Daniel Dennett, filosofo della mente, afferma che è l’ignoranza il “motore immobile” del mondo.
Ma la prima prova della sua teoria sono i suoi stessi discorsi.
Annunciato con grande clamore da vari siti darwinisti (L’idea pericolosa di Daniel Dennett, Pikaia; L’Antievoluzionismo in Italia), divulgato dall’ormai immancabile Sole 24 ORE -La rivoluzione silente di Alan Turing, ripreso da Radio3 Scienza, è finalmente arrivato in Italia Daniel Dennett, autentico guru del pensiero darwinista.
Ed eccoci tutti a bocca aperta ad ascoltare quale incredibile verità verrà annunciata dal filosofo:
Che cosa hanno in comune un computer e Charles Darwin? Che entrambi dimostrano come sia possibile la competenza senza la comprensione. Anzi: come il vero motore immobile del mondo sia l’Ignoranza. Quella di circuiti e ingranaggi, che calcolano perfettamente ma senza nessuna consapevolezza. E quella dell’evoluzione, che procede senza uno scopo verso nuove specie. La parola a Daniel Dennett, filosofo della mente, famoso ateo e molto altro.
E quale sarebbe secondo Dennett l’ingranaggio “ignorante” alla base dell’evoluzione? Il Dennett pensiero viene chiarito dall’accostamento della teoria di Darwin alla “Macchina di Turing”, il quale affermava:
«È possibile inventare un’unica macchina che può essere usata per computare qualsiasi sequenza computabile» (Turing, 1936).
Ma per capire meglio questo accostamento possiamo attingere direttamente alle parole di Dennett pubblicate sul citato articolo del Sole 24ORE:
Un buon modo per comprendere la rivoluzionaria idea di Turing sulla computazione è quello di accostarla a quella di Darwin sull’evoluzione. Il mondo pre-darwiniano era unito non dalla scienza ma dalla tradizione: tutte le cose dell’universo, dalla più elevata (l’uomo) alla più umile (la formica, il sassolino, la goccia di pioggia) erano creazioni di qualcosa di ancora più elevato, Dio, un onnipotente e onnisciente creatore intelligente, che assomigliava in modo impressionante alla seconda cosa più elevata.
Chiamiamo questa la teoria «a cascata dall’alto» (trickle-down) dell’evoluzione. Darwin l’ha rimpiazzata con una teoria «a ebollizione dal basso» (bubble-up) della creazione. Una delle critiche del diciannovesimo secolo a Darwin lo chiarisce vividamente:
«Nella teoria con cui abbiamo a che fare, l’artefice è l’Ignoranza Assoluta; così che il principio fondamentale dell’intero sistema potrebbe essere: per fare una perfetta e bellissima macchina, non è necessario sapere come farla. Il Signor Darwin, grazie a una strana inversione del ragionamento, sembra ritenere la Assoluta Ignoranza pienamente qualificata a prendere il posto della Assoluta Sapienza in tutte le realizzazioni della potenza creativa» (MacKenzie, 1868).
L’ignoranza della macchina di Turing nel raggiungere un traguardo, di cui i suoi meccanismi non sono coscienti, ne fa il logico equivalente informatico del neodarwinismo. Ma l’idea non è del tutto nuova, anche Richard Dawkins si era impelagato in parallelismi informatici che l’avevano portato involontariamente, e inconsapevolmente, a sostenere posizioni antidarwiniane (vedi CS La scalata al monte improbabile).
Ed ecco che il suo amico Daniel Dennett cade nello stesso errore, pensando di spezzare una lancia a favore del neodarwinismo assimila l’evoluzione al computo inconsapevole di un computer che procede a caso. Per capire in che modo questa associazione si rivolti contro le intenzioni del filosofo ricorriamo ancora all’esempio della nascita dell’emoglobina, una proteina costituita da 170 aminoacidi.
Come sappiamo le combinazioni possibili di aminoacidi nell’emoglobina sono 10 elevato alla 190.
Come afferma Dennett, l’evoluzione opera come una macchina di Turing vagliando casualmente ogni possibile alternativa.
Quanto tempo impiegherebbe un attuale personal computer con un processore da 3,2 Ghz ad elaborare tutte le combinazioni di aminoacidi dell’emoglobina? Stando a quanto riportato su Wikipedia la capacità di calcolo di una tale processore sarebbe di 10.000 MIPS (Acronimo di Million Instructions Per Second, milioni di istruzioni per secondo), cioè 10 elevato alla 10 istruzioni al secondo. (Bisogna tenere presente che per una istruzione può essere necessario un imprecisato numero di operazioni)
I calcoli riportati in La scalata al monte improbabile danno come tempo necessario per provare tutte le soluzioni con una macchina di Turing da 3,2 Ghz, l’immensa cifra di 10 elevato alla 180 secondi. Sapendo che l’età dell’universo, stimata in eccesso, è di 10 alla 18 secondi, si giunge alla conclusione che l’emoglobina non si è potuta formare nel modo descritto dal filosofo Dennett.
Lo stesso Dawkins del resto per far tornare i conti aveva dovuto immettere nella sua ipotesi un bersaglio prestabilito verso il quale orientare il calcolo. E che ne è stato dunque del postulato di oggettività che nega qualunque finalismo?
Daniel Dennett in pratica ci lascia con due regali:
1) Affermando che la teoria darwiniana è assimilabile ad una macchina di Turing la esclude come possibile causa dell’evoluzione.
2) Affermando che il motore del mondo è l’ignoranza chiarisce come abbia potuto affermarsi la teoria di Darwin.
Grazie Prof. Dennett
P.S.Daniel Dennett è diventato noto al grande pubblico nel 2004 dopo aver scritto “L’idea pericolosa di Darwin“.
Oggi propone le sue idee sull’ignoranza che ricordano quelle della società totalitaria descritta da George Orwell in 1984:
«la guerra è pace», «la libertà è schiavitù», «l’ignoranza è forza».
Quale fosse la pericolosità dell’idea di Darwin è ancora da chiarire, ma d’ora in poi si potrà discutere dell‘idea pericolosa di Dennett.
9 commenti
«È possibile inventare un’unica macchina che può essere usata per computare qualsiasi sequenza computabile» (Turing, 1936).
Chiedo scusa: ma la macchina la inventa un ignorante o una che sa far fare qualcosa alla macchina?
Insomma: la macchina non si autocostruisce, mi pare! Ergo uomo intelligente viene prima di macchina ignorante!
Matteo Dellanoce
Gentile dott. Pennetta,
ho “qualche” nozioncina di Informatica e di Intelligenza Artificiale, ma non ho MAI sentito delle cose tanto assurde quanto quelle dette da Dennett…
Cosa c’entra la Macchina di Turing con il Darwinismo?
Solo una persona che non conosce le cose potrebbe fare un simile accostamento.
La Macchina di Turing e’ un aggeggio ideale che e’ EQUIPOTENTE a tutte le macchine computazionali che possono essere costruite dall’uomo, anche nel futuro. Un nastro INFINITO, una testina di lettura/scrittura, una tabella INFINITA che associa al simbolo trovato sul nastro il simbolo successivo da scrivere e la direzione in cui spostarsi.
E cosa piu’ importante, un PROGRAMMA codificato nella tabella che svolga il suo compito. Scritto chissa’ da chi…
Sicuramente il grande Alan Turing non aveva in mente di accostarlo al Neo-Darwinismo.
Mi sembra piu’ una trovata per fare una discussione “pseudo-intellettuale”, roba da Azzeccagarbugli con il suo latinorum per impressionare il suo interlocutore, che altro.
Restano ovviamente tutti i calcoli che sbugiardano anche questa assurda trovata.
Saluti.
Piero
ho dimenticato lo “stato interno” della Macchina. Mi scuso.
Sia Matteo che Piero hanno posto giustamente l’attenzione (indipendentemente, mentre il primo commento era in attesa di moderazione) su un aspetto non affrontato nell’articolo.
Ovviamente la macchina i Turing deve essere programmata e quindi la domanda è: chi l’ha fatto il programma?
La risposta neodarwinista sarebbe che il programma stesso è frutto del “caso”, esso altro non sarebbe che le leggi della fisica del nostro universo. Ed è proprio per questo motivo, per evitare l’idea di un universo finalizzato a far nascere la vita che si è inventata la teoria non scientifica (perché non dimostrabile e non falsificabile) del “multiverso”.
C’è da domandarsi chi siano i veri nemici della scienza.
A questo proposito segnalo l’articolo di GFR Ellis pubblicato sul numeo di ottobre de “Le Scienze” (http://lescienze.espresso.repubblica.it/articolo/Tutti_i_dubbi_sul_multiverso/1349537). Semplice, logico, lineare: secondo me mette le cose in chiaro in maniera definitiva.
Cari saluti a tutti.
Ciao Michele, possiamo dire che tu sul multiverso ne sai più di tutti!
Grazie per la tua segnalazione
E io che credevo che avessero messo in piedi il “multiverso” per ipotizzare viaggi nel tempo… 🙁
Gentile Dott. Pennetta,
avra’ certamente sentito parlare degli “Algoritmi Genetici”.
Servono per cercare di ottimizzare un sub-problema.
Detto meglio, cercano di trovare un minimo locale di una funzione che si voglia ottimizzare.
Adesso, oltre al problema di chi o cosa avrebbe “programmato” la Macchina di Turing, l’Algoritmo Genetico, il DNA, o cos’altro, resta anche il problema di CHI o COSA abbia una “visione” abbastanza generale della situazione che gli permetta di “superare” questi minimi locali per arrivare ad un minimo globale della funzione…
Si parla di “simulated annealing”.
Per esempio, puo’ essere che l’evoluzione porti a dei caratteri che non danno subito un vantaggio rispetto agli altri, ma insieme con altri, alla fine questo porta ad un carattere (complesso) che permette di avere un vantaggio rispetto agli altri individui.
Mi scuso se non ho parlato “biologicamente”, ma spero di essermi fatto capire lo stesso.
Gentile Piero,
grazie per aver sollevato la questione dell’ottimizzazione dei problemi, infatti si tratta di un argomento molto importante.
Qui il problema del “programma” che viene eseguito mette in evidenza il fatto che se si stratta di un “programma” che opera secondo caso e necessità non potrà mai ottimizzare le soluzioni, ma solo migliorarle fino ad un certo punto.
Una delle questioni che invece J. Fodr e M.P. Palmarini hanno posto nel loro “Gli errori di Darwin” è che esistono dei casi in cui invece si è proprio verificata la soluzione migliore e non semplicemente una buona soluzione e basta, come ci si può aspettare dal caso.
Nel libro troviamo che, ad esempio, le connessioni nel macaco sono progettate “meglio dei migliori microchip industriali” (pag.98), infatti meno di una configurazione su un milione si conforma meglio di quella del macaco, e nel caso del nematode gli 11 gangli hanno un’ottimizzazione delle connessioni che risulta la migliore tra le 40.000.000 di combinazioni possibili.
Questo significa che i circuiti neuronali presi in esame sono “ottimizzati”, che cioè i collegamenti tra i neuroni sono i più efficienti possibili.
Ma come dicevamo l’evoluzione che avviene secondo i principi del caso e della necessità può solo migliorare progressivamente, non ottimizzare.