Paul Feyerabend è stato uno dei più interessanti filosofi della scienza del ‘900. Anarchico, negò l’esistenza di un vero e proprio metodo nella scienza, le sue idee sono fondamentali per comprendere, al di là di come dovrebbero andare le cose, come vadano effettivamente le cose.
Un interessante spaccato del suo pensiero è offerto dalla pagina di Wikipedia:
Secondo Feyerabend le nuove teorie giungono ad essere accettate non per la loro compatibilità con il metodo scientifico, ma perché i loro sostenitori fanno uso di ogni trucco – razionale, retorico o osceno – per portare avanti la loro causa.
Senza un’ideologia fissata o l’introduzione di tendenze religiose il solo approccio che non inibisce il progresso (usando una qualsiasi definizione che appaia adeguata) è “anything goes” (“qualsiasi cosa può andar bene”): “‘Tutto va’ non è un principio, ci tengo a precisarlo, ma l’esclamazione terrorizzata di un razionalista che osserva la storia con attenzione.” (Feyerabend, 1975).
Sul Giornale del 5 novembre, nell’articolo Così Feyerabend iniziò la sua lotta contro i fanatici della scienza esatta viene segnalata la pubblicazione di un suo discorso tenuto negli anni ’60:
…ci voleva davvero, la pubblicazione per Mimesis di Contro l’autonomia (pagg. 113, euro 12), conferenza inedita in Italia che Paul Feyerabend tenne per un seminario dell’Università di Berkeley nella metà degli anni Sessanta.
Il filosofo austriaco non ha ancora ribaltato l’epistemologia del Novecento col suo Contro il metodo, ma ha già le idee chiare «sull’asservimento parrocchiale» di scienziati e baroni universitari, ferocemente dediti ai propri campi di ricerca, e solo a quelli. Il modo ideale per istituzionalizzare, sotto un’apparente progresso delle discipline autonome, la stasi del pensiero e della critica (è ciò che Feyerabend chiama «malizia della ragione»).
Feyerabend è un filosofo che si può amare oppure rigettare, ma dal quale non si può in ogni caso prescindere e la cui lettura si raccomanda vivamente a tutti coloro che si occupano di scienza.
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