La scienza è un terreno molto insidioso: l’uomo e il cosmo sono un mistero enorme, che può spingere gli studiosi ad andare “troppo in là” nella loro ricerca. La scienza, tuttavia, se concepita in modo sano, è anche una grande fonte di ricchezza e, nei secoli, ha contribuito molto allo sviluppo dell’umanità.
Dominus production, la casa editrice che ha portato in Italia film come Cristiada, God’s not dead 1 e 2, e che da qualche tempo è attiva anche nel campo musicale con gruppi come i The sun, ha pubblicato un libro dal titolo Gli scienziati davanti al mistero del cosmo e dell’uomo. Piccoli dialoghi su grandi temi, a cura di Francesco Agnoli (qui il link per richiederlo)
Si tratta di una serie di dialoghi con scienziati viventi, in molti casi di fama mondiale, a cui l’intervistatore pone domande sulle loro specifica disciplina, per poi allargare lo sguardo alla filosofia, alla teologia e alle fondamentali ed eterne domande sull’uomo, sul cosmo e su Dio.
Si passa così dalla passione di un cristallografo per i fiocchi di neve, al sacerdote padre della cristallografia; dalla bellezza del cielo osservato in una serata speciale, alle ricerche sul Big Bang; dalla nascita della parola “geologia”, alla fede degli uomini che per primi indagarono la storia del nostro pianeta; dall’unicità dell’uomo nel cosmo, alla sua fragilità davanti a terremoti ed altre manifestazioni naturali; dalle grandi conquiste della medicina alla lotta contro le malattie rare e alle grandi questioni bioetiche (aborto, fecondazione artificiale…); dagli studi sul cervello, al mistero del rapporto Mente-cervello… Il lungo, vario ed appassionante percorso termina nella constatazione che vi sono misteri inaccessibili alla mente umana, prodigiosa e quasi divina, nella sua capacità di indagine e nella sua tensione verso la Verità, ma pur sempre troppo limitata rispetto alla Mente creatrice di ogni cosa. Misteri che, lungi dall’abbattere l’uomo, lo spingono ad andare sempre oltre, sempre più in là, intravedendo come confine ultimo della ricerca- che in un’ottica cristiana terminerà solo nell’incontro “faccia a faccia”, con l’Assoluto.
Il libro contiene interviste a Piero Benvenuti (astrofisico), Federico Faggin (informatico), Paolo Musso (filosofo della scienza), Mauro Stenico (filosofo della scienza), Giovanni Straffelini (ingegnere), Alfio Quarteroni (matematico), Enrico Bombieri (matematico), Francesco Malaspina (matematico), Gian Battista Vai (geologo), Dino Aquilano (cristallografo), Luca Surian (neuroscienziato)…
Non manca materiale per gli appassionati di bioetica: vi sono infatti interviste anche a Massimo Gandolfini (psichiatra), Carlo Bellieni (neonatologo) e Matteo Bertelli (genetista): si toccano i temi della vita nascente, delle malattie genetiche rare, della prevenzione all’aborto…
L’ultimo capitolo ha come protagonisti un fisico come Giuseppe Baldacchini e un ingegnere come Giulio Fanti, e soprattutto l’oggetto cui hanno dedicato innumerevoli ad affascinanti ricerche: la Sindone.
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26 commenti
Contravvenendo per una volta alle mie stesse regole uso questo spazio per dire che intendevo rispondere agli interventi sull’articolo “Scuola: l’allarme sul Corriere e la partita definitiva” ma ho tardato e sono chiusi.
Confesso anche che ho provato a riaprirli ma non ho trovato come fare con Disqus.
Ci tengo a dire che li ho tutti molto apprezzati e che avrei voluto aggiungere delle considerazioni.
Un grazie a tutti gli intervenuti.
“Dall’unicità dell’uomo nel cosmo…”.
Che l’uomo, inteso come essere vivente intelligente, sia unico nell’universo, non si può dire. E non si potrà mai dire.
(Sono Francesco, ma potrei entrare come Francesco M, ossia con un’altra mail di riferimento, per via dei miei problemi con Disqus, che spesso vede i miei commenti come spam).
Preg.mo Prof., senz’altro condivisibile il primo assunto; ma da dove deriva tanta sicurezza per il secondo? Il Prof. Pennetta ha scritto un interessantissimo e pregevole libro sul fenomeno ufo, ma la presunta unicità dell’uomo nel cosmo non concerne l’ufologia, almeno per come approcciata dal nostro ospite e Gianluca Marletta. Cosa porta ad escludere, in linea di principio, che esistano nell’universo fisico (sottolineo “fisico”) altre creature-enti-esseri, non solo intelligenti e coscienti (già ne abbiamo sulla terra parecchie specie), ma dotate di auto-consapevolezza e del simbolo di sé? Al momento, io ne farei piuttosto una faccenda di probabilità; ma non vedo da dove derivi la certezza che non si potrà mai asserirne, appunto con certezza, l’esistenza. Il giorno in cui una bella comitiva di omini verdi facesse una scampagnata in Piazza Duomo (eventualità – salvo prova contraria – non impossibile), lo si sarebbe potuto dire.
Ho sottolineato, in precedenza, che qui ci si sta riferendo esclusivamente all’universo fisico, che certamente non esaurisce la totalità del cosmo, o, perchè in termini non generino equivoci, della Creazione. Che la Creazione sia popolata da moltitudini di esseri intelligenti non corporei, almeno per la maggior parte dei frequentatori di questo sito, dovrebbe essere assodato.
@ Francesco
Io mi sono riferito al “cosmo”, nominato dall’autore, cioè all’universo fisico.
E, a differenza dell’autore, ritengo che non possiamo dire ora, né potremo mai dire in futuro, che siamo “unici” come esseri viventi intelligenti in questo universo fisico.
Può darsi che alieni intelligenti esistano o no; forse un giorno ci sarà il contatto o forse mai; ma certamente mai potremo escluderne l’esistenza.
Di “altri mondi” non ho parlato. Comunque, anche per questi, nemmeno i non credenti possono, né mai potranno, esibire prove di non esistenza di esseri intelligenti.
Grazie della risposta, Professore, concordo, ha fugato un’ombra di dubbio. Di “altri mondi” , o modalità di esistenza, Lei non ha parlato; l’ho fatto io, perché mi è parso potesse esservi una qualche, indiretta. attinenza.
Volendo cambiare chiave di lettura rispetto alla frase citata, suggerirei che proprio se intendiamo l’uomo come essere vivente intelligente (libero e di natura sostanziale corporea-sensibile, aggiungo) dobbiamo ammettere che veramente è unico in questo e qualsiasi altro Universo possibile: essendo la sua anima come su una linea d’orizzonte e confine tra le sostanze corporee e incorporee, egli è, per dirla con Tommaso, l’unico “cittadino di due mondi”.
E questo indipendentemente dalla specie biologica in cui l’umanità trova istanza, sia essa il sapiens piuttosto che il “pleiadiano”, lo “alephatian” o che so io.
Proprio per dirla con Tommaso, stavolta non sono d’accordo con Lei, viaNegativa! Lo motiverò nel mio prossimo articolo.
L’unico modo per essere in disaccordo col sottoscritto sarebbe affermare che “uomo” debba coincidere senza residui con la nostra specie biologica. Lei, Masiero, afferma questo?
Non capisco la parola “residui”. Io ho risposto al Suo precedente intervento, dove, mentre condividevo che essere vivente intelligente significa anche essere libero e di natura sostanziale corporea-sensibile, ho detto di non condividere la necessità di unicità di un tale essere.
“Residui”, nel senso che l’identificazione è totale.
Temo comunque che vi sia stata un’incomprensione, perché io intendevo significare “unicità” sotto l’aspetto ontologico: l’uomo è unico perché è il solo ente che istanzia una natura sensibile e razionale assieme, è “cittadino di due mondi”, appunto. (Infatti, sensibilità senza razionalità dice animalità e razionalità senza sensibilità dice puro intelletto). Ma, ho anche detto nelle ultime righe del primo intervento, la nozione metafisica di uomo già ricordata non necessariamente deve essere confinata al “terrestre/homo sapiens” (noi). E così noi non saremmo più i soli uomini nell’universo, ma saremmo pur sempre unici – assieme ai nostri fratelli ET- rispetto a ciò che è puramente sensibile e ciò che è puro intelletto.
(Infatti, sensibilità senza razionalità dice animalità e razionalità senza sensibilità dice puro intelletto).
Ho già rilevato, in una nota indirizzata al Prof. Masiero (che ha garbatamente accolto la precisazione), la confusione cui si va incontro usando come sinonimi termini che si riferiscono a cose del tutte diverse. I termini in questione sono ragione e Intelletto, anima e Spirito, che intendo – seguendo la lezione greca, ma anche paolina (soprattutto 1° Cor, vedi 15, 42 -49*, ma anche passi di Gal, e altro) – come ratio/dianoia e Nous, la prima coppia; e psyche e Pneuma, la seconda. Anima e Spirito, ragione e Intelletto, insomma, sono cose del tutto diverse. Alla luce di ciò, razionalità senza sensibilità definisce la condizione di una calcolatrice o di un p.c.(che riconosco essere spessissimo più razionale di me); sensibilità senza Intelletto (con o senza razionalità) definisce la condizione animale o quella umana del bruto (che sa essere razionale, a convenienza), e forse di qualche pianta. Intelletto senza ratio e sensibilità, definisce la condizione di enti non umani, slegati dalla necessità di computare, o collegare tramite logica simboli astratti da oggetti o processi del mondo.
*”. “Viene seminato un soma psychikon e viene risorto un soma pneumatikon. Esiste un soma psychikon ed esiste un soma pneumatikon!” (I Cor 15, 44)
Vorrelo tornare all’affermazione di Prof. Masiero: “non possiamo dire ora, né potremo mai dire in futuro, che siamo “unici” come esseri viventi intelligenti in questo universo fisico”.
Se ammettiamo sul piano fisico la possibilità di altri essere viventi intelligenti, come dovremmo intendere o spiegare sul piano teologico l’Incarnazione di Figlio di Dio? Lui si incarnò solo per l’uomo che conosciamo in questo mondo o per altri esseri viventi intelligenti?
Le Sue domande, Sebastian, richiedono la risposta di un teologo. Sto scrivendo un articolo dove richiamerò l’insegnamento del più grande di tutti i teologi. Stia in linea!
Che suspence!
Attendo in linea.
Posso chiederle, Sebastian A, la ragione di questo dilemma?
Considerando il principio che il piano teologico ha le sue conseguenze sul piano fisico, in quanto il primo attinge alle cose divine e soprannaturali e il secondo a quelle della natura creata, le mie domande si riferivano in ultima istanza al Peccato Originale come causante il disordine e stravolgimento del cosmo.
Se il Figlio di Dio s’incarnò per espiare l’offesa resa a Dio da Adamo e riparare l’ordine della natura donando la grazia soprannaturale all’uomo, allora il postulare l’esistenza di altri esseri viventi intelligenti fisici fa correre il rischio di limitare l’universalità della Redenzione all’uomo solo, mentre il Peccato Originale ripercosse e ferì tutto il cosmo e non solo il luogo dove fu creato l’uomo. Se così, il disordine potrebbe anche aver toccato la fisicità di altri esseri viventi intelligenti, ammesso che ci siano. Altrimenti sarebbe un mero esercizio speculativo.
Avevo immaginato che il problema fosse legato al Peccato Originale, cosa in effetti non difficile da intuire, visto che solitamente è li che si va a parare in questo genere di discussioni.
Ora, io non sono un teologo e quindi, potendo, evito di parlare di cose in cui non sono competente, però devo dire che alcune letture affrontate recentemente mi hanno suggerito una possibile risposta (basata su una impostazione aristotelico-tomista) a quello che in particolare sarebbe il problema della “comunicazione” o “trasmissione” del PO e quindi al cd problema della sua “ricaduta cosmologica”. Risposta che implica l’elaborazione di un modello che non sia legato alla “comunicazione per generazione” e quindi nemmeno al cd “monogenismo”, modello che quindi consentirebbe:
– sia una risposta efficace ai problemi sollevati dall’eventuale poligenismo (anche se ci sarebbe da distinguere tra p. fisico e metafisico) – problema che in effetti si porrebbe già qui sul pianeta Terra
– sia di rendere ragione della modalità con cui il PO avrebbe coinvolto tutta la parte non-razionale del Cosmo nei suoi effetti di “pena” e tutta la parte razionale (gli eventuali “ETI”) anche nei suoi effetti di “colpa”.
In ogni caso aspettiamo l’articolo che ci ha promesso Masiero che potrebbe già aver fugato questi dubbi. Nel caso, continueremo in quella sede.
Anche a questo problema, Sebastian, ha risposto il massimo teologo. Stay online!
Caspita! Chi sarà il massimo teologo, perché ho una idea di “massimo” attribuita a un teologo, ma attendo l’articolo per saperlo.
I’ll stay on line.
Scusi, non avevo letto la Sua domanda, provo a rimediare.
Quello che chiede è lecito, sensato, e importante. Secondo me, non si può dare adeguata risposta senza prima aver affrontato e risolto il … (mistero) dell’Incarnazione. Tra i puntini, e nel tra parentesi, sta la difficoltà della risposta. Mistero deriva dal greco mystèrion, che sta a indicare qualcosa di chiuso e dunque inacessibile; salvo riuscire a dischiudere ciò che è, appunto, chiuso, o trovare la chiave per ciò che è serrato.
Mi piacerebbe davvero molto approfondire, anche perché la questione ha una certa attinenza col tema qui dibattuto con Via Negativa; ma davvero andremmo fuori dai limiti dell’argomento dell’articolo. Se avrà pazienza, e se riuscirò a venire a capo del problema che impedisce la pubblicazione della maggior parte dei miei post, proverò a dirle dove mi ha portato la mia ricerca.
La ringrazio della Sua attenzione, e Le auguro buone cose.
Lei parla di “confusione”, francesco m., dettata dall’uso sinonimico di termini del tutto diversi. Da quel che leggo, tuttavia, a me pare che la vera confusione sia data dalla mancata distinzione tra quell’operazione dell’intelletto detta “ratio” – o, più propriamente, ratiocinium – e “razionalità” nel significato di “differenza specifica” dell’essenza dell’uomo, ossia quella caratteristica che rende l’essere umano diverso da ogni ente fisico, vivente e non, e che è ciò per cui l’uomo è in grado di pensare e agire liberamente. Cosa che lei non ha problemi ad attribuire nientemeno che a una calcolatrice(!).
Ora, è proprio perché a chi scrive è ben chiara la distinzione logica tra intellectus e ratio, che non si può fare a meno di negare nella maniera più recisa possibile che esse siano “cose del tutto diverse”, come lei ha invece affermato. Infatti, lungi dall’esser cose (facoltà) totalmente diverse, sono bensì due modalità di funzionamento o operazioni del medesimo intelletto umano dove la prima modalità, l’intellectus o l'”atto del pensiero pensante” è quella produttrice di idee ed enti logici, mentre la seconda, la ratio o “atto del pensiero pensato” è la modalità manipolatrice di idee ed enti logici già costituiti secondo le regole formali del ragionamento. A ciò, si aggiunga che – sempre secondo la mia posizione, sia chiaro – le suddette operazioni sono dei poteri dell’anima, dove per anima non deve – e non può – significarsi semplicemente “principio vitale” (come potrebbe esser l’anima-forma di un animale o un vegetale destinata alla corruzione col corrompersi della materia che organizza). E questo per la ragione che nell’essere umano, avvenendo l’operazione intellettiva nel suo complesso senza la mediazione di organi (sebbene diverse operazioni sensibili la precedono e la seguono) tale operazione sarà un’azione immanente immediata (=riflessiva) e quindi, in questo senso, spirituale. Ma, allora, si potrebbe aggiungere che, per il principio agere sequitur esse, la forma sostanziale di quel vivente che è l’uomo non potrà che essere spirituale a sua volta (e quindi incorruttibile). In ragione di ciò è chiamata “anima razionale”.
Non solo, sempre per il principio appena detto, tale anima (che poi, nel gergo della metafisica scolastica, sarebbe il cd “principio intellettivo”) sarà anche unica perché, almeno virtualmente, può controllare ogni operazione vitale, sia essa vegetativa, senso-motoria o intellettiva. Dunque, alla luce di quanto appena accennato dovrebbe esser chiaro, francesco m., che per il sottoscritto, almeno nell’ambito dell’antropologia filosofica, anima-spirito-pneuma non siano cose “totalmente diverse”.
Questa ovviamente è solo una rapida sintesi che qui non ho intenzione di approfondire, anche per non andare ulteriormente OT, ma che voleva avere l’unico scopo di chiarirle, francesco m., quale sia la mia consapevole posizione in merito. Lei potrà non esser in accordo con quanto ho detto, ci mancherebbe, ma tra il non esser d’accordo e il presumere che quanto scritto sia frutto di confusione ce ne passa, direi.
Gentile Via Negativa,
nella breve nota a commento di due righe del Suo post, io non ho scritto che Lei non conosce la differenza tra, e l’esatto significato di, ratio-Nous e anima-Spirito; ancor meno ho scritto che Lei è una persona confusa. Né l’ho scritto, né l’ho pensato, avendo Lei dato prova di essere un profondo conoscitore di questioni filosofiche e teologiche. Ho scritto che, usando come sinonimi termini che si riferiscono a cose del tutto diverse, si va incontro a confusione. Quale che sia l’oggetto della questione – e prescindendo, al momento, completamente dal merito, ossia se il mio rilievo fosse o meno fondato (di questo si potrà discutere serenamente, mi auguro) – esprimo il mio rammarico per aver il mio commento essere andato, del tutto involontariamente, oltre la sua intenzione. Che era quella di discutere, pacatamente e cordialmente, di un tema di una certa rilevanza.
Nello specifico – e restringendo il campo, per ragioni di spazio, a un solo aspetto della questione – nulla di ciò che ho scritto (nulla, assolutamente nulla) può aver lasciato intendere che io attribuisca a un dispositivo di calcolo la capacità di pensare e agire liberamente. Tanto è vero che ho scritto e argomentato, in uno dei miei primi interventi in questo sito, precisamente a commento di un articolo del Prof. Masiero su Godel e l’IA, proprio dell’impossibilità da parte di qualsiasi dispositivo di calcolo, per quanto complesso e veloce, per quanti possano essere gli anelli di retroazione del sistema, di avvicinarsi minimamente alla natura di una mente come quella umana. Io ho affermato, gentile Via Negativa, e confermo, che un computer è (un dispositivo) razionale. Razionale, NON ragionevole, che è una proprietà diversa, e che mai sarà nella disponibilità di un computer. Né ho scritto che un computer sia dotato di raziocinio, che, nel mio lessico, ed anche in quello della Treccani, definisce la facoltà di “riflettere, ragionare e argomentare, con EQUILIBRIO E BUON SENSO”.
Se avessi scritto cose del genere, Lei non si sarebbe dovuto neppure prendere la briga di rispondermi; tanto mi sarei inoltrato nella follia.
Ho scritto che un computer (ovviamente, limitatamente ai compiti per cui è programmato), è un dispositivo razionale; e ha tutte le caratteristiche che soddisfano la correttezza di una tale definizione. Nei limiti di tali obiettivi, un computer è quasi sempre più razionale di un essere umano, che è soggetto a fallacie continue, derivanti proprio dalla multidimensionalità della sua mente (ma questo è altro tema). Mettiamo gli scacchi, che sono un gioco strategico basato sulla razionalità e sul calcolo. Deep Blue batté Garry Kasparov, nella prima partita del Febbraio 1996 (alla fine vinse Kasparov per 4 a 2). Lei mi potrebbe (forse) ribattere che la razionalità, chiaramente mostrata dal comportamento di Deep Blue (sennò non avrebbe vinto), non appartiene al computer stesso, ma a Feng-Hsiung Hsu, che è l’informatico che lo ha programmato. Se l’obiezione fosse questa, avrebbe scarso pregio, perché potrei ribattere che neppure Feng-Hsiung Hsu è proprietario della sua razionalità; bensì, la razionalità è una proprietà dell’essere Feng-hsiung Hsu e Deep Blue esattamente quello che sono, proprietà che li rende capaci di fare quello che fanno. Mi pare del tutto ovvio, ma magari è meglio chiarire, che la razionalità di Deep Blue e quella di Feng-hsiung Hsu NON sono identiche sotto ogni aspetto, anzi; ma solo limitatamente al solo obiettivo di Deep Blue lo sono senz’altro. Deep Blue, per restare su uno solo di questi vincoli, così come tutti i computer presenti e futuri non dispone di stati intenzionali; la possibilità dei quali dipende da una facoltà che eccede totalmente il dominio della ratio, e che è l’Intelletto. E mi pare che sia proprio questo il punto in cui Lei ed io non ci troviamo, infatti, lei scrive:
“…Detto ciò, è perché a chi scrive è ben chiara la distinzione logica tra intellectus e ratio, che non si può fare a meno di negare nella maniera più recisa possibile che esse siano “cose del tutto diverse”, come lei ha invece affermato. Infatti, lungi dall’esser cose (facoltà) totalmente diverse, sono bensì due modalità di funzionamento o operazioni del medesimo intelletto umano dove la prima modalità, l’intellectus o l'”atto del pensiero pensante” è quella produttrice di idee ed enti logici, mentre la seconda, la ratio o “atto del pensiero pensato” è la modalità manipolatrice di idee ed enti logici già costituiti, manipolate/i secondo le regole formali del ragionamento…”.
Bene, alla stessa stregua, nego “nella maniera più recisa possibile”, che NON siano cose – mi scuso, facoltà – del tutto diverse; e quindi, affermo che lo sono. La prima differenza è che la ragione è una facoltà individuale e formale; mentre l’Intelletto è sovra individuale è informale. La prima, la ragione, appartiene al dominio del finito, l’altro – nella sfera umana – è il riflesso dell’Intelletto Infinito.
Ma siamo al limite di attinenza con l’argomento dell’articolo, e non vorrei approfittare della pazienza di chi ci ospita. Del nostro tema, se ha piacere e interesse, si potrà riparlare – nella certezza che il confronto è e sarà sempre dialettico/culturale, e mai personale – quando la nostra questione sarà oggetto di qualche articolo. Pertanto, anticipo che qui non commenterò una Sua eventuale risposta
La ringrazio per l’attenzione e La prego, in ogni caso, di accettare i sensi della mia cordialità.
Grazie per questo chiarimento, francesco m.
A questo punto, giusto un paio di note conclusive:
1. Per il modo in cui mi ha citato sembrava davvero che lei volesse esemplificare una confusione patente, ma sono lieto di apprendere che non è così. Allo stesso tempo mi scuso se la mia risposta sia parsa piccata, ma in tutta onestà non lo era.
2. In relazione alla faccenda della “razionalità della calcolatrice”, terrei a precisare che la risposta che ho fatto seguire è stata motivata dal fatto che chi scrive ha usato il termine “razionalità” attribuendogli un certo significato, mentre lei lo ha riproposto mutandone la suppositio (o almeno così è sembrato), ma sono certo che la cosa non sia assolutamente stata dettata da malafede.
3. «La prima differenza è che la ragione è una facoltà individuale e formale; mentre l’Intelletto è sovra individuale è informale»
Ecco, su questo punto io non potrei essere più distante dalla sua posizione, perché – lo avrà capito – per il sottoscritto la prima operatio intellectus è individuale anch’essa. E questa, a mio giudizio, è l’unica posizione in grado di esaltare e conferire maggior dignità possibile all’intelligenza umana. Quanto siano sostenibile l’una e l’altra è qualcosa che magari in futuro avremo modo di indagare più approfonditamente.
E con ciò mi congedo, cordialità.
Gentile Via Negativa,
mi rivolgo a Lei come vecchio utente del sito, per porle una domanda e nella speranza che la Sua risposta mi dia una soluzione. Come (penso) potrà vedere, la mia ultima replica a un Suo commento è scomparsa, dopo essere rimasta disponibile per la lettura per un certo tempo, sufficiente perché Lei potesse postare una risposta. Ebbene, dalla colonna degli interventi, leggo che il mio commento è in attesa di moderazione (dopo essere rimasto per almeno un paio d’ore?); mentre, entrando nel mio profilo, leggo che il mio commento viene considerato come spam. Anche per questo vale la medesima considerazione. In ogni caso, io mi trovo privato di parola, e Lei si trova ad aver risposto a qualcosa di insistente. Curiosa circostanza. Aggiungo che, mentre prima entravo con un indirizzo mail privato, su suggerimento di una persona più pratica di me, ho cambiato nick (da Francesco a francesco m) e soprattutto entro tramite un account Google.
Ed ecco la mia richiesta di soccorso: potrebbe spiegarmi perché – qualunque sia il modo in cui posto – mi trovo cancellata ta maggior parte dei commenti? E, saprebbe indicarmi una soluzione?
Le rimango in debito per l’interessamento.
In realtà il commento non è stato bloccato, è “solo” in coda di moderazione, ma tuttora visualizzabile.
Comunque, se non ricordo male, al fine di risolvere in via definitva l’inconveniente che sta esperendo è necessario eseguire una procedura di verificazione dell’account Disqus. Provi a questo indirizzo: https://disqus.com/profile/login/?next=/verify/
Grazie, aprendo il Suo link, mi sono trovato in una pagina, per i miei scarsissimi mezzi internettiani, del tutto incomprensibile (animazioni, manga, e simili bellezze; ma nulla che rimandi a una procedura di verificazione). Chiederò soccorso chi ne sa più di me, sempre confidando nel fato.
Buone cose.