalita’, alla comunicabilita’ e alla verificabilita’ delle scienze della natura …….. sta una filosofia completamente divisa nonostante tutti gli sforzi, i cui rapresentati si comprendono sempre meno e in cui e’ difficile trovare due teste che la pensino allo stesso modo. Questo danneggia la reputazione della filosofia, ed essa tuttavia sempre di nuovo prende le mosse, attraverso una rigorosa delimitazione del suo raggio e di una chiara definizione dei suoi metodi, di diventare finalmente positiva, nel senso delle scienze della natura, che si limitano al dato, a cio’ che e’ inequivocabilmente controllabile. La storia della filosofia da Kant in poi non e’ che un unico succedersi di tali tentativi. Kant stesso si era sforzato di fare il passo decisivo in questa direzione, squalificando gli sforzi metafisici della filosofia come precritici, mettendo al margine della filosofia la cosa in se’, e dunque l’essenza profonda del reale come inconoscibile all’ uomo………. non e’ necessario inseguire qui tutta la strada a zig-zag del penssiero filosofico, che rimase prigioniero della sua impostazione e che tuttavia non poteva togliere la sua esigenza di interrogarsi sull’ intero della realta’. Il magro tentativo di tutti questi risultati fu solo che, centocinquant’anni dopo l’apparizione di La Critica della Ragion Pura, la filosofia non era ancora diventata una scienza esatta, ma si trovava a essere piu’ lacerata e misera che mai.
Cordiali saluti
Io per altro ho una visione della filosofia moderna simile a quella Thomas Reid nè cito un passo:
“Supponiamo che un individuo che incontri un filosofo moderno e gli chieda in cosa consista l’odore di una pianta.Il filosofo li rispondere che non c’è odore nelle piante nè in qualunque altro essere,tranne che nella mente,e che è impossibile che le cose stiano diversamente in quanto si tratta di una tesi dimostrata dal pensiero moderno.Quell’uomo semplice penserà indubbiamente che si tratti di uno scherzo:ma se egli scopre che il proprio interlocutore parla sul serio concludera subito che è matto oppure che la filosofia,come per incanto,trasporta gli uomini in nuovo mondo è li dona faccoltà diverse da quelle di tutti gli altri uomini e dell’uomo comune.Cosi nasce il disaccordo tra filosofia e senso comune.Ma chi bisogna dare la colpa?Al filosofo,secondo me,perchè se parlando di odore intende quello che intende il resto dell’umanità è certamente matto.Ma se egli attribuisce alle parole un diverso significato,senza attenervisi e senza avvertire gli altri,compie un abuso linguistico e scredita la filosofia senza alcun beneficio per la verità:è come se un uomo scambiasse il significato delle parole “figlia” e “mucca” e poi cercasse di dimostrare al suo vicino che la sua mucca e sua figlia e viceversa”(T.Reid Ricerca della mente umana secondo i principi del senso comune)critica per’altro rivolta a Hume.
Quello che intende è Reid mi pare sia chiaro:
-La filosofia moderna spesso si basa su un cumulo di sofismi per ambiguità tali sofismi la coprono di ridicolo,però sussiste nella mentalità sciocca di alcuni filosofi moderni che chiamano le porte sedie e le sedie porte il desiderio di reputare di sapere tutto,non sanno nulla o maglio sanno fare benissimo una cosa:i vuoti e inutili sofismi,e in questo la grande conoscenza della filosofia moderna?Inganniamo per persuadere persuadiamo per ingannare,vi è un gran vanto e una gran conoscenza in questo degna del filosofo.
Una citazione davvero interessante, grazie Sig. Danilo!
@Danilo
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Al filosofo che chiede in cosa consiste l’odore si risponderà:
“L’odore è causato da uno o più composti chimici volatilizzati che arrivano all’organo dell’olfatto, quindi ne derivano sensazioni specifiche diversa a seconda delle sostanze”
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già esistono macchine in grado di rilevare gli odori,
in futuro si potranno diagnosticare malattie in base agli odori, anche i cani-antidroga potranno essere prima affiancati poi sostituiti da macchine in grado di rilevare gli odori.
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https://mondosalute.noemata.it/articoli/1260-diagnosi-le-malattie-si-riconoscono-dall-odore
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l’odore è quindi è il risultato di ciò che esiste nel mondo e viene percepito in un certo modo per come siamo fatti.
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le formiche non hanno il naso ma le antenne e avranno loro particolarissime sensazioni per gli odori…
ma è chiaro che se un odore c’è questo lo rileva
la formica come noi, in modo diverso ma lo rileviamo entrambi.
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se parliamo di sensazione causata dall’odore di limone ossia dalle particelle di limone che arrivano al naso poi al cervello in forma di impulsi trasportati dal sistema nervoso allora è chiaro che sentiamo qualcosa di peculiare, ma è il risultato di materia che arriva all’organo dell’olfatto….
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Quello che è nella mente non è inesistente altrimenti non si potrebbe dire “e’ nella mente”..
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sono anche rilevabili con la risonanza magnetica le aree cerebrali che si attivano.. in particolare per gli odori:
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http://www.italiasalute.it/3931/Scoperta-zona-del-cervello-che-ci-fa-reagire-agli-odori.html
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la sensazione delle particelle di limone, ossia quello che deriva dalle particelle di limone che arrivano al naso poi al cervello, certo che esiste ed è causato dal limone.
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Il filosofo potrebbe semplicemente turarsi il naso, l’odore non arriva più.
dimenticavo…. altrimenti poi si innesca la polemica.
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è chiaro che la sensazione umana dell’odore
di un fiore esiste solo nella mente umana
ma l’odore non è qualcosa che rileva solo la mente umana..
quindi la sua sensazione non è solo della mente umana
..
la mente umana interpreta in un certo modo il limone.
ma lo fanno anche formiche, api… macchine…
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le macchine non hanno una mente…
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quindi se da un lato è ovvio che la sensazione del profumo di limone
alberga solo nella mente umana è anche chiaro che da cosa deriva non è la mente umana ma le particelle di limone
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ed anche chiaro che non occorre una mente per rilevare l’odore.
@Danilo
io ho fatto notare come dalle definizioni che qui sono state dichiarate si giunge a contraddizioni che solo la fede può accettare e similmente si accettano postulati che solo fideisticamente sono ammissibili.
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visto che scrivere tutte le domande insieme non porta risultato visto che di risposte io non he ho viste ma solo definizioni su definizioni le ripeto 1 sola delle mie domande, se vuole rispondere ne sarei felice:
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Si è supposto dio come ente in grado di creare al di fuori di se
(supposizione forzatamente necessaria perchè se creasse in se muterebbe visto che il nostro universo muta). Però dio è anche stato supposto come ciò che è maggiore di ogni altro ente quindi necessariamente in se tutto deve comprendere.
Se esistesse una altro-da-dio allora ci sarebbe una esistenza non contemplata in dio. Quindi per creare oltre-se deve farlo in un oltre-se che non può esistere: dovrebbe essere il nulla che abbiamo supposto essere inconcepibile.
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Ora io le chiedo come possa sussistere un ente che tutto comprende e che crea fuori da se.
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questa 1 delle mie domande
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vediamo se rimanendo su un argomento solo si può cavare una risposta che non stia in altre definizioni prese per buone.
Pseudo/contarddizioni non contraddizioni lascia stà Sam harris.
Affermi:se il mondo non è Dio manca di qualcosa,interessante tu invece se manchi dell’albero manchi di qualcosa?No evidentemente è fallace perchè un albero meno un uomo non manca di dell’albero,un’altra ottiima argomentazione della filosofia moderna non ha senso.E proprio l’argomento “mancare di qualcosa” che non ha senso.
Praticamente poichè tu non sei un albero allora mach di qualcosa,se manchi di qualcosa non sei un uomo perchè manchi dell’albero?
Affermi
“L’odore è causato da uno o più composti chimici volatilizzati che arrivano all’organo dell’olfatto, quindi ne derivano sensazioni specifiche diversa a seconda delle sostanze”
Interessante pure questa:é CAUSATO dal fiore poi affermi QUINDI (NON SEQUITUR) è un prodotto dalla mente umana.
Quindi contemporaneamente il fiore è causa dell’odore e la tua mente è causa dall’odore?Quindi Roberto è un fiore il fiore è Roberto.Dal momento che l’attributo del fiore è causato dalla mente di Roberto,mentre il fiore percepisce l’odore di Roberto.
Anche perchè mancare di qualcosa significa sottrarre quel qualcosa a una parte della stesse specie o stesso elemento.E secondo te vale per parti nel medesimo attributo o per attributi diversi per elementi nella stessa specie?
Un sasso meno un albero quanto manca?Be certo “manca” dell’albero il primo manca del sasso il secondo,ma più in generale manca di qualsiasi significato razionale ;P
@DANILO
>>Affermi:se il mondo non è Dio manca di qualcosa
>>interessante tu invece se manchi
>>dell’albero manchi di qualcosa?
a parte il fatto che io non sono dio quindi il paragone che
fai non ha valenza alcuna…
mi stai dicendo che il Mondo sarebbe altro-da-dio ?
>>No evidentemente è fallace perchè un albero meno un uomo
>>non manca di dell’albero
>>un’altra ottiima argomentazione della filosofia moderna non ha senso.
>>proprio l’argomento “mancare di qualcosa” che non ha senso.
il fatto è che essendo supposto dio l’essere maggiore di ogni altro
non può avere qualcosa che non è esso stesso perchè altrimenti
non sarebbe l’essere maggiore….
..
io non sono un ente per cui non se ne può pensare uno maggiore
quindi io posso benissimo muovermi in ciò che è altro-da-me.
..
>>Interessante pure questa:é CAUSATO dal fiore poi affermi QUINDI (NON SEQUITUR) è >>un prodotto dalla mente umana.
no non ci siamo…..
mi pareva di aver scritto chiaramente, ma quanta fatica però…..
..
ti riporto la mia frase di un post precedente:
“quindi se da un lato è ovvio che la sensazione del profumo di limone
alberga solo nella mente umana è anche chiaro che da cosa deriva non è la mente umana ma le particelle di limone”
..
la causa della sensazione dell’odore è il fiore
ma la percezione dell’odore non sta solo nella mente umana
ma anche in quella degli insetti e nelle macchine, a modo loro, rilevano
l’odore e ne hanno una rappresentazione interna.
>>Quindi contemporaneamente il fiore è causa dell’odore
>> e la tua mente è causa dall’odore?
ovvio che c’è un legame temporale…
prima la particella del fiore arriva al naso poi arriva al cervello
l’informazione poi nasce la sensazione.
Se io ti pesto un piede il dolore ha come causa il mio pestone
ma è chiaro che la sensazione del dolore è una particolare intepretazione
del tuo cervello.
..
PRIMA ti pesto il piedone POI senti dolore.
..
La causa iniziale è il pestone..
>> Quindi Roberto è un fiore il fiore è Roberto
eeeeeee ?
free logic a gogo…
>>mentre il fiore percepisce l’odore di Roberto
non saprei dire se un fiore percepisce gli odori…
..
comunque non è proprio una logica ferrea quella che leggo nelle risposte…
perlomeno opinabile..
il fatto è che essendo supposto dio l’essere maggiore di ogni altro
non può avere qualcosa che non è esso stesso perchè altrimenti
non sarebbe l’essere maggiore…
Giusto infatti non sarebbe l’esser maggiore dunque se leggi bene quello che hai scritto;non è necessario che a Dio manchi qualcosa fuori da se stesso, perchè altrimenti non sarebbe l’essere maggiore.Segue allora che essendo il mondo qualcosa fuori da se stesso non ha senso dire che manchi di qualcosa che non è se stesso,come non avrebbe nessun senso l’operazione l’albero manca del sasso.Quindi non ha alcun senso dire che ha un albero manca un sasso,nè più nè meno come non ha senso dire che a un Dio manca del mondo.La accendiamo?
Be certamente
A bhè e l’odore ti dice questa è una sensazione o questo è di una rosa ?L’odore (l’olfatto di preciso) serve ha identificare la rosa,che sia un buon profumo o un cattivo profumo è relativo,ma prima anche solo di dire questo è un buon profumo o un cattivo profumo,lo identifica con l’oggetto cioè la rosa.E quindi deve esistere indipendentemente dal tuo pensiero la rosa viceversa non potresti sapere nemmeno che quell’odore è quello di una rosa,altrimenti tu saresti la rappresentazione della rosa,ma siccome la rosa esiste indipendentemente da te allora Roberto sente un odore che è proprio di una rosa che.Dunque la sensazione è solo “buono o cattivo” odore,il fatto è questo odore è quello di una rosa.
Dolore diverso da odore o olfatto.
Secondo te un sasso + un albero (cose diverse) fanno qualcosa di “maggiore”?No non ha senso alcuno,quindi non ha senso sommarle o sottrarle o dire mancano di qualcosa o la loro somma costituisce qualcosa di maggiore,per dire che siccome un sasso più albero sono qualcosa di maggiore rispetto al solo sasso o al solo albero,allora cosi sarebbero qualcosa di maggiore.Perché sono due cose (due enti diversi) diverse la cui somma non ha significato.
Tu non dici ho un’ albero più un sasso,ma ho un albero e un sasso (et) significa che sono qui due cose distinte.dunque non non è che la somma di albero + sasso è maggiore di albero o sasso singolarmente:ovvero Non ha senso.
Non quindi senso,e sfugge a ogni logica,dire se a Dio sommi il mondo hai qualcosa di maggiore.
@DANILO
io non ho scritto che dio deve necessariamente MANCARE di qualcosa ma che se ammettiamo che crea al di fuori da se allora non solo mancherebbe di qualcosa (come giustamente dici) ma non sarebbe ciò che tutto comprende.
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io non sto affermando che dio è così o colà ma che mi risulta contraddittorio definirlo come è stato definito.
..
>>l’odore ti dice questa è una sensazione o questo è di una rosa ?
l’odore mi dice che c’è una rosa e la causa dell’odore è la rosa.
Se ne vuoi la prova turati il naso e vedrai che l’odore della rosa non lo senti più.
..
certo puoi avere il ricordo dell’odore della rosa ma se non senti l’odore prima conseguente all’aver avvicinato una rosa non ne hai nemmeno il ricordo.
..
la sensazione è nella mente ma è la conseguenza in primo luogo della presenza della rosa….
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non capisco più cosa contesti, magari è perchè sono un pò stanco, ti prego di mettere però qualche virgola nei tuoi periodi altrimenti è arduo leggere.
..
ps
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il dolore è una sensazione come quella proveniente dall’odore…senti qualcosa, percepisci qualcosa..
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entrambi, ovvio, hanno cause ben materiali…
..
c’è anche chi trova buono il dolore.. chi adora provare dolore..
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quindi Buono, Non Buono, Mi Piace, Non Mi Piace lo puoi dire tanto di un odore che di un dolore.
..
>>Tu non dici ho un’ albero più un sasso,ma ho un albero e un >>sasso (et) significa che sono qui due cose distinte.dunque non >>non è che la somma di albero + sasso è maggiore di albero o ><sasso singolarmente:ovvero Non ha senso.
è un fatto insiemistico…
okay saluti
>>Tu non dici ho un’ albero più un sasso,ma ho un albero e un >>sasso (et) significa che sono qui due cose distinte.
>>dunque non non è che la somma di albero + sasso
>>è maggiore di albero o
>>sasso singolarmente:ovvero Non ha senso.
..
dicevo
è un fatto insiemistico…
..
ossia l’insieme sasso ed albero è certamente “maggiore” dei singoli albero e sasso.
..
scrivere sasso + albero ovvio intende l’operatore + come unione…
per essere precisi dunque scriviamo
l’insieme SASSO U ALBERO
è “maggiore” dei singoli elementi perchè include gli insiemi formati da questi singoli elementi.
..
Per come l’ho inteso io:
..
Dio come ente “maggiore” di qualsiasi cosa
vuol dire che include qualsiasi cosa ossia che non può esserci nulla oltre dio perchè se ci fosse un sasso al di fuori di dio avremmo che l’insieme X formato da dio e dal sasso include dio
quindi dovrebbe essere quello dio.
..
se ho capito male correggimi.
Si certo l’insieme sasso è albero non è lo stesso insieme,non so s evogliamo anche inventarci una teoria degli insiemi a mo di teoria degli insiemi personal/sofistici:
Ma che è una fatto insiemistico e quell’et significhera che le propieta Ex che circoscrivono tali elemento il sasso sono diverse da le propieta Ex che circoscrivono l’albero.Non è che sai specificando la proprietà “avere dei rami” tu collochi in tale insieme sassi o quadrupedi o marmiferi indipendentemente dal quantificatore esistenziale di propietà,visto che ne sassi nè quadrupedi hanno la proprietà di “avere dei rami.”
Dunque non ha senso parlare dell’insieme sasso albero in senso di “maggiorazione” perchè le propietà di sasso e albero sono diverse.
Quindi l’insieme dei numeri pari o l’insieme dei numeri dispari certamente gode della propità di U ma certamente giàù non significa nulla,perchè l’insieme dei numeri pari e dispari godono della propietà di essere numeri.Non ha senso se invece l’unione degli insiemi gode di quantificatore di propieta diverse o del loro quantificatore esistenziale (esiste almeno un x che che appartiene ad A tale che x verifica la propieta P”E dal momento che la proprietà avere rami non esiste in nessun x che verifichi la propiete nell’insieme dei sassi.
Dopo questo credo proprio che non ci sia molto da aggiungere al non sense.E dunque sai non costituisce una “maggiorazione” de nulla
Detto cio mi pare che hasi la dimostrazione in Logica modale svolta nel pdf ma dubito che ci avrai capito qualcosa.
In altri termini l’insieme dei numeri pari (P) e l’insieme dei numeri dispari (D),PUD è N.Ora poniamo che ci sia l’insieme degli alberi (A)
Vediamo l’essemplare dimostrazione di NUA>A o N
No perchè voglio vedere questo indulgere nel sofisma per vaniloquio.;P
“L’insieme dei numeri naturali e degli alberi è maggiore dell’insieme degli alberi o dei numeri naturali”
NON HA SENSO.
A e non esistono le virgolette nei termini nei sistemi formali,perchè significa che introduci ambiguità o equivoco,cioè fallacie per ambiguità cioè sofismi.
Stai contraddicendoti parlando da una parte di un dio che tutto comprende poi vuoi differenziare le cose reali una dall’altra rispetto a dio.
..
lasciamo poi perdere le supposte logiche che leggo ma questo succede quando si discorre su definizioni prese solo per buone, non chiarite, non spiegate… ognuno va per la sua tangente…
..
ti invito allora, ancora una volta, a spiegare cosa vuole dire che dio è l’ente maggiore di tutti gli altri
..
>>Si certo l’insieme sasso è albero non è lo stesso >>insieme,non so s evogliamo anche inventarci una >>teoria degli insiemi a mo di teoria degli insiemi >>personal/sofistici:
guarda che la definizione dell’ente cui non se ne può pensare uno maggiore è di chi propone questa logica, non mia.
..
Allora se tu confermi quella definizione spiegamene il significato altrimenti di cosa stiamo parlando ?
..
>>Dunque non ha senso parlare dell’insieme sasso >>albero in senso di “maggiorazione” perchè le >>proprietà di sasso e albero sono diverse.
spiegami allora in che senso il dio che hai supposto è “maggiore” del mondo come comprende sassi e alberi.
..
..
>>Quindi l’insieme dei numeri pari o l’insieme dei numeri dispari >>certamente gode della propità di U ma certamente giàù non >>significa nulla,perchè l’insieme dei numeri pari e dispari godono >>della propietà di essere numeri.
vedi il fatto è che numeri pari e dispari sono insiemi diversi dai numeri pari UNIONE numeri dispari e quest’ultimo li comprende.
…
il resto che dici è un nonsense che mi pare scritto solo per scrivere qualcosa…
…
spiegami, ripeto la definizione di “ente maggiore di ogni altro”
ricordo che un insieme non deve necessariamente avere elementi omogenei quindi ha perfettamente senso un insieme formato A = {alberi, sassi, numeri}
La descrizione per caratteristica è ovvia:
A è l’insieme degli elementi x tale che x è un albero oppure un sasso oppure un numero.
..
per chi avesse dimenticato queste nozioni fondamentali:
http://wwwusers.di.uniroma1.it/~lpara/LOGICA/DISPENSE/dispense1.pdf
..
è quindi ovvio che l’insieme dei sassi è incluso in A quindi quando
Danilo scrive:
>>poniamo che ci sia l’insieme degli alberi (A)
>>Vediamo l’esemplare dimostrazione di NUA>A o
>>No perchè voglio vedere questo indulgere nel sofisma per vaniloquio
non c’è niente da dimostrare perchè è ovvio che N U A include A
proprio per definizione.
Certamente deffinizione:
Un’insieme è infinito se non è finito (N)
Un’insieme non è infinito se è finito (A)
Un’insieme infinito U un’insieme finito è maggiore o di un’insieme infinito o di un insieme finito?
E quindi RIPETO NON HA SENSO PARLARE DI MAGGIORE.
E di nuovo PUD è l’insieme dei numeri naturali.
Bravissimo non ha senso affermare che un’insieme infinito unito a un’insieme finito è maggiore o di un ‘insieme infinito poichè o non possibile affermare che il primo allora è infinito o il secondo allora è non lo è!Cosichè l’insieme dei numeri sarebbe contemporaneamente finito e infinito,ma questo è impossibile per cui non ha senso parlare di “maggiore”.
E una fragola unita a un pero non significa una “Fragopera”ma l’insieme unito delle fragole e delle pere 4 elementi dell’uno e 4 elementi dell’altro,che sono elementi distinti non significa nulla dire che “maggiorazione”,cioè 4 fragole sommato a 4 pere non fa 8 fragopere,e quindi 8 fragopere sono maggiori o di 4 mele o di 4 pere.
Infatti tale x è O una fragola O una pera.E non significa allora che la loro unione sia maggiore di O le fragole O le pere.
E come se stessi affermando L’insieme unione O delle fragole o Delle pere è maggiore (no sense) O delle fragole O delle Pere!
Infatti mi pare chiaro che non hai lette nemmeno le dispenso che mi hai postato:
x tale che x appartiene ad F O x tale che x appartiene a F
Esempio preso dal pdf
L’unione degli insiemi A = {xÎR: 1<x<5} e B = {xÎR: 3<x<15} è l’insieme AU
B = {xÎR: 1<x<15}.
E ti pare che QUINDI (necessariamente) (1 < x <5) maggiore (1< x <15)
quindi secondo te 3 sarebbe minore di 2?Visto che essere incluso tra x e y non implica essere maggiore?
Ci azzeca la maggiorazione o il maggiore?No quindi e basta con il vaniloquio.Se mai dovresti parlare di cardinalità.
INCLUDERE non implica essere Maggiore.
Un'insieme unione che includa i nummeri naturali non implica nè significa niente che è maggiore dei numeri naturali.In poche parole non ha senso dire l'insieme degli ALBERI è maggiore di N o degli alberi!
Che l’insieme unione ha più elementi non significa che è maggiore ma che ha cardinalità maggiore.
Né sempre accade che l’unione abbia cardinalità maggiore delle sue parti.
Infatti
http://www.mat.uniroma2.it/~gavarini/page-web_files/mat-didat_data/dispense-ecc/note_di_D%27Andrea/Cardinali.pdf
E’ chiaro a tutti che esistono insiemi finiti (cioè con un numero finito di elementi) ed insiemi infiniti. E’ anche
chiaro che ogni insieme infinito è
più grande di ogni insieme finito; ma esiste una maniera di confrontare la taglia di insiemi infiniti? E’ possibile cioè dire se un dato insieme infinito possegga più elementi di un altro? La situazione è delicata, perché ogni tentativo di definire la grandezza di insiemi infiniti produce una gran
quantità di fenomeni antiintuitivi, che si scontrano con l’impossibilità di garantire che “il tutto sia più grande della parte”
.
Specificato questo è chiaro:che l’argomento la Divinità manca del mondo o che deve creare in se stessa,altrimenti sorge una contraddizione è un argomento retorico che cerca di spaccaire una pseudocontraddizione pe runa contraddizione:e cioè prevede nella premessa che necessariamente il TUTTO E’ MAGGIORE DELLA PARTE,quindi che fanno Sam Harrison e gli altri?DICONO:
siccome il tutto è maggiore della parte allora tale divinità deve includere il mondo o non è più il tutto quindi non può essere cio di cui si può pensare nulla di maggiore in quanto il tutto è maggiore della parte.IL CHE E’ UN SOFISMA,perchè non è necessario proprio questo “che il tutto è maggiore della sua parte.”
@DANILO
maggiore a livello insiemistico significa che include….
..
i numeri interi includono i numeri interi dispari pur essendo entrambi infiniti.
..
>>ma esiste una maniera di confrontare la taglia di insiemi >>infiniti?
Il teorema di Cantor afferma che, dato un insieme di qualsiasi cardinalità (numero di elementi), esiste sempre un insieme di cardinalità maggiore.. quindi certo che gli insiemi infiniti si possono confrontare
..
Ti rinnovo l’invito a dire tu cosa voglia dire che “dio è l’ente maggiore di ogni altro”…
quel maggiore in che senso lo interpreti ?
..
Nell’unico senso logico (non insiemistico), Roberto, quello di Gödel.
Se e soltanto se esiste una RELAZIONE BIUNIVOCA.
Peraltro lo stesso problema metafisico posto sull’argomento di anselmo è possibile sfoderarlo contro il concetto di infinito matematico.Non è necessario che l’esistenza di un infinito possibile o Esistenza possibile di un’infinito implica un’esistenza reale del dell’infinito in atto.Infatti te lo detto l’unico modo per confutare prove a priori come quelle di Goedel,Leibniz o anselmo.E quella di dire che non è necessario che da un’esisstenza possibile si implichi una esistenza reale.
Infatti non è a mio avviso dimostrabile per esistenza reale un universo infinito o il multi verso.
“Qualche consiglio per chi vuol essere realista”, dall’opera di E. Gilson, Il realismo metodico (1935)
Occorre poi usare con cautela il termine “pensiero”. In effetti, la differenza più grande tra il realista e l’idealista e che l’idealista pensa, mentre il realista conosce. Per il realista “pensare” vuol dire solamente organizzare delle conoscenze o riflettere sul loro contenuto; a lui non viene in mente di fare del pensiero il punto di partenza della sua riflessione, perché lui sa che un pensiero è possibile solo se prima ci sono state delle conoscenze. Ora, l’idealista, visto che procede dal pensiero alle cose, non può sapere se quello da cui parte corrisponde o meno a una cosa; e quando egli domanda al realista come si possono raggiungere le cose partendo dal pensiero, il realista deve rispondere subito che ciò non è possibile, e che proprio in questo sta il motivo principale per non essere idealisti. Il realismo infatti parte dalla conoscenza, cioè da un atto dell’intelletto che consiste essenzialmente nel cogliere un oggetto; quindi per il realista la domanda dell’idealista non pone un problema insolubile ma solo uno pseudo-problema, che e una cosa ben diversa.
La conoscenza di cui parla il realista è l’unione vissuta e sperimentata tra l’intelletto e una realtà conosciuta. Ecco perché una filosofia realistica ha sempre come referente questa realtà conosciuta senza la quale non ci sarebbe conoscenza. Le filosofie idealistiche, al contrario, partono dal pensiero e per questo arrivano ben presto a scegliere come loro oggetto la scienza o la filosofia stessa. L’idealista, se pensa veramente da idealista, realizza nella forma più pura l’essenza del “professore di filosofia”; mentre il realista, se pensa veramente da realista, è in perfetto accordo con l’essenza autentica del filosofo: perché il filosofo parla delle cose, mentre il professore di filosofia parla di filosofia.
Eh, Lucio, quanto sono belle, dolci e fresche le acque di Gilson!
Qualche volta, pensando a certi di incontri di metafisica con chi neanche conosce il senso delle parole, penso al proverbio delle mie parti, che traduco in italiano: “Non si possono far apprezzare le granseole ai porci”.
PS.
La potrò conoscere, Lucio, al CS Workshop?
Infatti, Prof. Masiero, mi pare che qui si stiano facendo un po’ troppi concorcimenti logici…
Anche a me piacerebbe molto poter avere il piacere di conoscerla al CSWorkshop ma, purtroppo, non credo che potro’ essere presente. Spero comunque di poter incontrare sia lei che il Prof. Pennetta in un altra occasione, ne sarei davvero felice!
Ciao Lucio,
quando scrivi che l’idealista e il realista sono necessariamente 2 persone diverse
di certo possiamo escludere coloro che formulano ma anche assumono le definizioni di dio di cui abbiamo parlato perchè, in quelle, è ben chiara una mescolanza tra idea e realtà..
..
ne basti citare una: “l’ente che è maggiore di ogni altro”
..
qui abbiamo un’idea non concreta che si “misura” con un termine di paragone ben concreto
che deriva da un’esperienza nella realtà, quella appunto del “maggiore di”.
..
Se diciamo “dio è maggiore di un sasso” non siamo più nell’idealismo puro mescoliamo il
realismo del sasso (e pronunciare nella mente la parola SASSO ci da la realtà del sasso) con l’idea pura di dio e entrambe collegate da un operatore “maggiore”, un termine di confronto….
..
abbiamo preso un’idea e la stiamo inquadrando nel mondo vero
in base all’esperienza che abbiamo di poter dichiarare qualcosa maggiore di un’altra.
…
Il neonato, il bambino non fanno filosofia
ma non sono realisti e basta perchè la loro mente è piena di idee da cui partono i loro giochi…
..
l’idea e la realtà non sono separabili perchè noi siamo menti che vivono in corpi e corpi che
agiscono con le menti.
..
Fin dalla nascita noi siamo idealistiRealisti….. siamo un corpomente
..
il professore di filosofia legge toccando un libro e già qui la sua “idealità” sfuma
perchè “tocca” quello cui pensa
e similmente il credente prega alzando gli occhi al cielo, quindi concretizza in un posto il dio che
idealmente è dappertutto…
l’idea non basta, ci vogliono mani giunte che si toccano, simboli..
..
l’idea non basta così come non basta il concreto, servono entrambi.
..
L’unione tra intelletto e realtà è quello da cui nessuno può fuggire…
..
si nasce nella realtà, si fanno idee da cui nascono cose, poi si fanno cose da cui
nascono idee..
..
..
saluti.
>>Per il realista “pensare” vuol dire solamente organizzare
>>delle conoscenze o riflettere sul loro contenuto;
>>a lui non viene in mente di fare del pensiero il punto di partenza della sua riflessione, perché lui sa
>>che un pensiero è possibile solo se prima ci sono state delle conoscenze.
e anche qui c’è da opinare, come tutto quello che il filosofo dice e che non è mai l’ultima parola anzi…
..
Una riflessione si fa SU QUALCOSA quindi se non si ha perlomeno la percezione di quel QUALCOSA non c’è alcuna riflessione.
..
la riflessione su dio nasce dalla contemplazione del mondo o della propria interiorità
..
ogni idea nasce sempre da una conoscenza di qualcos’altro e l’inizio di tutto è la conoscenza
innata dell’istinto e quella che si apprende col corpo.
..
il neonato conosce prima il mondo col corpo, con le sue sensazioni
..
la riflessione viene dopo ma poggia su quella conoscenza acquisita e costruita man mano.
..
Senza alcuna conoscenza di alcunchè l’idea su cosa riflette ?
..
Se il nulla è inconcepibile allora anche l’idea che non ha alcuna conoscenza è assurda.
La prima conoscenza è quella dell’istinto, quella del corpo, e il filosofo che “principia” una riflessione
lo può fare perchè prima ha gattonato e tante volte è caduto per terra prima di poter fare una passo
sul mondo.
..
Allora grande elogio della mente ma parimenti del corpo
Il “mens sana in corpore sano” dice tutto, non è “corpore sano in mens sana” ma il viceversa.
..
La mente è nel corpo, l’idea è nella conoscenza del mondo che inizia col corpo.
E già tutto inizia dai sensi,quindi praticamente siccome i sensi ti mostrano che il sole si muove allora si muove.Dunque se la conoscenza inizierebbe solo dai sensi e ai sensi si riducesse allora una giraffa conosce tanto quanto un uomo,il filosofo moderno ha le stesse conoscenze di una giraffa.Che quindi sia necessaria una percezione d’accordo che sia sufficiente dubito che si sia d’accordo.Non so dov’è che hai visto,toccato,odorato,sentito,gustato un numero?Da nessuna parte,dunque diciamo che il riduzionismo al sensibile nella gnoseologia non è sufficiente.
@DANILO
danilo non estremizziamo un discorso che io stesso non ho affatto preteso come tale.
..
Ho scritto che la conoscenza “inizia” con i sensi ma ho anche scritto “grande elogio al pensiero”….
..
E’ chiaro che se la conoscenza inevitabilmente parte con il corpo poi viene potenziata dal pensiero il quale è in grado di aggiungere una conoscenza che i sensi non hanno ma pur sempre attingendo da quella conoscenza sensoriale già presente per forza di cose.
..
non possiamo sottrarci all’esperienza del corpo e andare in un mondo di sole idee, non è possibile, è questo che sto dicendo…
..
l’istinto è il suo primo strumento per fare conoscenza
..
Il numero in se non esiste però deriva dall’esperienza nel mondo delle cose. E’ avendo a che fare con quantità che l’idea poi di numerarle viene fuori.
..
L’infinito non esiste nell’esperienza concreta però scaturisce dal concreto nella contemplazione ad esempio del cielo notturno..
..
l’idea di dio nasce dal mondo
..
ma anche da una linea disegnata per terra che poi idealmente prosegue….
..
quello che volevo dire è che noi non siamo ne solo idee ne solo corpo… ma siamo idee in un corpo.
..
è chiaro che non si riduce tutto ai sensi ma nemmeno puoi elevare tutto alle sole idee.
..
Il numero non lo odori ma nemmeno puoi avere l’idea dell’odore se non hai odorato….
..
capisci che la mente senza il corpo difetta così come il corpo senza la mente…. noi siamo corpomente, è questo che sto dicendo.
Ahimè dopo tutto questo discorso inutile,l’infinito ancora non è dimostrabile nell’esistenza reale.
Vedi che la filosofia moderna è inutile e mera poesia pregna di fallacie ,visto il cielo stellato e allora non implica che è infinito nella sua esistenza reale.
@DANILO
la conoscenza inizia quando nasciamo con i sensi, con l’istinto.. il mondo delle idee, delle riflessioni, della speculazione viene dopo ma sempre poggia sulla conoscenza che si è già appresa. Ho detto poggia non ho detto che si sottomette.
..
L’essere umano vedeva il sole e pensava fosse dio..
..
prima VEDEVA poi PENSAVA
..
ad un certo punto ha capito cosa è il sole….
..
CAPITO e COSA E’…..
…
il numero non ha odore però per poter numerare devi prima aver avuto a che fare con il mondo altrimenti cosa numeri…
..
l’idea del numero nasce dal mondo
..
Per avere la sensazione dell’odore prima devi odorare….
…
prima ci devi aver messo il naso.
..
Prova a spiegare la luce, i colori, a chi non vede, non puoi… però anche chi non vede può percepire la luce sentendo il suo calore sulla pelle….
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saluti
Ma purtroppo ahimè nel mondo non ho mai visto numeri.
Come fa un cieco DALLA NASCITA a saper contare?
Quindi infatti ti hanno detto è NECESSARIA non è SUFFICIENTE.
Post hoc ergo propter hoc sono i più semplici da confutare.
anche se chiudo gli occhi continuo a pensare,e penso che quindi tenere aperti gli occhi non implichi pensare.Per cui non è suficente vedere per pensare.
Se non percepisci prima il mondo come fatto di cose enumerabili il numero non ha alcun senso ne potrai mai pensarlo.
..
Il neonato non sa contare perchè prima dell’idea del numero viene la percezione delle cose enumerabili.
..
Prova a spiegare i numeri senza parlare di niente di concreto. non puoi dire un numero è quel “segno” che indica quante cose…. perchè non hai l’idea delle cose, del quante cose, del distinguere le cose… prima devi capirlo vivendo TRA le cose.
…
prova a dire cosa è il numero 1 senza appigliarti a niente di esperito, niente di reale, niente di niente.
…
come fai a spiegare il numero a chi non ha la minima coscienza dell’enumerazione delle cose ? che ci sono cose ? che non ha mai toccato niente altro da se, ne di se sa di essere fatto di “tante” cose ?
..
è come spiegare i colori a chi non vede, non puoi.
…
Ieri pensavo di andare a Roma.oggi ho pensato di non andare a roma.Ho fatto 2 pensieri e non ho mai visto roma.
secondo luogo una straw man e quando il tuo interlocutore confutsa affermazione che non fai:non ho infatti nemmeno mai affermato:nè è necessario nè è sufficente,ma è necessario ma non sufficente.
Che cos’è il “corpo”?
che cos’è la mente ?
Realismo
E’ quella posizione filosofica che riconosce valore oggettivo alla conoscenza umana: si contrappone pertanto a qualsiasi forma di soggettivismo (fenomenismo, idealismo, criticismo ecc.). Si distingue in realismo “spontaneo” o ingenuo e realismo “filosofico” o riflesso. Spontanea è la posizione del senso comune; filosofica è la posizione di una riflessione che argomenti direttamente oppure indirettamente il valore oggettivo della conoscenza umana.
La posizione noetica di S. Tommaso è senz’altro quella del realismo: è La posizione che egli difende espressamente quando mostra che la nostra conoscenza ha carattere intenzionale, ossia ha sempre di mira gli oggetti e non è semplicemente specchio di se stessa. S. Tommaso critica vivacemente la concezione soggettivistica della conoscenza, per cui nel conoscere si sarebbe consapevoli solo delle proprie impressioni. A suo giudizio “una tale opinione risulta chiaramente falsa quanto meno per due motivi. Primo, perché l‘oggetto della nostra intellezione si identifica con l’oggetto delle scienze. Se dunque noi conoscessimo soltanto le specie intenzionali presenti nell’anima nostra, ne seguirebbe che tutte le scienze non avrebbero per oggetto le cose reali esistenti fuori dell’anima, ma soltanto le specie che si trovano in essa. Difatti i platonici, i quali pensavano che le idee fossero intelligibili in atto, ritenevano che le scienze avessero per oggetto le idee. Secondo, perché ne seguirebbe l’errore di quei filosofi antichi, i quali affermavano che “la verità è ciò che sembra a ognuno”; e così sarebbero vere anche le asserzioni contraddittorie” (I. q. 85, a. 2).
Nel realismo tomistico la realtà la verità dell’oggetto si impongono sin dal primo momento, perché la conoscenza non è che conoscenza dell’oggetto, conoscenza dell’essere (vedi, CONOSCERE). Nella gnoseologia di S. Tommaso non c’è nessun contrasto e neppure nessuna barriera tra il conoscere e l’essere. Al contrario conoscere non è altro che apertura verso l’essere: e il verbo mentale è l’essere stesso concepito dalla mente. L’essere è il pane del conoscere. Senza l’essere il conoscere si estingue, muore. Così S. Tommaso non avverte nessuna necessità di costruire un ponte tra il soggetto e l’oggetto: quel ponte che è diventata la spina nel fianco di tutta la filosofia moderna, perché, nella sua concezione, soggetto e oggetto si trovano disgiunti soltanto in un secondo momento, quello della riflessione.
Solo riflettendo sulla natura del conoscere si prende coscienza che altro è il conoscere e altro l’essere. Ma è una distinzione che viene dopo l’unità e non viceversa come vorranno farci credere Cartesio e tutti i suoi innumerevoli discepoli. “Nella noetica di S. Tommaso, tutto si fonda sopra l’esperienza elementare che le cose possono esistere in due modi: primo, in se stesse; secondo, in noi e per noi (cioè in quanto siamo coscienti della loro esistenza e a conoscenza della loro natura). Questo non ha bisogno di essere dimostrato: è un fatto irriducibile, che svolge, nella filosofia di S. Tommaso, la funzione di un principio. E il riconoscimento di ciò domina tutta la teoria della conoscenza, che può essere sintetizzata in queste poche parole: ogni cognizione di un oggetto diverso da noi è una relazione reale tra il nostro essere e un altro ente. Lungi dall’immaginare un mondo di cose in sé da una parte e un mondo di conoscenze dall’altra, S. Tommaso considera questi due ordini come sempre dati, insieme e inseparabilmente, entro un’unica e singola esperienza. Non vi è modo di giustificare questo fatto primitivo” (E. Gilson).
Brano tratto da
“LA TEOLOGIA, DISCORSO SU DIO E ANNUNCIO DEL MISTERO”
G. Tanzella-Nitti
Pontificio Ateneo della Santa Croce
Facoltà di Teologia
Il contributo di Tommaso d’Aquino
Ci resta ora da compiere un ultimo passo. I suggerimenti offertici dalla
Rivelazione giudeo-cristiana circa la possibilità di un discorso su Dio, e circa la
garanzia che esso non resti confinato all’interno del nostro orizzonte antropologico,
dipendono da una razionalità puramente donata oppure possono essere espressi
mediante un linguaggio filosofico coerente, significativo anche per una razionalità
che non nasca dalla fede? Un simile linguaggio, se esiste, saprebbe mantenersi
sufficientemente rispettoso del mistero, senza vanificarlo? E’ nel contesto di queste
domande che vorrei riferirmi, in questa ultima parte del mio intervento, al pensiero
del Dottore Angelico.
Tommaso d’Aquino risponderebbe che questo linguaggio esiste ed è quello
dell’analogia dell’essere, opportunamente affiancato dall’uso della triplice via
affirmationis, negationis, ed eminentiae. Sebbene presente in molte sue opere
teologiche, si tratta — come è noto — di un itinerario che l’Aquinate costruisce e
sviluppa in sede filosofica. Ascoltiamone le parole ben conosciute della quaestio 13
della I Parte della Summa: “Noi possiamo nominare una cosa a seconda della
conoscenza intellettuale che ne abbiamo (…). Dio non può essere veduto da noi in
questa vita nella sua essenza, ma è da noi conosciuto mediante le creature per via di
causalità, di eminenza e di rimozione. Conseguentemente, può essere da noi
nominato con termini desunti dalle creature; non però in maniera tale che il nome,
da cui è indicato, esprima l’essenza di Dio quale essa è, (…) perché la sua essenza è
al di sopra di tutto ciò che noi possiamo concepire o esprimere a parole”13. Continua
Tommaso: “Nessun nome si attribuisce in senso univoco a Dio e alle creature. Ma
neanche in senso del tutto equivoco, come alcuni hanno affermato. Perché in tal
modo niente si potrebbe conoscere o dimostrare intorno a Dio partendo dalle
creature (…). E ciò sarebbe in contrasto sia con i filosofi, i quali dimostrano molte
cose su Dio, sia con l’Apostolo, il quale dice ‘le perfezioni invisibili di Dio si
rendono visibili perché comprese attraverso le cose create’ (Rm 1,20). Si deve
dunque concludere che tali termini si affermano di Dio e delle creature secondo
analogia, cioè proporzione”14.
Per tutto il nostro discorso riveste un certo interesse il fatto che Tommaso
comprenda l’analogia in modo indissociabile dalla causalità trascendentale
dell’essere, poiché ogni rapporto di somiglianza fra Dio e le creature, alla luce della
sua dottrina sulla partecipazione, è inquadrato dall’Angelico nella cornice delle
relazioni fra la causa ed i suoi effetti. Dovremmo dire che l’analogia tomista è una
nozione assai più ontologica che gnoseologica. “Se diciamo, per esempio, che in
Dio è vita — commenta Gilson — diciamo qualcosa che è vero di Dio, poiché se
non ci fosse vita in Dio, causa prima, non vi sarebbe vita in nessuno dei suoi effetti.
Come, sotto che forma, e in che senso, si può dire che in Dio vi sia vita, è un altro e
diverso problema; il punto attualmente in discussione è che esiste almeno un senso
in cui è vero che Dio è vita”15. Orbene, è proprio questo ancoraggio dell’analogia
alla causalità ed alla partecipazione a fare del linguaggio dell’analogia una
razionalità pienamente coerente con quel collegamento fra parola creatrice e parola
storico-profetica che la teologia aveva indicato come fondazione, interna alla fede,
del suo poter parlare di Dio.
Ritengo che l’analogia dell’essere costituisca ancora un raccordo necessario al
discorso su Dio svolto all’interno della fede. Essa fornisce le precomprensioni a
partire dalle quali l’analogia della fede possa divenire un sapere sensato16.
L’importanza dell’analogia come espressione della corrispondenza fra parola
creatrice e parola storico-profetica va al di là del dibattito sulla insufficienza di un
sapere concettuale, così come sollevato ad esempio da Heidegger, o sulla necessità
di un sapere metaforico, come opportunamente sottolineato da Ricoeur e, prima di
lui, da molti altri pensatori17. Anche se la nostra conoscenza ed il nostro linguaggio
su Dio fossero trasmissibili mediante la comunicazione di un’esperienza personale,
la riproduzione di simboli o di immagini, o con la comunicazione di una qualche
intuizione aconcettuale, la universalità e la comunicabilità di queste forme di sapere,
se proviene dal reale e vuole orientare altri verso il reale, poggerà sempre, in ultima
analisi, su una analogia entis.
Tommaso è cosciente che l’analogia può fornire solo una conoscenza limitata ed
imperfetta, un sapere che non dissolve il mistero; e questo non soltanto per
l’indicibilità dell’essenza divina, ma anche per la particolare dialettica che il
rapporto somiglianza/dissomiglianza, insita in ogni discorso analogico, assume
quando si vuole parlare di Dio18. Eppure, nonostante tutto, siamo di fronte ad una
conoscenza vera, ad un linguaggio che la ragione può riconoscere sensato. In un
significativo testo della Contra Gentiles, Tommaso dimostra un così grande
equilibrio e profondità, da chiamare anch’egli Dio — come farà Barth sette secoli
dopo — il Totalmente Altro; ma non per questo tralascia di affermare che il
riconoscimento di questa radicale alterità non è per la ragione naturale una sconfitta,
ma, paradossalmente, rappresenta la sua vetta più alta: “Per mezzo degli effetti noi
sappiamo che Dio esiste e che Egli, in quanto causa di tutti gli enti, è del tutto
trascendente ad essi e del tutto diverso (supereminens et ab omnibus remotus).
Questo è l’estremo e il più perfetto esito della nostra conoscenza nella vita
presente”19.
Nell’esposizione della triplice via dell’affermazione, della negazione e
dell’eminenza, ritroviamo il medesimo realismo e, al tempo stesso, il medesimo
rispetto per l’incomprensibilità del mistero; lezione, quest’ultima, che Tommaso ha
appreso e fatta propria alla scuola dello Pseudodionigi20. Il realismo della triplice via
del linguaggio su Dio si manifesta in primo luogo nella priorità della via
affirmationis, priorità di ordine logico, assai prima che cronologica. La negazione di
ciò che al linguaggio su Dio non conviene, non solo si realizza grazie al suo
riferimento verso ciò che già si è riconosciuto conveniente, e perciò sensatamente
affermato, ma contiene anche al suo interno, proprio come ratio negandi, l’intento di
una affermazione, anzi di una super-affermazione21. In secondo luogo, la via
eminentiae — ed è questo un punto della massima importanza — non rappresenta il
semplice prolungamento geometrico o spaziale, per dirlo in qualche modo, della via
affirmationis. La proporzione fra creatura e Creatore non è geometrica, ma, ancora
una volta, rimanda al contesto della causalità e della partecipazione trascendentale:
la via dell’eminenza è la stessa via della trascendenza. E’ su questa strada dove la
ragione incontra inevitabilmente la necessità di dover tacere. Ma proprio perché
causalità, e causa di qualcosa di cui si partecipa realmente, la trascendenza non è
vista sotto il segno della separazione, ma coinvolge anche la sua immanenza negli
effetti, quale fondamento della dipendenza dell’ente finito dalla causa del suo
essere22.
Se il linguaggio dell’analogia si accorda con quel primo aspetto della
Rivelazione che abbiamo chiamato “corrispondenza fra parola creatrice e parola
storico-profetica”, nella triplice via dell’affermazione, rimozione ed eminenza ci
troviamo di fronte ad un itinerario razionale di approccio all’Assoluto che ben si
coniuga con quel secondo aspetto della Rivelazione discusso in precedenza; cioè la
sua conformità ed insieme la sua eccedenza salvifica rispetto alle aspettative umane,
come garanzia di un parlare significativo di Dio che uscisse da un orizzonte
antropologico chiuso. La triplice via tomista dischiude la dinamica di tre momenti
della ragione naturale: il primo è quello in cui, nella domanda sull’Assoluto, la
ragione vi riconosce un appello significativo; il secondo è l’osservare che
quell’appello rimanda ad un contenuto non pienamente formalizzabile dalla ragione,
né concettualizzabile in termini soddisfacenti; il terzo momento rappresenta
l’apertura della ragione a riconoscere tale contenuto secondo termini e categorie
diverse da quelle che essa si attenderebbe, come qualcosa che soddisfa ciò che si
desidera, ma supera in modo eccedente ciò che si stava cercando. Il momento
dell’eminenza è in realtà il momento del silenzio, il momento della ragione che tace
e che si apre alla rivelazione dell’Altro, l’Unico che può dare la misura di quanto
valesse quella eminenza. Sulla via dell’eminenza, gli attributi divini giungono allora
fino ad identificarsi con l’essenza divina, ed una analogia legata al linguaggio della
creazione diviene pertanto insufficiente. Sebbene la proporzione fra la creatura e
Dio sia come fra chi è causato e chi causa, fra chi conosce e chi è conosciuto — dirà
l’Angelico nel commento al De Trinitate di Boezio — “a causa dell’eccesso infinito
con cui il Creatore supera la creatura, non vi è proporzione nella creatura per poter
ricevere da Dio tutto l’influsso della sua virtù, né per conoscerlo così come lui stesso
perfettamente si conosce”23. L’unica conoscenza capace di partecipare di
quell’essenza è generata dalla vita della grazia, dove sarà una nuova analogia, quella
di una somiglianza soprannaturale e di una più alta proporzionalità, a legare la
creatura con Dio. Ciò che si partecipa è ora una filiazione, ed al Creatore ci si può
rivolgere con il nome di Padre, perché siamo resi somiglianti al suo Figlio e
chiamati a compartecipare del suo medesimo Spirito.
Non si può negare che la prospettiva di Tommaso, se confrontata con le
esigenze del pensiero contemporaneo e con le vicende che hanno accompagnato il
linguaggio su Dio nel pensiero critico e post-critico, debba essere certamente
integrata con ulteriori strumenti concettuali, oggi indispensabili per l’analisi del
linguaggio religioso e della stessa Rivelazione. Eppure, la sua analisi rappresenta un
fondamento irrinunciabile, spesso nascosto o implicito in molte formulazioni
contemporanee, sul quale può ancor oggi costruirsi quell’armonia fra la ragione e la
fede di cui non solo la teologia, ma anche quel pensiero filosofico che continua a
porre al centro della sua riflessione il problema dell’Assoluto, sentono
quotidianamente l’esigenza. Tommaso d’Aquino ci ha forse insegnato che un
Totalmente Altro di cui la ragione non potesse dire nulla sarebbe anche un
totalmente estraneo e, per la creatura, un totalmente assente. Il silenzio cui giunge
Tommaso sull’itinerario della via eminentiae è il silenzio della venerazione, non
come incapacità di parlare di Dio, ma come silenzio adorante di chi ha già utilizzato,
in un incessante crescendo, tutte le parole possibili. Sono le parole, diremmo oggi,
che la ragione ha speso di fronte al paradosso dell’universo giungendo a
riconoscerlo come mistero, le parole dell’uomo che di fronte all’enigma della
propria esistenza ha gridato al cielo e ha invocato tutto quanto poteva, fino ad
accettare di unirsi al silenzio di Cristo sulla croce, perché nel suo mistero pasquale la
parola suprema è stata già detta, e l’uomo, illuminato dallo Spirito, ne ha compreso
quale fosse il significato.
Se le parole spese di fronte al mistero del mondo e dell’uomo sono parole capaci
di condurre al silenzio adorante, allora la teologia ha la garanzia che un tale
linguaggio della trascendenza, indipendentemente dal cammino seguito, è quello
adeguato, perché le ha consentito di assolvere il suo fine: annunciare la sapienza di
Dio nascosta nel mistero.
@DANILO
>>Ieri pensavo di andare a Roma.oggi ho pensato di non andare a roma.Ho fatto 2 pensieri >>non ho mai visto roma.
non è così semplicistico:
..
quel pensiero lo puoi fare perchè hai imparato ad “andare da qualche parte” e Roma sai che è un nome che indica un posto.
..
se non sai cosa significa “andare” perchè non il movimento non ti appartiene non lo puoi fare quel pensiero.
>>secondo luogo una straw man è quando il tuo interlocutore
>> confuta affermazione che non fai
>>non ho infatti nemmeno mai affermato
>>nè è necessario nè è
>>sufficente,ma è necessario
>>>>ma non sufficente.
a parte il fatto che si scrive “sufficiente” e non “sufficente”
..
non ti rendi conto che tu stesso fai lo straw man
e poi non rispondi alle domande perchè più volte ti ho chiesto il significato della definizione “ente maggiore di ogni altro”…
…
si può avere una risposta ?
Ieri un cieco è andato a roma si è mosso,ma non ha visto roma,in che senso poichè è cieco non puo muoversi?O non puo assimiliare il concetto spazio tra A e B.
Fatto:un cieco sa contare,opinione;il cieco non sa contare perchè prima deve vedere, se quindi non può vedere non sa contare.
Puo contare i suoi stessi pensieri,infatti se fosse necessario e SUFFICENTE vedere allora il cieco non saprebbe contare perchè non vede,ma il fatto è che sa contare.
E più volteì ti hanno detto leggi il pdf,e più volte fai finta di non aver ottenuto risposta.
tu estremizzi o semplifichi eccessivamente (il che è proprio quello che fa lo straw man del resto)
..
non puoi concepire lo spazio se prima non ti ci muovi
..
non occorre la vista per apprendere che ci sono oggetti intorno a te e che tu sei 1 contrapposto agli altri… e
questo, il non vedente, lo sa con il corpo
..
confondi il vedere col pensiero… pensare non è vedere… pensare
è astrarre sulla base di un conoscenza che hai già, quella del corpo.
..
il fatto di poter contare i pensieri deriva dal fatto che hai la conoscenza del conteggio… ma questo non lo inventa il pensiero ma lo astrae dalla conoscenza che gli ha dato prima il corpo.
..
Io non vorrei un pdf ma la tua personale interpretazione di quella definizione….
..
Non è necessaria nemmeno una falsa dicotomia O semplificare o estremizzare (o con me o contro di me è una fallacia pure questa)
Ma se pensare NON E’ VEDERE in che senso allora per pensare è sufficiente vedere?
Il fatto che posso contare e perchè posso contare ma siccome posso fare un conteggio ancvhe senza vedere in che senso allora per saper contare (o per avere conoscenza del contare) è sufficiente vedere.
Quindi se un cieco non può vedere uno spazio non dovrebbe muoversi ,un cieco si muove ugualmente.dunque non è necessario vedere uno spazio per muoversi entro uno spazio.La “conoscenza del corpo” (n-esima fallacia per ambiguità) quindi se non conosci l’anatomia umana allora non puoi muoverti,mai dato un’esame di anatomia umana, posso muovermi lo stesso non è necessario quindi conoscere dettagliatamente l’anatomia umana del corpo per muovermi.
E troppo divertente vedere l’inutilità della filosofia sofistica moderna a riprendere Platone:non sono scienziati nè politici,stanno sotto ai primi quanto ai secondi.
>>Ma se pensare NON E’ VEDERE in che >>senso allora per pensare è sufficiente
>>vedere?
ma chi mai ha sostenuto che per pensare si deve vedere ?
..
avrò fatto un esempio ma tu estermizzi prendendo l’esempio come il tutto.
..
ho scritto che per contare non è necessario vedere… ora mi vieni dire che avrei scritto il contrario…
…
>>Quindi se un cieco
>>non può vedere uno
>>spazio non dovrebbe muoversi
eeeee ????
…
perchè mai uno che non vede non dovrebbe muoversi ?
..
ti risulta che i non vedenti non possano muoversi ?
..
scusami ma tu rispondi fischi per fiaschi…
..
straw man io eh ?
..
Allora siamo d’accordo appunto su questo che pensare non è vedere,ma non ciamo contemporaneamente d’accordo su questo l’essere non è perecpire.
come fai a spiegare il numero a chi non ha la minima coscienza dell’enumerazione delle cose ? che ci sono cose ? che non ha mai toccato niente altro da se, ne di se sa di essere fatto di “tante” cose ?
Referenza al cieco,quindi
a)Il cieco ha coscienza dell’enumerazione delle cose anche se non vede
b)il cieco ha la nozione di spazio anche se non vede
c) il cieco ha la nozione di essere un uomo anche se non vede,esistono ciechi che conoscono l’anatomia umana anche se non vedono.
—–
Le domane retoriche allora rimangono tali.
Affermi:quel pensiero lo puoi fare perchè hai imparato ad “andare da qualche parte” e Roma sai che è un nome che indica un posto.
Non è che quel pensiero “lo posso fare perchè ho imparato ad andare da qualche parte”,che non significa assolutamente niente,andare da qualche parte significa muoversi da un punto A e B,muoversi da punto A a B significa avere in maniere necessaria la nozione di spazio nello stesso momento che lo affermo.evidentemente la nozione di spazio non è data solo dal senso della vista,dunque non è una percezione come non lo contare.
Ma muoversi per un cieco non significa affatto vedere dove va,ma avere la nozione di SPAZIO evidentemente la nozione di spazio non è solo sensibile.
Per conoscere allora tale nozione,che anche un cieco ha non è necessario in effetti la vista,il cieco CONOSCE la nozione di spazio senza mai avere visto uno spazio,e infatti la nozione di spazio e INTELLETIVA la ha anche un NEONATO.
L’esempi dell’anatomia era solo un modo per dirti,sono privi di significato i seguenti termini “conoscenza corporale” o “esperienza corporale.” ma la più fallace è questa “PERCEPIRE” (l :Avvertire qlco. per mezzo dei sensi )
Se vedere è una percezione perchè è un senso,non è necessario percepire uno spazio per avere sapere cosa è uno spazio.E più globalmente la nozione di percepire non è sufficiente per conoscere.
Percepire usata dai filosofi moderni per esempi o Barkley,e la fallacia per ambiguità che va più di moda.Specie quando dicono “l’essere è percepire” dicono l’essere e cio per cui si fa esperienza con i sensi,ma perfino chi non ha esperienza di almeno un senso può avere la nozione di spazio, contare, e conoscere.
@DANILO
>>Ma muoversi per un cieco non significa affatto vedere dove va
esatto, però si muove nello spazio, sa cosa significa muoversi nello spazio perchè lo fa.
>> evidentemente la nozione di spazio non è solo sensibile
E come è possibile avere la nozione di spazio senza avere un corpo
ossia senza mai essersi percepito nello spazio ?
..
Se dici che una dimensione può essere compresa senza percepirla allora ti chiedo di spiegarmi una ipotetica quinta dimensione laddove le prime quattro sono altezza, lunghezza, larghezza e tempo.
..
come puoi avere la conoscenza della quinta dimensione ?
..
>>il cieco CONOSCE la nozione di spazio senza mai avere visto uno spazio
>>e infatti la nozione di spazio e INTELLETIVA la ha anche un NEONATO.
No la nozione di spazio non è intellettiva perchè se togli il corpo
quindi non vedi, non tocchi, non percepisci alcunchè allora lo spazio non
lo puoi assolutamente definire.
..
>>Se vedere è una percezione perchè è un senso
>>non è necessario percepire uno spazio per avere sapere cosa è uno spazio
>>E più globalmente la nozione di percepire non è sufficiente per conoscere.
non puoi avere alcuna idea dello spazio senza alcuna percezione.
Senza i sensi non conosci niente perchè il pensiero non ha il minimo input.
>>l’essere è percepire
esatto: senza percezione il pensiero è vuoto.
>>ma perfino chi non ha esperienza di almeno un senso
>> può avere la nozione di spazio, contare, e conoscere.
vedi di sensi ce ne sono diversi e laddove ne perdi uno o non lo hai gli
altri sopperiscono in qualche modo.
Il non vedente ha gli altri sensi molto più sviluppati.
Un essere umano che non ha nessuno dei sensi funzionanti è un pensiero vuoto.
..
Prova ad immaginare di non avere mai avuto alcuno dei sensi e nemmeno il corpo
quindi non vedi, non senti, non tocchi, non gusti, persino non ti sei mai mosso…
…
cosa mai penserai se non hai niente su cui pensare ?
..
saresti un pensiero vuoto.
Vedi tu parti da un idea secondo la quale a priori non è cosi e posti delle domande io parta da un a posteriori e ed entri contraddizione perchè da un lato affermi:
“Non ho mai detto che un cieco non”….poi affermi “non non puo essere cosi”.
Perchè muoversi nello spazio è relativo,in relazione a quello che un cieco come chi ci vede benissimo,sostanzialmente perchè si muove è una causa finale.Quindi perchè raggiunga il punto B muovendosi lo fa per una causa finale che qui tuttavia è stabilità dal suo pensiero.
Io prima constato che il cieco,infatti le dimensioni sono postulate addirittura tu puoi postulare spazi a n dimensioni.Posto che ormai come ti hanno già detto la nozine di spazio e tempo non è propriamente quella di Newton,ma di spaziotempo Einsteiniano. Esse sono POSTULATE.
E possibilissimo visto che se chi manca di almeno un senso può farlo allora diventa possibile che lo definisca.Tu dice per conoscere qualcosa è necessario almeno un senso,ma tale senso non è che l’inizio,infatti se i sensi non ti ingannassero dovresti perfino dirmi che un prestigiatore e un’illusionista hanno dei poteri sovranaturali che li permettono di fare quello che i tuoi sensi ti dicono,invece sono i sensi che ti ingannano,e il prestigiatore sapendo benissimo che i sensi ingannano li illude.Per esempio anche se il senso della vista ti dice che qualcuno ti stia sparando,non è che se non vedi il proiettile perchè la risoluzione dell’occhio umano è inferiore alla sua velocità,dici il proiettile non esiste perchè non lo vedo e non lo sento, quindi possono spararmi quanto vogliono tanto se non lo percepisco non esiste.
SE cortesemente la fianiamo con le straw man e si capisce cosa significano i criteri di NECESSARIO/SUFFICENTE ti ho detto che non è sufficiente per conoscere.Infatti se MANCHI di qualche senso non implica che non puoi conoscere.
Ma guarda che avere un corpo non significa mancare di almeno un senso,e mancare di almeno un senso non implica non conoscere,quindi non percepire con un solo senso non significa che poi non si possa conoscere,e cioè non è sufficiente percepire per conoscere.Fatto:un cieco manca di un senso ma ha la nozione di spazio e puo anche conoscere la nozione di spazio ugualmente o al contrario tuo non dovrebbe muoversi,ma si muove,quindi ha la nozione di spazio.
E sopratutto non hai capito che se l’essere fosse percepire dovresti dire che tutto cio che sta alle tue spalle non esiste è il nulla se caminassi all’indietro cosa diresti che non hai più uno spazio sotto i piedi e che potresti precipitare nel nulla ?,il che è chiaramente una fantasia.Anche se chiudi gli occhi togliendoti il senso della vista momentaneamente ,il mondo non cessa di essere, è il tuo senso cessa momentaneamente di essere è fallace dire il viceversa e cioè:siccome non lo vedo allora il mondo non è,un’altro amabile sofisma della filosofia moderna,se cessi di vedere allora si implica che anche il mondo cessa di esistere (F) nemmeno da morto il mondo cessa di esistere,ne più nemmeno se ti arriva un proiettile contro e non lo vedi e non lo senti, non implica che non esiste.
Se percepire l’essere è sufficiente per sapere che un proiettile ti colpira, in che senso i proiettili non ti colpiscono anche se non li percepisci?Se l’essere è percepire in che senso un cieco non ha bisogno di” percepire” lo spazio per avere la nozione di spazio?
I sensi ingannano,possono essere messi inizio di un qualche processo che percepisce l’intero e le parti,non “prima le parti e poi l’intero.”
Se quindi conosci solo con i sensi allora nemmeno conosci poichè,sopratutto è ripeto un post hoc ergo propter hoc riguardo alla gnoseologia,se anche tu dicesso “x avviene prima di Y quindi io conosco perchè x avviene prima di y”.Dovresti dire anche siccome si è sempre pensato prima che il sole si muovesse di oggi o che i sensi prima vedono un qualche sole muoversi,allora siccome prima i miei sensi percepiscono che il sole si muove e questo che è ciò che percepisco allora il sole si muove,allo stesso modo la temporalatà dei sensi non giustificherebbe nessuna conoscenza poichè posta al principio con argomenti fallaci,quindi non si può stabilire come riduzione gnoseologica “l’esse est percepi” perche i sensi temporalmente precedono un dato,non ha logicamente senso.E dunque solo un atto di fiducia una credenza l’essere è cio che percepisco quindi conosco perchè la conoscenza puo avviarsi con i sensi.
carissimi Danilo e Roberto,
dopo tutti questi scambi arricchenti, accettereste una sfida?
sapreste condividere un singolo commento diviso in punti numerati, dove segnate i concetti di cui avete discusso, che condividete entrambi?
se avete difficoltà a mettervi in contatto me lo dite e ci penso io.
ciao,
@MAX
ciao, hai ragione guarda…
altro che scambi arricchenti, non ci sono risposte a domande dirette che ho fatto e i percorsi logici sono deliranti, in pratico io dico una cosa e mi si risponde a ciò che non ho detto…
..
addirittura mi si contesta “se conosci solo con i sensi”….
ma chi mai lo ha scritto ?
..
io ho scritto che la conoscenza INIZIA con i sensi poi si arricchisce con i pensieri elaborati, le astrazioni…
..
Io ho chiesto “mi dai la tua definizione di ente maggiore di ogni altro” ?
..
tu l’hai vista la risposta ? io no.
..
Se hai tu degli argomenti seri io rispondo volentieri, ma ai deliri di chi mi appella straw man e fa lo straw man (io credo lo faccia apposta a questo punto) non ha senso rispondere, è inutile.
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okay io ho detto la mia….
..
saluti
Si secondo la logica secondo Roberto.Come quella della teoria degli insiemi che non c’entrava niente?
Io lo ho vista se non vuoi leggerla in pdf,non posso obbligarti.
Hai postato parti delle affermazione di odi freddi,peraltro confutate.
E’ ovvio che te lo si contesta altrimenti non dai il termine di percezione ,al che ti hanno risposto che se la conoscenza iniziasse con i sensi,non significa che è conoscenza necessariamente.Iniziare con i sensi non significa conoscere
Io la ho vista nel pdf,oltretutto la più bella è stato il discorso sulla teoria degli insiemi.
E io ti ho risposto leggiti il pdf.Un po come contestare le prove ontologiche altrui partendo dai propri postulati senza mai riprendere i postulati di tali prove.
>>non hai capito che se l’essere fosse percepire
>>dovresti dire che tutto cio che sta alle tue spalle non esiste
essere è percepire non vuol dire che la percezione crea la realtà ma che esistere è in primo luogo percepire ossia il corpo e il mondo perchè gli esseri viventi nascono prima col corpo e con gli istinti già ben scritti nel DNA… i pensieri e le riflessioni vengono dopo proprio in senso temporale.
..
il linguaggio è una elaborazione della mente nata però dal mondo, si basa sul mondo: soggetti sono le cose, i verbi le azioni, gli aggettivi le proprietà delle cose..
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è il mondo che ha fatto scaturire il linguaggio.. la nostra mente si è basata sul mondo.. ma prima lo ha dovuto percepire..
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tu estremizzi non cogli l’esempio ma usi il singolo esempio, la singola parola come fosse il tutto. In poche parole estrapoli dal contesto e questo ti porta a credere in quello che vuoi tu… in pratica stai “parlando da solo”.
..
okay per forza non posso più risponderti se vai per la tua tangente e mi attribuisci cose che non penso…
..
Non colgo l’esempio dici:
“Il DNA percepisce ” il Dna vede?No che cosa percepisce il DNA nulla.
essere è percepire non vuol dire che la percezione crea la realtà ma che esistere è in primo luogo percepire
Se poi le petizioni di principio sono Logiche,ti avra insegnato questo il piccolo nipotino di Voltaire.Vediamo se per dimostrazione per assurdo questa affermazione è vera o falsa:
IP:Esistere è percepire.
a)Allora se l’ipotesi è fondata qualunque cosa esiste è percipita
b)Se è V allora non deve esistere niente che i miei sensi non possono percepire
c)Un corpo che va a una velocità superiore alla risoluzione del mio occhio non viene percepito dunque non esiste
d)Ma un corpo con velocità elevata anche se non è percepibile esiste comunque,lo deduce dagli efetti.
f)Se è vero che ciò che percepisci esiste ma è anche vero che ciò che non percepisci esiste comunque,allora c’è una contraddizione l’Ip è falsa.
L’altra modo di confutarla è anche questa:
“Chi dorme non esiste” ,stabilito che la definizione di percepire scaturisce dai 5 sensi.
@DANILO
vedi tu rispondi tutt’altro…
..
“il DNA percepisce” ma chi lo ha mai scritto ?
..
nel DNA c’è il progetto dell’essere vivente, non c’è il pensiero in atto… quello viene dopo…
..
tutta la tua “dimostrazione ” si basa su una “tua” incomprensione… tu estrapoli..
..
“in primo luogo percepire” significa che la prima cosa che
il tuo essere fa non è pensare ma percepire…
….
Se ti scrivo che la conoscenza INIZIA con i sensi poi si arricchisce con il pensiero è chiaro l’italiano ?
..
il pensiero può astrarre cose, il numero non esiste ma si basa su una conoscenza prima del mondo.
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stai contestando quello che io non ho mai scritto….
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leggi il contesto non usare 1 frase
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chi dorme casomai non piglia pesci !
Ciao ragazzi (Danilo & Roberto),
gli argomenti che trattate non sono così semplici ed elementari. Son soggetti a fraintendimenti. La cosa più facile che può accadere è non capirsi, il problema per Danilo non è Roberto. E per Roberto, il problema non è Danilo. Il problema è credere che si possa trovare una sintesi e uno scambio con il canale dei “commenti”. Purtroppo non sempre è così, e questo che vi vede protagonisti è uno di quelli. Provate a mettere giù i punti che condividete. Nessuno dei due è in malafede e nessuno dei due vuole giocare con le parole. Credeteci. E’ il canale scelto che vi sta ostacolando.
Se vi va, rileggetevi le 5 regolette della comuncazione buona ( http://www.enzopennetta.it/2014/07/informazione-scientifica-e-comunicazione/ ), io penso vi possano aiutare! Mettetevi in contatto per mail e chiaritevi su cosa siete d’accordo!
il mondo perchè gli esseri viventi nascono prima col corpo e con gli istinti già ben scritti nel DNA…
Dire che ciso ISTINTI iscritti nel DNA è indeducibile,nel senso che devono rapportarsi all’ambiente per avere un ‘istinto.
Affermi” il tuo essere fa è percepire” questa è la prima cosa.
Non significa niente,pero hai la pretesa che significhi qualcosa.
No io do significato ai termini non li lascio ambigui.
Quello che il mio essere fa NON E? pensare,ironicamente il filosofo moderno non pensa,percepisce dunque non pensa.
Ma se è copiato da quello che hai scritto.Non è che sai se scrivi cosi allora puoi avere la pretesas che sia cosi.
@MAX
ciao max
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con tutta la pazienza e la comprensione che posso avere sull’uso del mezzo virtuale che di sicuro porta incomprensioni (già il non vedersi è un bel problema.. infatti il “corpo” è importante nel pensiero come dicevo) il mio interesse era per le definizioni date su dio e in particolare
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1) ente maggiore di ogni altro
2) ente che non muta e vivendo in un eterno presente crea e lo fa anche al di fuori di se
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poi si è perso il lume… Danilo si è “accanito” su frasi singole perchè se prendiamo il contesto di quello che ho scritto io ho parlato dell’acqua calda ossia di ciò che è evidente…. il pensiero in noi viene dopo la nascita del corpo quindi, per forza poggia su una conoscenza istintiva presente prima di lui e questo influenza tutto ciò che si pensa. E’ chiaro che possiamo astrarre cose non esistenti ma sempre “invischiati” nella conoscenza del mondo siamo…
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il numero proviene dal mondo, il linguaggio pure… la matematica pure.. tutto..
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non possiamo non essere quello che siamo, è questo che sto scrivendo più e più volte.
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non è chiaro quello che ho scritto ?
Grazie Roberto.
Non esprimo per ora un mio parere.
Danilo, se vuoi, dì qualcosa anche tu.
Cosa condividi? cosa aggiungeresti?
Nulla
Che le domande munite di senso non sono retoriche.
a)La dimostrazione Logica è stata fornita,quindi si chiede cosa si contesti di preciso nel pdf fornito,eccetto la ovvia argomentazione ontologica (che necessità dell’ontologia),quindi si chiede dove sul piano logico sarebbe scorretta,tolti gli assunti metefisici.In termini LOGICI quindi con un sistema in linguaggio naturale non soggetto a ambiguità.Quindi di evitare la confusione tra i due livelli ONTOLOGICO e LOGICO.Rispetto a quello che di GOEDEL non ha quello che si presuppone debba dire.
b)ente che non muta e vivendo in un eterno presente crea e lo fa anche al di fuori di se
Che ti è stato dimostrato che presuppone un sofisma e cioè:quello che un essere maggiore per essere tale dovrebbe includere il mondo.O che generali le parti sono necessariamente maggiori del tutto.
La dimostrazione LOGICA FORMALE di un hic hoc propter hoc.
Dare significato ai termini,se infatti non muta non ha senso nemmeno parlare di presente,visto che si puo parlare di presente,solo in relazione a un passato e a un futuro.Dunque sarebbe da intendersi fuori dal tempo o dello spazio.
La definizione precisa del concetto esse est percepi ,in particolare di percepire precisa,non AMBIGUA.
NON HAI DEFINITO UN TERMINE DEI TUO ARGOMENTI,UNO ALMENO UNA VOLTA.
Evitare anche di preuporre cio che l’interlocutore pensa o nonpensa,quindi discutere senza RETORICA.De facto dice è istintivo o non è istintivo,se questo è Vero e tu ne sei a conoscenza,dovresti sapere cio che penso adesso,se lo sai allora hai facoltà fuori dal comune,cioè sapere ciò che penso prima di affermarlo,ma poichè siamo due enti distinti benché della stessa specie,non è ontologicamente possibile che lo sappia e viceversa,il che la declassa a una credenza:tu credi presupponi che sia istinto,senza peraltro poter sapere ciò che penso.
Se il pensiero viene dopo la nascita del corpo (hic hoc propter hoc) allora un neonato non pensa,ma il neonato pensa,certo in maniera diversa di un adulto e più semplice,ma è logicamente impossibile affermare che non pensa affermersti contemporaneamente che un neonato pensa e non pensa contemporaneamente?
E quindi nessun pensieri viene “prima o dopo “un corpo ma simultaneamente il che non implica simultaneamente indichi che contemporaneamente dire “prima del corpo”.In che se prima di questo vorrebe significare contemporaneamente a questo?
Se intendi dire simultaneamente allora ti contraddici affermi “prima di”,e quindi O è simultaneamente o Prima del corpo.
Per me è simultaneamente non prima,prima di in tal senso non è che l’ingresso dell’hic hoc propter hoc.
@DANILO
>>se il pensiero viene dopo la nascita del corpo
secondo te una cellula pensa ?
..
secondo te un embrione pensa ?
..
no perchè il corpo è fatto di una prima cellula… poi tante poi diventa un embrione…
..
appena nati non si è in grado di usare alcuna logica, il pensiero è discontinuo, si apprende con il corpo…
si portano le cose alla bocca, si strilla, le sensazioni svolgono una parte essenziale….
..
Quando parli di “pensiero” mi dici cosa intendi ?
..
Innanzitutto ragazzi,
avete un’occasione più unica che rara. chiarirvi a Roma l’11 Ottobre. Ma ci pensate? Mentre Giorgio Masiero racconta come gli è venuto in mente di scrivere la Vita è Fisica, voi – in una sala laterale – a colpi di filosofia cercate di capirvi. Fantastico. Dico sul serio, sarebbe una bella opportunità.
Tornando ad oggi,
@Roberto, che ne dici dei punti 1 e 2 scritti da Danilo? se non sei d’accordo, puoi definire i concetti che userai per argomentare?
@ Danilo, non dare per scontato quello che condividete. quel NULLA iniziale.. neanche due sassi non si comunicano nulla. Riesci a essere più costruttivo? 😉
Essere costruttivi non vuol dire MAX che si possa costruire qualcosa con chi usa argomentazioni note della sofistica.Se poi si continua perfino a rifiutare a priori dimostrazione per assurdo buonanotte allora sarebbe parlare giusto per parlare.La pretesa è quindi controconfutare l’argomento non riaffermare di nuovo lo stesso argomento,se vuole puo usare le 10 norme della pragmadialettica,ma queste prevvedono la cessazione di qualsiasi sofisma.
http://www.filosofiablog.it/argomentazione/pragma-dialettica-3/
http://www.filosofiablog.it/argomentazione/pragma-dialettica-4/
Ma non puo essere solo uno ad ammetterle e l’altro no.
@ Danilo @ Roberto.
Ho paura che continuando ad usare questi TONI non costruirete un gran dialogo fra voi.
@DANILO
siii hic ed hoc…..
..
>>Che ti è stato dimostrato che presuppone un sofisma e cioè:
>>quelloche un essere maggiore per essere tale dovrebbe
>>includere il mondo
>>O che generali le parti sono necessariamente
>>maggiori del tutto.
quindi, ti ripeto, “maggiore” cosa significa ?
..
..
>>se infatti non muta non ha senso nemmeno parlare di presente
..
eterno presente lo ha scritto il prof. Masiero, e infatti io chiedevo spiegazioni.
..
Scriveva:
..
“Dio crea il mondo, in questo caso cambiando il Suo stato. Ma la condizione di un eterno pieno presente.”
..
@MAX
secondo me non c’è speranza….
..
se uno non capisce quello che gli viene detto ma argomenta per fatti suoi, non c’è proprio speranza.
..
Avrò fatto le stesse 2 domande 10 volte… ho ricevuto “hic ed hoc” e “non sequitur” vari…
…
ma risposte… tu ne hai viste ? io no…
..
è ovvio che non si vuole rispondere, meglio scrivere “hic ed hoc”, “non sequitur”… tutto pur di non rispondere… è un giochetto vecchio come il mondo.
..
quanto alle logiche accampate…. su cosa poi boh…
..
ho letto anche la contestazione “Ma il DNA non percepisce niente”….
..
e vorrei ben vedere…. magari la prossima volta mi si contesteranno i puffi tra i capelli, non so…
…
purtroppo ogni mio tentativo sta naufragando nel mare del “me la suono e me la canto”
…
altro che workshop e filosofeggiare in un angolo… giusto una birretta… hehe…
@DANILO
>>Se poi si continua perfino a rifiutare a priori dimostrazione per assurdo buonanotte
bene…
..
ho detto che il pensiero nasce dopo il corpo e ovviamente il corpo inizia dalla sua prima cellula.
..
supponiamo che il pensiero nasca prima del corpo:
..
allora dovremmo avere che il pensiero non è nel corpo, sta da qualche altra parte.
..
si ma dove ? dove sta il pensiero senza il corpo ?
..
è ovvio che niente ci spinge a pensare che il pensiero preceda il corpo, quindo non possiamo certo pretenderlo, possiamo metterci un punto interrogativo ma nulla più.
..
Allora il pensiero nasce contemporaneamente col corpo ?
..
se così fosse dovremmo avere che le singole cellule pensano, perchè il corpo nasce da una cellula, poi 2 poi 4 ecc…. tutte pensanti….
..
ebbene le cellule pensano ?
..
non sembra proprio…
..
allora l’unica cosa sensata è che il pensiero nasce dopo il corpo, non abbiamo alcuna ragione di credere il contrario ma proprio alcuna,,, se non la fede ma quella è una opinione personale non una evidenza, una motivazione valida oltre la fede.
..
se vogliamo dire che le cellule pensano o che il pensiero sta chissadove prima del corpo, boh… allora io dico che i puffi vivono sotto il mio letto ma sono invisibili e tu lo devi accettare.
..