Un Intervento di Umberto Fasol sulla risposta di Ratzinger a Odifreddi.
Troppo bello per essere vero!
Un Papa che sbeffeggia un Nobel per la Medicina e lo accusa di passare la fantascienza per scienza!
Il prof. Ratzinger, Benedetto XVI per il mondo intero, oggi, da Papa emerito, si permette il lusso di rilassarsi e di dare sfoggio di quella sottile e intelligente ironia che lo caratterizza da sempre ma che per tanti anni ha dovuto, da buon tedesco di razza, frenare.
Rispondendo al prof. Piergiorgio Odifreddi, che gli aveva dedicato un libro intero (“Caro Papa, ti scrivo.”, Mondadori, 2011) per criticare lui, la Chiesa, il Cristianesimo, la Bibbia, Gesù Cristo e quant’altro possibile, accusando la teologia e la religione di fare solo fantascienza, il prof. Ratzinger scrive (“La Repubblica” del 24 settembre 2013):
“Esiste, del resto, la fantascienza in grande stile proprio anche all’interno della teoria dell’evoluzione. Il gene egoista di Richard Dawkins è un esempio classico di fantascienza. Il grande Jacques Monod ha scritto delle frasi che egli stesso avrà inserito nella sua opera sicuramente solo come fantascienza. Cito: “La comparsa dei Vertebrati tetrapodi… trae proprio origine dal fatto che un pesce primitivo “scelse” di andare ad esplorare la terra, sulla quale era però incapace di spostarsi se non saltellando in modo maldestro e creando così, come conseguenza di una modificazione di comportamento, la pressione selettiva grazie alla quale si sarebbero sviluppati gli arti robusti dei tetrapodi. Tra i discendenti di questo audace esploratore, di questo Magellano dell’evoluzione, alcuni possono correre a una velocità superiore ai 70 chilometri orari…” (citato secondo l’edizione italiana Il caso e la necessità, Milano 2001, pagg. 117 e sgg.).”
Fantastico!
Onore e merito ad un Papa che si permetta finalmente di chiamare le cose con il loro vero nome e di sbeffeggiare i Premi Nobel della teoria dell’evoluzione entrando nel merito delle loro proposizioni cosiddette “scientifiche” smascherandone con competenza tutta la fragilità epistemologica…
Da decenni siamo costretti, noi docenti, di scienze ma anche di lettere o di filosofia o ancora di scuola dell’infanzia e di scuola primaria, a insegnare ai nostri ragazzi fin da piccoli che non sappiamo da dove venga il Mondo, ma che sicuramente si è fatto da solo, senza alcuna Causa esterna, evolvendosi spontaneamente e trasformando la materia grezza in cellule, in alberi, in fiori, in pesci, in uccelli e finalmente in uomini.
Così, senza porci tante domande, e soprattutto senza lasciarle fare ai nostri studenti, diciamo dalle nostre cattedre che il Mondo che vediamo è frutto del gioco della roulette e della pressione di selezione, perché Madrenatura è capace di tutto e sa farlo bene senza alcun Dio. Non esistono nè Progetto, nè Finalità, nè Causa; guai anche solo a nominarli!
Proprio come le preghiere di Odifreddi:
““Credo in un solo Dio, la Natura, Madre onnipotente, generatrice del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, l’Uomo, materia da materia, generato e non creato, della stessa sostanza della Madre natura.” (Odifreddi, Il matematico impertinente).
O ancora come sottolinea con perentorietà Monod, spazzando via ogni ombra di dubbio sulla potenza creatrice del nulla:
“Soltanto il caso è all’origine di ogni novità, di ogni creazione nella biosfera. Il caso puro, il solo caso, la libertà assoluta ma cieca, è alla radice del prodigioso edificio dell’evoluzione: oggi questa nozione centrale della biologia è la sola concepibile in quanto è l’unica compatibile con la realtà quale ce la mostrano l’osservazione e l’esperienza”. (op. cit. pag. 95)
Sono frasi che certamente non meritano alcun commento da parte di chi quotidianamente ha di fronte la bellezza e la complessità finalizzata di ogni singolo essere vivente e di ogni sua parte, ma credo che valga la pena leggere ancora la lettera del Prof. Ratzinger a Odifreddi: “Se Lei vuole sostituire Dio con “la Natura”, resta la domanda, chi o che cosa sia questa natura. In nessun luogo Lei la definisce ed appare quindi come una divinità irrazionale che non spiega nulla.”
Molto efficace poi è l’attacco che il Professore muove alla religione della Matematica, quella professata da Odifreddi:
“Vorrei, però, soprattutto far ancora notare che nella Sua religione della matematica tre temi fondamentali dell’esistenza umana restano non considerati: la libertà, l’amore e il male. Mi meraviglio che Lei con un solo cenno liquidi la libertà che pur è stata ed è il valore portante dell’epoca moderna. L’amore, nel Suo libro, non compare e anche sul male non c’è alcuna informazione. Qualunque cosa la neurobiologia dica o non dica sulla libertà, nel dramma reale della nostra storia essa è presente come realtà determinante e deve essere presa in considerazione. Ma la Sua religione matematica non conosce alcuna informazione sul male. Una religione che tralascia queste domande fondamentali resta vuota.”
Insomma, Ratzinger ha fatto veramente il Professore, dandoci una splendida lezione di come si debba argomentare nelle dispute.
A questo punto mi domando: perché non aggiorniamo il notevole lavoro fatto da Andrea Bartelloni, pubblicato su La Nuova Secondaria (n°8, 15 aprile 2009), con una bella raccolta di frasi “celebri” (da fantascienza) come quella individuata dal Professore-Papa e poi invitiamo gli “scienziati” a darne pubblica ragione?
Mi prenoto subito per la seconda:
“Alcune specie di rettili più piccole per sfuggire ai dinosauri carnivori si rifugiarono sugli alberi. Per adattarsi meglio, svilupparono grandi ali, formate da membrane tra il corpo e gli arti superiori” (Origine degli Uccelli, libro di scienze di terza primaria).
Sono le frasi che raccontano l’evoluzione biologica: sono doppiamente false. Primo, perché non sono falsificabili e secondo perchè attribuiscono agli animali desideri che non possono mai avere avuto: figuriamoci se un pesce può pensare ad uscire dall’acqua o se un rettile può desiderare di volare…
Ora che lo fa anche un Papa… possiamo ridere anche noi insieme ai nostri studenti, consapevoli che una nuova verità possa emergere più facilmente in un clima rilassato e privo di pregiudizi.
Umberto Fasol
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137 commenti
caro umberto,
ho cominciato a leggere il suo post credendo che fosse ironico, ma temo che invece lei volesse essere “serio”. e temo anche che lei sia (“dio non voglia”, come dice appunto ratzinger nella sua lettera) un docente di scienze.
a un teologo ottantaseienne, che ha passato la vita a fare altro, si può perdonare molto. ma che un docente di scienze in attività si vanti di preferire le opinioni di un papa come benedetto xvi a quelle di un premio nobel come monod, è veramente un segno del livello inqualificabile a cui è caduto l’insegnamento nel nostro paese.
Se si parla di “opinioni” la scienza non c’entra, giusto prof. Odifreddi? E quindi tutti, anche gli scienziati, sono filosoficamente liberi di scegliere quelle che preferiscono: Lei una concezione naturalistica, come Monod; Fasol una teistica, come Arber, altro premio Nobel.
Buongiorno e benvenuto prof. Odifreddi,
a mio parere non si tratta di “preferire le opinioni di un papa come benedetto xvi a quelle di un premio nobel come monod,”, le opinioni non vanno valutate in base ad un principio di autorità ma in base al contenuto analizzato alla luce della ragione e dei dati.
A me invece, caro Prof. Odifreddi, pare che L’ottantaseienne teologo abbia dimostrato con chiarezza l’inconsistenza logica e filosofica delle sue argomentazioni: c’e’ poco da dire: Ubi maior minor cessat.
caro lucio,
a lei come ad altri, domando se lei conosce le argomentazioni alle quali ratzinger ha risposto. in altre parole, ha letto il mio libro? o ha letto solo la (parte pubblicata della) lettera di ratzinger?
No, sinceramente non ho letto il suo libro e, mi perdoni la schiettezza, non credo proprio che valga la pena di farlo. Mi e’ infatti bastato conoscere quanto afferma in “Perche non possamo essere Cristiani (e meno che mai cattolici)” per poter concludere che lei, purtroppo, non e’ in grado di poter dare un giudizio sereno e realistico su cosa sia davvero la religione Cattolica.
Questo mio parere, poi, si e’ ulteriormente rafforzato leggendo quanto lei ha scritto nella sua rubrica “il non senso della vita” e nel suo relativo forum.
Riporto qui una delle sue “migliori” affermazioni:
“io invece mi preoccupo, se un medico è cattolico. perché uno che creda che si possono sanare i ciechi sputando per terra e impastando loro gli occhi con il fango, o che si può rimanere incinte per fecondazione angelica, e più in generale che il corso delle cose viene a volte mutato da interventi soprannaturali, mi da molto poco affidamento.
che poi si riesca a usare la ragione i giorni settimanali, e credere a quelle cose la domenica, mi preoccupa ancora di più, dal punto di vista della sanità (mentale).”
Anche queste sue riflessioni su Pascal, poi, sono a dir poco azzardate ed imbarazzanti: http://www.gliscritti.it/blog/entry/662
caro lucio,
come preferisce. ma allora non può sindacare sulla “chiarezza” delle confutazioni ad affermazioni che non conosce. anche se il fatto che ratzinger si sia scomodato a provare a confutarle, dovrebbe essere un motivo sufficiente per immaginare che non possono essere così peregrine.
“perché non possiamo essere cristiani” era un testo molto diverso: si limitava a leggere le scritture, e a mostrarne l’anacronismo. “caro papa ti scrivo” fa ben altro, perché commenta la “introduzione al cristianesimo” di ratzinger, e discute di ciò che lui riteneva fondamentale nel “credo” cristiano. evidentemente, in un modo sufficientemente articolato da provocare una risposta.
naturalmente, il mio obiettivo era di farlo leggere a lui, e non a lei: dunque, anche se lei non lo legge, e si limita a mantenere i suoi pregiudizi, a me va bene ugualmente.
Caro prof. Odifreddi,
Se lei avesse dimostrato di essere in grado di dare un giudizio sereno e realistico sulla religione Cattolica probabilmente sarei stato stimolato a leggere il suo libro “Caro Papa ti scrivo” ma, purtroppo, in tutto quello che ho potuto leggere di quanto lei, in altre occasioni, ha scritto sulla religione Cattolica ho sempre rilevato nei confronti di questa un livello di prevenzione decisamente alto unito ad una sostanziale incapacita’ a comprenderne gli aspetti piu’ autentici. Alla fine, quindi, trovo che quelli che lei definisce “pregiudizi” nei suoi confronti, ammesso e non concesso che sussistano, non siano poi cosi’ ingiustificati: naturam expellas furca, tamen usque recurret.
Al contrario di lei, invece, ho sempre trovato in Benedetto XVI la capacita’ di essere un interlocutore decisamente rispettoso ed equilibrato nelle occasioni di confronto con le persone atee ed agnostiche. Ed e’ proprio per questo che ho reputato degni di fede i contenuti della missiva che le ha fatto pervenire in risposta agli argomenti suo libro.
Occorre essere sinceri: nel nostro modo di considerare il mondo e di giudicare le persone ci sono necessari non solo i giudizi che elaboriamo in prima persona ma anche quelli che apprendiamo da altre persone che giudichiamo pienamente degne della nostra fiducia.
O forse per lei non e’ cosi?
Cordiali saluti
Una provocazione, caro Fasol, al professore cattolicissimo: che differenza c’è tra l’insegnare ai nostri ragazzi che il mondo si è fatto da sé (e mi consenta questa semplificazione senza che susciti ilarità) o che invece l’ha creato un’entità soprannaturale eterna?
Io direi nessuna, né l’una né l’altra sono teorie falsificabili, come si ama dire sempre. E immagino che lei, professore, come aveva dichiarato nel primo Mendel day, preferisca la seconda e faccia di tutto, pur sapendo che resterà indimostrabile (una sorta di fantascienza anch’essa, in fondo), per spacciarla come la Verità vera.
La piccola differenza, che Lei continua a non riconoscere, 1/10, è che mai Fasol insegnerà a scuola che il ricorso al Creatore è una spiegazione “scientifica”; mentre tutti gli scientisti (per es. Hawking, dalla cattedra che fu di Newton) potranno continuare a dire che “l’universo si è fatto da sé” è una spiegazione scientifica, scriverci libri di successo essendo ripresi in adorazione dalla stampa internazionale, quando invece non è nemmeno elementarmente logica!
Ma non m’illudo che Lei, alla prima occasione, non ripeta la stessa domanda, perché sono già 2 o 3 volte che Le do la stessa risposta, cui corrisponde il silenzio.
Con rispetto verso tutti i tipi di ignoranza, ma anche con leale franchezza, molta gente che parla dalla cattedra non conosce la differenza tra spiegazione logica, s. scientifica, s. filosofica e s. religiosa.
Con altrettanti rispetto e franchezza, nessuno è obbligato a studiare e a capire queste differenze: si può comunque essere bravi tecnici nel proprio lavoro e onesti cittadini nella società.
Con sorpresa perciò – e Ratzinger fa trapelare il suo divertito stupore in diverse parti della lettera – ci si imbatte in gente che, nonostante i punti 1 e 2 sopra, conciona dell’universo scibile, anziché limitarsi al proprio terreno.
Aggiungo alla tua risposta caro Masiero che l’ipotesi di Dio è ragionevole. La più ragionevole tra le due. A partire dai dati empirici che rivelano complessità finalizzata ed irriducibile che non è riproducibile in alcun laboratorio senza ricorrere a intelligenza e a protocolli.
Ci vuole più fede a credere nel nulla che in un Creatore.
Ma certo, Umberto, sul piano logico e razionale, non c’è il minimo dubbio, come hanno dimostrato Plantinga, Fley, e persino obtorto collo Nagel.
Ma che ci vuoi fare? Oddifreddi parla di “livello inqualificabile dell’insegnamento in Italia”, senza rendersi conto che questo vale molto di più per il ranking delle università italiane, dove insegnano epistemologi confusionari, che per i licei come il tuo, dove persistono aree di eccellenza.
Ecco cosa succede quando due personalità di rilievo si occupano di temi di cui palesemente non sono competenti. Il problema è che in questo caso, come spesso purtroppo succede, è proprio Odifreddi a dare inizio all’inutile polemica volendo a tutti i costi ridicolizzare la teologia chiamandola fantascienza (che poi la fantascienza è una cosa serissima). Chiaro che poi non ci si può stupire se Ratzinger risponde dicendo che è la biologia evolutiva a essere fantascientifica.
Le posizioni di Odifreddi sono deboli e gratuite, volte più che altro a farsi pubblicità, e la risposta di Ratzinger è altrettanto debole, totalmente indifferente a tutti i risultati che la biologia evolutiva ha prodotto e al complesso dibattito che avviene al suo interno circa il peso delle diverse componenti – selezione, deriva genetica, vincoli di sviluppo, epigenetica, influenza ambientale, eccetera – nella regolazione del processo evolutivo.
Insomma, questi due, come molti altri, continuano a portare avanti un dibattito stantio, che comincia quasi a diventare noioso: da un lato lo scienziato militante che vuole a tutti i costi dimostrare che dio non esiste, dall’altra il teologo militante che vuole a tutti i costi demolire una spiegazione scientifica solo perchè essa non richiede la presenza di un dio.
Che noia.
Condivido il giudizio su Oddifreddi. Ma non so, Greylines, dove nella lettera di Ratzinger, Lei abbia letto una critica così radicale a tutto l’evoluzionismo: io ci ho trovato solo l’invito prudente ad applicare sempre con rigore il metodo scientifico che, in particolare su Dio, può solo tacere.
Mah, diciamo che chiamare fantascienza certe affermazioni di Monod mi pare eccessivo, pur trattandosi di una risposta alle gratuite provocazioni odifreddiane.
Per quanto riguarda l’applicazione del metodo scientifico a dio, sono pienamente d’accordo con lei.
Il fatto che il confronto tra i due non scenda nel dettaglio è inevitabile visto che si rivolgono ad un pubblico non specialista. Le loro obiezioni in fondo sono nella sostanza le stesse che vengono fatte anche a livello di esperti ma semplificate.
Dal punto di vista della divulgazione e del confronto ben venga lo scambio Odifreddi Ratzinger, almeno si incrina quell’immagine di una teoria che ha spiegato tutto (perché è questo che emerge negli insegnamenti scolastici) e che non ha aspetti insoddisfacenti.
Il fatto è che il duello Odifreddi-Ratzinger è buono per le pagine dei giornali ma tralascia in gran parte tutti gli aspetti veramente interessanti del dibattito, appiattendolo sullo scontro fede-ragione e inducendo gli spettatori a dividersi in opposte tifoserie. Il tutto dando l’idea – sbagliata – che le due posizioni siano equivalenti.
L’immagine delle teorie che spiegano tutto è sbagliata a prescindere dalla teoria di cui si parla e va anche detto che tutte le teorie (tutte) hanno aspetti insoddisfacenti. Per definizione. L’importante è non mettere sullo stesso piano teorie scientifiche (evoluzionismo), pseudoscientifiche (ID) e religiose (creazionismo).
Il creazionismo non è una teoria religiosa, ma una teoria pseudoscientifica che pretende di spiegare in termini scientifici l’origine del mondo, o delle specie, ricorrendo a Dio. Io non ne vedo alcuna differenza con l’ID.
Come credente, credo in un Creatore personale dell’Universo e di tutto quanto esso contiene, conferendogli senso. Se ciò è chiamato da qualcuno creazionismo (filosofico), creazionismo è anche la filosofia di chi attribuisce tutto al Caso, negando senso ad ogni cosa (e magari anche dichiarandosi come Oddifreddi alla ricerca della “Verità” con la V maiuscola, così contraddicendosi).
Beh, tra i due “creazionismi” che pare mettere sullo stesso piano io non ho dubbi su quale sia più ragionevole. Lo stesso dirà lei, assieme a Fasol, del suo creazionismo; peccato solo che il professore di liceo non perda occasione di dire ai suoi “discepoli” che il creato è meraviglioso e come si fa a pensare che non ci sia sotto sotto l’amorevole e ragionevole regia di un creatore; in fondo lo stesso di quanto afferma lei, vecchio vezzo dei credenti che, guarda un po’, prendono le distanze dall’ID come fosse la peste e in fondo la pensano allo stesso modo, camuffandosi da scienziati che vogliono capire come quel creatore ha potuto fare tutto in modo… scientifico. Boh!
Sì tenga la Sua fede “più ragionevole”, 1/10, basta che non la spacci come fa Odifreddi per scienza.
Quanto al ruolo dello scienziato che Lei mi attribuisce (ossia, cercare di capire i pensieri di Dio quando ha creato il mondo) Lei mi fa troppo onore: questa definizione non è mia, ma di Einstein.
Creazionismo NON è la filosofia di chi attribuisce tutto al Caso. Mi perdoni ma questo gioco di descrivere la scienza come una religione proprio non lo mando giù. Il creazionismo è religione, il caso (che non è il caos cieco e assoluto) non c’entra.
Greylines, penso che concordiamo se dico che il metodo scientifico è la spiegazione di trasformazioni da A a B, ma non può trattare né concepire una trasformazione da nulla ad A.
Non è perciò una forma di creazionismo quella di taluni fisici di pretendere di sapere che il mondo ha avuto un inizio e, per giunta, di attribuirlo ad un evento casuale?
Mi scusi, Greylines, ma poiché apprezzo molto le Sue opinioni equilibrate, mi piacerebbe avere la Sua risposta alla mia domanda di ieri, ore 13.13, che probabilmente Le è sfuggita.
In effetti la sua domanda mi era sfuggita.
Per me il metodo scientifico è un approccio alla conoscenza che può essere applicato alla ricerca di una spiegazione per qualsiasi fenomeno naturale. Pertanto, non vedo perchè limitarlo alla sola spiegazione delle trasformazioni da A a B, come sostiene lei. Non è scientifico ragionare su entità intelligenti che per definizione sono al di là dell’indagine umana – così non è scientifico dire che quella di dio è l’ipotesi più ragionevole, come fa Fasol – ma è scientifico ragionare su come tutto abbia avuto inizio. Che poi si possa trovare una risposta, be’, è un altro paio di maniche.
L’origine del mondo viene attribuita a un fatto casuale perchè questa è ritenuta la spiegazione più solida, non perchè vi sia una certezza assoluta (che di solito con la scienza ha poco a che fare). In ogni caso non vedo nulla di creazionista nell’atteggiamento di “taluni fisici”, come dice lei. Creare presuppone un intervento da parte di un creatore. In assenza di un creatore, non c’è creazionismo.
caro greylines,
temo che sia fuori strada anche in questo. il “duello”, come lo chiama lei, si è svolto al di fuori delle pagine dei giornali. il mio è un libro di 200 pagine, e la lettera di ratzinger, benché ovviamente più contenuta, contiene comunque sezioni e parti che non si adattano affatto a un giornale, e infatti non sono state anticipate su “repubblica”, e vedranno la luce in una nuova edizione del mio libro.
in ogni caso, la teologia ha forse la pretesa di “spiegare tutto”, ma nessuna teoria scientifica pretende un’assurdità del genere. in particolare, l’evoluzionismo non ha nessuna pretesa di spiegare l’origine della vita, ad esempio. e ratzinger ha apprezzato, a questo proposito, l’ammissione che io ho fatto nel mio libro, che quell’origine rimane uno dei problemi (per ora) non risolti per la scienza, insieme all’origine dell’universo e all’origine della coscienza.
caro Greylines,
lei ha letto il mio libro, o ne parla per sentito dire (da altri che non l’hanno letto neppure loro)?
crede veramente che se le mie argomentazioni fossero così “deboli e gratuite”, un papa in generale, e uno come ratzinger in particolare, si sarebbe scomodato a leggerle e tentare di confutarle?
Non so se lei sia davvero il professor Odifreddi, in ogni caso rispondo volentieri.
No, non ho ancora avuto tempo di leggere il suo ultimo libro e infatti non ho mai fatto riferimento a esso ma, in generale, alle polemiche fra lei e Ratzinger e, ancor più in generale, fra lei e la chiesa.
Forse il mio commento è stato sbrigativo e poco chiaro a riguardo – se è così mi scuso con lei e gli altri lettori – ma io mi riferivo in generale ai suoi tentativi di dimostrare “scientificamente” e razionalmente che credere è inutile. Io trovo questo approccio scientificamente sbagliato (il bisogno di credere potrebbe essere un tratto culturale evolutosi per i vantaggi che conferisce) e comunicativamente controproducente (è un’invasione di un altro campo – la teologia – che autorizza a loro volta certi teologi a invadere quello della scienza, il che, in un paese come l’Italia, non mi pare un buon piano).
Ho una formazione scientifica, ho fatto ricerca, vengo qui a smentire le affermazioni pseudoscientifiche fatte sull’evoluzionismo, non credo in dio e sono molto molto critico nei confronti della chiesa; ciò nonostante, non mi riconosco in certi approcci da crociata razionalista che spesso ritrovo in quello che lei dice o scrive, come se essere scienziati volesse dire essere in missione per conto della Grande Ragione, con lo scopo di liberare il mondo da irrazionalità e superstizione.
Prof. Odifreddi, buon giorno.
Per cortesia, mi spieghi:
I premi Nobel conferiti per motivi scientifici (la teoria dell’operone nel caso di Monod), rendono automaticamente legittima qualsiasi altra ipotesi, speculativa e fantasiosa, dei loro vincitori?
Avrebbe ragione James Watson ad assumere posizioni razziste? Abbiamo motivi ragionevoli per accettare la teoria della panspermia di Francis Crick? Non credo.
Nessuno mette in dubbio il valore delle loro scoperte sulla struttura del DNA. Ma l’impalcatura metafisica che questi biologi erigono sui dati empirici acquisiti, beh… non mi sembra proprio sia vincolante per la nostra intelligenza, come invece, e giustamente, ci sentiamo vincolati dalle scoperte per cui hanno vinto il Nobel.
Più di qualche volta, mi sembra, per il semplice fatto che a parlare è uno scienziato, vengono spacciate per scientifiche e comprovate visioni olistiche che in realtà sono metafisiche.
La scienza empirica si ferma al frammento. Speculare sull’intero non è già più scienza (vedi Kant).
Lo scienziato, come Lei, parli pure su Dio e affini, ma espliciti che sta parlando da filosofo. Il dialogo, oltre a quello scientifico, includerebbe così, a buon diritto, anche altri saperi.
Mi piacerebbe sapere la sua opinione in proposito, grazie.
Alberto.
caro alberto,
qui non si tratta di decidere se le opinioni degli scienziati, su questioni vicine o dentro alle loro aree di competenza, siano sempre corrette o giustificate.
ma di non pretendere di poterle preferire a quelle di teologi, le cui aree di competenza sono lontanissime da quelle degli scienziati.
in altre parole, a meno che il teologo non riveli una conoscenza e una competenza analoga a quella di uno scienziato, può dire cosa gli pare, ma non può essere preso seriamente, nemmeno se è (o è stato) papa.
Prof. Odifreddi,
buon giorno.
In parte concordo con lei: se il teologo o il filosofo vogliono argomentare pubblicamente su questioni legate alla scienza (es: la nascita della vita), devono acquisire i rudimenti scientifici del caso. La scienza empirica è un “sapere forte” che DEVE essere preso in considerazione.
D’altro lato, però, mi sembra che talvolta il linguaggio degli scienziati pecchi di una certa grossolanità filosofica.
Si parla spesso di “caso”. Cosa significa?
I) ha una valenza gnoseologica (“ignoranza di cause”)?
II) ha una valenza ontologica (“indeterminismo oggettivo della materia e delle sue leggi”)?
III) esprime la totale irrazionalità di un passaggio da uno stato A ad uno stato B?
Darwin propendeva certamente per la prima (cfr. le prime righe di “Origine specie” al cap. V). I suoi epigoni per la II o III.
Lei capisce che, quando uno scienziato usa il termine “caso”, nella cultura comune tale termine viene recepito in senso forte (II o III), e non invece come “ignoranza di cause”. Sembra cioè una risposta consolidata e definitiva. Mi sembra che più di qualcuno giochi su questa ambiguità per veicolare una certa visione metafisica, in fin dei conti atea (il logos sarebbe un caso fortuito dell’irrazionale).
Vorrei proporle un ultimo quesito: mi arrischierò ad entrare nel suo campo, proponendole un ESEMPIO MATEMATICO.
Prendiamo l’espansione decimale di PI (3),14159……
A quanto mi risulta, tali cifre si dilungano all’infinito in modo apparentemente CASUALE. PI, però, non è casuale, ma le sue cifre possono comportarsi come se lo fossero, benché in realtà siano prestabilite.
Ora, proviamo ad associare ogni evento dell’evoluzione alle cifre successive di PI.
Tra, poniamo, dieci stadi evolutivi successivi potremmo anche non scorgere alcun logos, nessuno schema intellegibile (come con le cifre di PI).
Lo scienziato è colui che scopre e descrive i fatti, ovvero nella nostra metafora le cifre successive di PI.
Ed ora la domanda:
come si fa ad asserire con assoluta certezza scientifica che una serie di fatti apparentemente sconnessi, non possano in alcun modo rispondere ad un logos soggiacente (se vogliamo, ad una “finalità intrinseca”)?
Lo scienziato ha diritto e dovere di descrivere i fatti e la loro successione, ma la visione di insieme è per definizione metaempirica, e quindi non strettamente scientifica. Tale visione include necessariamente i dati scientifici ma, ad un tempo, si eleva da essi. E a parità di dati, le visioni di insieme possono essere molteplici e diverse (anche “migliori” e “peggiori”, ma non mi addentro in questo).
La mia critica ad alcuni scienziati (vedi Monod) è questa: non esplicitano il passaggio che fanno dalla descrizione dei fatti singoli all’interpretazione globale di essi, spacciando per egualmente scientifico e comprovato ciò che è frutto di osservazione empirica e ciò che è frutto di una speculazione olistica. Siamo su due piani epistemologici ben distinti.
Questo, prof. Odifreddi, mi sembra moralmente e deontologicamente scorretto. Non le sembra?
Grazie, buona giornata.
Alberto.
caro alberto,
a dire il vero, non è vero che nella scienza il “caso” sia soltanto inteso come “ignoranza delle cause”. si è dibattuto a lungo, agli inizi del novecento, se questo fosse il caso (scusi il bisticcio di parole) per la meccanica quantistica.
einstein supponeva appunto la presenza di “variabili nascoste” che potessero ridurre l’apparente casualità del collasso della funzione d’onda a una causalità nascosta. purtroppo per lui, e per tutti coloro che pensavano appunto che il “caso” fosse appunto soltanto una categoria gnoseologica, gli sviluppi successivi (legati al teorema di bell, e alle sue verifiche sperimentali a partire da aspect) hanno dimostrato che einstein si sbagliava: non è semplicemente possibile ridurre la casualità quantistica a causalità nascosta.
e oggi sappiamo anche che le mutazioni biologiche sono di tipo quantistico, essendo appunto causate (anche) da fenomeni di quel genere. dunque, qualunque cosa ne potesse pensare darwin 150 anni fa, le cose oggi stanno diversamente.
tra parentesi, l’interesse del dibattito e degli sviluppi legati al teorema di bell sta precisamente nel contrario di ciò che lei afferma, a proposito di “visione metaempirica, non strettamente scientifica”. si tratta cioè della prima refutazione teorica e sperimentale di un’affermazione metafisica. e ovviamente i filosofi della scienza ci si sono buttati (gli altri non sanno nemmeno della sua esistenza, e vivono felici e contenti, ignari di essere stati ormai sorpassati dalla storia scientifica).
Questi pensieri di Odifreddi sulla MQ, Alberto, con particolare riferimento alle variabili nascoste (su cui Einstein si sarebbe sbagliato) e alle conseguenze del teorema di Bell (che, come tutti i teoremi matematici – come il prof. Odifreddi potrebbe benissimo insegnarci – sono conseguenze di assiomi indimostrabili), appartengono ad una filosofia particolare (quella di Copenhagen) ed esulano dai protocolli scientifici della MQ.
Tantissimi miei amici fisici – e Odifreddi non è un fisico, e quindi secondo i suoi criteri non dovrebbe parlare di questi argomenti specialistici – la pensano esattamente come Einstein e lavorano in perfetto accordo con colleghi che la pensano come Bohr. Ancora Odifreddi confonde una teoria scientifica ed i suoi protocolli (che sono comuni a tutta la comunità scientifica che ci lavora) con l’interpretazione filosofica della teoria (che riguarda le concezioni filosofiche personali di ogni ricercatore).
Ma su questo tornerò approfonditamente in un prossimo articolo dedicato alla MQ.
Un saluto a tutti,
sulla questione dei rapporti tra casualità intrinseca della MQ e metafisica, credo sia utile riportare il parere di J. Polkinghorne espresso in un articolo (tratto da questo libro) intitolato «The Universe as Creation», che, a livello teoretico, non vede contrasti irresolubili tra casualità quantistica e metafisica.
Nel testo citato, infatti, il fisico-teologo affronta proprio la questione del rapporto tra metafisica e scienza e interpreta la questione di quelle che chiama «intrinsic unpredictabilities» della MQ come un’apertura ontologica della realtà a quella che altro non è che la libertà: sia in riferimento al libero arbitrio umano, sia all’azione provvidenziale di Dio.
Forse è utile postare un estratto del ragionamento (p. 37 del libro citato):
It is […] a perfectly coherent ad acceptable [metaphysic] strategy to interpret physical unpredictabilities ontologically as signals of the presence of a causal openness, permitting the operation of causal influences over and above those resulting from the exchange of energy between constituens which has been the traditional story told by science. An obvious candidate for such an additional causal principle would be the willed acts of intentional human agents. Another possibility would be divine providential action, continuously operating within the open grain of nature. An honest science is not in a position to forbid either of these possibilities. Physics is certainly not in a position to establish the causal closure of the world on its own reductionist terms.
Il contributo, tra l’altro, appare in libro curato dallo STOQ (Science, Theology and the Ontological Quest), progetto fondato da tre università pontificie e coordinato dal Pontificio Consiglio della Cultura.
Evidentemente, queste cose non le ignorano nemmeno in Vaticano…
La ringrazio prof. Odifreddi per la sua risposta.
Sì, anche a me risulta che l’esperimento di Bell confuti le posizioni di Einstein, Podolsky e Rosen (i famosi EPR).
Lei però sa meglio di me che la dimostrazione di Bell non presenta una dimostrazione perfetta di tipo, per così dire, geometrico-euclidea, ma piuttosto una dimostrazione che poggia sulla statistica.
Ad ogni modo, ritengo la statistica un dato pur significativo per la nostra razionalità.
Ma veniamo all’evoluzione. Avrei diverse cose da dire, ma distillo la mia riflessione per aderire il più possibile alla sua.
Ammettiamo pure, per semplificare il ragionamento, che ogni minimo step evolutivo sia causato da mutamenti quantistici casuali oggettivi.
Poiché il mutamento quantistico riguarda le particelle sub atomiche (al di sopra delle quali la MQ è così ininfluente da “cedere il passo” all fisica newtoniana), i mutamenti casuali all’opera durante i milioni di anni devono essere stati un numero spaventosamente alto, quasi infinito.
Ogni collasso della funzione d’onda, preso in se stesso, dà origine ad un risultato casuale (pur inquadrabile statisticamente).
Ora, miliardi e miliardi di singoli casi (collassi), hanno dato come esito la comparsa dell’uomo.
Ho esageratamente semplificato il discorso, ma suppongo che fino qui, nella sua logica di fondo, sia da lei condiviso.
Ed ora viene la mia obiezione alla quale lei, sinceramente, non ha risposto.
Prendiamo il numero PI, le cui cifre decimali si dilungano all’infinito in modo apparentemente CASUALE. PI, però, non è casuale, ma le sue cifre possono comportarsi come se lo fossero, benché in realtà siano prestabilite.
Assegniamo a ciascuna delle innumerevoli mutazioni quantistiche, nel loro insieme cronologico,
una funzione biunivoca che le leghi ad una cifra decimale di PI: una ad una, le cifre di PI, sono (sembrano) casuali, ma l’intera serie è unificata da un logos preciso: il rapporto diametro / circonferenza.
Bell ha dimostrato il frammento, non l’intero: ha dimostrato che la materia presenta degli aspetti indeterminati. Non ha mai dimostrato che l’intera catena degli innumerevoli collassi d’onda non segua un certo logos, una certa intrinseca direzionalità.
Quest’ultima eventualità ritengo non sarà mai dimostrabile né confutabile con gli strumenti della scienza empirica.
Riguardo alla totalità di queste mutazioni, alcuni parleranno di percorso casuale altri vi vedranno un logos. Ma queste sono considerazioni metafisiche, non scientifiche.
Sicché, questo era il fine della mia riflessione con Lei, gli scienziati non possono pretendere di avere il monopolio delle visioni metafisiche (olistiche)spacciandole per scientifiche. E a volte giocano su questa ambiguità. Del resto, filosofi e teologi – su questo concordo con Lei – non possono prescindere, nel riflettere metafisicamente,dalle acquisizioni scientifiche.
Avrei, prof. Odifreddi, un’ultima domanda, ma non strettamente intellettuale.
Lei si dichiara ateo: non le sembra che la prospettiva del Significato originario e dell’Eternità risponda maggiormente all’anelito umano, più che non l’Irrazionale primordiale e il Nulla escatologico?
Perché, invece di vedere nella prima prospettiva un placebo con cui soffocare un senso di sconforto, non scorgervi un segno, un suggerimento della nostra natura umana: la nostalgia per la nostra Origine e la speranza del nostro Compimento? Anche questo desiderio di eternità è frutto del caso? Senza senso?
La ringrazio ancora per le sue risposte, scusi la prolissità.
Arrivederci.
Alberto.
Rimane tutto da verificare che sia intervenuto il vero Odifreddi… Così, a naso, pare un intervento “toccata e fuga” che non rende onore a chi l’ha effettuato. Stimo troppo Odifreddi per pensare che sia il suo stile, ma se è davvero lui che ha scritto, di certo ora deve replicare alle cose dette contro di lui e il suo modo di ragionare…
No, Oddifreddi non risponderà, perché come Lei confonde la scienza con la (propria) filosofia.
Non preoccuparti uno dei dieci, si riconosce da come scrive che si tratta di Odifreddi……
@Masiero
“Quanto al ruolo dello scienziato che Lei mi attribuisce (ossia, cercare di capire i pensieri di Dio quando ha creato il mondo)…”
Avrà inteso, immagino, che le attribuivo quel ruolo per rimarcarne l’insensatezza; dal momento che lei stesso ammette che la onora cercare di capire i pensieri di Dio quando ha creato il mondo, dovrà convenire che di tutto si tratta fuorché di mira che ha valenza scientifica. Chiamiamola piacevole fantasia, non falsificabile, perciò può sbizzarrirsi e pensarne di tutti i colori.
1. Le ripeto: quel ruolo è stato così definito da Einstein, non da me.
2. Il ruolo dello scienziato è di trovare le leggi di Natura. Che poi quelle leggi le abbia scritte un Legislatore o siano frutto del caso appartiene alla filosofia.
3. Oddifreddi fa l’errore di considerare scienza l’ateismo. Cosa vuole che risponda a chi gli fa osservare che la scienza è un patrimonio di tutti, credenti e atei, e che per ogni Nobel non religioso ce n’è uno religioso, se non com’è nel suo stile, e come ha fatto anche nel commento di oggi, di considerare un “cretino” chi non la pensa come lui?!
caro giorgio,
temo che la sua affermazione che “per ogni nobel non religioso ce n’è uno religioso” sia fattualmente falsa. i premi nobel scientifici religiosi si contano sulla punta delle dita, e questo si accorda con i dati ammessi persino dall’avvenire. da sondaggi tra i membri della national academy statunitense, e della royal society inglese, infatti, è risultato che il 93 per 100 si dichiara atea o agnostica, e solo il 7 per 100 credente (e, in tal caso, nella quasi totalità si tratta di ebrei o protestanti).
Ha notato Odifreddi come Masiero la scrive Oddifreddi?. conoscendo quanto è preciso, fa pensare che lo faccia apposta, un modo naif per snobbarla… Se non è così, speriamo che da ora in avanti domezzi le d.
Per il resto, ho letto gran parte dei suoi libri, caro Odifreddi, e li ho molto apprezzati nei contenuti, un po’ meno nei toni polemici da osteria che poteva evitarsi, pur mantenendo lo stesso un grado di critica validissimo.
Sui premi nobel atei che sono la stragrande maggioranza non avevo dubbi, ma non pensavo che fosse così schiacciante. La cosa mi consola molto.
caro uno dei dieci,
i toni polemici che mi erano stati contestati per il “perché non possiamo essere cristiani”, sono appunto assenti in “caro papa ti scrivo”, che è stato scritto proprio per dimostrare che gli argomenti dell’ateismo esistono, e che se certi toni possono dare fastidio, si possono rimuovere senza scalfire il contenuto della critica.
detto altrimenti, quello che conta sono gli argomenti, e molti si nascondono dietro la scusa dei toni per evitare di rispondere ad essi. ratzinger no, evidentemente, e bisogna dargli atto di essere stato molto più saldo di tanti altri. d’altronde, non è diventato papa per niente…
Forse, Uno dei dieci, ti sei consolato troppo presto: a chi dobbiamo prestar fede, alle parole non documentate di Odifreddi o alla ricerca scientifica linkata da Masiero nel suo ultimo commento?
Prof. Odifreddi,
ho tra le mani una copia del libro “Caro Papa, ti scrivo”, è una prima edizione del maggio 2011, quindi mi rivolgo a lei senza passare da interpretazioni di seconda mano.
Una prima considerazione mi viene in mente dopo aver letto un suo intervento:
“…qui non si tratta di decidere se le opinioni degli scienziati, su questioni vicine o dentro alle loro aree di competenza, siano sempre corrette o giustificate.
ma di non pretendere di poterle preferire a quelle di teologi, le cui aree di competenza sono lontanissime da quelle degli scienziati.”
Al riguardo le faccio notare che se su determinati argomenti dovessero essere da “preferire” delle opinioni in base alla qualifica di chi le ha formulate e non al contenuto, anche buona parte del suo libro sarebbe automaticamente da scartare.
Ma non è su questo che voglio soffermarmi, nel cap. 13 lei affronta il tema dell’evoluzione e lo fa affermando che il darwinismo è una teoria scientifica perché dimostrabile, e che di fatto è stato dimostrato con l’esperimento di Lenski. Al riguardo obietto che l’esperimento di Lenski ha solo mostrato un caso di “microevoluzione” per perdita di funzione, per cui a meno che non si voglia pensare che a furia di rompere meccanismi si realizzi l’evoluzione, l’esperimento di Lenski è meglio non tirarlo in ballo (Vedi articoli su CS qui e qui).
In secondo luogo sulla non scientificità del darwinismo è stato pubblicato recentissimamente un lavoro da parte di due fisici e di un biologo primo ricercatore presso l’ISS, di questo è stato pubblicato un esttratto su CS-Sulla falsificabilità o corroborabilità del darwinismo.
E infine, parlando di matematica applicata alla biologia, non sono d’accordo poi con la frase finale del capitolo in questione dove lei afferma:
“E poiché ciascuno di noi ha miliardi di E. coli nell’intestino, al mondo ce ne sono miliardi di miliardi, ciascuno dei quali si riproduce più volte al giorno.
E poiché circa una volta su un miliardo si verifica una mutazione, più o meno tutte le possibili mutazioni avvengono ogni giorno, comprese quelle estremamente improbabili.”
Se si fa due calcoli (come ha già provveduto a fare il prof. Masiero vedi qui) converrà sul fatto che non è possibile che più o meno tutte le possibili mutazioni avvengano ogni giorno, ma che l’intero tempo dalla nascita dell’Universo non sarebbe sufficiente a spiegare la formazione per caso e necessità di una sola cellula.
Come a dire, Pennetta, che per spiegare la nascita di una sola cellula si si deve ricorrere a:
– essere soprannatuale creatore che fa quadrare tutti i conti
– natura con le sue regole che noi non abbiamo ancora capito
Se per qualcuno sono entrambe le cose, allora sì che sì mescola (alla grandissima) scienza e filosofia.
Caro 1/10, ribadisco che non è il ricorso ad un intervento soprannaturale che si fa riferimento su CS, anche perché il vero intervento soprannaturale ci vorrebbe per far funzionare la teoria neodarwiniana (non è una battuta!).
caro pennetta,
l’esperimento di lenski non dimostra affatto la perdita di una funzione, ma l’acquisto di una: in particolare, la capacità di mangiare citrato invece che glucosio.
sulla “non scientificità” del darwinismo, cosa sia scientifico lo stabilisce la prassi della maggioranza degli scienziati: non si dà una definizione di scienza a priori, per poi decidere se qualcosa ci si adatta oppure no, ma si deduce a posteriori cosa è scientifico, da ciò che fanno gli scienziati. e poiché la totalità degli scienziati accetta il darwinismo, coloro a cui non piace (per motivi che nulla hanno a che fare con la scienza) dovrebbero e dovranno farsene una ragione.
in ogni caso, ratzinger dedica una sezione della sua lettera al darwinismo, non anticipata sul giornale, e si dimostra anche in questo meno papista di certi suoi supposti seguaci…
Caro Odifreddi,
non avevo certo la presunzione di convincerla così facilmente del fatto che l’esperimento di Lenski rappresenta una perdita di funzione.
Se ci riflette un po’ sopra però non potrà fare a meno di concordare sul fatto che l’utilizzo di citrato presente nell’ambiente era bloccato in presenza di ossigeno per evitare un inutile dispendio energetico dato che viene prodotto dalla cellula stessa, e che nell’esperimento è stato rimosso proprio questo blocco.
Che poi si voglia chiamare evoluzione questo diventa questione di definizioni.
Riguardo all’accettazione del darwinismo da parte della totalità degli scienziati non è esattamente così, basterebbe ricordare M. Piattelli Palmarini o Sanford o lo stesso Sermonti, oltre a molti altri meno noti, quello che però ribadisco è che la verità non si stabilisce a maggioranza e che è il voler vedere sempre motivazioni ideologiche o religiose dietro le critiche ad essere una comoda scusa per non affrontare le stesse.
caro pennetta,
piattelli palmarini non è uno scienziato, ma uno psicologo cognitivo.
sermonti è stato uno scienziato, ma da anni (o decenni) dà l’impressione di aver avuto un esaurimento nervoso. le cose che dice sono imbarazzanti, e non sarebbe gentile prendersela con lui.
ciò detto, il fatto che lei sia costretto a chiamare in causa due personaggi di tal fatta, dimostra l’assunto contrario: cioè, che la totalità degli scienziati, con un paio di eccezioni (inferiori, ad esempio, alla percentuale di scienziati clinicamente fuori di testa), non ha nessun dubbio a proposito del darwinismo.
a dubitarne sono gli outsider, e quelli possono ovviamente fare ciò che preferiscono. eccetto pretendere di offrire obiezioni scientificamente fondate.
Buonasera prof.,
possiamo dire che gli argomenti dello psicologo cognitivo P.Palmarini erano validi a prescindere dalla sua specializzazione, tanto che hanno creato un bel po’ di agitazione nel versante darwinista, riguardo Sermonti il riferimento è al suo coraggioso libro degli anni ’80, quando era un genetista di fama internazionale, la critica gli costò la carriera e la stessa cosa avvenne per quella del mio amico Roberto Fondi.
Purtroppo dissentire dal darwinismo sembra non giovare molto alle carriere…
Vedo comunque che giustamente non ha obiettato nulla su Sanford al cui nome potrei aggiungere quello di Kauffman.
In realtà il versante darwinista è costituito da un insieme di posizioni spesso in contrapposizione insanabile tra loro, unite solo dal fatto di definirsi all’interno del “darwinismo”, termine che viene più o meno inconsapevolmente impiegato erroneamente come sinonimo di “evoluzione”.
Ma su tale eterogeneità tornerò dedicando al riguardo un apposito articolo.
Forse Odifreddi non ha citato Kauffmann perchè Kauffmann ha criticato alcuni aspetti del darwinismo – il genecentrismo, il ruolo della selezione naturale come motore unico dell’evoluzione, l’eccessivo riduzionismo – ma non ha mai detto che il darwinismo in toto è da buttare nel cestino. Anzi.
Forse sarebbe ora di smettere di piazzare Kauffmann nel fronte antidarwinista.
Allora, Greylines, se sono autorizzato a non credere nel genecentrismo, nel ruolo unico della selezione naturale nella novità biologica e a non essere un riduzionista integrale, La autorizzo ad annoverare anche me nel club sincretico dei darwinisti.
@Greylines
tolto il genecentrismo e il ruolo della selezione naturale come motore unico, quel che rimane è che siamo d’accordo sull’evoluzione come fatto ma non sulla sua spiegazione neodarwiniana.
Sono d’accordo con Masiero, a queste condizioni sono darwinista anch’io.
@Pennetta e Masiero
Siamo d’accordo sull’evoluzione come fatto e sull’insufficienza di una spiegazione basata SOLO ed ESCLUSIVAMENTE su mutazioni casuali e selezione naturale?
Siamo d’accordo che mutazioni casuali e selezione naturale, insieme a deriva genetica, plasticità fenotipica, eredità epigenetica, influenze ambientali, vincoli dello sviluppo, vincoli strutturali e altre caratteristiche della biologia dei sistemi, possono spiegare l’evoluzione?
Siamo d’accordo sul fatto che la discendenza con modificazioni a partire da antenati comuni rappresenta tuttora la miglior spiegazione a nostra disposizione per l’evoluzione biologica?
@Greylines
“Siamo d’accordo sull’evoluzione come fatto e sull’insufficienza di una spiegazione basata SOLO ed ESCLUSIVAMENTE su mutazioni casuali e selezione naturale”
Non si può parlare di “solo ed esclusivamente di mutazioni casuali e selezione” perché le mutazioni casuali non possono produrre (e sperimentalmente non hanno mai prodotto) macroevoluzione.
La selezione come diceva Blyth non produce nuove specie ma stabilizza eliminando le malformazioni.
In poche parole sono entrambi fattori di secondo piano nelle dinamiche evolutive.
“Siamo d’accordo che mutazioni casuali e selezione naturale, insieme a deriva genetica, plasticità fenotipica, eredità epigenetica, influenze ambientali, vincoli dello sviluppo, vincoli strutturali e altre caratteristiche della biologia dei sistemi, possono spiegare l’evoluzione?”
Come setto sopra le mutazioni casuali non hanno dimostrato di produrre macroevoluzione, la selezione stabilizza, la deriva genetica non ha sperimentalmente prodotto evoluzione (a meno che con tale termine non si indichi solo il variare della frequenza genica senza novità), il resto non spiega comunque il nascere di un nuovo carattere, né l’epigenetica né i vincoli di alcun tipo.
Stiamo lavorando su una serie di cornici di ogni tipo ma manca sempre il quadro da incorniciare: come nascono i nuovi caratteri?
Sulla discendenza con modificazioni sono d’accordo, questa è l’evoluzione ce non si deve confondere con la teoria darwiniana, il problema è COME si originano queste modificazioni.
C’è chi si accontenta della spiegazione per improbabilissima botta di c*** cosmica e chi cerca leggi naturali, qualcosa di più legato a proprietà intrinseche della materia ma ancora da scoprire.
Questa in sostanza la differenza tra noi.
Caro Pennetta, mi limito a farle notare che a sostegno delle sue affermazioni lei cita soltanto fonti non passate da peer-review. La scienza ha le sue regole e se si vuol fare un discorso scientifico bisogna accettarle. Se non si accettano queste regole allora si sta semplicemente esprimendo un’opinione, il che è legittimo ma non le si può spacciare per certezze scientifiche.
Caro Greylines,
se il riferimento è all’articolo di Forastiere, Giuliani e Masiero sugli Atti della Fondazione Ronchi o ai lavori di P.Palmarini e altri, le rispondo che non possiamo escludere dagli elementi che usiamo per esprimere un giudizio quelli che non sono passati per il peer review.
Né Galilei o Newton o Einstein pubblicarono su una peer review, e inoltre sappiamo che si tratta di un meccanismo utilissimo ma anche soggetto a distorsioni legate a interessi personali e circoli di appartenenza.
Preferisco restare sui fatti e giudicare i ragionamenti che ne conseguono.
Il paragone con Galilei e Newton non c’entra proprio nulla, e neanche quello con Einstein, visto che allora la peer review non era ancora uno standard (e comunque Einstein ha avuto Planck a fargli da reviewer…). Bisogna anche tenere conto che il concetto di “revisione fra pari” in un certo senso esisteva già, poichè gli articoli circolavano fra gli scienziati e venivano più o meno accettati dalla comunità scientifica).
Se si vuole che tale giudizio abbia una base di scientificità, bisogna accettare le regole che la comunità scientifica si è data per gestire il sempre maggior numero di risultati ottenuti nelle diverse discipline. Regole di certo migliorabili ma che, ora come ora, garantiscono una certa solidità dei risultati.
Detto questo, nessuno vieta di usare una qualsiasi altra fonte per esprimere un giudizio, l’importante è distinguere i giudizi personali, filosofici o religiosi dai giudizi scientifici.
Thomas Nagel ha pubblicato il suo pamphlet di demolizione del darwinismo per i tipi della Oxford University Press, che vale ben più di ogni peer review.
In base a cosa vale ben più di ogni peer review?
Perché rispetto agli articoli specialistici pubblicati normalmente nelle riviste scientifiche, in questo caso abbiamo 1) un intero libro che esamina il problema in profondità e sotto tutti gli aspetti, 2) che è stato scritto da uno dei più grandi filosofi contemporanei della scienza (per giunta ateo e naturalista), 3) è stato esaminato da un collegio più vasto ed interdisciplinare, 4) ha passato anche un giudizio di convenienza economica dell’editore 5) tra i leader mondiali da sempre nel campo della biologia.
Mi piacerebbe, Greylines, che capitolo per capitolo lo commentassimo insieme dalle due visioni opposte!
1, 2 e pure 5) Ci sono anche tanti (ma tanti) libri che hanno sostenuto il darwinismo, senza per questo risparmiargli critiche profonde, scritti da autori di grande prestigio, che studiano l’evoluzione da decenni, biologi e filosofi, alcuni dei quali pure credenti.
3) Se un articolo passa la peer-review e viene pubblicato ma poi viene ritenuto una baggianata dal resto della comunità scientifica può venir ritirato. Questo per dire che, tutto sommato, il collegio che valuta un paper scientifico è un attimino più vasto di quello che esamina un libro. Per quanto riguarda l’interdisciplinarietà, a volte serve e a volte no. Se devo validare i risultati di un esperimento di biologia molecolare, il parere di un filosofo conta poco.
4) E quindi? Questo potrebbe anche essere un punto a sfavore.
caro giorgio,
nagel è un filosofo, e non uno scienziato. le sue “demolizioni” possono essere utili a giudicare quanto un filosofo capisca di scienza, e nient’altro.
E Lei è un matematico, Odifreddi! Come Si permette (in base ai Suoi criteri – che io non condivido – per cui ognuno dovrebbe parlare solo del proprio stretto ambito di studio) di f-i-l-o-s-o-f-a-r-e su tutto l’ambito culturale umano? non Le sembra di essere in auto-contraddizione logica?
Caro Odifreddi,
… mi fa piacere che mi abbia letto, ma mi dispiace per come mi censura: secondo Lei io non posso criticare un passaggio (filosofico) di un Premio Nobel per la Medicina.
Il punto che mi interessa mettere a fuoco è la fragilità della teoria dell’evoluzione biologica in particolare nei termini in cui viene descritta sui libri di testo dalla primaria in poi.
Ogni volta che si deve giustificare la comparsa di una novità, la teoria ricorre a spiegazioni che non hanno nulla di scientifico, come quella del pesce che desidera uscire dall’acqua, o come quella del rettile che vuole mettere le ali o come quella che la scimmia si è raddrizzata per guardare sopra l’erba della savana e fuggire dai leoni.
Ora non occorre essere laureati in biologia per riconoscere che questi eventi sono improbabili se non assurdi dal punto di vista della fisiologia, della genetica e dell’anatomia.
Basta il buon senso e un minimo di conoscenze di biologia.
Il prof. Ratzinger ha tutta la competenza per valutare la bontà di queste affermazioni.
Che poi lo faccia da Papa, risulta ancora più rilevante, per noi credenti.
Così ancora le assicuro che in ogni testo si parla di “origine chimica della vita” e di “origine dell’uomo” dimostrando molte certezze (infondate) e riducendo sempre la complessità dei fenomeni a pochi ingredienti che non le rendono ragione.
La biologia è una cosa seria, per il Nobel ma anche per tutti gli altri.
Caro Fasol, me la ricordo, quel giorno, il memorabile primo Mendel day, enfatizzare la bontà del creato che ha tutti i segni di un Dio creatore (se non sono le sue identiche parole poco ci manca)… Fa così anche in classe nell’ora di scienze?
caro umberto,
l’origine della vita e l’origine dell’uomo sono due problemi completamente diversi.
sull’origine della vita esistono decine di teorie plausibili: veda, per esempio, “seven clues to the origin of life” di cairns-smith. dunque, non è la complessità del meccanismo a essere in questione, ma il fatto che è difficile stabilire quale, delle varie possibilità teoriche, sia stata quella scelta dal caso.
sull’origine dell’uomo, invece, non sono a conoscenza di nessuna difficoltà scientifica al proposito. le difficoltà religiose non sono obiezioni, ma rimozioni di ciò che non piace: il fatto, cioè, di esserci evoluti da animali superiori, e il pretendere di assegnare alla mitologia biblica un qualche valore scientifico. ma questi sono problemi di coloro che hanno quei testi come riferimento, non degli scienziati.
@ 1/10
Se ho storpiato con 2 “d” il nome del Suo beniamino non è stato per offenderlo, ma perché mi trovavo in piedi in fila al check-in all’aeroporto di Abu Dhabi a discutere con Lei usando il mio cellulare. Certo, quando scrivo un articolo cerco di essere grammaticalmente ineccepibile, ma in chat sul mobile capita di essere più informali e di commettere degli errori. Del resto, lo stesso Suo beniamino usa solo le minuscole, a cominciare dal suo nome e cognome… Porga le mie scuse, cmq, al dott. Odifreddi.
Veniamo al punto, cui rispondo solo adesso dopo mezza giornata di voli ed un jetlag non ancora assorbito.
Io mi sono rivolto al prof. Odifreddi una sola volta, ieri alle 8.39, con una sola domanda: “Se si parla di “opinioni” la scienza non c’entra, giusto prof. Odifreddi? E quindi tutti, anche gli scienziati, sono filosoficamente liberi di scegliere quelle che preferiscono: Lei una concezione naturalistica, come Monod; Fasol una teistica, come Arber, altro premio Nobel.” (E aggiungendo più sotto che per “ogni” premio Nobel non credente potevo portare uno credente, non intendevo alludere ad una esatta bijezione matematica tra i due insiemi, ma solo al fatto che fede e religione non sono incompatibili, come stanno a dimostrare i tanti scienziati credenti che lavorano in tutte le discipline scientifiche!)
Odifreddi non ha risposto alla mia domanda. In compenso, in ciò somigliando un po’ al Suo stile, 1/10, mi ha parlato d’altro, spostando il confronto sul dito anziché sulla Luna, alludendo a statistiche che darebbero gli scienziati credenti in netta minoranza rispetto ai non credenti. Ebbene, pur non rinunciando da parte mia a ribadirgli la mia principale domanda (e chiedendoLe di perorare presso di lui una risposta), darò l’esempio non evitando la provocazione.
A me risulta come lavoro più recente la poderosa analisi del 2010 di Elaine Howard Ecklund, giovane ricercatrice della texana Rice University, già insignita di premi dalla National Science Foundation e dalla Templeton Foundation. Lo studio è chiamato Science vs Religion: In cosa credono realmente gli scienziati? http://global.oup.com/academic/product/science-vs-religion-9780195392982;jsessionid=D37C2FF0E4262E715CA44FF876323E57?cc=it&lang=en& ed è edito dalla stamperia principale dell’università di Oxford (dove insegnava Dawkins), la stessa che ha pubblicato nel 2012 il libro di Nagel sull’indifendibilità del darwinismo. Qui si dimostra con i numeri che, anche oggi, fede e scienza non sono agli antipodi. Anzi, vi è smontato il pregiudizio (odifreddiano) per cui gli scienziati moderni considerino la religione come qualcosa di inconciliabile con il proprio lavoro.
La sociologa spiega: «Sono molto poche le ricerche che esaminano quello che davvero gli scienziati pensano del ruolo della religione nella propria vita così come nella società in generale». Anche la Oxford University Press presenta il libro dicendo: «lo studio dimostra che quello che si crede sulla vita di fede degli scienziati d’elite è sbagliato. Il 50% è religioso e la maggioranza dei restanti sono “imprenditori spirituale”, cioè lavorano per diminuire le tensioni tra scienza e fede».
La sociologa ha preso come punto di riferimento gli Stati Uniti e ha contattato, con un questionario apposito, oltre 1200 scienziati a vario livello – ricercatori ai massimi livelli, docenti universitari e professori– per domandare loro qualcosa in più di come si rapportino con Dio.
Ebbene è risultato: 1) Coloro che affermano di avere una religione rappresentano il 50% del campione di ricerca. 2) Gli atei o gli agnostici dichiarati arrivano solo al 30% (e pensare che la maggior parte degli intervistati si dice evoluzionista) 3) Il restante 20% si qualifica come avente un «rapporto individualizzato e non convenzionale» con Dio. 4) Solo la metà di quanti si dichiarano atei (quindi meno del 15%) pensa che religione e scienza siano «inevitabilmente in conflitto» e una minima parte è antireligioso. 5) Gli scienziati più giovani sono più religiosi di quelli con i capelli più bianchi e considerano meno antagoniste ricerca scientifica e indagine spirituale. «Non so precisamente il motivo per il quale i più giovani si dichiarano maggiormente religiosi, annota Ecklund. Forse questo può derivare dal fatto che oggi vi è più possibilità di conversare sulla religione nelle migliori università di quanto avveniva nel passato» (confermato anche dalla Oxford University Press).
Il lavoro della Ecklund era stato preceduto anche da altri segnali che andavano nella stessa direzione. Nel 2008 la Columbia University Press aveva pubblicato, a firma di Philip Clayton e Jim Schaal, un testo che raccoglieva 12 interviste ad altrettanti importanti scienziati che raccontavano il loro rapporto pacifico con la fede. Practing Science, living Faith mostrava invece il duplice registro che richiama la distinzione galileiana tra fede e scienza: praticare come tecnica la seconda, vivere come una questione esistenziale la prima. E nel 2009 un ampio sondaggio americano, realizzato dall’autorevole Pew Research Center, dimostrava che al 61% degli americani la scienza non poneva conflitto con la propria fede.
Mettendo in conflitto la fede con la scienza, caro 1/10, il Suo beniamino non parla da matematico (su cui tutti lo ascolteremmo con ben altra disposizione), ma offre solo la sua (legittima) visione della vita (priva, come gli ha spiegato amorevolmente Ratzinger, di ogni risposta su libertà, male e felicità).
E pure io non trovo conflitti tra il mio ateismo e la scienza. Uno a uno e palla al centro.
Fa bene, nemmeno io trovo contraddizioni tra il Suo ateismo e la scienza.
caro giorgio,
non confondiamo le cose. io ho citato percentuali riferite alla fascia alta degli scienziati: quelli dell’accademia delle scienze statunitense, e della royal society inglese. e ho sottolineato il fatto che queste percentuali non sono neppure contestate dall’avvenire, che non è propriamente una fonte “amica”.
naturalmente, più si scende nella gerarchia, dai premi nobel ai professori universitari, ai professori delle superiori, alla gente comune, la percentuale di credenti si allarga, fino a diventare quella della gente comune, che sembra attestata sull’85 per 100 della popolazione, sia nel mondo che in italia.
in altre parole, più uno conosce la scienza, e meno crede, e viceversa. se poi lei è contento delle interviste di 12 scienziati credenti (campione statisticamente irrilevante ), buon per lei. naturalmente, se lei guarda nei miei “incontri con menti straordinarie” troverà la percentuale ribaltata, ma io non mi sogno di presentare questo come un dato significativo. e non dovrebbe farlo neppure lei…
Gentile prof. Odifreddi, deve pur ammettere che l’assegnazione dei Nobel non sempre si basa su criteri oggettivi e, a pensar male, qualche domanda uno se la pone su come vengono attribuiti i titoli (vedi Ennio De Giorgi che anticipò i risultati di Nash o Nicola Cabibbo che si è visto negare il Nobel nel 2008 senza una vera motivazione di fondo)
Questo delle percentuali, Odifreddi, è un tema che non ha nulla a che fare con la ricerca della Verità (con la V maiuscola, come Lei dichiara di ricercare) e non capisco perché Ne sia tanto attirato. Cmq, se il livello più elevato di cultura scientifica è dato dai premi Nobel, Lei l’ha calcolata la percentuale dei premi Nobel credenti rispetto ai non credenti? Perché non ce la dice (è solo un numero compreso tra 0 e 100) e la confronta con la percentuale dei credenti sui non credenti a livello di massa?
Io ho citato delle ricerche scientifiche: invece di parole, ci dia dei numeri, come si fa in scienza, per piacere.
Nadia, a ognuno le proprie consolazioni. Non le invidio le sue.
Strano, Uno dei dieci, credevo che ti consolassi solo con la scienza. Si vede invece che quando una ricerca scientifica non va bene con i tuoi gusti, anche tu sei come tutti i comuni mortali, che preferiscono una fede ed i suoi sacerdoti.
Questi ribaltamenti di frittata dettati da chi la indottrina non le fanno onore… Ma non è lei quella che crede in un essere soprannaturale che ha creato il mondo in 6 giorni?
Mi faccia capire, nei giorni in cui si riteneva credente, in cosa credeva 1/10? In un vecchio con la barba bianca, assiso tra le nuvole, con il dito costantemente puntato contro di lei? In triangoli occhiuti? O magari in una specie di demiurgo à la Urizen di Blackeniana memoria? Se così, si spiegherebbero molte cose…
Che importa quel che credevo io? Credevo anche in Pinocchio, e nel grillo parlante. E allora?
La cosa cosa non mi sorprende affatto, anzi, mi avrebbe stupito il contrario.
Caro Odifreddi,
ce ne vuole del coraggio ad affermare che l’origine dell’uomo non presenta difficoltà di natura scientifica (penso al passaggio alla postura eretta, alla genesi del linguaggio, allo sviluppo del cervello, all’intelligenza, al senso religioso, all’arte, all’autocoscienza, ecc…): i paleoantropologi non ne sono così convinti.
Idem per l’origine della vita: quale “caso” avrebbe potuto far nascere l’informazione del DNA e l’informazione epigenetica che si vedono in azione in una singola cellula?
Nel manuale accademico di Biochimica (il Lehninger) nessun accenno all’evoluzione della rete metabolica cellulare e nemmeno ai suoi singoli pezzi.
La complessità esige informazione. Che non è presente nel materiale grezzo.
Insomma, caro Odifreddi, io ne vedo tanti di problemi aperti nella spiegazione causale degli esseri viventi, che studio sempre con grande interesse e piacere.
Mi informerò ancora meglio.
A “Uno dei dieci” chiedo: chi sono gli altri 9?
Qui sopra, Umberto, Oddifreddi commette 3 errori che avrebbero scandalizzato Monod.
Per Monod (e Bohr, e Kauffman, che è forse il più grande esperto al mondo di abiogenesi, cui ha dedicato 40 anni di studio) l’origine della vita è un colpo alla roulette del tutto imprevedibile e inspiegabile.
Per Monod la comparsa del simbolo con la specie umana è stato il secondo imprevedibile colpo alla roulette cosmica, improbabile ed inspiegabile quanto la comparsa del primo batterio.
Un insieme di speculazioni del tutto implausibili e contradditorie (che dalle 7 di Cairn-Smith sono oggi salite al doppio) non fanno una spiegazione scientifica.
@mASIERO
“4) ha passato anche un giudizio di convenienza economica dell’editore”
Se è per questo, il giudizio di convenienza economica l’ha passato anche le cinquanta sfumature (di nero, di rosso, di grigio)…
😉
Allora… posso dire con contentezza che gli interventi di Odifreddi sono stato pacati e incisivi, almeno dal mio punto di vista; la logica matematica del Nostro è emersa tutta.
Sono al pari contento che un ex Papa (un Papa emerito) sia intervenuto in risposta a un libro di un laico ateo; i tempi sono davvero cambiati, aria nuova in Vaticano, anche per merito del Papa nuovo, Francesco, che ha fatto togliere alla Chiesa i panni della saccente che non si degnava di intervenire al di fuori dei suoi ambiti magisteriali e teologici, naturalmente ristretti a una cerchia di intimi.
Jacques de Molay scrive:
29 settembre 2013 alle 22:04
La cosa cosa non mi sorprende affatto, anzi, mi avrebbe stupito il contrario.
Cioè? Che non avessi creduto in Pinocchio, e nel grillo parlante? Mi pare che tu parli per stereotipi, senza costrutto.
Ora, senza scadere in inutili polemiche, devo farle notare che é stato Lei ad uscirsene con l’infelice commento, rivolto a Nadia, ” Ma non è lei quella che crede in un essere soprannaturale che ha creato il mondo in 6 giorni?”. Quindi vede, 1/10, se c’é qualcuno che parla per stereotipi e senza costrutto, quello non sono io.
Complimenti al Prof. Pennetta , il Sign Odifreddi prima di pronunciarsi in pubblico dovrebbe prendere da lei qualche lezione di umanità .
Buonasera Manu,
la ringrazio per i complimenti, ma devo subito aggiungere che per quel che ci riguarda il prof. Odifreddi ha difeso le proprie idee con legittima decisione accompagnata ad una non comune disponibilità e ad una correttezza nel dialogo della quale gli va dato riconoscimento.
Per quel che mi riguarda sono contento che intorno a CS sia cresciuto un ambiente che comprende visitatori che rispecchiano le varie opinioni, e che si distingua per la correttezza di toni discostandosi dalla rissosità spesso presente nel web.
@ Greylines
La ringrazio della risposta, che per 2 punti che mi ha… stupefatto.
1) Lei dice: “Non vedo perché limitare [il metodo scientifico] alla sola spiegazione delle trasformazioni da A a B”. Le chiedo: mi sa dire una, una sola, spiegazione scientifica, di qualsiasi scienza naturale, che non riguardi una trasformazione da uno stato A ad uno stato B? che cos’è un fenomeno se non, come ha insegnato l’Aquinate, una trasformazione osservabile da uno stato ad un altro?
2) Lei scrive: “L’origine del mondo viene attribuita ad un fatto casuale perché questa è ritenuta la spiegazione più solida”. Che da un “eterno nulla” si sia originato qualche tempo fa il mondo, è secondo me, prima ancora che una affermazione non scientifica (perché incontrollabile), un’affermazione illogica. Illogica doppiamente, sia con riguardo all’aggettivo che al sostantivo, che sarebbero entrambi contraddetti dall’incausata nascita di qualcosa, sia pure di una misera coppia particella-antiparticella. E certamente, a prescindere dalla sua logicità, nulla più di questa speculazione meriterebbe di essere chiamato “creazionismo”: che cos’è infatti il creare se non il venire di qualcosa dal nulla? Il creazionismo delle religioni del Libro, a confronto, è una miseria, un semi-creazionismo… perché in fondo in fondo fa risalire comunque qualcosa a Qualcos’altro!
Io, come l’Aquinate o Bertrand Russell (per citare solo 2 geni logici, uno credente ed uno ateo), trovo estremamente più ”solido” sul piano logico:
a) che la scienza, sia razionale che sperimentale, trattando sempre di trasformazioni da A a B (dove, nel caso di scienza razionale, trasformazione si deve intendere come deduzione e A come premessa), non potrà mai per definizione stabilire se il mondo è eterno o ha avuto un inizio;
b) che l’unica divisione logica tra atei e credenti, su questo punto, può consistere tra credere ad un mondo eterno o credere ad un mondo che, insieme al tempo, è stato creato da un essere necessario (e quindi eterno).
Professor Masiero, voglio esprimerle tutta la mia gratitudine per la chiarezza e la semplicità con cui ha saputo rendere evidente anche a me, che non ho studiato, la questione dell’origine del mondo. Quello che non capisco (ma davvero, non lo capisco) è come si possa non concordare con lei.
(Quello che ho capito.) Il big bang è un limite, oltre il quale non si può spingere l’indagine scientifica. Tutti, credenti ed atei, dovrebbero concordare su questo fatto. Invece si assiste ad uno strano fenomeno: da una parte, scienziati credenti che, giunti con l’indagine scientifica fino all’invalicabile big bang, si fermano e, se vogliono proseguire con la conoscenza oltre questo limite, imboccano la strada della filosofia o della teologia; dall’altra scienziati atei che, giunti anche loro con l’indagine scientifica fino al big bang, pretendono di spingere le loro conoscenze oltre il big bang (e questo sarebbe pienamente legittimo) ma dimenticano che, per andare oltre, devono necessariamente abbandonare la scienza ed utilizzare la filosofia; ragion per cui fanno affermazioni di natura filosofica, ma pretendono di attribuire valore scientifico.
Lo stesso Greylines pare non accorgersi del fatto molto semplice che, se si esclude che il mondo sia eterno (ma questa affermazione è pura filosofia!), l’unica alternativa per giustificare l’esistenza del mondo è che sia stato creato da Dio. Cos’altro potrebbe essere quel “fatto casuale”, cui viene attribuita l’origine del mondo, se non Dio?
Sono io a ringraziare Lei, Giancarlo, perché ha espresso come stanno logicamente le cose con maggiore chiarezza di me!
Appunto.
E allora torniamo al discorso fatto pochi giorni fa con uno dei dieci, sul “Caso” diverso dal “caso” scientifico.
Le sue conclusioni, sottoscritte anche da Masiero (finalmente un’ammissione), la dicono lunga.
Si pretende che gli scienziati atei ammettano di filosofare se dicono che Dio non esiste e intanto chi crede che Dio esista scrive:
“l’unica alternativa per giustificare l’esistenza del mondo è che sia stato creato da Dio. Cos’altro potrebbe essere quel “fatto casuale”, cui viene attribuita l’origine del mondo, se non Dio?”
Alla malora… alla faccia della scienza, e pure alla faccia della filosofia, che invece di essere riconosciuta come tale, viene assunta al rango di affermazione perentoria pseudoscientifica. E poi si inalberano se si afferma che rifuggono l’ID come fosse la peste e l’unica trovata che pongono in essere è che alternative non ve ne sono diverse da un Dio creatore… Ripeto: boh!
@ Ai dieci
Si capisce che siete in tanti, perche’ c’e’ chi ragiona meno bene degli altri, come l’ultimo Uno dei dieci che e’ intervenuto. Infatti Masiero ha sostenuto (e Giancarlo ha ben capito e ridetto con parole proprie) cio’ che anche tutti i filosofi atei sostengono, cioe’ che
– o il mondo e’ eterno e Dio non esiste,
– o Dio esiste e ha fatto il mondo,
e che ne’ l’una ne’ l’altra affermazione e’ dimostrabile scientificamente.
La terza alternativa, quella di un mondo apparso cosi’ dal nulla, per caso, come un coniglio dal cappello di un prestigiatore inesistente senza cappello, non e’ ne’ logica, ne’ tantomeno scientifica.
Tu Ultimo dei dieci attaccati al tuo mondo eterno e vivi in pace che non sei in contraddizione con nessuna teoria scientifica, ti ha detto Masiero! Ma lascia in pace anche chi crede in Dio, senza nessuna pretesa scientifica…
Se continui di questo passo, Nadia, va a finire che mi convinci. Esilarante davvero il prestigiatore inesistente che fa apparire il mondo traendolo da un cappello che non ha… A questo punto, è vero, l’unica alternativa seria che rimane è l’Essere soprannaturale che crea dal nulla… che altro?
@Giancarlo
Quando lei dice che “l’unica alternativa per giustificare l’esistenza del mondo è che sia stato creato da Dio” sta dicendo che la spiegazione più semplice dell’origine dell’universo deve per forza richiedere l’intervento di una forza creatrice. Non sono d’accordo con questa affermazione, ma poniamo il caso che lo sia. A questo punto le chiedo: perchè dio? perchè non più dei? E poi, quale dio (o quali dei)?
Se veramente vogliamo considerare l’intervento di una forza creatrice come l’ipotesi più scientificamente credibile, perchè tutti quelli che lo fanno danno per scontato che si tratti di dio (anzi, del dio in cui credono)?
@Masiero
Giunti a questo punto confesso che le mie scarse basi di filosofia e la mia poca conoscenza delle teorie scientifiche sull’origine del mondo mi rendono difficile controbattere, anche se mi piacerebbe. Mettiamola così: io penso che l’approccio conoscitivo della scienza abbia senz’altro dei limiti. Non sono di quelli che pensano che prima o poi l’umanità arriverà a “conoscere tutto”. Penso che la sfida scientifica consista nell’elaborare approssimazioni alla realtà sempre più precise, che in alcuni casi possono quasi diventare delle certezze. Su “oggetti” di studio così lontani da noi come il big bang è difficile fare speculazioni scientifiche, soprattutto per quanto riguarda il “prima”. Forse c’era il nulla, forse c’era un altro universo, chi lo sa. Secondo me non lo sapremo mai. Non so cos’abbia generato quella scintilla iniziale (se di inizio si può parlare), ma so che è possibile spiegare ciò che sappiamo essere successo da allora senza far ricorso a una qualsivoglia entità creatrice.
Il che non impedisce di credere in uno o più dei, poichè ciò che è divino è per definizione al di fuori della sfera di indagine scientifica.
@ Greylines
La ringrazio sinceramente per la testimonianza di moderazione ed umiltà. Quando ho nominato “Dio” l’ho fatto in modo impreciso, per farmi comprendere da tutti. Avrei dovuto tecnicamente (cioè metafisicamente, in questo caso) evocare solo una “Agenzia trascendente”, perché il passaggio da questa ad un’Agenzia intelligente, immutabile, immateriale, onnipotente e con i caratteri della persona (cioè “Dio”) comporta una successione di ragionamenti metafisici e teologici, che andrebbero esplicitati, come Lei giustamente ha domandato a Giancarlo. Ed il passaggio finale al Dio incarnato dei cristiani richiede la Grazia.
Io, Greylines, ho questa concezione gerarchica delle “scienze” (al plurale), in ordine ascendente: logica, matematica, scienze naturali (o sperimentali, dove vige il criterio di falsificabilità di Popper), filosofia, metafisica e teologia. Se, logicamente cioè basicamente, distinguiamo il significato di “origine” da “inizio”, non ci possono essere teorie “scientifiche” (cioè fisiche, naturali) dell’origine del mondo, perché – spiegò elementarmente il premio Nobel Steven Weinberg (ateo) – “possiamo tracciare la storia dell’espansione del cosmo indietro nel tempo, fino al primo milione di anni, ai primi tre minuti o al primo milionesimo di secondo, ma non sappiamo […] chi fu a far partire l’orologio”, mentre possiamo avere teorie scientifiche sui momenti iniziali del mondo.
La scienza naturale ha un metodo, quello scientifico, Lei m’insegna, e questo metodo prevede solo trasformazioni da A a B. Ed io correggo filosoficamente Weinberg, aggiungendo che non solo non possiamo scientificamente sapere “chi fu a far partire l’orologio”, ma nemmeno “se” l’orologio del cosmo sia partito ad un certo punto “aut” scorra da sempre.
Un naturalista come Lei, che non è scientista (perché ha una concezione realistica dei limiti epistemologici, intensivi ed estensivi, della scienza sperimentale), deve logicamente “credere” in un Universo che non è stato creato da alcuna Agenzia trascendente e che, perciò, è sempre stato. E Si tenga legittimamente il caso, o la contingenza, ecc., per le trasformazioni eterne che in questo universo avvengono, senza un Senso trascendente.
Lasciamo agli scientisti come il logico-matematico Odifreddi di contraddirsi logicamente, filosofando sull’universo scibile e contemporaneamente disprezzando la filosofia.
Prof. Masiero, non ho capito però se Lei concede ai non credenti di trovare “rifugio” nell’ipotesi dell’Universo eterno. Sarebbe davvero una GRANDE concessione questa, alla luce della dottrina della Creatio Continua di Tommaso! O forse intendeva rimanere in ambito prettamente Scientifico?
@ Jacques de Molay
“Che il mondo non sia sempre esistito è tenuto soltanto per fede, e non può essere provato con argomenti dimostrativi” (S. Tommaso d’Aquino). Perciò, Jacques, non intendevo con l’ipotesi di un Universo eterno ragionare né in ambito teologico, né metafisico, né scientifico, e questo perché ogni scienza (razionale o naturale) può solo tentare di spiegare un moto da A a B, mai da nulla ad A. Perché nulla è nulla, per definizione!
L’ipotesi di un Universo eterno è, ancora più a monte, solo uno dei 2 corni logici: aut l’Universo è eterno, aut è stato creato da un’Agenzia trascendente. Tertium non datur.
A me questa lunga discussione ha dimostrato che si è ormai diffuso (forse anche per responsabilità di un’apertura incondizionata di tutte le facoltà universitarie ad ogni tipo di scuola diversa dai licei in Italia, e per lo scadimento delle scuole medie nel resto del mondo occidentale) ciò da cui Einstein metteva in guardia ancora nel 1944, nella sua famosa lettera a Thornton: una tremenda ignoranza filosofica tra molti scienziati, ridottisi a tecnici del loro campetto, senza una visione globale e dall’esterno, e senza nemmeno una conoscenza dei principi logici, al pari dei prigionieri della platonica caverna.
Prof.Masiero, io mi riferivo proprio al fatto che quello dell’alternativa Universo eterno-Universo creato è un falso dilemma: l’Universo può essere eterno e cionondimeno creato -e mantenuto costantemente nell’essere- da un’Agenzia trascendente. Per questo trovo sia una grande concessione all’ateo quella di non credere sulla base dell’eternità del Mondo.
Certo, potrebbero sempre rifiutare il ragionamento che ne sta alla base, tuttavia servirebbe un’argomentazione efficace…
@ Jacques de Molay
Come ha dimostrato anche questa discussione, negli ambienti atei c’e’ un’ignoranza colossale della filosofia, della metafisica e della stessa logica. Per non dire di religione, come Ratzinger ha sculacciato il nostro matematico impertinente…
Quindi, Jacques, non possiamo ad un ateo che non conosce l’abc della metafisica sottilizzare lo stato di contingenza del mondo, cosi’ da fargli comprendere il teorema metafisico che anche un mondo eterno postula un creatore; e, pedagogicamente, mi sono accontentato di restare in ambito logico, cosi’ da fargli almeno capire cio’ che anche i bambini capiscono, ovvero che un mondo chiuso nel passato postula certamente un creatore.
Metafisicamente parlando, Lei e l’Aquinate avete certamente ragione!
Capisco Prof. Tra l’altro non posso che concordare sulla sua analisi del problema relativamente all’aspetto scolastico. Se vogliamo però, ci si potrebbe spingere indietro di qualche secolo fino ad arrivare ad identificare l’ “origine del problema” all’inizio dell’era moderna e la visione meccanicista che da questa è andata via via sviluppandosi… ma questa è un’altra storia.
Grazie come sempre.
A questo riguardo mi sembra interessante quanto scrive qui P. Angelo Bellon:
Quesito
Caro Padre Angelo,
ringraziandola per la disponibilità Le pongo due domande:
1) Se Dio è infinito, come si può concepire il mondo come Sua creazione, altro da Sé e non invece in modo panteistico?
2) Se per ipotesi, in un lontano futuro, le scienze astronomiche arrivassero a dire che la “materia” è eterna, l’idea cristiana di creazione sarebbe messa in discussione? Come si potrebbe concepire un Dio eterno con una materia eterna se non panteisticamente?
Cordiali saluti
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. per infinito s’intende ciò che non ha limiti.
Dio non è infinito in senso spaziale, perché allora sarebbe facile sconfinare nel panteismo.
Per panteismo (lo dico per i nostri visitatori) s’intende con-fondere, mescolare il Creatore col la creatura.
2. Dio è infinito perché non ha l’esistenza, ma è l’esistenza.
E in questo si distingue da tutte le creature, materiali e spirituali, perché queste hanno ricevuto l’esistenza.
È il pensiero di San Tommaso il quale afferma: “L’essere stesso tra tutte le cose è quanto di più formale si possa trovare. Quindi, siccome l’essere divino non è ricevuto in un soggetto, ma Dio stesso è il suo proprio essere sussistente resta provato chiaramente che Dio è infinito e perfetto” (Somma teologica, I, 7, 1).
3. Circa la seconda domanda: già Aristotele si poneva la questione se il mondo fosse eterno.
Ma anche se il mondo fosse eterno, rimarrebbe sempre aperta un’altra questione: se il mondo sia l’esistenza o se l’abbia ricevuta.
Nel primo caso, si identificherebbe con Dio.
Nel secondo caso suppone una creazione.
4. Ora il mondo – sebbene ipoteticamente eterno – non può essere Dio perché nel mondo c’è il mutamento.
Il mutamento è l’acquisizione di qualcosa che ancora non si possiede.
Ma questo è incompatibile con la nozione stessa si Dio, il quale non ha divenire, essendo Atto puro, senza alcuna mescolanza di potenza, come riconosceva il filosofo pagano Aristotele.
Pertanto, anche se fosse eterno, questo non sarebbe incompatibile con il suo essere creato “ab aeterno”.
Tuttavia sappiamo per fede che il mondo ha avuto un inizio.
4. Inoltre, posta l’ipotesi che il mondo sia eterno quanto alla sua origine, si potrebbe porre anche un’altra ipotesi: che il mondo non sia eterno quanto alla sua fine.
Allora questa sola ipotesi induce a comprendere che il mondo non si identifica con l’esistenza, perché diversamente non potrebbe perderla.
E pertanto non si identifica con Dio.
Sul panteismo che oggi va molto di moda, molti citano l’esempio orientale delle gocce d’acqua che si dissolvono nell’oceano formando un tutto indistinto.
Non può essere così. L’esempio, rimanendo nell’acqua e con tutti i limiti di un esempio, potrebbe essere: ogni cosa è come i pesci immersi nell’acqua dove tutto trae vita e mantenimento dall’acqua stessa e che pervade ogni cosa, ma rimane sempre ben distinto da essa.
Del resto l’amore non può esistere senza un “io” e un “tu” essendo basato sulla conoscenza dell’altro.
@ Andrea P
Grazie, Andrea. Che l’impredicibilità nella MQ, collegata all’eventuale inesistenza di variabili nascoste, non sia in contrasto con la metafisica, non dovrebbe suscitare dubbi in alcuna epistemologia: che cosa ha a che fare la fisica con la meta-fisica?!
Io tuttavia sostengo un punto diverso, quello di Einstein, Bohm e in fondo dello stesso Feynman nulla avente a che fare con la metafisica e tutto interno alla matematica della MQ, ovvero che l’inesistenza di variabili nascoste non sta necessariamente nel sistema formale della MQ, ma appartiene ad una sua interpretazione (filosofica), quella di Copenhagen. Io sostengo, come approfondirò in un prossimo articolo, che l’inesistenza di variabili nascoste in MQ (e le assunzioni del teorema di Bell), e quindi il ruolo che alcuni assegnano al “caso” nei fenomeni naturali evocando la MQ (e paradossalmente anche all’osservatore, così aprendo lo spazio all’idealismo!), appartengono ad una (legittima) preferenza filosofica, ma sono indipendenti dalla MQ, in particolare da quei protocolli condivisi dalla comunità scientifica nel suo quotidiano operare.
Einstein, Bohm e Feynman ai loro tempi l’avevano intuito, ma oggi è stato dimostrata questa possibilità anti-idealista di interpretazione della MQ.
“Einstein, Bohm e Feynman ai loro tempi l’avevano intuito, ma oggi è stato dimostrata questa possibilità anti-idealista di interpretazione della MQ.”
E’ quello che anch’io, pur nella mia ignoranza, ho sempre sostenuto. Attendo quindi con grande interesse il suo prossimo articolo su questo fondamentale argomento.
Voglio inoltre ringraziare sentitamente lei, il prof. Pennetta e il prof. Fasol per avere ancora volta esplicitato, tramite questo articolo e questo dibattito, quanta confusione faccia il prof. Odifreddi tra ambito scientifico, ambito filosofico e ambito teologico. Internet e’ uno dei tanti regni dove impazza l’ idolatria dello scientismo, e’ quindi per me molto consolante il constatare che vi si possano anche trovare dei validi discepoli della verita’.
Grazie di cuore!
Proviamo per un momento ad accettare l’idea che più se ne sa di scienza e meno si è religiosi, e che pertanto i credenti siano meno razionali degli atei.
Ora io ho sottomano un sondaggio condotto su oltre 60000 docenti universitari che dimostra che i più religiosi sono i matematici, seguiti a ruota dai fisici ed in generale dalle scienze cosiddette “dure”. Quando invece ci si sposta verso le scienze “morbide” (psicologia, sociologia) gli atei diventano molti di più: http://www.disf.org/Documentazione/204.asp
È vero che il sondaggio è vecchio (1969) e che probabilmente oggi le percentuali di credenti, vista la crescente secolarizzazione, sono globalmente aumentate, ma non c’è alcuna ragione di credere che le proporzioni tra le diverse categorie siano cambiate.
Se ne deve pertanto concludere che tra gli scienziati, i matematici tendono ad essere i più irrazionali. Potrebbe Odifreddi proporci una sua ipotesi per spiegare le ragioni di questa particolare caratteristica della sua categoria? (Capisco il paradosso di chiedere lumi alla persona che qui ha la più alta probabilità di essere irrazionale, ma sono curioso lo stesso).
C’è modo e modo di essere religiosi… A suo modo lo è anche Odifreddi, sulle orme di Spinoza. E allora?
Questo non c’entra con la mia domanda. Ed inoltre se si guardano i risultati del sondaggio che ho linkato si vedrà che i matematici sono anche quelli che hanno maggiore probabilità, rispetto alle altre categorie, di essere conservatori in fatto di religione. Ho chiesto se Odifreddi sapesse motivarmi (anche solo come semplice ipotesi) questo fatto.
Siccome il Prof. Odifreddi si è riferito ad un noto studio sulla religiosità dei membri della NAS secondo cui solo il 7% si dichiarava credente, mi sembra opportuno citare un articolo scritto da Eugenie C Scott e pubblicato dalla NCSE (fonte quindi al di sopra di ogni sospetto) che rigetta completamente quello studio e ne dimostra le fallacie metodologiche concludendo:
“What one might conclude from the 1998 Larson and Witham study of NAS scientists is that belief in Leuba’s definition of a personal God has decreased over time among scientists. The main problem, however, is that Leuba’s questions are not well designed for investigating the religious views of scientists (or anyone else).
The Gallup questions, which deal with views of God’s role in evolution, rather than general belief or disbelief in God, are far less ambiguous. When these questions were used (Larson and Witham 1997), the answers showed that a large proportion (40%) of prominent scientists believe in a God that is sufficiently personal or interactive with humankind that human evolution is guided or planned.
The title of the recent Larson and Witham article in Nature, “Leading scientists still reject God” is premature without reliable data upon which to base it.”
http://ncse.com/rncse/18/2/do-scientists-really-reject-god
Rileggendo il mio post mi accorgo che mi è sfuggito un “non” nel penultimo periodo. Le percentuali di NON credenti sono globalmente aumentate.
Buongiorno a tutti!
Ho notato che la lista dei post si è allungata notevolmente ma mi sembra che siamo alla fine usciti un po’ dall’intento del mio commento alla Lettera di BBXVI a Odifreddi. Ovviamente va bene lo stesso ma mi premeva sottolineare la difficoltà che incontra la teoria dell’evoluzione ad essere accettata razionalmente ogni volta che scende nei fatti concreti.
La teoria affascina ancor oggi filosofi, teologi, astronomi e biologi, fin che rimane raccontata a livello teorico, come una grande parentela che avvolge tutti gli esseri viventi.
Quanto tuttavia si scende nei dettagli, nella concretezza della citologia, della fisiologia e della genetica, i problemi diventano così grandi da scoraggiare chiunque.
Pensate alla trasformazione di un gruzzolo di atomi grezzi nella prima cellula! Un abisso di tutto: di grammatica come di sintassi come di semantica!
Pensate alla differenziazione di questa prima cellula in tutti gli esseri viventi conosciuti: dai fiori ai cedri del Libano, dalle meduse agli uccelli, … abissi di tutto!
Perfino il grande Rostand ammetteva: “preferisco credere all’evoluzione e tacere perchè non voglio rendermi ridicolo con le spiegazioni ridicole”.
Questo è il problema. Non l’ateismo o la fede in Dio.
La materia che conosciamo può trasformarsi aggiungendo a se stessa gerarchie di informazioni che la rendono assolutamente nuova e diversa da sè?
E se lo fa… può farlo senza un progetto interno, ma affidandosi solo agli stimoli di un ambiente che non ha alcun potere morfogenetico?
Io scopro che più conosco la materia vivente nei suoi intimi dettagli e più mi rendo conto che la materia fa benissimo quello che sta facendo, senza presentare alcuna suscettibilità di modifiche significative di tipo macro.
Un bel mistero!
Ma è questa la sua bellezza.
@Fasol
“Quanto tuttavia si scende nei dettagli, nella concretezza della citologia, della fisiologia e della genetica, i problemi diventano così grandi da scoraggiare chiunque.”
Questa è chiaramente una sua opinione personale, dal momento che la stragrande maggioranza dei biologi non la pensa così.
E poi, da quando in qua l’ambiente non ha alcun potere morfogenetico?
Mi pare sia stato spiegato più volte che l’ambiente agisce sul fenotipo, mentre le modifiche genetiche avvengono nel genotipo.
Quindi, semmai prima si modifica il genotipo e poi appaiono le modifiche al fenotipo.
Ma allora appunto non è l’ambiente ad aver fatto la modifica.
E’ stato spiegato male, allora, perchè l’ambiente può anche influire a livello del genotipo. Ho fatto ricerca sull’eco-evo-devo, quindi un paio di cose a riguardo le so 😉
Caro Masiero, cari tutti, io credo che questa discussione abbia dimostrato, piuttosto, l’insanabile possibilità di intendersi tra chi crede e chi non crede, per i più diversi motivi.
Per me è inconcepibile l’esistenza di un Dio buono e creatore perfetto con un “creato” che è tutto tranne che buono e perfetto. Se poi si analizza che questo Dio dovrebbe amarci, mi cascano le braccia… Se penso al dolore del mondo, alla grande sofferenza che lo attraversa, al dolore personale spesso inenarrabile di tanti umani distrutti dal male di vivere, con buona pace del senso della vita… E mi fermo qui.
Non mi interessano invece le analisi che di metafisica in metafisica, di filosofia in filosofia, di fantasia in fantasia vorrebbero dimostrare la ragionevolezza di un essere trascendente che resta dimostrato come lo potrebbe essere Pinocchio se qualcuno si impegnasse in quel senso…
Chiedo scusa per la schiettezza, ma ribatto con questa schiettezza alla schiettezza (invero molto rispettosa) che trasuda in questa CS, che rappresenta la scienza antidarwinista e al tempo stretto la religione più ortodossa con assoluta naturalezza, come se fosse davvero naturale, mentre naturale, per me, non è e non potrà essere mai.
Mi spiace che alla fine anche Odifreddi se la sia data a gambe, cosi appare, magari perché reputava una perdita di tempo confrontarsi più a fondo con chi giudica bigottoni da quattro soldi, ma così non è: si tratta di credenti che rendono ragione del loro credere, non si può essere d’accordo con loro, ma prendo atto che i toni sono giusti e quasi sempre (e ribadisco il quasi sempre) rispettosi.
La capisco, 1/10. Da sempre (Epicuro, Agostino, Leibniz, ecc.) il problema del male si presenta come una sfida della teologia.
Ripeto: della teologia.
Ma su ciò la scienza non ha nulla da dire, ha spiegato Ratzinger nella sua lettera a Odifreddi.
Ammetta perciò 2 cose, almeno: che la scienza non risponde a tutti i problemi dell’uomo, e che il problema del male, proprio come allontana tante persone dalla fede, così porta altre (io l’ho visto in persona a Lourdes) a Dio.
Ne ho conosciuta di gente disperata che nella disperazione si è rivolta a un Dio, non necessariamente quello cattolico o cristiano più in generale. Può essere l’ultima frontiera della disperazione, e magari per lei è un pregio, per me una sconfitta della… ragione.
So bene che tutta la nostra scienza non può cancella dolore e sofferenza, può aiutare ad alleviarli, anche se la morte avrà sempre l’ultima parola, ed è una fortuna, perché non si può lottare per sempre contro il male oscuro, come lo chiamava Giuseppe Berto in un memorabile romanzo conosciuto da pochi ma grande come pochi altri romanzi esistenziali.
Pensi che differenza, io a Lourdes non ci vedo nulla di più che una massa di disperati, che non posso fare a meno di amare, che per la grande totalità ritorna a casa disperata, e a quel punto li amo ancora di più.
Mi sono spiegato male, 1/10: a Lourdes non mi riferivo agli ammalati fisici in cerca di guarigione, ma a gente sana esistenzialmente infelice perché senza uno scopo nella vita, che dedicandosi all’assistenza dei malati ha trovato Dio.
In fondo, come potremmo imparare ad essere buoni ed umani se non “per merito” del mare di male immeritato di cui sono vittime tanti innocenti?
Certo, anche per questo male buoni e umani, ma non necessariamente credenti.
Io vorrei aggiungere che “il problema del male” è un argomento che per quanto mi riguarda non ha nessuna forza. Se conosce l’inglese, mi sento di consigliarle una lettura che stò affrontando anche io al momento: http://www.amazon.com/The-Reality-God-Problem-Evil/dp/082649241X
Mi dispiace poi che reputi la filosofia/metafisica alla stregua delle favole, ma chi afferma questo, in perfetto spirito scientista, dovrà prima o poi misurarsi col fatto che la stessa ricerca scientifica è basata su assunti metafisici indimostrabili: voler pertanto difendere la posizione scientista (che è pur essa filosofica) utilizzando la scienza diventa impossibile, si finisce infatti per cadere nel ragionamento circolare.
Voler poi accostare l’Assoluto a Pinocchio(!), vabbeh… lo si può perdonare a causa dell’assenza totale dei rudimenti metafisici: credo infatti sia possibile vivere serenamente anche senza porsi determinati problemi. Questo però fa si che la sua opinione in merito -comunque rispettabile- valga il giusto. Senza offesa, s’intenda.
# Greylines:
le zampe spuntano al pesce per effetto dell’ambiente secco?
o le ali spuntano ai rettili per effetto di una bava d’aria?
o ancora la placenta si forma nell’utero dei mammiferi per effetto dell’embrione?
l’ambiente non contiene informazioni così complesse.
certo che tanti biologi non concordano ma siamo qui per argomentare. Non per ripetere.
e comunque le spiegazioni offerte sono spesso ridicole.
Mi perdoni Fasol, ma questa è un’obiezione davvero ingenua: nessun biologo con un po’ di senno ritiene che uno sbuffo d’aria abbia fatto venire le ali ai rettili.
Basta tuffarsi nel mondo dell’eco-evo-devo per scovare un sacco di cose interessanti. Ecco qualche esempio scelto in fretta (ma c’è molto di più):
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23410827
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22523124
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23799584
@ Greylines
Le rispondo per me, da epistemologo, per quel poco che conosco di biologia.
1. “Siamo d’accordo sull’evoluzione come fatto?” Sono d’accordo sull’evoluzione intraspecifica come fatto, perché è osservata e riprodotta, negli allevamenti per es. Poiché l’evoluzione interspecifica invece non è mai stata osservata, preferisco chiamarla “congettura” scientifica, anzi l’unica congettura ragionevole se si persegue l’obiettivo di spiegare scientificamente la comparsa di una dozzina di milioni di specie sulla Terra.
2. “Siamo d’accordo sull’insufficienza di una spiegazione [dell’evoluzione interspecifica] basata SOLO ed ESCLUSIVAMENTE su mutazioni casuali e selezione naturale?” Sì. Aggiungo di ritenere che la selezione naturale non abbia NESSUN ruolo sull’origine di nuove specie, perché consistendo per definizione nella lotta per la sopravvivenza e la riproduzione tra specie già esistenti può per logica avere un ruolo – cosa questa che invece sì osserviamo tutti i giorni, purtroppo! – solo sulla scomparsa di specie già sorte per altre cause. E, poiché Darwin nel suo capolavoro mise bene in evidenza fin dal titolo (“The origin of species by means of natural selection”) e nelle introduzioni a tutte le edizioni finché fu in vita, che la selezione naturale era per lui “la causa principale delle modificazioni” tra specie, per questo motivo io non posso annoverarmi tra i darwinisti, anche se ho stima della figura umana di Darwin.
3. “Siamo d’accordo che mutazioni casuali e selezione naturale, insieme a deriva genetica, plasticità fenotipica, eredità epigenetica, influenze ambientali, vincoli dello sviluppo, vincoli strutturali e altre caratteristiche della biologia dei sistemi, possono spiegare l’evoluzione?” Tolta la selezione naturale (per i motivi spiegati sopra), dico di sì, se per vincoli strutturali, caratteristiche dei sistemi fisici, ecc. s’intendono alla fine di tutti i conti alcuni precisi meccanismi chimico-fisici, obbedienti alle leggi che conosciamo della fisica. Aggiungo che ritengo che questi meccanismi non siano stati ancora, nemmeno minimamente, individuati. E però non sono nemmeno d’accordo con Monod, Bohr o Kauffman o Koonin secondo i quali questi meccanismi non si possono trovare (perché la vita è solo frutto di un caso fortunato e magico), e perciò invito i ricercatori come Lei a continuare la ricerca.
Aggiungo anche che l’insorgenza del simbolo nella specie umana mi fa fortemente dubitare (per le ragioni condivise anche da Nagel) che il metodo scientifico possa spiegare questa “diversità rispetto agli altri viventi [che] non è frutto
dell’evoluzione, ma di un ‘evento’ improvviso” (Tattersal).
4. “Siamo d’accordo sul fatto che la discendenza con modificazioni a partire da antenati comuni rappresenta tuttora la miglior spiegazione a nostra disposizione per l’evoluzione biologica?” Non la migliore spiegazione, ma l’unica congettura ragionevole da cui partire per trovare una spiegazione scientifica.
Mi dispiace che Odifreddi non commenti più. Sarei stato curioso di sapere la sua opinione sul fatto che i matematici tendano ad essere, per via della fede religiosa, la categoria accademica più incline all’irrazionalismo.
Come ha mostrato nei suoi commenti, Santoni, la logica di Odifreddi non include il principio di non contraddizione.
Grazie dei links caro Greylines,
conosco bene la teoria evo-devo essendo un biologo, ma non vi ho ancora trovato la soluzione che tutti cerchiamo.
Anzi, mi sembra che si scoprano solo piccoli meccanismi di piccoli dettagli, sempre di microevoluzione.
La sensazione che ho è che l’essere vivente non sia suscettibile di trasformazioni radicali, tali da portare a novità assolute come nuovi arti o nuovi organi e nuove appendici, nemmeno durante lo sviluppo embrionale.
La morfogenesi procede per vincoli ben precisi, per paesaggi epigenetici che devono conservare la specie, non modificarla.
Le modificazioni portano sempre ad aberrazioni o ad aborti.
Con tutto questo non voglio negare la portata delle scoperte che si fanno studiando lo sviluppo embrionale, ma mi sembra che non garantiscano la macroevoluzione che tutti desideriamo smascherare.
Detto questo, mi sono stampato uno dei link e lo leggo appena posso.
Cordialissimi saluti.
Sarebbe interessante capire se su CS c’è pregiudizio verso il neodarwinismo perché (secondo CS) incarna l’anticristo, oppure se c’è davvero buona fede, nel senso di fame di verità scientifica.
Il fatto che il neodarwinismo cerchi ragioni plausibili dell’evoluzione per me è un merito grande, poi considero da uomo di strada che molti scienziati in buona fede, brave persone, abbracciano convinti questa teoria, e non mi pare che siano alle spalle di complotti contro il genere umano, contro chissà quale benemerita. Allora ne ricavo che forse un po’, su CS, si esagera. Cerco di capire il perché, e mi viene spontanea una risposta: perché il neodarwinismo mira a una spiegazione del tutto senza Dio, a una spiegazione scientifica naturale, senza misteri soprannaturali. Mi basta per ricavarne che chi invece pensa che il tutto sia stato originato da un Dio onnipotente, chi pensa che anche una spiegazione scientifica completamente compresa alla fine sia stata determinata da quello stesso Dio, non ci sta per forza: come fa ad accettare che la scienza possa un giorno arrivare ad escludere Dio, oggi solo a livello di principio? Non può farlo, non sarebbe coerente, e apprezzo che un credente che basa tutta la sua vita sulla fede salda nelle Sacre Scritture, e sui dogmi che pure sembrano andare contro il buon senso, sia determinato in tal senso, a rischio di mescolare, pur negandolo fino alla morte, che scienza e fede sono così diverse da non avere nulla in comune.
Uno dei dieci magari ci faccia capire con dati certi(anche da tutti i Semianalfabeti come me)il perchè Scienza e Fede sono così diverse da non avere nulla in comune.
Usi se possibile parole semplici,senza copia incolla,o provenienti da guide intellettuali di professione(anche se di altissimo livello).Grazie.
Caro stò, la fede, lo dice il nome stesso, è una forma di fiducia data a priori. Ci credo perché devo crederci o voglio crederci, ma di empirico che c’è? Delle Sacre Scritture opinabili, che tra l’altro non sono le uniche esistenti, assieme ad altre elaborate da mano umana. Detto questo, tutto il resto viene da sé.
Perdonami (mi ricordi il carissimo amico Giuseppe)ma non scrivi qualcosa di profondamente convincente.Principalmente la tua è una profonda critica alle Sacre Scritture(oltre la Teologia e una certa metafisica)delle varie Religioni.Non commento oltre.
Sono,signor uno dei dieci(decamerone?)un Laico(vero)ed è la millesima volta che lo scrivo su Uccr e su Cs(?)ma le passerei volentieri un breve brano dell’Antico Testamento-Genesi.Il Signore Iddio disse:.Lo trovo di una modernità sconcertante!
Errore di scrittura.Continuo con il brano Il Signore disse:Lo trovo di una modernità sconcertante.Ciao.
Non viene pubblicato il brano dell’Antico Testamento.Pazienza.Di nuovo ciao.
Mah.
A parte certi commenti filosofico-religiosi che sono sempre stati dichiarati fin dall’inizio con quell’intenzione -e sempre generati da sconfinamenti di qualche ospite-, non troverai su CS articoli o commenti che non abbiano a che fare con problemi di tipo scientifico, con ragionamenti di coerenza scientifica sulle cosiddette “spiegazioni” dell’evoluzione.
Piuttosto, perché non ti fai la stessa domanda ribaltata?
Non ti pare che i neodarwinisti, come ti abbiamo dimostrato infinite volte, sconfinino continuamente in temi metafisici e filosofici spacciandoli per “scienza”?
Sembrerebbe di dover dire che sono proprio gli atei a non sopportare l’idea che ci sia un Dio che abbia creato l’Universo e l’uomo e che si affannino a trovare spiegazioni “scientifiche” (che illusoriamente si pensa più solide) per tranquillizzarsi.
Chi è che sconfina sul metafisico e sull’ideologia?
CS o Pikaia
CS o Dawkins
CS o Odifreddi
etc
Del resto, se fossi ateo, avrei ben più preoccupazioni per levarmi di dosso il problema “Dio” che non un credente a difendersi dalla sua negazione.
Infatti come ti abbiamo spiegato ci sono molti punti in cui la scienza -che indaga solo sulla piccola parte materiale della realtà- deve per forza fermarsi. E lì si passa alla metafisica, opinabile ma non negabile.
Ad es. un credente può fare benissimo a meno di credere in certi miracoli, non essendo obbligatori per la fede in Dio, ma un ateo non può accettare neppure un solo fatto che sia soprannaturale.
Ti invito a fare una riflessione su come sia possibile che tu abbia fatto un tale ribaltamento della verità.
Sul tavolo dell’imputato hai messo chi parla solo di scienza accusandolo di difesa della religione invece di chi sconfina continuamente nella metafisica senza attenersi solo al campo materiale della “scienza”.
Pur apprezzando la tua difesa quasi apologetica, resto del mio parere: da una parte si cerca di parlare di scienza non tirando in ballo forze soprannaturali, dall’altra si cerca di parlare di scienza ma sempre fondandola sull’origine soprannaturale.
Fasol e Masiero insegnano che senza la fede e la metafisica si sentirebbero nudi e perduti. La scienza, per loro è un corollario, un completamento del soprannaturale che ha originato il tutto, scienza compresa.
Ti basta?
Non capisco il problema.
Ripeto: la scienza si occupa solo di poco della realtà. Vale anche per gli atei, non solo per i credenti.
Ad es. l’amore, la poesia, la bellezza etc le percepisce anche l’ateo, ma non possono essere scienza.
E uno scienziato ateo che dicesse che l’amore è la forza più grande che percepisce nel mondo e magari che da esso scaturisce anche il suo amore per la scienza materiale, non lo vedrei affatto una limitazione al suo essere “scienziato”. A patto che quando parla di scienza faccia realmente scienza e non sconfini in poesia o altro.
Tutto sta negli ambiti di indagine. E mi pare proprio che su questo Masiero e Fasol siano inecceppibili a differenza di altri.
Se poi pretendi che uno scienziato per essere scienziato dica che è la scienza la cosa più importante che ha conosciuto nella vita, lo troverei limitante (a dir poco) per lui. Anche per un ateo.
Non c’è incompatibilità ad essere un bravo scienziato e amare molto di più altri aspetti della vita. E per un credente, anche alcuni soprannaturali, perché no.
“si cerca di parlare di scienza ma sempre fondandola sull’origine soprannaturale.”
Masiero non ha mai detto questo, rileggi.