“Il ceppo di E. coli è quindi una dimostrazione del fatto che i batteri continuamente evolvono e lo fanno scambiandosi geni seguendo vie che ci sono già note.”
Queste parole riportate nella parte finale dell’articolo pubblicato “L’infezione da parte di Escherichia coli? Un esempio di evoluzione in atto” su Pikaia, sembrano in effetti ridimensionare, se non proprio smentire, quanto riportato con toni sensazionalistici nel titolo. Quello che viene effettivamente detto è che la capacità patogena del E. coli non è una “evoluzione” del batterio, non è infatti dovuta alla comparsa ex novo di un nuovo carattere, è invece il frutto di uno scambio di geni, cosa che avviene comunemente nei procarioti.
Se l’evoluzione si può definire come i cambiamenti progressivi che subiscono le frequenze alleliche nelle popolazioni, non va dimenticato che non ci può essere evoluzione se non c’è variazione genetica, che cioè in poche parole l’evoluzione deve avere “materia prima” su cui operare.
Ma pochè nell’articolo stesso viene detto che : “il batterio che si è recentemente diffuso è dato da un ceppo enteroaggregante che ha acquisito da altri batteri il gene per produrre la tossina di Shiga” questa materia prima su cui operare, che dovrebbe essere costituita dalla comparsa di un nuovo allele, nel caso dell’E. coli non c’è.
E quindi non c’è evoluzione.
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