Cosa può apportare l’approccio evoluzionista in medicina?
Il caso del trattamento di malattie infettive come il contagio da HIV.
“I biologi evoluzionisti possono aiutare a scoprire nuovi indizi per nuovi modi di cura o vaccinazione contro l’HIV“. Questa frase compare sul sito Understanding Evolution nell’articolo “HIV: the ultimate evolver“, una frase dalla quale emerge la chiara indicazione che un approccio evolutivo possa essere utile ad aumentare le possibilità per la ricerca medica di affrontare una malattia veicolata da un virus come l’HIV.
Andiamo dunque a vedere in che modo l’approccio evolutivo andrebbe a migliorare l’azione sia preventiva che curativa. Nell’articolo si segnalano tre domande che vanno poste:
1- Quali sono le origini evolutive dell’HIV?
2- Perché alcune persone sono resistenti all’HIV?
3- Come possiamo controllare l’evoluzione della resistenza dell’HIV ai nostri farmaci?
Alla prima domanda la risposta è un albero evolutivo la cui struttura è la seguente:
I ceppi di HIV e SIV con i collegamenti dell’albero evolutivo
Da un comune antenato sconosciuto si sarebbero differenziati una serie di ceppi alcuni dei quali infettano gli scimpanzé (SIV) e altri gli umani (HIV), ma ce ne sono anche che infettano i felini (FIV). Le conclusioni su questo punto sono che se riuscissimo a capire come mai né i felini né gli scimpanzé si ammalano per la presenza di questi virus potremmo imparare come combattere e prevenire queste infezioni.
La domanda a questo punto è la seguente: in che modo l’albero evolutivo ricostruito si può tradurre concretamente in un aiuto per trovare cure o vaccini?
I ceppi di HIV e SIV senza i collegamenti dell’albero evolutivo.
La seconda domanda che si pone dal punto di vista evolutivo è perché esistano persone immuni all’HIV. La risposta viene data considerando che esiste una variante del gene umano per l’allele CCR5 recettore C-C per le chemochine di tipo 5, che viene utilizzato dal virus HIV per entrare nelle cellule da infettare, tale variante non consente l’infezione conferendo l’immunità. La variante resistente si sarebbe diffusa durante le epidemie di peste che nei passati 700 anni hanno interessato l’Europa portando alla seguente situazione attuale:
Quale sarebbe dunque ai fini della ricerca di una cura o di un vaccino il vantaggio di sapere (ipoteticamente) come si è diffuso negli ultimi 700 anni l’allele mutante rispetto al solo conoscerne l’attuale distribuzione?
La terza e ultima domanda riguarda il controllo della resistenza dell’HIV ai farmaci. Su questo punto viene affermato che l’HIV “evolve” così velocemente da “evolvere nel corso dei nostri trattamenti”. Affermazione che implica la comparsa di caratteri nuovi, ma ad un’analisi di quanto riportato nell’articolo si vede invece che si tratta di una resistenza preesistente che viene selezionata dai farmaci:
La forma definita “mutata” è presente nel soggetto prima dell’assunzione del farmaco, si dovrebbe dunque correttamente definire una forma “alternativa” del virus. Per migliorare l’efficacia del trattamento si consiglia quindi di intervenire con un mix di farmaci che ridurrebbe la probabilità di trovare virus resistenti a tutti:
Ecco quindi che viene proposta una soluzione che deriva direttamente dagli studi sull’evoluzione delle resistenze. Quando si sviluppa un ceppo resistente si è scoperto che se messo in competizione con un ceppo non resistente, quest’ultimo è avvantaggiato e quindi in breve tempo torna ad essere numericamente prevalente nella popolazione. A questo punto si può tornare a prendere il farmaco verso il quale era stata sviluppata la resistenza perché la popolazione virale sarà nuovamente sensibile ad esso, e se preso in dosi massicce si potrà avere un consistente abbassamento della sua presenza nel malato, come mostrato nella figura seguente:
Si tratta di una tecnica interessante ed efficace, ma che non ha nulla a che vedere con l’evoluzione. Si tratta di dinamiche di selezione, ma non di nuovi caratteri, è infatti tra quelli preesistenti che si manifesta la resistenza ai farmaci. La teoria dell’evoluzione neodarwiniana non apporta quindi alcun contributo alla comprensione delle dinamiche dell’infezione.
Ma c’è qualcosa che invece si dimostra a sfavore del neodarwinismo nel meccanismo illustrato. Se il ceppo non resistente, messo in competizione con quello resistente in condizioni normali, torna a prevalere, significa che quello resistete paga la sua resistenza con un danneggiamento di qualche funzione base. Esattamente quello che accade anche nel caso dell’anemia mediterranea che nella specie umana conferisce la resistenza alla malaria ma a costo di un danneggiamento della funzionalità dei globuli rossi. Ecco perché in condizioni normali la selezione torna a favorire il genotipo più comune.
Ma allora la selezione naturale funziona come aveva pensato Edward Blyth prima di Darwin, è una selezione stabilizzante che elimina i soggetti che si discostano troppo dalla media:
Edward Blyth accettò il principio che le specie potevano modificarsi nel corso del tempo, e i suoi scritti ebbero una notevole influenza su Charles Darwin. Blyth scrisse tre importanti articoli sulla variazione, discutendo gli effetti della selezione artificiale e descrivendo il processo di selezione naturale come il riportare gli organismi selvatici al loro archetipo (piuttosto che formare nuove specie).
Questi articoli vennero pubblicati su The Magazine of Natural History tra il 1835 e il 1837.
Wikipedia
Ma allora non è l’evoluzione a dare un contributo alla cura delle malattie infettive, è la teoria della selezione stabilizzante di Blyth. Che è il contrario della teoria darwiniana.
Ma gli autori di “Understanding evolution” non sembrano accorgersene e terminano così l’articolo:
In ultima analisi, la comprensione della storia evolutiva del virus HIV e il suo modello di cambiamento evolutivo può aiutarci a controllare questa malattia.
Questa è la forza dei paradigmi scientifici di cui parlava T.S. Kuhn, avere qualcosa davanti agli occhi e non riuscire più a vederla per quel che è.
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43 commenti
Fino ad ora non ci sono prove che ci facciano propendere per una funzione euristica del neodarwinismo. Aspettiamo ansiosi di conoscere l’utilità di questa teoria…
Aspettiamo pure Max, abbiamo tempo.
Solo che sono 150 anni che ormai si aspetta…
Però non é stata un’attesa vana:
1. Si é scoperto che gli evoluzionisti si sono sbagliati nel credere che l’appendice fosse un relitto (organo vestigiale) dell’evoluzione, si é invece scoperto trattasi di avere un ruolo importante nel sistema linfatico. (Gastroenterology, Henry & bockus, 1976)
2. Si é scoperto che gli evoluzionisti si sono sbagliati nel credere che le tonsille fossero un altro relitto inutile dell’evoluzione. Negli USA facevano circa 400.000 tonsillectomie all’anno. “Tanto le tonsille sono inutili”. Per complicanze, morivano ogni anno circa 600 persone. Poi hanno scoperto che le tonsille hanno un ruolo nel sistema immunitario e ora si tende ad evitare l’intervento nei primi anni di vita proprio per questo motivo.(ratcliff, your body and how it works, new York, 1975)
È vero che si attende da 150 anni, ma non sono anni passati invano. Il neodarwinismo sta dimostrando che non é attendibile con i fatti! Anni ben spesi…. per confutarlo.
Voglio gli atti di domani! In bocca al lupo, Enzo.
Max
Bè, certo che tra tonsille e appendici tagliate, un po’ di morti per complicazioni post operatorie qualche erroruccio c’è stato…
Grazie Max per l’imbocca al lupo e… in bocca al lupo per il tuo libro!
Beh Max perché limitarsi a due soli vestigiali?
https://www.dropbox.com/s/j8567eguofmqd3u/Organi-vestigiali-una-funzione-per-tutto.pdf
Prof. Pennetta, nonostante le evidenti fallacie della teoria darwiniana, tuttavia da “profano” mi viene difficile pensare che le specie non subiscano un’evoluzione nel corso degli anni (seppur questa non segua i meccanismi proposti dai darwinisti).
Cerco di farmi capire: finora ho capito cosa NON è il suo pensiero (non è darwinismo, non è creazionismo strettamente inteso, non è ID, per tutta una serie di motivi di cui anche io, per poco ne so, condivido la ragionevolezza), ma non ho capito bene cosa È (non è una critica la mia, cerco solo di capire), lei come si definisce?
Eppure Law sono cose che sono affrontate più volte..
Un antidarwdinista,in generale,fa un lavoro di pars destruens del neodarwismo,ovvero mostra come sia fallace,ascientifica e improdttiva come teoria cercando anche quindi di fare ‘debunking’ su diverse notizie che voglion far passare interpretazioni per fatti.
L’evoluzione intesa come trasformazione da una specie A ad una specie B resta ,al momento,una congettura ragionevole a livello scientifico,quindi una scelta operativa di indagine conveniente,come già ben spiegato.
Non è invece chiaro a cosa ti riferisca quando scrivi:
“le specie non subiscano un’evoluzione nel corso degli anni”
Se ti riferisci al fatto che le specie cambino,si differenzino in varietà,subiscano adattamenti plastici all’ambiente etc..beh è un fatto che non negano neanche i fautori della creation science.
Il problema è come avvenga la comparsa nella biosfera di nuovi taxon,di nuovi organi,di nuove proteine,come testimoniano i fossili.
Nonché come si sia originata la vita stessa.
Per queste cose la spiegazione darwiniana va rigettata e questo l’antidarwinista cerca di mostrare.
Un’alternativa,se si possa trovera arriverà solo se si accetterà che la teoria attuale ha problemi “insolubili”.
Poi a questo si aggiungono anche considerazioni su strumentalizzazioni che la teoria ha e subisce tuttoggi,ma questo non riguarda direttamente la critica al neodarwinismo.
Ti pongo una domanda Law..per dire che una cosa non funziona è necessario trovare un’alternativa?
“Sono cose affrontate più volte.”
Sono sicuro che a voi usciranno dalle orecchie, per me purtroppo è ancora tutto un po’ nuovo: con le mie domande, lungi dal voler provocare, sto solo cercando di fare un po’ d’ordine mentale (es: ho scatole “virtuali” vuote con le etichette neodarwinismo, ID, creazionismo… e mano a mano cerco di riempirle: quali sono le caratteristiche principali, quali sono i punti deboli, etc.).
“Ti pongo una domanda Law..per dire che una cosa non funziona è necessario trovare un’alternativa?”
Chiaramente no, ero solo curioso di sapere se questa alternativa ci fosse.
Ti vedo un po’ punto nel vivo, Leonetto e me ne dispiace: spero davvero che non sia stato travisato il senso delle mie domande, che assicuro essere assolutamente “innocenti” (non insolenti).
Immaginati di parlare con uno a livello 0, se le mie domande trovano risposte in articoli già affrontati (e quindi essere banali, monotone), basta postare i link in tutta tranquillità e se hai voglia.
Ciao.
Potrebbe intanto, Lawfirstpope, leggersi questo mio articolo http://www.enzopennetta.it/2012/10/per-una-nuova-biologia-coerente-con-il-secondo-principio-della-termodinamica/ , dove spiego che cosa intendiamo per “biologia scientifica” e dove anche vengono delineate le linee per una ricerca scientifica seria sui temi della biologia evolutiva.
In due prossimi articoli svilupperò ulteriormente la nostra alternativa alle pseudo-spiegazioni del “caso” darwiniano o dell’ID, facendo vedere che la vita è “fisica”, in particolare elettrodinamica quantistica.
Ciao Law,
Contattami : garagulp@gmail.com ti mando qualcosa che con un linguaggio per non addetti ai lavori potrebbe aiutarti a capire meglio.
Ciao e buona giornata.
Abbi pazienza, ci sono ambienti molto pesanti dove davvero bisogna mostrare i denti e difendersi da violenze verbali notevoli (basta vedere che cosa trovi su oca sapiens) e ogni tanto si porta per inerzia questo atteggiamento anche verso persone che son tutt’altro che ostili.
A presto,
Max
Grazie a Leonetto e Giorgio per aver risposto alla domanda di Law, e grazie a Max per il suo contributo e per aver chiarito determinate dinamiche dettate dalla situazione “ambientale”.
Grazie a tutti per la disponibilità e la pazienza.
Seguirò molto volentieri i consigli indicati.
Grazie ancora.
“Ti vedo un po’ punto nel vivo, Leonetto e me ne dispiace”
Non te ne deve dispiacere anche solo perchè non lo sono ^^
Do un po’ ‘per scontato’ che approcciandosi ad un autore,a un blog,a un movimento,ad una teoria,ad una fede,ad una religione etc etc prima si cerchi di farsi un idea docuentandosi almeno in un primo momento sulle basi e poi crescendo se interessa..
Siccome è una cosa che mi sembrava manifestata anche di recente esprimevo una tranquillissima perplessità,senza ammonirti,giudicarti o nulla ,ci mancherebbe,fra tutti sei fra gli ultimi a cui si potrebbe obiettare qualcosa..
“Immaginati di parlare con uno a livello 0, se le mie domande trovano risposte in articoli già affrontati (e quindi essere banali, monotone), basta postare i link in tutta tranquillità e se hai voglia.”
Sono solito fare l’una e l’ltra cosa,mi sembra hai già potuto notarlo…
Se hai domande,anche se ti sembrano banali falle senza pensieri e problemi.(idem se hai domande da proporre per le future trasmissioni su radioglobeone)
Locicamente poi ognuno ha il suo modus di fornire risposte,intavolare discussioni,spiegare le cose etc etc..
Miei cari, ci son due passaggi che non mi tornano nel vostro articolo.
“ad un’analisi di quanto riportato nell’articolo si vede invece che si tratta di una resistenza preesistente”
“La forma definita “mutata” è presente nel soggetto prima dell’assunzione del farmaco, si dovrebbe dunque correttamente definire una forma “alternativa” del virus.”
Questa e’ una affermazione verificabile facilmente, pure in laboratorio . Lascio evolvere in vitro uno strain fino a che aquista una certa variabilita’, applico la selezione farmacologica e vedo se gli strain resistenti sono identici o meno a quello originario. Se lo sono avete ragione voi, se no avete torto.
Ebbene, evoluzione in vitro (ove e’ possibile verificare l’emergere di nuovi ceppi) e’ prassi (vedi ad esempio http://www.pnas.org/content/98/11/6342.abstract).
Anche in natura e’ possibile constatare direttamente tali dinamiche. Ad esempio, perche’ c’e’ una differenza fra i virioni responsabili della prima infezione (che hanno un determinato protein receptor superficiele, detto CCR5) e molti di quelli emergenti piu’ tardi (che hanno un diverso protein receptor, CXCR4). Di piu’, si puo’ ricostruire la loro storia evolutiva che, “casualmente” e’ diversa in ogni paziente. Tutti i dettagli sono in http://www.ploscompbiol.org/article/info%3Adoi%2F10.1371%2Fjournal.pcbi.1002753 .
Dunque, mi paiono molto ambiziose le vostre affermazioni, bisognose, almeno, di un risultato sperimentale a loro sostegno.
Buongiorno gvdr,
i link che ha segnalato sono interessanti, da una rapida lettura dell’Abstract vedo che il primo riguarda i vaccini e in particolare la “riparazione” di mutazioni indotte che fa tornare a tipi patogeni e il secondo all'”emergere” di varianti che dovrebbero essere ancestrali e che erano quindi presenti nella popolazione iniziale.
Comunque non è questo il problema, come sanno coloro che ci seguono siamo perfettamente d’accordo sui meccanismi della microevoluzione.
Quel che è importante è che vedo con piacere che lei non solleva obieioni sugli altri punti dell’articolo e sulla conclusione riguardo il ruolo della selezione che sono poi le parti significative.
Con l’occasione le segnalo l’articolo in headline di Reveuni Giuliani, poiché l’oggetto è proprio il ruolo della microevoluzione riguardo ai meccanismi della macroevoluzione, mi interessa sapere la sua opinione al riguardo.
I due link (e ne potrei portare molti molti altri) mostrano l’evoluzione di caratteri (ad esempio i ricettori proteici di superficie) non presenti nel ceppo originale.
E, dato che le conclusioni e il proseguimento dell’articolo vostro si basano sulla asserzione che la drug resistence non è frutto di evoluzione ma di dinamiche di popolazione, fintanto che non dimostrate tale asserzione (ben lungi dall’essere scontata, date le evidenze sperimentali contrarie) spetta a voi rendere l’articolo qualcosa di più che un racconto fantastico.
Non sollevo obiezioni perché non si criticano scientificamente le opere letterarie non scientifiche.
Siete poi gli unici rimasti a pretendere che macro e micro evoluzione siano cose essenzialmente diverse, e non lo stesso processo visto attraverso scale temporali diverse.
L’articolo di Giuliani, che mi pare in prima lettura rigoroso, mi pare un “già visto”. Ma, dato che è un articolo scientifico, una critica si dovrà fare negli spazi dediti, quelli delle riviste scientifiche, e non su un blog.
Le conclusioni non si basano sul punto da lei portato all’attenzione ma sulla mancanza di ricadute della teoria neodarwiniana nelle applicazioni mediche (nel caso particolare la selezione stabilizzante impiegata anziché quella direzionale), quindi restano invariate.
Secondo, trovo davvero significativo il fatto che eviti con puerili argomentazioni di ammettere che il rigore dell’articolo di Reuveni Giuliani sia tale da mettere in crisi il concetto di microevoluzione=macroevoluzione.
La relazione fra micro e macroevoluzione e il distinguerli in termini quantitativi è il bastione principale del neo-darwinismo e lo si ritrova ovunque da wikipedia,alle università,ai media divulgativi.
Peccato che si tratti però di una “faccenda filosofica e non scientifica” ,proprio perché questa identificazione fra le due non è dimostrata scientificamente da nulla,non gode di alcuna corroborazione, e poggia tutta sulla credenza in un’ontologia riduzionistica basata su contingenze.
E ci sono anche quelli che iniziano a renderne nota in ambienti ttt’altro che ‘creazionisti’:
http://mcb.berkeley.edu/courses/mcbc245/MCBC245PDFs/Erwin.pdf
“Large evolutionary innovations are not well understood. None has ever been observed, and we have no idea whether any may be in progress. There is no good fossil record of any.” (Wesson R. Beyond Natural Selection. Cambridge (USA): MIT Press, 1991)
Pertanto, se l’evoluzione,intesa come cambiamento nel tempo della struttura e della composizione della biosfera, è un fatto scientifico innegabile, le evidenze scientifiche di una macroevoluzione sono esclusivamente paleontologiche. Ovvero lo è l’osservare la comparsa nella biosfera di nuove funzioni, organi e gruppi tassonomici.
Nulla che possa collegarla alla microevoluzione che invece gode di moltissime osservazioni sia “in vitro” che “in vivo” e riguarda processi che portano alla formazione di ‘varietà’.
Quindi la fantasia è piuttosto in questa mitologica uguaglianza.
Dalla microevoluzione alla macroevoluzione,questo è senza dubbio un passaggio logico saltato, un cortocircuito neodarwinista.
Il problema è che non si passa da una specie ad un’altra (e difficilissimamente anche da una sottospecie ad un’altra)se non con una permutazione simultanea di alcune centinaia di migliaia di ben posizionati nucleotidi ad altri altrettanto ben posizionati e tutto ciò, in una miriade di disposizioni con ripetizioni abortive.
Cos’è che crea il nuovo e non semplicemente innova,rinnova,seleziona,mescola,rimescola,scambia etc?
Dove sta tutta l’evidenza su quel legame fra micro e macro evoluzione?
Non c’è.
Ad ogni modo,ciò che sottolinea l’articolo non ha nulla a che fare direttamente con questo in quanto riflette che in quell’applicazione medica gli assunti neodarwinisti sono inutili,ma si fa uso della sola selezione…
È evidente che l’articolo non l’ha capito.
Per ultimo poi questa cosa di fazione ‘signori’,’il vostro articolo’,’siete rimasti gli unici’…fa veramente ridere ed è di un bambinesco imbarazzante..
Se la drug resistence è evoluta (e non semplicemente già esistente al momento dell’infezione) come sembrano indicare tutti i dati, allora è un tratto acquisito ex novo, attraverso mutazione casuale e selezione naturale. Evoluzione.
Sta a voi dimostrare che non è così, e dunque argomentare le vostre tesi.
Per Giuliani, da matematico ne apprezzo il tentativo. Di sicuro porta sostegno alla lettura di Gould, che consiglio a tutti, ma gli equilibri punteggiati, gli attrattori nel landscape fenotipico, sono mica robe nuove! E non mettono in crisi micro=macro! Di equilibri punteggiati si discute tranquillamente nelle riviste di evoluzione (http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0169534713001997 ) senza che nessuno si stracci le vesti!
O non ha letto o non ha capito l’articolo della berkeley..oltre probabilmente a non aver capito cosa ha scritto Enzo in questo articolo.
Sul discorso micro e macro evoluzione non ha invece aggiunto nulla,semplicemente cerca di cambiare discorso,fra l’altro a sproposito,infatti ciò che linka non c’entra ancora una volta niente.
..Ovvero
Nell’articolo sia di Enzo che della berkeley non si fa riferimento ad argomenti,ne sono rilevanti i punti da lei portati all’attenzione,ma le conclusioni si centrano sulla mancanza di ricadute della teoria neodarwiniana nelle applicazioni mediche,nel caso particolare si mostra come si parli di selezione.
Sulla microevoluzione dell’HIV si può consotare facilmente che tale sia:
http://www.onlineijp.com/admin/fckeditor/_samples/php/article/143_IJP,%203%282%29,%202012,%20152-156..pdf
“HIV drug resistance occurs when microevolution
causes virions to become tolerant to antiretroviral
treatment.”
Sul rapporto macro-micro dalla stessa Berkeley,ad una analisi dei fatti come ho già detto:
http://www.enzopennetta.it/2014/02/aids-e-utile-lapproccio-evoluzionista-in-medicina/#comment-23742
Non si hanno evidenze scientifiche sul modello neodarwiniano e rappresenta una congettura filosofica,non scientifica.
Gvdr, pur non essendo biologo, con poco potrei confutare quello che asserisci. Ma credo che non valga la pena, dire sempre le stesse cose poi stufa.
Già, a ripeter le stesse balle ci si stufa. Soprattutto quando non si capisce nemmeno di cosa si parla.
Ciao Emanuele,
Io invece ci voglio provare, non assicuro niente…
Ciao Gvdr,
Dire che “siete gli unici rimasti a pretendere che micro e macro evoluzione siano essenzialmente cose diverse, e non lo stesso processo visto con scale temporali diverse” mi fa dire due cose:
Quando dici “siete gli unici”, a chi ti riferisci? A chi ha scritto l’articolo, a me, ad Emanuele? Non credo aiuti una contrapposizione noi/voi. Trovo utile invece ragionare sui fatti e su come vengono interpretati. Concordi?
Riguardo al fatto di essere gli unici a dire queste cose, ti rimando a qs articolo. Chi é più bravo di me, troverà di meglio, io intanto faccio la mia piccola parte….:
“Carroll, S.B., “Macroevolution”, Nature 409:669 (2001)”
Estratto di: Giovanni Mori,Valentino Dutteri. “SAPIENS – Troppo comodo morire.” iBooks.
Il materiale potrebbe essere protetto da copyright.
Ti rubo ancora solo due righe: per rendere piccole mutazioni di molecole, grandi mutazioni di organi (per esempio) non basta il tempo. Le variabili diventano prossime all’infinito. E quindi che da micro si passi a macro evoluzione, non solo non é dimostrato, ma é altamente improbabile (forse é questo il motivo per cui non é ancora stato dimostrato). Solo per avere una sequenza voluta di 165 sequenze di basi per un filamento di Rna hai 1 probabilità su 2.000.000.000.000 (e altri 78 zeri). Non basta che passi il tempo perché succeda, devi anche sperare che le prime sequenze non si degradino, che la molecola appena formata non si sposti chissà dove, che ci siano le condizioni per inventarsi un nuovo legame, le variabili diventano infinite e inversamente proporzionali sono le possibilità che ciò accada.
Ciao,
Max
Torniamo alla vecchia solfa dell’argomento probabilistico (usato male). Si rilegga Kauffman, poi ne ridiscutiamo.
Potrebbe spiegarmi in soldoni perché la statistica in questo caso sarebbe usata male? Qual è il modo corretto di impiegarla? E questo Kaufmann, in breve, cos’è che dice?
Proprio Kauffman, Gvdr, conferma quel tipo di calcoli! (v. Esplorazioni evolutive, pag. 189).
Perche’, anziche’ ricorrere magari erratamente al “principio di autorita’ “, che in scienza vale zero, non corregge Lei gli argomenti probabilistici usati male?
Grazie Max, ma guarda che con certe persone è tempo perso……
Quella probabilità è quella di assemblare nel modo corretto 165 basi. Ho un alfabeto di 4 lettere e cerco di riprodurre una parola lunga 165 pescando le lettere a caso. È semplice concludere che la probabilità di tale parola è uno contro 4^165. Se poi diamo una stima di quante di queste parole si potessero comporre ogni secondo sulla terra, vedremo che l’evento è di probabilità molto bassa.
Sebbene questo di per se non sia una dimostrazione che l’evento è impossibile (gli eventi rari accadono, e “quella” sequenza ha la stessa probabilità marginale di ogni altra parola) è un problema. Ma il problema giace nelle assunzioni dietro al calcolo matematico. Il “modello” presuppone che quel filamento si sia messo assieme dalla “collisione” di lettere tutto in un colpo senza passare attraverso passi intermedi.
Ed è lí che entra in gioco Kauffman (invito Masiero a rileggere “The Structure of Autocatalytic Sets: Evolvability, Enablement, and Emergence” di Hordijk, Steel, Kauffman, che è un po’ più recente…). La sequenza codificante di RNA non è emersa dal nulla, ma da insiemi di reazioni autocatalitiche. Cioè da pezzetti molto più piccoli, e dunque molto più probabili. Di questi precessori abbiamo evidenza sperimentale: robe lunghe 7 basi (Vlassov AV, Kazakov SA, Johnston BH, Landweber LF: The RNA world on
ice: a new scenario for the emergence of RNA information. J Mol Evol
2005, 61:264–273.), 5 basi (Turk RM, Chumachenko NV, Yarus M: Multiple translational products from
a five-nucleotide ribozyme. Proc Natl Acad Sci USA 2010, 107:4585–4589.) e un po’ più grosse da 12 – 20 nucleotidi (vedi i lavori di Beier e Gross). Uno contro 4^20 è ancora un numero piccolo, ma distante da quello che deriva dalla sequenza di 165 basi. Nei tempi geologici, un evento che ha probabilità uno contro 4^5 o 4^7 avviene con quasi certezza. Il calcolo fatto prima, dunque, perde di senso.
Detto questo, l’origine del RNA codificante per proteine rimane un problema scientifico aperto (http://www.biomedcentral.com/content/pdf/1745-6150-7-23.pdf). Non sappiamo con certezza come è avvenuto, non siamo sodisfatti della spiegazione attuale, dobbiamo comprendere molti dettagli, ma ritirare fuori l’argomento probabilistico per dire “è impossibile” è ottusamente sbagliato.
Tipico gvdr,
Hai seguito un cliché classico
Mi hai messo in bocca parole che non ho detto (“é impossibile”) e hai sparato su un bersaglio facile che ti sei costruito da solo.
Tipico.
Mentre tu affermi che avviene con quasi certezza (vedi, é facile citare correttamente le frasi altrui).
Le deboli attività di sintesi di alcuni RNA non sono una bacchetta magica che risolvono le grandi lacune dell’origine della vita. Infine sarebbe già un miracolo ottenere una molecola di RNA, un qualunque libro di biochimica spiega la delicatezza e la complessità delle reazioni e DELLE MOLECOLE che presiedono alla sua sintesi (a loro volta sintetizzate come?).
Sono argomenti dove si dovrebbe entrare con grande umiltà, non chiamare “ottusamente sbagliato” il ragionamento di chi non la pensa come te, perché tu non puoi provare quello che affermi.
Dire che quella lunga sequenza si forma piano piano é il tipico ragionamento di Darwin. (Come quando immaginava che dal l’orso arrivasse la balena), ammetteva che era difficile crederlo ma poi diceva che pensandoci bene, piano piano, un cambiamento alla volta, piano piano e avveniva il miracolo.
Quando trovi citati articoli scientifici, non ne parli perché la sede giusta sarà una rivista scientifica, quando si parla a braccio chi parla esprime per te concetti ottusamente sbagliati. Non concedi nulla e presumi di possedere la verità. La scienza va avanti a forza di dubbi e sulla verità del darwinismo mi pare tu non ne abbia. Ergo….il tuo metodo é scientifico?
Max
Io conosco Kauffman, Gvdr, e questi ha concluso la sua ricerca sull’abiogenesi, dopo 40 anni, con il “magico incanto”. Anche all’ultimo Congresso Cnr (20 maggio 2011) sull’argomento, dopo aver indicato le 4 principali ipotesi (di cui la Sua preferita, Gvdr, è una, ma non necessariamente quella scientificamente corretta), Kauffman ha chiuso con “Non lo sappiamo, ancora”. Questo ha ribadito anche a ottobre 2012, quando ho avuto l’occasione di ascoltarlo in call conference.
I calcoli probabilistici sono importanti per distinguere gli eventi che sono plausibili con la cinetica chimica da quelli che richiedono l’intervento di meccanismi fisici, cioè della teoria quantistica dei campi. Tutto qua. La vita è evidentemente, almeno per me, un fenomeno quantistico, che i biologi molecolari non potranno mai spiegare con il loro armamentario fondato sugli urti casuali. Questa tesi sosterrò nel mio prossimo articolo.
Forse io e Lei, Gvdr, abbiamo un’idea diversa della “scienza”. Per me vale la definizione di Feynman:
“All’inizio tiriamo a indovinare. Poi calcoliamo le conseguenze di tale ipotesi, per vedere quale sarebbe la conseguenza e cosa comporterebbe, se la legge fosse vera. Poi compariamo tali calcoli alla natura, o come diciamo noi, ad un esperimento o all’esperienza, compariamo direttamente alle osservabili sperimentali per vedere se funziona. Se non è in accordo con l’esperimento è sbagliata. In questo semplice assunto è la chiave della scienza. Non importa quanto sia elegante la tua teoria, non importa quanto tu sia intelligente o quale sia il tuo nome. Se non e’ conforme con gli esperimenti è sbagliata. E questo è tutto”.
La Sua qual è?
Gvdr,
dopo aver elencato una serie di “potrebbe essere andata così” e aver affrontato la nascita autocatalitica di alcune sequenze di basi di piccoli pezzetti di RNA, che poi si sarebbero rivelate quasi miracolosamente utili in “n” casi di sequenze di oltre un centinaio di basi riducendo la difficoltà probabilistica di ottenere combinazioni funzionali (roba ingegneristica, quasi da ID direi) e commettendo lo stesso errore di Dawkins ne la scalata al monte improbabile che non si accorge che le sequenze così ottenute non sono selezionabili prima di aver completato la proteina (proponendo quindi un’evoluzione non darwiniana), dopo aver ammassato un cumulo di ipotesi non verificate, termina dicendo che –l’argomento probabilistico per dire “è impossibile” è ottusamente sbagliato-.
Questo è un suo desiderio, la realtà dice che l’unica cosa ottusa è ritenere l’argomento probabilistico sbagliato.
Ciao Enzo , ieri una mia carissima amica, insegnante è andata al Mendel Day a verona, vive la… Mi ha detto che è stato davvero interessante e questo punto non vedo l’ora di anadarci, mi confermi il 22 marzo a Milano?
Ciao Emanuele, a Verona c’era come primo relatore Agnoli, una garanzia, non dubito che come testimoniato dalla tua amica sia stato un appuntamento interessante.
Per quel che riguarda Milano, che io sappia non ci sono novità e dovrebbe essere confermato, meglio comunque ricontrollare sul sito che non ci siano novità qualche giorno prima.
La ringrazio della risposta. C’è però una cosa che mi sfugge: anche considerando piccoli, e quindi più probabili, sottoinsiemi di k lettere, l’azione del caso fa sì che insieme agli spezzoni che “servono” per comporre il parolone finale si formino anche tutte le altre disposizioni con ripetizione possibili delle 4 lettere prese a k a k. Perché la probabilità di ottenere una particolare sequenza di 165 lettere dovrebbe essere dunque diversa operando in più passaggi piuttosto che in uno solo?
Sembrano, forse, se …… Gvdr, voi ipotecate i vostri dogmi con la speranza che un giorno vengano trovate le prove , questa sarebbe scienza ? Ma va la…
Enzo, rettifico , non è il 21 ma il 22 Marzo. Come già detto precedentemente, ti farò sapere la mia impressione . Buona serata.
Grazie Emanuele, allora aspetto di sapere le tue impressioni.
Della serie come creare sofismi con le probabilità e con l’induzione,pseudologismi caricati di “paroloni scientifici” con molta ironia socratiana:
“E’ altamente improbabile vincere all’enalotto.
Certo pero è certo che giocando per tempi molto lunghi vincerai all’enalotto.
Certo bisogna pensare che tutto di un colpo è impensabile vincere all’enalotto,pero se giochi ogni giorno per tempi molto lunghi lo vincerai!”
Non si può,veramente non si può,non vanno manco più presi seriamente.Come fate,mi dovete spiegare come fate,a pensare che tali “fanta/argomenti” siano anche scientifici.
https://www.youtube.com/watch?v=4FfQGKTp1KA
Ricordo che Piero Angela (sappiamo come sia schierato) screditò la teoria dei numeri “ritardatari”, osservando che ad ogni estrazione del lotto la probabilità di indovinare il numero è sempre e comunque una su novanta.
Piero angela non ha capito una mazza,sono argomenti logicamente insussistenti non ha nemmeno senso parlare di numeri ritardatari:
Se non è uscito 4 allorà uscira 4
o mirabili numeri che usciranno certamente:
è uscito 5 quindi uscira 5.
Ecco certe affermazioni esposte qui,correlate da ricerche postate ad minchiam per fare show, sono irrisorie,perchè le ricerche ivi postate non giustificano “scientificamente” (con quale sistema epistemico di grazia?) quanto affermato,ma si ha ovviamente il coraggio di contestare l’articolo.
Capirai moltiplicare l’improbabilità all’infinito facendola diventare probabile è un no sense,oltre che nà sparata ideologica tipica dei sedicenti rettori scientisti.
Scrditò perchè è anche quello un sofisma,e poi fece lo scienziato chic come se la cosa non fosse nota da secoli.
http://it.wikipedia.org/wiki/Fallacia_dello_scommettitore
Mi sfugge (ma sarà un mio limite) perché per Piero Angela tale fallacia non valga più quando si entra nell’ambito del neo-darwinismo, delle mutazioni casuali e via discorrendo.
Sfugge anche a me,chideamolo:
Sig Piero Angela in quanto dibbiamo puntare su tale argomento neo darwinista?
Bisogna “giocare responsabilmente” ;P