Filosofia Chimica – Alessandro Giuliani, Ermanno Bencivenga. Editori Riuniti
Alessandro Giuliani, una delle firme di CS, è coautore di un libro contro il riduzionismo fisicalista e il continuismo biologico.
Filosofia Chimica
Dire in società che si lavora nel campo della fisica significa quasi sempre evocare un’intelligenza eccezionale e un’aura di affascinante anticonformismo, se invece ci si presenta come un biologo , ci sono grandi probabilità che ci si trovi coinvolti in discussioni sull’evoluzione o sulle prospettive della ricerca sul cancro, comunque si otterrà un credito di persona ‘alle frontiere’ del progresso. Un ingegnere, un magistrato o un medico sarà facile ‘inquadrarli’ in un cliché piuttosto stabile da secoli..un matematico sarà un personaggio bizzarro e/o una professoressa un po’ sadica del Liceo ma un chimico ? Nel migliore dei casi sarà considerato un fisico un po’ meno brillante, altrimenti una persona assai poco interessante e lievemente spregevole che si occupa di rimestare veleni e coloranti, se il party si svolge a casa di qualche mafioso di spicco sarà forse contattato per losche procedure di chimica organica legate alla droga.
Tutto questo è veramente paradossale considerando che gran parte delle frontiere della scienza e della tecnologia girano intorno alla chimica: nanotecnologia, nuovi materiali, ambiente, biologia molecolare, farmacologia è roba da chimici ma nessuno sembra ricordarsene.
Forse è colpa delle origini di questa scienza come ci dice Primo Levi (un chimico anche lui) nel suo stupendo libro ‘Il Sistema Periodico’
‘ Le origini della chimica erano ignobili, o almeno equivoche:gli antri degli alchimisti, la loro abominevole confusione di idee e di linguaggio, il loro confessato interesse all’oro, i loro imbrogli levantini da ciarlatani o da maghi; alle origini della fisica stava invece la strenua chiarezza dell’Occidente, Archimede e Euclide’.
Questa citazione di Levi (insieme a molte altre) è tratta dal bel libro di Ermanno Bencivenga e Alessandro Giuliani ‘Filosofia Chimica’ recentemente uscito per tipi della Editori Riuniti che sostiene la tesi che, aldilà della sottovalutazione, in realtà la chimica sia la depositaria di un approccio al mondo ‘naturalmente sistemico’ a cui le sue due sorelle ‘glamour’ (la fisica e la biologia) si stanno solo con grande fatica e una montagna di ripensamenti avvicinando.
Alla base di questo pensiero sistemico è quella che forse è l’acquisizione più stupefacente della scienza ‘La tavola periodica degli elementi’ messa a punto centocinquanta anni fa da Dimitri Ivanovic Mendeleev e, in questi 150 anni , mai smentita da enormi avanzamenti della scienza che, al contrario, riempivano ‘i suoi buchi’ progressivamente andando a sistemarsi nelle ‘caselle giuste’ di una costruzione armonica perfetta.
La tavola periodica nasce a immagine delle leggi dell’armonia musicale, Mendeleev stesso era un ottimo pianista e a casa sua si riuniva il gruppo dei cinque , i musicisti russi più innovativi della sua epoca, tra cui Borodin, anche lui chimico e assistente di Mendeleev all’Università.
Anche qui si parla di ottave, anche qui i ‘rapporti giusti’(valenze) fra le note (elementi) sono al centro della classificazione. E, esattamente come nella musica, la presenza di ‘rapporti giusti’ genera una specie di miracolo, qualcosa attorno a cui i filosofi si sono accapigliati da millenni: un modo di assegnare in maniera necessaria e univoca i ‘nomi degli oggetti’. A partire dai primi tentativi di Lavoisier fino alla sistemazione della chimica organica con la nomenclatura IUPAC, una formula di struttura ‘ben formata’ (con le valenze rispettate) genera univocamente il suo nome e allo stesso modo dal nome si può generare la formula e dalla formula prevedere molte caratteristiche della molecola (peso molecolare, rifrazione molare, addirittura il suo punto di fusione ..).
La formula di struttura è una rete, un grafo avente come nodi gli atomi e come spigoli i legami : le proprietà della molecola derivano dagli atomi che la compongono (quello che si chiama causazione bottom-up), ma allo stesso modo le proprietà dello stesso atomo in due molecole diverse sono differenti, dipendono dal contesto (è quello che si chiama causazione top-down). E’ l’effetto dell’armonia, ben rappresentato dalla struttura di rete , è ciò che ancora sogna la systems biology dei nostri giorni e che supera di un balzo le polemiche su riduzionismo e anti-riduzionismo.
Gli autori rintracciano questo ‘sapore tipico’ della chimica in altri aspetti come le misure spettroscopiche e le proprietà dei cristalli liquidi e individuano (con Primo Levi) nel ‘prendere sul serio la materia ‘ il ‘segreto’ della chimica che può felicemente influenzare il nostro sguardo sul mondo. Come leggiamo nella quarta di copertina
‘Questo non è un libro di filosofia della chimica. Non intende importare da un livello di riflessione più “elevato” criteri e concetti che permettano di illuminare le oscurità di una scienza particolare, rivelarne i paradossi, riordinarne i presupposti. Intende invece trarre da una concreta attenzione alla pratica di questa scienza lezioni di generale interesse per un approccio articolato e complesso al mondo: per una categoria universale del pensiero, una vera e propria filosofia, alternativa al riduzionismo fisicalista e al continuismo biologico. Sviluppando intuizioni di Goethe e Hegel, ma anche di Boyle e Lavoisier, presenta la chimica come “scienza di mezzo”, aliena dal dogma che esista un livello fondamentale di analisi della realtà, portatrice dell’idea che ci sia invece per ogni oggetto di analisi un livello specifico (e sempre diverso) al quale il disegno che esso traccia sull’orizzonte del mondo emerga nella sua forma più nitida.’
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10 commenti
Prima della chimica di Lavoisier e Mendeleev, è vero, nessuno da Galileo a Newton a Maxwell aveva giustificato il giardino di delizie del mondo, l’essenza di milioni di sostanze diverse, gassose, liquide e solide, colorate e incolori, saporite e insipide, velenose e benefiche, filiformi e massicce, cristallizzate e informi, dure e tenere,… animate ed inanimate, uomini e donne. Scusate se è poco.
Davvero tutte le sostanze del mondo sono fatte di corpuscoli? e i tipi di corpuscoli sono in numero finito, come i 4 di Empedocle o i 3 di Paracelso, oppure sono infiniti, come cantava Democrito? e si combinano in ogni modo immaginabile? Qui solo la chimica ha parole di verità col suo Magistero…
La chimica è il mondo di Eraclito quanto la fisica è il mondo di Parmenide. E sono lo stesso mondo, se è vero che gli atomi di Mendeleev sono costruiti uno a uno, finissimamente, nelle caldere stellari dalla fisica di Bethe in miliardi di anni. E Giuliani è per caso il matematico-fisico-chimico-biologo-filosofo che si schermisce di essere un modesto falegname e che ora ci racconta ciò?
Questo week end mi leggo d’un fiato il suo nuovo libro!
Troppo buono Giorgio. In realtà il filosofo è Ermanno, non certo io. E’ lui che, grazie al suo acume filosofico e alla sua preparazione, ha dato dignità di ‘Filosofia’ alle mie considerazioni sulla pratica della scienza chimica, senza di lui il libro non sarebbe mai stato scritto. Anzi, se questo libro ha un merito, è proprio quello di prefigurare un ‘rapporto alla pari’ tra scienza pratica e pensiero filosofico, superando il malcostume di certi filosofi di limitare il loro lavoro a un commento (positivo o negativo che sia) delle teorie scientifiche e di certi scienziati di pretendere che il loro lavoro sia ipso facto una filosofia.
Al contrario qui di teorie scientifiche non c’è neanche l’ombra, mentre l’incontro è avvenuto sulla considerazione del lavoro materiale degli scienziati, sullo stile adottato per effettuare misure, per analizzare i dati, per sistemare diversi pezzi di informazione. Ermanno e io forse (in realtà non abbiamo mai sentito il bisogno di parlarne) abbiamo idee differenti su molti argomenti, ma il confronto sul ‘fare scienza’ (non sui contenuti specifici o su non meglio identificate ‘implicazioni generali’) ci ha permesso di trovare un terreno comune in cui giocare insieme e arricchirci a vicenda.
E la chimica, scienza indissolubilmente legata alla produzione di oggetti, è stata il campo ideale per godere della libertà da ideologie asfissianti.
Mi è piaciuto molto vedere riproposto l’esempio di Mendeleev che da musicista collega la scala delle note al mondo degli atomi, è bellissimo.
Dopo averlo ascoltato (proprio da Alessandro) lo ripropongo sempre quando si parla di cosa serva per fare scienza e cosa serva invece per essere dei semplici, magari bravissimi, tecnici.
La cultura umanistica è un patrimonio prezioso che dobbiamo conservare proprio per poter guardare a livelli diversi della realtà.
Grazie ad Alessandro e ad Ermanno Bencivenga.
Anche io trovo l’associazione di Mendeleev tra la scala delle note e il mondo degli atomi veramente bella
Ammetto di non essere un amante della chimica, ma questo libro di Giuliani/Bencivenga mi pare proprio una lettura che potrebbe avvicinarmi a comprendere meglio lo spirito che muove nella sua ricerca un Chimico
Fantastico, Alessandro! Era proprio l’ora che qualcuno parlasse, da “dentro”, del rapporto tra filosofia e scienza applicata.
Complimenti a entrambi gli autori!
Alessandro, complimenti!!
Non vedo l’ora di leggerlo.
Virginia
Sto leggendo il libro (profondo e allo stesso tempo gustoso come un bicchiere di Amarone) e voglio confessare ai lettori di CS che ho fatto una scoperta, “grande” per me. Forse.
La mia cultura fisica, “fondamentalista”, mi ha sempre fatto credere che la chimica fosse in definitiva spiegabile con la fisica, in particolare con le equazioni della MQ. Così, per es., sì la tavola di Mendeleev è utilissima, le regole di valenza anche, le formule di struttura ok,… però infine tutte queste cose (“fenomenologiche”) si spiegano con l’equazione di Schroedinger! Fine. Riduzionismo non solo come metodo, ma anche come ontologia della materia.
Naturalmente non sono un riduzionista integrale, ho grossi dubbi che il riduzionismo funzioni per la vita sensitiva (dei qualia) e sono certo, per motivi più volte spiegati, che non funziona per quella intellettiva (dell’autoconsapevolezza).
Ebbene, qual è la scoperta che ho fatto leggendo “Filosofia chimica”? Che nemmeno a livello di materia la fisica può spiegare tutti i fenomeni, essendoci nelle relazioni topologiche (cioè puramente spaziali, geometriche) tra gli atomi nelle (stereo-)molecole altrettanta e anche maggiore informazione di quella contenuta nei loro atomi componenti e nell’equilibrio ivi realizzato d’interazione dei 4 campi fisici.
Mi resta solo un dubbio, Alessandro, da fondamentalista fisico renitente: la topologia è una concausa (prima, platonica) o è a sua volta l’effetto dell’interazione dei campi fisici? Tu cosa pensi?
Insomma il bottom up della chimica è ancora fenomenologia, tecnica, provvisorietà, magari anche necessità perché non sappiamo risolvere certe equazioni, oppure completa ontologicamente il top down della fisica?
Caro Giorgio il paragone con l’amarone è il complimento più bello che potevi farmi adoro quel vino !
Quanto alla tua domanda sinceramente non so cosa rispondere se non che possiamo lavorare con le forme anche nell’attesa di trovare i campi sottostanti
Un bel tacere non fu mai scritto e quando si ha poco da dire forse è meglio non dire nulla, ma non dire niente in merito a questo nuovo libro di Giuliani per me significa venire meno a un doveroso apprezzamento verso l’autore che ho visto sempre argomentare su questo blog in modo brillante con argomenti costruttivi e interessanti. Aggiungo questo libro alla lista di quelli che vorrei leggere, che non è affatto lunga.
Grazie caro Muggeridge, poi fammi sapere cosa ne pensi….