Dopo le rivelazioni di quasi un anno fa sul golpe imposto dalla BCE adesso la conferma autorevole di Bini Smaghi
Quasi un anno fa il Senatore Massimo Garavaglia rivelava il golpe che costrinse Berlusconi alle dimissioni per insediare il Presidente non eletto e imposto dall’Europa, se ne parlò su CS in Byoblu: E’ stato un golpe.
Adesso una importante conferma arriva da Lorenzo Bini Smaghi, economista italiano e membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea dal giugno 2005 al 10 novembre 2011, proprio il giorno dopo la nomina a Senatore a vita di Mario Monti e sei giorni prima del suo incarico a Presidente del Consiglio, una tempistica che va inserita nella vicenda e della quale tutti i risvolti potrebbero non essere stati chiariti (in quei giorni Berlusconi premeva perché Bini Smaghi si dimettesse per consentire la nomina di Draghi a Presidente della BCE).
Adesso il prof. Bini Smaghi sembra essersi liberato dal peso di aver custodito quanto accaduto nel libro “Morire di austerità” ed. Il Mulino.
Della vicenda si è occupato Mario Bottarelli su il Sussidiario:
Comincio a pensare che la Bce non sia una banca centrale, ma la vera sede del governo italiano, visto le sempre maggiori conferme che giungono in tal senso. L’ultima, a dir poco inquietante, è contenuta nel nuovo libro dell’ex membro del consiglio esecutivo dell’Eurotower, Lorenzo Bini Smaghi, “Morire di austerity”. Ovvero, nell’ottobre-novembre 2011 Silvio Berlusconi stava seriamente ponendo in essere un piano per far uscire l’Italia dall’euro, ragione che portò al suo immediato allontanamento da Palazzo Chigi per volontà dei “gendarmi” dell’eurozona.
Nello specifico, il Cavaliere avrebbe discusso del ritiro italiano dalla moneta unica durante meeting privati con altri governanti europei, con ogni probabilità Angela Merkel e Nicolas Sarkozy. Testualmente, il libro dice che «l’ipotesi d’uscita dall’euro era stata ventilata in colloqui privati con i governi degli altri paesi dell’euro». Ma non basta. Per Bini Smaghi, la Merkel è rimasta convinta della possibilità di espellere la Grecia dall’eurozona fino al tardo autunno del 2012, salvo poi essere riportata a più miti consigli dalla Bundesbank, la quale le fece notare i 574 miliardi di euro di crediti che vantava verso le banche centrali di Grecia, Portogallo, Irlanda, Italia, Cipro e Slovenia attraverso il programma Target2. Quindi, un altro mito che crolla: non è vero che il sistema di pagamento interno della Bce è soltanto una variazione tecnica, senza rischi significativi, in caso una nazione decidesse o fosse obbligata a lasciare la moneta unica.Per Bini-Smaghi, infatti, «la banca centrale (di quel Paese, ndr) non sarebbe stata in grado di ripagare le liabilities accumulate verso altri membri dell’eurosistema, le quali sono registrate nel sistema di pagamento interno dell’Unione (Target2). L’insolvenza provocherebbe perdite sostanziali per le controparti nelle altre nazioni, inclusi Stati e banche centrali». Ora, non so se Bini-Smaghi abbia raccontato una bugia o la verità, ma resta il fatto che un ex membro della Bce, nonché uomo dell’Italia a Francoforte per anni, ha scritto nero su bianco che Berlusconi stava pensando di uscire dall’euro, ne aveva parlato con altri governanti europei in riunioni e visite private e per questo è stato fatto fuori nell’inverno del 2011.
Questo, a casa mia, si chiama golpe. E apre nuovi interrogativi: non sarà che la cavalcata dello spread cominciata nell’estate di quell’anno e culminata con quota 575 prima dell’arrivo a Palazzo Chigi di Mario Monti fosse frutto di un accordo tra Bce-Bundesbank e governo tedesco per far fuori Berlusconi, dopo che questo aveva reso partecipe la Merkel dei piani che gli frullavano per la testa? Si spiegherebbe il perché di quegli 8 miliardi di debito italiano scaricati da Deutsche Bank nella primavera 2011, gridandolo ai quattro venti e coprendosi oltretutto con l’acquisto di cds. E si spiegherebbe il perché nessuno chiese conto al gigante tedesco di quanto fatto, né la Bce, né l’Eba. Dubbi, ovviamente senza una riprova se non la parola di Bini-Smaghi. Il quale, se ricorderete, per un periodo fu in predicato di finire a capo di Bankitalia al posto di Mario Draghi ma poi decise di accettare un incarico accademico in una prestigiosa università statunitense: andò davvero così? O quando ebbe la conferma che dentro Bankitalia il suo nome era sgradito e che Monti non avrebbe fatto nulla per perorare la sua causa preferì anticipare tutti e crearsi una nobile alternativa? Quanto scritto nel suo libro, quindi, va inteso come la classica pariglia che Bini-Smaghi ha voluto restituire a Monti e Napolitano? Solo lui potrebbe confermarlo, ma gli indizi e le coincidenze sono tanti, davvero troppi per bollare quelle parole solo come fantasie.Ieri, poi, è giunta l’ennesima riprova, l’ultimo ed ennesimo siluro della Bce, di fatto quasi una seconda lettera di compiti a casa al nostro governo, seppur sottoforma di allarme apparentemente rituale. Per la Banca centrale europea, infatti, il forte aumento del fabbisogno finanziario italiano, salito a 51 miliardi a luglio 2013 a causa del rimborso dei debiti verso le imprese, mette in risalto i rischi crescenti per il conseguimento da parte dell’Italia dell’obiettivo di disavanzo delle amministrazioni pubbliche nel 2013 al 2,9% del Pil. Ad agosto, ha rimarcato la Bce, il governo italiano ha annunciato, per l’anno in corso, l’abolizione della prima rata dell’imposta sulle abitazioni principali di proprietà: il mancato gettito (pari a 2,4 miliardi di euro circa, ossia lo 0,1% del Pil) sarà compensato mediante un contenimento della spesa e maggiori entrate. Sempre in agosto, il Parlamento ha poi deciso di rinviare di tre mesi, al 1 ottobre, l’aumento di 1 punto percentuale dell’aliquota ordinaria dell’Iva, anche se le inferiori entrate dovute a tale rinvio saranno bilanciate da maggiori accise su alcuni prodotti e da imposte dirette temporaneamente più elevate. Infine, è stato convertito in legge il Decreto del fare, che prevede una serie di misure intese ad accrescere gli investimenti in infrastrutture, semplificare le procedure burocratiche, aumentare il credito alle imprese (soprattutto alle piccole e medie imprese) e migliorare l’efficienza della giustizia civile.
Insomma, la Bce si è sentita in dovere di entrare a gamba tesa sulle scelte di politica economica italiana, casualmente ponendo l’accento su uno dei nodi più spinosi nel rapporto tra Pd e Pdl, ovvero l’Imu. Come se non bastasse, altra frecciata sulla questione dell’Iva, ancora in discussione seppur con un consenso generale che vede l’esecutivo pronto praticamente a qualsiasi mossa pur di evitare una decisione che potrebbe risultare fatale in un contesto di consumi e domanda interna praticamente ferma. Oltretutto, questa preoccupazione preventiva appare strumentale anche per il fatto che una sorta di offsetting per il mancato gettito garantito dall’aumento dell’Iva è già stato posto in essere dall’aumento delle accise e di altre tasse, seppur in maniera transitoria.
Come mai la Bce ha sentito il bisogno di fare le pulci solo all’Italia? La Spagna non mostra debolezze nell’azione di contrasto della crisi da parte del governo, al netto della delirante politica di abbattimento dei cantieri bloccati dalla crisi per alleggerire i bilanci delle banche e cercare di stimolare la domanda riducendo l’offerta (ci vorranno almeno 10 anni, visto quanto si è costruito durante il boom zapateriano)? Vogliamo parlare della Francia e del suo tasso di disoccupazione, con il governo che offre come unica risposta la volontà di attaccare la Siria? Evito per carità di patria di parlare di Grecia e Cipro, ma il Portogallo mi sembra calzante, come esempio: come ha fatto Lisbona a raggiungere il risultato dell’avanzo primario? Privatizzando asset pubblici, una manovra assolutamente una tantum, ma non mi ricordo di intemerate della Bce contro il Paese lusitano, soprattutto durante i giorni difficilissimi della crisi di governo e del rimpasto – non ancora compiuto fino in fondo – di inizio agosto. L’Italia, invece, proprio nel pieno del periodo peggiore per le aste e con l’esecutivo la cui vita appare appesa a un filo, può essere bacchettata en plein air e additata al pubblico ludibrio dei mercati. E meno male che a capo della Bce c’è un italiano!
Sforiamo il 3% di ratio debito/Pil? Chissenefrega dico io, questa Europa è la stessa che ci massacra non appena può, è l’istituzione alla quale diamo più di quanto riceviamo, è il simposio che permette all’Eba di fare figli e figliastri nei criteri di valutazione degli assets bancari, è il direttorio che per dar retta all’azionista di maggioranza, la Bundesbank, ci ha fatto spendere tre volte tanto per non salvare la Grecia, quando mettendo mano al portafoglio tre anni fa avremmo già risolto il problema ed evitato il contagio (ma non si poteva, perché le banche tedesche dovevano prima scaricare a buon prezzo la carta igienica ateniese che avevano in portafoglio), è il Leviatano che non azzecca una previsione, rivede le stime ogni settimana, parla di ripresa da tre anni senza che nessuno abbia visto nemmeno l’ombra di un green shot, è il governo non eletto che impone ai nostri comuni virtuosi di non poter spendere i soldi che hanno in cassa – creando sì, in quel caso, occupazione sana e reale – in ossequio al suo delirante Patto di stabilità.
Per quanto ancora dovremo abbassare la testa e dire sì? Viene da chiedersi se il governo non debba dotarsi – e in fretta – di un ministro delle Finanze e non di un pedissequo portavoce di Mario Draghi e dei desiderata della Bce, quale è Saccomanni.
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6 commenti
Complimenti professore. Su questo sito erano erano già stato messi in evidenza vari elementi che portavano a pensare che nelle vicende accadute tra agosto e novembre 2011 c’era stata una regia esterna. Ci sono Paesi stranieri che vogliono continuare ad avere l’egemonia in Europa, che si sono assicurate grazie agli accordi di Maastricht ed alle regole di funzionamento dell’Euro, coperti alle spalle dagli Stati Uniti. Dopo essersi mangiate quasi tutte le nostre aziende pubbliche, ( Letta ha da poco annunciato che ora privatizzerà Eni, Enel, Poste, ecc., così l’Italia sarà un Paese deindustrializzato ),ora, grazie al Fiscal Compact, stanno per mettere le mani sui patrimonio immobiliare e sui risparmi degli italiani.Tutto questo grazie a quinte colonne interne che fanno gli interessi delle lobby internazionali a cui appartengono e non dei loro connazionali. E’ da notare che chiunque tocca l’eurocrazia finisce male.
Craxi, nel 1992 voleva rivedere gli accordi di Maastricht e sappiamo che fine fece. Nel famoso discorso alla Camera del 3 luglio 1992 pronunciò, a proposito dell’Europa, parole profetiche: “E tuttavia, quando si sentono magnificare i nuovi traguardi europei come se si trattasse di una sorta di Paradiso terrestre che ci attende, c’è solo da rimanere sconcertati. E’ naturalmente fondamentale che l’Italia riesca a raggiungere il passo dei suoi grandi partners europei e che per far questo si mostri capace di compiere tutti gli sforzi che debbono essere compiuti. Diversamente si produrrebbe una frattura di portata storica nelle linee di fondo del nostro progresso. E tuttavia, dobbiamo insistere a chiederci quale Europa vogliamo e verso quale Europa vogliamo indirizzarci. Non verso un’Europa sottratta ad ogni controllo dei poteri democratici. Non verso politiche determinate solo sulla base di criteri macroeconomici, indifferenti di fronte alla valutazione dei costi sociali. Un’Europa fondata su di un mercato unico, aperto e libero ma il cui sviluppo non contraddica il principio che gli anglosassoni definiscono come “il mercato più la democrazia”. Non un’Europa in cui la modernizzazione diventi brutalmente sinonimo di disoccupazione. Un’Europa dove le rappresentanze sindacali abbiano un loro spazio, una loro dignità ed una loro influenza. Un’Europa che guardi al proprio riequilibrio interno ma anche all’altra Europa che si è liberata dal comunismo ma che rischia di restare ancora separata e divisa non più, come è stato detto, «dalla cortina di ferro ma dal muro del danaro». Nel 1994, la revisione degli accordi di Maastricht era nelle intenzioni di Berlusconi. Anche questo diede origine al golpe di palazzo che portò al governo “tecnico” Dini. Questo lo scrisse, qualche tempo dopo, Don Gianni Baget Bozzo. Come si vede chi tocca quei fili muore. E’ molto curioso che il libro di Bini Smaghi sia uscito lo scorso aprile e se ne parli solo oggi e che neanche i quotidiani d’area berlusconiana riportavano la notizia. Questo dà l’impressione che tutta questa storia sia accompagnata anche da forti minacce.
Come emerge da questo intervento “Come si vede chi tocca quei fili muore”, e tragicamente non in senso figurato questo fu vero per Enrico Mattei, poi di morte politica si trattò nel caso Craxi e di tutti i governi o personaggi che in qualche parte del programma abbiano voluto spezzare quel legame subordinato con chi ci ha da sempre concepiti come colonia.
Ha ragione chi ha paragonato i governanti, soprattutto da Monti ad oggi, alla Repubblica di Vichy, vendono quel che resta dell’Italia sovrana portando a termine quello che avevano iniziato sul Britannia.
E colpe gravissime hanno i sindacati che forse erano l’unica forza in grado di opporsi a questo scempio per salvare gli operai e tutti i lavoratori, anche loro si sono invece messi proni alle direttive della Troika e in nome degli interessi della finanza hanno venduto i lavoratori.
Non mi ero accorto che il libro era di Aprile, questa pubblicità adesso mi sembra quindi una specie di siluro lanciato da chi sta combattendo una battaglia e solo adesso vede l’utilità di smascherare quei fatti.
Ma al tempo stesso sono impressionato dalla capacità di aver fatto passare sotto silenzio per mesi una vera bomba come questa.
Questo ci faccia riflettere su come sia manipolabile l’informazione.
Oggi, si è tenuta la presentazione, del libro “Europa Kaputt” del prof. Antonio M. Rinaldi. Ecco il filmato, lungo ma molto interessante, con gli interventi dei prof. G. Guarino, P.Savona, C. Borghi Aquilini, A. Bagnai e, ovviamente, A.M. Rinaldi:
http://www.youtube.com/watch?v=4mCj8Ll5Z_A&feature=youtu.be
Grazie, il filmato effettivamente richiede un po’ di tempo a disposizione, ma basterebbe solo l’intervento di Savona a giustificare l’ascolto.
Professore ha visto che lucidità d’analisi e che combattività del novantunenne prof. Guarino!! E’ un grande costituzionalista ed è ritenuto il più grande studioso italiano di Diritto amministrativo.
Lo scorso anno, indignato per la legge approvata, dimostrò l’incostituzionalità del Fiscal Compact. Il suo studio è passato, ovviamente sotto silenzio. Nel video illustra chiaramente il concetto di “Euro vero” ed “Euro falso”. Quello falso è quello che usiamo tutti i giorni perché è diverso da quello stabilito dai trattati. Deriva solo da un regolamento, nella fattispecie, dal regolamento 1466/97. Quel regolamento impedisce di raggiungere l’obiettivo della crescita, come stabilito dai trattati. Il prof. Guarino ci rivela chi l’ha scritto: un certo Mario Monti!
Guarino (mi complimento per i suoi 91 anni!) mi sembra che abbia avuto lo stesso trattamento di Savona, quando hanno parlato mettendo in dubbio il modo in cui è stato fatto l’Euro sono stati ignorati perché in questo campo non sono ammesse voci fuori dal coro.
E invece come sappiamo Monti ha avuto tutta la visibilità e la stampa a favore che gli serviva.