Una fotografia pubblicata sul Washington Post:
“Jan. 18, 2005
Samar Hassan, 5, screams after her parents were killed by soldiers of the 25th Infantry Division.”
Mentre la teoria dell’evoluzione neo-darwiniana cerca ancora i suoi anelli mancanti, o passaggi evolutivi, il darwinismo sociale riceve continue conferme “sperimentali”.
L’ultima testimonianza in un articolo intitolato “Why do we ignore the civilians killed in American wars?” Pubblicato sul Washington Post il 6 gennaio scorso.
Mentre i negazionisti nostrani si indignano verso chi parla delle conseguenze delle ricadute del darwinismo nella società, la teoria che nacque col sottotitolo di “La conservazione delle razze favorite nella battaglia per la vita“, continua a costituire il fertile terreno su cui viene giustificata la guerra.
Infatti, anche se il termine “Darwinismo” non viene mai menzionato, ad un’attenta analisi l’articolo Why do we ignore the civilians killed in American wars? pubblicato il 6 gennaio scorso sul Washington Post dal ricercatore John Tirman del MIT, indica proprio le conseguenze del darwinismo sociale.
John Tirman nel suo articolo affronta il fenomeno dell’indifferenza che il suo paese dimostra nei confronti delle vittime civili delle guerre combattute dall’U.S. Army, un’indifferenza che ha origini lontane, nel “Mito della frontiera” che caratterizzò la conquista del West:
Why the American silence on our wars’ main victims? Our self-image, based on what cultural historian Richard Slotkin calls “the frontier myth” — in which righteous violence is used to subdue or annihilate the savages of whatever land we’re trying to conquer — plays a large role. For hundreds of years, the frontier myth has been one of America’s sturdiest national narratives.
“Perché il silenzio americano sulle principali vittime delle nostre guerre? La nostra immagine di sé, basata su ciò che lo storico Richard Slotkin chiama “il mito della frontiera” – in cui la giusta violenza viene usata per sottomettere o annientare i selvaggi di qualsiasi paese che stiamo cercando di conquistare – gioca un ruolo importante. Per centinaia di anni, il mito della frontiera è stato uno dei più robusti della narrativa nazionale”.
Il “mito della frontiera” fu ciò che nell’800 giustificò lo sterminio dei pellerossa, un mito che viene descritto all’interno del saggio Communication, media, and American society: a critical introduction di Daniel W. Rossides – Rowman & Littlefield, 2003 :
Un’analisi che converge con quella fatta nei giorni scorsi su queste pagine CS – Cari lettori di Pikaia… il vero “negazionismo” è negare la correlazione tra darwinismo e razzismo e nel libro “Inchiesta sul darwinismo“, che vede il darwinismo strumentalizzato al fine di legittimare il capitalismo selvaggio e l’imperialismo.
L’articolo pubblicato sul Washington Post conferma poi l’origine razzista dell’attuale cultura militarista:
Politicians tend to speak in broader terms, such as defending Western values, or simply refer to resistance fighters as terrorists, the 21st-century word for savages. Remember the military’s code name for the raid of Osama bin Laden’s compound? It was Geronimo.
The frontier myth is also steeped in racism, which is deeply embedded in American culture’s derogatory depictions of the enemy.
I politici tendono a parlare in termini più ampi, come la difesa dei valori occidentali, o semplicemente fare riferimento a combattenti della resistenza come terroristi, il termine utilizzato nel 21° secolo per indicare i selvaggi. Ricordate il nome in codice dei militari per il raid del rifugio di Osama bin Laden? E’stato Geronimo.
Il mito della frontiera è anche intriso di razzismo, che è profondamente radicato nelle raffigurazioni dispregiative nella cultura americana del nemico.
Nonostante i tentativi di negare la realtà storica, esiste una precisa correlazione tra il pensiero darwinista, il razzismo e la guerra in epoca moderna. Ma sarà bene precisare ancora una volta, non fu il darwinismo all’origine di questo fenomeno, fu la guerra coloniale e razzista a generare una teoria come quella darwiniana che vedeva nella “lotta tra le razze favorite” una legge di natura.
Chi vuole stia ad ascoltare i moderni negazionisti di questa realtà, chi invece non vuole chiudersi in una volontaria cecità potrebbe trarre qualche utile spunto di riflessione da quanto scriveva G.B. Shaw, che fu anche co-fondatore della prestigiosa London School of Economics, nel 1925:
Sessanta anni dopo la pubblicazione della Origine delle Specie di Darwin, l’opportunismo politico aveva… devastata l’Europa centrale, in un parossismo di paura cronica gli uni degli altri, questa vigliaccheria degli irreligiosi, che camuffata da militarismo patriottico aveva ossessionato le grandi potenze della guerra dal 1870-71 in poi.
G.B. Shaw, Torniamo a Matusalemme – Mondadori, 1925 (pag.85)
Ma, come sappiamo, c’è ancora chi crede che il problema del darwinismo sia solo di tipo intellettuale e strettamente scientifico.
1 commento
Non so se possa esistere,ma al di la di tutto non trovo una parola adeguata per descrivere la foto di apertura di questo articolo…