Il liberismo è un modello antropologico prima ancora che economico, un sistema chiuso senza via d’uscita.
Il Quarto Dominio apre l’unica prospettiva alternativa.
La presa di coscienza che l’ideologia neoliberista è la causa della crisi dell’intero Occidente è sempre più diffusa, ma il neoliberismo si presenta come un modello senza alternative e una volta dichiarate queste come antiscientifiche esso risulta criticabile e modificabile solamente al proprio interno, la sua forza assiomatica è nelle premesse antropologiche riduzioniste che inducono a sottomettere le società umane ai meccanismi di sviluppo per caso e selezione.
Il confronto avvenuto nel Novecento tra il liberismo e le alternative comunista e fascista, va letto sua volta come uno scontro all’interno di uno stesso paradigma meccanicistico dove, per opera della selezione naturale, il modello vincente è risultato quello liberista.
La selezione naturale è stata adottata come legge ultima sia da chi ha interpretato la storia e la società come uno scontro tra classi sia di chi l’ha letta come uno scontro tra nazioni. Essa però non poteva che risultare un elemento a favore del liberismo che fa della selezione la sua essenza.
I sistemi del Novecento hanno basato la loro visione sull’accettazione dell’economia come struttura sulla quale vengono poi costruite le sovrastrutture, questo assunto ha operato allo stesso modo di un postulato matematico che, una volta accettato, conduce inevitabilmente ad una determinata conclusione, in questo caso l’affermazione della società del libero mercato.
Nessuna alternativa al sistema liberista potrà essere posta senza mettere in discussione le sue premesse, come dai postulati della geometria euclidea ne derivano inevitabilmente i teoremi, dai postulati antropologici del liberismo non può che derivare la società del libero mercato.
Da questo ne consegue che se le geometrie non euclidee si possono sviluppare solo cambiando i postulati di partenza, anche nel caso del sistema socioeconomico liberista sarà possibile sviluppare sistemi alternativi solo mostrandone la fallacia delle premesse e indicandone altre con cui sostituirle.
Un nuova antropologia è dunque la premessa indispensabile per uscire dal paradigma neoliberista, un’antropologia che basandosi sulle più attuali conoscenze scientifiche riguardo il significato e il ruolo del linguaggio porrà l’Uomo al di fuori dei meccanismi delle società animali sottraendolo alla distopia di una società basata su meccanismi di autoregolazione automatici e inevitabili.
(Pubblicazione nella seconda metà di gennaio 2020)
25 commenti
Prof Pennetta un saluto,so che sono O.T volevo chiederle se nel suo Blog darà spazio a un suo intervento sui vaccini e le posizioni dei non vaccinisti. Siccome sempre più in internet si da spazio a interpretazioni contrastanti le chiederei cosa dice lei a riguardo essendo laureato in farmacia e biologia.Distinti saluti.
Buonasera, rispondo all’OT, quello che ho da dire sulla questione è già stato pubblicato sul sito, con una breve ricerca potrà trovarlo.
Del tutto d’accordo.
E’ bene ricordare che il capitalismo (che ha una lontana filiazione nelle prime Gilde, e il primo pilastro nella Lega Anseatica) è un fenomeno esclusivamente Occidentale e moderno. Ed allora bisognerebbe chiedersi qual è lo specifico, l’ubi consistam, che ha reso possibile la nascita di questo fenomeno che somma cultura, economia ed antropologia. Seppure i suoi germi siano rintracciabili già nel Medio Evo, il capitalismo nasce al nascere dell’età moderna, come ineluttabile conseguenza del ribaltamento cosmologico della posizione dell’uomo. Dalla direzione Zenit (Cielo, trascendenza), si passa, nel volgere di una generazione, neppure due, alla direzione Nadir (terra, immanenza). Il regno dell’uomo terrigno, auto-fondante, richiede categorie nuove, e, soprattutto, una nuova concezione del tempo. La sintesi è l’idea di “progresso”. Del tutto sconosciuta all’universo medioevale.
Il concetto di “progresso” non ha alcun senso presso culture diverse dalla nostra, salvo, parzialmente in quella ebraica; pressoché nullo in quella musulmana, nella quale il tempo si è come pietrificato all’atto della Laylat Al-Qadr. Per giunta, in nessuna delle lingue tradizionali asiatiche, né in quelle meso-americane, né in quelle africane, né nelle australi e indonesiane (né in quella latina o greca), esiste la parola “progresso”. E non esiste, perché ne fu del tutto assente il concetto; salvo che oggi, e nella precisa misura in cui quelle culture hanno subito l’influenza occidentale.
Molti indiani colti, ad esempio, con formazione oxfordiana, yaleana, o altro – lo so sia per esperienza diretta, sia per moltissimi de relato – vivono una condizione mentale para-schizofrenica, anche se innocua: l’abito di cui vestono da scienziati sostanzia del tessuto del progresso; la vera natura indù (che negli indiani rimane, tuttavia, intatta fino al midollo, molto più di quanto accade agli occidentali col cristianesimo, che è molto spesso pura vernice, vive nel tempo e nella cosmologia yugica, ossia ciclica.
L’uomo terrigno, sinonimo di uomo moderno, è un divoratore di tempo, e da questo è simultaneamente divorato. Non conosce il PRESENTE.
Il presente è l’unico tempo/non tempo che abbiamo; noi ricordiamo, peschiamo memorie, qui nel presente; facciamo progetti, pianifichiamo, sempre da qui, nel presente. Passato e futuro sono solo utili finzioni grammaticali, necessarie per scopi pratici come l’organizzazione dei processi di recupero dati della memoria, e l’architettura progettuale degli scopi. Ma hanno una sostanza ontologica pari a zero. Ciò che è, precisamente, la definizione di illusione. Ovviamente, magari è meglio puntualizzare (anche se non dovrebbe essere necessario) che non sto certo negando l’esistenza storica di Giulio Cesare; ma affermando l’intera esperienza r.e.a.l.e., incluso il processo astrattivo che si chiama pensiero, avviene nell’istante sena tempo definito presente; in un sempre che è un ORA senza passato, né futuro.
Qui mi limiterò ad una sola delle dimensioni del processo temporale, quella più attinente al tema: il futuro.
Senza l’ossessione del futuro, e del patologico fideismo che esso sarà naturaliter migliore del presente, per tacere del passato (che per definizione è barbaro) non potrebbe neppure nascere l’idea dell’accumulo come valore unico e fondante della società, nel collettivo e nel singolare. La nostra è una cultura basata sulla bulimia. Non solo di beni e oggetti, ma anche di sensazioni, di emozioni, di “cultura”, di “estetica”. Tutto un grande magazzino, dove oggi, è merce anche la carne e la mente umana.
Ed allora mi chiedo? Qual è l’alternativa? La suppurazione non deriva da ferite inferte anni o decenni fa; ma, come ho mostrato, da secoli fa, da quando dalla direzione Zenit si passò a quella Nadir.
Se il meglio è Fusaro, che ci propone un socialismo rettificato (???), ma sempre partendo da Hegel, Marx, e Gramsci, direi che quasi quasi è meglio sperare che la Signora non si faccia troppo attendere.
Molto interessante la sua dissertazione…. la ringrazio per averla condivisa con tutti gli utenti di questo blog e avrei anche l’ardire di chiedere al Dott. Pennetta se potrebbe ospitare qualche suo ulteriore approfondimento in merito, se ovviamente le andrebbe di scriverlo; perché l’argomento lo trovo decisamente stimolante.
Grazie ancora !!!
Mi associo nella richiesta al prof. Pennetta di “arruolare” FrancescoM tra i suoi collaboratori.
Grazie ad entrambi.
Di mio non metto alcunché, se non la modalità espositiva; ribaltando l’orizzonte tipicamente moderno, letteralmente, non ho IDEE MIE, non invento filosofie. La filosofia, o è perenne, o non è (se non un esercizio di vanità e pretensione intelletuale). Quanto alla concezione dl tempo qui esposta, essa è una sintesi davvero succinta di tutte (TUTTE) le cosmologie ante-rinascimentali, ed in particolare rimango in debito (soprattuitto con) R. Guènon, e, particolarmente, A. K. Coomaraswami, per avermi reso accessibili questi mondi.
Recentemente, ho affrontato un discorso analogo con un rappresentate d’alto rango della Tradizione nativo-americana dei Lakota. Impressionate ciò che questo uomo d’altra epoca m’ha partecipato. Riguardo alla ciclicità cosmologica, sembrava che l’Esiodo de “Le opere e i giorni” si fosse in lui reincarnato. Culture distantissimne nello spazio e nel tempo, con una concezione pressoché identica.
Serena giornata.
Mi associo nel ritenere FrancescoM essenziale per lo svolgimento di questo grande Progetto chiamato Critica Scientifica.Torno con la nostalgia anche a rimpiangere le “accademiche” lezioni di un grandissimo:Il Prof.Masiero.
Fusaro ovvero riproporre con voce cadenzata e vellutata.Con toni di una lingua perfetta, proposte abbondantemente costose,in bagni di sangue;sacrifici inutili per milioni di esseri viventi.Mentre il “Primo socialismo” proponeva nella sua visione guidata “un limite alla grande proprietà privata ma anche cosiddetta statale- burocratica “.Oggi utopia per selezionati visionari.Domani chissà…
Ringrazio anche lei, Maurizzio, e condivido il rammarico per l’assenza del Prof. Masiero. Considero alcuni suoi interventi, specie se monografici (penso a “I tre salti dell’Essere), di altissimo profilo, per tacere del suo insight circa temi come l’epistemologia, di cui tantissimi parlano (anche perché è una di quei lemmi che fa sugo pronunciare), ma che pochi comprendono veramente. Qui mi riferisco all’epistemologia della Scienza vera e propria e non all’eccezione primigenia, greca.
Mentre ci sono, giusto per pignoleria, vorrei fare una puntualizzazione. Quando affermo che nessuna lingua Tradizionale ha, nel suo bagaglio lessicale, il termine “progresso”, mi riferisco alla specifica accezione moderna, che trova il suo climax in quella evoluzionistica. In effetti, l’evoluzionismo (paleo, neo, post, meta) darwiniano è molto più di una (presunta) teoria scientifica, è una Weltanschauung collettiva implicita; una specie di a priori della mente, la base antropologica su cui sorge e si dispiega l’orizzonte della modernità. Cosa del tutto ovvia, le lingue cui mi sono riferito hanno tutte la nozione (in alcuni casi molto più articolata che nelle moderne) di s.v.i.l.u.p.p.o. Di questo, mi pare di aver parlato ai tempi dei dibattiti con Greylines e il Dr. Vomiero.
Una parola sul socialismo. E’ fatto storico certo ed indubitabile che esso segue cronologicamente il capitalismo. Parimenti certo è che ne è una particolare declinazione politica, di carattere strategico (notasi, un caso per tutti, che quel gran pezzo d’uomo di Attali indossa, contemporaneamente e camaleonticamente, abiti socialisti e neo-capitalisti, a seconda dell’uditorio e del rispettivo linguaggio condiviso). Filosoficamente, infine, il mondo in cui socialismo e capitalismo sono possibili è rigorosamente identico. L’orizzonte è ciò che ho definito l’uomo terrigno, rivolto al Nadir. La metà è il “progresso”, o sotto forma di “sorti progressive”, o sotto specie di crescita indefinita. L’obiettivo ultimo è l’uomo nuovo, meta-umano. A cambiare sono solo le modalità di realizzazione del progetto; ma entrambi passano attraverso la brutalità dell’ingegneria sociale, con speciale riguardo al Sig. Malthus.
Beh sono meno teorico in quello che sostengo.Sono anche cosciente,la storia purtroppo lo dimostra, con centinaia di milioni di morti, che è più facile abbattere esseri anche indifesi piuttosto che cercare……e realizzare la limitazione dei Grandi Capitali.I ricchi sempre più ricchi i poveri sempre più poveri.Il trionfo del darwinismo politico e della prevalenza del più forte-abile-astuto.ps.Malthus chi è costui?
Non posso che condividere l’apprezzamento per l’intervento di Francesco M, al quale mi sento di aggiungere solo la considerazione che l’idea di “progresso” ha fatto la sua comparsa con il positivismo di Comte, in Platone al contrario il tempo scorreva verso la degenerazione dall’età dell’oro a quella corrotta della tirannide.
Come giustamente ricordato solo nella tradizione giudaica e cristiana esiste un concetto confrontabile con quello di progresso, e infatti il positivismo comtiano, nel quale siamo ancora immersi, è una nuova religione, la religione dell’umanità.
PS per Francesco M posso fare un’eccezione alla linea attuale del blog e ospitare un articolo se vorrà scriverlo.
Grazie a te Enzo, per l’apprezzamento, per l’invito a scrivere un articolo, e, soprattutto, per aver ideato e tenuto in vita un blog come questo, che svolge un lavoro di importanza capitale.
Venendo al tuo invito, poi, per puntellare adeguatamente gli spunti del primo post di questa discussione, dovrei prima, porre e sviluppare una serie di premesse su:
1°, la natura logica e metafisica del tempo.
2°, la differenza tra la concezione lineare e quella ciclica.
3° come conseguenza di 2, l’eterogeneità delle culture che procedono dall’una e dall’altra.
4°, spiegare come, e soprattutto perché, i tre monoteismi abbiano adottato la concezione lineare, che, oltre ad essere la meno intuitiva, è anche la meno sostenibile in termini logici.
Ebbene, solo per spiegare adeguatamente la differenza tra “nunc fluens” (l’ora che scorre) e “nunc stans (l’ora che permane)”, fondamentale per approcciare un concetto così elusivo ed insidioso come il tempo, dovrei scrivere un lungo articolo, e questo sarebbe solo l’inizio. Anche se tu mi dessi carta bianca, non mi sentirei di prendere questo impegno.
E lo dico a malincuore, perché, se la finalità è quella di capire veramente l’attualità, e dunque, anche nei termini di un’azione politica, ritengo, con piena cognizione, indispensabile l’illustrazione e lo svolgimento di questa tematica. Il mondo che ci circonda, col suo immane carico di disordine, di pazzia, e di dolore, non nasce certo perché Marx (o chiunque altri) ha scritto un libro; o perché Mayer Amschel Rothschild ha fondato l’impero finanziario che oggi ha (quasi del tutto) sottomesso la Terra intera. Queste sono cause derivate, distanti dalla principale, quanto basta per renderla non visibile.
Ecco, dovesse ricapitare l’occasione, potrei tornare al tema, parzialmente e nello specifico, con qualche approfondimento. Ma trattare un argomento così ampio, che richiede la chiarificazione preliminare di premesse su prospettive molto distanti dalla nostra cultura, non mi pare possibile, almeno al momento.
Come che sia, grazie a tutti.
Affascinante! Temi difficili ? Direi interessante quello che Lei scrive.Molto.Giorni orsonomi sono gustato una bella intervista(mazzucco tv) a Valentino Bellucci(filosofo ecc.) simpaticamente preparato su le falle fatali del darwinismo.E quello che propone sul piano spirituale deve essere altrettanto interessante.Poi anche Piergiorgio Caselli(fisico) su you tube ecc. me gusta mucho. “provocatori affascinanti”!
Grazie intanto per questo ulteriore contributo.
Tieni comunque presente che anche degli articoli piccoli e divulgativi sarebbero utili, anzi, sarebbero il modo per raggiungere più persone.
Grazie a te.
Lo terrò presente, certo. Prima di questo adesso votato alla distruzione e alla porcizia, non avrei pensato di entrare pubblicamente nel merito di certe tematiche; mai avrei immaginato questo manicomio.
Grazie ancora, nei limiti ti tempo e spazio tornerò su alcuni aspetti della questione.
… il tema è davvero affascinante! Io credo nell’eterno presente, costituito da un attimo che segue il precedente diventato subito passato. Il passato è memoria, il futuro non esiste: è solo un inganno.
Giuseppe Cipriani scrive:
“Il passato è memoria, il futuro non esiste: è solo un inganno”.
Ridotta all’osso, la questione è questa; anche se, più che di inganno, sarebbe più adeguato il concetto di illusione (che comprende l’idea di autoinganno nella percezione e nella cognizione) . Due piccole note:
A, lei scrive: “un attimo che segue il precedente diventato subito passato”. E’ corretto, ma allo stesso tempo (e sta qui la difficoltà delle questione) non lo è. E non per colpa sua, lei usa al meglio i termini offerti dalla sua lingua natia, che è strutturata in modo da rendere l’idea del mutamento al modo di una collezione di micro istanti posti uno dopo l’altro. Vede, ho dovuto per forza usare il termine “dopo”, che è un avverbio di tempo, che può definirsi solo rispetto ad un altro avverbio di tempo, “prima”, del quale appare simmetrico (del tutto illusoriamente), mentre non lo è. Lo sarebbe se anche il futuro fosse noto (almeno approssimativamente e parzialmente) come il passato.
Atomizziamo quanto abbiamo appena detto, e vediamo, in realtà quale ne è il significato. Per farlo, mi servo spesso del seguente esempio.
Immaginiamo un mondo del tutto privo di alture, quasi come quello descritto nel grande romanzo filosofico di Edwin Abbott Abbott, “Flatlandia”. Gli abitanti di questo mondo concepiscono la relazione tra gli oggetti di tale mondo come collocati uno “dopo” l’altro. Notasi che in questo caso, “dopo” è usato come una preposizione (non avverbio), necessaria a formare il complemento di tempo. E ora una domanda: qualcuno mi saprebbe spiegare dove starebbe il tempo in un caso del genere? Dove si forma, cos’è? Se io cambiassi la struttura della frase, descrivendo la stessa cosa di prima, ma in modo diverso, che fine farebbe il tempo? Nuova descrizione: una serie di oggetti oggetti/eventi, è posta una accanto all’altra, in modo seriale. Qui il tempo è sparito, perché abbiamo dato una descrizione di tipo spaziale, anche se, ancora, i fatti/oggetti/eventi sono concepiti un modo atomico, come stessimo guardando una serie di fotogrammi in una pellicola. Tuttavia, fate caso, ci vuole meno d’un baleno per tornare nuovamente alla dimensione temporale (prima questo e poi quello). Non è né più vera, né falsa della spaziale; è semplicemente quella cui simo abituati.
Ma ora viene la parte interessante. Abbiamo visto che in un mondo piatto, non possiamo avere altra rappresentazione che quella seriale (e la serialità fa nascere il tempo, ma come, dove?). Ora immaginiamo che a un abitante di questo mondo – i miracoli e le stranezze, negli esperimenti di pensiero sono possibili – un alieno regali una piccola mongolfiera. Il tipo si mette tutto contento nella cabinetta, aziona il bruciatore, e la mongolfiera comincia a salire. Con un po’ di immaginazione, si può intuire quanto destabilizzante e deflagrante debba essere l’esperienza del tipo; il suo mondo ha subito una mutazione radicale. Cerchiamo di capire (ci tornerà utilissimo) cosa avviene nella sua mente. Non vede più fatti/oggetti/eventi/ uno di seguito o accanto all’altro (per quanto un “accanto” possa ancora avere senso). Non li vede più sotto la specie della serialità – ossia, una cosa non diventa più un’altra cosa. Insomma – dalla discontinuità si passa alla continuità, ma, soprattutto, dalla serialità di passa alla s.i.m.u.l.t.a.n.e.i.t.à. Il tempo sparisce, la sua nozione non ha più senso; eppure, di fatto, NULLA E’ MUTATO NEL MONDO RAPPRESENTATO!!!
Adesso devo smettere. Se la discussione sarà ancora aperta, finirò stasera.
La leggo e non replico.Ma il mio adorato amico “agnostico” Giuseppe ha innescato la miccia.Esploderà o non esploderà? Siamo entrambi orfani(?)di un Genio(il Prof.Giorgio Masiero).E debbo dire che i suoi articoli allargavano ulteriormente l’orizzonte.Beh vediamo.
@Maurizzio,
(Ante scriptum.
Vorrei significare che, se riuscirò mai a finirlo, questo discorso in atto ha una relazione diretta col tema posto dall’articolo del Prof. Pennetta. Se avremo modo (stavo per dire … tempo…), ci arriveremo).
Ignoro, in parte, come il Prof. Masiero potrebbe approcciare questa tematica; sono quasi certo, tuttavia, che non introdurrebbe una definizione matematico/fisica di tempo; per la buona ragione che essa ha scarsissimo rapporto sia con quella logica, che cosmologica, che metafisica, che psicologica. E sono questi quattro ambiti che qui stiamo considerando. A pensarci bene, sono pressoché certo che (tralasciando gli apporti significativi che egli non mancherebbe di addurre), non potrebbe essere che d’accordo sulle mie tesi centrali; non fosse altro perché – vedasi le nozioni di “nunc fluens” e “nunc stans”, da me accennate come funzionali alla prospettiva presentata – sono familiarissime alla linea teologica, che (da quanto ricordo) egli fa propria.
Precisamente, un significativo passo avanti la facciamo con questa celebre massima di Boetius: “…nunc fluens facit tempus, nunc stans facit aeternitatem…”; ossia, il nunc fluens fa il tempo, il nunc stans fa l’eternità. Questa frase viene raccolta e commentata da Agostino prima e da Tommaso poi; ed essendo Tommaso (sempre che non ricordi male) il filosofo di riferimento del Prof. Masiero, ed essendo il concetto ivi espresso uno dei punti fondanti del mio discorso (“mio”, nel senso che qui, adesso, sono io il soggetto che espone; non nel senso che reclami diritti intellettuali); sono portato a credere che, almeno fino a questo punto, ci dovrebbe essere pieno accordo.
(Se il Prof. vorrà dire la sua, gli daremo il benvenuto).
Se vi fate un giro su Internet, vedrete che – credo senza eccezioni – c’è un errore gravissimo (di concetto, e non soltanto lessicale), nella traduzione “commentata” di una delle locuzioni della coppia. La traduzione letterale è: “ora che resta” per “nunc stans”; e ora che passa per “nunc fluens”. La traduzione commentata o “estesa”, è: “ora che eternamente permane”, per “nunc stans”; e “ora che eternamente fluisce” per “nunc fluens”. L’avverbio “eternamente” è corretto nel primo caso, assolutamente sbagliato nel secondo.
L’ora del “nunc stans” è, letteralmente fuori dalla sfera temporale; è l’attimo non-tempo, in cui è l’eternità, che, negativamente, potrebbe essere definita come non-tempo. L’ora del “nunc fluens”, invece, è l’atomo infinitesimale della serie temporale (analogo, per certi aspetti), al punto spaziale. Per cui, la corretta definizione per “nunc fluens” non è “ora che eternamente fluisce”, ma “ora che perennemente fluisce”. La perennità, dunque, è una estensione indefinita, MA SEMPRE LIMITATA, del tempo. Indefinito è ciò di cui non è determinabile, conoscibile, la fine; non qualcosa senza fine.
La questione è fatta di tutt’altro che lana caprina, ed ha, al contrario, una quantità di ricadute in ambiti importantissimi. Che vanno dalla gestione della vita quotidiana, alla sanità mentale, alla politica, fino al nostro destino post mortem.
Si pensi solo a questo: tutto ciò che è nato nel tempo, non può che seguirne le sorti. Nulla che è nel tempo e d.e.l. tempo può durare per sempre; Kronos non può non divorare i suoi figli, ed “alla fine” essere egli stesso annichilito dal tocco dell’Eternità.
Prima o poi, tireremo le fila di questo discorso. Spero.
Si questa è materia sia per Lei sia per il Prof.Masiero.Per quanto mi riguarda” leggo-imparo-se posso replico”.ps.Esiste su internet un immenso dibattito sul Tempo.Oggi anche gestito da Fisici conVintamente atei.Uno dei più seguiti è su you tube.ppss.A proposito seguo con immenso interesse sul profilo(Facebook) del Prof.Mikio Kaku(solo in inglese)il dibattito quotidiano(anche con stupidissimi interventi dei commentatori).Ultimamente notavo un post(proposto da un commentatore) di s.Carroll(biologo ultra ultra ateo) Argomento:L’anima(è stato invitato dall’Organizzazione Templeton per un dibattito pubblico ma ha rifiutato non ritenendo necessario nessun contatto “con i credenti”).
Tutto quello che ho scritto finora si limita alla sfera del naturale; le pochissime incursioni metafisiche sono state ridotte alla pura notazione logica. Ne consegue che questo S. Carrol ha maggior fede nell’ateismo di quanta, io, credente, ne ho nella Trascendenza (anzi, per la verità, nella trascendenza non ho alcuna Fede, conoscendo – e dunque non credendo – l’ineluttabilità della sua realtà) . Persone così, tempo addietro, sarebbero state perfette custodi dell’ortodossia di Santa Madre Chiesa, e, quasi certamente, dei buoni fuochisti… Ciascuno ha i suoi tic, a S. Carrol lasciamo il suo sdegno verso i credenti.
Prima di parlare con un minimo di cognizione del tempo e del mutamento (salvo che non sia per perderne, di tempo), occorre aver letto e compreso, almeno, Eraclito e Parmenide, Boezio, Agostino e Tommaso. Per non dire che la conoscenza dell’induismo e del buddismo sarebbe di grandissimo e, forse risolutivo aiuto.
Chissà se S. Carroll ne sa qualcosa?
Sean Carroll americano cosmologo ma molto simile all’astrofisico Brian Cox(esperto del Lhc-cern) star del New Ateism(Dawkins può solo scrivere libri di dottrina ateista per bambini e nuovi adepti).Chissà se entrambi ne sanno qualcosa(di Eraclito,Parmenide ecc.)? Altro in auge su you tube:Carlo Rovelli lui si che parla del tempo e dello spazio! Fisico,ateo.Video da seguire per gli studiosi:Perché il tempo non esiste.Autore Carlo Rovelli.
Buongiorno, stò cercando di acquistare il libro “Il quarto dominio” ma risulta irreperibile … dove e come posso acquistarlo ? Grazie
Buongiorno Maria, è andato in stampa più o meno una settimana fa, adesso è in distribuzione e da un giorno all’altro dovrebbe arrivare alle librerie, prime di tutte quelle online. Grazie.