Sul sito dell’UCLA, l’Unversità della California, appare questa immagine cinematografica in apertura di un allarmante articolo sul futuro della Terra
La “Scienza” dice che sono previsti 200 milioni di rifugiati per motivi ambientali entro il 2050. Un annuncio forse un po’ troppo comodo, tanto chi degli attuali dirigenti potrà verificarla questa previsione?
E, immancabilmente, le catastrofi climatiche vengono sommate al problema della sovrappopolazione.
La notizia è apparsa sul Corriere della Sera del 26 settembre:
Le città e il clima che cambia. È il tema scelto quest’anno dalle Nazioni Unite per celebrare il 3 ottobre la Giornata mondiale dell’habitat.Nel suo messaggio, il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ricorda che la Giornata mondiale – che dal 1989 viene celebrata il primo lunedì di ottobre – nel 2011 coincide con il mese in cui la popolazione del pianeta raggiungerà i7 miliardi di individui (secondo alcune stime questo limite è già stato superato).
Ma negli stessi giorni un allarme di segno contrario si levava riguardo alle drammatiche conseguenze del calo della popolazione in Italia, infatti, come riferito dalla Stampa il 5 ottobre, la CEI denunciava i problemi legati al calo demografico in Italia:
I figli non sono «un peso, un costo», ma una risorsa su cui la società deve investire, se vuole un futuro. Quel futuro che l’Italia rischia di veder compromesso anche a causa del pesante calo demografico che lo ha investito negli ultimi anni. A lanciare l’allarme è stato questa sera il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei. Ribadendo con forza, remando contro i modelli dominanti, che la ricetta contro la crisi non è quella che «ci ha portato a un presente difficile: non è con più consumo e meno figli che risistemeremo l’economia».
Se il mondo nel suo complesso è sovrappopolato, esistono dei casi particolari come l’Italia e altri paesi occidentali, in cui vale l’esatto contrario, nel nostro paese il pericolo è che in un futuro più o meno prossimo si assista ad una crisi demografica dalle conseguenze disastrose. Come ricorda un interessante articolo intitolato Italy’s future – a theme park, pubblicato su Asia Times il 4 ottobre scorso, Aristotele descrisse un’analoga situazione nella storia di Sparta:
Mentre i discendenti degli ex padroni del Mediterraneo diventano senescenti, orde di turisti asiatici le terranno in funzione. Ecco il modello di Sparta.
Sparta è stata la prima potenza mondiale a soccombere al suicidio demografico, e anche la prima ex potenza a sopravvivere come parco a tema. Aristotele scrisse che Sparta “affondò dopo una sola sconfitta; il suo desiderio era la propria rovina”. Sparta una volta aveva 10.000 abitanti, ma nel 371 a. C., quando Tebe ruppe il potere di Sparta con la battaglia di Leuttra, si è ridotta ad averne solo 1.000.
Ma se dunque per i paesi dell’occidente sviluppato il problema è il calo demografico che li potrà condurre al di sotto della soglia che permette lo sviluppo di una società, dove è che la popolazione ha superato il limite di sostenibilità e va ridotta?
Come i vari programmi di “aiuti” internazionali ci hanno detto da sempre, è facile individuare nei paesi del terzo mondo (leggi Africa) le zone dove l’eccesso di popolazione costituisce un problema per lo sviluppo della società.
Al riguardo è estremamente utile utilizzare delle carte geografiche messe a disposizione dal sito dell’organizzazione Oxfam, carte che rappresentano i paesi del mondo con le dimensioni modificate in base alla popolazione e non alla superficie. Il risultato è, a dir poco, sconcertante:
I paesi del mondo secondo la tradizionale rappresentazione per superficie
I paesi del mondo secondo la loro popolazione
http://www.oxfam.org.uk/oxfam_in_action/flash/trade.html
Come è evidente dalla rappresentazione per popolazione confrontata con quella per superficie, vediamo che se per l’Italia la situazione è di crisi demografica per via del futuro calo (e certamente anche per l’invecchiamento), come possono considerarsi sovrappopolati i paesi africani la cui “impronta” demografica è nettamente più piccola di quella dell’Europa e degli USA?
La verità è che al di sotto di una certa densità di popolazione è difficile che si creino le condizioni per lo sviluppo, e che quindi i programmi di “birth control” attuati in Africa vanno contro l’effettivo sviluppo dei paesi poveri.
Ma i vari Giovanni Sartori e i loro epigoni continueranno a dire che il problema del mondo è la sovrappopolazione.
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