Dall’iniziativa “Orvieto scienza” è nata la proposta dell’istituzione di una “Authority” scientifica.
Ma non è necessaria, la scienza se la passa abbastanza male anche senza.
E alla fine l’iniziativa “Orvieto scienza”, il convegno tenutosi dal 28 febbraio al 1 marzo, ha dato i suoi frutti, l’evento che si svolge annualmente sulla stessa rupe d’Ignimbrite dove sorge lo splendido Duomo, era partito a razzo e non poteva che finire con una solenne iniziativa. Ma andiamo con ordine, quest’anno il tema trattato ha riguardato il rapporto scienza-diritto, come riportato sul sito education2.0, il primo intervento ha riguardato il noto caso delle cellule tumorali pelavate nel 1951 ad Henrietta Lacks e da allora utilizzate in quasi tutti i laboratori del mondo e sulle quali i famigliari reclamano una violazione della privacy familiare. Ad occuparsi di questo caso è stato il prof. Pievani, ma sul sito non viene riferito nulla sulle considerazioni emerse nella relazione, quindi se ne prende atto punto e basta.
Riguardo al secondo intervento possiamo leggere quanto segue:
C’è un problema forse ancora più ardito: è quello di una roboetica per il post-umano, periodo della storia umana che si sta affacciando alla ribalta. Questione sollevata da Giuseppe O. Longo (Università di Trieste) pensando a una società in cui dovranno convivere uomini, uomini OGM (in cui sono state fatte precise scelte genomiche), simbionti uomo-macchina (cyborg sempre più perfetti), robot e la famosa “rete” che aspira a unire umani e macchine “in una creatura planetaria e supersocietaria dotata di intelligenza connettiva”.
La roboetica solleva effettivamente problemi legati alla possibilità di manipolare o no gli esseri umani, ma qui sembra dato per scontato il fatto che se si può fare si farà, e quindi si va direttamente a ragionare sulla regolamentazione degli uomini-macchina e degli umani OGM “in cui sono state fatte precise scelte genomiche”, leggi “eugenetica”. Forse valeva la pena non saltare qualche passaggio e parlare di quali dovrebbero essere i limiti della manipolazione sull’Uomo. Pazienza, qui si prende atto che al convegno domina la linea che se si può fare allora si farà. Però, poi si finisce con l’affrontare il tema della “famosa “rete” che aspira a unire umani e macchine “in una creatura planetaria e supersocietaria dotata di intelligenza connettiva” come direbbe il leggendario Jep Gambardella in una delle scene clou della Grande Bellezza: “di fronte all’affermazione creatura planetaria e supersocietaria dotata di intelligenza connettiva crollerebbe qualsiasi gentiluomo…“, e allora cari signori non si può fare a meno di dire che la manifestazione non dovevate chiamarla ‘Orvieto scienza’ ma ‘Orvieto fantascienza’, perché se non fosse stato per la cornice semi-istituzionale in cui tali discorsi sono stati inseriti ci sarebbe stato da pensare ad uno scherzo di carnevale. Di questo si occupa l’ANISN?
A seguire si è continuato a parlare del “post-umano”, come riferito sempre sullo stesso sito:
Nella sfera del post-umano si è collocato anche il contributo di Amedeo Santosuosso (Università di Pavia e Presidente di ECLT-European Centre for Law, Science and New Technologies) che ha parlato dei recentissimi strumenti elettronici che possono aiutarci nel programmare meglio la vita, ma anche limitare, e molto, la libertà. Anzi, la definizione di “essere umano“ può essere talmente manipolata, e con essa quella di libertà, da rendere un’illusione la nostra autonomia.
Passando a parlare di robot o simili, Santosuosso ricorda il problema degli “emuloidi” che potrebbero raggiungere una sensibilità tale da diventare oggetto di diritto e quindi aprire una nuova pagina nella storia della giurisprudenza.
Come se il post umano fosse una realtà dietro l’angolo (anche questa possibilità anziché discuterla sembra che sia data per inevitabile), dopo aver trattato, probabilmente a ragione, dei rischi per la libertà derivanti dalle nuove tecnologie (ci saremmo aspettati una bella relazione sulla NSA e il caso Snowden), si è invece finito col parlare di “emuloidi” che potrebbero raggiungere una sensibilità tale da diventare oggetto di diritto e quindi aprire una nuova pagina nella storia della giurisprudenza. Anche qui Orvieto fantascienza (o pseudoscienza?) proprio non ce l’ha fatta a trattenersi ed saltata fuori.
Dalla fantascienza si esce finalmente con l’intervento del prof. Pellizzoni dell’Università di Trieste che ha affrontato un tema di grande rilevanza:
Pellizzoni ha preso in esame alcuni aspetti della “cittadinanza scientifica” che va dal diritto-dovere a una dignitosa educazione scientifica e a una divisione dei compiti tra chi fa scienza e chi decide sugli esiti pubblici dell’attività scientifica.
“Cittadinanza scientifica” è anche saper distinguere il mondo della scienza da ciò che riguarda la società propriamente detta, ma anche, argomento attualissimo, saper dirimere consensi e conflitti sulle scienze naturali nella scuola, troppo spesso vissuti sotto l’effetto di emozioni che con la scienza non hanno proprio nulla a che fare.
Ed ecco che infine è giunto l’intervento in cui si parla di Authority:
Chiara Ceci (Royal Society, London) ha illustrato l’attività delle “Learned Societies” inglesi, associazioni costituite da accademici e da specialisti di una specifica disciplina che favoriscono la circolazione del sapere organizzando conferenze scientifiche, presentando nuove ricerche o pubblicando riviste e libri.
L’impegno della Royal Society londinese, e delle altre società, è rivolto ad arricchire la cultura scientifica dei politici inglesi. Infatti, la Royal Society lavora a stretto contatto con il “Parliamentary Office of Science and Technology” e il “Parliamentary and Scientific Committee”, due uffici presenti a Westminster (come negli altri parlamenti dell’U.K.) con lo scopo di fornire consulenza alla classe politica su tematiche scientifiche e tecnologiche.
L’intervento di Chiara Ceci è servito di base agli organizzatori di “Orvieto Scienza” per la richiesta d’istituire in Italia un’Authority scientifica analoga, che metta ordine tra le miriadi di comitati e commissioni nominate dal ministro di turno, aiutando non solo la cittadinanza a capire le questioni scientifiche rilevanti, ma anche la classe politica a fare il suo lavoro di scelta consapevole, guidata da esperti di chiara fama e, una volta tanto, al di sopra delle parti.
Il discorso si fa delicato, infatti la costituzione di un’Authority rischia di creare più problemi di quanti ne voglia risolvere, bisogna ricordare che il modello indicato come riferimento, la Royal Society, nacque dall’idea di Francis Bacon di una specie di casta sacerdotale che orientasse le decisioni politiche, idea che espresse nell’opera New Atlantis. La Royal Society non fu mai autonoma dalla politica, ne fu anzi strumento tutt’altro che indipendente, nonostante il nome che tale istituzione ha nel mondo non è proprio un riferimento da prendere se si vuole parlare dell’autonomia della scienza dal potere politico.
Ed è a questo punto che salta fuori il “Manifesto di OrvietoScienza“ in cui vengono proposti 6 punti da attuare:
1. La scuola è la nuova agorà.
2. A scuola si deve insegnare a capire, per stimolare immaginazione e intuito, per sviluppare fertilità mentale, per ripulire la mente da dottrine e pregiudizi, utilizzando gli strumenti della scienza e tenendo aperto lo spiraglio del dubbio su quello che ci viene detto e quindi che cosa e come domani verrà modificato.
3. La libertà d’insegnamento non può far da schermo alla diffusione della cultura antiscientifica o pseudoscientifica.
4. La scuola deve dare gli strumenti per accedere alla cittadinanza scientifica.
5. Si richiede l’istituzione di una Authority indipendente, sul modello delle Royal Society o delle National Science Foundation, che, con la necessaria autorevolezza, abbia il compito di illustrare ai media, ai politici e agli interlocutori delle agorà pubbliche, come la scuola, lo stato dell’arte su determinate questioni scientifiche. E’ molto pericoloso lasciare il vuoto attuale.
6. La scuola deve promuovere la sinergia tra i ricercatori, i divulgatori, la comunità scientifica e il territorio di riferimento e disseminare iniziative a tal fine, così da favorire una diffusa alfabetizzazione scientifica.
A parte le riserve sul modello della Royal Society c’è da notare un riferimento ad una “ripulitura della mente da dottrine…“, frase che o è scritta da qualcuno che non sa cosa dice oppure suona come un’invasione di campo nella metafisica. Ma ancor più insidioso è il passaggio del punto 3 in cui si intende inaugurare un maccartismo verso chi non dovesse essere trovato conforme all’ortodossia proposta dall’Authority. La libertà comporta dei rischi, e il fatto che qualcuno potrebbe abusare della libertà stessa non giustifica un clima di sorveglianza, ricordiamo che un’Authority in sé rappresenta un forte pericolo d’infiltrazioni di lobby, in confronto il presunto vuoto (non esistono le università?) sullo stato dell’arte su determinate questioni scientifiche, è molto inferiore.
Ma l’idea dell’Authority è stata ripresa anche su Pikaia che ha aggiunto del suo in un articolo, ripreso anch’esso da education 2.0, nel quale ci si lancia in un’analisi sul perché spesso su questioni in cui è coinvolta la scienza l’ultima parola finisca alla magistratura:
Perché, in Italia, ci troviamo in questa situazione?
Una delle ragioni, se non la principale, è la mancanza di alfabetizzazione scientifica della cittadinanza, in particolare proprio di quei cittadini deputati a prendere decisioni politiche e giuridiche. Alfabetizzazione scientifica che è compito primario della scuola, ma che non è certo promossa dalle politiche scolastiche, né recenti né remote.
Per quel che riguarda le decisioni su argomenti che rivestono carattere scientifico, lo spread culturale e la dispersione delle opinioni sono massimi, perché nella società manca una cultura scientifica di base robusta, comune e condivisa.
Non viene spiegato poi perché la mancanza di alfabetizzazione scientifica sarebbe da imputarsi genericamente alle politiche scolastiche, chi vuole insegnare bene la scienza ha attualmente ore settimanali di lezione e strumenti di base per farlo, e come una tale Authority dovrebbe entrare in tali politiche.
Che l’idea di un’Authority scientifica sia da respingere viene confermata dalla parte finale dell’articolo pubblicato su education2.0:
Gli studenti del liceo “Ettore Majorana” di Orvieto (il liceo da cui parte l’idea e l’organizzazione di “OrvietoScienza”) hanno presentato il documento “Per una carta dei diritti dei senzienti”. Chi sono i senzienti? Gli esseri umani, gli animali e, perché no, gli extraterrestri, ma forse anche dei robot perfetti – e per ora immaginari – che potrebbero acquisire una qual forma di coscienza.
Tutti costoro diventerebbero soggetti aventi diritti e gli studenti si sono impegnati nell’attribuirglieli; ma poi l’interesse dei ragazzi è tornato alla specie umana e alle tematiche dolorose del fine vita, che sono state espresse attraverso le parole di Piergiorgio Welby.
I risultati dei seminari pseudoscientifici (che sarebbero presumibilmente approvati dall’ipotetica Authority) sulla coscienza dei computer e altre bizzarrie, ha infine dato i suoi frutti portando gli studenti che vi hanno assistito a cadere nella pseudoscienza che si voleva denunciare!
Infatti gli incolpevoli studenti dell’Istituto ospitante hanno infine prodotto un documento pseudoscientifico in linea con quanto hanno ascoltato (il CICAP indaghi per l’amor del cielo!), documento con il quale si intende tutelare i diritti nientemeno che degli extraterrestri e dei robot!
Ma poi, per fortuna, ci viene detto che la corretta e imparziale informazione scientifica ha ripreso il sopravvento, e così si è parlato del fine vita. Ma se ne è parlato a senso unico, attraverso le parole di Piergiorgio Welby.
No grazie, mi avete convinto, della vostra Autority intendo farne a meno.
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23 commenti
Leggo nel Manifesto di Orvieto che “in Italia, la scienza è stata negata, anche a scuola, […] per il valore preponderante attribuito alla cultura strettamente umanistica e, di conseguenza, alla minore importanza data all’educazione scientifica: tanto imparare e poco capire, tante conoscenze e quasi nessuna competenza, tanto dogmatismo e nessun entusiasmo e creatività”.
Pievani, filosofo; Santosuosso, giurista; Pellizzoni, sociologo; Ceci, comunicatrice alla Royal Society (“of Chemistry”, per la precisione: qualcuno ha idea di quante royal society ci siano a Londra?!). Tutti appartenenti alla “cultura umanistica”, nessuno che si sia sporcato le mani in un laboratorio.
E che chiedono? maggiori risorse per la ricerca scientifica? Certo che no, piuttosto l’istituzione dell’ennesimo carrozzone pubblico che sa tanto di minculpop, dove insediare giuristi, filosofi, sociologi ed esperti di comunicazione.
Professore,mi preme farle notare che anche in questo sito Stò e Greylines si sono scambiati alcune note,non propio identiche al Manifesto di Orvieto ma molto simili.
Mesi orsono.
In effetti pochissime righe.
Sicuramente non determinanti ma raffiguranti una esigenza comune.
Approfondire l’argomento probabilmente risulterà utile a molti lettori.
Se ricordi in che occasione è avvenuto lo scambio potresti mettere il link agli interventi.
Potrebbe esistere un solo modello di Authority C.,ente alle dirette dipendenze del Parlamento tutto,non esclusivamente di un ministero di turno.
Inglobando le migliaia di enti,commissioni,associazioni e chi sà quanto altro ancora,potrebbe riuscire a liberare la ricerca(non solo scientifica,ma culturale tutta)del nostro disordinato Paese.
E allora anche dovrebbe svolgere assistenza(promuovendo conferenze,assistendo a pubblicazioni,ricerche ed altro ancora)principalmente per il MONDO DEGLI ADDETTI AI LAVORI,dunque ricercatori,scienziati,collaboratori professionali o volontari.
Ente verso cui,propio per la sua affidabilità il cittadino italiano,che sia studente oppure lavoratore o pensionato o altro,possa rivolgersi per il propio arricchimento culturale-scientifico.
Presiedere una simile Authority potrebbe essere riservata soltanto ad un figura nobilissima di uomo di cultura.
Dunque il primo problema.
I Componenti del direttivo con quale BILANCINO dovrebbe essere pesato?UN Credente,Un non credente(ateo),Un cattolico,UN non cattolico e via seguendo?Un direttivo composto di tutti atei?
Con una minoranza di credenti?O viceversa?
Il secondo problema
Ente con un Portafoglio?Si ma controllato dal Parlamento.
il terzo problema
Risolti i tre problemi(e molti altri)allora disco verde ad una AUTHORITY DELLA CULTURA.Questo accennavo nel commento.
Sto’, lo sai che la fatina dei denti non esiste, vero?
Grazie Piero carissimo,ti confesso che la fatina dei denti non l’avevo propio considerata.Dove si nasconde?
Ho avuto un’infanzia meravigliosa,i miei mi leggevono tutte le più belle fiabe e novelle mentre mia mamma mi raccontava le storie fantastiche della Terra Toscana.
Senza tv,film porno accessibili anche ai bimbi di 5-6 anni,senza la truce violenza dei films(99%americani-infatti gli affari sono affari!)
ecc.ecc.ecc.
Grazie Mamma.
Ma non ti preoccupare da qui a qualche anno(o pochi decenni)una proposta simile verrà in mente a qualcuno.
Il mio è solo un canovaccio.
Aspettiamo con calma.
Ciao stò
l’idea in sé appare buona, ma il problema di un’Authority emerge direttamente proprio dalle tue parole: chi dovrebbe essere a rappresentare la “vera scienza”?
Il punto è che ogni volta che si stabilisce qualcuno che decide cosa sia giusto fare o non fare in un determinato campo (salvo in riferimento a cose esclusivamente tecniche come ad esempio quella per il controllo della fornitura d’energia o per l’ambiente)inevitabilmente questa diventerà uno strumento per imporre la visione di una maggioranza o peggio di una lobby.
Tutte le funzioni positive che hai elencato le dovrebbe quindi svolgere il Ministero perl’Istruzione e la cultura.
E così si eviterebbe tra l’altro di aggiungere, come dice Masiero, un altro “carrozzone”.
Almeno questo è la mia opinione.
Grazie per il tuo interessamento Prof.
In effetti come ho elencato(guarda che non credo che sia solo una mia “idea”ma bensì possa essere condivisa da molti)i problemi esistono.
Anche l’attuale Governo ha deciso di tagliare,in questi giorni,molti rami secchi.Vediamo un pò quello che succederà.
Certo che no ad un nuovo Carrozzone!!!
Certo che no ad un minculpop!
Capire come il Parlamento possa gestire questa importantissima Authority è uno dei dilemmi da risolvere.
Un Presidente figura nobilissima della Cultura,un direttivo che rispecchi le componenti tutte della realtà culturale italiana.
Grande,epica Impresa.
Era da intendersi in questo senso la mia ironia sulla fatina dei denti…
Non me ne abbia sto’, certe volte sembra che io gli voglia male o lo prenda in giro, ma non e’ cosi’, e’ la mia sintassi informatica… 😀
Ma sto’, per la tua “ingenuita’”, quanti anni hai (se posso)? Meno di “…enta” o piu’ di “…anta”??
Più di Anta.Ma la mia curiosità riguardo la vita ogni giorno aumenta,con il piacere(difficoltoso)di apprendere sempre nuove(per meglio dire parti di esse)
materie o conoscenze.
Accetto ogni tua critica o (senza modestia lo scrivo)plauso con la certezza che sempre ti risponderò con sincerità e amicizia.
Carissimo sto’ (ormai dovresti saperlo), io sono un maligno matricolato, per cui faccio sempre peccato, ma ci azzecco sempre (vabbe’, diciamo… spesso!), come disse qualcuno molto piu’ titolato, molto piu’ furbo e molto piu’… lasciamo sta’… insomma hai capito…
Come vuoi Piero,
continuo sempre con piacere a seguire quello che tu mi scrivi.
Ne sono compiaciuto.
Cari saluti.
Aggiungo che è estremamente negativo per una vera formazione scientifica non avere un retroterra umanistico, molti dei grandi nomi del passato devono le loro scoperte ad una conoscenza trasversale. Tra tutti basti ricordare Mendeleev che scoprì la tavola periodica pensando alle ottave delle note musicali e molti altri fisici esperti musicisti o conoscitori di lingue antiche come Oppenheimer.
Una formazione che non comprende una parte umanistica produce più che altro tecnici, necessari anche quelli, ma non scienziati con forti capacità di innovazione.
E, di grazia, cosa farebbe questa famigerata authority, nel caso in questione (ovviamente, se le accuse verranno confermate)?
http://www.liberoquotidiano.it/news/italia/11586279/Il-grande-bluff-dell-aviaria-Indagata.html
Non mi sembra di aver letto niente su questa vicenda sui siti vicini alla futura Authority, come mai?
E non vale neppure la scusa che sarebbe una notizia inventata da un giornale fascista perche’ e’ ripresa da l’Espresso in edicola da oggi.
Io aggiungerei che il contenuto dell’ articolo che ho linkato qui sotto corona degnamente quanto gia’ espesso tanto autorevolmente dai dottissimi relatori del congresso di Orvieto: http://www.lescienze.it/news/2014/04/04/news/rapporto_libert_ricerca_trattamenti_medicina_associazione_coscioni-2086126/
Oramai in gran parte della scienza, divenuta tecnoscienza, vige un regime di dittatura democratica e francamente, di fronte a questo stato di cose, mi viene da vomitare.
La tecnoscienza è una cosa seria, Lucio. Questi non sono tecnoscienziati, ma più semplicemente gente che per sostenere la propria ideologia si para dietro lo scudo della tecnoscienza.
Concordo con lei Prof. Masiero: la tecnoscienza e’ una cosa seria (e di grande utilita’) e i tecnoscienziati meritano tutto il nostro rispetto per il loro lavoro. Per come la vedo io, pero’, gli scienziati veri e propri, cioe’ quelli che si occupano di ricerca, tendono molto spesso a ragionare usando criteri da tecnoscienziati: non conoscono appieno il senso e i limiti delle affermazioni scientifiche e, per di piu’, non accettano neanche che su queste si debba necessariamente esercitare un giudizio filosofico.
Per costoro e’ la scienza ad avere l’ultima parola su concetti quali la verita’, la ragione umana, la morale, la religione. E quando gli scienziati teorici si comportano cosi’ credo che, in pratica, possano essere considerati unicamente dei tecnici.
Nel mio commento, quindi, ho usato il termine tecnoscienziati in senso polemico piu’ che semantico.
A mio parere, sempre in questo senso, credo che perfino un filosofo come il Prof. Pievani possa essere considerato un tecnoscienziato, almeno quando sostiene che a partire dalla teoria dell’ evoluzionismo si possa concludere che Dio non esite.
È vero, Lucio, che molti scienziati non conoscono i limiti del metodo scientifico. Però quando fanno le estrapolazioni che Lei denuncia, non lo fanno in quanto scienziati, ma da filosofi naïf. Così come Pievani, quando parla di non senso dell’evoluzione dimostrato dalla scienza, parla non da scienziato ma da filosofo.
Insomma, per come la vedo io, non siamo circondati da cattivi tecno-scienziati, ma da filosofi simplicioni. La tecno-scienza è una cosa serissima, che non ammette invasioni di campo pena diventare ideologia.
Infatti, Prof. Masiero, non intendo affatto dire che siamo circondati da cattivi tecnoscienziati ma, piuttosto, da cattivi scienziati.
Lo ripeto: se un tecnoscienziato non si interessa di filosofia (oppure non ne ha una conoscienza adeguata) non credo che possa essere rimproverato piu’ di tanto per questa sua carenza.
Ma uno scienziato che non conosce adeguatamente la filosofia, a mio modo di vedere, non puo’ neanche ben comprendere cosa realmente fa quano svolge il suo mestiere. Questa sua carenza, quindi, non mi sembra invece perdonabile come nel primo caso.
E’ proprio per questo che affermo, polemicamente, che oramai la scienza si e’ in pratica trasformata in tecnoscienza: proprio perche’ la grande maggioranza degli scienziati, in campo filosofico, sa ragionare poco e male. Ma dicendo questo non intendo di certo scagliarmi contro la tecnoscienza, mi rendo conto che sbaglierei se lo facessi.
La ringrazio per la sua attenzione e per le sue eventuali osservazioni (dalle quali ho sempre tanto da imparare).
Adesso ho capito, Lucio, che cosa intendeva precisamente dire. Grazie. Sono d’accordo interamente.
Beh, ammetto che la mia prosa, a volte, non e’ proprio limpidissima….. 🙂