S. Francesca romana – il giardino.
Incontrarsi è un’altra cosa.
Anche quando per farlo bisogna affrontare un piccolo disagio o un viaggio.
Sono passati ormai dodici anni da quella notte di Ottobre. Alla guida di una Ford Focus cercavo la tangenziale nord di Torino per raggiungere l’autostrada per Piacenza. E da lì continuare verso Sud. Destinazione Castiglione del Lago, ma non sapevo bene nemmeno a quale casello uscire. Chiamato al cellulare mio fratello, ricevetti per strada la dritta giusta: “La seconda dopo Arezzo”. Meglio di niente, poi me la sarei cavata in qualche modo.
Avevo poco tempo, non era un viaggio programmato. Solo mezz’ora prima, verso le 17.15, presi la decisione di intraprendere questa sortita. Avevo appena terminato di lavorare e la mattina successiva avrei preso servizio come professore di Scienze e Matematica verso le 8,30. Mi attendevano poco più di 1.100 chilometri tra andata e ritorno e il tempo era poco. Avrei dovuto sbrigarmi.
Qualche minuto prima di partire avevo trovato, per mail, la risposta della mia futura fidanzata alla fatidica domanda. Ed era una risposta piacevolmente affermativa.
Come potete immaginare, non poteva bastarmi aver ricevuto un’informazione dallo schermo di un PC. Né avere conferma di tale informazione dalla stessa voce della fortunata ragazza, chessò magari per telefono. Che avrei dovuto fare? Chiamarla per chiederle se s’era sbagliata a dirmi di sì? E se poi m’avesse detto: “Oh, scusa mi sono sbagliata”??!! Non potevo rischiare, meglio andare di persona.
Poi c’era un altro motivo per cui ero partito in fretta e furia per quel viaggio. Che non era una conferma di informazione, che tra l’altro era la prima regoletta che misi qualche mese fa in un articolo sulla buona comunicazione. (Vedi Informazione scientifica e comunicazione).
Io partii per vederla negli occhi, per sentire nuovamente quel sì. Siamo persone, non macchine che si trasmettono dati. Volevo provare emozioni, volevo scorgere quello zampillo di luce nel suo sguardo, mentre parlava. Volevo esserci.
E, se ci pensate, è quello che cerchiamo tutte le volte che andiamo a incontrare qualcuno che ci ha trasmesso valori oppure emozioni. Che andiamo a incontrare qualcuno che ci ha arricchito.
E’ quello che potremo fare Sabato 11 Ottobre a Roma. Esserci.
Io non vedo l’ora di incontrare tutte quelle facce che ancora non conosco, sentire che fanno nella vita e perché lo fanno. Indagare sul perché visitano blog alternativi come questo e non si vergognano. Ho in mente anche i vostri NickName, ma se li dico, devo scriverli tutti e non ce la farei mai in questi 5 minuti che mi separano da un buon cuscino e lo scomodo divano-letto di questa sera.
Incontrarsi e guardarsi negli occhi sarà bellissimo perché potremo scorgere nello sguardo dell’altro il lampo di intuizione che una tastiera non segnala, una pacca di solidarietà che il mouse non trasmette.
Esserci, in una parola. Vivere intensamente, in due parole. Forti perché uniti, in tre parole. Ora interrompo la tabellina per chiedervi di osare. Chi è indeciso, si decida a venire. Chi è sicuro di non venire, si rimetta in gioco.
Proverete emozioni che via web non vi posso suggerire, sarà una scarica di adrenalina indimenticabile. Per chi ci sarà.
Vi aspetto.
Max
P.S. Come finì quel viaggio? Tornai a casa all’alba. Tenendomi sveglio con bottiglie di acqua fredda che si svuotavano lungo la mia schiena. E arrivai in tempo per tenere la lezione.
P.P.S. : La risposta è Sì, poi me la sono sposata.
8 commenti
Mi piacerebbe davvero esserci per potervi ascoltare e per poter avere il piacere di conoscervi di persona ma, purtroppo, visti i miei attuali impegni, penso che sara’ dura farcela…..
Vi auguro comunque un in bocca al lupo per questa notevole iniziativa, spero vivamente che possa portarci a crescere ancora!
Farebbe piacere anche a me poterti conoscere di persona, ma non perdo la speranza, chissà se potesse aprirsi uno spiraglio…
PS per l’anno venturo non ci sono scuse! 😉
Grazie, Max, del racconto di questa tua esperienza d’amore. L’altro giorno, a proposito dei quotidiani spropositi dello scientismo per spiegare i tratti del volto umano, un lettore ne metteva in evidenza la banalità rispetto alle intuizioni di Levinas.
Per Levinas, la prima figura dell’alterità del volto è la femminilità che l’io incontra nella casa. La casa è il luogo dove si instaura la prima forma di socialità attraverso la relazione coniugale. Rompendo con la tradizione che spiegava l’istituzione del matrimonio (la vita nella casa, oikos, economia) con le necessità puramente biologiche ed economiche, cioè la sopravvivenza dell’individuo e la riproduzione della specie, Levinas ne sviluppa il significato spirituale e metafisico. Ritirandomi nella mia dimora, chiudendo le porte, io posso raccogliermi in me stesso e vivere nell’intimità della presenza dell’ALTRO, nella relazione amorosa e nei legami familiari. Come un’ambasciata in un paese straniero, la mia casa gode dei privilegi dell’extraterritorialità, nello stesso tempo dentro e fuori, situata nello spazio pubblico e in sua disparte.
Grazie a te, Giorgio. Forte, ‘sto Levinas.
Grazie professore. Le sue riflessioni riempiono veramente il cuore.
Approfitto delle sue osservazioni per citare un altro filosofo, anche lui di origine ebraica come Levinas, di nome Martin Buber.
Per Buber l’io non e’ una sostanza, ma una fitta trama di rapporti e relazioni.
L’io si costituisce fondamentalmente nella relazione e la relazione e’ costitutivamente dialogo.
“L’autentico dialogo e quindi ogni reale compimento della relazione interumana significa accettazione dell’alterità. […] L’umanità e il genere umano divengono in incontri autentici. Qui l’uomo si apprende non semplicemente limitato dagli uomini, rimandato alla propria finitezza, parzialità, bisogno di integrazione, ma viene esaudito il proprio rapporto alla verità attraverso quello distinto, secondo l’individuazione, dell’altro, distinto per far sorgere e sviluppare un rapporto determinato alla stessa verità. Agli uomini è necessario e a essi concesso di attestarsi reciprocamente in autentici incontri nel loro essere individuale”. (Separazione e relazione)
“Lo scopo della relazione è la sua stessa essenza, ovvero il contatto con il Tu; poiché attraverso il contatto ogni Tu coglie un alito del Tu, cioè della vita eterna. Chi sta nella relazione partecipa a una realtà, cioè a un essere, che non è puramente in lui né puramente fuori di lui. Tutta la realtà è un agire cui io partecipo senza potermi adattare a essa. Dove non v’è partecipazione non v’è nemmeno realtà. Dove v’è egoismo non v’è realtà. La partecipazione è tanto piú completa quanto piú immediato è il contatto del Tu. È la partecipazione alla realtà che fa l’Io reale; ed esso è tanto piú reale quanto piú completa è la partecipazione” (Io e tu).
Buon incontro a tutti quelli che potranno partecipare a questa bellissima iniziativa.
Grazie, Amedeo, della bellissima citazione di Buber.
Io penso comunque che l’io sia una sostanza non fisica, che si costruisce sulle relazioni interpersonali con gli altri io. E come l’ateismo è lo sbocco inevitabile dell’io isolato del fisicalismo, così il divino prorompe dalla trascendenza della relazione con l’Altro.
Max , continua a guardarla negli occhi e non perdere mai questa abitudine . Questo piccolo gesto crea un legame più profondo , perché non è un legame profondo a creare questo gesto. Spero di non averti confuso . Bellissimo post .
Io non ci sarò all’incontro , ma non mancherò di esserci l’anno prossimo se le condizioni lo permetteranno .
Volentieri seguirò il tuo consiglio.
A presto!