Il prof. Pievani chiude la vicenda della lettera aperta ad “un insegnante antidarwiniano”, con una replica su CS.
Nessuna sorpresa da una parte e dall’altra.
Di seguito è riportato il testo dell’intervento del prof. Pievani in seguito alla replica alla sua lettera a me indirizzata:
Telmo Pievani scrive:
Gentile Pennetta,
la ringrazio per il tono costruttivo e per questa grande attenzione verso il mio umile lavoro. Vedo tuttavia che, come previsto, le considerazioni contenute nella mia lettera non hanno sortito alcun effetto e non hanno modificato di una virgola i suoi convincimenti. Mi duole dunque ripeterle che i suoi dubbi, le sue affermazioni e le sue ulteriori “domande” derivano da un totale travisamento delle ricerche evoluzionistiche attuali e sono del tutto infondate. Prendo atto delle precisazioni qui esposte (sulla Mostra “Homo sapiens” lei aveva scritto tutt’altro, basta rileggersi il blog), che sono in aperta contraddizione con tesi precedentemente avanzate nel suo blog. Dal modo in cui lei interpreta la frase riportata di Tattersall e riferisce termini come “salto ontologico” arguisco che abbiamo davvero un’incompatibilità anche nella comprensione dei termini di base, pazienza. Quanto da lei sostenuto su microevoluzione e macroevoluzione è del tutto errato, mi dispiace ribadirlo. E’ così sbagliato e disperatamente tendenzioso che bisognerebbe ricominciare dalle fondamenta per riuscire a capirsi. Nel merito, in ogni caso, le risposte erano già contenute nelle mie 12 pagine e nei riferimenti bibliografici e tecnici che le ho suggerito. Se non bastano, aggiungo due miei libri che trattano proprio di quelle questioni: “Introduzione alla filosofia della biologia” (Laterza) e “La teoria dell’evoluzione” (Il Mulino). Non è ipse dixit, è quello che ho imparato studiando ogni giorno, da vent’anni, la biologia evoluzionistica, e pubblicando nelle sedi opportune. Non ho davvero altro da aggiungere, mi creda, se non invitarla serenamente a rivedersi i testi di riferimento in materia. Mi preme però ringraziarla per varie ragioni. Grazie per avermi dato lo spunto per sollevare la questione di come si insegna l’evoluzione nelle scuole private parificate italiane: stiamo raccogliendo al proposito segnalazioni numerose e molto interessanti, di cui discuteremo presto in varie occasioni pubbliche a livello nazionale. Grazie per aver dato spazio all’esilarante articolo di “Libero” e ad altri rigurgiti creazionisti: proprio una bella compagnia. Ricevere gli attacchi di certa stampa è per me un fiore all’occhiello, lo metto nel curriculum come motivo di orgoglio. Era del tutto prevedibile anche lo starnazzare del finto vittimismo. E’ una tecnica ben nota: si attacca insultando e manipolando le idee altrui, poi si grida alla censura se l’interessato reagisce. Chi mi ha dato per mesi del “buffone”, del fanfarone e del dogmatico ignorante, improvvisamente non ricorda e scrive che le sue critiche erano “epistemologiche” e non personali, salvo poi ancora darmi del “villano”, dell’intollerante e del meritevole di “compassione”: davvero una strana idea di epistemologia. Il tutto in grande evidenza nel suo blog. Grazie dunque per questi suoi toni garbati, che stridono perfettamente con la violenza verbale dei commenti. Chi ha recensito il mio libro stravolgendone il significato sostiene ora di non averlo letto e di essersi basato sulla copertina (!) e su un’intervista, bell’esempio di “critica scientifica”: terrò quella risposta nei miei annali perché è strepitosa. Grazie per i continui riferimenti personali su chi sono e chi non sono (un filosofo? un biologo? Faccio ricerca e insegno Filosofia delle Scienze Biologiche, Antropologia, Evoluzione e Filogenesi nel Dipartimento di Biologia dell’Università degli studi di Padova): quello che sono e non sono sta scritto nel mio curriculum, che è a disposizione di tutti online. Grazie infine per il solito prevedibile invito a confronti pubblici. Naturalmente, non ho alcuna intenzione di investire un solo minuto del mio tempo in queste pantomime, per due ragioni semplicissime. La prima è che non esiste l’oggetto del contendere: le tesi di cui dovremmo discutere non hanno alcun fondamento né alcun rilievo nel dibattito scientifico e filosofico sull’evoluzione. Per citare la risposta che l’odiato e vituperato Darwin dava in situazioni simili, “non riesco a ravvisare alcuna prospettiva di una qualsivoglia utilità derivante dalla conferenza proposta”. La seconda è che il programma di ricerca neodarwiniano, in continuo aggiornamento, è lo strumento di lavoro quotidiano di migliaia di scienziati, in Italia e nel mondo. Nei loro confronti io non ho alcun ruolo di “rappresentanza” e vorrei evitare di personalizzare questi insensati dibattiti. Le rinnovo quindi l’invito, sinceramente e senza alcuna polemica, a rivolgersi come insegnante alle istituzioni ufficiali che la comunità scientifica esprime in questo campo: la Società Italiana di Biologia Evoluzionistica (SIBE) e l’Associazione Genetica Italiana (AGI). Lì troverà gli interlocutori adatti per tutti i suoi dubbi, per le obiezioni che vorrà porre e anche per un utile confronto sulla qualità e sull’aggiornamento dei manuali scolastici in uso.
Torno nel mio fortino assediato, in tremante attesa del crollo imminente del neodarwinismo. A lei e agli amici del suo blog – che adesso daranno inizio al carnevale del “si sottrae al dibattito per paura del confronto, eccetera” – i saluti più cordiali.Telmo Pievani
Quando il prof. Pievani ha scritto la “Lettera aperta ad un insegnante antidarwiniano“ credo che non avesse nelle intenzioni e nelle aspettative quella di ottenere un cambiamento della mia opinione sulla teoria neodarwiniana. Allo stesso modo neanche io ho mai pensato che esponendo le ragioni della critica antidarwiniana avrei potuto ottenere un cambiamento di opinione di Pievani o Boncinelli, o di qualsiasi altro esponente del darwinismo.
La mia azione di controinformazione scientifica era sin dall’inizio diretta ai lettori e a tutti coloro che sul web cercano delle informazioni fuori dal mainstream.
Il mio commentare gli articoli di Pikaia e altre iniziative legate al neodarwinismo è stato ed è dunque funzionale a questa opera di controinformazione e mai è stato rivolto contro qualcuno, che si tratti di associazioni o singoli individui.
Non c’è niente da stupirsi dunque che nello scambio di considerazioni, iniziato con la lettera aperta del 12 gennaio e concluso con questo mio ultimo intervento, sia emerso il più assoluto nulla di fatto, e che anche le mie ultime domande non abbiano ricevuto alcuna risposta specifica. Ciascuno resta sulle proprie posizioni.
Un nulla di fatto che si riferisce però alle personali idee del sottoscritto e di Pievani, che come ho detto prima non erano il vero oggetto del contendere, il vero confronto è infatti sulle idee dei lettori, ed è per loro che tutto questo avviene. Questo scambio di lettere segna quindi più che altro l’emergere di un confronto che proseguiva ormai da tempo senza essere riconosciuto.
Le parole di Pievani danno la conferma del fatto che il confronto proseguirà a distanza, quindi nessun chiarimento diretto che possa andare a beneficio delle persone che vogliono farsi un’idea precisa di come stiano le cose.
Solo due ultime considerazioni: per prima cosa mi permetto di dubitare che l’articolo di Marco Respinti pubblicato su Libero sia stato per il prof. Pievani così “esilarante” come dice; in secondo luogo prendo atto del procedere della preannunciata raccolta di segnalazioni sull’insegnamento dell’evoluzione nelle scuole paritarie.
Chiedo a questo punto che i risultati siano resi pubblici e pubblicamente discussi in presenza di una controparte.
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Riguardo poi al carattere discriminatorio e intimidatorio di quest’ultima iniziativa, preannuncio al prof. Pievani, e a chiunque altro fosse interessato, che sarò io il primo a parlarne da una tribuna pubblica a livello nazionale.
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63 commenti
Non ho mai detto/scritto di aver letto quel libro nella mia recensione e non ho mai stravolto il significato di nulla, mi sono solo attenuto alla sua descrizione presa dall’intervista online. Tra l’altro non capisco come la descrizione personale dell’autore o quella in copertina, che lei definisce solo uno stereotipo (?), non siano sufficienti per una critica da blog. Cosa dovrebbe motivare dei potenziali lettori ad acquistare il suo volume se tali mezzi sono insufficienti per farsi un’idea su di esso? E allora perchè ha deciso di fare quell’intervista se non reputava importante per le vendite parlare della sua ultima fatica? Ironia dell sorte, prima afferma che Pennetta si contraddice e che io stravolgo quanto da lei detto ma poi è lei il primo a gettarsi la zappa sui piedi e mentire su quanto da me commentato. Ad ogni modo sono sdegnato da tutta questa storia e le infinite guarriglie, per cui la saluto ed approfitto di questo intervento per salutare tutti gli amici di CS ed il prof Pennetta.
p.s. il tizio qui si è offeso un semplice “villano”, dovrebbe fare un viaggetto dove ancora vige la selezione naturale
*guerriglie
*si è offeso per
scusate gli errori di battitura, ho scritto di getto = )
Carissimo Adriano, colgo l’occasione di questo tuo intervento chiarificatore delle tue ragioni per chiederti (e penso di farlo a nome di tutti gli amici di CS) di continuare a dare il tuo importante contributo sul sito.
Se proprio non vuoi partecipare come autore di articoli, almeno ti chiedo di farlo contribuendo con i tuoi interventi.
Con stima
ep
Ad essere sinceri ho un po’ sfruttato a situazione creatasi con Pievani. La realtà è che mi trovo in una situazione nella quale non mi è possibile dedicarmi a progetti ed impegni quotidiani quale può essere lo scrivere articoli per questo blog. Sono contento comunque del risultato, finalmente caro professore è riuscito a far scendere Pievani dall’Olimpo. Adesso che cammina tra noi la gente si renderà conto dei grandi limiti delle sue argomentazioni.
Ciao Adriano,
ti auguro che in qualunque situazione tu ti trovi tutto vada per il meglio.
E spero che presto tu possa trovarti nella condizione di poterti dedicare a quei temi che ti interessano e che tu possa scrivere degli altri articoli per CS.
Riguardo all’iniziativa del prof. Pievani credo che nella sua decisione di parlare abbia avuto un ruolo non secondario la tua recensione, mi spiace solo che al riguardo il confronto non sia stato sereno.
Sulla capacità di giudizio della gente sono d’accordo, è proprio sulla fiducia in questa capacità di giudizio che si basa la nostra azione.
Un caro saluto
Prof. Pievani il miglior modo per avere ragione è dimostrarlo. Non ce ne sono altri.
Se è vero che gli “accoliti” sono travisatori del suo pensiero, appartengono ad una galassia ideologica ecc… è vero anche, come ha fatto notare Pennetta, che le campagne pro-Darwin sono strumentalizzate da certe componenti anti religiose.
Non solo, lasci perdere la bagarre personale con Masiero piuttosto risponda alla sua domanda: vedere una evoluzione senza un fine è scienza o filosofia?
Infine, se il suo lavoro è umile come dice, partecipi alla discussione e animi un serio confronto con chiunque voglia capire qualcosa in più.
La saluto e la ringrazio per questa lettera.
G.T.
La differenza di stile: Pennetta ha offerto alle tesi di Pievani grande evidenza su CS, pubblicando nell’head line sia la prima che la seconda lettera; Pievani, zero reciprocità su Pikaia. Questo è un fatto, o no?
Ben venga l’indagine di come s’insegna il darwinismo nelle scuole paritarie. Perché Pievani non ne sollecita una anche su come si fa passare la propria Weltanschauung per evidenza scientifica nelle facoltà di lettere e filosofia delle università pubbliche? O la reciprocità zero deve valere sempre contro noi “vittime starnazzanti” nei nostri “carnevali”?
E’ una tecnica ben nota: si attacca insultando e manipolando le idee altrui, poi si grida alla censura se l’interessato reagisce.
Ha descritto esattamente i metodi che lui ha usato nelle sue lettere.
La lingua batte dove il dente duole.
Nella storia è sempre stato così: i persecutori hanno sempre accusato i perseguitati di quello che loro hanno fatto.
Ma poi basterebbe rileggere CHI si è rifiutato di discutere/incontrarsi.
“si sottrae al dibattito per paura del confronto”, magari fosse, sembra piuttosto… terrore.
La verità prof Masiero è un’altra. Spesso ci permettiamo il lusso, come Paese, di demonizzare la scuola privata, quando invece la scuola pubblica si arroca il diritto di far sapere un determinato episodio storico/scientifico/filosofico o di non farlo sapere in un determinato modo ai suoi studenti. Piuttosto si dovrebbe parlare in certi casi di violenza “psicologica”, laddove un insegnante pubblico perpetua la sua ideologia… poiché lo stesso studente/ la medesima famiglia sono obbligati a mandarlo a scuola e il ragazzo a ricevere certi insegnamenti.
Invece la scuola privata è tenuta ad insegnare certi valori ai suoi studenti, la differenza sta in questo. Le famiglie pagano per questo. Quindi questi interessanti discorsi dovrebbero convergere soprattutto sulla scuola pubblica: neutrale (?) e obbligatoria per definizione.
Richard Dawkins ha partecipato a centinaia di dibattiti pubblici: in alcuni casi ha trovato interlocutori del tutto impreparati e li ha fatti a pezzi (com’era giusto che fosse) in altri ha trovato pane per i suoi denti. In casa nostra, Piergiorgio Odifreddi va ospite dovunque lo chiamino per difendere le sue idee, Margherita Hack ha recentemente scritto un libro con un prete (un prete!) e via discorrendo (con tutte le differenze del caso, sia chiaro). Solo il nostro è così “prezioso” da non avere “nemmeno un minuto del suo tempo” da sprecare per un dibattito pubblico che – ne sono certo al 100% – non gioverebbe certo ai relatori (che dovrebbero sorridersi forzatamente resistendo all’impulso di mandarsi a quel paese) ma sicuramente ai fruitori sì. Perchè i divulgatori, caro prof Pievani, fanno così. E’ troppo facile dire “Non rispondo perché tanto è inutile, gnè gnè gnè”.
Ti faccio notare però che Dawkins, quando sfidato da William Lane Craig ha ben pensato di darsela a gambe e non presentarsi al debate, prendendosi di codardo a destra e a manca. Solo qualche tempo dopo se n’è uscito dichiarando, tramite comunicati stampa, che lui “non avrebbe perso un minuto del suo preziosissimo tempo” per confrontarsi con un cialtrone come il dr. Craig…
Ricorda qualcosa, vero? 😀
Non lo sapevo 😀 Però ad esempio quando ha parlato con Alister McGrath è stato un dibattito civile e molto interessante, poi ovvio nessuno dei due ha cambiato idea, ma come si diceva il “servizio” è per il pubblico (e prima ancora alla verità che uno, da un lato o dall’altro, si è sentito chiamato a difendere dedicandole tutto il suo lavoro).. quindi il dispiacere (sincero) rimane…
Voglia il prof. Penneta perdonare l’OT, ma siccome il “debate” tra Dawkins e McGrath me l’ero perso, sono andato a guardarmelo subito. Vorrei segnalare questa parte: http://www.youtube.com/watch?v=15l8LXGTCyo
La spiegazione che McGrath fornisce riguardo la domanda posta da Dawkins sembra lasciare quest’ultimo senza parole, in maniera positiva però, tant’è che lo ringrazia pure! Incredible! 🙂
Gentile Pennetta,
nell’iniziativa di Pikaia sulla scuola non vi è alcunché di discriminatorio e intimidatorio. Semplicemente, c’è il desiderio di sapere e di confrontarsi con i nostri lettori. La libertà di insegnamento è inviolabile, ma esiste anche il diritto di essere informati su ciò che viene insegnato ai nostri figli in scuole riconosciute dallo Stato. Non trova? Se in quelle scuole private si fa un ottimo lavoro, come credo, perché scaldarsi tanto?
Quello che io insegno e scrivo è pubblico, trasparente, chiunque può vederlo e se vuole contestarlo nel merito. Sulla mia tesi filosofica circa l’assenza di finalità nell’evoluzione, e sui suoi rapporti con le evidenze scientifiche, ho scritto un capitolo intero de “La Vita Inaspettata” (il quarto). Non mi si può certo accusare di reticenza, basta leggerla e ribattere se non si è d’accordo. Perché continua a pubblicare commenti che invece riguardano la mia persona, con appellativi di ogni tipo? Che senso ha? Prima di dire che il suo commento di “controinformazione” non è “mai stato rivolto contro qualcuno”, vuole gentilmente rileggere tutto ciò che avete scritto sul mio conto nell’ultimo anno?
Vedo poi che continua a ignorare la mia proposta di dialogo. Sottoponete tutte le obiezioni e tutti i dubbi che avete ai rappresentanti della comunità scientifica italiana che si occupano di questa materia, attraverso la SIBE e l’AGI. Sarà uno scambio utile per tutti e se gli interessati saranno d’accordo sarà un piacere pubblicare le domande/obiezioni e le relative risposte anche su Pikaia, a disposizione di tutti e a beneficio dei lettori come lei scrive.
Attendo fiducioso
Telmo Pievani
Sig. Pievani ma quali appellativi? Crede forse che il sig. Pennetta ne sia immune?
Non voglio fare l’avvocato del prof Pennetta ma ho letto, purtroppo, le risposte agli interventi del prof. in altril lidi, La rassicuro non erano piacevoli e non appartenevano, i commentatori, a questa “galassia”.
Mentre penso, da umile lettore, che le contestazioni del sig. Masiero siano pertinenti e per nulla offensive. Le sue risposte sono state 0.
Ora mi chiedo: ma perché continua a scrivere a lamentarsi se non vuole un confronto?
Un’altra domanda : come fa a ritenersi riformista se non accetta le proposte democratiche di Pennetta,
Se dialogo Lei vuole davvero, Pievani, perché non comincia col pubblicare su Pikaia le due lettere di Pennetta, così come Pennetta ha fatto prontamente su CS con le Sue?
Gentile Pievani,
riguardo l’insegnamento della TDE come, ho già avuto modo di dirle, ci tengo anch’io che sia svolto nel modo più completo e preciso, ma se questo è l’interesse non vedo perché la proposta di monitorarlo è stata rivolta solo agli studenti delle scuole paritarie.
Questa è, nel più autentico significato etimologico, una discriminazione.
Perché allora non estendere l’invito anche alle scuole statali?
Per il resto non sono dell’idea che esista un’uniformità né all’interno della scuola statale né in quella privata, la mia esperienza mi ha portato a constatare che esistono le più disparate realtà sia in un campo che nell’altro.
Confermo di non aver mai rivolto osservazioni “ad hominem”, se in molti articoli ho citato il suo nome l’ho fatto rivolgendomi alla “autorità” da lei impersonata, non alla persona, un po’ quello che avviene in ogni campo, dove si possono ad esempio criticare le affermazioni di un personaggio politico riferendosi non a lui ma al ruolo “impersonato”.
Del resto essere personaggi pubblici comporta inevitabilmente queste implicazioni. A me è capitato di peggio, può verificare cosa ha detto in passato sul mio conto la giornalista Sylvie Coyaud scrivendo anche su Oggiscienza, “sito amico” di Pikaia.
Riguardo poi ai commenti dei frequentatori, possono essere a volte più accesi, ma sono ampiamente al di sotto di livelli di aggressività di quello che si legge mediamente sul web, mentre sono assolutamente al disopra per contenuti e preparazione. Francamente sono assolutamente fiero della tipologia di persone che frequentano il blog e che lasciano i loro commenti.
Detto questo, se si ritiene offeso da qualche commento in particolare, me lo segnali, ritengo che nessuno farà obiezioni alla rimozione di eventuali parole non gradite.
Per quel che concerne infine la sua proposta di dialogo non è che la ignoro, è che non si tratta di un dialogo.
Mi spiego meglio, il dialogo si svolge tra due persone, quale sarebbe la sua proposta di dialogo se mi indirizza a terze persone?
Io mi sono rivolto a lei prof. Pievani, al divulgatore che pubblica libri e che arriva nelle case attraverso la TV, perché è lei che si presenta a milioni di persone proponendo la teoria darwiniana, ed è da lei che le stesse persone aspettano le risposte a chi espone dei dubbi.
Ma questo non significa che non sarebbe assolutamente interessante un confronto con gli specialisti del SIBE o con rappresentanti dell’AGI.
Sarei lieto di ospitare un confronto sui temi di comune interesse nella sezione del sito appositamente dedicata, quella denominata “Tavola Alta”. Se costoro vorranno inviare dei loro articoli saranno pubblicati, se invece vorranno intervenire in modo riconoscibile e rispondere a quelli pubblicati da altri, il loro contributo sarà prezioso.
Questa è la mia proposta, mi sembra che possa soddisfare entrambi.
Mi faccia sapere
Enzo Pennetta
Le persone si riconoscono, al di la di tutto, dallo stile. Complimenti prof. Pennetta per questa sobria lezione di vita, perché di questo si tratta.
Spero giovi al dibattito scientifico tutto questo marasma, in bocca al lupo!
Un saluto da G.T.
Gentile Pennetta,
d’accordissimo sulla scuola e sulle sue disparate realtà. Abbiamo sempre prestato grande attenzione alle statali e continueremo a farlo. Anzi, dal mio punto di vista sono la priorità. Ciò non toglie che si possa aprire una riflessione anche sulle paritarie, proprio perché riconosciute dallo Stato.
Mi giunge nuova la distinzione fra un attacco alla persona e un attacco all’autorità che essa rappresenta. Se io uso un aggettivo dispregiativo verso qualcuno, mi sto rivolgendo a lui, non al ruolo che “impersona”. Ma lei mi rassicura che vigilerà sulla qualità dei commenti e questo per me basta.
Quanto al dialogo, sono stupito. Prima mi scrive che non è interessato alla visibilità e poi insiste che vuole dialogare soltanto con me perché sono famoso e vado in TV. Non capisco. Andare in TV non è un merito, la scienza non è un talk show e qui la questione è semplice. Gliela ripropongo: lei ha dubbi di vario tipo sulla corroborazione empirica e sulla validità teorica dell’attuale spiegazione scientifica in campo evoluzionistico. Inoltre, le interessa avere risposte a queste obiezioni non per sé ma per i lettori. Benissimo: anziché contrapporre personalisticamente la mia parola alla sua, in questi casi ci si rivolge a chi rappresenta la comunità degli scienziati che lavorano sul campo, in laboratorio, ogni giorno, nelle materie che le interessano. Le società scientifiche servono anche per questo e rappresentano al meglio gli esperti del settore. Da loro potrà sapere qual è il consenso scientifico e quali sono le evidenze in continuo aggiornamento su una certa questione che le interessa. Capisco l’affezione per il suo blog, ma pensare che gli scienziati di quelle società, non interpellati, scrivano alla sua “tavola alta” è un po’ esagerato, non trova? Gli scienziati pubblicano sulle riviste accreditate e se c’è un dibattito scientificamente rilevante è in quelle sedi che viene affrontato.
Spero di averla convinta. Se manderà le sue domande a SIBE e AGI, sono sicuro che avrete un dialogo utile per tutti i lettori e si potranno chiarire molti fraintendimenti.
un saluto cordiale
Telmo Pievani
Pikaia- il portale dell’evoluzione, Darwin Day, Evolution Day, Creazione senza Dio, la vita inaspettata….ecc…. strano, ancora non siamo convinti di lei!
Caro prof. Pievani,
gli scienziati scrivono dove vogliono, ognuno ha le sue idee senza bisogno di un consenso organizzato da alcuna società. Trovo che questa iniziativa della Tavola Alta sia interessante e, nonostante io abbia un buon CV con parecchie pubblicazioni su riviste ad alto IF (di seguito alcune cose di quest’anno che magari la possono interessare..)
http://pubs.acs.org/doi/abs/10.1021/cr3002356
http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0301462212000464
http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0378437111006789
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3371675/
http://www.la-press.com/a-novel-multi-scale-modeling-approach-to-infer-whole-genome-divergence-article-a3417
http://pubs.acs.org/doi/abs/10.1021/ci2005127
mi fa piacere partecipare a questa iniziativa e confrontarmi anche con chi è fuori dal giro stretto. Questa anzi ritengo, in questi tempi di superstizione e di scarsa presa della scienza sulla cultura generale, una cosa molto importante.
Ciònonostante comprendo benissimo che ad altre persone questa iniziativa non piaccia per nulla e allora fanno bene a non scrivere, oppure a scrivere da un’altra parte. Ma questa storia degli scienziati che parlano solo dopo aver stabilito ‘la linea di consenso’ e rigidamente solo tra iniziati non mi trova d’accordo.
Detto questo mi fa tutto sommato piacere che, anche se con ruggine e difficoltà (capia d’altronde neel migliori famiglie) si riesca malgrado tutto a comunicare, è importante però che tutti si rinunci ad una certa aria barricadera, credo basti poco, anche perchè tutti i partecipanti al dibattito sono innamorati della scienza e della verità e tanto dovrebbe bastare per non darsi addosso . Lo dico per tutti, prima di tutto a me stesso, ho a lungo meditato se scrivere queste righe per non sembrare spocchioso, qualcosa alla ‘lei non sa chi sono io’ insomma, poi ho pensato, dopo un pò di tenetennamenti che questo potesse essere utile, proprio perchè tutti, anche i tecnici, hanno il dovere di essere chiari e di esporsi, quante volte persona ‘da fuori’ mi hanno fatto comprendere i miei errori.
Cordialmente
Alessandro Giuliani
Alessandro in tutta onestà,poi sbaglierò,ma credo fermamente che tu sia una delle ultime persone che possa dare l’impressione di essere un ‘lei non sa chi sono io’
Gentile Pievani,
apprendo con piacere che la vostra attenzione è rivolta “anche” alle paritarie, converrà però con me che non era esattamente ciò che emergeva nella lettera aperta.
Come diceva in un noto film Nanni Moretti “le parole sono importanti”.
Comunque, stando così le cose, vuol dire che allora le sarò grato se vorrà condividere pubblicamente anche i dati che giungeranno dalle scuole statali.
Riguardo invece alla ricerca della notorietà, non mi sembra un buon argomento per non rispondere alle domande che le vengono poste.
Vista la sua riluttanza potrei girarlo in senso opposto e dire che poiché non vuole confrontarsi sui temi di cui è l’indiscusso riferimento, allora tutte quelle partecipazioni a programmi TV e tutti quei libri sono in realtà finalizzati alla ricerca della notorietà.
Infatti se non le interessa la notorietà, perché in trasmissione da Augias non ci manda qualcuno del SIBE?
Allora forse possiamo dire che l’argomento o vale per entrambi o non vale per nessuno.
La realtà come dicevo, e come è evidente, è che se una persona si propone come riferimento per un dato argomento è naturale che ci si rivolga a lui per confrontarsi su quell’argomento. Il giorno che lei e Pikaia vi occuperete di altro non avrò motivo di porvi domande sull’evoluzione.
Se poi gli scienziati del SIBE vorranno fornire dei loro contributi alla divulgazione, di alto livello come gli articoli presenti sulla TA testimoniano, potrò anche formalizzare l’invito.
Ma se invece uno scienziato ritiene di dover pubblicare i suoi interventi solo su riviste specializzate vuol dire che rinuncia dichiaratamente a fare divulgazione, a fare cioè quello di cui, fatte le debite proporzioni, ci occupiamo entrambi.
Invito dunque il SIBE a partecipare alla TA con dei contributi che possano chiarire il corretti punto di vista della comunità scientifica sui dubbi da noi sollevati.
Un cordiale saluto
Enzo Pennetta
Gentile Pennetta,
prendo atto con rammarico che lei non intende confrontarsi con la comunità scientifica di riferimento per fare chiarezza e che il punto di interesse era soltanto la mia visibilità personale. Capisco. Come le ho già detto, è lei che dovrebbe interpellare la SIBE, non viceversa.
Dopo gli ultimi arrivi imbarazzanti nel suo blog, l’aria si è fatta per me irrespirabile. Dunque, con permesso, mi congedo e vi lascio alle vostre amabili conversazioni.
Telmo Pievani
Con tutto rispetto mi permetto di far osservare che questo botta e risposta va ad assomigliare ad un loop..
Un saluto al prof.Pievani che va e grazie molte della cortese visita.
Molto apprezzata.
Lo ammetto tranquillamente..non avrei mai pensato di leggerla in queste pagine.
Gentile Pievani,
temo di non essermi spiegato bene. Per dimostrare il mio interesse per un confronto ho invitato la comuità scientifica che si riconosce nel SIBE ad esporre le controargomentazioni alle nostre obiezioni direttamente su queste pagine.
Ma se sarà necessario li interpellerò direttamente come da lei indicato, fermo restando il fatto che le risposte verranno pubblicate in questa sede.
Il risultato finale per quel che mi riguarda è esattamente lo stesso.
Aggiungo che comprendo (per esperienza diretta) la fatica di confrontarsi oltre un certo tempo su un blog e quindi la sua decisione di terminare qui la conversazione.
Come ho avuto modo di dire altre volte questo spazio è al servizio di chi voglia trovare del materiale per farsi delle idee proprie sugli argomenti proposti.
E anche in questo caso di materiale ce n’è a sufficienza perché ciascuno tragga le proprie conclusioni.
Grazie per la sua disponibilità e per la cortese visita.
Cordiali saluti
Enzo Pennetta
Signori Professori Pennetta e Pievani mi sia concesso,credo anche a nome di altre persone alla ricerca della “Verità”,di ringraziarVi,per quello
che ci auguriamo non sia l’inizio e la fine di un
“dialogo”.La ringrazio Prof.Pievani,dopo averla citata
alcune volte,nella speranza di poterla di nuovo rileggerla,propio su questo sito.
Gent.ssimo Prof. Pievani, sono al settimo cielo. Il mio articolo su “Libero” a recensione della sua enciclica filosofica di scomunica lanciata contro l’esperto di biologia Enzo Pennetta, che le proporrei d’intitolare “Se lo fate ancora, lo dico alla mamma, l’ha fatta sorridere. Fortunello! Pensi invece che io, a leggere per mestiere i suoi sofismi scontati, sbadiglio…
Cordiali saluti,
Marco Respinti
collaboratore di “Libero”
Benvenuto a Marco Respinti,
essendo stato chiamato in causa dal prof. Pievani la sua presenza consentirà di chiarire le critiche mosse all’articolo pubblicato su Libero.
Senza peli sulla lingua …
Davvero un intervento di spessore. Sono onorato.
Telmo Pievani
A mio parere è necessario affrontare un argomento alla volta e sviscerarlo bene.
Non serve a nulla espandere il campo a troppe voci contemporanemente. Si dà adito oltretutto ad alibi per chi non vuole/sa rispondere.
Perché non cominciare con un tema preciso e limitato, con poche domande chiare?
Poi, ottenuto il dialogo, si vedrà di procedere eventualmente ad altri temi.
Pievani scrive
Sulla mia tesi filosofica circa l’assenza di finalità nell’evoluzione, e sui suoi rapporti con le evidenze scientifiche, ho scritto un capitolo intero de “La Vita Inaspettata” (il quarto)
A questo punto dovrò comprare il libro e leggere questo capitolo, per lo meno.
Tuttavia non vedo come sia possibile arguire un assenza di finalità da evidenze scientifiche.
L’evoluzione penso sia dovuta, stando all’ipotesi neodarwinista, che posso prendere anche per buona, alle mutazioni e all’interazioni con l’ambiente, che fungerà da selezionatore delle stesse.
Dunque il meccanismo sarà razionalmente spiegabile e verificabile.
Questo è perfettamente consistente con l’ipotesi di un creatore.
Non è invece possibile rispondere scientificamente alla domanda del perchè esista qualcosa piuttosto che il nulla, dunque non possono esistere evidenze scientifiche che risolvano il problema dell’origine.
Tuttavia è un’evidenza che esiste un’unica specie che si pone la domanda del “perchè delle cose” ovvero dell’origine, ed è un fatto che tale specie sia un unicum nella storia dell’evoluzione e che l’evoluzione non ha mai prodotto una specie con tali caratteristiche.
Dunque è un fatto, piaccia o meno, che il meccanismo dell’evoluzione ha prodotto una specie, unica, con queste caratteristiche, e che non ha precedenti.
Mentre la scoperta di specie precedenti all’uomo, ma con le medesime caratteristiche, sarebbe a mio avviso un’evidenza più convincente della mancanza di un finalismo.
Ma così non è stato, a quanto mi risulta.
Comunque questa frase sembra indicare che la tesi evoluzionistica neodarwiniana, dato l’inciso “e sui suoi rapporti con le evidenze scientifiche”, non è meramente per Pievani una descrizione scientifica e l’interpretazione attraverso un modello di un meccanismo, ma produce risvolti filosofici che inficiano il creazionismo inteso come l’esistenza creatore di tutte le cose.
Mi sembri torni a dire cose che hai già detto enrico:
http://www.enzopennetta.it/2013/01/risposta-alla-lettera-aperta-di-telmo-pievani-prima-parte/#comment-10585
e seguente.
Un “finalismo” nelle scienze,così in senso generale è indimostrabile,non è neanche un vero concetto scientifico.
Il futuro influenzerebbe il presente.
La parola chiave è contingenza.
Nel suo libro,la vita inaspettata,unico libro del prof.Pievani che abbia letto(se posso un po’ costoso per com’è..considerazione puramente personale)infatti come si evincerebbe,la dico molto brutalmente,da una pluralità di linee di indagine,di ricerca,di sperimentazione,di osservazione in ambito evoluzionistico emergerebbe una sempre maggiore considerazione sul fatto che la contingenza-le contingenze- abbia avuto un ruolo cruciale nella nostra storia naturale, in particolare nell’evoluzione recente dell’uomo.Il tema di fondo,almeno da quel che ho colto,mi corregga il prof Pievani(ah colgo l’occasione per presentargli i complimenti per il libro che mi ha divertito,si lo so magari non era quello l’intento principale)se sbaglio,è proprio quello della contingenza e del suo ruolo nell’evoluzione e cosa comporti in termini di,detta proprio semplicemente,senso della vita.
Conseguenze(o implicazioni) di tutto il ragionamento sulla contingenza sarebbero che la ragione e la scienza ammetterebbero al limite un Dio (riporta questo pensiero anche in alcune comparsate televvisive il Pievani) incapace di agire nella storia quindi nulla a che vedere con il Dio Rivelato,e quindi il fatto che esista l’uomo non sarebbe il frutto di un disegno divino ma una sorta di incidente,di accidente fortuito ed inaspettato.
Questo per dirla semplicemente ,cercando di non spoilerare e non distorcere il pensiero del filosofo.
Ripeto,questo è quanto io,certo detto brutalmente,sinteticamente ,semplicemente,ho colto.
Invito sicuramente tutti all’acquisto(e alla lettura)del libro in questione.
@ Leonetto
Non capisco perchè il finalismo dovrebbe essere inteso come “Il futuro influenzerebbe il presente”, semmai teologicamente per finalismo si può intendere che il creato e stato chiamato all’esistenza per l’uomo.
Ovvero che l’uomo è il vertice del creato.
Se il futuro influenzasse il presente non esisterebbe il principio di causa effetto.
Ora poichè il concetto di Dio creatore è quello di un Dio che chiama all’esistenza e sostiene nell’esistenza tutte le cose, ovvero esistono perchè Dio ne è eternamente il principio, e poichè la scienza non può risolvere il problema dell’origine, non so come possano esistere evidenze scientifiche che confutino il finalismo.
Potrei intendere che per contingente si vuol significare che le cose sarebbero potute andare diversamente da come sono andate.
Il punto è però che sono accadute nel modo in cui si sono verificate e non in un altro.
Che sarebbero potute essere diversamente è solo un’ ipotesi, fra l’altro indimostrabile.
Ripeto che se l’evoluzione avesse evidenziato un’altra specie capace di porsi la domanda dell’origine, un’altra specie caraterizzata dunque dal senso religioso (come evidenza Pievani anche un non credente si pone tale problematica) allora questa sarebbe stata più verosimilmente un’evidenza dell’assenza di un finalismo.
Si parla di scienza,non di metafisica,non di teleologia,fede o altro..Qualsiasi scopo sotteso allo svolgersi delle azioni umane e dei fenomeni naturali di origine Divina o proto-divina non può essere oggetto della scienza.
Anche qualora esistesse un finalismo la scienza non potrebbe dirci nulla a riguardo.
Il principo causa effetto,o di causalità, con il finalismo non c’entra un fischio.
E’ ovvio che chi è credente in un Dio creatore avrà una certa visione della storia naturale diversa da uno che non crede e diversa da un deista e diversa da un new ager..
Ti ho espresso,penso che sia bbastanza chiaro,sia cosa roiguardno i concetti di fine,finalità,finalismo e quale sia,almeno a mio avviso ,il nucleo del libro di Pievani.
Però ,tornando al discoso,se certe cose valgono per la storia naturale,nel campo della scienza galileiana dovrebbe valere invece l’oggettività garantita dal metodo scientifico.
La frase secondo cui il futuro influenzerebbe il presente sta aad indicare semplicemente e sinteticamente che effetto finale e causa primaria vanno a coincidere nel finalismo.L’intenzione di raggiungere quel fine produce l’azione il cui risultato è quindi (sarebbe) sia causa che effetto.
Facchini che è neodarwinista e creazionista vede per esempio nella biologia prova di finalismo,Pievani che è neodarwinista ma non creazionista vede invece nella biologia prova dell’assenza di finalismo,ognuno porta le sue ragioni,il Pievani sviluppa il concetto di contingenza,in particolare.
Io dico che entrambe le cose non hanno pienamente senso.Un conto è la storia naturale ,un conto è la scienza galileiana.
la scienza galileiana non nega la possibilità di un Creatore,e benchè l’ID cerchi non è possibile ,almeno ad oggi,nelle modalità in cui lo fanno,dimostrare l’esistenza di un qualsivoglia progetto in natura.
Il meccanismo causa effetto va ad indicare come si verifichino dei fenomenoi non il perchè,non avrebbe neanche senso.
Però e qui ritorno e concludo,il ragionamento,sempre da quanto ho capito io,del Pievani,sempre per dirla brutalmente,e oltre a quanto già detto,è che un finalismo prevede che per quante volte si svolga un processo proprio per natura di esso ,essendo causa ed effetto coincidenti quel processo darà per forza sempre lo stesso risultato.E’ ovio il perchè.Se invece il prodotto del processo è così aleatorio che se si verificasse 10,100,100000 di volte lo stesso processo si otterrebbero 10,100,100000 riusltati diversi allora non può esservi finalismo.
Spero sia chiaro.
@ Leonetto
La metafisica è stata introdotta da Pievani nel suo commento che ho riportato e non da me.
Ma visto che è stata introdotta ho scritto il mio pensiero.
Ora non credo che sia corretto dire che con finalismo, almeno come concetto rispetto la teologia cattolica, perchè più o meno chiaramente è quella che viene tirata in ballo, si intenda che il futuro influenzi il presente.
Caso mai è una descrizione che si avvicina di più al fatalismo.
Detto questo prendo proprio spunto dal già citato esperimento di Lenski.
Or bene non si sono affatto verificati n risultati differenti.
Non mi pare confuti l’ipotesi metafisica di un finalismo, così come lei l’ha introdotto, tanto per fare un esempio.
credo che tu abbia un po’ di confusione…
il finalismo è quello.punto.non è che ci sia da intendere una cosa anzichè un’altra.
L’esperimento di Lenski non c’entra niente..poi è stato fatto ‘un’ esperimento di Lenski non ‘n’…
L’Id in Lenski vede il vericarsi di un meccanismo progettato che si verifica secondo uno schema preciso caratterizzato da fasi precise descritto abbastanza chiaramente da Behe.
I neodarwinisti vedono un’esempio dei meccanismi neodarwiniani in atto.
Or bene,va benissimo anche il scondo,ma non rappresenta un caso di vera evoluzione.
Ad ogni modo l’esempio non ha senso di esser ricondotto al ragionamento anti finalista di Pievani.
Ragionamento che sarebbe anche corretto,ma non è sostenuto da nessun fatto(mia opinione).
L’esistenza dell’uomo sarebbe in gran parte frutto della contingenza, di una lunga serie di coincidenze fortuite,inaspettate ed irripetibili.
Alchè certamente uno potrebbe vederla in maniera duale e dire che visto che si è verificato tutto quello contro ogni pronostico,eludendo tante occasioni in cui l’uomo ha anche rischiato di estinguersi,vorrebbe dire che esiste un progetto,una guida che ha permesso all’uomo di emergere.
Ma va bene anche dire che visto che questo è avvenuto così inaspettatamente che se si ripetesse tutto questo,il risultato non riuscirebbe mai,allora non c’è nessun driver,figurarsi un Creatore intelligente.
Entrambe però sono concezioni filosofiche.O comunque legate a un credo,ad una visione della storia naturale.
La scienza non può confutare nè l’una nell’altra,probabilmete molti diranno a priopri,ma comunque fintanto che non ha degli elementi per farlo.
Dal momento che sia l’abiogenesi che l”’evoluzione” non hanno nessuna spiegazione scientifica e che quella neodarwiniana è non corroborata e non falsificabile la tesi sostenuta non trova le conferme che si vorrebbe darle.
Ad ogni modo ribadisco però che il finalismo che è precisamente,detta brutalmente,quanto ho scritto sopra,non può essere oggetto della scienza .Non è dimostrabile con i metodi di essa..Al limite potrebbe venire invalidata l’idea di un particolare finalismo.
Il fatto che causa ed effetto vadano a coincidere è parte fondamentale di esso.Non è questione di interpretazioni.
Il fatalismo poi non c’entra proprio nulla e fa riferimento ad una situazione di forte casualità e non causalità.
Ripeto tutto quanto ho scritto sin ora sull’argomento.
La causa finale non è un'”ipotesi”, ma è un principio assolutamente necessario! Tommaso! Dottore Angelico! Ti prego torna tra noi a spiegare ai filosofi moderni che il fine è “causa causarum” e che “omne agens agit propter finem” (pure quando l’agente non è intelligente) altrimenti il principio di causalità se ne va in malora e con esso tutta la scienza!
Scusate lo sfogo 🙂 Cercherò di essere più chiaro (nei limiti di un commento in un blog).
Riprendendo la lezione aristotelica si ricordi che l’atto del mobile e l’atto del motore sono un unico e medesimo atto, ovvero causa ed effetto partecipano di un’unica e medesima forma; è pertanto la partecipazione che fonda il nesso causale: quando una data forma è ricevuta per partecipazione in due enti distinti, allora o l’uno è causa dell’altro, oppure entrambi sono causati da un terzo agente. La causa formale-finale è sempre presente, infatti Tommaso definisce il fine come causa delle cause, perché ogni causa efficiente agisce secondo la propria natura, ossia secondo ciò che essa è, quindi secondo un ordine specifico, secondo una certa direzionalità, ovvero secondo una forma-fine (li metto insieme perché tali sono negli agenti non intelligenti) che viene ricevuta per partecipazione dall’effetto. È perciò costatando la partecipazione che si riconosce il nesso causale, e si giustifica così metafisicamente la nozione di causalità espressa dalle proposizioni controfattuali: il tale ente non si dà senza che si dia il tale altro ente. Duns Scoto, analitico ante litteram, nel Trattato sul Primo Principio, esprime tutto ciò sotto forma di teorema dimostrando una dopo l’altra le seguenti proposizioni: “Quod non est finitum (ovvero ordinato ad un fine), non est effectum”, “Quod non est effectum, non est finitum”.
Il “povero” Hume, erede di una filosofia che aveva ormai disconosciuto le cause formali e finali, si ritrovò con la sola causa efficiente, e cercò di trovarne il fondamento, ma ovviamente non poteva.
E non c’è bisogno di andare nei sistemi complessi per trovare le cause formali e finali. Esse sono sempre presenti affinché la stessa causa efficiente sia fondata. Basti pensare ad esempio come il principio di minima azione, così palesemente teleonomico, sia basilare praticamente per tutta la fisica oggi conosciuta.
Tutto questo chiaramente è metafisica, non scienza. Ma è la metafisica a fornire i fondamenti teoretici sui quali è possibile edificare la scienza, e pensare di poter usare una teoria scientifica o delle evidenze empiriche per confutare delle tesi puramente metafisiche, quali sono quelle che ho esposto, è un’assurdità a sentire la quale Aristotele si rivolterebbe nella tomba, se mai le sue ossa siano ancora da qualche parte 🙂 Come diceva Koyré, senza la metafisica la scienza è morta.
Buona parte dei filosofi moderni pensa che la metafisica sia inutile, se non addirittura priva di senso. Beh io sarò immodesto, ma penso che questi signori non abbiano capito nulla, e che un Aristotele o un Tommaso potrebbero papparseli in un boccone, ritornassero all’improvviso a vivere.
Io sono un fisico, e francamente delle speculazioni del circolo di Vienna ne faccio tranquillamente a meno. È grazie a Tommaso se posso comprendere i fondamenti del lavoro che faccio (e credo fermamente che gli scienziati siano per lo più degli aristotelici spontanei che non sanno di esserlo ;-)).
@ leonetto
Non credo affatto che il finalismo sia quello da lei descritto.
Se per finalismo si intendesse che il futuro influenzi il presente, allora, tanto per fare un esempio significherebbe che non vi sarebbe spazio per la libera volontà dell’uomo, tanto per fare un esempio.
Ovvero posto che io mi salvarò o meno (teologicamente parlando), qualunque scelta che io compia sarebbe del tutto irrilevante.
Questo si può vedere come fatalismo o predestinazione a seconda dei gusti.
Mi sembrava che Lenski avesse congelato i campioni dopo diverse generazione e che scongelandoli si fosse verificato, nel campione mutato, il medesimo risultato con le medesime tempistiche.
Rispetto al resto dell’intervento, affermare che un meccanismo abbia successo, più volte, e porti ad un dato risultato nostante una scarsa probabilità, per di più ripetutamente, e da questa affermazione negare un finalismo, ovvero uno “scopo”, mi sembra piuttosto paradossale.
Fai un gran mescolone di cose..tutto lì..
Non vorrei tornare a ripetermi,ma come detto non è questione di ciò che tu o altri credano che esso sia o non sia..quello è.
Cosa c’entrano determinismo e libero arbitrio?Il fatalismo poi è più che altro secondo un’accezione del termine legato al caso,secondo l’altra al suo opposto in una visione mistico-esoterica di predestinazione totale.
Se si stà parlando del sorgere dell’uomo vuol dire che in una visione finalistica il sorgere dell’uomo è la causa,il fine,per cui si sarebbero succedute alcune cose.Ed è pertanto anche il prodotto ultimo di queste cose,pertanto causa coincide con effetto.
Il finalismo è quello.
Tu ti confondi con determinismo e libero arbitrio.
Il credo è una cosa,la scienza un’altra e la filosofia un’altra ancora.
Ti ripeto che la scienza,in tutte le concezioni note del termine, parte dal presupposto che l’oggettività equivale al rifiuto sistematico a considerare la possibilità di pervenire ad una conoscenza “vera” mediante qualsiasi interpretazione dei fenomeni in termini di cause finali, cioè di “progetto”.
Considerazioni su un qualsivoglia finalismo rientrano non nella sfera della scienza galileiana ma della storia naturale,poi al limite(però manca tutta la sostanza) si poteva cercare di mostrare l’infondatezza o la fondezza di ‘un’ particolare finalismo.
Detta ancora in un altro modo tutto(quantomeno determinate cose prese in esame) avverrebbe organizzato in vista di un fine futuro,la causa di quel tutto che avviene quindi.
Ossia quel fine sarebbe la causa scatenante che innescherebbe una catena,una successione di cause-effetto fino all’effetto finale cioè il fine per il quale è pèartita tutta la successione.
Poi ,sempre in quella visione,ci può essere spazio per una molteplicità di vie,non è che deve essere monocorsia,ma tutte in dirittura d0arrivo convergerebbero al risultato medesimo,per forza di cose proprio perchè il fatto che causa primaria ed effetto finale coincidano crea quel vincolo retroattivo senza il quale il sistema nn funzionerebeb(sempre restando in quell’oittica)
“Rispetto al resto dell’intervento, affermare che un meccanismo abbia successo, più volte, e porti ad un dato risultato nostante una scarsa probabilità, per di più ripetutamente, e da questa affermazione negare un finalismo, ovvero uno “scopo”, mi sembra piuttosto paradossale.”
Questo con i dovuti se e ma può essere anche vero,ma fa attenzione.
Il concetto è tutt’altro che paradossale.
Se determinati processi avvenissero(avvenissero pechè non è corroborato checchè ne dicano)con un meccanismo aleatorio come quello neodarwiniano e per tutta una serie di fortuite coincidenze si fosse ottenuto un risultato,per esempio l’uomo,vorrebbe dire che quel risultato, potesse riniziare tutto dal principio, non tornerebbe più.Questo proverebbe assenza di finalismo.Anche se io direi molto meglio possibilità di un’assenza di finalismo,visto che come detto può essere interpretato dualmente come presenza di finalismo poichè si sono verificate proiprio tutte quelle cose.
Ma io dico invece che entrambe le posizioni sono interpretazioni personali della storia naturale.
La scienza non da conferme a nessuna delle due ma nemmeno per lo meno ,per come stanno le cose,invalida una delle due.
Quella non finalistica non vuol dire neodarwinista eh…
Quella neodarwinista si che trova ostacolo dalla scienza ..avendo contro le probabilità tanto per incominciare.
Quindi la visione del Pievani che escluderebbe il finalismo resta come ipotesi filosofica,sempre a mio avviso eh,non trova invece quel supporto scientifico che si vorrebbe fornirle.
Se il neodarwinismo viene ed è stato usato dai movimenti ateisti c’è una ragione.
Comuqnue ripeto son quelle cose “two face”.
Lenski dopo diverse migliaia di generazioni ,50000 circa,ha otteuto un e.coli con quelle caratteristiche note.
Risultato ottenuto in certe condizioni.
Ora,è possibile che ripetendo l’esperimento alle stesse condizioni non si verifichi di nuovo quel risultato oppure cambiando le condizioni che non si verifichi quel risultato.
Quindi l’E.Coli che si nutre di citrato in presenza di ossigeno non sarebbe il fine di ciò che è successo,ma una fortuita concidenza,se vogliamo anche una “risposta a particolari,fortuiti, stimoli ambientali”
Il congelamento era per campionare i risultati..che c’entra?
E,ad ogni modo non c’entra assolutamente niente perchè neanche è un caso di evoluzione e si inserisce veramente ma<le come esempio per il discorso in questione.
Voglio semplificare ulteriormente il comncetto,magari lo comprendi megio.
Esiste gran differenza fra un Disegno(Progetto) e il Destino(Fato)
@ leonetto
Penso che l’incomprensione tra noi sia dovuta ad un problema di termini.
La causa è l’agire di Dio. Se io costruisco una casa saranno le mie azioni a produrla ma non sarà la casa a influire sul presente semmai il progetto che agisce nel presente.
Certo si può intendere che il risultato, ovvero lo scopo, muove l’azione nel presente.
Perchè è nel presente che si svolge l’agire.
Il thread non era rivolto alla svolgimento di queste questioni, dunque non procederò oltre.
Riguardo all’esperimento di Lenski, che non ho tirato in ballo perchè dimostri l’evoluzione, ma che è stato tirato in ballo da Pievani nella prima risposta, mi sembrava di aver compreso che i campioni congelati a determinati step di una delle dodici culture, poi fossero stati scongelati e che avessero prodotto successivamente i medesimi step svolti in quella cultura.
Tutto qui.
Ok.Ho compresoi qual’è parte o grosso del tuo problema a capire la cosa.
Pensavo la frase sintetica sopra fosse abbastanza lapidaria e chiara,comunque ora dovrei farti comprendere.
Allora la casa,proprio l’idea di casa non c’è ,non esistre,nessuno ha mai visto,avuto una casa,è qualcosa che sia nel passato che nel presente non c’è.Ok?
Allora è possibile che uno si metta lì..tiri su un muro,un altro…metta una porta,una finestra..e man mano vengga fuori una casa.
Se uno però costruisce una casa il progetto (la casa)che è la causa per cui costruisco coincide con l’effetto del costruire (la casa).Ma se la casa non c’è ho già l’idea di cosa sarà il futuro perchè è lì che comparirà la casa.
La casa non c’è nel passato come non c’è nel presente, comparirà nel futuro ed è in virtù di quello che avviene tutto.
Chi costruisce sa che con un determinato numero di azioni costruirà la casa.
Quanti saranno gli operai,quanto tempo impiegheranno a costruirla,il modello ,la marca degli strumenti utilizzati, i rapporti fra gli operai etc..son tutte cose aleatorie che possono essere molteplici e cambiare.E son legate a fatalità..diciamo così.
Il finalismo è quello.Dio o non DIo.non ci son molti discorsi.
Effetto finale e causa primaria vanno a coincidere nel finalismo.L’intenzione di raggiungere quel fine produce l’azione il cui risultato è quindi (sarebbe) sia causa che effetto.
Te lo può far capire anche l’etimologia.Il termine deriva dal latino proiectum, participio passato del verbo proicere, letteralmente traducibile con gettare avanti.L’idea di ciò
L’esistenza obbligata di quell’effetto finale farà si che comunque,in qulaunque modo,con qualsiasi modalità, si sviluppi tutta la successione causa-effetto che porta ad esso.
Se la realtà tende a un fine,quel fine è la causa di quel tendere(non influisce sul come sia quel tendere) e sarà anche l’effetto di quel tendere.
Credo di non dover spendere altre parole su questa cosa.
Ho mancato magari anche di dirla in modo più formale:
“Lo stato futuro ca- ratterizzato come fine influenza causalmente gli eventi stessi che lo provocano.”
@ leonetto
Ho capito.
Ho dato una ripassata a finalismo, eziologia e meccanicismo.
Penso che l’incomprensione sia sorta per la definizione ma non per il contenuto di quanto io e lei volevamo dire.
Vorrei complimentarmi con tutti per i toni tenuti: è davvero raro trovare questo livello di civiltà su internet (i complimenti vanno estesi anche al prof Pievani, che comunque è sceso nella “fossa dei leoni”, anche se ha trovato leoni inglesi con il monocolo e dai modi ineccepibili). Nella “galassia” cui si è fatto riferimento (e lo dico con simpatia, da fan di sci-fi a me il termine piace e da oggi lo adotterò) gravitano un sacco di persone acute e preparate: Pennetta, Leonetto, Giuliani, Masiero, Adriano, Fasol (e solo per restare alle firme di questo blog, sicuramente ho scordato qualcuno e me ne scuso). Non si potrebbe mettere nero su bianco un documento da sottoporre alle associazioni citate dal prof Pievani? Naturalmente non è una cosa da fare dall’oggi al domani, considerato anche che tutte le persone che ho citato hanno una vita e prestano il loro tempo libero alla divulgazione, né certo mi aspetterei un Manifesto di tremila pagine, ma un primo sassolino da gettare nello stagno forse potrebbe essere possibile… A quel punto le famose società di scienziati dovrebbero o ignorare la cosa (ma il prof Pievani ci ha assicurato che ciò non succederebbe) o rispondere, e da lì potrebbe partire un nuovo dialogo senza le difficoltà riscontrate con un discorso a una persona sola che può sentirsi sotto attacco eccetera eccetera..
Da una parte una scienza che si pone dopo il reale e che quindi serve ( nel senso di fare da serva e quindi di essere utile) l’uomo dando così a tutti la possibilità di scoprire e scoprirsi oltre la materia dall’altra una scienza che si pone prima della realtà facendosi punto di partenza e diventando non serva dell’uomo ma padrona dell’uomo.
Da un lato chi serve e quindi si pone al di sotto dell’uomo per elevarlo e dall’altro chi vuole il potere ponendosi al di sopra dell’uomo riducendolo a mezzo: mi sembra che il campo e le posizioni sia oramai cristallizzate.
Professori Pennetta, Giuliani, Masiero ed altri che siete tanti( tra cui metto colui che più di tutti mi ha fatto scoprire la bellezza del dialogo scienza fede: Prof. don Giuseppe Tanzella Nitti) a Voi il mio sentito grazie per quanto fate per cercare di dare un futuro degno di tale nome all’umanità.
Matteo Dellanoce con Francesca Scotti e Marco, Luca, Giovanni i tre che domani saranno Vostri debitori.
Caro Matteo,
tu sei troppo buono, io (e credo di poter parlare anche a nome degli altri) spero di meritarmela questa tua fiducia, ma in realtà siamo più noi ‘vecchi’ ad essere debitori dei piccoli piuttosto che viceversa, lo vedo ogni giorno cone le mie figlie a cui debbo tanto in termini di di voglia di futuro, di entusiasmo, di iniziativa.
Anche per me Don Giuseppe è un faro.
Un abbraccio
Alessandro
Da quel che ho letto di tutta la diatriba, mi sono fatto l’idea che gli attacchi contro il prof. Pievani hanno avuto la più logica delle risposte e non potevano averne altre.
Il prof.Pievani è stato spesso canzonato su questo sito e ha dovuto difendere non la scienza, che in questo caso non ne ha bisogno, ma la sua persona da attacchi gratuiti e spesso con tutti i crismi della villania.
Non è così che ci si confronta, almeno in un consesso scientifico e civile di alto livello. Il titolo del sito (Critica scientifica) non giustifica l’acredine e i toni. Da giornalista penso di saper riconoscere quando in una discussione il sopravvento è preso da personalismi che non portano da nessuna parte se non a contrapposizioni sterili che potranno esaltare i “tifosi” ma non coloro a cui sta a cuore il confronto vero.
Giuseppe
Buonasera Giuseppe,
non so per quale testata lei scriva (visto che si presenta come giornalista, anzi sarebbe opportuno anche presentarsi con il cognome come ha fatto Marco Respinti), e da giornalista la invito a documentare dove il prof. Pievani è stato trattato in modo inaccettabile.
Le chiedo inoltre un giudizio sul trattamento che viene riservato ad altre persone su siti amici di Pikaia.
Se andrà da spaghettivolanti a protestare per gli insulti e le villanie riservate a chi la pensa diversamente sarà più credibile.
Buona sera
Enzo Pennetta
La sua umiltà le fa onore e Lei fa onore all’umiltà!
Don Giuseppe … quanto mi spiace non riuscire a frequentarlo più spesso!
Se ha modo di vederlo me lo saluti di cuore.
Matteo
Tralasciando le repliche del Prof. Pievani, sulle quali non penso ci sia molto da aggiungere, ho notato che nei commenti e’ nata una interessante discussione sui concetti di finalismo, contingenza e casualita’. Al riguardo segnalo che ho trovato molto molto interessante la voce “determinismo – indeterminismo” pubblicata nel dizionario interdisciplinare del sito DISF. http://www.disf.org/Voci/50.asp
Segnalo inoltre la prossima Pubblicazione di un importante saggio del filosofo tedesco Robert Spaemann: “Fini naturali. Storia & riscoperta del pensiero teleologico” (edizioni ARES).
Mi sembra interessante Riportare qui una sua riflessione fatta in un intervista concessa ad un giornalista di Avvenire: «Dietro alla negazione della teleologia c’è stato e c’è ancora l’interesse al dominio della natura. La riflessione teleologica permette di capire i fenomeni, l’osservazione e lo studio della causalità dei fenomeni conferisce invece il potere di manipolarli. Francis Bacon l’ha espresso in modo efficace: “L’osservazione dei processi naturali sotto l’aspetto del loro orientamento a un fine è sterile, è come una giovane vergine votata a Dio: essa non genera nulla”. O si pensi a Thomas Hobbes, secondo cui conoscere una cosa significa “immaginare cosa possiamo farne, una volta che la possediamo”. Oggi comunque la riscoperta della teleologia è già in atto. I biologi hanno cercato a lungo di farne a meno, ma non ce l’hanno fatta. Così hanno introdotto un altro concetto, la teleonomia, un surrogato della teleologia, con cui si indicano processi che si svolgono come se avessero un fine, ma che in realtà obbediscono solo a una causalità meccanica. Per il biologo la teleologia, ha scritto John B.S. Haldane, “è come un’amante, non può vivere senza di lei, ma non vuole essere visto in pubblico con lei”».
Lucio, chiedo scusa ma anche tu eri finito vittima dell’imprevedibile antispam!
Grazie per l’interessantissimo intervento.
Si beh..più che altro si faceva presente quale fosse il concetto di finalismo che mi pare ora sia stato fin nel dettaglio espresso.
Determinismo ,in verità,con finalismo finalità,causalità etc..non ha poi molto a che fare,a meno di non voler stare solo esclusivamente su un piano filosofico,ed anche lì…
Il fatto,già espresso,e lo ha fatto fra gli ultimi anche il compianto creazionista M.Georgiev,ma già o aveva in un certo qual modo indicato Leone XII,ma anche lo stesso Gould,magari tutti in modoi differenti,magari con qualcosa di diverso,ma il succo era certamente che fosse un errore mischiare storia naturale con scienza galileiana.
Spallanzani,Mendel sono due,dei molti esempi,di scienziati credenti(in quel caso sono anche religiosi)possono essere validi scienziati,ossia,secondo loro vedere,quelli che impegnano le loro capacità,le capacità della mente umana, per scandagliare le profondità della natura,scoprire,per il bene dell’uomo e per la gloria del Creatore,quella segreta armonia secondo cui agiscono le forze della natura.E certamente la loro visione della storia naturale differiva da quella di Voltaire così come differisce da quella di Huxley..o di altri.Ma parlando di scienza galileiana nei fatti le loro conclusioni non potevano che essere universalmente condivise,se ben argomentate come sono state.
la teleonomia di Monod è moltoi diversa in verità da qualsiasi discorso teleologico,almeno cristiano.
Monod scrive che il caso come motore dell’evoluzione è non una ipotesi ma- “la sola concepibile in quanto è l’unica compatibile con la realtà quale ce la mostrano l’osservazione e l’esperienza. Nulla lascia supporre (o sperare) che si dovranno, o anche solo potranno, rivedere le nostre idee in proposito”-
Un finalismo con Monod diventa un’illusione.Che è poi quello che Dawkins(credo) volesse mostrare nel (nei) suo libro,cadendo però in maldestri errori.
Ed è anche ciò che voleva esprimere(almeno a mio avviso,da quel che ho percepito leggendolo)anche ,oltre a spiegare il concetto di contingenza nell’evoluzione,Pievani nel suo libro “la vita inaspettata”.
Il determinismo ed indeterminismo sono piuttosto incentrati su un discorso causalità-casualità.E differiscono un poco se visti dal punto di vista scientifico,da quello filosofico o da quello fideistico.
Invece finalismo,quantomeno concettualmente, è universalmente ed esattamente quello espresso sopra.
Per dirla brutalmente il finalismo indica che qualunque cosa succeda,con qualsiasi modalità,tempistica,percorso porteranno comunque al fine ultimo che è anche la causa prima per cui è partito il tutto.
Il determinismo in sé per sé trascende dal fine.
Per esempio,da un punto di vista finalistico il sistema Terra-sole-luna sono in certi rapporti di grandezza e distanze,hanno una certa rotazione,determinata inclinazione assiale affinchè sia possibile la vita per come la conosciamo sulla terra.
E’ possibile pensare che invece sia una coincidenza,fortuita,ma una coincidenza,che npn sia possibile di previsione poichè ,non per un’oggettiva e insormontabile difficoltà di calcolo o lacune da colmare, bensì per un’intrinseca impossibilità di conoscere con esattezza e simultaneamente il verificarsi di una cosa piuttosto che un’altra,esito di un sistema probabilistico aleatorio (indeterminismo)
E’ invece possibile che sia così per tutta una serie di meccanismi,processi causa-effetto e leggi
che non necessariamente sono volti a raggiungere un certo fine,che però non viene escluso a priori.Meccanismi che esistono ma che potrebbero non conoscersi per mezzi e lacune incolmate.(determinismo)
Questi discorsi sono importanti perchè sono parte utile per capire come avviene la strumentalizzazione del neodarwinismo per l’ateismo,e quindi perchè sia stato portato proprio dall’UAAR il darwin day in Italia e perchè anche quest’anno quasi tutti gli incontri sono sponsorizzati dall’UAAR e trattano su Dio.
Grazie a Lei!
Ciao Leonetto, grazie per la tua interessante risposta!
A me, comunque, pare che queste considerazioni siano pertinenti e chiarificatrici:
III. Caso e finalità
Che cos’è il caso? Sia nelle scienze come nella filosofia, come del resto nel linguaggio comune, il termine «casuale» viene impiegato abitualmente in contrapposizione al termine «causale».
Seguendo una nota classificazione tomista, chiamiamo «casuale» ogni evento che a) si presenta come privo di una “causa diretta” (per se) controllabile e, come tale, risulta essere imprevedibile; b) si presenta senza scopo, senza un fine (cfr. In I Sent. d. 39, q. 2, a. 2, ad 2um). Esamineremo brevemente queste due caratteristiche, aggiungendo poi alcune osservazioni sugli aspetti metafisico-teologici.
1. Assenza di una causa diretta. Un evento realmente casuale si presenta come una concomitanza accidentale di due eventi, tra loro indipendenti, ciascuno dei quali è effetto di una propria causa diretta, mentre non vi è una causa diretta della concomitanza stessa. Il fatto — per fare un esempio di vita quotidiana — che due amici si incontrino in piazza, provenendo da vie diverse, senza essersi dati appuntamento è “casuale” (cfr. Aristotele, Fisica, II, 4, 196a). Certamente c’è una causa al fatto che ciascuno dei due sia uscito di casa e si sia diretto in quella piazza in quel dato momento, ma non c’è una causa diretta al loro incontrarsi, o almeno non si tratta di una causa dello “stesso livello” di quelle che hanno mosso i due amici ad uscire di casa: potrebbe esserci stata, per esempio una telefonata di una terza persona che li ha convocati, con qualche motivazione, l’uno all’insaputa dell’altro per fare loro una sorpresa… Avremmo, così una sorta di causa del “secondo livello” che si serve delle cause di “primo livello” rappresentate dalle libere decisioni di ciascuno dei due amici di uscire per andare in piazza.
Le scienze, basandosi sull’osservazione sperimentale, hanno preso atto, nel corso della loro storia, di due situazioni che si presentano sistematicamente al ricercatore: la prima consiste nella regolare associazione tra la presenza di due fenomeni posto l’uno dei quali si dà di conseguenza anche l’altro (e non viceversa), per cui si riconosce nel primo la “causa” del secondo; la seconda consiste nella constatazione di comportamenti che paiono avvenire senza una causa diretta evidente. Questi ultimi vengono considerati “casuali”.
Se il determinismo appare, nelle scienze, come strettamente legato ad una descrizione causale dei fenomeni osservati, viceversa l’indeterminismo, nelle diverse forme in cui si manifesta, introduce sempre un elemento non controllabile la cui origine è considerata, dallo scienziato, di natura casuale. Dal punto di vista di principio, tuttavia, è ben diverso imputare la casualità ad una ragione pratica, legata ai limiti conoscitivi dell’osservatore, piuttosto che ad una motivazione teorica, di principio, che è inscritta nella natura delle cose. Filosoficamente parlando il “caso”, nel senso forte del termine, è solo quello che deriva da una tale motivazione di principio.
2. Assenza di un fine. L’assenza di una causa diretta nell’evento casuale è legata al fatto che esso non ha un fine: ciò che avviene per caso è, per definizione, senza scopo.
Il problema del rapporto tra causalità, casualità e finalità ha avuto un ruolo rilevante nella discussione sul metodo scientifico, come mostra ad esempio il grande fermento suscitato dall’opera di J. Monod Il caso e la necessità (1970): la finalità, esclusa metodologicamente dalle scienze fisiche, si sta riaffacciando da tempo come principio adeguato di spiegazione (cfr. ad es. F. Selvaggi, 1953, pp. 260-261), ad esempio in cosmologia nel dibattito sul Principio antropico e in biologia attraverso il concetto di «teleonomia». Questo concetto capovolge, in un certo senso, la nozione di “condizioni iniziali”, propria della fisica, rimpiazzandolo con quello delle “condizioni finali” che devono essere realizzate da un sistema sulla base di un programma predeterminato, come in biologia può essere il codice del DNA (cfr. Cini, 1994, p. 236).
Tra l’altro questa possibilità di scambio tra condizioni iniziali e finali è sempre stata presente, in linea di principio anche nella meccanica classica, in quanto la matematica delle equazioni differenziali non specifica l’istante in cui tali condizioni debbano essere assegnate (cfr. Dallaporta, 1997, p. 36). La simmetria tra condizioni iniziali e finali viene significativamente rotta a favore della condizione finale nel caso di un sistema dissipativo dotato di un attrattore stabile: in questo caso, infatti, qualunque siano le condizioni iniziali, che cadono nel bacino di attrazione, l’evoluzione del sistema tenderà a stabilizzarsi asintoticamente, dopo qualche tempo, sull’attrattore che risulta così essere lo stato finale del sistema. L’esempio più familiare è offerto da un pendolo con attrito che tende a raggiungere, dopo un certo tempo, la posizione di equilibrio stabile qualunque siano la posizione e la velocità iniziale del suo moto, o da un circuito oscillante, con resistenza, sollecitato da una frequenza forzante, che dopo un certo tempo raggiunge la condizione di regime avendo dissipato l’energia associata ai “transienti”.
3. Dio e il caso. Dal punto di vista metafisico-teologico i problemi legati al determinismo e all’indeterminismo — oltre alla questione della libertà, cui si è già accennato — pongono alcuni interrogativi al riguardo dell’azione divina. Come può esservi un’azione di Dio sul mondo — e in prospettiva più propriamente teologica una Provvidenza divina ( CREAZIONE, IV.3) — se si ammette che esistano eventi “casuali”, cioè senza uno scopo, non tali solo a motivo della nostra ignoranza, bensì privi di una causa diretta (per se) sul piano fisico?
Se non si riconosce l’analogia della causalità, cioè l’esistenza di livelli e modi differenziati secondo i quali la causalità può e deve esercitarsi e comprendersi, ma si presuppone il solo modo fisico-meccanico di essere causa di un ente nei confronti di un altro, si vengono prima o poi ad attribuire al “caso” gli stessi caratteri di una causa efficiente dalla quale scaturirebbero degli eventi casuali. E poiché il caso non ha una causa diretta (fisico-meccanica) da cui deriva, esso viene a prendere, di fatto, il ruolo della “causa prima”, per cui tutto scaturisce dal caso. È la posizione che si ritrova, ad esempio in Monod, quando afferma «che “soltanto” il caso è all’origine di ogni novità, di ogni creazione nella biosfera. Il caso puro, il solo caso, la libertà assoluta ma cieca, è alla radice del prodigioso edificio dell’evoluzione» (J. Monod, tr. it. Milano 1971, pp. 95-96). Ma ciò appare contraddittorio per la definizione stessa del “caso”, che per verificarsi presuppone l’esistenza di altre cause (indirette) che lo precedono e i cui effetti si trovano ad essere accidentalmente concomitanti: dunque il caso non può prendere il posto della causa prima se richiede altre cause per poter risultare come concomitanza dei loro effetti, se mai la presuppone.
Una soluzione intermedia, certamente interessante, è proposta da Peacocke. Contrapponendosi a Monod egli riconosce sì l’esistenza della causalità e quindi di una causa prima, ma richiede che questa, in qualche modo, si “autolimiti” per lasciare un certo spazio alla casualità. L’azione causale di Dio si differenzierebbe da quella puramente fisico-meccanica per essere di tipo “informativo”, come un’azione immateriale che interagisce con il mondo nel suo complesso e lascia alle leggi della complessità il governo degli eventi singoli. Dio, agendo, come informatore, sul “mondo come un tutto”, non avrebbe a che fare con gli eventi singolari e non conoscerebbe di conseguenza i “futuri contingenti” che sarebbero lasciati decidere dalla complessità dei sistemi fisici e biologici (cfr. God’s Interaction with the World: The Implications of Determinstic Chaos and of Interconnected and Independent Complexity, in R. Russell et al., 1995).
Questo approccio, ispirandosi ai sistemi complessi e alla teoria dell’informazione, riesce ad introdurre una certa diversificazione tra i modi di causalità (azione “fisica” e azione “informativa”), ma sembra avere ancora il limite di concepire la causalità divina e il caso come due concorrenti che devono spartirsi il campo d’azione, non giungendo ancora a quell’analogia della causalità divina che consente al caso di verificarsi senza togliere qualcosa alla causa prima. Ma anche in questa prospettiva non sembra potersi rimuovere del tutto la contraddizione: infatti, per la definizione stessa di caso, questo sussiste solo se vi sono cause che lo precedono, producendo effetti concomitanti casualmente, e non si comprende come il singolo evento casuale possa esistere, in certo modo, indipendentemente dalla “causa prima” negli spazi particolari che essa gli lascia liberi.
Il fatto che certe concomitanze siano casuali, cioè prive di una causa “diretta” (o “causa seconda” nel linguaggio filosofico), non significa che siano prive, anche singolarmente considerate, di una causa in senso assoluto: occorre tenere presente una gerarchizzazione dei livelli della causalità. Metafisicamente parlando tutto ciò che esiste è originato e mantenuto nel suo essere dalla causa prima (Dio) che è anche il fine ultimo dell’esistenza delle cose. E la “causa prima” agisce attraverso una catena di “cause seconde”, fino a quelle che sono più prossime e che agiscono direttamente sul singolo oggetto della nostra osservazione. Così anche gli eventi che sono casuali, in quanto non paiono avere una causa diretta, sono comunque causati da un livello superiore della catena delle cause. E in questo sta l’azione divina che, anche attraverso gli eventi casuali orienta verso il fine ultimo tutte le cose ( AUTONOMIA, II; CREAZIONE, IV). In merito ai rapporti con l’esistenza di una Provvidenza divina, Tommaso d’Aquino ha offerto una trattazione adeguata della problematica, mostrando che la Provvidenza non esclude la contingenza, non toglie dalle cose la fortuna e il caso, si estende ai singolari contingenti e che, in linea di principio, agisce sia in modo diretto, sia mediante l’azione delle cause seconde (cfr. Contra Gentiles, III, cc. 72-77). Una formula singolare per descrivere sinteticamente il rapporto del caso con Dio è stata escogitata da D. Bartholomew, che dimostra di avere un approccio più vicino a quello tomista. Egli parla di «Dio del caso», vedendo in tal modo il caso come una parte deliberata, e forse necessaria, della creazione di Dio (cfr. Bartholomew, 1987).
Il caso non è dunque qualcosa che sfugga dalle mani di Dio, né qualcosa che gli si contrapponga o che non abbia in lui una sua ultima spiegazione: «Se il caso non si spiegasse la vita degli individui sarebbe sommersa nel disordine. D’altra parte se si ammette che ci deve essere una Causa universale del mondo, questa Causa deve essere responsabile di tutto quello che esiste, anche del caso. “E così risulta che tutte le cose che accadono, se si riferiscono alla Prima Causa divina, sono ordinate e non esistono accidentalmente, anche se rispetto ad altre cause possono dirsi per accidens” (Tommaso d’Aquino, In VI Metaph., lect. 3)» (Sanguineti, 1986, p. 239). Osserviamo infine che lo stesso concetto viene espresso con un linguaggio più teologico dal Catechismo della Chiesa Cattolica: «Dio è il Padrone sovrano del suo disegno. Però, per realizzarlo, si serve anche della cooperazione delle creature. Questo non è un segno di debolezza, bensì della grandezza e della bontà di Dio onnipotente. Infatti Dio alle sue creature non dona soltanto l’esistenza, ma anche la dignità di agire esse stesse, di essere causa e principio le une delle altre, e di collaborare in tal modo al compimento del suo disegno» (CCC 306).
Salve Lucio..bastava semplicemente il link
http://www.disf.org/Voci/50.asp
che inserisco per correttezza,mi pare non ci siano aggiunte o commenti personali…
La firma è di Alberto Strumia,a cui vanno gli apprezzamenti per questa ricerca-trattazione.
Ora l’impostazione di quel dizionario è comunque densa di alcune argomentazioni filosofiche riconducibili spesso e volentieri ai pensieri deifilosofi Agostino e D’Aquino.
Come scritto nel mio precedente commento ci possono essere discrepanze se si osservano le cose dal punto di vista scientifico,da quello filosofico o da quello fideistico.
E credo nell’ultimo mio commento in particolare di aver illustrato in maniera anche abbstanza semplice i concetti generali che stanno dietro determinismo,finalismo etc..
che esulano poi da come vengano presi ed affrontati per discorsoi apologetici op teleologici.
Come detto questi rientrano per lo più nell’interpretazione della storia naturale che può essere differente a seconda del proprio pensiero-fede.
Cosa importante è non mutare la raltà dei fatti per accordarla al proprio pensiero.
Sicuramente un sistema casuale può essere compatibile con un Dio Creatore Rivelato,non uno non-finalistico che sarebbe al più compatibile con una divinità di quelle delineate dai filosofi deisti.
L’errore se vogliamo che trapela nello scritto di Strumia è quello che faceva sopra Enrico,legato al voler inserire nella scienza un finalismo.Ciò non è possibile.
Come ho scritto nel commento precedente:
“Un finalismo con Monod diventa un’illusione.Che è poi quello che Dawkins(credo) volesse mostrare nel (nei) suo libro,cadendo però in maldestri errori.
Ed è anche ciò che voleva esprimere(almeno a mio avviso,da quel che ho percepito leggendolo)anche ,oltre a spiegare il concetto di contingenza nell’evoluzione,Pievani nel suo libro “la vita inaspettata”.”
La dimostrazione che dovrebbe mostrare l’impossibilità dell’idea di un finalismo però si è dimostrata per il biologo e l’epistemologo,ma anche per chi ci si è cimentato un totale e talvolta grossolano fallimento.
Senza lo sperato successo anche per l’ID,che voleva mostrare l’assenza di casualità.
Ripeto un conto sono le interpretazioni,ammesse dalla scienza ,ma non determinabili,circa la storia naturale,un conto è la vione delle cose nel campo della scienza galileiana. Ad oggi(probabilmente mai per sua natura) la scienza non può dimostrare né invalidare né l’una né l’altra interpretazione.
Riporto l’esempio fatto precedentemente:
“Per esempio,da un punto di vista finalistico il sistema Terra-sole-luna sono in certi rapporti di grandezza e distanze,hanno una certa rotazione,determinata inclinazione assiale affinchè sia possibile la vita per come la conosciamo sulla terra.
E’ possibile pensare che invece sia una coincidenza,fortuita,ma una coincidenza,che npn sia possibile di previsione poichè ,non per un’oggettiva e insormontabile difficoltà di calcolo o lacune da colmare, bensì per un’intrinseca impossibilità di conoscere con esattezza e simultaneamente il verificarsi di una cosa piuttosto che un’altra,esito di un sistema probabilistico aleatorio (indeterminismo)
E’ invece possibile che sia così per tutta una serie di meccanismi,processi causa-effetto e leggi
che non necessariamente sono volti a raggiungere un certo fine,che però non viene escluso a priori.Meccanismi che esistono ma che potrebbero non conoscersi per mezzi e lacune incolmate.(determinismo)”
Ciò che sottolinea ben Smurnia e che si è detto in diverse occasioni
http://www.enzopennetta.it/2012/12/dibattito-usa-la-scienza-confuta-dio-un-segno-del-degrado-della-cultura-e-del-sistema-scolastico/
è che non è corretto far dire alla scienza cose che non dice e che neanche può dire.
Dal momento infatti in cui si veicolano certi messaggi si fa disinformazione.
Ed è sbaglaito anche cercare di costruirci sopra filippiche in difesa,è bene invece mostrare invece chiaramente il non-senso di certe argmentazioni.
IMHO
@ leonetto
Leonetto, mi perdoni, mai voluto o pensato di affermare che la scienza possa dimostrare un finalismo nell’universo.
Non credo di averti attribuito quest’intenzione.Peccato però,Dawkins ,Pievani & co hanno venduto bene cercando maldestramente (imho) di farlo.
Quanto esposto era scritto relativamente al dubbio che avevi manifestato in questa e nella passata situazione linkata ,aprendo così anche una finestra sulle varie implicazioni legate alla questione.
Mi sembra che oil tutto offra a chi legge diverse cose per riflettere e comprendere determinate cose.
Grazie del contributo.
Ciao Leonetto, grazie ancora per la tua competente e dettagliata replica (e scusami per il ritardo con cui ti rispondo, ma ho dovuto affrontare alcuni inconvenienti che mi hanno preso parecchio tempo). Vorrei farti notare che nel mio II intervento non ho insertito il link da cui ho tratto il testo perche’ lo avevo gia’ fatto nel mio intervento precedente. La voce “determinismo – indeterminismo” del dizionario DISF, infatti, al III punto, tratta proprio l’argomento “Caso e finalita’”.
Concordo pienamente con te sul fatto che l’indagine scientifica non possa contemplare il concetto di finalismo: Dalle analisi scientifiche si ottengono semplicemente dei freddi ed asettici dati. Sono questi dati che poi vengono interpretati dallo scienziato secondo la propria visione del mondo. Per contro, pero’, vorrei rimarcare il fatto che la scienza stessa nasce da una precisa idea filosofica: quella che nella natura sia presente un ordine comprensibile, almeno in parte, dalla nostra analisi razionale. Quindi, se consideriamo la questione da questo punto di vista, possiamo dire che la scienza contiene un finalismo: con il suo procedere indende dimostrare che l’idea che il mondo sia comprensibile razionalmente sia fondata. Proprio per questo non posso che concordare con Santoni quando scrive:
“Non c’è bisogno di andare nei sistemi complessi per trovare le cause formali e finali. Esse sono sempre presenti affinché la stessa causa efficiente sia fondata. Basti pensare ad esempio come il principio di minima azione, così palesemente teleonomico, sia basilare praticamente per tutta la fisica oggi conosciuta.
Tutto questo chiaramente è metafisica, non scienza. Ma è la metafisica a fornire i fondamenti teoretici sui quali è possibile edificare la scienza, e pensare di poter usare una teoria scientifica o delle evidenze empiriche per confutare delle tesi puramente metafisiche, quali sono quelle che ho esposto, è un’assurdità a sentire la quale Aristotele si rivolterebbe nella tomba, se mai le sue ossa siano ancora da qualche parte 🙂 Come diceva Koyré, senza la metafisica la scienza è morta”.
Oppure anche con Strumia quando ricorda che e’ dalla necessita’ logica dell’ esistenza di una Causa prima (che e’ anche fine ultimo dell’ esistenza delle cose) che scaturisce l’ordine del mondo:
“Metafisicamente parlando tutto ciò che esiste è originato e mantenuto nel suo essere dalla causa prima (Dio) che è anche il fine ultimo dell’esistenza delle cose. E la “causa prima” agisce attraverso una catena di “cause seconde”, fino a quelle che sono più prossime e che agiscono direttamente sul singolo oggetto della nostra osservazione. Così anche gli eventi che sono casuali, in quanto non paiono avere una causa diretta, sono comunque causati da un livello superiore della catena delle cause. E in questo sta l’azione divina che, anche attraverso gli eventi casuali orienta verso il fine ultimo tutte le cose”.
Mi rendo conto che, da persona piu’ appassionata che competente di questi argomenti, affermando quanto ho scritto qui sopra, posso avere commesso degli errori; ma e’ proprio rischiando di commettere degli errori che si puo’ progredire e comprendere qualcosa di piu’ corretto.
Ancora un saluto!
Hai creato il momento perfetto per citare un libro del prof.D.Pievani :”Creazione senza Dio”,di cui affermo subito di aver letto solo “stralci” e non il libro completo.
Da quel che ne ho tratto io,qui parla un filosofo epistemologo,va fatta una distinzione,la dico brutalmente cercando di renderla il più chiara e semplice possibile,fra l’essere e l’apparire.
Niete a che fare con i dotti virtusismi di Severino,ma relativamente al fatto della “selezione per”,del “progettato-per” in contrapposizione a quanto su questi temi viene ben e logicamente mostrato n el libro di Palmarini e Fodor.
In che senso quindi,da come ho capito io,per il Pievani le strutture naturali sono “progettate per” la sopravvivenza?
Pievani differenzia progetto intelligente da progetto finalizzato,attribuisce al pensiero scientifico il dover mostrare sia il come che il perchè delle cose e va a spiegarci che “una tigre è una tigre, e genera tigri, in virtù del codice genetico e dei meccanismi di sviluppo propri di quella specie; i suoi tratti adattativi trovano in quei meccanismi la loro causa formale, non finale. Nell’ovulo fecondato di una tigre ci sono le istruzioni per fare una tigre e non un castoro, nell’architettura dei geni hox c’è il “progetto” di una mosca o di un leone, d’accordo”.Quindicause interne,cause formali.In accordo con pensieri che si ritrovano espressi in vari neodarwinisti che hanno voluto divulgarli come F.Ayala o Odifreddi o molto frequentemente R.Dawkins,si va,cerco sempre di dirla facilmente e cosa io ho compreso,a sostenere che i “programmi” genetici,l’informazione del codice genetico,derivano tutti da una serie di combinazioni casuali di molteplici contingenze aleatorie.
Ossia,il fatto che un occhio serva per vedere,un orecchio per sentire,un dente per masticare, implica che essi si siano sviluppati “per” svolgere quella funzione?-Si domanda Pievani-No-si risponde-“un accumulo di vantaggi intermedi portati, ciascuno, da mutazioni genetiche del tutto contingenti rispetto al loro esito adattativo” avrebbero portato ad avere quelle determinate funzioni e a far si che chi guarda in apparenza colga una finalità.Ma è un’apparenza un’illusione.
E Pievani,questo punto mi sembra lo esponga chiarissimamente,del resto molte di queste cose,molti di questi concetti si ritrovano anche ne “la vita inaspettata”,una serie di eventi casuali non può essere mossa da una causa finale.
Ovvero “Se le ali non si sono affatto sviluppate “per” il volo come lo conosciamo oggi e gli arti non sono comparsi in concomitanza con la camminata sulla terra ferma, come ritengono molti paleontologi, in che senso possiamo dire che il volo è la causa finale delle ali e il camminare è la causa finale degli arti dei tetrapodi?”
Il fine va ad essere quindi apparenza,illusione,un effetto collaterale non primario.
Importantissima anche la possibilità su un’interpretazione del genoma che viene ipotizzata e divulgata dal Pievani per cui quello non sarebbe altro che un sistema molecolare di codificazione efficiente si, ma ridondante,pieno di sequenze egoiste e autoreferenziali,”chiaramente” frutto di tentativi ed errori, di rimaneggiamenti e riorganizzazioni, di un’esplorazione stocastica, senza alcuna corrispondenza lineare fra le dimensioni del codice e le complessità degli organismi che ne derivano.Pessimo come software che come progetto intelligente.
Ora la cosa curiosa è che il pensiero Aristotelico va a divenire un beniamino dei pensieri del Pievani come di molti di Santoni.
Io personalmente Aristotele preferisco lasciarlo dove sta.
Io cosa comunque ho colto da questo,ho scritto e ribadisco?
Che esiste certamente una diversa veduta in termini di storia naturale e ognuno possa aver la sua ,sempre qulora per sostenerla non si debba adattare la realtà al proprio pensiero.
Il confronto vero avviene invece nel campo della scienza galileiana perchè lì entrambi dovrebbero vedere con gli stessi occhi.Se ciò non avviene o vede male uno o l’altro,tertium non datur poichè una cosa esclude l’altra.
P.S.
Questo dovrebbe permettere anche ad Enrico di comprendere meglio il suo dubbio,ossia di capire quel punto del pensiero del prof.D,Pievani.