Il disegno del nuovo dispositivo energetico
Sembrerebbe una battuta tratta dal film “Non ci resta che piangere” con Troisi e Benigni che inventavano la locomotiva, ma si tratta invece di quella che viene ritenuta una “nuova” forma di energia: bruciare la legna.
Solo che adesso, con un autentico esercizio da orwelliana “neolingua”, la legna si chiama “biomassa”.
La notizia è apparsa il 7 settembre 2011 sul Corriere della Sera: “Centrali a biomasse con alberi del Sud del mondo per le «nostre» rinnovabili”
In poche parole si tratta di prelevare alberi dal terzo mondo per bruciarli in Europa (nel caso specifico in G.B.)
Il vantaggio di questa idea è nell’aumentare la percentuale di energie rinnovabili e, immancabilmente, ridurre le emissioni di CO2!
Ma come, diranno in molti, quando si brucia la legna non viene emessa la CO2?
Ma non ci si lamentava solo poche settimane fa che con gli incendi della tundra si sarebbe liberata la CO2 accumulata in decenni?
E quella liberata dagli alberi delle foreste non è stata anch’essa accumulata in decenni?
Ma gli esperti dicono che non è così: “i vantaggi nel medio termine sono immediati: riduzioni delle emissioni di CO2, minor impatto ambientale.”
Minor impatto ambientale?!
Quindi bruciare intere foreste non ha alcun impatto ambientale! Evidentemente non abbiamo capito bene cosa si intende per “impatto ambientale”. Qualcuno potrebbe a questo punto osservare che se per ogni albero che viene tagliato se ne pianta uno nuovo, alla fine il bilancio è neutro.
Ma se per far crescere un albero ci vogliono decenni, quanto terreno dovrà essere vincolato per questa attività?
E qui viene il “bello”: infatti i terreni da utilizzare non saranno le famose foreste inglesi, né la germanica Foresta Nera o il Parco del Gran Paradiso, e nemmeno la nota Sherwood, rifugio del leggendario Robin Hood, non corre alcun pericolo: “le multinazionali di ogni bandiera hanno fatto acquisizioni nel sud del mondo. Qualche esempio? Le company americane si sono assicurate migliaia di ettari in Guyana, Congo, Ghana, India. L’Europa ha investito in Mozambico, la Corea del sud in Cambogia e in Indonesia”
Adesso siamo più tranquilli, l’energia per l’Occidente sarà presa a scapito dei soliti noti, i paesi più poveri.
Le problematiche relative alle popolazioni coinvolte sono evidenziate dal ricercatore italiano, Lorenzo Cotula, che nello stesso articolo del Corriere afferma: “Il crescente interesse esterno in terreni africani per progetti agroalimentari o bioenergetici crea rischi importanti per le popolazioni locali”.
Quello che appare certo è che, ancora una volta, dietro l’ossessione per il falso problema della CO2 si nasconde il vero problema dello sfruttamento del terzo mondo.
5 commenti
ma gli alberi una volta facevano la sintesi clorofilliana…ora non più ?
Per capirci, per chi non ricordasse cosa sia esattamente la sintesi clorofilliana, si tratta di un meccanismo colla quale le piante si assicurano gli atomi di carbonio che gli servono per la loro “biomassa” (so’ bravo eh ? mica ho detto “legna”).
6 molecole di CO2, catturate per aria, 6 molecole di acqua (ecco perchè non crescono foreste nei deserti…) e un po’ di energia dal Sole in pratica danno una molecola di glucosio e sei molecole di ossigeno.
Ma vediamo meglio cosa succede “per aria”… prima c’è CO2, cioè quella molecola, essenziale per la vita, e senza la quale NON CI SAREBBE VITA SU QUESTO PIANETA, ma demonizzata dall’ambientalismo, che usurpa il nome di “verde”, visto che è contro la CO2, principale creatrice di verde…
alla fine della reazione c’è ossigeno…sì, OSSIGENO
ovvero le foreste fanno lo sporco lavoro di trasformare la CO2 in ossigeno (detto alla buona… in realtà, sottrarre l’atomo di carbonio alla CO2, emettendo al suo posto ossigeno)… e bruciarle sarebbe “aumentare le energie rinnovabili”… che faccia tosta ! perdonatemi, ma chiamiamo pane il pane e ecoimpeialismo l’ecoimperialismo !
Secondo me.
Chiaro, sintetico, condivisibile.
Non dovrebbe essere così difficile farlo capire in giro.
a Ganavion
Forse Lei non sa che il bosco va coltivato e poi tagliato a cicli di 18/25 anni altrimenti si depaupera si rovina: Bruciare la legna è quindi normalissimo.
Siamo proprio ben presi con tanti ciarlatani che non sanno quello che dicono…e quello che fanno.
Gentile Michele,
raccomando di mantenere uno stile pacato e rispettoso verso gli altri.
Per quel che concerne invece il merito del suo intervento posso dire che, pur non essendo un esperto di scienze forestali, ho un’esperienza pluridecennale di un luogo come il Parco Nazionale del Circeo e francamente non mi sembra che gli alberi lì vengano tagliati dopo 18/25 anni.
E non ritengo che l’eventuale taglio di qualche esemplare secco o malato sia esattamente ciò che sta avvenendo nei casi riportati dal Corriere.
Gentile Pennetta la Sua risposta conferma esattamente quanto da me affermato, nel senso che per fare delle valutazioni corrette è necessario conoscere la situazione.
Il bosco ceduo della Liguria, in grande prevalenza composto da essenze di carpino, rovere e faggio va sicuramente curato e ciclicamente tagliato per mantenerlo. La Liguria è coperta dal 70% da boschi ed insieme al Trentino è la regione italiana più boscata. Per questo la Regione ha promosso diversi progetti e programmi in tal senso, per gestire il boscom ed evitare l’abbandono. Ad esempio il progetto Robinwood coinvolge, assieme all’Italia, la Finlandia, la Romania e la Francia. Muovendoci in questa direzione si potranno promuovere anche diverse attività economiche sulla filiera del legno capaci di valorizzare l’entroterra. Spero di essere stato chiaro e comunque invito i diffidenti a consultare il sito della Regione Liguria ed a leggere l’articolo di Panorama del 12 Marzo pagina 13, al link sottoindicato:
http://www.agienergia.it/documenti/11%20rassegna%2011-17%20marzo.pdf