“L’ignoranza totalmente consapevole è il preludio a ogni vero progresso nella scienza.” – Clerk Maxwell.
Uno dei più grandi paradossi della scienza contemporanea è senz’altro quello di essere una cultura di fatto egemone, ma allo stesso tempo di essere anche una delle culture meno comprese e condivise a livello sociale. Esistono infatti ancora oggi numerosi fraintendimenti in merito a che cosa sia e a come funzioni veramente la scienza o a quali siano le caratteristiche peculiari e fondamentali che la contraddistinguono per esempio da altre forme del sapere. Le ragioni di queste incomprensioni sono naturalmente molteplici anche se probabilmente non sono esenti da colpe sia l’insegnamento scolastico che la divulgazione e i media, i quali pur in un contesto di evidente progresso scientifico in un’epoca autodefinitasi “della conoscenza”, hanno privilegiato una “didattica” fatta di nozioni e di semplice illustrazione dei fatti piuttosto che puntare con più decisione alla diffusione di strumenti logico-concettuali e metodologici orientati all’acquisizione della capacità di ragionamento scientifico e dell’abilità critica a gestire e a integrare le competenze. Il risultato perlopiù scontato quindi è che oggi il pubblico si trova del tutto impreparato a comprendere e a valutare razionalmente le grandi questioni scientifiche attuali che riguardano per esempio l’inquinamento, i cambiamenti climatici, la gestione delle risorse energetiche, i vaccini, gli OGM o le cellule staminali. Le persone infatti non sanno sempre distinguere un fatto da un’opinione, i risultati di un singolo studio da quelli di uno stuolo di studi, il parere di uno scienziato dallo stato dell’arte, né apprezzano l’importanza del consenso scientifico codificato dalla revisione dei pari, processo mediante il quale la scienza non intende affatto dichiararsi infallibile, autoreferenziale o depositaria indiscussa della verità.
Oggi la scienza infatti non mira più allo scopo ontologico della verità come in un tempo non molto lontano in cui il principio di autorità era ancora determinante, ma semmai a quello metodologico. La “verità scientifica” corrisponde soltanto a un’affermazione che è stata sottoposta a un collaudato processo che l’ha momentaneamente convalidata con un certo grado di fiducia, ma che può essere in ogni momento rivisitata e modificata qualora l’emergere di nuovi dati e nuove osservazioni lo imponessero. Esiste sempre infatti uno scarto tra i nostri modelli e le nostre teorie che servono per descrivere il mondo e il mondo stesso che ci chiama, ed è proprio nel tentativo di colmare quello scarto che la ricerca scientifica esprime tutto il suo carattere creativo. Insomma, verità parziali, circoscritte, in quanto generalmente hanno un proprio ambito di validità (campo di applicazione) e provvisorie. Non sembra proprio un granchè, eppure è proprio in questa idea di provvisorietà e di un continuo divenire che sta tutta la forza concettuale della scienza. Niente infatti è sempre uguale a se stesso, così nella scienza come nella vita, tutto è in continua evoluzione, la natura è un concetto decisamente eracliteo. Ecco perché la scienza non è e non sarà mai per definizione un dogma. Sembra quindi che ci sia, tra le altre cose, un elemento diffuso che unisce inevitabilmente il destino dell’uomo con quello della scienza ed è il concetto di ignoranza. Ma c’è di più. La scienza dal momento che si dichiara apertamente ignorante, lo fa con socratica consapevolezza ed è questa la grande differenza che di solito la contraddistingue da tante dinamiche cognitive umane di natura sociologica o religiosa molto spesso orientate alla ricerca e alla perpetuazione del mito e della superstizione e quindi di fatto inclini all’accettazione acritica di verità assolute e indiscutibili.
“E’ sempre buona cosa rendersi conto della propria ignoranza” scrisse Charles Darwin nelle prime pagine di “L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali”. Ignoranza individuale, quando chiunque e particolarmente lo scienziato, si accorge di conoscere soltanto una parte minoritaria del patrimonio delle conoscenze realmente disponibili e che nell’impresa scientifica vanno rapidamente accumulandosi, si pensi per esempio che il numero degli articoli scientifici raddoppia ogni dieci-dodici anni, e ignoranza collettiva, quando è la scienza stessa che non riesce, nonostante l’efficacia dei suoi metodi a scardinare completamente il mistero e l’ignoto. Oggi esiste anche un corso di “ignoranza” alla Columbia University di New York ed è stato recentemente coniato un nuovo termine, “agnotologia”, per indicare proprio lo studio dell’ignoranza, compresi i meccanismi strategici veri o presunti che i sistemi di potere utilizzerebbero per mantenerla o per diffonderla. Emblematico in questo senso il caso delle prime evidenze scientifiche sugli effetti negativi del fumo di sigaretta sulla nostra salute che furono insabbiate per anni da pubblicazioni negazioniste da parte delle potenti lobby del tabacco. Ma se la scienza produce ignoranza e l’ignoranza alimenta la scienza, cosa dire allora in merito ai grandi interrogativi ancora irrisolti come l’origine dell’universo o l’origine della vita e della coscienza? E poi, siamo sicuri che tutto sia potenzialmente spiegabile dalla scienza? Esistono ignoti inconoscibili? Ci sono dei limiti alla conoscenza?
Finora sono almeno due i casi famosi in cui la scienza ha dimostrato di avere dei limiti intrinseci e quindi non dovuti soltanto alla mancanza per esempio di strumenti di misurazione sufficientemente sofisticati. Uno consiste nel principio di indeterminazione di Heisemberg, il quale ci dice che nel mondo subatomico non possiamo conoscere nello stesso tempo la posizione di una particella subatomica e la sua quantità di moto, nucleo concettuale essenziale della fisica quantistica, e l’altro è rappresentato dai “teoremi di incompletezza” di Gödel in ambito matematico. Esistono inoltre anche altre importanti limitazioni alla conoscenza e alla predicibilità in dettaglio che riguardano invece il mondo macroscopico e che sono imposti dallo studio dei sistemi complessi. Un sistema complesso è molto sinteticamente un sistema dinamico aperto in forte accoppiamento strutturale con l’ambiente circostante che produce emergenze, e quindi caratteristiche, comportamenti, configurazioni nuove del tutto imprevedibili che non possono essere dedotte o previste a partire dall’analisi delle caratteristiche dei singoli elementi che compongono il sistema stesso. Sono sistemi complessi per esempio la stragrande maggioranza dei fenomeni riscontrabili in natura, sistemi biologici, ecosistemi, clima, processi cognitivi, o i sistemi economici e sociali, tutti caratterizzati da una continua rottura di simmetria e conseguente continua riorganizzazione dei rapporti sistema-ambiente. Non a caso il fisico Mario Ageno definì questi sistemi (biologici) come “terra di nessuno”, per sottolineare ancora una volta il divario che esiste tra gli approcci sistemici molto spesso utilizzati per esempio nello studio del processo vivente e la possibilità di implementarli in modelli matematici.
Il sistema complesso quindi non è soltanto un sistema estremamente complicato che risulta difficile da studiare con l’applicazione del solo metodo riduzionistico, ma in realtà rappresenta una vera e propria novità epistemologica degli ultimi decenni e di cui si deve o si dovrà necessariamente tenere conto. Un altro esempio di limite alla conoscenza perfetta è anche offerto da tutte quelle scienze evolutive o storiche, come per esempio molte branche della biologia o della climatologia, in cui non sempre ci si può avvalere dell’esperimento scientifico classico (riproducibile), e che introducono proprietà sgradite come l’imprevedibilità, l’irreversibilità e l’aleatorietà. Queste discipline possono soltanto tentare di ricostruire il più fedelmente possibile una ipotetica successione di eventi unici e irripetibili prodotti da una serie complessa di cause e fenomeni contingenti. E che dire infine riguardo al “caos deterministico”, come nel caso delle previsioni meteorologiche, in cui questa volta l’impredicibilità dell’evoluzione del sistema dopo un certo periodo di tempo è connessa ad una estrema sensibilità alle piccole perturbazioni delle condizioni iniziali? Non dobbiamo quindi stupirci più di tanto se le cose nel mondo reale non vanno quasi mai come pensiamo e se una delle cose più prevedibili sulle previsioni è la frequenza con cui sono sbagliate, in quanto nella scienza prevedere equivale a conoscere e come abbiamo visto, purtroppo, esistono sempre dei limiti teorici o sperimentali alla conoscenza. Non si può sapere esattamente come sarà il clima a Roma tra cinquant’anni, o quale strada imboccherà l’evoluzione biologica del rospo smeraldino, o quanto sarà alto un figlio adolescente nell’età adulta, o chi e quando si ammalerà di cancro nel prossimo anno o soltanto cosa penserà ognuno di noi da qui a cinque minuti. Possiamo soltanto fornire la migliore approssimazione possibile dei fenomeni in un determinato momento, il “qui e ora”, è questo che riesce a fare la scienza nel mondo reale e concreto dei sistemi complessi e non in quello ideale della fisica classica, una prospettiva apparentemente poco esaltante, ma senz’altro più realistica del sogno oramai infranto di un determinismo laplaciano assoluto e onnipotente.
Certo è che tale prospettiva può anche prestare il fianco, ed è quello che in realtà succede, a scomposti tentativi di entrare nel dibattito da parte di sfere non scientifiche a supporto per esempio del seguente ragionamento: poiché la scienza non può ancora fornire una descrizione convincente dell’origine dell’universo, delle costanti fisiche universali e della vita, deve esistere allora necessariamente un creatore divino o comunque una qualche forma di finalismo (teleologia). E lo stesso dicasi al riguardo dell’estrema complessità di alcune strutture e reazioni chimiche cellulari o della mente umana, le quali potrebbero sembrare incompatibili con le possibilità e le potenzialità della sola forza plasmante dell’evoluzione organica e biologica. In realtà, nonostante una notevole attività teorica e alcuni “supporter” di alto livello come Stephen Hawking, il principio antropico non si è mai inserito organicamente in una teoria scientifico-cosmologica come essenziale condizione al contorno. E d’altronde, se le costanti fisiche dell’universo fossero così appropriate per la vita, come mai essa in realtà è così difficile da trovare altrove? Quella del piano intelligente, quindi, rimane una “teoria” non scientifica e se vogliamo discutibile, nel senso che possiamo anche discuterla, ma che presenta un grande ed evidente problema: non ci fa fare molti passi in avanti sulla via della comprensione e della descrizione scientifica del mondo.
L’alternativa prima agli attuali limiti teorici e sperimentali della scienza laica, pertanto, rimane l’intelligente ignoranza della scienza stessa, non la teologia, che costituisce certamente un piano filosofico, logico e culturale importante e interessante sotto il profilo teorico, ma che dovrebbe comunque essere tenuto prudentemente separato e non sovrapposto a quello scientifico, onde evitare un eterno, inutile, confuso e di fatto sterile conflitto concettuale.
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46 commenti
Grazie Vomiero per questo articolo, nel quale riesce a rendere conto, con parole più efficaci di quelle che avrei potuto usare io, di cosa significhi studiare un sistema biologico complesso, e di come in questo caso “complesso” non voglia dire soltanto più difficile da sviscerare.
Molto importante è anche il riferimento all’estrema sensibilità di alcuni sistemi a piccole perturbazioni delle condizioni iniziali, motivo per cui studiare determinati processi biologici, geologici o climatici non è come studiare la caduta di un grave. Trovo molto interessante, in questo senso, il contrasto che lei descrive fra il mondo reale e concreto dei sistemi complessi e quello ideale della fisica classica.
A questo proposito le faccio una domanda: è corretto parlare di riduzionismo epistemologico in riferimento all’atteggiamento di chi ritiene che qualsiasi disciplina che non funzioni secondo le regole epistemologiche della fisica classica non è scientifica?
Chiudo sottolineando un passo dell’articolo che trovo fondamentale: Certo è che tale prospettiva può anche prestare il fianco, ed è quello che in realtà succede, a scomposti tentativi di entrare nel dibattito da parte di sfere non scientifiche.
Grazie a lei Greylines per le sue graditissime parole di apprezzamento. Come lei forse già saprà, in quanto ho già esposto il mio pensiero anche in molti commenti, io non amo molto le definizioni rigorose e l’etichettatura semantica del pensiero o delle scuole di pensiero (più proprie forse della filosofia), proprio perché questo procedimento logico, per quanto molto di moda, tende secondo me a cristallizzare troppo le cose (e la scienza) misconoscendo invece la loro natura dinamica. Costruttivismo, positivismo, relativismo, darwinismo tanto per fare degli esempi. Tuttavia, per rispondere alla sua domanda penso che SI, il concetto sia quello. Il riduzionismo scientifico ha permesso grandi successi della scienza soprattutto in fisica per praticamente tre secoli, dopodichè negli ultimi decenni, essendosi anche spostato il baricentro della ricerca verso le bioscienze, ci si è accorti (non tutti ancora a dir la verità) che nello studio dei sistemi complessi questa metodologia di approccio non è più sufficiente e di questo ne ho parlato peraltro diffusamente in un altro mio articolo sempre qui, “scienza e sistemi complessi”. Il fenomeno dell’emergenza pone il problema dell’irriducibilità dei comportamenti collettivi alle proprietà dei costituenti elementari. Quindi a mio avviso una nuova epistemologia deve sostanzialmente considerare almeno il ruolo complementare tra riduzionismo e emergentismo (termine che preferisco rispetto a olismo), il che introduce tutta una serie di approcci e linguaggi possibili nella comprensione dei processi naturali, come nel caso della nostra cara biologia.
Grazie per la risposta. In realtà, neanche a me interessava etichettare correttamente l’atteggiamento che ho definito riduzionismo epistemologico (per distinguerlo da quello puramente metodologico), quanto evidenziare il diverso approccio della fisica classica rispetto ad altre discipline scientifiche, e la tendenza di alcuni (in genere fisici) a tracciare rigide barriere fra cosa è scienza e cosa non la è, proprio sulla base di questo tipo di riduzionismo.
Detto ciò, sarebbe bello se invece di perdersi in guerre di posizione e opinione fra riduzionismo ed emergentismo (mi piace questo termine, olismo ha un che di new age che lo rende poco amato in ambito scientifico), si riuscisse a combinare questi approcci in modo da rendere più efficace il nostro studio della natura.
Perfettamente d’accordo. Grazie Greylines.
Grazie per questo articolo, Vomiero, denso di spunti e che invita, anzi sfida, a profonde riflessioni. Mi limito per il momento ad un paio, delle più facili, riservandomi di intervenire ancora.
La scienza naturale o sperimentale (perché, penso, Lei intenda questo tipo di scienze usando la parola secca “scienza”, e non altri tipi di scienze come la filologia o la storia o la matematica o la logica) parte dalle cose esistenti e studia come si trasformano. Non si chiede perché ci sono le cose piuttosto che niente. Questa è una domanda che appartiene ad un’altra disciplina, la metafisica. La fisica può parlare (con molta incertezza) sui momenti iniziali dell’universo, dando l’universo per già dato in evoluzione. Non sull’origine dell’universo, per attraversare una zona metafisica di universo non dato. Quindi la questione dell’origine dell’universo non è di quelle “non ancora” risolte, come Lei scrive, dalla scienza sperimentale, ma semplicemente è una questione che non le appartiene.
In secondo luogo, Lei dice che occorre separare la scienza sperimentale dagli interessi ideali, ideologici o economici. Penso che Lei sia d’accordo che la scienza naturale debba anche tenersi distante dall’ateologia, oltre che dalla teologia. Ma come le imprese del tabacco hanno potuto appoggiare per anni il loro “negazionismo” sul tradimento di troppi scienziati comprati, così ora – a mio parere – sono troppi gli scienziati (tra cui l’Hawking in pensione) che tradiscono la scienza confondendola con le proprie concezioni di vita. E la divulgazione segue…, per es. Pikaia con i suoi “siti amici”, che così si trova a fare involontariamente un pessimo servizio alla scienza naturale.
Grazie prof. Masiero per le sue sempre preziose considerazioni. Certo che mi sono ben guardato dal definire cosa sia la “scienza” in termini generali, non mi pare infatti che esistano definizioni univoche, così come abbiamo ben visto non esistono nemmeno definizioni univoche di “evoluzione biologica” o “vita” per esempio. Una buona definizione del fisico teorico Ignazio Licata, recitava più o meno così: “una pluralità di linguaggi possibili, un’ecologia di strategie cognitive in cui è centrale la ricerca, tramite la scelta delle osservabili e la costruzione di modelli”. Quindi per me il termine scienza ha un significato molto ampio e che va molto oltre la fisica e comprende decisamente anche la biologia evolutiva per esempio, oppure l’ecologia, le neuroscienze o la sistematica. Riguardo il fatto che non spetti alla “scienza”, in questo caso alla fisica teorica, porsi domande e speculare anche sull’origine dell’universo oltre il tempo di Planck, sinceramente non lo so, ma mi pare che Big Bang significhi grande botto, per cui si fa comunque riferimento ad una singolarità iniziale se non sbaglio o comunque a un qualche processo di nucleazione dal vuoto quantistico. Sono d’accordissimo sul fatto che la scienza non abbia nulla a che fare con l’ateismo, semmai si può parlare di laicità o al massimo di agnosticismo, e sulla possibilità che alcuni scienziati possano, per vari motivi, concorrere ad una inadeguata divulgazione. Riguardo Pikaia, io invece ritengo si tratti di un sito serio, che cerchi di fare al meglio il suo importante lavoro di divulgazione su un argomento scientifico certamente non facile, complesso e multidisciplinare.
Fare buona scienza e buona divulgazione scientifica, Lei m’insegna, Vomiero, esige prima di tutto precisione dei termini. C’è una differenza tra “inizio” e “origine”. Speculare, arretrando oltre il tempo di Planck, ma partendo comunque da qualcosa di esistente nel tempo t >= 0 (come lo stato di vuoto quantistico, che non è il nulla, ma qualcosa, più esattamente uno stato fisico pregno di campi, rappresentato da un vettore a norma non nulla di uno spazio di Hilbert separabile ad infinite dimensioni) appartiene ai tempi “iniziali” ed è fisica. Parlare dell’origine, prefigurando il salto da un nulla insondabile (meta-fisico) a t negativo o immaginario, non appartiene alla fisica. Capisco che chi non è un fisico può confondere il vettore nullo col vettore vuoto quantistico, ma questo è proprio un frutto avvelenato di quell’uso ideologico della scienza da Lei denunciato (e profuso da fisici improvvisatisi metafisici).
Non nego che Pikaia faccia un importante lavoro di divulgazione; dico solo che i “siti amici” di cui si vanta tolgono obiettività ai suoi sforzi.
Approfitto dell’occasione per aggiungere un’altra riflessione al Suo articolo. Capisco che esistono fenomeni naturali impredicibili. Nessuno può chiedere ad un meteorologo se tra un anno esatto, il 5/11/2017, a Roma pioverà. E di fatto nessuno lo pretende dalla meteorologia. Però tutti pretendiamo – se no non li pagheremo e li tratteremo come si fa con i cartomanti – che i meteorologi ci dicano se pioverà domani o dopodomani, con una frequenza d’errore minore del 50%.
Ecco, mi par di capire che la mia epistemologia sia diversa dalla Sua: Lei mi pare disposto – mi corregga se sbaglio – ad accogliere tra le scienze naturali anche discipline che non sono in grado di fare nessuna predizione (dico: in termini temporali) anche solo in termini statistici.
Grazie per le delucidazioni prof.Masiero sulle differenze tra “inizio” e “origine” dell’universo. Non ho capito bene l’esempio della non predicibilità legata alla meteorologia. Già si fanno le previsioni meteorologiche ad un giorno con un grado di affidabilità intorno al 90%, certamente quindi è giusto pretenderlo. Diverso il caso se uno invece pretende che le previsioni siano affidabili oltre i 10 giorni. Sicuramente la mia epistemologia è un po’ diversa dalla sua e da quella di Htagliato, secondo me l’obiettivo della scienza non è solo quello di fare predizioni, ma anche quello di conoscere e comprendere il mondo, e questo lo si può fare in vari modi, come espresso anche da Licata nel passo riportato sopra, non soltanto con la fisica. Certamente poi quando c’è un modello molto spesso si possono fare anche molti tipi di predizioni. Se posso io farle una domanda, secondo lei, le neuroscienze, l’evoluzionismo, l’ecologia, la sistematica, l’etologia, la zoologia, la paleontologia, la paleoclimatologia, che per me sono scienze, per lei lo sono? Descrivere l’apparato respiratorio di un gasteropode polmonato o classificare la Trichinella spiralis tra i nematodi non è fare scienza? Perché se lo scopo della scienza è solo fare predizioni, allora in molti casi queste discipline potrebbero anche non esserlo… La stessa domanda la vorrei rivolgere anche ad Htagliato, senza alcuna polemica sia chiaro, ma soltanto per capire.
Tutte quelle da Lei citate sono per me scienze naturali: le neuroscienze predicono cosa mi accade se ho una lesione in una specifica zona del cervello o se prendo un dato farmaco; l’evoluzionismo – io sono evoluzionista! – mi permette di prevedere che non sarà mai trovato un fossile umano di età superiore a 500 milioni di anni; ecc. La classificazione poi è un’attività comune a tutte le scienze, non solo alle naturali. Pensiamo alla filologia o alla matematica o alla storia dell’arte.
Però, per me, le scienze sperimentali hanno una caratteristica speciale rispetto alle scienze umane: la riproducibilità, che consente predittività controllabile, da cui consegue prima o poi tecnologia.
Condivido la risposta di Giorgio e aggiungo qualche altra considerazione.
Lo scopo della scienza non è sempre predire un dato sistema che stato avrà al tempo t, ma anche studiarne le proprietà. Detto ciò, classificare e catalogare fa certamente parte della scienza, così come applicare teorie corroborate ad una classe di fenomeni, in tal caso (in teoria) conta la corretta applicazione mentre lo status di scientificità è ereditato dalle discipline applicate.
Ciò che quindi vorrei far notare è che quando si dice che la Scienza permette di conoscere e comprendere il mondo sono d’accordo, ma nel caso delle scienze naturali ciò avviene grazie…alle predizioni, che generalizzando sono tutti quei casi in cui c’è un’ipotesi che può essere verificata e/o falsificata. Anche una cosa banale come “le zebre sono animali erbivori” diventa una predizione se mi capita davanti una PARTICOLARE zebra e mi aspetto che non mangi carne (se lo facesse…significherebbe che dovremmo cambiare le nostre ipotesi sulle zebre).
Quello che per me è il bello della scienza è che fornisce un criterio di veridicità (nel senso di “fino a prova contraria”), mentre se essa fornisse solo una “spiegazione” dei fenomeni, allora sarebbe solo una serie di storie convincenti, ma “convincere” è soggettivo, mentre la scienza dovrebbe essere l’oggettività per antonomasia. Se dovessi scegliere tra “plausibilità” e “predicibilità”, opterei sempre per la seconda. Basta pensare alla Meccanica Quantistica: c’è qualcosa di “plausibile” in essa? Per me no, però funziona! (Per la precisione oggi è in vigore la QFT, ma il senso è quello).
Vomiero con questo articolo ha suscitato un’interessante confronto nel quale mi inserisco prendendo spunto dalle sue parole scritte qui sopra:
“secondo me l’obiettivo della scienza non è solo quello di fare predizioni, ma anche quello di conoscere e comprendere il mondo, e questo lo si può fare in vari modi, come espresso anche da Licata nel passo riportato sopra, non soltanto con la fisica.
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Ma comprendere il mondo senza fornire “prove” (tali sono infatti le previsioni) non è diverso da quello che facevano i greci con i loro miti.
Non posso quindi essere d’accordo altrimenti ritorneremo alla mitologia e in tal caso, se mi è concesso, preferisco quella greca a quella scientista!
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Certamente poi quando c’è un modello molto spesso si possono fare anche molti tipi di predizioni. Se posso io farle una domanda, secondo lei, le neuroscienze, l’evoluzionismo, l’ecologia, la sistematica, l’etologia, la zoologia, la paleontologia, la paleoclimatologia, che per me sono scienze, per lei lo sono? Descrivere l’apparato respiratorio di un gasteropode polmonato o classificare la Trichinella spiralis tra i nematodi non è fare scienza? Perché se lo scopo della scienza è solo fare predizioni, allora in molti casi queste discipline potrebbero anche non esserlo… “
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Il termine “evoluzionismo” è impossibile da commentare: si intende l’evoluzione o il darwinismo?
Perché nel primo caso, come dice Masiero e diceva Haldane, prevedo che non troverò un uomo o un coniglio nel Cambriano, nel secondo non posso prevedere alcunché se non che accadrà quel che accadrà.
Infine la descrizione dell’apparato respiratorio di un gasteropode polmonato o classificare la Trichinella spiralis è scienza perché prevedo che se prendo un’altra Trichinella spiralis troverò le stesse cose.
Vomiero afferma:
“Riguardo Pikaia, io invece ritengo si tratti di un sito serio, che cerchi di fare al meglio il suo importante lavoro di divulgazione su un argomento scientifico certamente non facile, complesso e multidisciplinare.”
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Rispetto e in parte addirittura condivido le sue parole Vomiero, basta aprire la home page di Pikaia per trovare articoli di seria divulgazione, ma aggiungo che ci mancherebbe altro!
Se così non fosse saremmo in presenza di un sito spazzatura o satirico classificabile come il “Lercio” della scienza!
Non è quindi su quello che si valuta la serietà di un sito, come diceva Masiero il messaggio fazioso viene evidenziato dagli “amici” che come ciascuno ben sa qualificano chi li frequenta.
Nei fatti questa faziosità si manifesta nello sposare la linea semplicistica della divisione del dibattito sull’evoluzione tra darwiniani e creazionisti, ricordo la gogna alla quale fu sottoposto Piattelli Palmarini.
Pikaia lo prendo sul serio ma è di parte.
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Solo una domanda per concludere: sarebbe stato pensabile su Pikaia un intervento di un autore in difesa di CS?
Rispetto e in parte addirittura condivido le sue parole Vomiero, basta aprire la home page di Pikaia per trovare articoli di seria divulgazione
Scopro ora, e con mia grande sorpresa, che da queste parti Pikaia viene ritenuto un sito che fa seria divulgazione scientifica.
Apprendo anche che il rigore dei suoi articoli, che a quanto pare non viene contestato, conta poco nel definire la serietà del sito. Conta molto di più, invece, la presenza fra i siti amici di link che disturbano alcune persone.
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sarebbe stato pensabile su Pikaia un intervento di un autore in difesa di CS?
Gli articoli di CS relativi all’evoluzione sono scientificamente inaccurati, spesso basati su fraintendimenti e definizioni vaghe (se non addirittura sbagliate), e non di rado condizionati da critiche filosofiche, etiche, politiche, che con la scienza hanno poco a che fare. Senza contare le purtroppo frequenti insinuazioni del tipo “i ricercatori difendono il darwinismo per non perdere il loro posto di lavoro”.
Di conseguenza, non vedo perché un sito scientifico come Pikaia dovrebbe difendere simili articoli.
Per par condicio?
Gentile Greylines, innanzitutto Buona Domenica!
Definire tutti gli articoli su CS “scientificamente inaccurati” lo trovo tipico di un punto di vista sprezzante, supponente e persino un tantino offensivo. Non accettare nessuna critica e disprezzare tutti coloro che hanno un punto di vista diverso e’ un atteggiamento infantile ed è, oltretutto, il vero limite del darwinismo. Ogni critica e’ “scientificamente inaccurata”. Ogni incongruenza della teoria e’ in realtà una congruenza. Le retrodizioni sono predizioni e la EES e’ la stessa cosa della SM pur essendo due cose diverse. Infine, in modo altrettanto chiuso e totalizzante, Pikaia non ha nessuna macchia mentre su CS “tutti” gli articoli sono scientificamente inaccurati. Mi viene da chiederle: ma se questo è realmente il suo pensiero perché dedica così tanto del suo tempo a CS?
Non c’è molto da aggiungere a quanto detto da Francesco.
Essendo però direttamente coinvolti nella replica di Bellone devo a mia volta replicare:
1- lei ha glissato sulla tattica di Pikaia (mutuata dai darwinisti d’oltreoceano) di ridurre le critiche a creazionismo e ID, cosa duramente contestata da Thomas Nagel (mi scuso se è poco).
2- la presenza di gente ignobile tra gli “amici” non è cosa di poco conto: lei frequenterebbe e si vanterebbe di avere come amici dei teppisti? E in tal caso riterrebbe la cosa senza alcun significato?
3- interessante il vostro manicheismo che vede da una parte (la vostra) ogni virtù e dall’altra ogni male, ma la cosa non mi sorprende dopo aver letto con quale mancanza di rispetto sono stati trattati personaggi come Pialttelli Palamrini e Thomas Nagel.
Comunque non pensavo ad un articolo in difesa di CS (non faccio sogni ad occhi aperti) ma ho solo sollevato il dubbio che un autore che scrive su Pikaia possa spendere qualche parola in difesa di qualche aspetto di CS.
E ho ragione, lei ne è la prova vivente: non una caratteristica positiva lei ha riscontrato in CS, ha solo fatto un elenco di critiche del tutto opinabili e facilmente smentibili quando invece avrebbe dovuto quantomeno (anche solo per un fair play che evidentemente alla sua parte manca del tutto) riconoscere la libertà di parola che qui viene data a chi la pensa diversamente.
@Francesco Fabiano
Gentile Francesco, buona domenica a lei.
Prima di rispondere, le faccio una domanda: se lei dovesse leggere su un blog una serie di post che parlano in maniera imprecisa e distorta di un argomento che lei conosce abbastanza bene, cosa farebbe? Lo farebbe notare o starebbe zitto per non rischiare di apparire “sprezzante, supponente e persino un tantino offensivo”?
Detto ciò, ci tengo a precisare che nel mio commento qui sopra non ho parlato di tutti gli articoli di CS, ma solo di quelli che riguardano un campo di studi che conosco, e cioè quello dell’evoluzione. L’articolo di Vomiero che stiamo commentando, per esempio, mi è piaciuto e lo trovo molto “scientifico”. Non mi esprimo sugli articoli che parlano di fisica e matematica perché non ho competenze sufficienti a giudicarli, né tantomeno mi interessa commentare le posizioni espresse da CS su argomenti di geopolitica o sui diritti degli omosessuali. A me interessa parlare di scienza e ritengo che il modo in cui CS parla di evoluzione sia scientificamente inaccurato. La mia non è un’affermazione buttata lì, ma una constatazione che ho supportato con spiegazioni, riferimenti e dati.
Infine, non è vero che non accetto nessuna critica e che disprezzo chi ha un punto di vista diverso. Per esempio, non sono d’accordo con diverse interpretazioni gene-centriche della biologia e di conseguenza le critico molto, ma ne riconosco lo status scientifico. Di contro, ho più volte affermato che comprendo le critiche mosse qui su CS a certe forme di radicalismo ateo, che invocano (sbagliando) la scienza come dimostrazione dell’inesistenza di dio. Sono entrambe questioni di cui ho discusso, anche in maniera accesa, con colleghi e ricercatori.
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@Pennetta
Guardi, su una cosa le do in parte ragione: spesso la comunicazione dell’evoluzione si ispira ai modelli americani, dove il pericolo del creazionismo è molto più forte che da noi, e continua a rappresentare una minaccia — che peraltro lei non ha mai criticato — all’istruzione pubblica americana. Di conseguenza, si tende a parlare soprattutto di creazionisti e sostenitori dell’ID. Va anche detto, però, che questi due elementi costituiscono la grande maggioranza degli antidarwinisti un po’ ovunque, senza contare che il creazionismo, pur essendo molto più radicato negli Stati Uniti, sta guadagnando terreno anche in Europa. Quindi è bene prepararsi alle loro argomentazioni distorte e strumentali.
Infine, se lo lasci dire: lei quando parla di darwinisti parla sempre dei radicali alla Dawkins e poi si lamenta se quando si parla di antidarwinismo si citano quasi sempre i creazionisti e i sostenitori dell’ID, che obiettivamente sono la grande maggioranza degli oppositori alla teoria darwiniana. Fa un po’ strano come cosa.
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E ho ragione, lei ne è la prova vivente: non una caratteristica positiva lei ha riscontrato in CS
Non è vero. Per esempio, il primo commento a questo articolo di Vomiero è stato mio ed era un’espressione di apprezzamento. E non è la prima volta che accade.
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anche solo per un fair play che evidentemente alla sua parte manca del tutto
Suona strano un richiamo al fair play fatto da lei, che a differenza di altri autori del sito non ha mai ammesso un errore, o che non ha mai alzato un dito quando altri autori mi hanno dato dell’ignorante solo perché non ero d’accordo con loro.
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<B<avrebbe dovuto quantomeno […] riconoscere la libertà di parola che qui viene data a chi la pensa diversamente
E quando mai l’ho negata? Ognuno è libero di dire e pensare quello che vuole, ma se si parla di scienza non è che uno può inventarsi definizioni o negare quel che gli pare pur di avere ragione.
La ringrazio Vomiero per aver chiarito con questo articolo molte cose, ma avrei bisogno di capire tante altre che invece mi sembrano lasciate in sospeso o almeno poco approfondite.
1) Lei spiega nell’articolo e nei commenti cosa la Scienza NON è, ma poco di cosa la Scienza È. La predizione esatta e precisa di ogni variabile in moltissimi campi non è possibile, ma possiamo ancora dire che il Metodo Sperimentale sia ancora basato su ipotesi sperimentalmente verificabili, potenzialmente falsificabili, dalle interpretazioni univoche?
2) Possiamo ancora dire che una Teoria è fatta in primi di Postulati e definizioni, poi di teoremi e corollari, ma soprattutto di predizioni? Non è affatto un discorso filosofico, ci tengo a chiarirlo, sono una persona al contrario molto pratica: ho un sistema da studiare, ho BISOGNO di una teoria che mi dica quali leggi devo usare e come applicarle al mio caso particolare per prevedere le proprietà del sistema. Se però la Teoria è essa stessa la prima a non darmi degli strumenti e dei paletti, come potrò mai applicarla?
3) Non sono d’accordissimo con la divisione storica che ha fatto della fisica: tolti i pendoli, le molle e i sassi, già nell’Ottocento 3 corpi celesti non sono studiabili in modo esatto, il determinismo laplaciano è stato un sogno fin da subito. In ogni caso, non vorrei che passasse l’idea che la Meccanica Quantistica sia meno “precisa” della classica: il quanto di conduttanza ha un errore relativo pari a 10^(-11), tutto dipende da cosa si vuole predire.
4) Avendo studiato parecchi fenomeni emergenti, non condivido in pieno che essi siano caratterizzati dall’incertezza e dall’imprevedibilità, MA AL CONTRARIO, il determinismo non scompare. Ciò che è veramente complicato (soprattutto matematicamente) è il passaggio dal fenomeno elementare a quello macroscopico, nel senso di descriverlo in modo esplicito, ma alla fine si riesce sempre ad arrivare a conclusioni deterministiche da testare sperimentalmente. Prendiamo una cosa detta “isolante di Mott”: è un solido dove le correlazioni tra gli elettroni sono molto forti (e gli elettroni sono tanti, usando un eufemismo) MA posso comunque dire quale materiale può esserlo e quale no, a che condizioni smette di esserlo oppure no. Oserei dire che è il DETERMINISMO ad essere emergente, mentre ciò che fa il singolo componente del sistema è casuale. Tutto dipende da cosa devo prevedere.
5) Ora, passando ad un sistema che interagisce fortemente con l’esterno come quelli biologici, ovviamente le cose si complicano, ma tutto dipende dall’approccio e dagli scopi. Anche la fisica tratta sistemi estremamente sensibili all’influenza esterna, nel caso delle transizioni di fase dette “critiche” la risposta a fattori esterni è idealmente INFINITA, eppure una stima di quali siano le condizioni in cui un sistema si trova in una transizione critica la posso fornire. Il “segreto” è a quale scala mi pongo.
6) Dal punto di vista della comunicazione e insegnamento della scienza, noto quella che sembra un’apparente contraddizione (ma penso che sia solo un equivoco): da una parte le persone dovrebbero essere educate a considerare Scienza anche ciò che è fatto di incertezze, irriproducibilità e “ignoranza”, dall’altro si punta a generare fiducia in aspetti FORMALI E UMANI come quanti studi hanno confermato una certa ipotesi, la peer review e cose così. Così non e peggio? Non era meglio il criterio oggettivo? (Veda il punto (1)).
Grazie Htagliato, ha deciso di farmi lavorare. Provo a risponderle.
1.Ha visto bene. Sul concetto di scienza ho risposto più sopra a Masiero. Riguardo la sua domanda, tendenzialmente risponderei con un sì, ma con delle possibili eccezioni, non esiste solo la scienza sperimentale (c’è anche quella teorica) e inoltre si può sperimentare in vari modi. A noi piace tanto citare Galileo, ma non dimentichiamoci che all’epoca per esempio lui non sapeva niente di problematiche connesse allo studio dei sistemi complessi e nemmeno di come avrebbe funzionato la ricerca scientifica quattro secoli dopo.
2.Riguardo questo punto riporterei due passi importanti dell’interessante intervento di ieri del dott.Marco De Paoli. “Nella scienza non v’è un criterio metodologico rigido e univoco onde distinguere ciò che è scienza e ciò che non lo è, come sognavano i neopositivisti”. E inoltre: “Occorre però anche dire che la capacità predittiva non è il solo attestato di scientificità di una teoria”.
3.Mi perdoni Htagliato, non sono un fisico, non metto in dubbio la sua puntualizzazione.
4.Esistono anche tipi diversi di “emergenza”. Forse lei si riferisce ai fenomeni di emergenza computazionale: in questa tipologia rientrano i sistemi caotici, caratterizzati da una complessità algoritmica se vogliamo, impredicibili sì, ma perché fortemente influenzati dalle condizioni iniziali e quindi legati ad una sorta di perdita di memoria durante l’evoluzione dinamica, per esempio automi cellulari, frattali ecc. L’evoluzione del sistema può comunque essere seguita deterministicamente step by step. I fenomeni naturali che ho citato io nell’articolo sono caratterizzati invece da un’emergenza più intrinseca e impredicibile (es. del clima di Roma tra cinquant’anni o cosa penserà lei, o io, tra cinque minuti).
5.Come il punto 3.
6.La filogenesi evolutiva, le neuroscienze e la sistematica secondo me sono tutte scienze, con tutto il loro carico di ignoranza, di scatole nere ancora da ispezionare e la loro possibile irriproducibilità. Sistemi complessi che ci chiamano, ci sfidano e ci costringono ogni volta a cambiare prospettiva e modelli. Ed è questo, secondo me, il bello della scienza.
1) L’assenza di definizioni univoche non riesco a non vederlo come un problema da risolvere, perché la Scienza è un lavoro di squadra, se non ci si mette d’accordo sui termini, come si collabora? La definizione riportata (“una pluralità di linguaggi possibili, un’ecologia di strategie cognitive in cui è centrale la ricerca, tramite la scelta delle osservabili e la costruzione di modelli”) spiega solo una parte, non dice lo scopo, non parla di “criteri di verità.
La scienza teorica senza quella sperimentale sono esercizi di matematica.
Va bene ricordare che Galileo è del Seicento, ma tolte le definizioni univoche, tolta la riproducibilità, tolto il rigore…cosa resta?
2) Senza un criterio di discernimento tra scienza e pseudo-scienza, cosa possiamo fare per permettere il progresso e la difesa del sapere scientifico? Non possiamo difendere una cosa che non sappiamo cosa sia.
3) Ok, andiamo avanti.
4) Accorpiamo questo punto ai primi due: cosa rende scientifici i fenomeni emergenti come li intende lei, alla luce del fatto che lei è per la rottura degli schemi di scientificità?
5) Questo argomento lo rimandiamo a quando saprò spiegarmi meglio.
6) Ok, ma occorre prima dire cosa sia la scienza, altrimenti non si capisce perché questi campi lo sono nonostante le lacune e l’irriproducibilità, altrimenti non ne si può nemmeno apprezzare la bellezza.
Stavo rileggendo il suo interessante commento. Tengo a precisare che io non sono per la rottura degli schemi di scientificità, ma semmai per la rottura degli schemi del fisicalismo. E’ un pò diversa la questione.
Non sarei mai riuscito a spiegarmi meglio. Complimenti all’ autore. A proposito della frase “non sanno piu distinguere tra un fatto e un’opinione” pochi giorni fa a Otto e Mezzo l’europarlamentare del PD Bonafé cercava di sostenere i meriti della riforma, facendo molte ipotesi che venivano continuamente messe in discussione da Scanzi e Cerno. Ci può anche stare. Il punto è che la Bonafé era convinta che le sue non fossero ipotesi ma assolute certezze e per due volte ha detto: “qua non stiamo facendo filosofia, noi parliamo di fatti concreti!”. Cerno faceva notare che la Bonafé in realtà stava filosofeggiando male e quest’ ultima non capiva i ragionamenti di Cerno, quindi parlava sopra di lui per impedire che potesse dire qualcosa di scomodo, ma che il popolo ha diritto di capire. Dico solo che la Bonafé è europarlamentare, ma alla fin fine non è neanche colpa sua. Il problema da risolvere sta in grandissima parte in un sistema scolastico che partorisce politici incapaci di saper distinguere tra opinione e fatto. I soliti litigi, fraintendimenti, prevaricazioni verbali, offese che vediamo continuamente in televisione sono la conseguenza di una politica che non ha la mentalità dell’ ascoltare, del rispettare e del capire le ragioni altrui, ma solo dell’imporsi, a discapito di quale possa essere la verità effettiva. La trasmissione è reperibile su youtube scrivendo semplicemente “cerno Scanzi bonafé otto e mezzo 02 novembre”.
Grazie Nemesis, io di politica non me ne intendo, ma penso che purtroppo, molto spesso, sia la massima espressione dell’opinione soggettiva e dell’ideologia.
“Se le costanti fisiche dell’universo fossero così appropriate per la vita, come mai essa in realtà è così difficile da trovare altrove?”. Perché sono condizioni necessarie, ma non sufficienti evidentemente! Vedi l’esistenza dei Qualia, che pur appartengono al mondo senza appartenere alla fisica…
Sul “fine tuning”, Vomiero, che considero tra i temi più pregnanti sul piano logico, Lei mi ha stimolato a preparare un articolo. Ci rivediamo a fine settimana!
@Htagliato
Trovo che la sua ultima definizione di “scienza” possa essere una buona sintesi di quanto abbiamo detto finora, io penso che la predizione sia comunque più una caratteristica implicita nello stesso processo operativo del fare scienza, piuttosto che uno scopo. Infatti a mio avviso anche lo scopo della ricaduta tecnologica come evidenziato da Masiero è una possibilità, una scelta o una caratteristica implicita, ma a volte la ricerca di base si svolge, ripeto tramite un metodo, con lo scopo di cercare e produrre conoscenza, prima di tutto.
@Pennetta
Per evoluzionismo intendevo teoria dell’evoluzione, che alla luce dei numerosi programmi di ricerca di natura interdisciplinare che contraddistinguono la ricerca in questo campo, secondo me appare come una forzatura continuare a chiamarla darwinismo o neodarwinismo. Allo stesso modo come ritengo che sia oramai inopportuno definire la scienza moderna in base al galileiesimo, come ho già detto sopra Galileo quattro secoli fa, non avrebbe potuto mai immaginare i sistemi complessi, la ricerca collettiva, i modelli virtuali, l’interdisciplinarietà o aree di ricerca come la genetica, la biologia molecolare o i modelli climatici.
Peraltro il criterio “predizione” preso da solo, penso non possa costituire comunque un buon indicatore di demarcazione tra scienza e pseudoscienza, in quanto anche curandomi il raffreddore con prodotti omeopatici posso predire e verificare di guarire, proprio perché poi guarirò ugualmente in modo naturale per regressione verso la media, ma anche contemporaneamente ottempererò alla promessa del farmaco omeopatico. Insomma il concetto di scienza è molto vasto e difficile da definire, lo ripeto, come i concetti di “evoluzione biologica” o di “vita” per esempio, mentre è sempre e comunque chiara ed evidente la differenza tra che esiste scienza e mitologia.
Che la predizione non sia lo scopo ma una caratteristica INTRINSECA può andare bene.
Non sono d’accordo con l’esempio fatto del raffreddore: se ho due predizioni che portano allo stesso risultato, allora posso usare il rasoio di Occam e conservare la più semplice. Successe qualcosa di simile con la Teoria delle variabili nascoste: a qualcuno piaceva, ma le stesse predizioni si ottenevano anche facendone a meno.
Lei dice che definire la scienza non è facile, mentre è CHIARA la differenza tra essa e il mito. Può esplicitarla, per favore? Qual è tale differenza? (A scanso di equivoci, lo scopo della domanda che può apparire banale e/o retorica è la ricerca di un set di idee condivise).
La scienza si basa principalmente sui dati, sulle prove e sul metodo (scientifico), nonchè sulla coerenza formale e sul grado di fiducia presso la comunità scientifica, la mitologia sulla credenza e sulle percezioni soggettive, senza alcuna dimostrazione oggettiva, vedi per esempio l’omeopatia appena citata, la cura del cancro con il bicarbonato, Stamina e così via. E poi torniamo ad altre caratteristiche esplicitate nell’articolo e che non sto qui a ripetere.
Ottimo! Pongo quella che dovrebbe essere l’ultima domanda: tutto quello che ha scritto in quest’ultimo commento vale anche per i sistemi complessi o cambia qualcosa?
Certo Htagliato, secondo me queste considerazioni generali valgono anche per i sistemi complessi. Cambiano soltanto di volta in volta necessariamente alcuni aspetti del metodo, legati alla scelta delle osservabili e degli strumenti o delle procedure operative più adeguate (concetto di pluralità). Non è la stessa cosa infatti studiare la caduta di un grave o un sistema biologico.
Pochissime parole,in un dibattito,in una serie di dibattiti sicuramente utili ma anche infiniti.
Se nella mente si è convinti che la “mia verità”(la nostra)è quella “giusta” è scientificamente(questa si è scienza)dimostrato che niente al mondo potrà farmi cambiare opinione.
La Ricerca solo la Ricerca può dettare legge.Non come,ad esempio la “rivista ufficiale dell’ateismo italiano”e il suo Pontefice,infatti egli afferma che:Tutto è stato scoperto,la Scienza oramai sà tutto.
Avrei molto parole pesanti da usare,ma conoscendo la potenza degli avvocati di questi signori evito.
E come dicevamo:La Scienza oramai ha scoperto tutto(? )Compreso la cura del raffreddore?Eppoi non mi sembra che le posizioni di Pennetta e altri non siano adeguate per un contesto autenticamente scientifico,oppure la Scienza è Fede ?Ma d’accordissimo nel condannare ogni mitologia(poverini comunque i nostri antenati,non disponevono dei milioni e milioni di libri e altro da cui possiamo trarre la nostra “verità assoluta”).ps.Ma un dibattito serio “a domanda rispondo”quando potrà avvenire anche su questo blog?E che sia Ufficiale,se dovesse avvenire.
Analista chimico, mi arrivano in questi ultimi tempi dati contemporaneamente eseguiti da un’ università.
Unità di misura incompatibili tra inferiore al limite di rilevabilità espresso e risultati , su altri evidenti errori che indicavano fattori moltiplicativi dovuti alla curva di taratura.
Quando mio padre era direttore di un laboratorio di un ARPA altri studi, sempre universitari, che presentavano temperature di un fiume, in inverno, di 20°C..
Sarà poi che in altri campi c’è un salto di qualità tale da permettere misure così precise ed accurate da sostenere modelli scientifici così complessi..
Comunque al di là della voluta provocazione, è più grave discutere di una teoria scientifica, presentando studi per suffragare la propria ipotesi, oppure far intendere che la Chiesa abbia dibattuto sull’anima dei nativi americani come fa Pievani, visto che si parla di Pikaia, ne ” La vita inaspettata” sovvertendo quanto avvenuto nella disputa di Valladolid?
E’ più grave discutere un’ipotesi oppure sovvertire un fatto?
Gentile Enrico, le posso chiedere a chi si riferisce quando scrive è più grave discutere di una teoria scientifica, presentando studi per suffragare la propria ipotesi?
Certo.
Anche io ho talvolta l’impressione, senza offendere nessuno spero, che CS selezioni articoli scientifici per suffragare la propria visione del problema “evoluzione”.
Del resto è difficile sviluppare un argomento così complesso in un blog, dove forse lo scopo principale è quello di stimolare uno spirito critico.
Però sarebbe interessante esercitare il medesimo spirito critico anche sui lavori di coloro che sono più vicini alle proprie posizioni..
Lei non offende affatto, Lutman, quando afferma che “CS seleziona gli articoli scientifici per suffragare la propria visione”. Non lo facciamo solo con riguardo all’evoluzionismo, ma anche con riguardo all’economia, alla fisica, ecc. Riconosciamo di avere una visione generale delle cose. Pensiamo che alla base ci sia un’epistemologia, e alla base finale una metafisica.
Si dovrebbero offendere piuttosto quelli che si ritengono depositari di una verità scientifica, quasi che i vari racconti della scienza fossero avulsi dalle concezioni filosofiche dei loro narratori, in maggioranza o minoranza che siano.
La differenza, Lutman, è che noi lo riconosciamo esplicitamente, gli altri non se ne rendono conto. Col risultato visibile che CS ospita gli interventi di tutti.
Solo una scienza con applicazioni, la tecno-scienza, è universale. Giusto, prof?
Qualsiasi scienza, se è tale, è universale (e necessaria). Diversamente non si ha scienza, ma opinione.
Grazie per la risposta. Sono più che d’accordo con lei sulla questione dello spirito critico.
Discutere una teoria è più che lecito, ci mancherebbe ancora!
Nel momento in cui se ne contesta la scientificità, però, sarebbe opportuno (anzi, doveroso) fornire delle basi documentate alle proprie affermazioni. Il che significa citare paper scientifici, cioè articoli spesso complessi, che contengono i risultati di studi e ricerche che mettono alla prova ipotesi e predizioni, applicando il metodo scientifico. Senza tale supporto, risulta difficile distinguere le argomentazioni basate su dati e ricerche da quelle basate su opinioni personali, visioni filosofiche e quant’altro. Legittime, ma forse non molto scientifiche.
E di articoli del genere, a sostegno delle tesi di CS, non ricordo di averne visti.
Ho letto tanti articoli scritti da autori di CS, che non di rado citano altri articoli, sempre di CS. Ma non articoli scritti al di fuori dalla cerchia di CS, da scienziati e ricercatori che studiano l’argomento in questione, che fanno esperimenti e partecipano a congressi. Mi sembra, quindi, una critica piuttosto autoreferenziale e non sufficientemente documentata.
Lo dico proprio perché do grande importanza allo spirito critico, che ritengo debba essere nutrito con argomenti i più solidi possibili. Se no è come criticare la lettura della magnitudo di un terremoto sulla base delle proprie impressioni, in maniera slegata dai dati.
Lecito, ma non certo un esempio di critica costruttiva.
Buongiorno Greylines, le faccio notare che lei continuava reiterare le sue critiche totali e senza appello a CS, continuando però a frequentarlo giornalmente e assiduamente. È come un cliente di un ristorante che non apprezza nessun piatto di quelli serviti dal locale ma continua a ritornarci tutti i giorni da mesi. Cos’è il suo masochismo? Bisogno di affetto? Ricerca di amici? Volontà di mostrarsi superiore a tutti? Ammetterà che il suo atteggiamento è alquanto contraddittorio. Glielo dico senza spirito polemico ma per aiutarla a vedersi dall’esterno e magari a guardarsi dentro con sincerità. Sarebbe bello se riuscisse a trovare anche qualche pregio vero (e non di maniera) in CS. Per riconoscere quantomeno la sua unicità nel panorama dell’informazione o la sua originalità, oppure il livello elevato di competenze intellettuali di chi vi scrive. Coraggio, ci provi! Non fa male! Pur non condividendo alcune sue posizioni, scommetto sulla sua intelligenza e soprattutto sulla sua onestà intellettuale. Non mi faccia perdere la scommessa!
Buongiorno a lei Fabiano. La ringrazio per la sua ironia e per il suo interessamento al mio equilibrio interiore. Le assicuro che non ho alcun bisogno né di affetto, né di amici, né di volermi mostrare superiore a chicchessia. Non mi sembra così strano seguire un sito che parla di un argomento che conosco abbastanza bene. E siccome la comunicazione della scienza è il mio lavoro, non trovo nulla di male a intervenire per sottolineare le incongruenze che trovo su tale sito. La chiami pure deformazione professionale. Non ho mai aggredito né insultato nessuno (nonostante sia stato qualche volta maltrattato da alcuni commentatori) e ho sempre fornito prove ed evidenze a supporto delle mie argomentazioni — come dovrebbe avvenire in ogni dibattito scientifico — diversamente da molti miei contestatori. Ho ammesso i miei errori e ho cercato di rispondere ai chiarimenti che mi venivano richiesti.
Da parte mia, non ho alcun problema a riconoscere l’unicità di un sito come CS, non ho mai negato l’elevato livello di competenze intellettuali dei suoi autori, e quando leggo articoli interessanti e scientificamente seri, come questo di Vomiero, non esito a farlo sapere. Ho solo sottolineato che su certi specifici argomenti molti autori di CS scrivono cose inesatte dal punto di vista scientifico. E, ripeto, ho sempre fornito prove di queste mie affermazioni.
Essere onesti intellettualmente, per me, significa non esprimermi su argomenti che conosco poco e infatti, come le avevo già fatto notare, non ho mai espresso giudizi sugli articoli che trattano argomenti inerenti la fisica e la matematica, sui quali non mi sento abbastanza qualificato.
Quel che non capisco, quindi, è cosa dovrei fare secondo lei. Smettere di commentare? Dire che le critiche scientifiche sull’evoluzione sono corrette anche se non è vero?
Gentile Greylines,
Lei mi chiede cosa dovrebbe fare?
1) Innanzitutto evitare giudizi negativi definitivi e assoluti (es. tutti gli articoli scientifici sono inaccurati, viziati da pregiudizi etc.) Altrimenti come può pensare di essere preso sul serio? Quel che gli altri percepiscono e’ che Lei abbia pre-giudizi oppure che voglia screditare, per chissà quali altri motivi questo sito.
2) Se scrive che tutti gli articoli scientifici sono inaccurati e su quelli scientifici non si esprime, manca la terza casella! Ovvero quella in cui lei ripone gli articoli che apprezza e condivide (per capirci, oltre a questo di Vomiero ne esistono altri?)
3) Dare un segno concreto che le sue critiche e osservazioni siamo genuine e senza secondi fini ad esempio scrivendo un articolo su CS, (che molti leggerebbero con grande interesse) cioè partecipando, pur da posizioni critiche, in modo costruttivo al dibattito qui su CS.
Mi scusi Fabiano, ma c’è un punto di incomprensione fra noi due che ritengo sia il caso di chiarire. Io non ho scritto che tutti gli articoli scientifici di CS sono inaccurati. Mi pare di non aver neanche scritto che sono tutti viziati da pregiudizi. Ho detto che quando si occupa di evoluzione dal punto di vista scientifico, CS lo fa in maniera imprecisa. È una differenza importante, che mi pare giusto rimarcare.
Mi spiace che la mia posizione venga vista come pregiudiziale, lo dico davvero, ma se quegli articoli contengono degli errori non è colpa mia e non so che altro fare. Cerco di pormi nella maniera più pacata e aperta possibile, ma un errore resta un errore. Dire che le retrodizioni sono strumenti solo degli storici e non scientifici, o descriverle come spiegazioni a posteriori che non possono essere testate sperimentalmente, sono errori. Se si continua a sostenere che per il neodarwinismo l’evoluzione funziona solo e unicamente con mutazioni puntiformi e selezione naturale e io so che non è così, che altro posso fare se non segnalarlo e cercare di spiegarmi al meglio delle mie possibilità?
Sullo scrivere un articolo per CS mi sono già espresso in passato. Si può partecipare in maniera costruttiva a un dibattito anche commentando.
Cioè mi faccia capire Bellone, noi non possiamo con argomentazioni logiche, istruite e coerenti criticare un paper ma dobbiamo aspettare che lo faccia qualcun altro (con un altro paper) e poi eventualmente riportarlo su CS?!?
Quindi se uno fa notare un ragionamento sbagliato non vale niente finché la stessa cosa non viene scritta in un paper?
Avanti così, con questi ragionamenti vinciamo a man bassa…
E’ un sassolino il mio.Ma resto sempre più convinto che le conversazioni -articoli concernenti in particolar maniera l’evoluzione siano di interesse pubblico.Raccogliere il meglio del meglio di questi ultimi 5 anni circa,in un libriccino,per non sprecare le parole di Pennetta,Greylines ecc. è un vero è propio dovere.Attendo….come mi insegnano i miei maestri.
Greylines scrive:
“lei, che a differenza di altri autori del sito non ha mai ammesso un errore…”
.
Facciamo così, può dare lei il buon esempio dicendo finalmente e senza svicolare che la segnalazione su Pikaia come “siti amici” dell’ignobile Spaghetti volanti e del cattofobico Dawkins proprio “nun se po’ vedè”!!!
Su faccia uno sforzo che sembra Fonzie quando non riusciva a chiedere scusa…
Sulle invasioni di campo di Dawkins sa benissimo come la penso, ma questo non significa che tutto quello che dice in ambito scientifico sia sbagliato. A me (e non solo a me) non piace la sua visione ultradarwinista, ma in tutta onestà non ritengo la sua presenza fra i link esterni di Pikaia un affronto. Sarebbe un problema se il sito fosse sdraiato in maniera acritica sulle posizioni dawkinsiane, ma per fortuna non è così.
Per quanto riguarda gli Spaghetti Volanti, mi piacerebbe fare un bel ragionamento approfondito sul vero significato di quell’iniziativa, nata con uno scopo che lei dovrebbe apprezzare: difendere l’istruzione dalle ingerenze pseudoscientifiche del creazionismo. So già però che lei prenderà in considerazione solo l’irriverenza del pastafarianesimo, liquidandolo come un ignobile sfottò della religione (neanche fosse Charlie Hebdo) e trascurando i suoi veri intenti, quindi sarebbe un vero e proprio dialogo fra sordi.
“mi piacerebbe fare un bel ragionamento approfondito sul vero significato di quell’iniziativa, nata con uno scopo che lei dovrebbe apprezzare: difendere l’istruzione dalle ingerenze pseudoscientifiche del creazionismo.”
Lo faccia, no problem. Se trova del tempo, mi piacerebbe sapere in che modo l’iniziativa sta fermando le ingerenze del Creazionismo nelle scuole (proposte di legge? Cortei?) e in che modo tale scopo si collega, dal punto di vista comunicativo, alle loro scelte…bizzarre (scolapasta in testa, parodia del cristianesimo, dichiararsi come una delle tante religioni…).
Gentile Geylines,
Quindi ricapitolando:
Non vuole rispondere positivamente a nessuno dei miei 3 punti. Non crede di sbagliare in nulla. Non riesce a trattenersi dall’intervenire sempre e solo con la matitina rossa a correggere tutte le inaccuratezze prima e le imprecisioni (di cui TUTTI gli articoli che riguardano l’evoluzione sono infarciti) infine le spiace che la sua posizione venga vista come pregiudiziale ma non intende fare nulla per modificare il suo modo di porsi. Ma non era Lei quello aperto alle critiche e rispettoso delle opinioni altrui? Credo che la sua intelligenza e la sua competenza meritino di più del profilo che lei sta mostrando di avere a tutti i lettori di questo blog. Inoltre, guardi che se non lima un pochino il suo carattere, non trova più moglie.