La riflessione del Nobel Sydney Brenner sull’ignoranza degli scienziati è stata riportata in un articolo del Sole 24 ORE del 18 settembre intitolato “L’errore di Darwin”.
In realtà l’autore dell’articolo, Gilberto Corbellini, l’ha utilizzata per realizzare un piccolo trattato di apologetica darwiniana. L’accusa che muove agli scienziati è infatti di attribuire anche un solo errore a Darwin: per l’autore pensare che Darwin abbia sbagliato qualcosa può essere solo frutto di ignoranza.
Corbellini esordisce dicendo che intorno a Darwin è maturato una specie di “culto“, il fatto in realtà era stato già denunciato anche da J. Fodor e M.P.Palmarini nel loro libro “Gli errori di Darwin”, ma parallelamente, secondo il giornalista, sarebbe maturato anche un “desiderio incontenibile di minarne la pervasiva credibilità scientifica“. Mentre riguardo al “culto” di Darwin nell’articolo non viene poi detto più nulla, viene invece chiarito il pensiero dell’autore sui critici dello scienziato inglese:
“Non sorprende che creazionisti, fanatici religiosi o politici e scienziati falliti fraintendano Darwin, nella speranza di cancellare l’impatto degli avanzamenti scientifici e miglioramenti della cultura laica avvenuti grazie al suo impulso.“
Il messaggio è dunque molto chiaro: solo chi fraintende Darwin potrebbe giungere a criticarlo, e se a criticarlo fosse una persona di scienza, costui non potrebbe essere altro che uno “scienziato fallito“.
In sintesi nell’articolo si rimprovera dunque ai critici di Darwin di essere dei falliti o degli ignoranti della storia della scienza, il bello è che un po’ di conoscenza della storia della scienza avrebbe invece consigliato all’autore una posizione più cauta. Sarebbe stato infatti sufficiente andare a studiare cosa avvenne alla teoria di Darwin tra la fine dell’800 e la prima parte del ‘900 per non lanciarsi in un giudizio così pesante: in quegli anni nessuno più sosteneva l’evoluzione darwiniana. Tanto che gli storici della scienza chiamano quel periodo “Eclissi del darwinismo” (consiglio al riguardo un bellissimo libro “The Eclipse of Darwinism”, P.J. Bowler – The John Hopkins University Press) .
Un’ulteriore testimonianza in questo senso è fornita anche dal carteggio del 1935 tra il biologo Umberto D’Ancona (1896–1964) e il matematico Vito Volterra (1860–1940) in cui si può leggere la seguente affermazione:
“In merito all’evoluzione non credo che oggi nessuno zoologo possa obbiettivamente dire di essere darwinista. Oramai questa è una fase superata. Si può essere evoluzionista, ma non più darwinista…”
Se dunque solo degli scienziati falliti potrebbero criticare Darwin, dobbiamo dedurre che il mondo scientifico di quel tempo era composto tutto da “scienziati falliti“.
Ma per fortuna secondo l’articolo ci sono anche altri scienziati, quelli buoni, ma inaspettatamente anche loro oggi sembrano purtroppo criticare Darwin, e questo impensierisce l’autore. Il fatto è che negli ultimi decenni si è scoperta una forma di ereditarietà che non passa attraverso il cambiamento delle basi nucleotidiche del DNA, si tratta dell’ereditarietà epigenetica che può essere indotta dall’ambiente. Secondo gli scienziati “non falliti” questa sarebbe però una teoria di Lamarck bocciata da Darwin. Ma effettivamente le cose non stanno così, e su questo l’articolista ha ragione, Darwin sull’ereditarietà dei caratteri acquisiti la pensava proprio come Lamarck. Il problema è che sui libri di testo è difficile che ciò venga detto.
Quel che si lamenta nell’articolo viene sottolineato con una frase del Nobel Sydney Brenner che: “stigmatizza l’ignoranza degli scienziati che deambulano negli odierni laboratori e aule, in merito alla storia degli argomenti che studiano”. Cioè si si afferma che gli scienziati sono degli ignoranti perché non sanno che in realtà Darwin aveva proposto proprio l’ereditarietà dei caratteri acquisiti, in una teoria che chiamò “Pangenesi“.
Vorrei a questo punto spendere due parole in difesa degli scienziati ignoranti, scienziati che evidentemente testimoniano una diffusa inadeguatezza degli atenei, e che (con buona pace delle varie ocaspiens) non possono essersi formati tutti nella stessa università romana.
Dell’ignoranza in fatto di storia della scienza, non si può far ricadere la colpa sui poveri scienziati. Infatti, se per decenni nei libri di testo si è insegnato che la differenza tra Lamarck e Darwin era nella trasmissione dei caratteri acquisiti opposta al caso darwiniano, oltre che nella selezione naturale, non possiamo prendercela con gli scienziati stessi, ma con chi ha voluto, permesso o solo ignorato che questo venisse insegnato nelle scuole e nelle università.
L’operazione che viene fatta però non appare solamente quella di ristabilire la verità dei fatti, ma quella di mitizzare Darwin, rendendolo un personaggio incapace di sbagliare (non avveniva così anche nei regimi comunisti con i miti dei fondatori: Lenin, Stalin, Ceausescu ecc… avevano mai sbagliato qualcosa?). Che le cose stiano proprio così è confermato dal passaggio centrale dell’articolo:
“volendo giocare a leggere le recenti scoperte alla luce della scontata diatriba Darwin vs Lamarck, queste dimostrano che Darwin ha ragione… anche là dove sbaglia.“
E inseguito, una volta stabilito che non è più una castroneria dire che Darwin aveva affermato l’ereditarietà dei caratteri acquisiti, l’operazione viene completata effettuando un vero e proprio “scippo” della stessa ereditarietà dei caratteri acquisiti al povero Lamarck:
“le recenti scoperte sull’ereditarietà epigenetica danno eventualmente ragione a Darwin. Perché l’ereditarietà dei caratteri acquisiti non è una teoria lamarckiana…“
Ecco dunque che, secondo il giornalista del Sole 24 ORE, l’ereditarietà dei caratteri acquisiti non sarebbe una teoria lamarckiana.
Questa informazione ci permette di porre tra gli scienziati “ignoranti” nientemeno che un biologo del calibro di Sir Julian Huxley, uno degli artefici della Sintesi moderna, autore nel 1942 del libro Evolution: The Modern Synthesis. Ma lo stesso J. Huxley, in un opera del 1931, “The Science of Life“, affermava:
«Egli (Darwin) non contraddisse l’ipotesi lamarckiana, ma aggiunse un nuovo fattore nel processo, fattore che derivò da Malthus»
Quindi inaspettatamente apprendiamo che anche il grande Julian Huxley, nipote di T. H. Huxley, noto come il mastino di Darwin, era uno scienziato ignorante!
Meglio dunque sacrificare persino un personaggio come Julian Huxley che trovare qualcosa che Darwin non abbia scoperto: non sia mai che qualcosa di giusto non sia stato detto dal mitico fondatore.
Insomma, quando l’ereditarietà dei caratteri acquisiti era considerata un’idea stupida era stata proposta da Lamarck, adesso che è diventata l’ultima frontiera della biologia bisogna dire che è stata invece proposta da Darwin!
Per accettare queste giravolte in stile sovietico agli scienziati non basterà essere solo ignoranti, ma anche stupidi.
(Questo articolo è pubblicato sul sito UCCR)
5 commenti
Leggo molta malafede sui vostri scritti: non è in questo modo che si esprime l’amore per la verità. Non è che gli scienziati del tempo di Darwin fossero tutti ignoranti, è vero invece che erano pieni di pregiudizi metafisici ed anteponevano le letture sacre alla buona scienza di cui Darwin è un campione insuperato. L’evoluzione è un fatto concreto come la terra che gira attorno al sole, l’interpretazione di questo FATTO è SEMPRE in studio e passibile di modificazione. Comunque la selezione naturale, come UNO dei molteplici motori del processo evolutivo è dimostrata anche matematicamente ed informaticamente dall’equazione di Price e dagli ALGORITMI GENETICI.
Gentile Davide Castelli,
ovviamente lei ha tutto il diritto di non condividere quanto scritto su questo blog, che sia firmato da me o sia nei commenti, questo però, ne converrà, non l’autorizza a formulare ingiuste accuse di “malafede”.
Mi creda, l’amore per la verità è l’unica cosa che mi spinge a dedicare tanto tempo a questa attività.
Voglia poi indicarmi dove si è scritto che gli scienziati ai tempi di Darwin “fossero tutti ignoranti”, solo allora risponderò su questo punto.
Mi permetta poi di dire che lei esprime delle critiche senza aver nemmeno letto quanto scritto nei vari articoli, infatti viene ripetuto insistentemente che l’evoluzione è un fatto e che quel che si contesta è la spiegazione darwiniana di quel fatto.
Che poi, come lei afferma, si tratti di una spiegazione passibile di modificazione, si riferisce ad aspetti secondari che, come emerge dagli scritti di T.S. Kuhn sulle rivoluzioni scientifiche, non mettono mai in discussione la parte centrale delle teoria.
Infine, affermare che la selezione naturale è uno “dei molteplici motori del processo evolutivo” non risolve il vero problema, non cambia il fatto che essa non spiega la comparsa dei nuovi caratteri: questo da sempre è il vero problema.
Dire che poi gli individui con migliore fitness sopravvivono è solo la versione scientifica del motto “vinca il migliore”.
Ma come si origina il migliore?
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Mi permetta di dirle che la trovo anche piuttosto infantile, professor Castelli, considerate anche le “risposte” che ha dato a Francesco Santoni sul blog di Andrea Macco.
Senza contare che la “dimostrazione” fatta dagli Algoritmi Genetici proverebbe che nella realta’ ci sarebbero dovute essere state tante radiazioni quante e piu’ che all’interno di un reattore nucleare tali da causare un umero cosi’ elevato di mutazioni genetiche…