Come già segnalato in precedenza, il ricorso ai biocarburanti non solo contribuisce all’aumento dei prezzi dei generi alimentari aggravando il problema della fame nel mondo, ma, nella ricerca di terreni su cui effettuare le colture, spinge alla deforestazione e all’estinzione delle specie. In un articolo apparso su La Stampa vengono mostrati i risvolti del diesel “verde”.
Un’affermazione contenuta nell’articolo su cui ci sentiamo di fare una critica è però quella in cui si sostiene che:
“La colpa? È dell’Unione Europea, che spinge per l’adozione cieca dei biocarburanti senza distinguere tra quelli che aiutano il clima e quelli che invece sono un pericolo per il Pianeta.“
Ma quali sono i biocarburanti che aiutano il clima e non sono un pericolo per il pianeta?
Speriamo che Greenpeace ce lo dica la pprossima volta.
Usati prodotti da colture che accelerano la deforestazione
Fare il pieno di diesel in Europa rende gli automobilisti, anche quelli italiani, causa inconsapevole dei cambiamenti climatici, la deforestazione e l’estinzione di specie a rischio come la tigre di Sumatra. Lo rivela Greenpeace nel rapporto “Metti (l’estinzione di) un tigre nel motore”. La colpa? È dell’Unione Europea, che spinge per l’adozione cieca dei biocarburanti senza distinguere tra quelli che aiutano il clima e quelli che invece sono un pericolo per il Pianeta.
Greenpeace ha raccolto 92 campioni di diesel in stazioni di servizio delle principali compagnie (Esso, Agip, Shell, ecc) in nove Paesi europei e li ha inviati ad un laboratorio tedesco specializzato nelle analisi dei carburanti. I risultati rivelano che il diesel europeo viene regolarmente miscelato con i biocarburanti più dannosi, cioè quelli prodotti da colza, soia e olio di palma.
Valutazioni ufficiali dell’Unione Europea confermano che la produzione di biocarburanti da queste colture accelera la deforestazione e il cambio d’uso dei suoli indiretto: per produrre cibo dovremo comunque deforestare altrove. Questo li rende più dannosi per il clima dei combustibili fossili. Tra i campioni di diesel raccolti, quelli con la maggiore percentuale di biocarburanti (tra il 5 e il 7%) sono stati trovati in Francia, Germania, Italia, Svezia e Austria. Mentre in Francia la coltura più utilizzata è la soia, in Italia è stata riscontrata un’altissima percentuale di olio di palma.
«Gli italiani che si preparano per lunghi viaggi in macchina per le ferie estive, senza saperlo, faranno il pieno di cambiamenti climatici, deforestazione ed estinzione di specie» spiega Chiara Campione, responsabile della Campagna Foreste di Greenpeace Italia. Per Campione «servono subito leggi che limitino l’uso di quei biocarburanti che distruggono clima e foreste e favoriscano soluzioni più efficienti».
Secondo un’analisi dei Piani d’Azione per le Energie Rinnovabili dei governi europei, le politiche comunitarie porteranno, rispetto ai valori del 2008, ad un incremento dell’utilizzo dei biocarburanti di origine vegetale del 170 per cento al 2020. Lo scorso dicembre, la Commissione Europea aveva dichiarato che avrebbe rivisto le opzioni per mitigare gli effetti della produzione dei biocarburanti entro e non oltre il luglio 2011, sulla base di un approccio precauzionale e utilizzando le migliori conoscenze scientifiche disponibili.
In questo contesto Greenpeace chiede: l’introduzione di normative vincolanti per aumentare l’efficienza dei motori e ridurre l’uso di ogni tipo di carburante, inclusi i biocarburanti; una legislazione che obblighi i produttori di energia a calcolare le emissioni dei biocarburanti includendo quelle derivanti dal cambio d’uso dei suoli indiretto e, infine, che per il raggiungimento degli obiettivi di abbattimento delle emissioni stabiliti nei Piani Energetici degli Stati membri, non vengano tenuti in considerazione quei biocarburanti che non garantiscono una reale riduzione delle emissioni rispetto ai carburanti convenzionali.
Fonte: http://www3.lastampa.it/ambiente/sezioni/ambiente/articolo/lstp/412201/
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