Napolitano: un siluro made in USA?

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friedmanAlan Friedman

Colpire Napolitano per affondare la guida franco tedesca sull’Italia?

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Storia di uno scoop vecchio di un anno e mezzo, perché “qualcuno si sta occupando del nostro paese”.

 

La cosa più sorprendente dello scoop di Alan Friedman è che non si tratta di uno scoop. Che l’imposizione del governo Monti fosse nata in ambito UE – BCE era nota da almeno un anno e mezzo, da quando cioè il senatore Massimo Garavaglia aveva raccontato come erano andate le cose in un video pubblicato da Byoblu (vedi CS-Byoblu: E’ stato un golpe), notizia poi autorevolmente confermata dal prof. Giulio Tremonti nel luglio 2013 (vedi CS-Tremonti: nel luglio 2011 ci fu un colpo di stato). Ma perché allora adesso la stessa notizia viene riproposta come nuova e provoca un terremoto nella politica italiana?

Il modo dirompente in cui è stata presentata è significativo, un’uscita in contemporanea sul Corriere della Sera e sul Financial Times non è qualcosa che si vede tutti i giorni, è un colpo al quale non è possibile sottrarsi, e le reazioni immediate con il grandissimo riscontro mediatico seguito ne sono la conferma, qualunque cosa accadrà l’immagine del Presidente Napolitano ne uscirà compromessa. Ma subito dopo non potranno che essere coinvolti i personaggi europei che si intravedono dietro l’operazione Monti, quei nomi che firmarono la lettera datata 5 agosto 2011 e indirizzata al governo italiano dall’allora presidente della BCE presidente Jean Claude Trichet e dal futuro numero uno dell’Eurotower, Mario Draghi. Perché allora rilanciare adesso una notizia vecchia e relegata in secondo piano, se non addirittura confinata negli sgabuzzini del complottismo?

La risposta, o forse sarebbe meglio dire la previsione, era stata fatta all’inizio dell’anno da un profondo conoscitore dei meccanismi che agiscono dietro i fenomeni finanziari, il riferimento è a Ettore Gotti Tedeschi che in un articolo del 5 gennaio 2014 apparso sulla Bussola Quotidiana (mi sembra anche sia stato l’unico) si domandava come mai lo spread calasse senza motivo (mentre la politica con Enrico Letta in testa si felicitava per il ‘successo’ conseguito) giungendo alla lucida conclusione che “qualcuno si sta occupando del nostro paese“. E questo ‘qualcuno’ veniva individuato negli USA che evidentemente stavano iniziando a rivedere la loro politica verso il nostro paese.

Partendo da questi fatti si potrebbe adesso provare ad ipotizzare il perché di un così forte e ritrovato interesse USA verso l’Italia, un’analisi che appare in realtà abbastanza immediata, almeno nelle sue linee essenziali.

Negli ultimi tempi la notizia che ha segnato la scena internazionale è stata indubbiamente il ritorno della Guerra Fredda, il confronto strisciante tra USA e Russia ha preso corpo in diversi episodi culminati col braccio di ferro sulla Siria dell’autunno 2013, una crisi seconda solo a quella dei missilli di Cuba del  1962, ma anche i segnali di tensione secondari sono stati molto  numerosi, dai missili antimissile in Europa visti da Mosca come un atto ostile, alle rivendicazioni Russe sull’artico all’ingerenza USA nella crisi Ucraina.

Ecco allora che in questa situazione l’Italia torna ad assumere lo stesso ruolo che aveva avuto nella Guerra Fredda, persa infatti la partita sulla Siria, vista la pericolosa instabilità di Libia, Egitto e di tutto il nord Africa, la NATO torna ad avere come base avanzata nel mediterraneo ancora una volta il nostro paese. Una testimonianza di questa centralità strategica è nel completamento dell’impianto di comunicazione satellitare MUOS di Niscemi in Sicilia avvenuto il 27 gennaio (ANSA).

Un ruolo troppo importante quello dell’Italia per lasciarla sotto l’influenza dell’Europa a guida Tedesca. In quest’ottica il miglioramento dello spread di inizio anno trova una sua giustificazione, l’Italia non può fare la fine della Grecia, gli USA hanno bisogno di un paese in grado di funzionare e di svolgere pienamente il ruolo di alleato.

E allora colpire Napolitano, che si è reso disponibile ai diktat della BCE, diventa un plausibile modo per segnare un brusco cambio di direzione. Non è ancora tempo che l’Italia esca dall’influenza USA.

 

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Laureato in Biologia e in Farmacia, docente di scienze naturali Nel 2011 ha pubblicato "Inchiesta sul darwinismo", nel 2016 "L'ultimo uomo" e nel 2020 "Il Quarto Dominio".

12 commenti

    • Grazie Piero, mi fa molto piacere che una persona come Foa condivida una parte sostanziale dell’analisi.
      Mi sembra opportuno riportare per intero l’articolo di seguito.

  1. I mandanti e il “sicario”: perché le grandi lobby scaricano Napolitano

    di Marcello Foa

    Mettiamola così: certi scoop si pesano. Dipende chi li fa e quando escono. Napolitano in queste ore mi ricorda Di Pietro. Ricordate? Il leader dell’Italia dei Valori è caduto, ha perso improvvisamente ogni credibilità, sparendo dalla scena politica, quando Report di Milena Gabanelli andò a frugare tra le casse e gli statuti del Partito. E cosa scoprirono i cronisti di Report? Nulla che non fosse già noto. Tutto già uscito, anzi urlato da molti giornali. Solo che detto dalla Gabanelli, ovvero dalla più famosa e più temuta giornalista d’inchiesta, aveva un altro peso. Non era una denuncia, ma una sentenza ovvero era la conclamazione mediatica di una situazione indifendibile. E d’incanto anche i giornalisti simpatizzanti di Di Pietro, a cominciare da Santoro, lo mollarono.

    Ora tocca a Napolitano. Le accuse che sono emerse nelle ultime ore sono nuove? Niente affatto. Il Giornale le denunciò in tempo reale e un quotidiano come La Stampa ne parlò in un prudentissimo ma preciso retroscena. Chi ora parla di “non scoop” tecnicamente ha ragione. In realtà torto; perché se lo scrive Alan Friedman, ovvero un giornalista anglosassone tutt’altro che ostile all’establishment, con il supporto di interviste a Mario Monti, Carlo De Benedetti, Romando Prodi – videoregistrate e dunque non equivocabili – e con la vetrina simultanea di due grandi testate come il Corriere della Sera e il Financial Times, la notizia prende un altro peso e, come avvenuto con Di Pietro, diventa una Verità; non più un sospetto, ma un fatto mediaticamente incontestabile.

    E dunque coloro che tendono a relativizzare o addirittura ridicolizzare lo scoop sbagliano. Le leggi della comunicazione sono inequivocabili e ben note sia a Friedman che ai navigati interlocutori che si sono concessi al suo microfono. Lo scandalo c’è ed è colossale.

    Sa di licenziamento. Già, ma per mano di chi? Del Parlamento e del popolo italiano? Macché, questa è democrazia e la democrazia si sa non è più di moda. Il vero potere risiede altrove – nell’establishment europeista, transnazionale e finanziario – e si esercita in altre maniere, meno desuete, eppure molto efficaci, in quanto fondate non sul consenso elettorale, bensì sul controllo delle leve che determinano il destino dei popoli e dei Paesi. Dunque: la moneta, il debito pubblico, la possibilità di imporre leggi al di sopra dei Parlamenti nazionali e di dettar legge attraverso organismi sovranazionali, naturalmente privi di sovranità popolare. Non è questo il mondo in cui viviamo? Un mondo in cui i governi non hanno quasi più poteri, i parlamenti non riescono a legiferare e in cui la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale e naturalmente l’Unione europea hanno poteri soverchianti?

    La sensazione, sgradevolissima ma temo veritiera, è che la vicenda di Napolitano sia “cosa loro” ovvero che risponda a logiche e modalità che sfuggono al comune cittadino e che finiscono per ingannare anche quei politici che, avendo capito dove risiede il vero potere, lo corteggiano nella speranza di essere cooptati.

    E alcuni ci riescono. Giorgio Napolitano, naturalmente. Ma anche Gianfranco Fini, la cui svolta antiberlusconiana si manifestò dopo la sua partecipazione alla Convenzione europea, ovvero al consesso che nella prima metà degli anni Duemila era stato incaricato di elaborare la Costituzione europea. Lì, Gianfranco, l’allievo prediletto di Almirante e uomo dai radicati valori della destra nazionalista, capì chi comanda davvero. E svoltò rinnegando se stesso e diventando strumento nella lotta contro Berlusconi, uno che l’élite non ha mai sopportato.

    Giorgio Napolitano ha seguito lo stesso percorso. Leggendo “Il tramonto dell’euro” di Alberto Bagnai, troverete riportato un bellissimo discorso in Parlamento in cui Napolitano prevedeva, con straordinaria lungimiranza, le devastazioni che avrebbe provocato la moneta unica. Poi, però, Napolitano divenne europarlamentare. E la sua visione cambiò drasticamente. Di quell’uomo oggi non c’è più traccia.

    Come Gianfranco, anche Giorgio pensava di essere arrivato, di appartenere a pieno titolo alla super élite transnazionale. Entrambi si sentivano intoccabili; non capivano, però, che le logiche di quell’establishment sono diverse da quelle dei partiti, che le loro leggi, non scritte, sono implacabili e, soprattutto, che non tutti i membri sono uguali. Al suo interno c’è chi conta di più (come Draghi senza dubbio) e chi di meno (come quasi tutti i politici italiani); chi sa e chi non sa; chi viene cooptato nel girone divino e chi, pur partecipando, resta ai margini.

    Ecco, Napolitano apparteneva alla seconda categoria. E ora che non serve più o forse semplicemente perché ha deluso, viene abbandonato a se stesso. Con modalità che sono proprie di quegli ambienti, usando come sicario un giornalista americano, che di nome fa Alan e di cognome Friedman.

    • Scopriamo che anche Napolitano era sacrificabile in vista di interessi superiori, figuriamoci Fini.
      Che malinconia un personaggio come lui che non ha mai capito di non contare niente più delle amicizie che aveva, prima Almirante, poi Berlusconi.
      Adesso che è solo è tornato al nulla.

  2. Un altro contributo sul caso Napolitano.

    Piergiorgio Greco – Il Sussidiario 11/02/2014

    DI PIERGIORGIO GRECO
    Il Sussidiario
    Intervista a Giulio Sapelli

    Non è tanto l’iniziativa di Napolitano, che nella calda estate del 2011 già sondava Mario Monti per un cambio al vertice del governo quattro mesi prima della caduta di Berlusconi, a sorprendere un fine analista come il professor Giulio Sapelli: no, ricevere personaggi come l’ex commissario europeo, con cui tra l’altro aveva lavorato insieme nei palazzi di Bruxelles, era per Napolitano una cosa piuttosto normale, che non dovrebbe scandalizzare. Piuttosto, il professore è sorpreso dalla grande attenzione che il Corriere della Sera ha scelto di riservare al presidente della Repubblica, che pure in tempi non sospetti aveva sostenuto e spalleggiato nelle sue iniziative politiche per scansare Berlusconi: “In via Solferino hanno scelto un cambio di strategia, mettendo in moto dinamiche inevitabili in tempi come quelli attuali, quando la crisi economica è peggiore di quella del 2011. Dinamiche che vogliono innescare cambiamenti o riassestamenti di blocchi di potere, in un contesto sociale davvero difficilissimo”.

    Professor Sapelli, che idea s’è fatto sulla vicenda portata alla luce da Alan Friedman? Un presidente della Repubblica che lavora dietro le quinte…

    Guardi, che Napolitano chiami Monti, che quest’ultimo incontri prima De Benedetti e poi Prodi, non mi sembra un grande problema. Piuttosto, mi sono chiesto come mai oggi la notizia sia uscita in contemporanea sul Financial Times e sul Corriere della Sera, con due tagli completamente diversi: il primo ha trattato la vicenda in maniera molto asciutta, accompagnando la notizia con un grafico sull’ascesa e il declino di Monti, mentre il quotidiano di via Solferino ha preso di mira Napolitano.

    Che risposta s’è dato?

    Mi pare evidente che questi due giornali sono espressione di gruppi differenti: il Financial Times è legato al mondo economico-finanziario anglo-americano, di cui Friedman è espressione, mentre il Corriere, con la scelta di accendere i riflettori sul Quirinale, si sta riposizionando. Un tempo, infatti, spalleggiava Napolitano e le sue scelte, mentre ora non si capisce bene a quale gruppo di potere faccia riferimento. Sono piuttosto sconcertato.

    Perché?

    Perché evidentemente via Solferino ha scelto di abbandonare il sostegno ai gruppi di potere filotedeschi e filofrancesi, cui Napolitano e Monti sono sempre stati legati, e ha deciso combattere una battaglia tutta interna al nostro Paese, i cui contorni non sono ancora ben definiti. Il fatto che Napolitano abbia scelto di replicare con una lettera a De Bortoli per dire che non c’è stato nel 2011 nessun complotto non fa altro che confermare questa cosa: è un braccio di ferro tutto italiano. Da un lato il Corriere, dall’altro Napolitano e Monti, il cui legame fortissimo è tra l’altro confermato dal fatto che in tanti anni il presidente ha scelto di andare più volte all’inaugurazione dell’anno accademico della Bocconi, mai a quello di università statali.

    Non solo lo stesso Monti, ma anche De Benedetti e Prodi hanno confermato che nell’estate del 2011 Napolitano si stavano muovendo: è solo una coincidenza?

    Direi proprio di no: sono tutti esponenti dello stesso gruppo di interesse, che in quell’estate aveva messo nel mirino l’Italia e il governo guidato da Berlusconi, la cui caduta a novembre, come ho scritto più volte, è stata una cosa senza precedenti, visto che mai si è verificato che un esecutivo si veda costretto a lasciare pur avendo una maggioranza parlamentare.

    Quindi anche la famosa lettera della Bce dell’estate 2011 nasce in questo contesto in cui gruppi di potere ben precisi lavorano al cambiamento?

    Naturalmente, il legame è del tutto evidente.

    Professor Sapelli, viviamo in un presidenzialismo di fatto?

    Formalmente no, in quanto il parlamento è ancora centrale. Ma l’azione del presidente della Repubblica descrive un sistema in cui non ci sono più partiti forti e grandi imprese, e dove il Quirinale si prende un peso sempre crescente nelle decisioni che contano, puntando sulla persona che poteva piacere a Francia e Spagna, non certo a Gran Bretagna e Stati Uniti, contro cui Monti, quando è stato commissario, si è sempre schierato. Vede, oggi il potere è in mano a congreghe, circoli, club, grand commis d’etat, direttori dei ministeri, qualche alto funzionario. E al presidente Napolitano.

    Un presidente forte, che fa e disfa, come ai tempi di Oscar Luigi Scalfaro.

    Scalfaro, che notoriamente aveva una forte connotazione politica, in realtà era controbilanciato da poteri altrettanto forti come i partiti, che oggi non sono più come un tempo. Questa è la sostanziale differenza con quel periodo storico, caratterizzato da forti contrappesi che oggi non ci sono.

    Perché proprio oggi salta fuori questa vicenda?

    Perché la situazione economica è terrificante, peggiore di quella del 2011, e quindi si sono rimessi in moto quei sommovimenti che in qualche modo mirano al cambiamento o, quanto meno, al riassestamento.

    Piergiorgio Greco

    Fonte: http://www.ilsussidiario.net

    • Scommettiamo che l’Emma rimarra’ al suo posto (o in qualche altro posto chiave) anche nel nuovo governo del non-eletto-da-nessuno Renzi?

      • Scommettiamo.
        Interessante anche il fatto che dopo un paio di anni di quasi assoluto disinterese finalmente sembra che i Marò stiano a cuore a qualcuno.

  3. L'Osservatore on

    Una opinione sul tema, allargata a tutto il resto:

    Parole fiumi di parole che portano avanti tesi e probabilità che possano chiarire accadimenti che sfuggono persino a coloro che dopo averle pronunciate si avvedono, tardivamente, che si riveleranno poi, spesso se non sempre, come: vaghe quanto vuote impressioni, fatue sensazioni se non che, addirittura, false congetture suggerite o messe lì ad arte con eventi costruiti in itinere, non interamente progettabili, per celarne altri.

    La verità o le verità sono più che spesso chimere che tanto i dotti che gli stolti pensano di capire mentre in realtà esse non sono altro che la manifestazione di un pensiero che cerca di darsi una spiegazione di quello che, mai nella storia, in un modo e/o nell’atro a trovato inequivocabili quanto chiare conferme di tutti i perché e per come o per chi il o fatti ebbero a verificarsi come tali.
    Io stesso mentre scrivo non faccio che cercare di farmi una opinione perlomeno accettabile di quel che vivo e viviamo ben sapendo che devo pensare vera solo la verità che gli occhi della mia mente sanno farmi accettare…..per vivere la mia vita nonostante quel che intorno mi accade incontrollato e incontrollabile.

  4. Qualcuno si ricorda quando Amato (sempre gli stessi nomi circolano, chissa’ perche’) rivendicava “pieni poteri in Economia” dal Parlamento? Chissa’ che cosa voleva fare con quei “pieni poteri”…
    Chissa’ che una volta in 60 anni le Camere non ne abbiano fatta una giusta (per quanto anche allora fu un bagno di sangue, facendo strame della Costituzione e di ogni prassi di buona e discreta amministrazione, con buona pace di quelle prefiche che ad ogni pie’ sospinto gridano all’attentato alla Costituzione).

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