Siamo in una fase storica di transizione, i conflitti alto-basso tra populismi e globalismo sono la reazione diretta ad una sofferenza reale ma anche segno di un cambiamento che deve essere ancora compreso.
Sappiamo a cosa diciamo “no” ma non sono ancora emersi i “sì”, per questo è necessario un laboratorio di pensiero per studiare e comprendere la transizione.
Seguendo le vicende della politica, non solo italiana, appare evidente un dato rappresentato dall’emergere dei movimenti di protesta dal ‘basso’ verso l’ ‘alto’ che è il segno di una reazione di rifiuto di un modello socio economico che drena risorse appunto dal basso verso l’alto, dalla moltitudine povera verso le élite detentrici della ricchezza. Ma la protesta è per sua natura la dichiarazione pubblica di un disagio e in sé non è propositiva ma un atto di negazione.
Questo appare evidente, lo vediamo nelle prime azioni del governo giallo verde e nelle richieste dei gilet gialli, ma anche nelle iniziative di governo di Trump che sono principalmente di ‘no’ a qualcosa identificabile ampiamente nel progetto globalista e neoliberista. Fermare le iniziative neoliberiste e iniziare a smantellare quelle già attuate è la caratteristica di una fase di emergenza, ma per andare oltre l’emergenza sarà necessario elaborare un’analisi della transizione in atto che restituisca un’immagine della nostra storia recente e meno e dell’ideologia nascosta che l’ha governata. Comprendere da cosa proveniamo al di là della narrazione usuale e chiarire quanto sta avvenendo dovrà essere il primo lavoro da compiere.
Questo il senso di un incontro tenuto a Firenze il 4 dicembre scorso e del quale su Pandora TV è stato riportato il mio intervento che qui di seguito propongo.
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41 commenti
Ritengo che un’attenta analisi di questo tipo sia molto interessante e quindi, pur condividendo molte cose che lei ha detto, colgo l’occasione per una riflessione generale in merito. Per esempio, mi pare che lei dia sempre, anche giustamente, molta importanza alle dinamiche delle ragioni politiche e istituzionali, ed è sempre lì che in fondo va a parare, nel bene e soprattutto nel male, ma non colgo mai dei chiari riferimenti critici, invece, ad un problema che secondo me è ancora più importante e di livello superiore e cioè il problema antropologico. Come peraltro mi pare si dia anche sempre troppa importanza alla storia, sembra quasi che dalle miserie umane del passato debbano per forza prodursi le miserie di oggi, automaticamente. Ma non si chiede mai, invece, chi sia veramente il popolo odierno, e quindi, in ultima analisi, chi siano le persone di oggi? Secondo lei, può essere affidabile un popolo, culturalmente evidentemente retrogrado, perchè influenzato proprio, da sempre, dal culto e dai miti delle miserie umane e che rifiuta ancora oggi, incomprensibilmente, la possibilità di conquistarsi la libertà, almeno culturale, messa invece a disposizione finalmente dalla cultura scientifica? Io sono infatti convinto, e lei lo sa bene, che l’unico modo per svincolarsi in qualche modo dalle spire culturali di questo circo umanistico fatto di soggettività e di opinioni che ci stanno stritolando, sia soltanto quello di riuscire a capire finalmente e prima di tutto che cosa sia veramente e come funzioni il mondo reale che ci circonda e questo lo si può fare soltanto con la costruzione prioritaria di una mentalità e di un modus operandi di tipo scientifico. Si parla tanto di democrazia, ma come può essere in grado di decidere un popolo o anche un’istituzione, se non sanno nemmeno quali siano i principi di base di funzionamento naturale del mondo reale in cui viviamo, noi esseri umani compresi? Insomma, ogni tanto, cerchiamo di criticare anche quella comoda predisposizione, molto italiana, di dare sempre la colpa a qualcun’altro o a qualcos’altro e che rifiuta l’autocritica e il prendersi le proprie responsabilità. Vogliamo provare a entrare nello stile di vita, nella storia, nella cultura e nei comportamenti di ogni singolo italiano (gli altri europei non li conosco, riguardo gli americani lo posso dedurre, visto che hanno eletto uno come Trump) e provare a fare un’attenta analisi scientifica e filosofica critica? Magari così forse capiremo molto di più per comprendere meglio le ragioni di un declino culturale, sociologico ed ecologico, che appare attualmente inevitabile.
Quando parla dell’elezione “di uno come Trump”, si riferisce polemicamente alle sue politiche ecologiche o alle sue idee tout-court?
Sì Riccardo, mi riferisco principalmente alle sue politiche in campo ambientale e alla sua disabilità cognitiva, come quella di tanti, di non capire che un’economia che dimentica l’ecologia è destinata presto a fallire e a produrre guai. Per il resto non ho mai studiato a fondo Trump e non sono un esperto di politica, per cui non ho gli strumenti per giudicare.
Vedere l’elezione di Trump come un segno di declino culturale solo perché ha giustamente rigettato gli accordi sulla strumentale politica neomaltusiana basata sull’AGW mi sembra estremamente superficiale, significa ignorare snobisticamente i disastri della globalizzazione e del neoliberismo che sono alla radice della protesta cosiddetta populista.
Purtroppo devo rimarcare il massimo dissenso dalle sue considerazioni Vomiero.
Aggiungo che mi sorprende l’appunto riguardo un mio asserito disinteresse rispetto al problema antropologico al quale sto invece da tempo riservando specifici contributi.
Affermare che il popolo sia retrogrado in quanto anziché fare affidamento allo scientismo (che lei chiama impropriamente scienza) e perché si ostina a fare riferimento alla storia e al “circo umanistico” è diametralmente opposto alla mia azione culturale e certamente anche politica nel senso etimologico del termine.
Vedo inoltre criticare la democrazia in quanto dovrebbe baconianmente basarsi sulla scienza sperimentale mentre è vero il fatto che la scienza può solo dare degli elementi di conoscenza sui quali la politica ha e deve sempre avere il primato, la vedo purtroppo in questo un seguace di Burioni che rappresenta un esempio di totalitarismo e arroganza scientista che fa male alla scienza e alla democrazia.
Non manca poi nel suo intervento anche un po’ di autorizziamo verso gli italiani che non meritano le accuse di vittimismo ma che anzi meritano la massima solidarietà per la storia di sottomissione e anche vero martirio che è stata loro imposta negli ultimi decenni.
Vede Vomiero, io il declino culturale lo trovo nella sua visione della società, in questo suo intervento che rappresenta la somma di tutto quanto io combatto.
Certamente prof.Pennetta, la mia infatti risuona un pò anche come una provocazione, nel senso che, conoscendo bene la sua visione del mondo, diversa dalla mia e da tutti gli uomini di scienza che ho la fortuna di conoscere, mi piacerebbe che lei riportasse delle prove e dei fatti riguardo a quello che sostiene. Se vuole, io le potrei dire cosa vedo in giro per quanto riguarda i comportamenti oggettivi del “popolo”, compresa la classe dirigente, e potrei così analizzare la loro congruità o meno con quanto invece teorizzato da comportamenti scientificamente ritenuti “corretti” e valutare il loro impatto sul binomio società-ambiente. Perchè ripeto, economia senza ecologia è soltanto un’ingenua illusione, come tante altre miserie (non mi vengono in mente altri termini) umane. Dovrei scrivere un libro in merito, non un articolo. Guardi che la scienza ha anche i suoi valori, la sua etica e i suoi insegnamenti chiari e precisi da dare, e quindi, riconoscere queste attitudini, che la differenziano da tutto il resto, per fortuna, dovrebbe essere doveroso, soprattutto per una società alla deriva culturale come quella di oggi. Il termine “scientismo” non è reale, ma rappresenta soltanto un ulteriore tentativo da parte di certa filosofia, evidentemente in crisi, di delegittimare in qualche modo la scienza, per difendere il suo bunker culturale millenario oramai in parte superato. Se qualcuno sostiene che il declino culturale sia dovuto alla scienza, mi dispiace, ma significa che non ha capito niente di che cosa sia e di come funzioni la scienza. La scienza infatti non è nè matematica, nè fisica, nè tecnologia, nè abuso della tecnologia e quindi non si riconosce nemmeno in un altro orribile termine abusato quale è “tecnocrazia”. Questo deve essere chiaro altrimenti poi le persone non capiscono. Ma comunque sia, le volevo chiedere prof.Pennetta, quali sono i fatti concreti che possono essere utilizzati come prove reali a sostegno delle sue tesi e contro per esempio la tesi riportata nel mio commento e sostenuta praticamente da tutti gli intellettuali (perchè non sono solo gli umanisti) di scienza? Riguardo il neoliberismo e alla globalizzazione selvaggia, sono d’accordo con lei, ma le assicuro che non è certamente colpa della scienza. Mi pare di capire che sia io, che lei, identifichiamo un problema reale più o meno comune, solo che ne attribuiamo cause e soluzioni diverse.
Signor Vomiero il suo errore di di fondo, anche squisitamente personale, e` proprio che Lei non comprende e` che MAI , nemmeno per un istante, la scienza puo` dire qualcosa sui valori, sul senso o no della vita , e su tutto quanto renda umano l`umano. Lei scavalca constantemente le osservazioni, le catalogazioni della scienza ed i limiti dei suoi strumenti ( comunque gia` portatrici di postulati umani NON scientifici ) con una visione filosofica della scienza per cui essa sarebbe il loco dove attingere l`Albero della conoscenza del bene e del male.
Grazie Luigi, io naturalmente accolgo le obiezioni. Sono perfettamente cosciente dei limiti della scienza e ne ho parlato diffusamente anche nei miei articoli. Il senso della vita e la natura del bene e del male, probabilmente appartengono anche ad altre sfere anche se non solo, questo è vero, a parte che vorrei sapere quali. La sua religione? E le altre? La sua filosofia? E le altre? Il suo credo politico? E gli altri? Vogliamo allora parlare dei limiti della filosofia e delle religioni?Almeno per i domini cui la scienza può indagare, per questioni metodologiche, sono sicuro che otterrò sempre il massimo dell’affidabilità a cui la conoscenza umana può aspirare. E tra questi domini è inserito anche l’essere umano e la vita in generale, vedi la biologia.
Ammetterà Vomiero che la visione del mondo di “tutti gli uomini di scienza che ho la fortuna di conoscere” non è un parametro molto solido, inoltre sarebbe più utile enunciare i punti in disaccordo piuttosto che fare discorsi generici come questo.
Vedo che continua a insistere su economia-ecologia come se questo fosse un punto da me non sostenuto ma omettendo di chiarire che per lei ecologia significa la riduzione delle emissioni di CO2, il che conterà non è esattamente sinonimo di tutela dell’ambiente.
E purtroppo non si accorge che io difendo la scienza da chi, come le persone da lei frequentate, vorrebbe snaturarla per farla diventare un’ideologia a cui demandare la soluzione di problemi che epistemologicamente non può affrontare (questo è lo scientismo).
L’epistemologia è lo studio dei fondamenti di qualcosa e le chiedo se la scienza può dimostrare scientificamente la propria epistemologia o debba attingerla dalla filosofia (e questa è una domanda retorica).
Sono io a dire che la scienza non è “tecnocrazia” ma poi sono quelli che vogliono farne uno frumento di governo a sostenere la tecnocrazia, si decisa Vomiero, o l’una o l’altra cosa, non può difendere la scienza dall’accusa di tecnocrazia e poi sostenete la tecnocrazia…
E nessuno ha mai detto che il neoliberismo sia colpa della scienza, mi trovi dove è stata fatta questa affermazione.
Riconoscere il neoliberismo e la globalizzazione attuale come problemi e poi sostenere che la scienza ne sarebbe la soluzione mi fa dubitare che con quei termini intendiamo persino la stessa cosa.
In realtà prof. Pennetta lei non mi sta rispondendo. I miei discorsi generali di solito mirano soltanto a chiarire e a ribadire alcuni concetti importanti riguardo la scienza, che vedo a volte trattati in modo inadeguato e mal compresi in molti scorci di discussioni su questo blog. Anch’io da anni studio certi argomenti e nel mio piccolo cerco di fare divulgazione come e quando posso. Forse il fatto che tutti gli uomini di scienza (e sono tanti, mi creda) che io conosca (intendo anche tramite libri e articoli) dimostrino mentalità comuni potrebbe anche significare che sono purtroppo gli unici ad averla compresa veramente, la scienza. Comunque per essere breve ripeto la mia domanda. La mia tesi è che il problema principale, almeno in Italia, di cui ho conoscenza diretta, è di natura antropologica, tradotto singole persone. Se vuole, ripeto, le faccio l’elenco dei comportamenti deprimenti che osservo, ma ve li risparmio. Magari citiamo soltanto i milioni di persone che credono agli oroscopi, si curano con l’omeopatia e vanno dai maghi e gli altri milioni di analfabeti funzionali che si fanno fregare da tutto, vedrà che qui è compreso anche il problema ambientale. Soluzione: impostazione di una formazione adeguata, con strumenti di cultura utile e predisposizione al ragionamento critico, il che rende più liberi e adeguati nelle scelte. La principale cultura che porta a questo risultato è quella scientifica. Ora, lei non è d’accordo, perchè ritiene che il “basso” vada difeso a priori e che la cultura da approfondire ulteriormente sia quella umanistica. Ecco, io le chiedevo semplicemente di portarmi delle prove concrete a sostegno di queste sue tesi, perchè altrimenti, per me, rimangono un’opinione come tante altre, come quella del luogo comune del “greco” che sviluppa la mente. Altra cosa, che chiedo a lei e ad altri. Siete sempre molto bravi a parlare dei limiti della scienza, scoprendo peraltro l’acqua calda, vogliamo una volta tanto parlare dei limiti della religione e della filosofia? O sono sistemi di cultura, a differenza della scienza, infallibili? E poi, ci sono altri sistemi allora per arrivare a una conoscenza fattiva e utile del mondo, che magari a me sfuggono? Riguardo invece l’epistemologia, io credo che la scienza sia, anzi debba essere anche filosofia, è questo il punto. La separazione culturale, a mio modo di vedere, è stata forzata soltanto dagli umanisti che ne hanno voluto fare una materia a sè stante solo per continuare a difendere il loro bunker di isolamento. Il dilemma sulla tecnocrazia, alludendo a una mia presunta confusione, l’ha creato lei, io ho solo detto che scienza e tecnocrazia sono cose completamente diverse. Riguardo globalizzazione e neoliberismo non mi esprimo, non ne ho le competenze.
Il governo della verità tecnico-scientifica (già largamente presente) in teoria sarebbe anche giusto, ma richiederebbe uomini perfetti, retti, onesti, generosi, inclinati al bene, privi di passioni e interessi, cosa ovviamente lontanissima dalla realtà. Ad oggi, putroppo, la tecno-scienza è ridotta a serva del potere, per cui fra le tante opinioni scientifiche, tutte teoricamente legittime, si da spazio solo a quelle conformi al potere costituito (si pensi per esempio alla teoria del gender). E’ noto persino al popolino (figuriamoci agli scienziati) che, per essere pubblicati su certe riviste, bisogna scrivere certe cose e non altre. Dai tempi di Galileo sono cambiati i potenti, ma i bastian contrari non piacevano al tempo e non piacciono oggi.
Ma a parte questo, la migliore cultura scientifica, la perfetta conoscenza di “come” funziona il mondo, in ogni caso non da alcuna risposta al bisogno di “perché” dell’uomo. Da alcuni anni, un paio di volte al mese, vado a visitare i malati in ospedale (prima e/o dopo le operazioni), come semplice volontario. Per esperienza personale ho visto che, di fronte al dolore e alla malattia, la migliore cultura scientifica non è di alcuna utilità al malato per affrontare la sua condizione. Pazienti distinti, visibilmente colti e istruiti, sono capaci di uscite surreali (tragi-comiche nella loro situazione), mentre al contrario vecchiette malmesse (ignoranti di tutto fuorché del rosario) ti sorprendono con poche parole di grandissima profondità sul senso della vita.
Secondo me, caro Paolo, non c’è nessun governo della verità tecnico-scientifica. Se le persone che sono ai governi, conoscessero invece veramente la scienza e ne facessero veramente uso per le decisioni e le strategie, che è poi quello che io sostengo, sono certo che le cose comincerebbero ad andare decisamente meglio. Lei Paolo è una persona intelligente, per questo mi sentirei di consigliarle di lasciare stare la caricatura di scienza che le viene propinata dai media e di andare a visitare piuttosto qualche laboratorio di ricerca, parlare con le persone che dedicano la loro vita a questo tipo di attività, leggere qualche buon libro scritto da scienziati seri o qualche articolo scientifico, vedrà che oltre alla conoscenza, ci sono anche molti insegnamenti interessanti da cogliere. Poi, certamente che la cultura scientifica non è sufficiente a soddisfare la natura umana, e infatti lungi da me sostenere questo, ma io credo comunque, per il bene della società, che non si possa più prescindere da essa.
Oggi quasi tutte le decisioni politiche si basano su assunti (pseudo) scientifici. Si mettono tasse su carburanti e vetture, perché i climatologi dicono la tal cosa. Si fanno leggi su nozze gay e utero in affitto, perché gli psicologi dicono la tal altra cosa. E non parliamo di cosa succede nell’economia, che pure è considerata una scienza.
La scienza è un’attività umana utile, e nessuno nega questo, ma le possibilità di manipolarla sono evidenti (c’è stato un tempo in cui persino il razzismo era teorizzato dalla scienza). Anche perché la scienza cammina con i piedi degli scienziati, grandi esperti nel loro campo, ma per il resto uomini come gli altri (qualcuno ne ho conosciuto, all’università e al lavoro). E se penso a dieci motivi per cui vale la pena vivere (amore, libertà, uguaglianza, ecc.), onestamente non trovo principi scientifici fra questi.
Ho capito, la ringrazio per il chiarimento e ci tengo a dirle che leggo sempre con grande interesse i suoi articoli e i suoi commento, che peraltro spesso condivido solo in piccole parti. D’altro canto penso che io e lei abbiamo background simile, quindi capirà il piacere che provo nel leggere pareri concreti e motivati come i suoi, condivisi o meno. Ci tenevo quindi a segnalarle la mia stima. Buone feste a tutti
La ringrazio molto Riccardo, credo che questo dovrebbe essere lo spirito giusto per affrontare con la dovuta serenità e interesse ogni tipo di discussione. Buone feste anche a lei.
Trovo la discussione estremamente interessante e mi sembra che da entrambe le parti, vi sia qualche elemento di ragione. Non credo però che si possa fare qualche concreto passo avanti se non vengono dissipati alcuni fondamentali equivoci che a mio giudizio impediscono di vedere il vero problema.
E’ assolutamente vero innanzitutto che “la scienza ha anche i suoi valori, la sua etica e i suoi insegnamenti chiari e precisi da dare, e quindi, riconoscere queste attitudini, che la differenziano da tutto il resto”. E’, aggiungo, si tratta di cose molto rispettabili che le conferiscono tutto il suo valore. Ma, è questo il problema: la Scienza (intendendo con questo parola la scienza moderna) è soltanto questo e niente più di questo. Già Husserl, alla fine della sua vita aveva incominciato a vedere il problema ed aveva capito che per la scienza moderna la distinzione fra teoria e prassi è oltremodo artificiosa. Sono perciò del tutto in disaccordo con un’altra affermazione che è stata fatta, secondo la quale la scienza non sarebbe “tecnologia”. L’epistemologo Georges Canguihlem l’ha invece chiarito molto bene: la scienza moderna, lungi dall’essere la fonte della tecnologia, non è che un’epifenomeno della tecnologia stessa. So di dire qualcosa che risulterà scandaloso alla maggior parte degli orecchi, ma se si rifletterà senza pregiudizio sugli ultimi, 400 anni di epistemologia, si dovrà convenire che ho ragione. La verità è che la Scienza moderna non ha se non indirettamente qualcosa a che vedere con la Conoscenza, essendo soltanto una prassi. Certo, si tratta di una prassi razionale, che comporta la costante ricerca di modellizzazione del mondo. Ma questa modellizzazione non implica nessuna conoscenza reale, ma solo una certa familiarità con alcuni fenomeni che si suppongono costanti ed una tensione continua di adeguamento alle eventuali nuove emergenze, che non ha nè logicamente nè statisticamente nessuna probabilità e nessuna ragione di esprimere “la realtà delle cose”, ma solo la conformità al loro comportamente più verosimilmente e stabilmente registrato in un ambito storico e comunitario determinato.
Il vero problema è perciò proprio il fatto che essa esprime dei valori ed una particolare e relativa visione del mondo, legati ad una prassi e ad un procedimento collettivo (c.d. metodo scientifico). Nulla di male se ciò fosse noto ed esplicito e se si comprendesse che essa è pertanto storicamente e culturalmente predeterminata. Il problema è che chi la pratica e chi la accoglie come orientamento, pretende (di solito, in perfetta buona fede) che essa abbia un valore oggettivo per l’Umanità e per sempre. Si tratta della più formidabile delle ideologie
Grazie Anonimo, un intervento su cui riflettere.
Premessa. Io non sono tra coloro che sanno a cosa dicono no. Anche perché a Maggio voterò + Europa. Lo farò guardando al titolo e unicamente per spirito di contraddizione nei confronti appunto del “populismo” monrante o di come volete chiamarlo.
Perché io dico sì al sogno di un mondo aperto, composto di uomini con eguali diritti e doveri e che necessitano di interagire e scambiare (beni, valori, conoscenze …). Collaborare, come direbbe Pennetta e almeno su questo concordo.
Perché il fallimento di questo sogno cui stiamo purtroppo assistendo é sì legato (anche) alle istituzioni ma secondo me per un motivo che Pennetta tace: la criminale sottovalutazione delle diseguaglianze (culturali, religiose, economiche …).
Io vedo nei populisti questo limite e questo grosso rischio: non si stanno dotando di una visione del diverso da sè, e per ciò stesso di una visione del mondo. Allo stato si tratta di una sollevazione generale contro la globalizzazione intesa in termini neo-liberisti ma appunto senza un nocciolo di proposta. Sembra di leggere come sottointeso la voglia di tornare al passato, ad un mondo “chiuso”. Manca una visione di un mondo globale e solidale. Il neo-liberismo ci ha raccontato favole assurde: popolazioni analfabete dovevano solamente votare per scoprire il bene supremo della democrazia, dovevano solamente aprirsi alla libera impresa per diventare tutti benestanti. I risultati sono le guerre degli ultimi 30 anni ed il crescere esponenziale dello sfruttamento dei popoli.
Eppure … a me sembra cecità pericolosa non vedere nella globalizzazione una potenzialità enorme e una nmecessità. Per la prima volta nella storia dell’umanità a Roma, NY, Pechino, Rio de Janeiro tutti viviamo problemi interconnessi e ne siamo coscienti.
Vede Luca, il punto è che l’Europa è stata tradita dalla UE e invece nel linguaggio propagandistico i due termini son stati imposti come sinonimi.
Anche il +Europa è in linea con questa tendenza, cosa significa veramente + Europa? Significa più UE o più identità e solidarietà? Le due cose al momento sono incompatibili. Purtroppo la UE e il neoliberismo sono parte di una visione inscindibile per cui se voglio veramente più Europa, che poi è l’insieme di nazioni, al momento non posso volere più UE.
Così come un mondo connesso e organico non è la globalizzazione che invece è la fine delle differenze e l’appiattimento nello sfruttamento, la globalizzazione è incompatibile con un mondo di sviluppo ed equità.
Sono anche i populisti a dover cambiare passo. Pensare che europa e solidarietà sono incompatibili serve solo a renderle incompatibili, Il sogno non é un Europa somma di nazioni ma uno spazio entro cui i cittadini possano dire l’Europa siamo noi. Perché il limite intrinseco ai populisti é non essere in grado di ragionare di problemi globali e per conseguenza ancor più di definire un patto di convivenza accettabile per sé e per gli “altri. Io non vedo la globalizzazione come un totem da abbattere ma come un orizzonte da umanizzare. Trovo insopportabile e francamente pericolosissima l’ansia populista di distruggere l’esistente (istutuzioni e patti sovranazionali) senza nessuna idea di come sostituirli, come se facendone a meno tutto andasse a posto come per magia.
Una magia di stampo neoliberista, non crede ?
Aggiungo. La tanto vituperata globalizzazione resta comunque il momento in cui alcune potenze economiche del tutto nuove si sono affacciate al mondo economicamente sviluppato e reciprocamente il momento in cui il vecchio mondo sviluppato ha visto e vede riversarsi (sotto la specie dei migrantio) la povertà in casa propria. Forse la globalizzazione, il divenire finalmente uguali e fratelli non implica semplicemente far divenire i “poveri” ricchi come noi, ma anche che noi si ceda una parte dei nostri privilegi e che si impari a vedere in faccia la disuguaglianza, sentirla come un limite offensivo da superare.
Luca ci si dimentica,nell’eterno bla bla bla e nel “compito in classe” ,che da quei paesi alla ricerca del paradiso, frutto della rivoluzione globalista fuggono soltanto i giovani più forti,oltre che le menti più istruite(almeno quelle “preparate”in tutto e per tutto dai missionari).Lasciando a lottare contro un capitalismo infarcito “di globalismo” aggressivo(vedi le “divine” multinazionali!) i vecchi,le donne e i bambini.Il top ! E ti pregherei di non citare i “paesi emergenti” come esempio del tuo “globalismo”.Esempio la Cina:Fin dagli anni ’50 Mao aveva capito tutto…..
Se per caso,e se vorrai credere nella loro attendibilità,consulta la “classifica” dei paesi più corrotti al mondo !Di solito sono compilate da americani,inglesi ecc. e al primo posto,invariabilmente,trovi la Nord Corea.Consiglio
di leggerne di varii enti possibili.E controlla in che posizione si collocano i paesi africani,asiatici,sudamericani ecc. Please !
OK. Dunque ?
Io credo che bisognerebbe provare a vedere le cose con gli occhi dell’altro. Io vedo un mondo di persone alla soglia della morte per fame la cui unica prospettiva é quella di giocarsi la vita e la morte attraversando a piedi deserti, mari su gommoni fatiscenti, strade dissestate legati con la cintura dei pantaloni sotto il cassone di un camion. Fanno tutto questo per riuscire a chiedere la carità davanti ai nostri supermercati e nel caso con questo riescono addirittura a mantenere la famiglia. Non possiamo più nasconderci questo orrore, possiamo solo provare a dare risposte.
50 anni fa della cina di Mao si tramandava la leggenda nera che là i contadini per fame mangiasero le loro bambine. Poi sono arrivate l’economia di mercato e la globalizzazione. Risultato: la Cina ha cominciato a comperare tecnologia da noi, rivendendocela a prezzi stracciati e ad esportare lavoro in Africa. Noi chiamiano questo sfruttamento, e con ottime ragioni pensando alle condizioni di lavoro cinesi a africane rispetto ai nostri standard. Ma non possiamo non vedere come questo costituisca anche una risposta (speriamo transitoria) a problemi concretissimi che il nostro modello di sviluppo in due secoli di colonialismo vero non é stato in gradi di risolvere, semmai accentuare, spesso creare tout-court. Non ci vanno più bene l’UE, l’FMI, l’ONU e compagnia cantante e siamo tutti d’accordo che non funzionano (colonialisti oure loro). Eppure se non ragioniamo in termini globali i problemi restano e noi continueremo a pagarne per la nostra parte il conto. Questo vuole essere il mio contributo al laboratorio: superare dall’interno il pensiero populista e sovranista.
Ok e dunque ????Ma allora è vero che chi sostiene il peggior capitalismo è “astuto” ! QUESTA GENTE NON FUGGE DAI LORO PAESI MA VIENE CACCIATA.CACCIATA.CACCIATA .Perchè secondo te dovrebbero venire nel ricco occidente solo a chiedere l’elemosina ? E’ propio la Gente come me che VEDE IL PROBLEMA non i sognatori ! E poi chi sfrutta le risorse dei loro paesi ?
Sono daccordo, viene cacciata.
Da chi ? La risposta é semplice: dagli accordi sul libero scambio che ha permesso ai paesi industrializzati di rifornirsi di materie prime (sfruttare) al prezzo del LORO mercato infischiandosene altamente del venditore-produttore. Perciò sono cacciati da lei e da me che troviamo comodo acquistare ed usare automobili a basso prezzo, fatte essenzialmente di petrolio e derivati (Algeria, Arabia Saudita …) e Alluminio (Guinea, Gimaica, Vietnam …). Poi succede che la Cina diventa competitiva e allora il libero scambio improvvisamente non va più bene, occorre proteggere le NOSTRE economie dal LORO progresso. Mi pare ci sia qualcosa che non torna.
Comunque la si voglia vedere di sicuro é inutile e stupido credere di risolvere qualcosa tornando a contemplare il nostro piccolo ombelico anziché affrontare i problemi globali. Bisogna piuttosto ripensare le istituzioni sovranazionali e per farlo sarebbe utile che i cosiddetti populisti o i cosiddeti sovranisti crescessero un pò, definissero meglio sé stessi nei confronti di questi problemi che palesemente stanno solo rimuovendo, nascondendo sotto il tappeto.
Luca chi ti dice che io o qualche mio amico voglia pagare sempre a basso costo un prodotto ? Ne sei sicuro ? TUTTI SONO COSI come dici ? Personalmente almeno a me nessuno regala niente. Ma dato che ci siamo non pensi che “gli abitanti dei paesi sfruttati ” cosi come mille altre rivoluzioni(non dico esclusivamente violente) non debbano alzare un pò la testa ? Oppure i regimi “democratici”,questi si eletti da me e te,ma democratici solo per l’ipocrisia occidentale e adesso anche cinese ,ma nella realtà fermamente dittature militari ,non concedano spazio ai popoli ?
Scusa Maurizio ma non intendevo minmamente fare della morale personale e non ci vedo assolutamente niente di male nel pagare il minor prezzo possibile su un prodotto qualsiasi quando si può. Volevo solo porre l’accento su di un sistrma di cui tutti in egual misura siamo parte. Correspobsabili purtroppo inconsapevoli di un gioco troppo più grande di noi di cui dobbiamo cominciare ad appropriarci.
A suo tempo(mi riferisco alla Bonino) ho anche votato(alle comunali) per i Radicali.Propio per le loro battaglie(alcune non da me condivise) su tanti temi.Ho avuto anche modo di contattare Radio Radicale…..alle 2 di notte…..per portare il mio contributo a un loro referendum(sull’ambiente preciso).ps.Colgo l’occasione per farti una domanda:Perchè questi “migranti”(tantissimi) parlano italiano ? Banale domanda ?????
Forse perché qualcuno glielo insegna ? Magari qualche anima pia nei centri di acoglienza, e tutte le dovremmo come minimo ringraziare ?
Dio che bella anima che sei ! Ho conosciuto decine di “migranti”(faccio parte di 2 associazioni di assistenza fin dai primi anni ’90;a Firenze e Toscana) che GIA’ CONOSCEVANO l’italiano(sicuramente meglio di me).Perchè propio l’italiano ? E non per esempio il russo ? Perchè qui il giro d’affari è cosi colossale che vale la pena fingersi “migranti”.Nel frattempo la politica cavalcando il cuore d’oro degli italiani(???????) ha avallato il sistema !
Non ho capito cosa vuoi dire. Che é tutta una montatura inventata da Soros ? 😀
Il giro d’affari é così grosso …
Soldi che vanno in tasca ai migranti ? Dici davvero ? Magari ci provo anche io, un pò di italiano già lo so 🙂
Infine seriamente e senza ironia.
Penso sia molto probabile che un somalo, un eritreo un etiope o un libico quando arrivano conoscano già qualche parola di italiano, anche qualcosa di più se ha frequentato scuole. Per lo stesso motivo Ma semplicemente perché lì i coloni cattivi siamo stati proprio noi. Per lo stesso motivo i senegalesi o gli ivoriani se possono cercano di atttaversare la frontiera a Ventimiglia
Luca abbia pazienza:leggi anche qualcosa della storia della Cina attuale.Da lontano socio di Italia-Cina e per serietà assoluta non mi azzardo ad una inutile polemica sull’economia cinese !! ps.Meglio spendere mille dollari per un volo da un qualche paese “povero” o piuttosto salire su un lurido barcone,spendendo 2000 dollari,ma con la quasi certezza di aver conquistato la definizione di “profugo” ??
Porti pazienza ma questa é davvero ovvia. Glielo da lei il Visto ?
Non le rispondo.
Hai letto la “classifica” dei paesi più corrotti al mondo ?
Ho letto ma non ce n’era bisogno. Ovviamente i più corrotti sono i più sottosviluppati e non si vede dove stia la sorpresa. Nel ’43-’45 gli italiani (soprav)vivevano di borsa nera e l’Italia sarebbe stata ai primissimi posti. Cosa ne concludiamo? Cosa ne concludiamo se stiamo mantenendo paesi coma la Somalia o la Guinea permettendo che i nostri soldi non servano allo sviluppo e nemmeno ad alleviare la fame e le emergenze umanitarie ma ad alimentare i locali Signori della guerra ?
idem sopra.Beato Lei signor Luca.Continuii a sognare la vita è breve.ps.Se fuggono-vengono cacciati ci sara pure un motivo o no ? La colpa è sempre la mia mi perdoni !!!!!
Non ci capiamo e va bene. Non é questione di colpe morali personali mie, sue o di qualcun altro ma di cause complesse di cui TUTTI NOI siamo in qualche misura corresponsabili. Allora sa vogliamo fare la rivoluzione é a queste cause che dobbiamo trovare una risposta. Lo dico perché ho la netta sensazione che nelle semplificazioni che vanno per la maggiore ci si limita a scaricare ogni responsabilità sui migranti, su Soros, sull’UE o sui comodi cattivi di turno e questo lo trovo estremamente deludente, segno di un problema destinato ad incancrenirsi anziché risolversi.