In un articolo su Le scienze si parla di “evoluzione in laboratorio”
Un celebre aforisma attribuito ad Oscar Wilde recita “Non credo ai miracoli: ne ho visti troppi”.
Ma forse in realtà di miracoli, veri o presunti, Wilde non ne aveva mai visti.
Però casi di presunta evoluzione ce ne sono stati mostrati veramente troppi.
Come si diventa pluricellulari: l’evoluzione in laboratorio, con questo titolo il 17 gennaio scorso è apparso un articolo sul sito di Le Scienze. Leggendolo si viene informati dei risultati ottenuti da un gruppo di ricercatori dell’Università del Minnesota che studiando il comune lievito Saccharomyces cerevisiae, hanno osservato:
…”in diretta” non solo la mutua adesione di più cellule fino alla formazione di ammassi (cluster) di forma e dimensioni uniformi, ma anche l’emergere di meccanismi di cooperazione tipici di organismi biologici complessi, tra cui per esempio lo sviluppo di di apoptosi (la morte cellulare programmata) di alcune cellule e la riproduzione attraverso il distacco di gruppi di cellule già organizzati (i cosiddetti propaguli multicellulari).
Quello che è stato osservato è dunque un comportamento delle cellule del comune lievito che hanno manifestato la capacità di aggregarsi in una forma sferica definita a “fiocco di neve“, illustrata anche con un breve video:
Ma dalle risultanze dello studio, sembra emergere anche una “divisione dei compiti” tipica degli organismi pluricellulari, consistente nel fatto che alcune cellule vanno incontro a morte per avvantaggiare il gruppo (apoptosi).
Un cluster di lieviti “fiocco di neve”; in rosso, le cellule morte (apoptosi). William C. Ratcliff, University of Minnesota
Queste osservazioni hanno indotto i ricercatori del Minnesota a giungere alle seguenti conclusioni riportate nell’articolo pubblicato su Le Scienze:
Questi risultati dimostrano come i tratti multicellulari si evolvono rapidamente come conseguenza delle selezione tra diversi cluster. Secondo le conclusioni dello studio, sebbene la multicellularità complessa abbia richiesto per evolversi milioni di anni, l’emergere del primo abbozzo di questo tipo di organizzazione biologica è assai rapido nelle appropriate condizioni ambientali.
Come vediamo compare il termine “evoluzione” sia nel titolo che nella conclusione dell’articolo, dove si specifica che “i tratti multicellulari si evolvono rapidamente come conseguenza delle selezione tra diversi cluster“.
Quello che però non compare, almeno nell’articolo pubblicato su Le Scienze, è la presenza o meno di un aumento di informazione genetica. Senza questo come si può parlare di tratti multicellulari che si evolvono rapidamente?
Senza la comparsa di una nuova informazione genetica siamo infatti in presenza della manifestazione di una caratteristica che le cellule del lievito manifestano in particolari situazioni, di un adattamento preordinato in risposta a determinate condizioni ambientali probabilmente, non di “evoluzione in laboratorio”, come affermato nel titolo.
In definitiva sembra proprio che siamo in presenza di una caratteristica che le cellule del lievito avevano già da milioni di anni e che evidentemente non è servita ad evolvere verso una specie pluricellulare.
Proviamo allora a suggerire un reale esperimento di evoluzione darwiniana: ottenere anziché dei semplici “fiocchi di neve”, la formazione di un vero e proprio organismo pluricellulare per somma di mutazioni casuali, magari indotte in modo accelerato mediante esposizione a sorgenti radioattive.
Solo allora potremmo finalmente dire di aver osservato un caso di evoluzione.
17 commenti
Che scemenza terribile ! I lieviti (ma anche i batteri con le meravigliose strutture dette biofilm che possono estendersi per metri quadrati in cui ogni cellula svolge un ruolo specializzato) hanno NORMALMENTE capacità di collaborazione tra cellule, tant’è che uno dei nemici dei birrai (Saccahromyces cerevisiae è il lievito di birra come dice il nome) è l’insorgere spontaneo della ‘messa in fase’ di enormi popolazioni di lievito che oscillano con cicli variabili (di solito attorno a 20-40 minuti) per settimane intere alternando fasi ossidative e riduttive del metabolismo e così alterando sensibilmente la qualità della birra prodotta che non è più stabile in gradazione alcolica e qualità organolettiche. E’ un fenomeno che si conosce da secoli ma che (stranamente ?) solo da poco comincia ad essere studiato con attenzione dai biologi ‘maistream’ in quanto indica un livello rilevante di regolazione genica (i cicli coinvolgono l’espressione coordinata di geni su tutta la popolazione) collettivo, differente dalla singola cellula dove la biologia riduzionistica mainstream vede l’estrinsecarsi di tutti i fenomeni rilevanti, chi è interessato può leggere (tra le migliaia di articoli):
http://www.sciencemag.org/content/310/5751/1152.short
ma perchè devono continuare a riempirci di scemate ? Non hanno più paura di essere sbugiardati o semplicemente non sanno cosa altro fare ?
E tu del Saccharomyces cerevisiae ne sai qualcosa!
http://www.uccronline.it/2011/12/21/continuita-e-salti-la-chiusura-ideologica-del-mondo-biologico/
Il fatto che su Le Scienze pubblichino un articolo che non dice niente di nuovo, e non uno come il vostro che comunica interessantissime novità, conferma ancora una volta che la scienza contemporanea sembra essersi chiusa nella conservazione del vecchio paradigma.
Mi è tornato ,inerente all’argomento, alla mente questo che lessi addietro..
http://levoluzioneunfatto.wordpress.com/2010/05/06/saccharomyces-cerevisiae-levoluzione-dellaccoppiamento/
di questo tale,pro UAAR,che ha deciso di fare questa cosa su facebook e wordpress…con il risultato di una duplice figura barbina..
e qui su Pikaia:
http://www.pikaia.eu/easyne2/LYT.aspx?Code=Pikaia&IDLYT=425&SQL=ID_Documento?5352
Beh in quanto alla notizia nulla di nuovo le solite cose fatte passare per altre similmente a Lenski etc..
Vedo che il vizio non si perde.
La cosa è che nelle varie pubblicazioni c’è tutta una serie di se poi,ma forse,potrebbe,se così potesse essere..etc..e poi si vedono titolate con scoperto il..,ecco finalmente..la prova di..spiegato perchè..etc..
Un po’ il senzazionalismo cui faceva riferimento Piero in un suo commento in una recente discussione,un po’ voler marciare,giocare,speculare su certe cose,è abbastanza indifendibile certa ‘stampa’ su questa cosa.
Sì Leonetto, però sembra che purtroppo il sensazionalismo non sia limitato alla stampa generica, l’affermazione che si tratti di evoluzione è partita infatti da un articolo pubblicato sul sito del PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences):
Experimental evolution of multicellularity
http://www.pnas.org/content/early/2012/01/10/1115323109
Eh s qui fra l’altro a differenza di altre ricerche non si bada a nominare l’evoluzione:
“We observed the rapid evolution of clustering genotypes that display a novel multicellular life history characterized by reproduction via multicellular propagules, a juvenile phase, and determinate growth. The multicellular clusters are uniclonal, minimizing within-cluster genetic conflicts of interest. Simple among-cell division of labor rapidly evolved.”
si parla di evoluzione,ovviamente poi,visto che,come si è già avuto modo di vedere è uno di quei termini ormai indefinibili,che si vinca o che si perda la frittata la si può sempre rigirare a proprio tornaconto,vero è che, senza scuse o giri di parole, ciò che allude l’abstract sembrerebbe lasciar poco spazzio all’immaginazione.
Siamo di fronte all’ennesimo caso di evoluzione già,il titolo dell’articolo che riprende Wilde è più che mai azzeccato.
Egregio signor Pennetta, le domando: può un nuovo carattere genetico, “emergere” grazie ad “appropriate condizioni ambientali”? Io non so niente di evoluzionismo, ma credo che determinate condizioni ambientali, la selezione naturale, possono causare l’estinzione di una specie non adatta a sopravvivere; non vedo però come possano favorire “l’emersione” di un nuovo carattere. Che cosa, in realtà, provoca il verificarsi di un nuovo carattere? La radioattività naturale? E poi, ancora: sono state accertate mutazioni genetiche al di fuori della micro-evoluzione?
Gentile Giancarlo,
il problema è proprio quello da lei sollevato, la selezione naturale può infatti eliminare un carattere svantaggioso ma affinché un carattere possa essere selezionato deve prima esistere.
La selezione naturale quindi non spiega la parte più importante dell’evoluzione.
Capire come si formano veramente i nuovi caratteri sarebbe quello di cui, a mio modesto parere, dovrebbero occuparsi gli evoluzionisti anziché dedicarsi in pratica a cercare continuamente conferme alla microevoluzione.
La radioattività, in un secolo di esperimenti sul moscerino della frutta (Drosophila melanogaster) non ha mai prodotto mutazioni che possano far pensare ad una macroevoluzione.
I casi che vengono riportati come esempi di evoluzione sono al massimo esempi di speciazione, ma non si è mai osservato un caso in cui sia aumentata l’informazione genetica.
Al riguardo le segnalo questo articolo:
http://www.enzopennetta.it/wordpress/2011/11/richard-dawkins-non-sa-indicare-un-solo-caso-di-evoluzione/
Spero di esserle stato utile.
Cordiali saluti
ep
“Capire come si formano veramente i nuovi caratteri sarebbe quello di cui, a mio modesto parere, dovrebbero occuparsi gli evoluzionisti anziché dedicarsi in pratica a cercare continuamente conferme alla microevoluzione.”
Beh va detto che quello lo fanno davvero egregiamente però..
Signor Pennetta, mi scusi se approfitto ancora della sua disponibilità. Lei dice che con la radioattività non si è mai riusciti ad ottenere incrementi di informazione genetica. Però ammette che si siano ottnute delle speciazioni, cioè nuove specie. Quando si ottiene una nuova specie non si può parlare di evoluzione? E poi, il caso del grano creso non è un caso di mutagenesi indotta tramite la radioattività? Il grano creso così ottenuto non contiene nuove informazioni genetiche rispetto al grano originale? Si può parlare, nel caso del grano creso, di evoluzione, si o no? La ringrazio tanto del tempo e della pazienza che vorrà dedicarmi.
Giancarlo il termine specie indicato come conseguenza di una speciazione ,fa in qualche modo alla definizione di ‘specie ‘ che risale al 1940.
In realtà con ‘nuova specie’ parlando di evoluzione bisogna intendere altro.
Con specie si dovrebbe considerare una comunità di individui aventi lo stesso pool genico,che incrociandosi tra lorogenerano potenzialmente una prole illimitatamente feconda.
Per esempio lupo e coyote sarebbero un unica specie,due varietà diverse,idem per l’eland e il kudu stessa specie ,due varietà diverse,zebra e quagga una specie due varietà etc…
Se vuole avere ulteriormente chiaro il concetto si legga cosa dice Darwin circa il concetto ddi Specie:
« […] io considero il termine specie come una definizione arbitraria che, per motivi
di convenienza, serve a designare un gruppo di individui strettamente simili tra di
loro, per cui la specie non differisce granché dalla varietà, intendendosi con questo
termine le forme meno distinte e più fluttuanti. Inoltre, anche il termine di varietà
viene applicato arbitrariamente per pura praticità nei confronti delle semplici
variazioni individuali. »
(Charles Darwin L’origine delle specie, cap.2 “La variazione in natura”)
Se vuole averne anche una ulteriore chiarificazione pensi al concetto di idea platonica.il termine specie deriva appunto da quella.
Inoltre è bene ricordare chhe il concetto di specie biologica è un prodotto pre-scoperta del DNA,cosa ovvia essendo degli anni ’40,ma che ci dice molto.
Il termine che lei ha in mente come specie è il concetto di specie cosiddetto biologico,derivante appunto dalla definizione riveduta o originale di Mayr del ’40 e legata alla classificazione Linneiana per altro.
Lo stesso vale per il termine evoluzione,se con esso si intende la microevoluzione si può parlare di evoluzione se si intende macroevoluzione evidentemente lo si fa a sproposito.
Sono concettoi che sono alla base per comprendere correttamente la teoria dell’evoluzione che purtroppo non vengono platealmente chiariti e così nelle persone giustamente si crea confusione.
Il grano che si trasforma in grano non è un esempio di macroevoluzione,casomai di microevoluzione.
Esistono mutazioni come la robertsonina fusion o la tandem fusion che creano varietà differenti di una specie ma varietà non specie diverse.
Spero intanto di averle chiarito questo dubbio ,chiamiamolo così
Giancarlo,
come di consueto Leonetto è stato molto chiaro ed esauriente, posso solo aggiungere che molto spesso sentiamo riportare come esempi di evoluzione neodarwiniana (per mutazioni casuali e selezione) dei casi in cui si è solamente verificata la perdita di una funzione (come nel caso dell’esperimento di Lenski, anche questo chiaramente esposto da Leonetto negli interventi su questo articolo http://www.enzopennetta.it/wordpress/2011/12/levoluzione-secondo-dawkins/).
Si può dunque parlare di vera evoluzione quando vi sia la presenza di un nuovo carattere derivante da un incremento di informazione nei geni.
E nel caso della teoria neodarwinina, questo deve avvenire per mutazioni casuali.
Aggiungo, se potesse essere possibile precisarlo, che i casi di delezione di basi o l’accumulo di mutazioni sfavorevoli sono anche in accordo con il secondo principio della termodinamica, il quale assume che sistemi organizzati procedano verso il disordine. Per quanto riguarda l’evoluzione, un principio secondo cui per mutazioni puntiformi si possa aumentare l’informazione genetica è un po’ debole dal punto di vista termodinamico: bisogna secondo me continuare a cercare altre possibilità con cui queste variazioni possano verificarsi.
In riferimento a ciò allora spenderei anche 2 ulteriori parole circa le teorie dell’auto-organizzazione della materia secondo processi spontanei e/o intrinseci.
Ilya Prigogine teorizzò che alcuni sistemi aperti possono descrivere un decremento nell’entropia dovuto ad un influsso di energia esterna e che il conseguente “riordinamento” è una prova che “la materia può organizzare se stessa.
Queste teorie di fatto non sono tuttavia che un escamotage come la teoria degli equilibri punteggiati di Gould,ovvero queste non spiegano nulla in quanto la materia anche se intesa come materia-energia in sé manca del principio della forma;si potrebbe anche intendere come immanente alla materia, ma se ne distingue sotto il profilo qualitativo- essenziale,ovvero,anche se si può pensare a leggi morfologiche di tipo geometrico
o matematico, queste rimandano a un ordine generale non materiale o extramateriale.
Fra le altre cose inoltre celano una voluta o non voluta ‘confusione’ di due distinti concetti, “auto-organizzazione” e “auto-ordinamento”,che non intendonop la solita cosa affatto…
Prigogine arrivo quindi poi a dire:
“Il problema dell’ordine biologico implica la transizione dall’attività molecolare all’ordine supermolecolare della cellula. Questo problema è ben lontano da una soluzione”
Inoltre :
“Per di più, non distinguono tra ordine e complessità… La regolarità o l’ordine non possono servire a immagazzinare l’enorme quantità di informazioni richieste dai sistemi viventi. È richiesta una struttura irregolare, ma specifica piuttosto che una ordinata. Ciò rappresenta un grave errore nell’analogia offerta. Non vi è connessione apparente tra il tipo di ordinamento spontaneo che deriva dal flusso di energia attraverso tali sistemi e l’opera richiesta per costruire macromolecole ad intensa informazione aperiodica, quali il DNA e le proteine.”
[“The Mistery of Life’s Origin”-Thaxton, Bradley e Olsen]
E quindi?
Quindi le teorie dell’auto-organizzazione della materia secondo processi spontanei e/o intrinseci,che tenterebbero di individuare un modo in cui si possa ovviare alla violazione della termodinamica dell’evoluzionismo neo-darwiniano sono risultate un buco nell’acqua.
Tutto qua ^_^
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